Theriaké RIVISTA BIMESTRALE DELL’ASSOCIAZIONE GIOVANI FARMACISTI DI AGRIGENTO
Anno III n. 25 Gennaio - Febbraio 2020
LA PRIMA CONVENTION DI FORMARE L’ECCELLENZA di Silvia Nocera
LA FARMACIA TRA PASSATO, PRESENTE E FUTURO /1 di Carlo Ranaudo
MONITORAGGIO POST-MARKETING DEI BIOSIMILARI: QUALI PRIORITÀ? di Gianluca Trifirò, Ylenia Ingrasciotta, Valentina Isgrò
L’UOMO DELLA VOLVO Il rappresentante di case farmaceutiche del racconto Una storia semplice e il pessimismo in Leonardo Sciascia di Matteo Collura
LA BELLEZZA COME CURA di Rodolfo Papa
SUPERARE LA DITTATURA DEL RAZIONALISMO Irina Bembel intervista Ciro Lomonte
BREVE STORIA DEGLI ANESTETICI di Giusi Sanci
Attualità
4 Attualità
LA PRIMA CONVENTION DI FORMARE L’ECCELLENZA
6 Attualità
LA FARMACIA TRA PASSATO, PRESENTE E FUTURO /1
8 Farmacologia
MONITORAGGIO POST-MARKETING DEI BIOSIMILARI: QUALI PRIORITÀ?
14 Cultura
L’UOMO DELLA VOLVO
Il rappresentante di case farmaceutiche del racconto Una storia semplice e il pessimismo in Leonardo Sciascia
18 Cultura
SUPERARE LA DITTATURA DEL RAZIONALISMO
Irina Bembel intervista Ciro Lomonte per la rivista Kapitel
24 Delle Arti LA BELLEZZA COME CURA
32 Apotheca&Storia
BREVE STORIA DEGLI ANESTETICI Responsabile della redazione e del progetto gra1ico: Ignazio Nocera Redazione: Valeria Ciotta, Elisa Drago, Christian Intorre, Federica Matutino, Giorgia Matutino, Carmen Naccarato, Silvia Nocera, Giusi Sanci. Contatti: theriake@email.it Theriaké via Giovanni XXIII 90/92, 92100 Agrigento (AG). In copertina: Leonardo Sciascia (fonte web). Questo numero è stato chiuso in redazione il 20 – 2 – 2020
Collaboratori: Pasquale Alba, Giuseppina Amato, Carmelo Baio, Francesca Baratta, Renzo Belli, Irina Bembel, Paolo Berretta, Paolo Bongiorno, C. V. Giovanni Maria Bruno, Paola Brusa, Lorenzo Camarda, Matteo Collura, Alex Cremonesi, Salvatore Crisafulli, Fausto D'Alessandro, Gabriella Daporto, Gero De Marco, Irene De Pellegrini, Corrado De Vito, Roberto Di Gesù, Gaetano Di Lascio, Danila Di Majo, Claudio Distefano, Vita Di Stefano, Luca Matteo Galliano, Fonso Genchi, Carla Gentile, Laura Gerli, Mario Giuffrida, Andrew Gould, Giuliano Guzzo, Ylenia Ingrasciotta, Maria Beatrice Iozzino, Valentina Isgrò, Pinella Laudani, Anastasia Valentina Liga, Ciro Lomonte, Roberta Lupoli, Irene Luzio, Erika Mallarini, Diego Mammo Zagarella, Giuseppe Mannino, Massimo Martino, Giovanni Noto, Roberta Paci^ici, Roberta Palumbo, Rodolfo Papa, Marco Parente, Simona Pichini, Irene Pignata, Annalisa Pitino, Valentina Pitruzzella, Renzo Puccetti, Carlo Ranaudo, Lorenzo Ravetto Enri, Salvatore Sciacca, Luigi Sciangula, Alfredo Silvano, Gianluca Tri^irò, Emidia Vagnoni, Elena Vecchioni, Fabio Venturella, Margherita Venturi, Aldo Rocco Vitale, Diego Vitello.
In questo numero: Irina Bembel, Matteo Collura, Ylenia Ingrasciotta, Valentina Isgrò, Silvia Nocera, Rodolfo Papa, Carlo Ranaudo, Giusi Sanci, Gianluca Tri^irò.
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Anno III n. 25 – Gennaio – Febbraio 2020
Attualità
LA PRIMA CONVENTION DI FORMARE L’ECCELLENZA
Silvia Nocera*
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o scorso 26 gennaio A.Gi.Far. Agrigento ha festeggiato i suoi primi dieci anni e inaugurato la prima convention di Formare l’eccellenza, che si è svolta presso l’Hotel della Valle di Agrigento. Un’intera giornata dedicata alla formazione professionale di qualità, ai due percorsi che A.Gi.Far. Agrigento ha sviluppato nel corso del primo decennio di impegno a favore dei farmacisti e delle farmacie, ovvero la formazione e l’informazione. Dal 2016, il percorso della formazione ha portato alla nascita del primo network formativo completamente gratuito ed interamente dedicato alla formazione professionale del farmacista. Ad oggi, Formare l’eccellenza vanta dieci collaborazioni stabili con importanti aziende farmacuetiche, cinque collaborazioni stabili con prestigiosi atenei italiani: le Università degli studi di Palermo, Parma, Ferrara, Roma “la Sapienza” e Salerno, la Scuola di Specializzazione in farmacia ospedaliera dell’Università degli studi di Palermo, oltre alla collaborazione continua e costante con Federfarma Agigento, partner fondatore del network. La vera sNida è stata i n v e s t i r e s u l l a formazione con un f o r m a t n u o v o , mettendo al centro, la crescita dei farmacisti e delle farmacie. Una formula innovativa c h e h a c o i n v o l t o aziende, università, a s s o c i a z i o n i d i categoria, nel nostro c a s o F e d e r f a r m a Agrigento, con le quali è s t a t o p o s s i b i l e
condividere idee e saperi, sviluppare conoscenze e competenze necessarie e, soprattutto, mettere a condividere i due valori fondanti del nostro progetto, la partecipazione e la sinergia. La formazione, strutturata dal comitato scientiNico di A.Gi.Far. Agrigento, viene suddivisa in due quadrimestri. La prima parte dell’anno è interamente dedicata ai corsi di orientamento scientiNico, la seconda ai corsi di gestione e m a n a g e m e n t d e l l a farmacia. O g g i F o r m a r e l’eccellenza realizza un corso di formazione al m e s e , r i s c o n t ra n d o c o s t a n t e m e n t e u n a grande partecipazione d i c o l l e g h i d e l l a p r o v i n c i a e d e l l e province vicine. A supporto dell’attività del network e della nostra A.Gi.Far. è nata
*Farmacista, Presidente di A.Gi.Far. Agrigento.
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Theriaké, la prima rivista online creata ad Agrigento da un gruppo di giovani professionisti. Theriaké, consultabile gratuitamente sul sito www.agifarag.it, grazie alla formula del saggio breve e all’originalità degli argomenti trattati ⎼⎼ sia di carattere scientiNico che culturale ⎼⎼ in soli due anni è riuscita ad ottenere la collaborazione di studiosi di diverse università ed enti di ricerca, intellettuali e professionisti. Sono stata lieta di aprire la convention ripercorrendo i traguardi raggiunti grazie al gioco di squadra, invitando i giovani colleghi all’impegno nelle associazioni di categoria, e ricordando quanto i giovani siano il valore centrale della professione. A seguire, hanno reso omaggio al percorso di A.Gi.Far. Agrigento il Presidente di Federfarma A g r i g e n t o Claudio Miceli, il P re s i d e n t e d i F e d e r f a r m a S i c i l i a G i a o a c c h i n o N i c o l o s i , e i l P re s i d e n t e d i Sunifar Sicilia Mariella Ippolito. A loro è stato a f N i d a t o i l c o m p i t o d i c o n s e g n a re i l premio Formare l’eccellenza. Il premio in questa
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prima edizione è stato assegnato a due eccellenze della professione farmaceutica ad Agrigento: Paolo Bongiorno, per aver messo a punto un nuovo standard tecnologico nella preparazione dell’olio di
Cannabis, e i colleghi della redazione di Theriaké. La giornata dedicata alla formazione professionale è stata aperta del corso su La farmacia dei servizi tenuto dal professor Carlo Ranaudo, docente di Farmacoeconomia presso l’Università degli Studi di Salerno, e realizzato grazie al contributo non vincolante di Alfasigma. Nel pomeriggio si sono susseguiti gli interventi di Roberto Tobia, Segretario Nazionale di Federfarma, sul tema dell’etica professionale, e l’intervento della professoressa Viviana De Caro, dell’Università di Palermo, sul tema della dispensazione dei medicinali stupefacenti in farmacia Notevole è stata la partecipazione dei colleghi ⎼⎼ arrivati da diverse province siciliane ⎼⎼ che con la loro presenza hanno reso un indimenticabile tributo di affetto alla nostra piccola e tenace A.Gi.Far.
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LA FARMACIA TRA PASSATO, PRESENTE E FUTURO /1 Carlo Ranaudo*
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armacia e Servizio Sanitario Nazionale: un binomio che dura da 40 anni. La Legge 833 del 1978 sancisce il principio costituzionale della tutela alla salute come diritto fondamentale dell’individuo e come interesse della collettività, garantendo l’accesso all’assistenza s a n i t a r i a e d i c o n s e g u e n z a a l l ’ a s s i s te n z a farmaceutica a tutti i cittadini sulla base dei bisogni senza distinzione di censo età e territorialità. Un Servizio Sanitario Nazionale basato sui principi di universalità, uniformità e solidarietà che manda in pensione le vecchie mutue che i meno giovani probabilmente ricordano. Mutue ricche e mutue povere che garantivano agli assistiti livelli di assistenza totalmente diversi sia in campo medico che farmaceutico. La rivoluzione del 78 cambia il volto della farmacia. Il farmaco industriale manda lentamente in sofHitta la galenica con le sue provette e le sue beute. Il farmacista si trasforma da preparatore a dispensatore. Dispensatore di tanti farmaci che cambiano il decorso di molte malattie e cambiano anche le logiche commerciali della farmacia stessa. È l’epoca della “grande alleanza” tra aziende medici e farmacie. Le aziende producono, i medici prescrivono e i farmacisti vendono. Una Hiliera perfetta che va avanti per quasi quaranta anni. La ricetta rappresenta il vero e unico indicatore di salute della farmacia, tanto che il buon titolare conosce a menadito il numero di ricette che la sua farmacia spedisce ogni mese, senza chiedersi più di tanto quanto fosse pesante quella ricetta. Fondamentalmente andava bene così. E questa “santa alleanza” tra industria e farmacia si c o n c re t i z z a n e l l a g e s t i o n e d i u n a s p e t t o fondamentale che possa garantire la continuità e il futuro: l’innovazione. I prodotti, man mano che si avvicinano alla scadenza brevettuale che ne avrebbe modiHicato e ridotto radicalmente il prezzo e dunque il costo per il terzo pagante (SSN), vengono modiHicati, dando origine a nuove molecole fondamentalmente simili ma in parte diverse da un punto di vista chimico.
Siamo negli anni 90 e la Farmacia si riempie di cosiddetti farmaci mee-too. Dal capostipite omeprazolo vengono commercializzati pantoprazolo, esomeprazolo, rabeprazolo e chi più ne ha ne metta. È così per gli antibiotici, gli ace-inibitori, i sartani. Tutti rigorosamente diversi, tanto da avere una nuova autorizzazione alla immissione in commercio (AIC), ma tutti sostanzialmente simili. È il momento in cui il vero problema per la farmacia è costituito dalle coperture di bilancio e dai tempi di pagamento delle USL (Unità Sanitarie Locali), diventate dal 92 ASL (Aziende sanitarie Locali). E infatti con la L. 502/92 si introduce in sanità il concetto di azienda, dunque di una organizzazione che si basi sulle entrate e le uscite. Ma questa modiHica, di per sé sostanziale, non crea eccessivi sconvolgimenti. Ma gli sconvolgimenti arrivano nel 2001 con la legge costituzionale n. 3 che sancisce in pratica la
*Docente di farmacoeconomia, Dipartimento di Farmacia - Università di Salerno.
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regionalizzazione della sanità. Ogni Regione diventa gestore della sanità, e la centralizzazione della sanità lascia il posto a 21 Servizi Sanitari Regionali. La farmaceutica comincia ad essere una voce di spesa importante su cui intervenire. Interventi in realtà spesso estemporanei, scoordinati, senza un Hilo logico che non sia il puro e semplice risparmio di cassa. Arriviamo così, tra alti e bassi, al 2008. La data di svolta o ⎼⎼ permettetemi di dire ⎼⎼ la data che segna la Hine di un modello. Il modello della farmacia ricetta centrica. Una strana situazione. Mentre nel 1978, nel 92, nel 2001, i provvedimenti normativi sono balzati agli onori della cronaca e della conoscenza degli operatori sanitari, quello che succede nel 2008 rimane quasi un oggetto misterioso, eppure ha segnato la sorte di tante aziende di tanti lavoratori, e ha creato un modello di farmaceutica completamente diverso dal passato. Ma come è possibile che questo si sia veriHicato? Di cosa stiamo parlando? Di una normativa targata EMEA, oggi EMA (European Medicines Agency), che detta le nuove regole per il riconoscimento dell’innovazione dei farmaci, e di conseguenza delle autorizzazioni alle immissioni in commercio, e del regime di rimborsabilità dei nuovi farmaci. Una norma tanto semplice e tanto sconosciuta. Dal 2008 in poi la base dell’innovazione non è più la chimica ma il bisogno di salute. Le varie Autorità Regolatorie (in Italia l’AIFA) riconosceranno come rimborsabili soltanto quei farmaci che dimostreranno di poter agire su quelle malattie in cui risulta elevato il bisogno di nuovi farmaci. Detta così sembra una cosa semplice e senza grandi conseguenze. Così fu percepita nel 2008. Ebbene da allora si sono registrati soltanto farmaci oncologici, farmaci per malattie rare, farmaci per patologie degenerative senza nessuna nuova AIC per antipertensivi, antibiotici, antinHiammatori, antiulcera …). Conseguenza pratica: tutte le innovazioni diventano targate ospedale. L’effetto percepito non è immediato, Hino a quando i vari blockbuster cominciano a perdere i brevetti e non vengono più sostituiti. La farmacia comincia a vendere sempre più generici, si istituisce la lista di trasparenza. Il SSN paga la molecola a più basso p r e z z o p r e s e n t e s u l m e r c a t o . Fe n o m e n o completamente sconosciuto prima. Ricordando che la normativa è del 2008, è chiaro che nel 2018 tutti i prodotti potenzialmente hanno perduto il loro brevetto (10 anni ), e il mercato dei farmaci generici o dei cosiddetti off patent è il vero unico mercato della farmacia di oggi. Le ricette sembrano tenere, diminuiscono di poco e l’effetto sembra dunque non rilevante, ma basta vedere quanto pesa oggi una ricetta. Quasi il 50% in meno. Inesorabilmente anno dopo anno. Di punto in bianco le varie ASL diventano degli ottimi pagatori, e
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addirittura le risorse messe a bilancio per la farmaceutica territoriale risultano superiori a quanto in realtà si spende. Certo con crollo di prezzi così vertiginoso… E l’alleanza industria, medico, farmacista che Hine ha fatto? In realtà è sparita. Il medico di base, vero interlocutore del farmacista, oberato dalla burocrazia può prescrivere poco e quasi solo generici; l’industria abbandona completamente la farmacia e si concentra sul mercato ospedaliero, che garantisce prezzi altissimi e alti margini, pur in presenza di altissimi costi di ricerca. L’industria vende alla ASL, e si sviluppa il nuovo mercato distributivo. Entrano nel gergo comune termini come PHT, “distribuzione per conto” (DPC), “distribuzione diretta”. Il farmacista percepisce che il suo modello di farmacia SSN centrica ormai vacilla, ma forse spera ⎼⎼ almeno all’inizio ⎼⎼ che tutto possa gattopardescamente ritornare come prima. Il famoso tutto cambi perché nulla cambi. La spallata deHinitiva a questa convinzione arriva nel 2017 con la Legge 124, nota come legge sui capitali. Una legge forse troppo sottovalutata. Certo è che questa legge sancisce la morte deHinitiva del binomio farmacia-farmacista. Da sempre la farmacia è stata di proprietà del farmacista, prima esclusivamente da solo, poi nel post Bersani anche di società, ma pur sempre di farmacisti. Oggi non è più così. Il titolare si deve confrontare con altri attori spesso spinti da interessi esclusivamente economici, sicuramente legittimi, ma lontani da quel ruolo del farmacista preparatore che, forse in maniera anacronistica, la nostra Università cerca di formare. E la reazione del farmacista a questo nuovo scenario? Spesso disarticolata, disomogenea e a volte priva di una lungimiranza strategica. Mi riferisco alle politiche commerciali del prezzo più basso o a nuove forme di distribuzione. Ed ecco che sempre più serpeggia nella categoria la parola crisi. Ma è vera crisi, o è crisi di un modello? Questa è la domanda da porsi. Si può cambiare un modello? Abbiamo ricordato il passato, abbiamo parlato del presente. Il futuro alla prossima puntata.
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MONITORAGGIO POST-MARKETING DEI BIOSIMILARI: QUALI PRIORITÀ? Gianluca Tri6irò*, Ylenia Ingrasciotta*, Valentina Isgrò*
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farmaci biologici rappresentano importanti ed innovative opzioni terapeutiche in diversi a m b i t i c l i n i c i , i n p a r t i c o l a r e i n oncoematologia, reumatologia, dermatologia e gastroenterologia. In considerazione dei loro costi elevati, l’immissione in commercio dei biosimilari, alla scadenza del brevetto del farmaco biologico di riferimento, rappresenta un’opportunità per la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) [1]. L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), attraverso la pubblicazione di due diversi position paper sul tema biosimilari, li deEinisce «valide alternative terapeutiche ai farmaci di riferimento che andrebbero preferite ogniqualvolta rappresentino un vantaggio economico nei pazienti naïve» (mai trattati o con un’esposizione al farmaco precedente ma sufEicientemente lontana nel tempo). Al contempo, l’AIFA ribadisce che la scelta di un farmaco biologico (originator o biosimilare) rappresenta comunque una decisione clinica afEidata al medico prescrittore e che la continuità terapeutica con i farmaci biologici va sempre garantita [2][3].
Ad oggi, in Europa 15 farmaci biologici hanno perso la copertura brevettuale, consentendo lo sviluppo e l’autorizzazione in commercio di 54 prodotti biosimilari. Nonostante siano trascorsi quasi 15 anni dalla loro introduzione in commercio, permane tuttora una certa resistenza in alcune aree terapeutiche all’utilizzo dei farmaci biosimilari. Alla luce di tali resistenze in ambito clinico, la generazione di ulteriori evidenze in setting di real world, attraverso l’implementazione di strategie di sorveglianza post-marketing è fondamentale. Ma quali sono le priorità nel monitoraggio postmarketing dei biosimilari? Questo articolo passerà in rassegna gli aspetti regolatori relativi ai requisiti degli studi pre- e postmarketing e le posizioni di varie società scientiEiche internazionali in merito alla generazione di real world evidence sui biosimilari, soprattutto in relazione a tematiche ancora oggi oggetto di dibattito quali l’intercambiabilità del biosimilare con il prodotto di riferimento e l’estrapolazione delle indicazioni d’uso. Inoltre, saranno discussi limiti e potenzialità delle differenti fonti dati disponibili in
*Dipartimento di Scienze Biomediche, Odontoiatriche e delle Immagini Morfologiche e Funzionali, Università di Messina.
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Italia per il monitoraggio post-marketing dei farmaci biologici, inclusi i biosimilari. Aspetti regolatori Gli aspetti regolatori riguardanti l'approvazione dei biosimilari differiscono tra i vari Paesi nel mondo. L'Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) è stato il primo ente regolatorio ad emanare, nell’ottobre 2005, linee guida speciEiche in merito all’iter procedurale per l'approvazione dei biosimilari. Secondo l’EMA, «il principio attivo di un biosimilare e quello del suo prodotto di riferimento sono la stessa sostanza biologica, pur presentando differenze minori dovute alla natura complessa della struttura molecolare e alla variabilità nel processo di p r o d u z i o n e » . L ’ a u t o r i z z a z i o n e a l l a commercializzazione di un farmaco biosimilare è secondaria al superamento di un esercizio di comparabilità (comparability exercise), il cui scopo è quello di dimostrare la biosimilarità rispetto al farmaco di riferimento [1]. Solo parecchi anni più tardi rispetto all’EMA, la Food and Drug Administration (FDA) statunitense ha iniziato a redigere documenti di riferimento per l'approvazione alla commercializzazione dei biosimilari, in risposta alla necessità di chiarezza nell’iter di approvazione espressa dall’industria farmaceutica. Tali differenze nelle procedure di approvazione ma anche i numerosi contenziosi legali tra FDA ed aziende statunitensi, si traducono in un vantaggio dell’Europa nelle tempistiche di accesso al mercato dei biosimilari. Infatti, già nel 2006 l’EMA autorizzava il primo biosimilare della somatropina, ma solo dopo circa 10 anni (marzo 2015) il primo biosimilare del Eilgrastim ha ricevuto l’approvazione in commercio nel mercato americano; ad oggi sono solo 18 i biosimilari approvati negli USA, a fronte dei circa 60 già disponibili in Europa.
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Un altro aspetto abbastanza discusso in a m b i t o r e g o l a t o r i o r i g u a r d a l’intercambiabilità tra prodotti biologici e biosimilari. Un editoriale di alcuni membri del Biosimilar Working Party di EMA stabilisce che la biosimilarità dimostrata tramite comparability exercise ed associata ad intensiva sorveglianza post-marketing possa e s s e r e s u f E i c i e n t e a g a r a n t i r e l’intercambiabilità tra biosimilare ed originator, sotto la supervisione del clinico prescrittore [4]. D’altro canto, pur essendo stabilita a livello centrale la “biosimilarità” di tali prodotti, l’EMA demanda alle agenzie regolatorie dei singoli Stati membri le decisioni su intercambiabilità e sostituibilità automatica dei biosimilari con il biologico di riferimento. Anche il tema della tracciabilità dei biosimilari rimane una sEida da affrontare per le autorità regolatorie. L’EMA ad esempio ha recentemente documentato un dato di tracciabilità del 20,5% a livello del lotto, mentre si registra un’elevata tracciabilità del nome della specialità medicinale che permette di distinguere tra originator e vari biosimilari (> 90%). Tali dati di tracciabilità trovano conferma in quelli pubblicati da uno studio italiano condotto sulla banca dati della Rete Nazionale di Farmacovigilanza, in cui è emerso per i biologici originator e biosimilari una tracciabilità del nome commerciale in circa il 95% delle segnalazioni mentre il numero di lotto è riportato in meno del 15% dei casi [5]. Altro aspetto da attenzionare riguarda l’immunogenicità dei farmaci biologici (originator e biosimilari); le ultime linee guida dell’EMA suggeriscono di studiare l’immunogenicità mediante metodi validati in grado di misurare l'incidenza, la capacità di neutralizzazione, la persistenza degli anticorpi anti-farmaco e dei loro effetti sull'esposizione ai farmaci e gli outcome di sicurezza e di efEicacia. A causa del limitato numero di pazienti arruolati negli studi pre-marketing, l’Agenzia raccomanda di valutare l'immunogenicità anche tramite monitoraggio post-marketing [6]. Al riguardo, una delle tematiche discusse nella comunità scientiEica è relativa alla potenziale immunogenicità indotta dallo switch tra farmaci biologici, dovuta alle modiEiche strutturali che uno stesso biologico subisce nel tempo. Un esempio è rappresentato dalla Pure Red Cell Aplasia veriEicatasi diversi anni fa in pazienti con insufEicienza renale cronica a cui era stata somministrata epoetina alfa che aveva da poco subìto una modiEica rilevante nel processo di produzione riguardante la formulazione
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del prodotto e la via di somministrazione (passaggio da formulazione endovenosa a sottocute) [7]. In ogni caso, l’immunogenicità indotta da switch non è correlata al biosimilare, ma può riguardare l’uso di qualsiasi biologico in presenza di rilevanti cambiamenti nel processo di produzione. Il punto di vista delle Società ScientiFiche Diverse società scientiEiche, quali l’European Crohn’s and Colitis Organization (ECCO), l’American Society of Clinical Oncology (ASCO) e l’European League Against Rheumatism (EULAR) hanno di recente pubblicato linee guida o raccomandazioni sull’utilizzo dei biosimilari nelle rispettive aree terapeutiche. In ambito gastroenterologico, il secondo e più recente position statement dell’ECCO supporta l’utilizzo di biosimilari in pazienti con Malattie InEiammatorie Croniche Intestinali (MICI), sottolineando comunque la necessità di studiare e monitorare la sicurezza di tali medicinali in ampi studi osservazionali con follow up a lungo termine, anche tramite i dati raccolti in registri di patologia. I n o l t r e , l ’ E C C O a p p r o v a l ’ e s t r a p o l a z i o n e dell’indicazione d’uso dell’inEliximab biosimilare (gli studi clinici pre-marketing sono stati condotti soltanto in pazienti reumatologici, ma l’indicazione d’uso è stata estesa anche al trattamento delle MICI) ed è a favore dello switch dal prodotto di riferimento al biosimilare in pazienti con MICI, ma la decisione clinica dovrebbe comunque essere concordata tra clinici, infermieri, farmacisti e gli stessi pazienti. Relativamente allo switch back dal biosimilare al prodotto di riferimento e allo switch multiplo, sempre secondo l’ECCO, sono necessarie ulteriori prove cliniche a supporto [8]. In ambito oncologico, secondo il parere dell’ASCO è necessario lo sviluppo di nuove evidenze post-
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marketing su sicurezza ed efEicacia dei biosimilari, allo scopo di aumentare il livello di conEidenza su tali farmaci da parte dei pazienti e degli operatori sanitari [9]. A tal riguardo, gli oncologi possono svolgere un ruolo fondamentale nella generazione di evidenze scientiEiche in setting di real world. Anche in reumatologia, una task force di esperti dell’EULAR ha sviluppato nel 2016 alcune raccomandazioni sull’uso dei biosimilari in pazienti con malattie reumatologiche [10]. T r a l e p r i n c i p a l i raccomandazioni, l’EULAR afferma che i biosimilari approvati possono essere usati in maniera analoga ai loro prodotti di riferimento (raccomandazione di Grado A). Relativamente al singolo switch tra originator e biosimilare ed anche tra differenti biosimilari, l’EULAR ritiene che le evidenze scientiEiche attualmente disponibili ne confermano sicurezza ed efEicacia. InEine, la valutazione dello switch multiplo tra differenti biosimilari o tra biosimilare ed originator dovrebbe essere effettuata utilizzando i dati dei registri di patologia. Estrapolazione delle indicazioni d’uso ed intercambiabilità tra originator e biosimilari Altri concetti abbastanza discussi nel mondo regolatorio e scientiEico riguardano l’estrapolazione delle indicazioni d’uso, l’intercambiabilità e la sostituibilità automatica del biosimilare con il farmaco di riferimento. L' e s t r a p o l a z i o n e d e l l e i n d i c a z i o n i d ’ u s o dall'originatore al biosimilare viene deEinita dall’EMA come di seguito: «Nel caso in cui il farmaco originatore sia autorizzato per più di una indicazione, l’efEicacia e la sicurezza del farmaco biosimilare devono essere confermate o, se necessario, dimostrate separatamente per ogni singola indicazione. In taluni casi può essere possibile estrapolare la somiglianza terapeutica dimostrata in un’indicazione ad altre indicazioni autorizzate per il medicinale di riferimento. La giustiEicazione per l’estrapolazione dovrà tener conto, ad esempio, dell’esperienza clinica, dei dati disponibili in letteratura, del meccanismo d’azione e dei recettori coinvolti nelle diverse indicazioni. Devono anche essere analizzati eventuali problemi di sicurezza in differenti sottopopolazioni. In ogni caso, l’azienda produttrice deve giustiEicare l’approccio
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Farmacologia u t il izza to du ra n te l o sviluppo del prodotto consultando l’EMA per eventuali chiarimenti di n a t u r a s c i e n t i E i c a e r e g o l a t o r i a p r i m a dell’inizio del programma di sviluppo» [11]. In Europa, la decisione in merito all’estrapolazione delle indicazioni d’uso è di c o m p e t e n z a d e l Committee for Medicinal Products for Human Use (CHMP) dell’EMA che stabilisce, caso per caso, l’estrapolazione delle indicazioni d’uso sia sulla base dei dati derivanti dall’esercizio di comparabilità effettuato per un’indicazione già approvata, sia rispetto ad evidenze scientiEiche fornite a supporto dall’azienda farmaceutica. Dati aggiuntivi sono invece richiesti nei casi in cui il farmaco biosimilare interagisca con molteplici target recettoriali o presenti differenti siti d’azione, i quali potrebbero ricoprire un ruolo diverso nelle varie indicazioni terapeutiche. Una stretegia utile è senz’altro quella di valutare tramite studi post-marketing l’effectiveness e la safety dei biosimilari utilizzati nelle indicazioni per cui è stata fatta l’estrapolazione. A tale scopo, alcuni studi osservazionali italiani hanno fornito evidenze sull’efEicacia e la sicurezza dei biosimilari delle epoetine in pazienti con insufEicienza renale cronica ma anche in pazienti oncoematologici, in presenza di dati pre-marketing quasi esclusivamente in campo nefrologico (disponibilità di solo un piccolo studio pre-marketing su pazienti con tumore solido) [12] [13]. Il recente position paper dell’AIFA conferma il parere positivo sull’intercambiabilità dei biosimilari con i farmaci di riferimento, ma non ne autorizza la sostituibilità automatica [3], ovvero la possibilità da parte del farmacista, conformemente a normative nazionali o loco-regionali, di dispensare al posto della specialità biologica prescritta un farmaco intercambiabile a minor costo, senza consultare il medico prescrittore. Uno dei principali motivi di preoccupazione sull’intercambiabilità dei biologici è la potenziale immunogenicità innescata dallo switch, che può essere associata anche a perdita di efEicacia e tossicità. I risultati ottenuti dagli studi (sia clinici che osservazionali) sono favorevoli alla sicurezza dello switch tra prodotti biologici. Le posizioni delle agenzie regolatorie del farmaco su intercambiabilità tra originator e biosimilari sono piuttosto eterogenee in tutto il mondo. In Italia, l’AIFA considera i biosimilari come prodotti intercambiabili con i corrispondenti originatori di riferimento, [3]
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considerazione che vale tanto per i pazienti naïve quanto per i pazienti già in cura. Ad oggi, non è invece autorizzata la sostituibilità automatica dei biosimilari e viene lasciata ai clinici la decisione su quale biologico prescrivere. Le fonti dati disponibili per il monitoraggio dei prodotti biologici In Italia negli ultimi decenni si è assistito all'ampia diffusione di una larga varietà di banche dati sanitarie il cui utilizzo è prevalentemente orientato alla gestione clinica dei pazienti (banche dati di medicina generale, cartelle cliniche informatizzate) o a scopi amministrativi di rimborsabilità dei servizi sanitari erogati da parte del SSN (banche dati amministrative). A tali fonti dati si aggiungono i registri di patologia o di monitoraggio dei farmaci di AIFA, disponibili soltanto in alcune aree terapeutiche e per alcuni farmaci. In generale, i dati registrati nelle banche dati di medicina generale o nelle cartelle cliniche informatizzate fanno parte del processo di assistenza ambulatoriale clinica a livello di cure primarie e secondarie. Le banche dati amministrative rappresentano un insieme di fonti informative che includono, ad esempio, anagraEica assistiti, dispensazioni farmaceutiche, schede di dimissione ospedaliera (SDO), accessi al pronto soccorso, esenzioni per malattie croniche/rare, registro di mortalità, esami diagnostici e visite specialistiche e, laddove disponibili, piani terapeutici informatizzati per i farmaci in Prontuario Ospedale-Territorio (PHT) ed i risultati degli esami di laboratorio. Il vantaggio di tali fonti dati è che raccolgono le informazioni per popolazioni ampie e ben deEinite (ASL, Regioni). Tutti i farmaci rimborsati dal SSN p o s s o n o e s s e re t ra c c i a t i t ra m i t e i E l u s s i a m m i n i s t ra t iv i f a r m a c e u t i c i , s u d d iv i s i i n distribuzione territoriale, diretta e per conto. Tutte queste fonti dati sono utilizzabili in Italia per condurre studi post-marketing sui biosimilari in quanto comprendono le informazioni necessarie per
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Farmacologia
valutare pattern d’uso e proEilo beneEicio-rischio di tali farmaci in un setting di real world. Alla luce della recente commercializzazione dei biosimilari di differenti anticorpi monoclonali, emerge la necessità di condurre studi post-marketing in aree terapeutiche in cui i farmaci biologici giocano u n r u o l o f o n d a m e n t a l e , c o m e l ’ a m b i t o gastroenterologico, reumatologico, dermatologico ed oncoematologico. A tal proposito, è stato approvato dall’AIFA, per Einanziamento con fondi di Farmacovigilanza, il progetto multi-Regionale “VALutazione post-marketing del proPilo benePiciorischio dei farmaci biologici Originator e biosimilari in a r e a d e r m a t o l o g i c a , r e u m a t o l o g i c a , gastroenterologica ed oncoematologica tramite la costituzione di un network unico multiregionale per l'analisi integrata di dati provenienti da banche dati sanitarie, sorveglianze attive e REgistri clinici – progetto VALORE”. Sarà istituito un network multiregionale (con la disponibilità dei dati di milioni di assistiti) Einalizzato all'integrazione e all’analisi di dati provenienti da diverse banche dati amministrative regionali e da registri clinici già esistenti. Nel rispetto delle normative vigenti sulla privacy, la costruzione di un network di diverse fonti dati rappresenta uno strumento che permette di superare da una parte i limiti tradizionali legati alle banche dati amministrative (mancanza di alcuni dettagli clinici, quali parametri di efEicacia, informazione sugli stili di vita, ecc.) e dall’altra quelli legati ai registri clinici (ridotta numerosità dei pazienti arruolati ed anni di follow-up, limitata capacità di osservare il paziente a lungo termine soprattutto per quanto concerne le reazioni avverse da farmaci, ADR, gravi che portano ad ospedalizzazione). In aggiunta, è importante considerare il ruolo del sistema di segnalazione spontanea di ADR nel monitoraggio post-marketing dei biologici (inclusi i biosimilari), che ha il potenziale di identiEicare potenziali segnali di allarme. D’altra parte, esso non rappresenta invece lo strumento ideale per accurate valutazioni su inefEicacia terapeutica e sicurezza dei biosimilari, a causa di potenziali distorsioni alla segnalazione veicolate ad esempio da provvedimenti normativi locali [14]. Conclusioni Come per tutti i farmaci, anche per i biosimilari, è n e c e s s a r i a l a c o n d u z i o n e d i u n a c c u ra to monitoraggio post-marketing che consenta di valutare in setting di real world alcuni aspetti speciEici di tali farmaci, quali immunogenicità, intercambiabilità, oltre che appropriatezza d’uso, impatto su costi ed accesso alle cure con farmaci biotecnologici, a supporto ed integrazione delle evidenze pre-marketing disponibili. Le banche dati
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amministrative ed i registri clinici rappresentano importanti strumenti di monitoraggio post-marketing del proEilo rischio-beneEicio dei biologici inclusi in biosimilari in Italia.
Bibliografia e sitografia 1. European Medicines Agency (EMA), Committee for Medicinal Products for Human Use (CHMP): guideline on similar biological medicinal products containing biotechnology-derived proteins as active substance: nonclinical and clinical issues. 2013. Available from: http:// www.ema.europa.eu/docs/en_GB/document_library/ %0AScientiEic_guideline/2013/06/WC500144124.pdf. 2. Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), Position paper sui farmaci biosimilari. Anno 2013. 3. Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), Secondo Position Paper AIFA sui Farmaci Biosimilari. Anno 2018. 4. Kurki P., et al., Interchangeability of Biosimilars: A European Perspective. BioDrugs. 2017 Apr;31(2):83–91. 5. Cutroneo P.M., et al., Safety ProPile of Biological Medicines as Compared with Non-Biologicals: An Analysis of the Italian Spontaneous Reporting System Database. Drug Saf. 2014;37(11):961–70. 6. European Medicines Agency (EMA), Guideline on Immunogenicity assessment of biotechnology-derived therapeutic proteins. Strategy. 2015;44(0):1–23. 7. Boven K., et al., The increased incidence of pure red cell aplasia with an Eprex formulation in uncoated rubber s t o p p e r s y r i n g e s . K i d n e y I n t [ I n t e r n e t ] . 2 0 0 5 J u n ; 6 7 ( 6 ) : 2 3 4 6 – 5 3 . A v a i l a b l e f r o m : h t t p : / / www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15882278. 8. Danese S., et al., ECCO Position Statement on the Use of Biosimilars for InPlammatory Bowel Disease-An Update. J Crohns Colitis. 2017 Jan;11(1):26-34. 9. Lyman G.H., et al., American Society of Clinical Oncology Statement: Biosimilars in Oncology. J Clin Oncol. 2018 Apr 20;36(12):1260-1265. 10. Kay J, et al., Consensus-based recommendations for the use of biosimilars to treat rheumatological diseases. Ann Rheum Dis. 2018 Feb;77(2):165-174. 11. E u r o p e a n M e d i c i n e s A g e n c y ( E M A ) , EuropeanMedicinesAgency Pre-authorisation Evaluation of Medicines for Human Use. 2006;(February). Available from: h t t p : / / w w w. e m a . e u r o p a . e u / d o c s / e n _ G B / document_library/ScientiEic_guideline/2009/09/ WC500003920.pdf. 12. Trotta F., et al., Comparative effectiveness and safety of erythropoiesis-stimulating agents (biosimilars vs originators) in clinical practice: a population-based cohort study in Italy. BMJ Open. 2017 Mar 10;7(3):e011637. 13. Ingrasciotta Y., et al., Comparative Effectiveness of Biosimilar, Reference Product and Other Erythropoiesis-Stimulating Agents (ESAs) Still Covered by Patent in Chronic Kidney Disease and Cancer Patients: An Italian Population-Based Study. PLoS One. 2016;11(5):1–16. 14. h t t p s : / / w w w. n o t i z i a r i o c h i m i c o f a r m a c e u t i c o . i t / 2014/09/26/comunicazione-aifa-su-segnalazioni-direazioni-avverse-da-medicinali-equivalenti-e-biosimilari/
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Cultura
L’UOMO DELLA VOLVO Il rappresentante di case farmaceutiche del racconto Una storia semplice e il pessimismo in Leonardo Sciascia Matteo Collura
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o sempre sostenuto che Leonardo Sciascia non fosse il pessimista che di lui si diceva. Anzi, lo ritenevo il contrario, dal momento che si ostinava a scrivere con intenzioni pedagogiche ⎼⎼ e direi propriamente educative ⎼⎼ nonostante la disperante realtà in cui era costretto a vivere. Un vero pessimista non pubblica ben tre libri in punto di morte. Il vero pessimista ⎼⎼ giunto a quel punto ⎼⎼ sbatte la porta e se ne va. Sciascia, invece, fece in tempo a vedere le copertine di tre suoi libri, che sono, come tutti sappiamo, Fatti diversi di storia letteraria e civile (la sua ultima raccolta di saggi e articoli pubblicati in vari giornali e riviste); A futura memoria (se la memoria ha un futuro), che contiene i suoi scritti più signiDicativamente polemici (anche
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questi apparsi sui giornali negli ultimi mesi della sua vita); e Una storia semplice: racconto felicemente stringato, di efDicacissima prosa, essenziale, ma con dentro tutto quanto richiede la narrazione di genere poliziesco. Ecco, è stata proprio la rilettura di questo volumetto, specialmente nella sua parte conclusiva, a indurmi a cambiare idea su uno Sciascia non pessimista. La rilettura di Una storia semplice mi ha chiaramente detto quanto egli, specie nei suoi ultimi giorni (quelli del fatale bilancio) fosse pessimista: lucidamente, e per questo irrimediabilmente pessimista. Nel breve romanzo, il rappresentante di case farmaceutiche, “l’uomo della Volvo”, come viene chiamato dall’autore colui il quale ha visto i veri criminali ed è in grado di indicarli agli investigatori,
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Cultura Matteo Collura (Agrigento 1945), dopo una giovanile esperienza di pittore e dopo aver intrapreso la professione giornalistica, ha esordito in letteratura con il romanzo Associazione indigenti, pubblicato nel 1979 da Einaudi su approvazione di Italo Calvino. È autore della biografia di Leonardo Sciascia Il maestro di Regalpetra, pubblicata da Longanesi nel 1996 e riedita nel 2019 da "La nave di Teseo”, e del romanzo sulla vita di Luigi Pirandello Il gioco delle parti (Longanesi, 2010). Ha pubblicato numerosi altri libri, la maggior parte dedicati alla sua terra d’origine; tra questi: Sicilia sconosciuta (Rizzoli, 1984; 2016); Baltico (Reverdito, 1988); In Sicilia (Longanesi, 2004); Qualcuno ha ucciso il generale (Longanesi, 2006); L’isola senza ponte (Longanesi, 2007); Alfabeto Sciascia (Longanesi, 2009); Sicilia. La fabbrica del mito (Longanesi, 2013). È inoltre autore di Novecento. Cronache di un secolo italiano dal terremoto di Messina a Mani Pulite (TEA, 2008) e del romanzo La badante (Longanesi, 2015). Sua la versione teatrale del romanzo di Leonardo Sciascia Todo modo. Scrive articoli di cultura per «Il Messaggero» e il «Corriere della Sera». Risiede a Milano. si riDiuta di collaborare con essi; se ne va, sparisce dalla scena, per evitare ulteriori sospetti su di lui, ulteriori minacce da parte di coloro che la giustizia, in quel caso, rappresentavano. Leggo da Una storia semplice le parole conclusive: « T r o v ò a l p o s t e g g i o , c o n l a c e d o l a d i contravvenzione, la sua Volvo [è del rappresentantetestimone che qui si parla ndr]. Ma gli parve una cosa da ridere, tanto era contento. Uscì dalla città cantando. Ma a un certo punto fermò di colpo la macchina, tornò ad incupirsi ad angosciarsi. “Quel prete”, si disse, “quel prete… l’avrei riconosciuto subito, se non fosse stato vestito da prete: era il capostazione: quello che avevo creduto fosse il capostazione”. Pensò di ritornare indietro, alla questura. Ma un momento dopo: “E che, vado di nuovo a cacciarmi in un guaio, e più grosso ancora?” Riprese cantando la strada verso casa». Ecco, quel cantare sollevato del rappresentantetestimone, quel suo tornarsene a casa, voltando le spalle agli obblighi che la sua condizione di cittadino gli imponeva, riDiutando con sollievo di testimoniare ancora una volta afDinché la giustizia potesse avere il sopravvento, quel riDiutarsi insomma di dare il suo contributo perché la verità trionfasse, è come quella carretta che Giorgio Strehler fa pesantemente cadere sulla scena a conclusione dei Giganti della montagna: è la Dine di ogni speranza, di ogni civile speranza, l’impossibilità ⎼⎼ provata ⎼⎼ che non vi è giustizia, che, anzi, è meglio starsene lontano da chi e da ciò che la giustizia rappresenta. Una storia semplice si apre con una epigrafe tratta da un romanzo di Friedrich Dürrenmatt: «Ancora una volta voglio scandagliare scrupolosamente le
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possibilità che forse restano alla giustizia». Diciotto anni prima, nel 1971, Sciascia apriva il suo inquietante romanzo Il contesto con quest’altra epigrafe, tratta da un saggio di Montaigne: «Bisogna fare come gli animali che cancellano ogni traccia davanti alla loro tana». Cosa intendeva dire con quella epigrafe? Quelle parole prese in prestito dallo scrittore francese, erano un suo voler mettere le mani avanti? E sappiamo quanto Sciascia pirandellianamente ⎼⎼ e perciò inutilmente ⎼⎼ abbia sempre messo le mani avanti, creando una sorta di genere letterario, o dando continuità a quello che può essere considerato un prototipo, e che Sciascia senz’altro considerava tale: La storia della colonna infame di Alessandro Manzoni. Poche pagine, quel saggio di Sciascia pubblicato nel 1982 con il titolo La sentenza memorabile e che a me ha aperto gli occhi sul suo senso della giustizia, sulla sua idea di giustizia, sulla sua avventura di scrittore ossessionato dal tema della giustizia. Ecco la spiegazione di quell’epigrafe («Bisogna fare come gli animali che cancellano ogni traccia davanti alla loro tana»): bisogna farlo per «non farsi scoprire e trovare dall’errore, dagli errori; e dagli orrori di cui gli errori facilmente avvampano». E dunque non aspettare che l’errore ci travolga, ma difendersene rintanandosi nella propria coscienza, nella propria intelligenza. Non per sfuggire alla realtà, al mondo, ma per non farsi condizionare e travolgere dagli errori che lo governano. Con quell’epigrafe, Sciascia aveva voluto chiarire che il suo rifugiarsi nelle lontane regioni della coscienza e dell’intelligenza, altro non era ⎼⎼ altro non è ⎼⎼ che una forma di difesa dagli attacchi dell’errore, dalla
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sua ottusa aggressività in nome di una moralità superiore che la pratica politica ⎼⎼ nelle sue varie articolazioni, nel suo quotidiano attuarsi ⎼⎼ negava e nega. Non è un disertore, Sciascia. È il testimone che, a volte umiliato e offeso, per avere avuto il coraggio di cercarla e dirla la verità, si sottrae al teatrino dell’impostura istituzionale. «Né con le Brigate rosse né con questo Stato», scrisse quando come una devastante bomba era esplosa la notizia del rapimento di Aldo Moro, sterminata la sua scorta. Era una frase, questa, che aveva già usato ⎼⎼ e con scandalo ⎼⎼ un anno prima, quando da moralista eretico aveva espresso il suo pensiero a proposito della difesa di uno Stato (quello Stato, lo Stato italiano del 1977), in disfacimento, preda della corruzione, inefDiciente, ingiusto; uno Stato che ridotto alle condizioni in cui si trovava, agli occhi dello scrittore rendeva addirittura eticamente corresponsabili dei suoi guasti coloro i quali se ne facevano soccorritori. Ora rivolgo a me stesso questa semplice domanda: è giusto, è moralmente giusto non reagire quando uno Stato di diritto si trasforma in “Stato del delitto”, secondo la celebre espressione di Hanna Arendt a proposito dei regimi totalitari in Europa tra le due guerre mondiali? Certo, stiamo parlando di un periodo ben preciso della storia del mondo, ma la questione che si pone ⎼⎼ ieri come oggi ⎼⎼ ha un
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aspetto morale e un aspetto giuridico che senz’altro vanno affrontati. Prendiamo le leggi di uno Stato, anche democratico, anche repubblicano. Se quanto da esso legiferato è conforme al dettato costituzionale, tutto procede secondo equità e giustizia. Ma cosa succede, cosa può succedere se una legge non risponde a questi requisiti? Essa prevedibilmente sarà giudicata incostituzionale. Lo sarà in futuro, ma come dovranno comportarsi i cittadini Din tanto che quella legge ⎼⎼ non degna della loro civiltà istituzionale e giuridica ⎼⎼ non sarà abrogata, resa nulla? Accettandola senza reagire ⎼⎼ ci dice ogni libera coscienza ⎼⎼ si è moralmente corresponsabili dei guasti che essa provoca. Con quella frase («Né con le Brigate rosse né con questo Stato») lo scrittore afferma qualcosa che ci costringe a una scelta estrema e rischiosa, ma che fa onore a noi Digli della civiltà del diritto: non si può soccorrere uno Stato ingiusto, senza rendersene m o r a l m e n t e , o l t r e c h e p o l i t i c a m e n t e , corresponsabili. Sciascia scelse di scrivere per coloro che hanno a cuore la verità e la giustizia, costi quel che costi. Per questo è uno dei rari scrittori europei del secolo scorso che può permettersi di dire di sé «preferisco perdere dei lettori, piuttosto che ingannarli». Per questo, a trent’anni dalla scomparsa, resta tra noi.
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SUPERARE LA DITTATURA DEL RAZIONALISMO Irina Bembel intervista Ciro Lomonte per la rivista Kapitel Irina Bembel*
Figura 1. Cantiere della Chiesa di S. Maria di Altofonte, Palermo.
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uando si è formata la sua idea di architettura? Quando ero all’università, ci veniva costantemente detto che l’architettura moderna è buona e l’architettura dei secoli passati non lo è. Questa convinzione dei professori sin dall’inizio mise dentro di me dei dubbi, ma nessuno poteva aiutarmi. Mi sembrava di essere solo e di non avere accanto le persone che la pensavano come me. Finalmente la fortuna mi sorrise. Una volta invitarono a Palermo il biografo di Antonio Gaudí, Joan Bassegoda i Nonell. Lui era il responsabile della Catedra Gaudí alla ETSA di Barcellona. Io ascoltavo il suo discorso e tra me e me mi chiedevo, sorpreso,
perché nessuno ci avesse parlato di Gaudí nella nostra facoltà ⎼⎼ come se lui fosse stato bandito. Successivamente, io e Joan Bassegoda i Nonell diventammo amici, ci sentivamo e ci vedevamo; lui è morto non molto tempo fa [nel 2012, ndr]. Dopo arrivò il “secondo colpo di fortuna”: quando iniziai a lavorare in uno studio di architettura, mi fecero scoprire un libro di Hans Sedlmayr, Perdita del centro. Sedlmayr sottolinea la capacità dell’arte e dell’architettura di esprimere lo stato di salute di una civiltà. Secondo lui, il picco fu raggiunto durante il periodo dell’architettura romanica, in cui l’unità di tutte le arti esisteva in relazione al compito di glori\icare il Creatore. Onorio di Autun scriveva che
*Direttrice di Kapitel, rivista dell’Associazione degli Architetti “Arkhsoyuz Kapitel” di San Pietroburgo. Questo articolo è apparso nel numero di dicembre 2019. La traduzione dall’italiano è di Maria Sviridenko.
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Cultura Ciro Lomonte (Palermo 1960) è un architetto, personaggio pubblico e politico, esperto in Arte Sacra. Dopo la maturità ha studiato presso le facoltà di architettura dell’Università di Palermo e del Politecnico di Milano. Dopo la laurea ha iniziato a lavorare presso studi privati di architettura; in uno di essi incontrò e conobbe l’architetto Guido Santoro che divenne suo collega, amico e sostenitore. Dal 1987 al 1990 ha partecipato all’elaborazione del piano di recupero del centro storico di Erice. Nel 1988 inizia le sue ricerche nel campo dell’arte sacra. Ha partecipato alla ricostruzione di molte chiese, in particolare, Maria SS. delle Grazie, presbiterio della Chiesa Madre di Sancipirello, chiesa del Santo Curato d’Ars (Palermo) ed altre. Attualmente, insieme a Guido Santoro, sta adeguando l’interno della chiesa di Santa Maria nella città di Altofonte vicino Palermo. Dal 1990 al 1999 ha diretto la Scuola di Formazione Professionale Monte Grifone (attuale Arces) a Palermo. Dal 2009 è docente di Storia dell’Architettura Cristiana Contemporanea nel Master di II livello in Architettura, Arti Sacre e Liturgia presso l’Università Europea di Roma. Nel 2017 è stato candidato sindaco di Palermo per il partito indipendentista Siciliani Liberi. È autore e traduttore di numerosi libri e articoli dedicati alla architettura sacra contemporanea. Nel 2009, insieme a Guido Santoro, ha pubblicato il libro “Liturgia, cosmo, architettura” (Edizioni Cantagalli, Siena). l’arte sacra dovrebbe perseguire tre obiettivi: dare gloria a Dio, servire al meglio la celebrazione dei sacramenti ed essere un libro aperto per i laici. Mi sembra che l’architettura bizantina corrisponda ancora meglio a questi obiettivi. Ma non sono d’accordo con chi dice che la civiltà si sia gradualmente degradata dal Medioevo ai giorni nostri. Sono convinto che “il tradizionalismo è la fede morta dei vivi, mentre la Tradizione è la fede viva dei morti”. Ho capito che l’architettura non ha alcun valore di per sé, ma soltanto come risposta adeguata alle esigenze degli esseri umani. Gli architetti moderni, invece di creare per le persone degli ambienti belli ed armoniosi, spesso ci impongono le loro idee, nell’intento di esprimere un logo. Per\ino le chiese moderne diventano un’occasione per esprimersi. Oggi dicono “La chiesa di Fuksas”, “La chiesa di Eisenman”, “La Chiesa di Botta”, ecc. E non “Chiesa di San Pietro” o “Chiesa della Beata Vergine”. La Basilica di San Pietro è stata costruita da grandi architetti, ma nessuno parla della “Basilica di Bramante” o “Basilica di Michelangelo”; tutti dicono la Basilica di San Pietro! Le mie convinzioni sono diventate un problema per me, perché ero solo. Ho iniziato a scontrarmi con i professori. Stavo combattendo da solo e spesso mi chiedevo: «Forse mi sbaglio?» Mi ricordo ancora l’esame di storia dell’arte contemporanea, che si è trasformato in un grande diverbio con il professore. La guerra non puoi vincerla da solo: devi cercare gli alleati
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Sedlmayr non era apprezzato dai professori universitari? A suo proposito all’università si diceva che lui scriveva cose strane perché era una spia nazista. Vero, i modernisti amano speculare con argomenti del genere. Nel 1982, quando ero studente universitario, ho creato un Club di Architettura nella residenza universitaria Segesta a Palermo, collegandolo con altri club simili in diverse città d’Europa. Eravamo in dodici. Ci incontravamo una volta alla settimana, organizzavamo le conferenze circa una volta al mese. Con l’occasione di queste lezioni abbiamo avuto l’opportunità di incontrare e conoscere professori stranieri e siciliani (per esempio René Furer dell’ETH di Zurigo, Ignacio Vicens y Hualde di Madrid e altri). Abbiamo anche organizzato due conferenze in Europa. Una a Vienna con il Professore Rob Krier (suo fratello Leon non era presente), e l’altra a Pamplona con il Professore Javier Carvajal. Ho continuato ad organizzare vari eventi anche dopo essermi laureato, in particolare, i corsi di approfondimento sull’arte di Antonì Gaudí, seguiti da un viaggio di studio a Barcellona; i corsi di storia dell’architettura di Palermo; i corsi sulle opere del famoso maestro stuccatore siciliano Giacomo Serpotta. Questa attività è durata circa 25 anni. Lei nota una contraddizione tra i principi di continuità e innovazione e i metodi di lavorazione industriale, il design?
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Cultura Sì, da un lato, c’è contraddizione. L’industria sta gradualmente facendo scomparire l’artigianato, e per questo uno dei nostri obiettivi sta nel mantenimento e nello sviluppo di antichi mestieri. Abbiamo aperto una Scuola Superiore per l’artigianato di eccellenza ⎼⎼ Monreale School of Arts & Crafts ⎼⎼ nella città di Monreale vicino Palermo. Nel 2015 abbiamo fondato l’Associazione Magistri Maragmae a Monreale, la quale promuove il lavoro e lo sviluppo di questa scuola. Dall’altra parte, io credo nella continuità e nell’innovazione dell’architettura tradizionale, che non dovrebbe essere qualcosa di congelato, non dovrebbe letteralmente riprodurre gli stili del passato, come, ad esempio, pensano alcuni architetti passatisti attuali. Essa deve rispondere alle richieste delle persone mantenendo la continuità e allo stesso tempo utilizzando nuove tecnologie. Se noi consideriamo l’arte del passato come un modello immutabile, allora neghiamo al nostro tempo il diritto e la capacità di produrre qualcosa di c re a t ivo , d i c o n t r i b u i re a l v ivo s v i l u p p o dell’architettura. In questo costante rinnovamento come dovrebbe fare l’arte a non perdere la bussola? Dopo tutto, anche i funzionalisti credevano che la loro arte servisse alla gente. Anche i creatori delle moderne zone residenziali dicono che lavorano per la gente. A differenza di loro, Sedlmayr supponeva che gli obiettivi spirituali dovrebbero venire prima delle esigenze concrete delle persone. L'architettura è autentica (gliel'ho detto che noi cerchiamo di creare un'architettura "senza aggettivi" ⎼⎼ al di fuori degli stili del passato codi\icati dall'Illuminismo, al di fuori pure dei linguaggi moderni troppo individualisti) quando essa persegue simultaneamente i tre obiettivi identi\icati da Vitruvio nel suo trattato: utilitas, 9irmitas e venustas (utilità, stabilità e bellezza). Questi tre requisiti devono camminare insieme, altrimenti rimarrà solo costruzione, ingegneria o scultura. Per questo motivo ritengo che il miglior architetto di tutti i tempi nella storia dell’architettura sia stato Antonì Gaudí. Paradossalmente, i funzionalisti non hanno reso l'architettura funzionale veramente tale. Hanno creato retorica dalla funzione, lasciando senza risposte le richieste dei loro clienti. Le loro opere sono orribili, spesso usano soluzioni tecnologiche inadeguate per migliorare la vita degli utenti. La questione è complessa, perché ha le radici nel razionalismo, e qui mi viene in mente la frase di Hegel «Tanto peggio per i fatti (se non sono d'accordo con la teoria)» [Wenn die Tatsachen nicht mit der Theorie bereinstimmen].
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Figura 2. L’architetto Guido Santoro nel laboratorio di argenteria della Monreale School of Arts & Crafts.
L'esempio delle case popolari è emblematico. A Palermo abbiamo un quartiere terribile e disumano chiamato ZEN 2, opera dell'architetto Vittorio Gregotti ed altri. Eppure questo architetto continua a sostenere che ZEN 2 sia il miglior esempio di case popolari nel mondo! Come ha conosciuto Nikos Salingaros? Di cosa si occupa il Gruppo “Salingaros” formato con il Suo contributo? Ho conosciuto Nikos Salingaros quando ho iniziato a leggere la rivista Il Covile (www.ilcovile.it), della quale in seguito divenni uno dei redattori. L’ho invitato a Palermo a partecipare ad una conferenza, insieme abbiamo visitato la Sicilia. Lui mi ha fatto conoscere i lavori di Christopher Alexander. In quel momento Nikos aveva molte speranze di poter fare qualcosa di concreto in Europa per superare la dittatura culturale del razionalismo. In questo momento lui non partecipa più alle conferenze, preferisce recarsi nei Paesi del mondo dove ancora si possono realizzare nuove e fresche soluzioni architettoniche. Insieme ad alcuni amici della rivista Il Covile, abbiamo creato Il Gruppo Salingaros (http:// www.grupposalingaros.net), per portare avanti la
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Figura 3. Monreale School of Arts & Crafts, crogiolo. Nella foto a destra, una cornice realizzata dagli allievi
rigenerazione delle periferie urbane ad agire proprio nei sobborghi italiani. Abbiamo fatto due tentativi: uno dentro il quartiere Corviale di Roma, un altro nel quartiere ZEN di Palermo. Non abbiamo perso la speranza, ma queste sono delle battaglie molto dif\icili per i cittadini, perché i dipartimenti di architettura italiani continuano a difendere questi modelli disumani.
arte sacra. Come scrive lo studioso Rodolfo Papa in Discorsi sull'arte sacra, essa dovrebbe essere \igurativa, narrativa, universale, bella. Questi quattro aspetti si devono a p p l i c a r e a n c h e all’architettura, dove la \iguratività è associata al decoro. Noi viviamo in un'era di grande confusione, anche nella Chiesa Cattolica. Il problema principale è "gnoseologico": il pensiero moderno si nutre masochisticamente di dubbi riguardo alle possibilità di conoscenza della realtà. Se non ripristiniamo la \iducia nella capacità dell’uomo di avvicinarsi alla verità, né il bene né la bellezza saranno raggiungibili. D'altro canto, io sono convinto del valore della meta\isica dell'atto di essere. Per questo motivo, so che possiamo ancora creare delle bellissime chiese.
Raccontateci di più della vostra scuola di artigianato d’eccellenza Nel 2009, Lei ha scritto con alcuni amici “L’Appello La nostra scuola di arti e mestieri, Monreale School of a Sua Santità Papa Benedetto XVI per il ritorno a Arts and Crafts, ha come obiettivo principale quello di un'arte sacra autenticamente cattolica”, il cui continuare la tradizione dell'artigianato e di dargli scopo era esprimere l'opinione di molti un nuovo signi\icato in un mondo radicalmente appassionati di arte sacra insoddisfatti dello cambiato dopo la rivoluzione industriale. stato attuale dell’arte. L'appello è stato [irmato da Oggi, la maggior parte dei gioielli viene realizzata in più di 1800 professionisti in tutto il mondo e modo industriale; le aziende usano materiali scarsi, il consegnato al ponte[ice. Ci sono state delle nastro trasportatore, ma allo stesso tempo investono risposte da parte del Papa al Suo Appello? L’Appello al Papa per il ritorno a u n ' a r t e s a c r a autenticamente cattolica risale all’anno 2009. Da allora è attivo il sito che venne appositamente creato per gestire la raccolta di \irme p e r l ’A p p e l l o ( h t t p : / / appelloalpapa.blogspot.com). Il Papa Benedetto XVI ha iniziato un percorso, ma non ha potuto fare molto. Io ho avuto il piacere di parlargli durante un incontro privato nel 2015, dedicato all'arte sacra e all’insegnamento dell’artigianato ai giovani. Ovunque operino vescovi e sacerdoti di cultura profonda, questi comprendono che l ' a r t e m o d e r n a n o n garantisce, purtroppo, i Figura 4. Ciro Lomonte, Irina Bembel e Guido Santoro alla Monreale School of Arts & Crafts, Monreale requisiti richiesti da una vera (PA).
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Cultura tanti soldi nella pubblicità. Qui noi ancora creiamo cose uniche ed esclusive per clienti unici. A Palermo ci sono maestri famosi, dai quali vanno le persone che vogliono avere decorazioni uniche. Tra questi ci sono i nostri ragazzi, che hanno fatto il corso nella nostra scuola. La nostra scuola ha due laboratori di gioielleria: uno di ore\iceria e uno di argenteria, da venti posti ciascuno. Questa struttura costituisce oggi una realtà unica nel Meridione, se si fa eccezione per Marcianise, in provincia di Caserta, dove opera la scuola Il Tarì, il polo orafo più grande d’Europa. Le attrezzature sono state messe a disposizione dal Collegio Universitario Arces, che le aveva installate in altra sede nel 1995 per i corsi della propria Scuola Orafa e le ha cedute adesso alla nuova Associazione, a seguito di un cambiamento di strategie nell’ambito della formazione professionale. La Scuola può inoltre contare su eccellenti docenti di scultura, pittura, edilizia tradizionale, tessuti, ceroplastica, mosaico ed altro. Nel laboratorio di informatica sono anche trasmessi i rudimenti del CAD e del CAM, coniugando le opportunità offerte dalle nuove tecnologie con i metodi di lavorazione tradizionali. I docenti sono magistri, maestri artigiani di provata esperienza nel proprio settore La sede della Scuola è il Complesso Monumentale di S. Gaetano, all’ingresso di Monreale, messo a disposizione dalla parrocchia del Duomo, famosissimo in tutto il mondo per il ciclo musivo del XII secolo. Lavorare e studiare a Monreale diventa un piacere, perché qui ovunque si respira "l'aria dell'arte". Monreale consente di lavorare a questi obiettivi facendo leva sulle sue “eccellenze”. Celebri sono non soltanto il Duomo ed il chiostro del monastero benedettino, ma anche la Biblioteca diocesana Ludovico II Torres e il Museo diocesano. Quest’ultimo è diretto dalla prof.ssa Maria Concetta Di Natale, fondatrice dell’Osservatorio delle Arti Decorative in Italia, una prestigiosa istituzione che pubblica una rivista internazionale due volte all’anno. La nostra scuola vorrebbe diventare a Monreale quel centro di eccellenza, per le arti, che il Centro di Cultura Scienti\ica Ettore Majorana è ad Erice per le scienze. Mentre il Bauhaus di Weimar, aperto nel 1919, aveva fra i suoi principi l’azzeramento metodico della tradizione, al quale collaborarono cinicamente i migliori artisti del momento, la nuova Monreale School of Arts and Crafts diventa un vivace laboratorio di rinascita delle arti, riancorandole all’immenso patrimonio del passato. L’Associazione Magistri Maragmae sente e accoglie questa responsabilità: rendere moderni l’artigianato e le arti decorative.
Figura 5. Kapitel, dicembre 2019.
Vi auguro buona fortuna!
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Delle Arti
LA BELLEZZA COME CURA Rodolfo Papa
Figura 1. Ospedale di S. Spirito in Saxia, Roma.
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allo stesso ponte*ice del XV secolo Sisto IV prendono il nome a Roma la Cappella Sistina e la Corsia Sistina. La Cappella Sistina, nota a tutti nel mondo, è la grandiosa cappella voluta da Sisto IV, da cui prende il nome, per la decorazione della quale chiamò i più grandi artisti del momento, come faranno anche i suoi successori, tra cui Giulio II a cui si deve l’incarico dato a Michelangelo. La Corsia Sistina, meno nota, è invece una grandiosa costruzione che prende il nome dallo stesso Ponte*ice, affrescata anch’essa da grandi artisti, ma che è una corsia ospedaliera costruita nell’antico Ospedale di Santo Spirito in Saxia, fatto ricostruire da Sisto IV dopo che un incendio lo aveva distrutto. Dunque, la stessa bellezza viene commissionata per la Cappella del Papa e per la Corsia di un Ospedale. Questo è degno di ri*lessione. La grande cultura umanistica rinascimentale, comprendeva che la bellezza è elemento indispensabile per la vita dello spirito e del corpo. Nella prospettiva cristiana il malato è *igura dello stesso Gesù Cristo, e come a Lui gli si deve onore e decoro. Ma oltre a questa p ro s p e t t iva , c ’ è a n c h e l a c o n s a p e vo l e z z a antropologica che la malattia guarisce meglio e
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prima in un contesto di bellezza. La bellezza fa parte della compiutezza della maturazione umana. Gli ospedali contemporanei sono estremamente funzionali e puliti, ma spesso proprio per questo sono spogli, non offrono immagini belle allo sguardo del sofferente. Proprio a partire da questa constatazione, vorrei offrire qualche elemento di ri*lessione sulla bellezza e sull’arte, come elementi costitutivi della pienezza umana. UNO SGUARDO ALLA BELLEZZA Uno sguardo autentico sulla bellezza dovrebbe partire dalla evidenza della bellezza stessa, dal fatto che esistono cose belle, ed ogni approfondimento non dovrebbe mai perdere o distruggere la bellezza stessa. Occorre, dunque, uno sguardo semplice, che non smetta mai di mirare ed ammirare, ma anzi assuma classicamente la meraviglia come l’inizio ed il motore per ogni approfondimento. Occorre anche uno sguardo nel possibile globale, che pur facendosi competente di conoscenze speci*iche, non rinunci mai alla composizione della totalità; uno sguardo che non perda mai la visione dell’intero mosaico, concentrandosi solo su una tessera di esso,
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Delle Arti Rodolfo Papa, pittore, scultore, teorico, storico e *ilosofo dell’arte. Esperto della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Docente di Storia delle teorie estetiche presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose Sant’Apollinare, Roma; il Master di II Livello di Arte e Architettura Sacra dell’Università Europea, Roma; l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Santa Maria di Monte Berico, Vicenza; la Ponti*icia Università Urbaniana, Roma. È Accademico Ordinario della Ponti*icia Insigne Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon. Presidente della Accademia Urbana delle Arti. Tra i suoi scritti si contano circa venti monogra*ie e alcune centinaia di articoli (“Arte Cristiana”; “Euntes Docete”; “ArteDossier”; “La vita in Cristo e nella Chiesa”; “Via, Verità e Vita”, “Frontiere”, “Studi cattolici”; “Zenit.org”, “Aleteia.org”; …). Come pittore ha realizzato interi cicli pittorici per Basiliche, Cattedrali, Chiese e conventi (Basilica di San Crisogono, Roma; Basilica dei SS. Fabiano e Venanzio, Roma; Antica Cattedrale di Bojano, Campobasso; Cattedrale Nostra Signora di Fatima a Karaganda, Kazakistan; Eremo di Santa Maria, Campobasso; Cattedrale di San Pan*ilo, Sulmona; chiesa di san Giulio I papa, Roma; San Giuseppe ai Quattro Canti, Palermo; Sant'Andrea della Valle, Roma …).
come scrive in modo suggestivo sant’Agostino, nel De addirittura controverso). ordine: «Supponiamo che un tale abbia la vista tanto L’apprensione sensibile è solo un aspetto della limitata che in un pavimento a mosaico il suo bellezza; dentro e insieme all’aspetto sensibile si sguardo possa percepire soltanto le dimensioni di un percepisce e si intende, e si gode di un signi*icato quadratino per volta. Egli rimprovererebbe all’artista ulteriore, che è appreso dalla ragione. La bellezza è l’imperizia nell’opera d’ordinamento e composizione manifestazione di qualcosa che eccede la sensazione nella convinzione che le diverse pietruzze sono state stessa: se una realtà è bella non è solo bella. maldisposte. Invece è proprio lui che non può Fin dalla ri*lessione dei Greci, il tema della bellezza, cogliere e rappresentarsi in una visione d’insieme i indagato radicalmente nel suo spessore ontologico, si pezzettini armonizzati in una riproduzione d’unitaria de*inisce nella relazione al bene, nei termini di bellezza. La medesima condizione si veri*ica per le ordine, armonia, compiutezza. Aristotele, per persone incolte. Incapaci di comprendere e ri*lettere esempio, circoscrive il bello proprio confrontandolo sull’universale e armonico ordinamento delle cose, se con il bene. qualche aspetto, che per la loro immaginazione è Il piacere che si gode nella conoscenza del bello trova grande, li urta, pensano che nell’universo esiste una ragione nel fatto che le cose belle sono anche vere e grande irrazionalità». buone. Infatti, è esperienza comune che si La bellezza implica sempre un richiamo alla totalità, essendo le cose belle per partecipazione della stessa bellezza di Dio. O g n i a u t e n t i c a i n d a g i n e fenomenologica ⎼⎼ come rinveniamo, del resto, anche nella tradizione *iloso*ica ⎼⎼ lega la bellezza ad un’esperienza dei sensi che eccede gli stessi sensi. Già nella speculazione platonica, la bellezza è delineata nella sua complessità di realtà ideale visibile per gli occhi. Anche la tradizione scolastica legge la bellezza come un godimento che parte dalla conoscenza sensoriale: «Pulchrum est quod visum placet». La parola “estetica” che dal XVIII secolo va a de*inire lo studio *iloso*ico della bellezza e dell’arte, trova origine proprio nel riferimento alla sensazione, “aisthesis” (anche se lo sviluppo della Figura 2. Complesso monumentale di S. Spirito in Saxia, sec. XV, Roma. disciplina appare poi molto complesso e
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Figura 3. Ospedale di S. Spirito in Saxia, sec. XV, cappella centrale della Corsia Sistina, Roma.
prediligano gli originali, non le imitazioni, le cose buone, non quelle cattive. Anche l’etimologia collega la bellezza alla bontà; in greco, come ricorda Bodei «sebbene kalos derivi, secondo Platone, da kalein, “chiamare, attrarre a sé” (Cfr. Cratilo, 416 b), esso è regolarmente associato al buono (agathos)» . In italiano, e nelle lingue derivate dal latino, “bello” si richiama a un “piccolo bene”, come sottolinea Mazzotta: «Esso traduce il latino bellus che abbrevia benulus, a sua volta diminutivo di bonus nel linguaggio affettivo e familiare, e ha il senso di “grazioso” che si rinviene in molti carmi di Catullo e almeno in un epigramma di Marziale. Un’altra, più suggestiva, ipotesi mette in campo il latino medioevale bonicellum, “piccolo bene” o “bene abbreviato”» . Apparentati con questa etimologia di bello, sono “bonito”, “beau”, “beautiful” . Ma anche in lingue e segni molto lontani, la bellezza e la bontà si richiamano: «Nel giapponese yoshi, ad esempio, il legame con la nozione di buono è altrettanto diretto che nel latino bellus. […] Intrecciati all’idea di buono sono […] fra l’altro, l’ideogramma cinese mei (che rappresenta originariamente la bellezza come un grande agnello), posto in esplicito rapporto con il “buono” (shan)» . Analogamente, si intrecciano il decoro estetico (decorum) e il decoro morale (decentia); inoltre «nella tarda antichità il concetto di decor è alternato
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a quello di decus, il primo in riferimento alla bellezza del corpo, il secondo a quella spirituale» [1]. Lobato sottolinea che esiste una gerarchia nell’ordine della bellezza: «La bellezza abbonda più negli spiriti e meno nei corpi e appartiene più all’ordine naturale che a quello arti*iciale. Al livello dell’essere non si dà bruttezza: nell’essere non c’è bruttura. La bruttezza non si manifesta se non nell’ente, il quale, necessariamente, è bello». In questo orizzonte, la bruttezza si con*igura non come qualcosa che è, ma come limite, come assenza di compiutezza: «La bruttura e il male, non possono consumare il cuore dell’essere. Il loro morso arriva *ino al suo contorno ed è sempre una prova che attesta l’unione tra la bellezza e l’essere: l’essere *inito è soggetto a molte privazioni. All’uomo stesso, “in molte maniere accade di essere malato e brutto, anche se non si ha che un modo di essere sano e bello” (In IV Sent., d. 44, 3, 1, sol.1). Pertanto, il brutto non esiste se non nel bello, che è l’ente stesso» . La bruttezza è dunque il limite e l’imperfezione di ciò che è solo parzialmente compiuto. L’INCLINAZIONE NATURALE ALLA BELLEZZA L’uomo ha una naturale inclinazione verso la bellezza, e non verso la bruttezza: la bellezza è naturale *inalità per la natura e per l’essere umano in particolare.
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Figura 4. Ospedale di S. Spirito in Saxia, sec. XV, Corsia Sistina, Roma.
Se la bellezza è oggetto di un desiderio naturale, allora ricade nel contesto delle considerazioni etiche. Ciò verso cui l’uomo è naturalmente inclinato, svela all’uomo stesso ciò che è buono per lui. Il classico testo a cui occorre fare riferimento per una ri*lessione sulle inclinazioni naturali dell’uomo, è costituito dall’articolo secondo della questione 94, della I-II parte della Summa Theologiae di Tommaso d’Aquino. L’uomo, in quanto sostanza tende a conservare il proprio essere e in quanto animale tende alla riproduzione, inclinazioni queste che l’uomo condivide con le altre sostanze e con gli altri animali, ma che vive in modo del tutto umano. Costituisce un’inclinazione speci*icatamente ed esclusivamente umana la conoscenza di Dio e la vita in società. Dallo sviluppo di questi concetti, emerge una compiuta e complessa antropologia, oltre che una adeguata etica autenticamente umana. Queste *inalità che animano l’uomo, indicano all’uomo stesso quali sono i beni da perseguire e come conseguirli. Q u e s to te s to d i To m m a s o d ’Aq u i n o v i e n e esplicitamente ripreso da Giovanni Paolo II nella Veritatis Splendor che, tra i precetti della legge naturale, pone anche un esplicito riferimento alla bellezza: «Per perfezionarsi nel suo ordine speci*ico, la persona deve compiere il bene ed evitare il male, vegliare alla trasmissione e alla conservazione della
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vita, af*inare e sviluppare le ricchezze del mondo sensibile, coltivare la vita sociale, cercare il vero, praticare il bene, contemplare la bellezza» . La contemplazione della bellezza viene, dunque, presentata come un precetto della legge morale naturale. L a c o n o s c e n z a d e l l a b e l l e z z a , s e b b e n e intrinsecamente legata alla sensorialità, è un fenomeno speci*icatamente umano, in quanto esige una creatura razionale, capace di ri*lettere e di comprendere l’ordine delle cose. La conoscenza della bellezza è, infatti, conoscenza di una regola, di una misura, di un accordo armonioso tra le parti. La fruizione della bellezza, naturale ed artistica, si caratterizza per un “piacere” che coinvolge tutta la persona: emozioni e passioni; ragione e intelletto; si tratta di un piacere non *inalizzato all’utile, ma un piacere disinteressato, un piacere per piacere: cioè un provare piacere di fronte a qualche cosa che si conosce vedendola ⎼⎼ o udendola ⎼⎼, senza volerla comprare, possedere, modi*icare, *irmare. La coltivazione della bellezza si rivela allora una autentica attività culturale, in quanto coltiva tutta la persona, è “paideia”. La bellezza, insieme all’arte, svolge una importante azione civilizzatrice. La bellezza può e deve essere coltivata nella sua dimensione di bellezza naturale e nella sua dimensione di bellezza artistica.
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Delle Arti crescere, secondo le regole dello stesso soggetto: così procede ogni tipo di coltura, quella agricola, quella dei batteri, quella degli animali. San Tommaso distingue due tipologie di coltivazione, in ordine al soggetto che ne risulta migliorato: «In due modi possiamo coltivare qualcosa: o per migliorarla, e in questo modo coltiviamo un campo o cose del genere; oppure per migliorare noi stessi attraverso di essa: in questo modo, per esempio, l’uomo coltiva la sapienza […] Dio dunque ci coltiva perché dalla sua opera noi risultiamo migliorati […] Noi invece, coltiviamo Dio per migliorare noi stessi attraverso Figura 5. Pianta dell’Ospedale di S. Spirito in Saxia. Sotto, incisione della Corsia Sistina. di lui: certo non arando, ma adorando». Cultura è allora paideia nel senso classico del La bellezza artistica si pone, anche, come svelamento termine: la coltivazione del giovane perché ne e sottolineatura della bellezza naturale. *iorisca e maturi l’uomo. La cultura ha un aspetto intrinsecamente pedagogico, particolarmente COSA È L’ARTE esaltato nell’arte. L’arte serve per far crescere, per far Il termine ars, come è ben noto, traduce il termine frutti*icare quanto già è in animo. Questo non solo greco téchne, che indica la dimensione di un saper nella prospettiva classica, ma vale anche per fare, operativo, poietico, rivolto transitivamente alla l’attualità. produzione di qualche cosa di esterno al soggetto. Le L’arte è autenticamente cultivatio animi, coltivazione artes si sono poi evolute nella cultura tardoantica e d e l l ’ a n i m a . C o n i l medievale con la divisione in arti meccaniche e arti t e r m i n e a n i m a liberali. Nel corso del Rinascimento c’è stata la riferiamo a quanto la elevazione di alcune delle prime ⎼⎼ le “belle arti”: meta*isica ha raccolto pittura, scultura, architettura ⎼⎼ dal rango di in una plurimillenaria meccaniche a quello di liberali (la musica, per il suo tradizione, che oggi si apparentamento con la matematica, era già chiamerebbe il più riconosciuta come superiore: faceva parte infatti del proprio, il principio, “trivio”). Le arti, così de*inite nella loro identità, si q u e l c h e p i ù sono evolute e diversi*icate, sono cresciute e intimamente siamo e cambiate, mantenendo però la loro speci*icità. Poi, in possiamo essere, quel modo veloce e spesso confuso, nella più generale che è espresso in tutto crisi della cultura e dell’uomo, hanno perso la loro ciò che facciamo in identità, *ino a vantarsi di non averne una. Cosicché q u a n t o p e r s o n e tutto è arte, ovvero l’arte è niente. umane, quell’elemento Tuttavia l’arte, sotto e dentro i cambiamenti storici, che non è materiale ma mantiene una sua identità e può ancora oggi avere un che tiene insieme il nostro corpo nella sua vitalità e grande valore per l’uomo, purché sia correttamente nelle sue molteplici e speci*iche attività. impostata. La peculiarità dell’arte, entro lo scopo che Per de*inire meglio, cominciamo dal *ine. A che serve propriamente appartiene a tutto quanto è cultura, si l’arte, perché l’arte? situa nella bellezza. La bellezza dell’arte, per non L’arte ha una funzione eminentemente “culturale”, perdersi nell’autoreferenzialità, nell’equivocità, nel serve cioè alla cultivatio animi. La parola “cultura” non-senso, può trovare de*inizione solo nel trae origine dal verbo latino “colo” che signi*ica riferimento alla bellezza della realtà. coltivare (stessa radice κολ del greco βουκολέω: pascolo). La coltivazione è un’attività che aiuta a
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Figura 6. Rodolfo Papa, Le virtù cardinali. Olio su tela, 2009, Cattedrale di Sulmona.
L’arte è essenzialmente comunicazione tra l’artista ed il fruitore, è trasferimento di un messaggio di bellezza, dialogo con qualcuno. L’arte, per essere, ha bisogno di chi la desidera e di chi la gode. Il fruitore è colui che sa gioire dell’arte. L’arte non può essere consumata come una merce o come uno spettacolo ef*imero. Implica una capacità di riconoscerla e di conoscerla, capacità che si evolve mediante la stessa fruizione. Si impara a godere dell’arte, è dunque necessaria l’educazione del gusto, della capacità di vedere, della capacità di conoscere. La classica distinzione tra uti et frui può essere utilizzata per differenziare un tipo di godimento che non lascia traccia e distrugge proprio perché ambisce a possedere l’impossedibile, e uno che invece costruisce proprio chi fruisce, perché non desidera altro che la gioia della stessa bellezza. L’arte non ha utenti, ma fruitori. Chi gode della bellezza dell’arte ne risulta trasformato e migliorato. LA CRISI DELLA BELLEZZA È accaduto, gradualmente, un processo per cui la bellezza prima è divenuta esclusivo possesso dell’arte, con correlata negazione della bellezza naturale; poi è stata manipolata dalle teorie artistiche come se ciascuno potesse inventarla a
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proprio piacimento; in*ine si è arrivati alle affermazioni contraddittorie della “bellezza della bruttezza” e all’inconsistente relativismo per il quale ciascuno afferma bello ciò che vuole. Senz’altro von Balthasar è stato un buon profeta, nel celeberrimo brano nella Introduzione a Gloria, in cui chiaramente denuncia come lasciar cadere la bellezza signi*ichi perdere la forza del vero e del bello: «In un mondo senza bellezza ⎼⎼ anche se gli uomini non riescono a fare a meno di questa parola e l’hanno continuamente sulle labbra, equivocandone il senso ⎼⎼, in un mondo che non ne è forse privo, ma che non è più in grado di vederla, di fare i conti con essa, anche il bene ha perduto la sua forza di attrazione, l’evidenza del suo dover-esseradempiuto. […] In un mondo che non si crede più capace di affermare il bello, gli argomenti in favore della verità hanno esaurito la loro forza di conclusione logica». La crisi della bellezza signi*ica tragicamente crisi dell’arte ed è legata a una crisi più ampia della cultura e dell’uomo. Joseph Ratzinger metteva in evidenza la dimensione di una vera e propria crisi dell’umanità: «Oggi viviamo non solo una crisi dell’arte sacra, ma una crisi dell’arte in genere in misura *inora sconosciuta. La crisi dell’arte è a sua
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Figura 7. Rodolfo Papa, Le virtù teologali. Olio su tela, 2009, Cattedrale di Sulmona.
volta sintomo della crisi esistenziale della persona, che, proprio nell’estremo accrescimento del dominio materiale sul mondo, è caduta in un accecamento di fronte alle questioni che riguardano il suo orientamento di fondo e vanno al di là della dimensione materiale ⎼⎼ un accecamento che si può de*inire addirittura come accecamento dello spirito». Il “crollo” dell’arte è avvenuto nel momento in cui l’edi*icio del sapere, che era costruito attorno all’arte, ha avuto sottratta proprio la chiave di volta, cioè la bellezza e, portato a compimento tale misfatto, l’edi*icio si è ripiegato su se stesso ed è crollato in mille pezzi. Da queste macerie si sono prese in continuazione parti e pezzi architettonici, ma è stato impossibile ricostruire a partire da essi un nuovo edi*icio, senza ricollocare al proprio posto l’elemento statico più importante, l’unico in grado di tenere insieme tutto: la chiave di volta, ovvero la bellezza. La perdita del “bello” ha scardinato tutto il complesso edi*icio nel quale l’arte è il vertice espressivo. Tuttavia, è un processo che in realtà ha già raggiunto la sua *ine ma continua a propagarsi come un’eco, soprattutto nelle sue peggiori divulgazioni. Di fatto, da molteplici diverse realtà ⎼⎼ tra le quali possiamo
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segnalare numerose accademie di pittura soprattutto in America, ma non solo, dedicate all’insegnamento dell’arte *igurativa a partire dalla tradizione rinascimentale italiana; l’esistenza di musei dell’arte *igurativa come il MEAM di Barcellona; la generale predilezione del pubblico contemporaneo per pittori quali Caravaggio… ⎼⎼ emerge la necessità di un ritorno alla bellezza artistica che trovi nella bellezza naturale la propria cifra, e che si carichi di un compito etico interno alla stessa questione estetica. La de*inizione classica della bellezza, inoltre, è sostenuta oggi da svariate ricerche di ordine psicologico e antropologico che confermano come, *in da bambini e indipendentemente dalla cultura, si tenda a riconoscere come bello e piacevole ciò che è armonioso e proporzionato. Per questo l’arte può essere valorizzata nella sua dimensione di medicina per l’uomo, perché il tipico piacere che viene provocato dalla visione delle cose belle aiuta l’intera persona umana, nella sua dimensione psico-*isica e dunque provoca benessere. Nota 1.
Castelli P., L’estetica del Rinascimento, il Mulino, Bologna 2005, p. 48.
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BREVE STORIA DEGLI ANESTETICI Giusi Sanci*
Figura 1. Ernest Board, The first use of ether as an anesthetic in dental surgery by WTG Morton in 1846. Olio su tela.
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in dai tempi più remoti l'uomo è sempre stato alla ricerca di qualcosa che potesse alleviare il dolore. L'anestesia locale ad esempio provocata da vari estratti di piante era conosciuta da molti popoli primitivi, ed in particolare si ritiene che le proprietà anestetiche degli estratti delle foglie di Erythroxylon coca, contenenti come alcaloide la cocaina, fossero già note agli Incas. La pratica dell'anestesia veniva effettuata =in dall'antichità mediante la somministrazione di sostanze ad effetto narcotico come l’oppio, la mandragora e la Cannabis indica, oppure attraverso metodi =isici. Circa 5000 anni fa gli Assiri stordivano i pazienti da operare comprimendone le carotidi a livello del collo in modo da creare uno stato di coma o stringendo la parte da operare con un laccio =ino a farle perdere la sensibilità. Nel 3500 a.C. è
documentato l'uso dell'oppio presso i Sumeri che lo impiegavano nel mal di denti. Gli Egizi invece intuirono il potere anestetizzante del freddo e usavano acqua ghiacciata per inibire la sensibilità della parte da tagliare. Per l'amputazione usavano la pietra di Mel=i, una roccia ricca di silicati che si diceva potesse desensibilizzare la regione da operare; corpo grasso, di colore cangiante e della grossezza di un ciottolo ordinario, aveva la capacità di preservare dal dolore quando era applicata come linimento su quella parte del corpo che il ferro o il fuoco doveva colpire. Nel IX secolo i monaci di Montecassino usavano per alleviare il dolore la spongia somnifera (spugna soporifera), una spugna impregnata con oppio, mandragora e cicuta. Tuttavia solo verso la metà dell'800 ebbe origine la moderna anestesia con le prime applicazioni cliniche dei vari
*Farmacista
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Figura 2. William Thomas Green Morton, Charlton 1819 - New York 1868
gas anestetici. Una delle più importanti scoperte nella storia del farmaco è infatti quella degli anestetici generali, sostanze chimiche in grado di indurre una perdita totale della sensibilità e della coscienza consentendo cosi l'esecuzione di interventi chirurgici senza dolore. I pazienti infatti molte volte morivano anche per lo shock doloroso sperimentato. Prima del 1846 gli interventi chirurgici erano rari. La conoscenza della =isiopatologia delle malattie e delle basi logiche per il loro trattamento chirurgico era rudimentale. L'asepsi e la prevenzione delle infezioni delle ferite erano pressoché sconosciute. Inoltre un forte deterrente era la mancanza di un'anestesia soddisfacente. Per secoli i chirurghi sono stati temuti come carne=ici perché operavano senza disporre di mezzi adatti per controllare il dolore ed evitare ai pazienti sofferenze atroci. Fino all’800, gli interventi chirurgici assomigliavano più ad una tortura che ad una pratica medica. A causa di questi fattori la chirurgia era poco praticata e riservata ai casi di emergenza. L'antica chirurgia quindi si basava soprattutto sulla velocità e perizia del chirurgo che doveva essere insensibile al dolore del paziente, veloce e abile. In verità alcuni mezzi per alleviare il dolore causato dagli interventi chirurgici erano disponibili ed erano appunto quelli usati =in dall'antichità. Sostanze come l’alcol, l'hashish e i
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derivati dell'oppio, presi per bocca, assicuravano qualche sollievo. Talvolta per procurare l'analgesia si ricorreva a metodi =isici come gli impacchi di ghiaccio su un arto o l'applicazione di un laccio per renderlo ischemico. Per sedare il dolore si sfruttava anche lo stato di incoscienza indotto da un colpo inferto sul capo o dallo pseudostrangolamento, benché queste pratiche implicassero alti rischi per il paziente. Tuttavia il metodo che veniva adottato più frequentemente era quello di tenere il paziente fermo con la forza. Già da tempo erano noti gli effetti dell'etere etilico e del protossido di azoto; in particolare il protossido di azoto sintetizzato nel 1776 da Priestley e denominato "gas esilarante” per i movimenti scomposti e la leggerezza che provoca, veniva utilizzato insieme all’etere, come inebriante in spettacoli pubblici di intrattenimento. Già verso la =ine del sec. VIII Humprey Davy aveva descritto l'azione analgesica del protossido d'azoto o gas esilarante; ma la sua scoperta non ebbe seguito =ino al 1844, quando H. Wells, un dentista americano, durante uno spettacolo di varietà, osservò che uno dei partecipanti, mentre era sotto l'effetto del protossido d’azoto, si feriva senza provare dolore. Successivamente praticò la prima estrazione indolore di un dente su un paziente reso insensibile mediante inalazione di tale gas. Negli stessi anni venivano scoperte le virtù anestetiche dell’etere, che fu applicato con successo in un intervento di chirurgia generale, effettuato a Boston nel 1846 dal medico W.T.G. Morton. Venuto a conoscenza degli effetti anestetici dell'etere Morton pensò che questo farmaco fosse più promettente del protossido di azoto e lo sperimentò dapprima sugli animali e poi su se stesso. In=ine chiese l'autorizzazione a illustrare pubblicamente l'uso del farmaco come anestetico chirurgico. Egli si presentò alla comunità scienti=ica con una sfera avente due valvole, una in ingresso e una in uscita al cui interno vi era una spugna imbevuta di etere. Facendo inalare i vapori ad un paziente, a cui doveva essere asportato un tumore al collo, questo cadde in uno stato di incoscienza e l'operazione fu eseguita in maniera rapida e indolore. Dopo lo scetticismo iniziale, la notizia del successo si diffuse rapidamente. Entro un mese l'etere veniva adoperato in altre città degli Stati Uniti e in Gran Bretagna. L'etere ha il vantaggio di poter essere preparato chimicamente in forma pura con facilità, è relativamente facile da somministrare, infatti, sebbene a temperatura ambiente sia allo stato liquido, si volatilizza facilmente. Tuttavia per la produzione e la gestione dell'etere si presentarono alcune dif=icoltà dato che è in=iammabile ed esplode con facilità. A differenza del protossido di azoto, è potente, e quindi piccoli volumi possono produrre
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Figura 3. Anestetici volatili.
effetti anestetici. Non deprime le funzioni respiratoria e circolatoria, proprietà di importanza cruciale a quei tempi nei quali la conoscenza della =isiologia umana non era ancora progredita a tal punto da permettere la respirazione e la circolazione assistita. Inoltre l'etere non è tossico per gli organi vitali. Il successivo anestetico che trovò largo impiego fu il cloroformio. Il cloroformio venne introdotto in terapia nel 1847, e trova impiego sia per l'odore più gradevole, sia perché non in=iammabile. L'ostetrico inglese James Young Simpson, che prova dapprima gli effetti del cloroformio su se stesso, decide di utilizzarlo nella sua attività professionale, anche se il suo utilizzo riceve una forte opposizione da parte della Chiesa che non ammette l'uso si anestetici durante il parto. L'utilizzo di questo anestetico si afferma comunque in Gran Bretagna dopo la sua somministrazione alla Regina Vittoria per la nascita del suo ottavo =iglio. Il farmaco esercita comunque un'azione tossica sul fegato, e provoca una profonda depressione c a r d i o v a s c o l a r e . N o n o s t a n t e l ' i n c i d e n z a relativamente elevata di decessi intra e postoperatori attribuibili all'uso del cloroformio, esso fu difeso, specialmente in Gran Bretagna, per quasi un secolo. Nel 1929 vengono identi=icate casualmente le proprietà anestetiche del ciclopropano, da alcuni chimici che stavano analizzando le impurità di un i s o m e r o , i l p r o p i l e n e . D o p o u n a v a s t a sperimentazione chimica all'Università del Wisconsin, il farmaco venne introdotto nella pratica
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medica, e diventa l'anestetico più usato per i successivi trenta anni. Tuttavia, a causa dell'elevato rischio di esplosioni in sala operatoria, aumentò la necessità di un anestetico sicuro e non in=iammabile, e parecchi gruppi di ricerca si misero a lavoro in questo senso, e nel 1956 viene introdotto l’alotano, un anestetico non in=iammabile, che ha un elevata ef=icacia ed è scarsamente irritante per l'apparato respiratorio. La maggior parte degli anestetici più recenti, costituiti da idrocarburi alogenati ed eteri, è stata sintetizzata assumendo come modello proprio l'alotano.
Bibliografia e sitografia 1.
2. 3. 4.
5. 6.
Cfr. Goodman & Gilman, Le basi farmacologiche della terapia. McGraw-Hill editore. Decima edizione, pag. 309-310 Cfr. Caprino L., Il farmaco 7000 anni di storia, dal rimedio empirico alle biotecnologie. Armando editore, pag. 134-137. Cfr. Grande Enciclopedia. Istituto Geogra=ico de Agostini. Novara 1972, Vol.II, pag. 54-55. Cfr. Gilbert E., Le piante magiche, nell’Antichità, nel Medioevo e nel Rinascimento. Hermes edizioni. Roma, 2008, pag 21. Cfr. Istituto dell'Enciclopedia Treccani: www.treccani.it Cfr. Cagliano S., Dieci farmaci che sconvolsero il mondo. Laterza, 1994, pag.10.
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