Theriaké MENSILE DELL’ASSOCIAZIONE GIOVANI FARMACISTI DI AGRIGENTO
Anno II n. 13 Gennaio 2019
Sommario
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Editoriale
29 MEDTRE
6 Spazio mamma
Legge di Bilancio 2018: detrazioni per i figli a carico
La preparazione del pavimento pelvico come strategia di prevenzione primaria
10 Diabetologia
30 Apotheca&Storia
Diabete mellito: classificazione, diagnosi, epidemiologia
16 Delle Arti
La medicina nel Rinascimento
Il significato del Cenacolo di Leonardo Da Vinci
20 Fitoterapia&Nutrizione
Le proprietà terapeutiche dell’olio extravergine d’oliva
26 Fitoterapia&Nutrizione
Matricaria chamomilla: uso e beneficî
Responsabile della redazione e del progetto grafico: Ignazio Nocera Redazione: Valeria Ciotta, Elisa Drago, Christian Intorre, Francesco Maratta, Federica Matutino, Giorgia Matutino, Silvia Nocera, Giusi Sanci. Contatti: theriake@email.it Theriaké via Giovanni XXIII 90/92, 92100 Agrigento (AG). In copertina: Rembrandt, Lezione di anatomia del dottor Tulp. Olio su tela 169,5 x 216,5 cm. 1632. Mauritshuis, L’Aia. Questo numero è stato chiuso in redazione il 23 – 1 – 2019
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Collaboratori: Stefania Bruno, Paola Brusa, Laura Camoni, Corrado De Vito, Roberto Di Gesù, Gaetano Di Lascio, Claudio Distefano, Vita Di Stefano, Carla Gentile, Aurelio Giardina, Pinella Laudani, Maurizio La Guardia, Erika Mallarini, Rodolfo Papa, Annalisa Pitino. In questo numero: Giuseppina Amato, Carmelo Baio, Elisa Drago, Federica Matutino, Silvia Nocera, Rodolfo Papa, Giusi Sanci, Luigi Sciangula.
Anno II Numero 13 – Gennaio 2019
Editoriale
RIPARTE CON SUCCESSO LA SECONDA EDIZIONE DI FORMARE L’ECCELLENZA Quest’anno il network formativo, nato dalla collaborazione tra A.Gi.Far. Agrigento e A.Ti.Far. Federfarma, si arricchisce dell’importante partnership con la Scuola di Specializzazione in Farmacia Ospedaliera dell’Università degli Studi di Palermo. L’intesa affida ai qualificati docenti della Scuola la cura dei percorsi scientifici di Formare l’Eccellenza, garantendo ai colleghi che sceglieranno di prenderne parte, standard qualitativi di alto livello e trattamento di tematiche di attualità e particolare interesse per la pratica quotidiana. Il primo percorso strutturato, dal titolo Nutraceutica ed Alimentazione, articolato in tre appuntamenti, è iniziato domenica 20 gennaio con il corso dedicato ai fitocomponenti attivi della dieta. Numerosi colleghi hanno attivamente partecipato a questo primo corso tenuto dalla professoressa Carla Gentile. Il secondo e il terzo si svolgeranno presso la sede di Federfarma Agrigento domenica 24 febbraio e domenica 24 marzo dalle 8.30 alle 13.30, e saranno tenuti rispettivamente dalla professoressa Danila Di Majo e dal professor Giuseppe Avellone. Tre appuntamenti per sviluppare i concetti base per la comprensione del significato protettivo sulla salute dei componenti biologicamente attivi presenti negli alimenti, con particolare riferimento ai composti fitochimici; l’effetto che i nutrienti assunti con i farmaci possono avere sulla farmacocinetica di un farmaco e conseguente compromissione dell’attività terapeutica; l’effetto che uno o più farmaci, assunti quotidianamente per trattare specifiche patologie, possono avere sull’assorbimento di alcuni nutrienti; le conoscenze necessarie sulla “nutraceutica”. Tutti i corsi del nostro network vanno prenotati di volta in volta e permettono di ricevere crediti ECM che potranno essere conseguiti gratuitamente, perché crediamo fermamente che la formazione debba essere garantita a ciascuno. Un particolare ringraziamento va a Claudio Miceli, presidente di Federfarma Agrigento, ad Antonino Lauria, direttore della Scuola di Specializzazione in Farmacia Ospedaliera dell’Università degli Studi di Palermo, a Christian Intorre direttore del Comitato Scientifico di A.Gi.Far. Agrigento, per questi mesi di scambio, di collaborazione e di dialogo costruttivo sempre teso alla crescita dei farmacisti e delle farmacie.
Silvia Nocera Presidente di A.Gi.Far. Agrigento
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Spazio mamma
LA PREPARAZIONE DEL PAVIMENTO PELVICO COME STRATEGIA DI PREVENZIONE PRIMARIA
Giuseppina Amato* Dalla collaborazione con altre figure sanitarie, nell’ottica dell’interdisciplinarietà, come auspicato dal progetto della farmacia dei servizi, nasce, ad Alcamo, all’interno della farmacia Giorlando, un ciclo di incontri dedicato alle future mamme. Insieme a me, farmacista territoriale, a questo progetto ha lavorato sin dalla sua nascita, una giovane ostetrica, libero professionista, che si è specializzata, attraverso un master, in riabilitazione del pavimento pelvico. La dottoressa Giacoma Vultaggio, che da anni ormai si occupa esclusivamente di riabilitazione perineale presso il suo ambulatorio privato, il centro di riabilitazione Villa Sarina di Alcamo, e l’U.O. di Uroginecologia dell’Ospedale Villa Sofia di Palermo, si è affermata in tale ambito come punto di riferimento per le pazienti di tutte le età, anche al di fuori del percorso nascita. A lei ho rivolto alcune domande perché descrivesse e chiarisse il ruolo di queste tecniche nell’ambito della preparazione al parto. Dottoressa Vultaggio, partiamo dalle definizioni. Cos’è e perché è importante la preparazione del pavimento pelvico in gravidanza? Innanzitutto inizierei con l’affermare che il pavimento pelvico è una parte fondamentale del nostro corpo di cui spesso, però, abbiamo scarsa consapevolezza. Infatti, ogni qual volta, durante i corsi di preparazione al parto, affronto l’argomento, faccio delle domande, come ad esempio «cos’è il perineo?», oppure «quali sono le funzioni del perineo?», e purtroppo le future mamme non sanno quasi mai darmi una risposta. Il perineo è quell’insieme di muscoli e legamenti, situati tra il pube e il coccige, che forma un piano di sostegno per gli organi interni: vescica e uretra,
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utero e intestino retto. La sua funzione è estremamente importante. Oltre a dare contenimento e sostegno agli organi, il perineo regola la minzione e la defecazione e ha un ruolo rilevante anche nella vita sessuale. Al momento del parto, poi, il perineo riveste un ruolo fondamentale. È proprio grazie a questa muscolatura che durante la fase espulsiva il piccolo riesce a compiere quel movimento rotatorio all’interno del bacino che è tipico della razza umana al momento della nascita. Un perineo con una buona tenuta muscolare, cioè né troppo rigido, né troppo lasso, si comporta come una specie di trampolino, aiutando e “spingendo” il piccolo nel suo movimento di uscita. Più il perineo sarà in buone condizioni, quindi, più il parto sarà facile e senza intoppi, per il bambino, ma anche per la mamma, che andrà incontro a un minor rischio di lacerazioni. Per permettere ciò, ecco che è fondamentale allenare questi muscoli in modo da renderli tonici ma allo stesso tempo elastici e altrettanto indispensabile prendere coscienza di quest’area. La preparazione al parto, consiste, quindi, sull’esecuzione di esercizi di contrazione e rilassamento del pavimento pelvico e sull’esecuzione del massaggio perineale. Solitamente imposto gli incontri in tre step. 1. Presa di coscienza dei muscoli perineali, quindi della contrazione, ma soprattutto del loro rilassamento, poiché è indispensabile avere questo controllo durante la fase del travaglio attivo. 2. Esecuzione di esercizi personalizzati le cui posizioni possono essere attuate durante il travaglio e inoltre spiegazione del massaggio perineale. Spendo due parole sull’importanza di questa tecnica che va applicata dalle 32 settimane di gestazione. È un elemento fondamentale della preparazione del perineo poiché permette di elasticizzarlo e quindi renderlo più accogliente alla presenza del feto al momento espulsivo.
*Farmacista Anno II Numero 13 – Gennaio 2019
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Consiste nell’introdurre il pollice per circa 2 cm in vagina, unto di olio (adatto al massaggio perineale) e poi eseguire un movimento a U via via con una pressione maggiore e poi in fine prendendo a mo’ di “uncino” e stirando la parte centrale del perineo fino a causare una sorta di bruciore simile a quello che si proverà al momento del parto. Addirittura per amplificare questo effetto si può implementare con l’utilizzo di un dispositivo, il cosiddetto “Epi-no”, che permette al perineo di abituarsi ad una distensione muscolare via via maggiore, simile a quella che si avrà al momento del parto, tramite l’utilizzo di una sonda manometrica. Infine nell’ultimo incontro spiego alla futura mamma l’esecuzione della corretta spinta.
La preparazione adeguata del pavimento pelvico durante la gravidanza, dunque, ha un ruolo di elevata importanza nella possibilità di migliorare l’esito del parto. Ce lo confermi? Come già accennato, la buona qualità e la buona preparazione dei muscoli perineali permettono il buon andamento del travaglio e dell’espulsione. I muscoli del pavimento pelvico e i tessuti perineali sono direttamente coinvolti nel parto. Infatti i muscoli pelvici, insieme agli addominali, sono attivati per garantire le spinte nel periodo espulsivo, mentre i tessuti del canale del parto e del perineo si distendono durante il passaggio del feto, come descritto in uno studio australiano dove è stato dimostrato che chi aveva allenato i muscoli perineali aveva avuto un miglior esito del parto [1]. Garantire una buona tonicità ed elasticità di queste strutture permetteranno di affrontare più efficacemente il periodo espulsivo, ridurre il rischio di lacerazioni e di episiotomia, ridurre il rischio di incontinenza urinaria in gravidanza e dopo il parto. La gravidanza, di per sé, e poi il parto causano una modifica delle strutture perineali e conseguente indebolimento a cominciare dal cambiamento dell’assetto ormonale, modifiche delle forze endoaddominali e aumento dell’antiversione del bacino. Tutto ciò potrebbe essere amplificato dall’ipotetico danno nervoso, muscolare, vascolare e/o ischemico causato dell’episiotomia o lacerazione. Una buona preparazione al parto può evitare o limitare tali danni. Ancor più importante è riprendere l’allenamento qualche settimana dopo il parto, per permettere ai muscoli di riprendere la tonicità e quindi prevenire lieve incontinenza urinaria e prolasso post partum.
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Figura 1. Dott.ssa Giacoma Vultaggio, ostetrica.
Per la tua esperienza, proporre alle donne un percorso di questo tipo, trova resistenze legate a retaggi culturali o inibizione dettata da pudore, o nella maggior parte dei casi le giovani donne sono disposte a lavorare su aspetti così intimi? Nella mia esperienza, come anche e soprattutto nei vari incontri fatti nel nostro “Spazio Mamma”, le future mamme mostrano curiosità e interesse a scoprire alcuni aspetti della gravidanza più intimi e anche sconosciuti. Interesse a scoprire una nuova dimensione di preparazione al parto a cui però, spesso, non vi è un seguito dal punto di vista pratico. Non penso ci siano resistenze legate a retaggi culturali, ma all’errata convinzione che l’evento parto, essendo un evento naturale e imprevedibile, in quanto tale non può essere modificato o migliorato. Per questo motivo, quando parlo di educazione perineale preparto e rieducazione post partum cerco di evidenziare tutti i benefici di tale percorso e quanto sia importante prevenire alcune disfunzioni. Statisticamente, l’interesse che le future mamme hanno mostrato verso questi percorsi è purtroppo basso. Pochissime conoscono il perineo e la ginnastica perineale. Solo una bassa percentuale delle partecipanti (circa il 5%) decidono di sottoporsi alla valutazione del pavimento pelvico e all’esecuzione degli esercizi perineali. Dopo il parto,
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le neo mamme che ricorrono al trattamento di riabilitazione cresce al 10-15%, cosa che dimostra che ancora non è passata efficacemente l’idea del valore preventivo di tali tecniche, mentre vi si ricorre nel caso in cui il disturbo si è già presentato. È per questo che insisto molto su questi argomenti, poiché è naturale cercare un rimedio ad un problema, ma sarebbe auspicabile lavorare sulla prevenzione per ridurre l’insorgenza delle disfunzioni perineali da danno da parto. In qualche modo questi percorsi proposti possono diventare di coppia o rimangono un momento Figura 2. Incontro del progetto Spazio mamma, organizzato dalla farmacia Giorlando di Alcamo, su “Preparazione e riabilitazione del perineo”. di intimità esclusivo della donna? obiettivo per il futuro è di migliorare la Assolutamente sì, anche se è fondamentale che in sensibilizzazione, allo scopo di aumentare la primis la futura mamma da sola riesca a prendere percentuale di donne che, a seguito coscienza di questa area cosi intima del proprio corpo, riscoprendola. dell’informazione, possano anche farsi carico della In una seconda fase, il percorso svolto insieme al parte pratica che da essa deriva. marito è ancora più coinvolgente anche perché il Concludendo, a tuo parere questa, che futuro papà può sentirsi coinvolto in prima possiamo senza dubbio inquadrare in persona. un’iniziativa di prevenzione primaria, a quali Di solito negli incontri che faccio con la singola coppia spiego alcuni esercizi di preparazione al risultati può condurre nel medio e nel lungo termine? parto da poter eseguire assieme, quali posizioni I danni perineali da parto possono sfociare in poter attuare durante il travaglio e infine come il conseguenze a breve termine quali l’incontinenza partner può eseguire il massaggio perineale. lieve, la dispareunia (rapporti dolorosi) o dolore Parlare di questo argomento all’interno della perineale sulla zona dell’episiotomia, e causare farmacia come fai da alcuni anni ha un conseguenze a lungo termine quali l’incontinenza urinaria o fecale, il prolasso degli organi pelvici, vantaggio e un riscontro secondo te? provocato dalla ridotta tonicità muscolare. Innanzitutto come spesso sottolineiamo nel primo Prendersi cura del perineo già in gravidanza e poi incontro, introducendo il corso, la farmacia è il nell’immediato post partum può sicuramente primo presidio territoriale del Sistema Sanitario e il primo punto di riferimento per i pazienti. prevenire tali disfunzioni. Proprio per questo motivo, per le future mamme, Inoltre, oltre a garantire la continenza urinaria e fecale e a prevenire il prolasso degli organi pelvici, avere a disposizione dei professionisti di cui questo percorso può garantire una vita sessuale fidarsi, già durante la gravidanza e poi nel post più soddisfacente, soprattutto garantendo una partum per la cura del proprio piccolo, permette di normale sensibilità dopo il parto. creare una rete di sostegno fondamentale in periodi di estrema vulnerabilità e ricerca di Per cui concludo dicendo la frase che di solito dico a conclusione di ogni incontro: la salute della certezze. donna parte dal benessere perineale. Sicuramente è un input alla prevenzione primaria nello specifico, per le disfunzioni del pavimento pelvico, e ha l’innegabile vantaggio della Bibliografia capillarità, arrivando ad informare più donne 1. Sherburn M., Pelvic floor muscle training during possibili indipendentemente dal loro grado di pregnancy facilitates labour. Australian Journal of Physioterapy, Volume 50, Issue 4, pag. 258, 2004. istruzione e di sensibilità allo specifico tema. Il mio
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Diabetologia
DIABETE MELLITO
Classificazione, diagnosi, epidemiologia
Luigi Sciangula* Il diabete mellito è una sindrome cronica dovuta a carenza assoluta o relativa di insulina, associata a gradi variabili di resistenza all'azione dell'insulina stessa da parte dei tessuti periferici, e caratterizzata da alterazioni del metabolismo glucidico, lipidico e proteico. L’insulina è una sostanza prodotta dal nostro organismo, più precisamente dal pancreas, ed è paragonabile ad una chiave da inserire in una serratura per aprire una porta: se manca la chiave o non funziona bene non riusciremo ad aprire la porta. In questa similitudine la “porta” rappresenta i canali per l’entrata delle sostanze nutritive all’interno delle cellule: se manca o non funziona l’insulina (“chiave”) non si aprono i canali ed i nutrienti (come il glucosio) non riescono ad entrare nelle cellule. Infatti il nutrimento, ed in particolare il glucosio, non riesce ad entrare in due importanti distretti del nostro corpo, i muscoli ed il tessuto adiposo (grasso), ed inoltre, non potendo entrare in questi distretti, si accumula nel sangue aumentando a tal punto da non poter essere più trattenuto dai reni, riversandosi quindi nelle urine insieme a grandi quantità di acqua. Quanto detto ci fa capire perché questa malattia fu chiamata diabete, dal verbo greco διαβαίνειν (diabàinein) che significa “passare attraverso”: il cibo (gli zuccheri) ingerito non viene utilizzato dall’organismo ma “passa attraverso” il corpo e viene eliminato con le urine. Il termine διαβήτης (diabetes), che letteralmente significa sifone, compare nel III sec. a.C., usato da Apollonio da Menfi e Demetrio di Apamea. In queste condizioni le urine, a causa della grande quantità di glucosio che si è riversato in esse, diventano dolci; ciò ci spiega perché questa forma di diabete fu chiamata mellito: questo aggettivo sta ad indicare appunto che le urine sono dolci “come il
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miele”. Questo aggettivo serve a distinguere questa forma di diabete dal “diabete insipido”. Il “diabete insipido” è una malattia molto rara che non ha nulla a che vedere con il “diabete mellito”; è caratterizzata da una elevata quantità di urine (fino a 20-25 litri al giorno) ma che non contengono glucosio (ecco perché “insipido”), e non si ha carenza di insulina o iperglicemia. La causa del “diabete insipido” è un errore della filtrazione dell’acqua da parte dei reni, per un difetto dei reni stessi o per carenza dell’ormone antidiuretico che ne regola la funzione. Ecco dunque la causa dell’equivoco: anche qui c’è un “passare attraverso”, ma ciò che passa attraverso il corpo è solo acqua e non nutrimento. DIABETE MELLITO: TIPO 1 E TIPO 2 Il diabete mellito è una malattia inguaribile, ma curabile. Possiamo distinguere due forme principali di diabete mellito: il tipo 1 (un tempo IDDM o insulino-dipendente o di tipo giovanile o infantile o magro o chetosico) che necessita di insulina sin dall’esordio (non è possibile non utilizzarla); il tipo 2 (un tempo NIDDM o non insulino-dipendente o di tipo adulto o senile o grasso o non chetosico) che non necessita di insulina (tranne alcuni casi particolari o nelle fasi tardive della malattia). Le definizioni delle due forme di diabete scritte in corsivo, ormai non più utilizzate, indicano alcune caratteristiche tipiche di ciascuna forma, ma non esclusive. Il diabete mellito (insulino-dipendente) tipo 1 Questa forma di diabete necessita di insulina sin dall’esordio: non è possibile vivere senza la somministrazione di insulina; infatti prima del 1921, anno in cui è stata scoperta l’insulina, questi diabetici avevano pochi mesi di vita (è per questo motivo che questa forma viene chiamata insulino-
*Past President dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD) della Regione Lombardia e Coordinatore della Consulta dei Presidenti Regionali Anno II Numero 13 – Gennaio 2019
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Diabetologia
dipendente). Questo tipo di diabete può insorgere a qualsiasi età, ma colpisce soprattutto i giovani al di sotto dei 2030 anni (ecco perché chiamato anche diabete giovanile o infantile). Il diabete di tipo 1 ha un’insorgenza improvvisa ed a causa della carenza di insulina si viene a determinare un notevole accumulo di glucosio nel sangue che, non potendo più essere trattenuto dai reni, passa nelle urine assieme ad una grande quantità di liquidi. Tutto ciò porta ad un aumento della quantità delle urine, disidratazione con conseguente sete intensa, debolezza, facile affaticamento, fame. Essendo in una situazione di carenza di insulina l’organismo di questi giovani diabetici non è in grado di utilizzare il glucosio come fonte di energia, per cui ricava l’energia di cui ha bisogno da altre sostanze: i grassi. Utilizzando i grassi come carburante si viene a determinare un dimagramento (ecco perché diabete magro) ed inoltre, nelle forme più gravi, si ha una produzione eccessiva di sostanze acide derivanti dalla parziale trasformazione dei grassi a livello del fegato: i corpi chetonici (ecco perché diabete chetosico), che accumulandosi nel sangue possono aumentare il normale grado di acidità e portare a disturbi come dolori e crampi addominali, nausea, vomito, respiro frequente e profondo, stato confusionale, coma. Questa forma di diabete non è molto frequente, 2-3 casi ogni 1.000 abitanti, ma è quella che richiede più attenzione ed è sicuramente quella che sconvolge di più una famiglia quando un bimbo o un giovane si ammalano. Alla luce di quanto detto, è chiaro che nei bambini non bisogna trascurare i sintomi di bocca secca, sete continua, stanchezza intensa, dimagramento, bisogno di urinare, spesso e tanto, anche durante la notte (i più piccoli riprendono a bagnare il letto nel sonno). Nei diabetici di tipo 1 il pancreas (le cellule beta) non produce più insulina; che cosa fa smettere le cellule beta di funzionare? Le cause possono essere diverse da un individuo all’altro; cerchiamo di analizzarle. Ereditarietà Questa forma di diabete non si trasmette dai genitori ai figli come può succedere per altre malattie, bensì si trasmette la predisposizione ad andare incontro al diabete tipo 1. Questo significa che chi ha un familiare con questa malattia ha più probabilità di altri ad ammalarsene. Se un genitore (non ha importanza se il padre o la madre) ha il
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diabete di tipo 1 le probabilità che la malattia si manifesti in un figlio sono del 5-10 su cento. Se entrambi i genitori hanno il diabete tipo 1 le probabilità per i figli aumentano al 23%. Se un bambino ha il diabete tipo 1 le possibilità che anche un altro fratello o sorella si ammalino sono alte potendo raggiungere il 30% nel caso di gemelli identici. Autoimmunità Abbiamo detto che la malattia non si eredita, ma si eredita la predisposizione. In cosa consiste la predisposizione? Il sistema immunitario è un complesso sistema di difesa del nostro organismo, costituito da cellule (linfociti) e proteine (anticorpi) circolanti nel sangue. Questo sistema è in grado di proteggerci da eventuali infezioni perché riconosce come estranei eventuali agenti lesivi esterni quali i virus e i batteri. Purtroppo il sistema immunitario riconosce anche come estranei gli organi trapiantati determinandone il rigetto. Tuttavia è un sistema molto importante per la nostra vita, basti pensare a cosa succede se un virus non lo fa più funzionare come accade in caso di infezione da HIV: sindrome da immunodeficienza acquisita, comunemente chiamata AIDS. In alcuni casi il sistema immunitario è ereditariamente predisposto ad alterarsi (se si verificano determinate circostanze) e a non riconoscere più come proprie alcune cellule del nostro organismo. Non è ancora stato chiarito se è il sistema immunitario che impazzisce o se sono alcune cellule del nostro organismo che cambiano aspetto e non vengono più riconosciute come proprie, ma qualunque sia il meccanismo, il risultato finale è che queste cellule (nel caso del diabete di tipo1 le cellule beta del pancreas) vengono attaccate e rigettate e viene quindi a verificarsi una malattia autoimmune. Nei pazienti in questo caso è possibile trovare oltre al diabete altre malattie autoimmuni. Anche se il diabete tipo 1 si manifesta all’improvviso, la distruzione delle cellule beta è sicuramente iniziata da alcuni anni, a volte anche da dieci; è su questo periodo che precede la comparsa della malattia che si stanno concentrando gli studi scientifici per cercare di interrompere la progressione della distruzione delle cellule beta. Virus o altri fattori Sembra che alcuni virus, in particolare quelli del morbillo e della parotite, siano qualche volta capaci
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Diabetologia o di danneggiare le cellule beta o di modificarne l’aspetto tanto da renderle estranee al sistema immunitario che quindi le attacca. Sembra comunque che solo i soggetti che hanno ereditato un sistema immunitario predisposto vedrebbero scattare il meccanismo autoimmunitario. Il diabete mellito (non insulino-dipendente) tipo 2 Questa forma di diabete normalmente all’esordio non necessita di terapia insulinica ed esordisce in modo molto subdolo dando pochi segni e permettendo una vita pressoché normale fino alla comparsa delle complicanze croniche. Tutto ciò porta inevitabilmente ad un ritardo nella diagnosi, a volte anche 10 o 20 anni, e conseguentemente nella cura; molto spesso la diagnosi viene fatta in modo fortuito in seguito ad esami fatti per altri motivi in assenza completa di sintomi specifici del diabete. In alcuni casi la diagnosi viene sospettata perché possono essere presenti dei sintomi dovuti al passaggio di glucosio nelle urine: poliuria (aumento del volume urinario), polidipsia (sete), polifagia (fame) ed affaticabilità; ma anche in questi casi non si può escludere che la malattia fosse già presente da anni. Classificazione [1] • Diabete tipo 1. È causato da distruzione delle beta-cellulare, su base autoimmune o idiopatica, ed è caratterizzato da una carenza insulinica assoluta (la variante LADA, latent autoimmune diabetes in adults, ha decorso lento e compare nell’adulto). • Diabete tipo 2. È causato da un deficit parziale di secrezione insulinica, che in genere progredisce nel tempo ma non porta mai a una carenza assoluta di ormone, e che si instaura spesso su una condizione, più o meno severa, di insulino-resistenza su base multifattoriale. • Diabete gestazionale. Diabete diagnosticato nel secondo o terzo trimestre di gravidanza, che non è un diabete manifesto misconosciuto prima della gravidanza. È causato da difetti funzionali analoghi a quelli del diabete tipo 2; viene diagnosticato per la prima volta in gravidanza e in genere regredisce dopo il parto per poi ripresentarsi, spesso a distanza, preferenzialmente con le caratteristiche del diabete tipo 2.
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Altri tipi di diabete • difetti genetici della beta-cellula (MODY, diabete neonatale, DNA mitocondriale) • difetti genetici dell’azione insulinica (insulino-resistenza tipo A, leprecaunismo) • malattie del pancreas esocrino (pancreatite, pancreatectomia, tumori, fibrosi cistica) • endocrinopatie (acromegalia, Cushing, feocromocitoma, glucagonoma) • indotto da farmaci o sostanze tossiche (glucocorticoidi, altri agenti immunosoppressori, tiazidici, diazossido, farmaci per il trattamento dell’HIV/AIDS) • infezioni (rosolia congenita) • forme rare di diabete immuno-mediato • sindromi genetiche rare associate al diabete (Down, Klinefelter, Turner, Wolfram, Friedreich)
Diabete mellito tipo 1: Segni e sintomi da: • Iperglicemia cronica: poliuria, polidipsia, perdita di peso. • Disidratazione: lingua e mucose asciutte, turgore della cute ridotto, bulbi oculari infossati, ipotensione ortostatica in presenza di deplezione idrosalina. Shock ipovolemico se disidratazione marcata. Sintomi: • Da acidosi e deplezione di potassio: anoressia, nausea, dolori addominali, ileo paralitico. • Neurologici: progressivo peggioramento dello stato di coscienza, fino al coma. Lo stato di coma può essere di intensità variabile con segni di sofferenza nervosa. L’alterazione dello stato di coscienza è correlato ai livelli di osmolarità plasmatica. • Da acidosi metabolica: respiro compensatorio profondo e frequente (Kussmaul) che si manifesta quando il pH si riduce sotto i 7.2. • Da eventuale malattia precipitante: l’assenza di iperpiressia non preclude un’infezione in quanto spesso si può assistere a ipotermia. Si stima che in Italia il diabete tipo 1 rappresenti dal 3 al 6% di tutti i casi di diabete. L’incidenza è intorno al 10-11/100.000 anni-persona, con tassi tuttavia 3-4 volte superiori alla media nazionale in Sardegna. Il rischio di diabete tipo 1 è in aumento
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in tutto il territorio nazionale, così come avviene anche a livello internazionale, anche se le cause di questo fenomeno non sono ancora state identificate. Diabete mellito tipo 2: • esordio abituale dopo i 30-40 anni • obesità o sovrappeso presente in oltre l’80% • presenta forte componente familiare • non dipende dalla terapia insulinica, almeno per un certo tempo • rappresenta oltre il 90% dei casi di diabete • è dovuto ad una condizione di insulinoresistenza e ridotta secrezione di insulina al momento del pasto. All’insorgenza vi è una distruzione (apoptosi) del 50% delle β-cellule.
La diagnosi tempestiva di malattia consente di ridurre le complicanze. Da qui la necessità di individuare il diabete misconosciuto che rappresenta circa un terzo di tutto il diabete nel nostro Paese (pari a circa 1,5 milioni di persone). Criteri diagnostici In presenza di sintomi tipici della malattia (poliuria, polidipsia, calo ponderale), la diagnosi di diabete è posta con il riscontro, anche in una sola occasione di glicemia casuale ≥200 mg/dl (in- dipendentemente dall’assunzione di cibo). In assenza dei sintomi tipici della malattia la diagnosi di diabete deve essere posta con il riscontro, confermato in almeno due diverse occasioni di:
[1] Diabete mellito È una patologia rilevante per le complicanze, l’impatto sulla qualità della vita dei pazienti e sulla salute pubblica. Ogni anno ci sono in Italia più di 75.000 ricoveri per diabete principalmente causati da complicanze quali ictus cerebri, infarto del miocardio, insufficienza renale ed amputazioni degli arti inferiori. La diagnosi clinica del diabete è preceduta da una fase asintomatica della durata di circa 7 anni durante i quali l’iperglicemia esercita effetti deleteri a livello dei tessuti bersaglio così che alla diagnosi spesso sono già presenti le complicanze di malattie.
– glicemia a digiuno ≥126 mg/dl (per digiuno si intende almeno 8 ore di astensione dal cibo) oppure – glicemia ≥200 mg/dl 2 ore dopo carico orale di glucosio (eseguito con 75 g) oppure – HbA1c ≥48 mmol/mol (6.5%), a condizione che il dosaggio dell’HbA1c sia standardizzato, allineato IFCC (International Federation of Clinical Chemistry and Laboratory Medicine) e che si tenga conto dei fattori che possano interferire con il dosaggio. Epidemiologia (Fonte ISTAT 2017) [2] Nel 2016 sono oltre 3 milioni 200 mila in Italia le persone che dichiarano di essere affette da diabete, il 5,3% dell’intera popolazione (16,5% fra le persone di 65 anni e oltre).
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La diffusione del diabete è quasi raddoppiata in trent’anni (coinvolgeva il 2,9% della popolazione nel 1980). Anche rispetto al 2000 i diabetici sono 1 milione in più e ciò è dovuto sia all’invecchiamento della popolazione che ad altri fattori, tra cui l’anticipazione delle diagnosi (che porta in evidenza casi prima sconosciuti) e l’aumento della sopravvivenza dei malati di diabete.
entrambi i sessi. Obesità e sedentarietà sono rilevanti fattori di rischio per la salute in generale, ancora di più per la patologia diabetica. Tra i 45-64enni la percentuale di persone obese che soffrono di diabete è del 28,9% per gli uomini e del 32,8% per le donne (per i non diabetici rispettivamente 13,0% e 9,5%). Nella stessa classe di età il 47,5% degli uomini e il 64,2%
Nell’ultimo decennio, infatti, la mortalità per diabete si è ridotta di oltre il 20% in tutte le classi di età. Inoltre, confrontando le generazioni, nelle coorti di nascita più recente la quota di diabetici aumenta più precocemente che nelle generazioni precedenti, a conferma anche di una progressiva anticipazione dell’età in cui si diagnostica la malattia. Il diabete è una patologia fortemente associata allo svantaggio socioeconomico. Tra le donne le disuguaglianze sono maggiori in tutte le classi di età: le donne diabetiche di 65-74 anni con laurea o diploma sono il 6,8%, le coetanee con al massimo la licenza media il 13,8% (i maschi della stessa classe di età sono rispettivamente il 13,2 e il 16,4%). Lo svantaggio socioeconomico si conferma anche nella mortalità ed è più evidente nelle donne, al contrario di quanto si osserva per le altre cause di morte: le donne con titolo di studio basso hanno un rischio di morte 2,3 volte più elevato delle laureate. Questa patologia è più diffusa nelle regioni del Mezzogiorno dove il tasso di prevalenza standardizzato per età è pari al 5,8% contro il 4,0% del Nord. Anche per la mortalità il Mezzogiorno presenta livelli sensibilmente più elevati per
delle donne con diabete non praticano alcuna attività fisica leggera nel tempo libero. Il diabete è una malattia dal quadro morboso complesso, a carico di molti organi fondamentali (es. cuore, reni, fegato, vista). Tra i diabetici si duplica il rischio di mortalità per malattie ipertensive, così come l’ospedalizzazione per malattie del sistema cardio-circolatorio. Le complicanze del diabete hanno un impatto rilevante, sia sui costi sanitari che sulla qualità della vita dei cittadini.
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Bibliografia 1. Standard italiani per la cura del diabete mellito 2018. 2. Report ISTAT, 20 luglio 2017, Anni 2000-2016, Il Diabete in Italia - https://www.istat.it/it/files//2017/07/REPOR T_DIABETE.pdf
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IL SIGNIFICATO DEL CENACOLO DI LEONARDO DA VINCI
Rodolfo Papa
Figura 1. Leonardo Da Vinci, Cenacolo Convento di Santa Maria delle Grazie, Milano.
meditazione sugli eventi narrati nel Vangelo Il Cenacolo dipinto da Leonardo per il Convento consiste in una ricostruzione interiore degli domenicano di Santa Maria delle Grazie a Milano ambienti tale da poter rendere presente l’oggetto nel corso della storia ha subito numerose ferite e della meditazione, così da poter contemplare numerosi ritocchi — fino all’ultimo recente quanto l’anima va riflettendo. restauro —, tanto che è «… la meditazione sugli eventi narrati La vita spirituale risulta in difficile risalire all’immagine questo modo arricchita di originale, tuttavia senz’altro nel Vangelo consiste in una interiori, la collocazione spaziale e la ricostruzione interiore degli ambienti rappresentazioni secondo quanto ben esprime, costruzione prospettica tale da poter rendere presente per esempio, il Zardino de risultano ancora l’oggetto della meditazione, così da Oration, un testo di completamente indicative delle vere intenzioni poter contemplare quanto l’anima va spiritualità, scritto nel 1454 circa e pubblicato a Venezia leonardiane. Leonardo riflettendo» nel 1494: «La quale historia intendeva rappresentare il [della Passione] acciò che tu meglio la possi reale cenacolo gerosolimitano nella Gerusalemme imprimere nella mente, e più facilmente ogni acto ficta del convento domenicano. Infatti, secondo una de essa ti si reduca alla memoria, ti serà utile e nota tradizione, tuttora viva in verità, la
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L’AUTORE Rodolfo Papa, pittore, scultore, teorico, storico e filosofo dell’arte. Esperto della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Docente di Storia delle teorie estetiche presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose Sant’Apollinare, Roma; il Master di II Livello di Arte e Architettura Sacra dell’Università Europea, Roma; l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Santa Maria di Monte Berico, Vicenza; la Pontificia Università Urbaniana, Roma. È Accademico Ordinario della Pontificia Insigne Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon. Presidente della Accademia Urbana delle Arti. Tra i suoi scritti si contano circa venti monografie e alcune centinaia di articoli (“Arte Cristiana”; “Euntes Docete”; “ArteDossier”; “La vita in Cristo e nella Chiesa”; “Via, Verità e Vita”, “Frontiere”, “Studi cattolici”; “Zenit.org”, “Aleteia.org”; …). Come pittore ha realizzato interi cicli pittorici per Basiliche, Cattedrali, Chiese e conventi (Basilica di San Crisogono, Roma; Basilica dei SS. Fabiano e Venanzio, Roma; Antica Cattedrale di Bojano, Campobasso; Cattedrale Nostra Signora di Fatima a Karaganda, Kazakistan; Eremo di Santa Maria, Campobasso; Cattedrale di San Panfilo, Sulmona; chiesa di san Giulio I papa, Roma; San Giuseppe ai Quattro Canti, Palermo; Sant'Andrea della Valle, Roma …).
bisogno che ti fermi ne la mente lochi e persone. Come una citade, la quale sia la citade de Hierusalem, pigliando una citade la quale ti sia bene pratica. Nella quale citade tu trovi li lochi principali neli quali forono exercitati tutti li acti de la passione: come è uno palacio nel quale sia el cenaculo dove Cristo fece la cena con li discipuli ... Ancora è dibisogno che ti formi nela mente alcune persone, le quali tu habbi pratiche e note, le quale tutte representino quelle persone che principalmente intervennero de essa passione ... Così adunque avendo formate tutte queste cose nela mente, sì che quivi sia posta tutta la fantasia, entrarai nel cubicolo tuo e sola e solitaria [l’esortazione è rivolta all’anima devota] discacciando ogni altro pensiero exteriore. Incominciarai a pensare il principio de essa passione ...» (cap. XV: “Come meditare la vita di Cristo”). La finzione artistica si pone al servizio di questa pratica di meditazione, rappresentando i luoghi in cui l’anima incontra Cristo. Per esempio, il convento domenicano di San Marco a Firenze realizza magnificamente questa funzione dell’arte: ogni cella, infatti, possiede un affresco e l’intero convento costituisce un edificio di contemplazione. Il Cenacolo di Leonardo si spiega con questo tipo di intenzione; egli voleva rappresentare proprio il luogo dell’ultima cena, che nei Vangeli risulta descritto: «Et ipse vobis demostrabit coenaculum grande, stratum; et illic parate nobis» (Mc XIV, 15), «Et ipse ostendet vobis coenaculum magnum stratum, et ibi parate» (Lc XXII,12). “Coenaculum” —
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che corrisponde al greco ἀνάγαιον — significa stanza al piano superiore, con funzione di magazzino ma anche di foresteria. “Stratum” — in greco ἐστρωμένον — significa invece provvisto di tappeti, e nella Bibbia di Niccolò Malerni, che
Figura 2. Leonardo Da Vinci, Cenacolo. Tappeti appesi alle pareti.
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Figura 3. Milano, refettorio del Convento di S. Maria delle Grazie prima del bombardamento del 16 agosto 1943.
Leonardo probabilmente consultava, è reso con aurea in Luca Ev., cap. XXII) ed ancora «Hieronimus: “apto a questo” nel racconto di Luca e con “atto Coenaculum grande Ecclesia magna est, in qua acciò apparechiato” in quello di Marco. Dunque il narratur nomen Domini, strata varietate virtutum et cenacolo era una stanza al piano superiore, linguarum» (Catena Aurea in Marci Ev., cap. XIV). preparata per il pasto: e così Leonardo lo Il significato del Cenacolo si comprende ancor rappresenta. Infatti il dipinto parietale di Leonardo meglio osservando la parete che lo fronteggia, dove copre la metà superiore già dal 1495 Giovanni di della parete (copre m 4,6 x «… esso è dipinto nel refettorio, proprio Montorfano aveva affrescato 8,8), e ha un punto di vista una Crocifissione. Si nel luogo in cui i frati mangiano, posto a circa sei metri (oggi comprende che l’ultima cena cosicché ogni loro pasto è un pasto con si compie nella crocifissione: risulta inferiore perché il pavimento è stato rialzato Cristo, e ciascun frate è invitato ad i frati sono invitati a cenare di più di un metro rispetto a essere un apostolo, presente all’ultima con Gesù e a seguirlo poi sul quello originale). Dunque cena del Signore» Golgota. viene allestito esattamente Il Cenacolo di Leonardo un ambiente posto al secondo piano, e per interagisce, inoltre, con l’intero edificio del guardarlo si viene invitati a salire, a viverci convento: vi erano infatti presenti altri dipinti del spiritualmente dentro. Inoltre esso è dipinto nel maestro vinciano. Padre V. M. Monti nel suo refettorio, proprio nel luogo in cui i frati mangiano, Catalogus Superiorum Cenobi Ord. Praed. S. Mariae cosicché ogni loro pasto è un pasto con Cristo, e Gratiarum (Milano, Archivio di Stato) ricorda ciascun frate è invitato ad essere un apostolo, un’immagine del Redentore collocata in una lunetta presente all’ultima cena del Signore. Ricordiamo sulla porta tra il convento e la chiesa delle Grazie, e quanto il grande domenicano san Tommaso un’immagine dell’Assunta fra i santi Domenico e d’Aquino riporta a proposito del cenacolo nella sua Pietro da Verona con Ludovico il Moro e Beatrice Catena Aurea: «Ambrosius: In superioribus autem d’Este, posta sulla lunetta sopra l’ingresso magnum habet stratum, ut magnum meritum eius principale della chiesa verso il convento: distrutti il advertas, in quo Dominus cum discipulis sublimium primo nel 1603 per l’ampliamento di una porta, la virtutum eius delectatione requiesceret» (Catena seconda nel 1594. Dunque la meditazione sul
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Figura 4. Beato Angelico, Cena, 1448 - 1461. Museo di San Marco, Firenze.
grande mistero d’amore della crocifissione, si proprio all’“hortus conclusus”): «Sia resa l’anima completava nella contemplazione del trionfo dello come un “giardino chiuso”, nel quale non siano stesso amore nella Redenzione, il cui luogo è piantati faggi e querce, che producono frutti per gli proprio la Chiesa. Ogni animali, ma fiori di rosa, gigli santità viene ricondotta a «Il percorso del frate nel convento è il di vallata, viole e germogli percorso della sua anima, Cristo, con la mediazione di profumati, come peschi e Maria, Sua madre, da Lui continuamente nutrita di meditazione alberi che di tal maniera assunta in cielo. Il percorso grazie anche alle opere d’arte» portano frutti soavi. Così in del frate nel convento è un’anima siffatta siano dunque il percorso della sua anima, continuamente rimeditati gli esempi dei martiri, dei confessori, nutrita di meditazione grazie anche alle opere delle vergini, e come sono i fiori, di tal maniera d’arte. Un altro grande domenicano, sant’Antonino, siano i germogli delle sante lezioni e parole, e i invitata a coltivare l’anima come fosse un “hortus frutti delle opere buone» (Summa theologica, III, tit. conclusus” (peraltro, gli arazzi millefleurs con cui XIV, cap. V, col. 657 a-b). Il Cenacolo di Leonardo è Leonardo addobba il cenacolo fanno riferimento nutrimento per la coltivazione dell’anima.
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LE PROPRIETÀ TERAPEUTICHE DELL’OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA Elisa Drago*
Figura 1. Francesco Lojacono, Uliveto. Olio su tela 84 x 147 cm. Collezione privata.
È emerso che la dieta Mediterranea è correlata alla diminuzione dell’incidenza di mortalità cardiovascolare, delle malattie cognitive legate all'età, e del cancro al seno o al colon. Questa dieta prevede l’assunzione di pane, cereali, riso, pasta, frutta, verdura e olio extravergine d’oliva come principale fonte di grassi. Per questo motivo numerose ricerche si sono focalizzate sullo studio dei costituenti chimici dell’olio extravergine d’oliva e dei suoi potenziali effetti farmacologici, nonché su quelli dell’Olea europaea, per comprendere le ragioni delle proprietà benefiche della dieta mediterranea. Fra i composti isolati nell’olio extravergine d’oliva e nell’Olea europaea ricordiamo composti fenolici, di cui i principali sono l’oleocantale, l’oleuropeina, il verbascoside e l’idrossitirosolo, e composti triterpenici, che comprendono l’acido maslinico, l’acido oleanolico, l’uvaolo e l’eritrodiolo. Studi clinici hanno osservato che questi composti hanno
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importanti attività biologiche, antiossidanti, antinfiammatorie, antitrombotiche, antitumorali, cardioprotettive e antidiabetiche. DESCRIZIONE BOTANICA L'ulivo, Olea europaea, appartiene alla famiglia delle Oleaceae ed è originario dell'Asia Minore. È un albero sempreverde, molto longevo, e raggiunge un’altezza di 10-15 metri. Le foglie si formano sul ramo dalla primavera all'autunno e restano vitali fino a due anni di età; sono opposte, persistenti, coriacee, verdi cupe superiormente, biancastre-argentee inferiormente per la presenza di peli squamiformi, lanceolate, ovali oblunghe, a margine intero leggermente revoluto. I frutti, olive, sono drupe ovoidali, hanno colore che varia dal verde al giallo al viola al nero violaceo, con mesocarpo oleoso e nocciolo affusolato legnoso e rugoso. Pesano da 2 a 20 grammi; maturano a partire da ottobre e contemporaneamente al viraggio del colore si svolge la maturazione o "inoliazione" durante la quale nella polpa diminuisce il contenuto in acqua, zucchero e acidi e aumenta quello in olio. *Farmacista
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Figura 2. Francesco Lojacono, Paesaggio con contadine, 1914. Olio su tela 40 x 67 cm. Museo Civico di Agrigento.
USI TRADIZIONALI L'ulivo è una pianta coltivata dall'uomo fin dai tempi più remoti per le sue innumerevoli proprietà; nelle antiche tradizioni rappresentava un simbolo di pace, di saggezza, di sapienza, di gloria e di prosperità, e veniva considerato un dono degli dei. Anticamente veniva usato anche come medicamento, come combustibile e nei riti religiosi. Attualmente l’olio di oliva è usato in campo alimentare ed è un elemento basilare della dieta mediterranea, in quanto fonte principale di lipidi. Può essere adoperato a crudo in insalate, salse o condimenti, oppure per la cottura e frittura di alcuni alimenti, ma anche nella preparazione di alcuni dolci, poiché sostituisce la margarina. Oltre all’uso alimentare, l’olio di oliva raffinato viene usato come solvente per preparazioni iniettabili, mentre le foglie di ulivo come infuso o decotto. Fin dall’antichità ha assunto un ruolo anche nella cosmetica; i fenici lo chiamarono “oro liquido”, gli egizi lo usavano per ammorbidire la pelle e per rendere lucidi i capelli, mentre gli atleti greci lo adoperavano per massaggi e frizioni. Nella dermocosmesi moderna l’olio extravergine d'oliva viene usato per la cura esterna della pelle in saponi, bagno schiuma, maschere e prodotti detergenti a base di olio d’oliva, ad azione idratante, emolliente ed anti-infiammatoria, indicati per pelli secche o sensibili, dermatiti irritative e allergiche da contatto e per la detersione della pelle dei neonati.
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In commercio l’olio di oliva si trova anche in prodotti per i capelli, in quanto crea una guaina che li protegge da smog e agenti atmosferici, contrasta la debolezza e la caduta dei capelli nutrendo in profondità il bulbo pilifero. PROCESSO DI ESTRAZIONE DELL' OLIO DI OLIVA L'estrazione dell'olio dalle olive è un processo che comprende due fasi fondamentali: la macinazione della polpa e la successiva separazione della frazione oleosa dagli altri componenti solidi e liquidi. Il metodo d'estrazione dell’olio extravergine di oliva è rappresentato da processi di natura esclusivamente meccanica mediante urto, pressione, centrifugazione, decantazione, filtrazione, tensione superficiale, trattamento meccanico delle emulsioni, e riscaldamento a temperature moderatamente alte al fine di incrementare la resa in olio. La normativa e gli standard di qualità impongono l'impiego esclusivo di metodi meccanici anche se esistono altre tecniche che prevedono l'uso di metodi fisici e chimici. COSTITUENTI CHIMICI DELL’OLIO DI OLIVA La composizione chimica dell’olio di oliva è influenzata da alcune condizioni, quali l’origine, la proporzione dei rami rispetto all’albero, le condizioni di conservazione e il contenuto di umidità. Inoltre la varietà e le condizioni climatiche influenzano il contenuto di carboidrati e azoto
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Figura 3. Esemplare secolare di Olea europaea presente ad Agrigento nel giardino della Kolymbethra, sullo sfondo il tempio dei Dioscuri. Foto dalla pagina Facebook FAI-Giardino della Kolymbethra.
presenti nelle foglie [1] [2]. Nelle foglie ci sono cinque gruppi di composti fenolici: • secoiridoidi (oleuropeina, oleacina e verbascoside chiamati genericamente oleuropeosidi) • flavoni (luteolin-7-glucoside, apigenin-7glucoside, diosmetin-7-glucoside, luteolina e diosmetina) • flavonoli (rutina), flavan-3-oli (catechina) • fenoli sostituiti (tirosolo, idrossitirosolo, vanillina, acido vanillico e acido caffeico) [3] [4]. Il composto più abbondante è l’oleuropeina, seguita dall’idrossitirosolo, dai flavon-7 glucosidi di luteolina e apigenina e dal verbascoside. Il contenuto totale di polifenoli (2,058 mg in 100 g) e flavonoidi (858 mg in 100 g) nelle foglie di ulivo è equiparabile a quello presente nella buccia dell’uva rossa [5]. L’oleuropeina, principale secoiridoide presente nell’ulivo, composto dal gusto amaro con una potente azione antiossidante e proprietà antiinfiammatorie, è stato scoperto nel 1908 da Bourquelot e Vintilesco, è un estere eterosidico dell'acido elenolico e del diidrossifeniletanolo [6]. L’idrossitirosolo (3,4-diidrossifenil etanolo) è il principale prodotto di degradazione dell’oleuropeina. L’oleuropeina è presente in quantità elevate nelle olive non trattate e nelle foglie, mentre l’idrossitirosolo è più abbondante nelle olive lavorate e nell’olio d'oliva. La riduzione
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della concentrazione di oleuropeina e l’aumento della concentrazione di idrossitirosolo si può verificare a causa di reazioni chimiche ed enzimatiche che avvengono durante la maturazione dei frutti o nella lavorazione delle olive per la produzione di olio [7]. La ricerca della composizione fenolica delle foglie è stata oggetto di molti studi [8] [9] [10]; attraverso l’analisi di estratti acquosi di foglie di ulivo, sono stati identificati sette composti fenolici: acido caffeico, verbascoside, oleuropeina, luteolina 7-Oglucoside, rutina, apigenina 7-O-glucoside, e luteolina 4'-O-glucoside [11] [12] [13]. EFFETTI FARMACOLOGICI DEI POLIFENOLI Tra i polifenoli presenti nelle foglie di ulivo, il principale è l’oleuropeina [14] [15], che ha molteplici azioni, in particolare ha un ruolo importante nella prevenzione delle malattie cardiache [16] [17] in quanto protegge la membrana dall’ossidazione lipidica [18], influenza la dilatazione coronarica dei vasi sanguigni, esercita un’azione antiaritmica, migliora il metabolismo lipidico, protegge gli enzimi, impedisce la morte cellulare nei pazienti oncologici correlata allo stato ipertensivo [19]. Anche l’idrossitirosolo, un derivato dell’oleuropeina, ha queste proprietà ed inoltre possiede attività protettive verso l'aterosclerosi e previene la neuropatia diabetica [20] [21].
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Figura 4. Francesco Lojacono, L’oliveto. Olio su tela 58,5 x 112,5 cm.
EVOO: EFFETTI CARDIOVASCOLARI Il largo uso dell’olio d’oliva nella dieta mediterranea è stato associato ad una ridotta incidenza di malattie cardiache. I composti fenolici oleuropeina e oleacina, presenti nelle foglie di ulivo e nell’olio d’oliva, sono i responsabili degli effetti cardiovascolari. L’azione antiossidante di queste sostanze contrasta gli effetti del metabolismo ossidativo indotto dai radicali liberi, e di conseguenza ritarda l'aterosclerosi. In uno studio condotto da Pignatelli et al. [22], l’oleuropeina e l’idrossitirosolo hanno inibito il processo infiammatorio dei neutrofili umani attivati da PMA (forbolo 12-miristato 13-acetato), che induce una intensa reazione infiammatoria definita processo di “esplosione respiratoria” dei neutrofili umani in modo dose-dipendente; questo effetto è causato dalla capacità di questi composti polifenolici di eliminare l’acqua ossigenata, che viene prodotta dal metabolismo dell'acido arachidonico e provoca l’aggregazione piastrinica. Secondo questo studio l’effetto di questi composti polifenolici sarebbe di inibire l’aggregazione piastrinica. EVOO: POSSIBILI EFFETTI ANTIDIABETICI L’olio EVO è in grado di ridurre i picchi glicemici dopo i pasti contribuendo quindi a proteggere da eventuali complicazioni di salute le persone affette da diabete. Uno o due cucchiai di questo olio a pasto possono aiutare a tenere a bada la glicemia senza dover limitare al massimo i carboidrati. L'effetto ipoglicemico dell’oleuropeina nel diabete avviene grazie a due meccanismi, che sono la
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capacità di influenzare il rilascio dell’insulina indotto dal glucosio, e di aumentare l’assorbimento periferico di glucosio [23]. Inoltre, una parte dell'effetto dell'oleuropeina sul diabete e sulle sue complicanze è dovuto alle sue proprietà antiossidanti. EVOO: PREVENZIONE DEI TUMORI Olio di oliva e cancro al seno. Qualche anno fa si è arrivati alla conclusione che il consumo di questo condimento all’interno della dieta mediterranea contribuisce a ridurre del 68% il rischio di ammalarsi di tumore al seno rispetto a chi invece segue altri regimi alimentari in cui l'olio evo non si utilizza spesso. Negli ultimi anni, c’è stato un elevato interesse riguardo le attività dei triterpeni contenuti nell’olio extravergine di oliva e in letteratura sono riportati numerosi studi [24] [25] [26] che descrivono le attività antitumorali. EVOO: PREVENZIONE DELLE MALATTIE NEURODEGENERATIVE L'olio extravergine è un prezioso alleato contro Alzheimer, invecchiamento e malattie degenerative. Questa proprietà sarebbe da imputare alla presenza di oleuropeina aglicone, il principale fenolo contenuto nell'olio extravergine d'oliva, e di altri antiossidanti che hanno azione protettiva nei confronti del cervello. L’alto consumo dell’olio extravergine d'oliva è stato associato con un ridotto rischio di patologie neurodegenerative, come la malattia di Alzheimer (AD), una malattia neurodegenerativa caratterizzata dall’accumulo di
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Figura 5. Esemplare secolare di Olea europaea presente alla Valle dei Templi di Agrigento, sullo sfondo il tempio di Giunone. Foto dal web.
proteine β-amiloide (Aβ) e tau nel cervello. Questo effetto è stato attribuito all’oleocantale, anche se il meccanismo neuroprotettivo non è stato ancora compreso. Sono stati proposti diversi meccanismi che descrivono la capacità dell’oleocantale di ridurre l’incidenza di AD: • Uno dei possibili meccanismi è la capacità dell’oleocantale di aumentare la clearence dell’Aβ dal cervello mediante l’up regulation di P-gp e di LRP1 (low density lipoprotein receptor-related protein), che sono le principali proteine di trasporto di Aβ nella barriera emato-encefalica (BEE). I livelli di queste due proteine diminuiscono progressivamente durante l’invecchiamento e ciò determina un difetto della clearence e il conseguente accumulo di Aβ nel cervello. • Li et al. [27] hanno giustificato la riduzione dell’incidenza dell’Alzheimer da parte dell’oleocantale con un meccanismo che riguarda l’inibizione della formazione dei grovigli neurofibrillari, un punto chiave nella patogenesi dell’AD, attraverso l’azione sui microtubuli associati alle proteine tau, che sono coinvolte nell’assemblaggio dei microtubuli e nella stabilità dei neuroni. • Un altro studio eseguito da Monti et al. [28] ha evidenziato che il meccanismo con il quale
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l’oleocantale inibisce la fibrillazione di tau in vitro avviene attraverso un’interazione chimica covalente irreversibile con il frammento fibrillogenico K18 della proteina tau. Ciò avviene attraverso la formazione di una base di Schiff tra il gruppo 3-ammino dei residui di lisina delle proteine tau e i gruppi carbonilici dell’oleocantale, in un rapporto stechiometrico 1: 1. REAZIONI ALLERGICHE L’ulivo può provocare reazioni allergiche cutanee anche generalizzate, di tipo essenzialmente orticarioide, talora accompagnate da rinite allergica e da asma allergica. Questi fenomeni sono IgE mediati, e l'allergia è crociata con quella delle altre Oleaceae. In pazienti allergici a questa pianta, sono stati ritrovati elevati livelli di anticorpi classe IgG4, in particolare in quelli con sintomi di tipo respiratorio. È consigliabile quindi evitare l'assunzione di olive e derivati, in caso di ipersensibilità accertata. Per quanto riguarda la tossicità dell’ulivo, nella letteratura scientifica ad oggi non sono presenti dati relativi a reazioni tossiche. CONCLUSIONE È stato osservato che nelle popolazioni che seguono
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Fitoterapia&Nutrizione la dieta mediterranea, che ha come principale fonte di grassi l’olio extravergine d’oliva, c’è stata una riduzione dell’incidenza di mortalità cardiovascolare, di malattie neurodegenerative e di alcuni tipi di cancro. L’attenzione è rivolta soprattutto all’isolamento e alla ricerca di nuovi composti di origine naturale con attività biologiche ed effetti vantaggiosi per la salute, e alla luce delle potenziali proprietà dell’olio d’oliva, i ricercatori si sono concentrati sullo studio
dell’olio d’oliva e dell’Olea europaea (foglie e olive). In commercio sono già presenti numerosi integratori a base di Olea europaea, associata ad altre sostanze naturali, in grado di favorire la regolare funzionalità cardiovascolare, il metabolismo di lipidi (trigliceridi e colesterolo) e carboidrati, il mantenimento della normale circolazione del sangue e la regolarità della pressione, con una spiccata azione antiossidante.
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MATRICARIA CHAMOMILLA Uso e beneficî
Federica Matutino*
La Chamomilla recutita o Matricaria chamomilla, nota come camomilla comune, è una pianta erbacea annua appartenente alla famiglia delle Asteraceae (già conosciuta come Compositae). Originaria dell’Europa, è ormai diffusa anche in Asia, Siberia, India, Algeria e America. La camomilla era già conosciuta al tempo degli egiziani, che avevano consacrato la pianta al dio Sole, e veniva usata come rimedio febbrifugo e antidolorifico da greci e romani. Al tempo di Dioscoride e Galeno veniva utilizzata per aumentare la sudorazione, ridurre i dolori e calmare. Il nome Matricaria chamomilla, deriva da matrix che in latino significa utero, perché a quell’epoca veniva adoperata per lenire i dolori mestruali. Essa continua ad essere utilizzata sia nel Medioevo che nel Rinascimento come dimostrano i vari erbari [1]. La camomilla è una pianta erbacea alta 10-20 cm, possiede fusti ramosi su cui si attaccano delle foglie alterne tri e bipennatosette a contorno lanceolato, alla cui estremità si trovano le infiorescenze, i capolini. Essi sono costituiti da un ricettacolo infiorescenziale conico, cavo all’interno, con fiori a linguetta esterni bianchi e fiori tubolosi interni gialli. Il frutto è un achenio di
piccole dimensioni. La pianta fiorisce in primavera, e la raccolta della droga, che è rappresentata dai capolini, viene effettuata prima che essi appassiscano. I capolini come tali, vengono definiti “camomilla scelta”, invece i capolini compresi di peduncolo, pezzetti di foglie e rami, e fiori senza ricettacolo vengono denominati “camomilla setacciata o polvere”. Dopo la raccolta i capolini devono, prima possibile, essere portati in essicazione in modo che il titolo di principi attivi non diminuisca. L’essicazione può venire naturalmente, nel giro di pochi giorni, in locali ben areati; oppure tramite utilizzo di essiccatori ad una temperatura di 35-40 °C per 6-8 ore [2]. Dai capolini, per distillazione in corrente di vapore, si ottiene l’olio essenziale, che possiede un caratteristico colore blu, un forte odore aromatico ed un sapore amaro. Il colore blu è dovuto alla presenza del camazulene, un composto aromatico volatile. Esso si forma a partire dalla matricina, composto instabile al calore, non volatile e incolore, dal quale per eliminazione di acido
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Figura 1. Formazione del camazulene dalla matricina.
acetico e due molecole di acqua si forma l’acido camazulene carbossilico, dal quale, dopo idrolisi del lattone, si ottiene il camazulene (Figura 1) I costituenti lipofili principali dell’olio essenziale sono: il camazulene, gli α-bisabololossidi A e B, αbisabololo, terpeni e cumarine. Il fondamentale principio attivo idrosolubile della camomilla è un flavonoide, l’apigenina [3] (Figura 2). Il camazulene, idrocarburo triciclico, appartenente alla classe dei sesquiterpeni, possiede un’azione
alfa (α-TNF), l’interleuchina-1-β (IL-1β) e l’interleuchina-10 (IL-10); mentre il secondo si è ottenuto tramite la misurazione del cicloadenosinmonofosfato intracellulare (c-AMP), per mezzo del test ELISA. È stato dimostrato come l’α-bisabololo sia in grado di produrre una diminuzione dose-dipendente dei livelli di c-AMP, α-TNF, IL-1β. Queste proprietà lo renderebbero particolarmente sicuro in caso di nascite pretermine [7].
Figura 2. Apigenina
Figura 3. α-bisabololo
ormonosimile, un’attività antiallergica, per la capacità di ridurre la liberazione dell’istamina, ed anche un’attività antiossidante [4]. Inoltre ha dimostrato di possedere anche un’azione antinfiammatoria tramite inibizione della sintesi dei leucotrieni, per inibizione della formazione del leucotriene B4 [5]. Gli azuleni hanno dimostrato di avere un’azione antiflogistica, non solo a livello cutaneo, ma anche a livello della mucosa gastrica. Essi sono in grado di ridurre le alterazioni morfologiche e la produzione di acido cloridrico, comportando la scomparsa dei sintomi [6]. L’α-bisabololo, alcool naturale sesquisterpenico, possiede attività lenitive, disarrossanti e addolcenti (Figura 3). È caratterizzato da un’elevata tollerabilità cutanea, infatti è spesso utilizzato nella formulazione di prodotti pediatrici e nei doposole. Un recente studio ha dimostrato come esso sia in grado, in vitro, di avere un effetto antinfiammatorio e inibente le contrazioni uterine. Il primo si è ottenuto tramite la misurazione di due citochine pro infiammatorie: il fattore di necrosi tumorale
L’apigenina, il principale flavonoide della camomilla, è presente in tre forme: apigenina libera, apigenina-7-glucoside e apigenina-6,7acetilglucoside. In particolare l’apigenina-7glucoside ha dimostrato in numerosi studi di possedere attività sedative, poiché è in grado di legarsi in maniera competitiva ai recettori delle benzodiazepine. Da qui l’effetto sedativo della camomilla, che però si può solo ottenere in seguito ad infusione degli interi capolini, perché l’apigenina è più presente nei fiori ligulati [3]. Dato che i flavonoidi e le sostanze amare mostrano una buona solubilità in acqua, i fiori di camomilla possono essere assunti per via orale, sotto forma di tisana (un cucchiaino da caffè ogni 150 ml di acqua bollente), per il trattamento dei disturbi digestivi, dell’irrequietezza e dell’insonnia; oppure, sempre per via orale, può essere assunta la tintura madre idroalcolica (30 gocce 3 volte al giorno) per la sua azione prevalentemente antiflogistica, dovuta alla presenza di bisabololi, proazuleni e camazuleni maggiormente solubili in alcool [8].
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Figura 4. Vecchio preparato contenente estratto di camomilla.
La camomilla utilizzata a livello dermatologico ha dimostrato buoni effetti nella riepitelizzazione e nell’asciugamento delle ferite, determinando una diminuzione delle dimensioni. Inoltre sotto forma di impacchi sulla pelle, ha dimostrato proprietà emollienti e lenitive, sia sulla pelle del viso che sugli occhi stanchi e arrossati, e nel trattamento di eczemi ed eruzioni cutanee. In concentrazioni adeguate è anche utilizzata nei prodotti per capelli, perché è in grado di conferire lucentezza e riflessi dorati ai capelli biondi e castano chiari. La camomilla è controindicata nei pazienti con nota ipersensibilità alle Asteraceae (Compositae), cosi come le erbe infestanti, astri e crisantemi. Dunque non dovrebbe essere utilizzata da questi soggetti neppure sotto forma di collirio sia come
monocomponente che in associazione con altri estratti vegetali. Inoltre non è stato riscontrato nessun effetto avverso durante l’utilizzo in gravidanza.
Bibliografia 1. 2. 3. 4.
5.
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Lipp F. J., Le erbe. EDT, Torino 1998 Maugini E., Manuale di Botanica Farmaceutica. Piccin, VII ed. Bruni A., Farmacognosia generale e applicata, Piccin, Padova 1999 Capuzzo A., Occhipinti A., Maffei M. E., Antioxidant and radical scavenging activites of chamazulene. Nat. Prod. Res. 2014;28(24):2321-3. doi: 10.1080/14786419.2014.931393. Epub 2014 Jul 1. Safayhi H., Sabieraj J., Sailer ER, Ammon HP, Chamazulene: an antioxidant-type inhibitor of leukotriene B4. Planta Med. 1994 Oct;60(5):410-3.
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MEDTRE
LEGGE DI BILANCIO 2018 Detrazioni per i figli a carico
Carmelo Baio*
Per effetto della Legge di Bilancio 2018, a decorrere dal periodo d’imposta 2019, è previsto un aumento della soglia reddituale dei lavoratori per poter considerare i figli fiscalmente a carico. La novità — che s’inserisce con l’aggiunta di un ulteriore periodo all’art. 12, comma 2 del DPR n. 917/1986 (TUIR) — riguarda esclusivamente i figli che abbiano un’età anagrafica non superiore ai 24 anni. In termini pratici la soglia reddituale passerà dagli attuali 2.840,51 a 4.000 Euro; nulla è stato innovato, invece, per i figli con età anagrafica superiore ai 24 anni, per i quali vige ancora il limite di 2.840,51 Euro. Al fine di abbattere l’imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef), il TUIR (DPR n. 917/1986) all’art. 13 permette ai lavoratori di poter godere delle cosiddette detrazioni per carichi di famiglia, che includono al comma 1, lett c) anche le detrazioni per figli. Tali detrazioni sono riconosciute mensilmente in busta paga da parte del datore di lavoro (sostituto d’imposta), purché il lavoratore manifesti formalmente di averne diritto, mediante la presentazione di un apposito modulo che viene compilato generalmente all’atto dell’assunzione. In alternativa, il lavoratore può farne richiesta direttamente in sede di dichiarazione dei redditi, mediante la presentazione del modello “Redditi” o “730”. In via generale, la legge prevede che per ciascun figlio spetta una detrazione teorica pari a 950 Euro. Tale importo, però, può essere soggetto ad aumenti in specifici casi, come indicato di seguito: per ogni figlio di età inferiore ai 3 anni, la detrazione è di 220 euro (anziché 950 euro); per ogni figlio portatore di handicap ai sensi dell’art. 3, Legge n. 104/1992, spetta una maggiorazione di 400 Euro (950 Euro + 400 Euro = 1350 Euro); per le famiglie numerose, che abbiano più di 3 figli a carico, la detrazione è aumentata di 200 Euro per ciascun figlio a partire dal primo. In presenza di almeno 4 figli a carico, ai genitori è riconosciuta un’ulteriore detrazione di importo
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pari a 1.200 Euro da suddividere al 50% tra i genitori non legalmente ed effettivamente separati. In caso di separazione legale ed effettiva o di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, la detrazione spetta ai genitori in proporzione agli affidamenti stabiliti dal giudice. Particolare è il caso in cui i genitori siano separati legalmente o abbiano cessato oppure sciolto il matrimonio. In tali casi, la legge prevede che: se i genitori non raggiungono un accordo, la detrazione per figli a carico spetta al genitore a cui sono stati affidati i figli; se invece il giudice ha optato per l’affidamento congiunto o condiviso, la detrazione spetta ad entrambi i genitori al 50%. Laddove uno dei due genitori non possa fruire della detrazione spettante, per il superamento dei limiti di reddito, la detrazione spetta al 100% all’altro genitore, il quale è obbligato poi a riversare all’altro genitore affidatario il 50% della detrazione in caso di affidamento congiunto. Se invece l’altro genitore non è presente e non ha riconosciuto il figlio o i figli, o se si è separato legalmente e i figli sono adottati, affidati o affiliati al solo contribuente che non è coniugato o separato successivamente, la detrazione per il primo figlio è pari a 750 Euro purché conviva con il contribuente o riceva assegni alimentari non risultanti da provvedimenti dell’autorità giudiziaria. La detrazione spettante è pari al rapporto tra 80.000 Euro, al netto reddito complessivo percepito, e 80.000 Euro.
*Commercialista Anno II Numero 13 – Gennaio 2019
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LA MEDICINA NEL RINASCIMENTO Giusi Sanci* Il Rinascimento è quel periodo storico compreso tra la fine del XIV secolo e il XVI secolo. Questo movimento culturale che si sviluppò in Toscana e soprattutto nella città di Firenze portò una rivoluzione in tutti i campi della scienza e dell'arte. In questo periodo si inaugurò una grande epoca di ricerche scientifiche che riguardarono anche la medicina e in particolare l'anatomia, ossia l'osservazione e lo studio del corpo umano. Uno dei motivi che, probabilmente diede impulso agli studi medici durante il Rinascimento, fu il verificarsi di molte epidemie, come la lebbra, la tubercolosi, la scabbia, il carbonchio e il tifo. Le due principali furono la peste nera e la sifilide, che ebbe la massima propagazione a Napoli nel 1495 durante l'assedio dell'esercito francese di Carlo VIII, volutamente diffusa da prostitute francesi tra i difensori assediati. Contemporaneamente si sviluppò l'ipotesi che le malattie a carattere epidemico fossero da imputare a germi invisibili, un'intuizione geniale che però resterà priva di dimostrazione fino al 1610, quando per la prima volta viene applicato l'ingrandimento ottico per lo
Figura 1. Leonardo Da Vinci, studio anatomico
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Figura 2. Realdo Colombo, De re anatomica
studio medico-biologico dei preparati anatomici. Fu proprio durante il XVI secolo che la trasmissibilità di alcune malattie, fra cui la tubercolosi, venne riconosciuta, e cominciarono ad essere approntate misure opportune per evitare il contagio. Fu Girolamo Fracastoro ad intuire il concetto di contagio, parlando nel suo De contagione et contagiosis morbis del 1546 di piccole particelle, che egli denomina seminaria, le quali passando da un individuo ad un altro trasmetterebbero la malattia. Durante il Rinascimento, la grande attenzione posta alla pratica sperimentale produce in campo medico lo sviluppo degli studi di anatomia. Alla fine del '400, Antonio Benivieni scrive oltre un centinaio di osservazioni cliniche frutto di esami necroscopici (sui cadaveri), e grazie alle sue osservazioni è riconosciuto come il precursore dell'anatomia patologica, la scienza che tutt'oggi cerca di comprendere le cause della malattia studiando i tessuti e gli organi colpiti. Uno
*Farmacista Anno II Numero 13 – Gennaio 2019
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Figura 3. Anonimo sec. XVII. Ritratto di Paracelso.
dei primi e più illustri anatomisti fu Leonardo da Vinci il quale pubblicò un enorme catalogo d'illustrazioni, basate sulla dissezione di circa trenta cadaveri e sviluppò la prima classificazione delle infermità mentali. Di tale attività restano numerosi disegni che sono considerati dei veri e propri capolavori di anatomia. Le sue osservazioni, incentrate sulla comparazione tra il corpo umano e la macchina, rivoluzionano la scienza medica tradizionale. Leonardo è il primo a rappresentare segmenti dello scheletro umano e a usare l'esempio della leva per spiegare come funzionano le articolazioni. Rappresenta i fasci muscolari attraverso fili e corde, mettendone in evidenza l'azione meccanica. Queste osservazioni misero in evidenza molti errori anatomici e fisiologici negli studi di Galeno. Un altro anatomista rinascimentale fu Vesalio che realizzò due importanti trattati e immagini, considerate basilari per l'anatomia moderna. In una in particolare, De humani corporis fabrica (1543), la descrizione della cavità del cuore è quasi un preludio alla grande scoperta medica del secolo, la circolazione polmonare, successivamente sviluppata e completata da due grandi medici rinascimentali quali Michele Serveto e Matteo Realdo. Gli eventi che influenzano in modo significativo lo sviluppo della medicina e della farmacologia sono l'invenzione della stampa e la scoperta delle Americhe. Attraverso la stampa si diffondono importanti conoscenze e vengono
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divulgate le opere di Ippocrate, Dioscoride e Galeno, accelerando quindi la diffusione del sapere e, grazie alla scoperta delle Americhe, vengono impiegate nuove droghe vegetali (come la gialappa e l'ipecacuana). In seguito alla scoperta di nuove piante, sorgono in varie università italiane erbari (raccolta di piante essiccate e classificate) e orti botanici, per consentire agli studiosi la conoscenza diretta delle varie specie erboristiche. Si comincia anche a comprendere che le sostanze attive presenti nelle piante si formano secondo un ciclo biologico, annuale o pluriennale, e che si concentrano in alcune parti specifiche (es. semi, radici, foglie), indicate come sedi delle proprietà terapeutiche. Agli inizi del VI secolo la materia medica, trasformatasi per gli interventi dei secoli precedenti in una lectura simplicium, vale a dire in un elenco scarso di sostanze naturali, utilizzate per la cura di stati morbosi, riprende vigore e indirizza studi specifici; si comincia a scrivere nuovi trattati sui medicamenti. La prima cattedra di lectura simplicium viene assegnata a Francesco Bonafede di Padova nel 1533. Bonafede chiude con l'insegnamento tradizionale basato sulla lettura e l'interpretazione dei testi latini e greci e inizia la trattazione di una medicina sperimentale proprio
Figura 4. Ricettario fiorentino
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Figura 5. Rembrandt, Lezione di anatomia del dottor Tulp. Olio su tela 169,5 x 216,5 cm. 1632. Mauritshuis, L’Aia.
attraverso il metodo illustrativo dell'attività dei semplici. A tal proposito è interessante ricordare i Commentarii in libros Diosciridis di Pietro Andrea Mattioli (Venezia 1565) che ampliando e commentando le nozioni farmacognostiche e farmacoterapiche dell'antichità riesce a dare un quadro completo della farmacologia del XVI secolo. Nel 1498 a Firenze, per iniziativa dei Signori Consoli dell'Università degli speziali viene stampato in lingua volgare il Ricettario Fiorentino: l'opera rappresenterà per alcuni secoli il punto di riferimento obbligato per tutte le farmacopee. Il ricettario è diviso in 3 parti. Nella prima vengono riportate le norme generali, la descrizione delle singole droghe e medicine, le pratiche del calore, dello spremere medicine, del chiarire, del modo di stillare le acque; segue la trattazione della figura dello speziale, l'elenco delle varie forme farmaceutiche, e quindi le singole voci, che oggi definiremo monografie. La seconda parte descrive i pesi e le misure, mentre la terza parte ospita la descrizione delle singole ricette, alcune delle quali traggono il proprio nome dal maestro che per prima le aveva elaborate. La stessa scoperta delle Americhe contribuisce, ovviamente, ad imprimere nello sviluppo della medicina una forte
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accelerazione: un contributo essenziale verrà sia dagli studi che dalle classificazioni botaniche degli erboristi Atzechi, che suggerivano anche le varie applicazioni terapeutiche delle piante. Accanto allo studio anatomico, che era praticato dagli artisti, ci fu chi mise in discussione tutta la teoria ippocratica-galenica: stiamo parlando di Paracelso (1493-1541), il medico più famoso del '500. Egli si opponeva all'influenza degli studi scolastici, poiché prediligeva la sperimentazione, ritenendo che il vero insegnamento stava nell'osservazione, nella conoscenza della natura e dei suoi segreti. Gli elementi chimici che lui considerava alla base dell'universo erano il sale, lo zolfo, il mercurio e affermava che alla base delle malattie vi era un'alterazione della chimica di questi elementi. Nella sua opera egli pone al centro l'uomo e il suo indissolubile rapporto con la natura: per Paracelso questa è al tempo stesso l'origine e il rimedio della malattia; il compito del medico sarà quindi quello di conoscere la natura, di conoscere come essa opera nella malattia e di realizzare quindi le condizioni più favorevoli per attivare nel malato la spontanea autodifesa dell'organismo e le sue capacità di recupero. Nel Paragrano, il suo libro più importante, Paracelso descrive e difende le virtù
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Figura 6. Farmacia Esteve, fondata nel XV secolo. Llivia (Catalogna)
della terapia omeopatica secondo la celebre frase «similia similibus curantur». Paracelso dà impulso anche all'uso di medicamenti provenienti dal regno minerale e di sostanze ottenute con reazioni chimiche esistenti già all'epoca. A riguardo propone lo stagno come farmaco antielmintico, raccomanda lo zolfo nelle malattie febbrili e somministra l'antimonio come purgante. Paracelso cerca di dare una svolta ricercando medicamenti specifici per ogni malattia. Uno dei suoi primi composti chimici proposto è il tartrato emetico per uso interno, fino ad allora impiegato solo per via esterna. Per la prima volta utilizzò l'etere come anestetico ed il laudano per lenire i dolori. A Paracelso si deve anche il rinnovato interesse per il concetto di autoguarigione (che vede la natura in grado di auto-guarire le malattie tramite piccoli aiuti), sia per il valore dell'anamnesi. A partire dal XV secolo si verificò pure un progressivo fenomeno di razionalizzazione della struttura ospedaliera. Secondo questa nuova concezione, l’ospedale non è più un rifugio indiscriminato per diverse categorie di bisognosi, ma piuttosto luogo di cura per gli infirmi. Questo fenomeno si esplicò con la creazione degli Ospedali maggiori, grandi istituti che sorsero nel XV secolo, con la volontà di rispondere in modo razionale alle esigenze sanitarie. Perciò il medico, che in età medioevale era assente dall'ospedale, vi fece il suo ingresso, con la funzione di accettazione e smistamento dei malati all'interno dell'istituto. Il grande ospedale rinascimentale era riservato a coloro che, grazie alle competenze di medici
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preparati nelle università, potevano guarire e rientrare nella vita attiva. I pauperes e i malati incurabili, soggetti che non potevano essere riabilitati e non potevano rientrare nella società produttiva, vennero ora esclusi dagli ospedali maggiori, e destinati a strutture minori, più decentrate. Queste strutture divennero luoghi di cura, in cui l'assistenza spirituale, dominante per tutto il Medioevo, ebbe un ruolo minore e rappresentarono un campo di esperienza e di approfondimento clinico formidabile per il medico, che aveva l'occasione di verificare la teoria con la pratica al letto del malato. Il Rinascimento vide inoltre lo sviluppo di una serie di strumentazioni che aiutavano il medico a formulare la diagnosi. In tal senso è da ricordare la figura di Santorio (15611636) che introdusse l'uso di strumenti come il pulsimetro, che misurava il ritmo e la frequenza del polso, ed il termometro ad aria.
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