Theriaké maggio - giugno 2020

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Theriaké Anno III n. 27 Maggio - Giugno 2020

Theriaké [online]: ISSN 2724-0509

RIVISTA BIMESTRALE DELL’ASSOCIAZIONE GIOVANI FARMACISTI DI AGRIGENTO

IL PLASMA IPERIMMUNE DEL PAZIENTE CONVALESCENTE DA COVID-19 Il dottor Giuseppe De Donno spiega il protocollo di ricerca di Mantova e Pavia di Samuela Boni

CONTRACCEZIONE D’EMERGENZA VERSO L’OBBLIGO NELLE FARMACIE Una sfida alla libertà di coscienza? di Fabio Persano

LA PROCREAZIONE UMANA QUALE DOMANDA DI SENSO NELLA MODERNA SOCIETÀ OCCIDENTALE La cura della fertilità di coppia tramite Naprotecnologia di Elisabetta Bolzan

LA MADONNA DEI PELLEGRINI DI CARAVAGGIO di Rodolfo Papa

LE TERRE DEI RASNA Etruschi in mostra a Bologna di Pinella Laudani

LE EPIDEMIE NELLA STORIA /1 Una introduzione di Giusi Sanci


Sommario

4 Attualità

IL PLASMA IPERIMMUNE DEL PAZIENTE CONVALESCENTE DA COVID-19

38 Apotheca&Storia

LE EPIDEMIE NELLA STORIA /1 Una introduzione

Il dottor Giuseppe De Donno spiega il protocollo di ricerca di Mantova e Pavia

10 Biogiuridica

CONTRACCEZIONE D’EMERGENZA VERSO L’OBBLIGO NELLE FARMACIE Una sfida alla libertà di coscienza?

16 Bioetica

LA PROCREAZIONE UMANA QUALE DOMANDA DI SENSO NELLA MODERNA SOCIETÀ OCCIDENTALE La cura della fertilità di coppia tramite Naprotecnologia

24 Delle Arti LA MADONNA DEI PELLEGRINI DI CARAVAGGIO

32 Cultura

LE TERRE DEI RASNA

Etruschi in mostra a Bologna Responsabile della redazione e del progetto gra1ico: Ignazio Nocera Redazione: Valeria Ciotta, Elisa Drago, Christian Intorre, Federica Matutino, Giorgia Matutino, Carmen Naccarato, Silvia Nocera, Giusi Sanci. Contatti: theriake@email.it Theriaké via Giovanni XXIII 90/92, 92100 Agrigento (AG). In copertina: Dr. Giuseppe De Donno. Questo numero è stato chiuso in redazione il 24 – 6 – 2020

Collaboratori:

Pasquale Alba, Giuseppina Amato, Carmelo Baio, Francisco J. Ballesta, Francesca Baratta, Renzo Belli, Irina Bembel, Paolo Berretta, Elisabetta Bolzan, Paolo Bongiorno, Samuela Boni, C. V. Giovanni Maria Bruno, Paola Brusa, Lorenzo Camarda, Fabio Caradonna, Matteo Collura, Alex Cremonesi, Salvatore Crisafulli, Fausto D'Alessandro, Gabriella Daporto, Gero De Marco, Irene De Pellegrini, Corrado De Vito, Roberto Di Gesù, Gaetano Di Lascio, Danila Di Majo, Claudio Distefano, Vita Di Stefano, Luca Matteo Galliano, Fonso Genchi, Carla Gentile, Laura Gerli, Mario Giuffrida, Andrew Gould, Giuliano Guzzo, Ylenia Ingrasciotta, Maria Beatrice Iozzino, Valentina Isgrò, Pinella Laudani, Anastasia Valentina Liga, Ciro Lomonte, Roberta Lupoli, Irene Luzio, Erika Mallarini, Diego Mammo Zagarella, Giuseppe Mannino, Massimo Martino, Giovanni Noto, Roberta Paciaici, Roberta Palumbo, Rodolfo Papa, Marco Parente, Fabio Persano, Simona Pichini, Irene Pignata, Annalisa Pitino, Valentina Pitruzzella, Renzo Puccetti, Carlo Ranaudo, Lorenzo Ravetto Enri, Salvatore Sciacca, Luigi Sciangula, Alfredo Silvano, Gianluca Triairò, Emidia Vagnoni, Elena Vecchioni, Fabio Venturella, Margherita Venturi, Fabrizio G. Verruso, Aldo Rocco Vitale, Diego Vitello.

In questo numero: Elisabetta Bolzan, Samuela Boni, Pinella Laudani, Rodolfo Papa, Fabio Persano, Giusi Sanci.

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Attualità

IL PLASMA IPERIMMUNE DEL PAZIENTE CONVALESCENTE DA COVID-19 Il dottor Giuseppe De Donno spiega il protocollo di ricerca di Mantova e Pavia Samuela Boni*

L’

insorgere di un nuovo agente patogeno, come la comparsa del nuovo coronavirus SARS-CoV-2, può essere causa di squilibrio nella patocenosi e portare così all’insorgere di una malattia nuova come il COVID-2019, il cui quadro clinico evidenzia una sintomatologia similinFluenzale, avente le caratteristiche della polmonite interstiziale con risvolti anche molto gravi. Il diffondersi della malattia, l’insorgenza sempre maggiore di casi gravi con la conseguente necessità di massicce cure intensive, unitamente alla constatazione dell’inesistenza di uno speciFico trattamento per il SARS-CoV-2 in una popolazione globalmente non immune, hanno portato l’OMS a dichiarare l’11 marzo 2020 lo stato di pandemia [1]. In tale data non vi era letteratura pubblicata che dimostrasse l’efFicacia terapeutica dell’impiego del plasma iperimmune del paziente convalescente impiegato nella cura di COVID-19. Studi passati hanno analizzato l’impiego di questa metodica applicata ad altre tipologie di malattie, tra le quali InFluenza Aviaria H5N1, InFluenza Spagnola H1N1, InFluenza Suina H1N1, MERS, Ebola [2]. È da queste indagini che i medici dell’ospedale “Carlo Poma” di Mantova e quelli della Fondazione IRCCS Policlinico “San Matteo” di Pavia si sono mossi e, costituendo un’unica equipe, hanno dato vita ad un protocollo di ricerca [3] il cui obiettivo primario era quello di valutare l’efFicacia dell’impiego di plasma prelevato da donatori convalescenti di COVID-19 e trasfuso in pazienti gravemente malati di COVID-19. Insieme al dottor Giuseppe De Donno, Direttore SC di Pneumologia e Utir ASST Mantova, abbiamo affrontato alcuni punti cardine di questo protocollo, primo al mondo nel suo genere, per soffermarci poi

s u l l o s t a t o a t t u a l e dell’impiego di questa terapia e su quello futuro attraverso l’istituzione delle Banche del plasma e la coesistenza con altre possibili terapie e forme di prevenzione come il vaccino. Il paziente convalescente come possibile donatore «Si intende per paziente convalescente, il paziente che ha avuto la negativizzazione del tampone entro 15 giorni dalla scomparsa dei sintomi. Ad oggi, possono donare solamente i pazienti che avevano il tampone positivo e la cui guarigione è stata certiFicata da due tamponi negativi, effettuati a distanza di 24, 36 o 48 ore. In questo modo, con la scomparsa dei sintomi e tamponi stabilmente negativi si acquisisce lo status di “convalescenza” e nei 15 giorni successivi, deFiniti appunto “di convalescenza”, è possibile per il paziente donare il plasma. Al momento, le persone che a seguito di test sierologico risultano essere positive, risultano cioè aver sviluppato anticorpi contro il coronavirus SARSCoV-2 e il cui tampone però risulta essere negativo, non possono ancora donare. Non è detto che in un breve futuro anche questi pazienti possano rientrare nella categoria dei donatori. I donatori identiFicati nel protocollo di ricerca [4], e rientranti in una lista approvata dai medici del Dipartimento di Malattie Infettive, devono anche essere dotati delle seguenti caratteristiche: persone

*Docente di scuola secondaria di secondo grado, laureanda in Bioetica presso l’Ateneo Ponti9icio Regina Apostolorum - Roma

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Attualità

Figura 1. Giuseppe De Donno, Direttore SC di Pneumologia e Utir ASST Mantova.

di sesso maschile e di età pari o superiore ai 18 anni». Plasma terapeutico «Per deFinirsi terapeutico nei confronti del COVID-19 il plasma deve innanzitutto derivare da paziente convalescente, persona guarita da una malattia di coronavirus di qualsiasi gravità. Il plasma viene testato, prima della donazione, attraverso il test di neutralizzazione che ha lo scopo di individuare la capacità degli anticorpi del paziente guarito di neutralizzare cellule infettate dal coronavirus. Il procedimento avviene attraverso una serie di diluizioni e le diluizioni che noi accettiamo devono essere superiori a 1/160. Da 1/160 a 1/320 possono essere considerati i due livelli di plasma convalescente terapeuticamente efFicaci, ma ci è capitato di utilizzare anche concentrazioni di plasma inferiori, 1/80. Oltre al test di neutralizzazione il donatore deve sottostare alle consuete regole nazionali previste per la donazione di emocomponenti, e pertanto risultare negativo al test per l’Epatite A ed E RNA, Parvovirus 19 DNA, Epatite B e C, HIV, siFilide e test molecolare [5]. Il protocollo da noi adottato prevede al massimo tre somministrazioni. La prima in 1^ giornata, la

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seconda in 3^ giornata e la terza in 5^/7^ giornata. L’esperienza maturata sul campo mi porta a dire che nel 60% dei casi che abbiamo trattato è stata sufFiciente una singola dose, nel rimanente 40% invece abbiamo utilizzato due o anche tre sacche di plasma. Gli effetti positivi si manifestano già nelle prime ore dalla somministrazione per quanto riguarda i sintomi più eclatanti come febbre e tosse, mentre nelle successive 24-48 ore si registrano miglioramenti sia della componente respiratoria che dell’autonomia della ventilazione meccanica». Il paziente ricevente «La nostra convinzione è che bisognerebbe utilizzare il plasma del paziente convalescente già nelle fasi precoci della malattia [6] e proprio per questo stiamo disegnando un protocollo speciFico. Quello realizzato con i colleghi di Pavia, invece, è stato indirizzato ai pazienti gravi, quelli che manifestano una insufFicienza respiratoria importante con un quadro clinico di polmonite accertata mediante radiograFia o ecograFia ma, tuttavia, l’insufFicienza respiratoria non deve perdurare da più di dieci giorni poiché, altrimenti, si passa alla fase gravissima di malattia con degli esiti stabilizzati e a quel punto, secondo il nostro parere, il plasma risulta essere poco efFicace.

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Attualità pazienti. Prima di questo caso, se avessimo voluto impiegarlo a tale scopo di nostra spontanea iniziativa non avremmo potuto poiché questo tipo di trattamento non è ancora convenzionale, e pertanto necessita della conferma del Comitato Etico. Ad oggi, una lettera del Comitato ci autorizza ad impiegare il plasma per i pazienti con le caratteristiche indicate nel primo protocollo, anche se lo studio di fatto risulta essere concluso. Nei casi che esulano dal protocollo è s e m p re n e c e s s a r i a u n a s p e c i F i c a autorizzazione, a meno che non siano predisposti nuovi protocolli di ricerca, cosa su cui stiamo lavorando e, per esempio, abbiamo già elaborato il protocollo Reschiu che riguarda i pazienti anziani, ed altri due protocolli sono in fase di ideazione, uno concernente i pazienti in fase precoce e uno i pazienti asintomatici. In totale l’ospedale “C. Poma” di Mantova sarà coinvolto in quattro protocolli. I l p r o t o c o l l o d i M a n t o v a e P a v i a complessivamente ha arruolato 48 pazienti. Il 3 giugno è stato reso pubblico un lavoro che rappresenta una sorta di metanalisi con una potenza più alta. Alcuni autori cinesi, Figura 2. Massimo Franchini, Direttore del Servizio di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale ASST di Mantova. mettendo insieme differenti protocolli di ricerca, hanno arruolato circa 700 pazienti, i cui risultati sono grossomodo sovrapponibili a quelli Ulteriori criteri per accedere alla terapia mediante ottenuti con il nostro protocollo: una riduzione del plasma iperimmune di paziente convalescente sono: tempo di ricovero; una assoluta riduzione della età del paziente pari o superiore ai 18 anni; aumento positività del tampone in circa il 90% dei casi; una del valore PCR di circa 3,5 volte la linea di base o riduzione della mortalità al minimo del 10%. Nella superiore a 1,8 mg/dl; necessità di ventilazione nostra sotto analisi l’RR è circa del 59%, pertanto un meccanica e/o CPAP; Firma del consenso informato dato non trascurabile». (se non vi è possibilità di ottenerlo a causa della condizione clinica, il consenso viene assunto Fino a A c c e t t a z i o n e d e l p l a s m a d e l p a z i e n t e manifestazione contraria) [7]. convalescente Per quanto riguarda i pazienti in fase gravissima a «Ad oggi sembra che il mondo stia andando verso cui è stato trasfuso il plasma iperimmune ad uso l’accettazione e l’accoglienza della terapia a base di c o m p a s s i o n evo l e c ’ è d a s o t to l i n e a re c h e , plasma iperimmune. Personalmente abbiamo inizialmente, ci siamo attenuti in modo molto preciso attivato canali anche con Perù, Paraguay, Brasile, Cile ai criteri stabiliti nel protocollo, anche se ci siamo e alcune parti del Messico. Gli USA, grazie accorti che c’erano pazienti, alcuni di essi molto all’impegno della Mayo Clinic [8], stanno arruolando giovani, che non rientravano nei parametri stabiliti, migliaia di pazienti e la Commissione Europea si sta per cui abbiamo deciso di orientarci verso l’uso occupando del plasma del paziente convalescente [9] compassionevole. Il caso che ci ha indirizzati è stato attraverso la predisposizione di un “Documento di quello di un paziente di 51 anni a cui era stato negato orientamento sulla raccolta e la trasfusione di il plasma poiché non rientrava, per l’appunto, nei plasma di convalescente di COVID-19” e la criteri di accesso. La moglie aveva contattato il predisposizione di una “Banca dati dell’UE sul CPP”. Presidente della Repubblica, il quale a sua volta ha Alla luce dei fatti, si può presumere che il plasma sia sollecitato il Prefetto di Mantova a chiedere ormai “sdoganato”. u fFi c i a l m e n te l ’ i m p i e g o de l p l a sm a a u so Tuttavia, permangono molti Filoni di pensiero, e se la compassionevole. La terapia somministrata ha dato speranza è quella di azzerare la mortalità con esiti positivi e il paziente è stato estubato dopo 24-48 l’impiego di questa terapia, possiamo dire di essere ore e da quel caso abbiamo potuto utilizzare il out off topic. Il concetto chiave è che il plasma plasma ad uso compassionevole anche per altri

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Attualità

Figura 3. Sacca di plasma iperimmune di paziente convalescente.

rappresenta una chance in più nel panorama terapeutico, ed in questo momento, secondo me, è la chance che ha dimostrato un’efFicacia maggiore, perché negativizza il tampone abbattendo la carica virale. Ciò è stato riscontrato nel 90% dei casi, infatti c’è un pool di pazienti che non risponde nemmeno al plasma convalescente e che necessita di ricevere un numero superiore di sacche rispetto a quello previsto dal protocollo». Plasmaterapia tra passato e presente «Anche in passato si è utilizzato il plasma per curare alcune patologie [10], non tutte di carattere respiratorio, e ciò ci ricorda che questa modalità di intervento non è una nuova scoperta. Il suo impiego per contrastare il COVID-19 ha necessitato in primo luogo della predisposizione di un protocollo sperimentale, ma già nella fase osservativa Mantova e Pavia hanno lanciato l’idea dell’efFicacia terapeutica del plasma convalescente. Purtroppo, in un primo momento, non siamo stati ascoltati e probabilmente questa sordità ha avuto una causa multifattoriale. Innanzitutto, una grande difFidenza nei confronti di un derivato del plasma, poiché per retaggio culturale un emocomponente potrebbe risultare rischioso, in particolar modo riferendosi a quanto accaduto negli anni ’90 soprattutto dopo l’esperienza dell’HIV, ma

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oggi il mondo trasfusionale è completamente cambiato, e gli emocomponenti sono quanto di più sicuro ci possa essere. È stato anche posto il problema della TRALI (Transfusion Related Acute Long Injury – danno polmonare acuto associato alla trasfusione) che rappresenta un effetto collaterale raro delle trasfusioni di sangue, legata soprattutto ai leucociti e ai globuli rossi, ma nel caso della trasfusione di plasma non vi è la presenza di una componente cellulare e pertanto la TRALI non può veriFicarsi. In secondo luogo, è possibile che vi sia una forma di difFidenza nei confronti di un piccolo centro come Mantova, considerato forse incapace di poter assurgere a centro con dignità scientiFica come un centro universitario. Ma è un dato di fatto che i grandi centri non ci hanno pensato, e Mantova e Pavia sono stati i primi depositari di questa tipologia di protocollo sperimentale [11]. Il fatto che anche in passato si sia utilizzato il plasma, come al tempo dell’inFluenza Spagnola, è in realtà un’affermazione da speciFicare. Ad essere uguale è il concetto di trasfusione di emocomponenti, oggi siamo dotati di conoscenze ulteriori rispetto al passato, come per esempio l’esistenza di anticorpi neutralizzanti, e differente è la procedura che noi abbiamo impiegato. I colleghi di Pavia hanno

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Attualità

Figura 4. Mantova, Ospedale Carlo Poma.

inventato una metodica completamente nuova, legata appunto allo studio degli anticorpi neutralizzanti, andando ad accettare solo il plasma di donatori che hanno sicuramente questo tipo di anticorpi nei confronti del coronavirus SARS-CoV-2 e la cui concentrazione è sufFicientemente attiva». Banche del plasma, anticorpi monoclonali e vaccino «Il concetto della Banca del plasma è un concetto che va al di là di un centro trasfusionale che raccoglie il plasma per sé, ma la sua funzione deve essere vista un po’ come l’impiego della Protezione Civile. Ogni regione deve essere dotata di una Banca del plasma che possa dialogare con quelle delle altre regioni e che, insieme, istituiscano una sorta di azione sinergica nei confronti delle pandemie, e su questo modello possono risultare pronte per eventuali interventi futuri. Ogni Banca dovrà accogliere tutto il plasma donato all’interno della propria regione e stoccato in una sorta di deposito. Il ruolo della Banca sarà anche quello di collaborare con l’industria farmaceutica per la produzione, e il controllo, del plasma farmaceutico. Non si tratterebbe di un plasma sintetizzato ma di un plasma proveniente dalle Banche che viene mescolato con altri plasmi, puriFicato e talvolta arricchito anche con componenti vitaminiche, per poi arrivare a produrre delle aliquote di immunoglobuline umane. Questo comporta che quello che l’ospedale invia alla Farmindustria torna

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all’ospedale quasi “gratuitamente”, conteggiando solo i costi relativi alla lavorazione. Cosa ben diversa sono gli anticorpi monoclonali, vale a dire anticorpi sintetizzati in laboratorio, che prendono come modello l’anticorpo umano. Questa può essere un’altra strategia terapeutica efFicace nelle malattie virali, ma in tal caso si perderebbe la componente del plasma che gioca un ruolo importante anche come azione antiinFiammatoria, parte di essa ancora non ben conosciuta. Per quanto ci riguarda, ci siamo soffermati sulla componente anticorpale, ma ritengo che il plasma possa contenere qualcosa di più che vedremo solo con lo sviluppo della ricerca. Per quanto riguarda la sintesi di un possibile vaccino - ci rimettiamo a quanto dichiarato dal ministro Speranza - , grazie alla collaborazione con l’Università di Oxford, pare si sia arrivati alla fase due, ma personalmente non ho notizie in merito. Stando a quanto dicono gli esperti del settore, per sintetizzare un vaccino, o almeno un modello del vaccino, sono necessari almeno 12 mesi, in questo caso i tempi sembrano essere inferiori, staremo a vedere. Vero è che queste tre strade (plasma di paziente convalescente, anticorpi monoclonali e vaccino) sono percorribili simultaneamente. L’impiego del vaccino agisce in fase preventiva, tuttavia se una persona si sottopone al vaccino antiinFluenzale, ad esempio, non è detto che non si ammali di inFluenza. Il vaccino ha il compito di creare un’immunità di gregge acquisita, e

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Attualità quindi di ridurre al minimo l’incidenza della malattia sulla popolazione. È pur vero - e non da sottovalutare - che una parte della popolazione non può sottoporsi alla vaccinazione, mentre una piccola parte sceglie di non farlo, ed è anche per questi casi che il plasma di pazienti convalescenti o il plasma farmaceutico possono rappresentare una chance e giocare un ruolo importante». «La cura con il plasma è democratica. È una cura del popolo per il popolo». Queste parole del dottor De Donno racchiudono l’essenza del senso del dono che soggiace alla terapia. Senza le volontarie donazioni infatti essa non sarebbe realizzabile. Ciò che muove il paziente convalescente a compiere questo atto gratuito è proprio quel senso di gratitudine e riconoscenza di colui che, ricolmo di grazie, non riesce a tenere per sé quel bene ricevuto ma, mosso da uno spirito solidaristico, sente di essere parte e di avere a sua volta un prezioso dono da condividere. L’efFicacia di questa terapia non è rappresentata dalla sola, seppur fondamentale, guarigione del corpo, ma racchiude in sé una spinta propulsiva verso il bene dell’altro che si pone in netta antitesi con l’operato di quel virus che si propone di sconFiggere. Se da un lato sono state imposte misure restrittive della libertà personale, che hanno determinato un vero e proprio isolamento sociale, dall’altro lato è solo con un atto di vera libertà responsabile che è possibile abbattere quei muri di distanziamento, proprio attraverso la condivisione di una parte di sé.

Bibliografia e sitografia 1. World Health Organization, Coronavirus disease (COVID-19). Situation Report-51, [accessed 17 June 2020] 2. Cfr. Franchini M., Why should we use convalescent plasma for COVID-19?. Elsevier B.V. (2020). [https://doi.org/ 10.1016/j.ejim.2020.05.019]. 3. Perotti C., Del Fante C., Baldanti F., Franchini M., et al., Plasma from donors recovered from the new Coronavirus 2019 as therapy for critical patients with COVID-19 (COVID-19 plasma study): a multicentre study protocol. SIMI 28 May 2020. Trial registration: NCT 04321421 March 23, 2020. 4. Ibidem 5. Ibidem 6. Cfr. Franchini M., Why should we use convalescent plasma for COVID-19?. Elsevier B.V. (2020). [https://doi.org/ 10.1016/j.ejim.2020.05.019]. 7. Perotti C., Del Fante C., Baldanti F., Franchini M., et al., Plasma from donors recovered from the new Coronavirus 2019 as therapy for critical patients with COVID-19 (COVID-19 plasma study): a multicentre study protocol. SIMI 28 May 2020. Trial registration: NCT 04321421 March 23, 2020. 8. Cfr. https://www.mayo.edu/research [Accessed 17 June 2020].

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9. Cfr. https://ec.europa.eu/health/blood_tissues_organs/ covid-19_it#fragment1 [Accessed 17 June 2020]. 10. Cfr. Marano G, Vaglio S, Pupella S et al (2016) Convalescent plasma: new evidence for an old therapeutic tool? Blood T r a n s f u s . 1 4 ( 2 ) : 1 5 2 – 1 5 7 , h t t p s : / / d o i . o r g / 10.2450/2015.0131-15; Schoofs T., Klein F., Braunschweig M., et al, HIV-1 therapy with monoclonal antibody 3BNC117 elicits host immune responses against HIV-1. Science (2016), 352(6288):997–1001; Luke T.C., Kilbane E.M., Jackson J.L., Hoffman S.L. (2006), Metaanalysis: convalescent blood products for Spanish inWluenza pneumonia: a future H5N1 treatment?. Ann Intern Med 145(8):599–609; Hung I.F., To K.K., Lee C., et al,(2011), Convalescent plasma treatment reduced mortality in patients with severe pandemic inWluenza A (H1N1) 2009 virus infection. Clin Infect Dis 52:447–456; Hung I.F.N., To K.K.W., Lee C.K., et al (2013), Hyperimmune IV i immunoglobulin treatment: a multicenter double-blind randomized controlled trial for patients with severe 2009 inWluenza A(H1N1) infection. Chest 144(2):464–473; Soo Y.O., Cheng Y., Wong R., et al (2004), Retrospective comparison of convalescent plasma with continuing high-dose methylprednisolone treatment in SARS patients. Clin Microbiol Infect 10:676–678. 11. Trial registration: NCT 04321421 March 23, 2020.

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Biogiuridica

CONTRACCEZIONE D’EMERGENZA VERSO L’OBBLIGO NELLE FARMACIE Una s8ida alla libertà di coscienza? Fabio Persano*

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a alcuni mesi è nuovamente al lavoro, presso la Direzione generale dei dispositivi medici e del servizio farmaceutico del Ministero della Salute, il Tavolo tecnico di supporto per la revisione e l’aggiornamento della Farmacopea Uf=iciale della Repubblica Italiana. All’ordine del giorno anche la richiesta di inserimento dei prodotti usati nella contraccezione d ’ e m e r g e n z a t r a i m e d i c i n a l i d a t e n e r e obbligatoriamente in farmacia. La richiesta era già stata oggetto di una interrogazione parlamentare nel Febbraio 2019, sollevata dalla deputata del Movimento Cinquestelle Gilda Sportiello nei confronti del Ministero della Salute. Di seguito il testo dell’interrogazione: «L’ultima edizione (XII) della Farmacopea Uf=iciale della Repubblica Italiana, approvata con decreto del Ministero della Salute il 3 dicembre 2008, era stata aggiornata dal Ministero della Salute nel febbraio 2010. Molte sono state le sollecitazioni che nel corso degli anni sono arrivate dalla Federazione degli Ordini dei Farmacisti, che ne richiedeva una revisione che adeguasse la Farmacopea Uf=iciale in relazione sia all’evoluzione delle conoscenze scienti=iche, sia agli importanti cambiamenti intervenuti in questi anni nella normativa; per redigere l’aggiornamento della Farmacopea è stato convocato, nel novembre 2017, un tavolo di lavoro tecnico istituito dalla Ministra della Salute pro tempore Lorenzin, al quale hanno partecipato, accanto all’AIFA e all’Istituto Superiore di Sanità, rappresentanti di FOFI, Federfarma, Società Italiana di Farmacia Ospedaliera e dei servizi farmaceutici delle aziende sanitarie (SIFO), Società Italiana Farmacisti Preparatori (SIFaP), e rappresentanti dell’industria del farmaco. I lavori hanno portato ad un primo aggiornamento della Farmacopea nel maggio 2018; il nuovo testo, il cui decreto è stato pubblicato in Gazzetta Uf=iciale Serie Generale n. 129 del 6 giugno 2018, Supplemento ordinario 27, è

intervenuto sulle disposizioni tecnico/scienti=iche e a m m in ist ra t ive a c u i i fa rm a c ist i devon o obbligatoriamente attenersi, ma nella parte del documento relativa alle tabelle, ed in particolare alla tabella 2 contenuta nell’allegato 5 al decreto e dedicata alle “sostanze medicinali di cui le farmacie devono essere provviste obbligatoriamente”, sono inclusi i contraccettivi sistemici ormonali senza però discriminare tra contraccettivi ordinari e d’emergenza. Alla luce di tali disposizioni, quindi, le farmacie possono dotarsi dei contraccettivi ordinari piuttosto che di quelli d’emergenza e di fatto le donne che hanno necessità di ricorrere alla contraccezione d’emergenza sono costrette ad andare alla ricerca di una farmacia che sia dotata del farmaco adeguato, ovvero, nel caso in cui non lo trovassero, a ricorrere all’aborto; così come ha sottolineato anche il presidente Emilio Arisi della Società Medica Italiana per la Contraccezione (SMIC), la contraccezione di emergenza è uno strumento farmacologico di pronto soccorso, utilizzabile allo scopo di evitare gravidanze non desiderate oppure nei casi in cui il ricorso a un metodo contraccettivo

*Docente di Diritto presso la Facoltà di Bioetica dell’Ateneo Ponti7icio Regina Apostolorum - Roma

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Biogiuridica tradizionale fallisca o venga dimenticato, oppure quando la d o n n a s u b i s c a u n ra p p o r to sessuale non voluto. Pertanto, la sua ef=icacia è tanto più elevata quanto più la somministrazione avvenga tempestivamente in seguito ad un rapporto sessuale a rischio. La SMIC, contestualmente all’apertura dei lavori del tavolo, aveva sottolineato l’esigenza di operare, tra i farmaci di cui le f a r m a c i e d e v o n o d o t a r s i obbligatoriamente, la necessaria distinzione tra contraccettivi ordinari e d’emergenza dando rilievo, inoltre, al bisogno di inserire tra i contraccettivi d’emergenza anche la cosiddetta “pillola dei cinque giorni dopo”, non contemplata nelle passate e d i z i o n i d e l l a Fa r m a c o p e a Uf=iciale. A sostegno di quanto Figura 1. Jean-Joseph Benjamin-Constant, Antigone presso il corpo di Polinice, 1868. dichiarato, è utile riportare che Photothèque Musée des Augustins, Tolosa. anche l’Organizzazione Mondiale attività espletate dal Tavolo di lavoro tecnico per della Sanità (OMS) ha inserito i contraccettivi l’aggiornamento della Farmacopea Uf=iciale della d’emergenza (Levonorgestrel 1.5 mg per os e Repubblica italiana, istituito con decreto ministeriale Ulipristal Acetato 30 mg per os), nella ventesima del 28 novembre 2017 ed integrato con decreto edizione 2017 della “Lista dei farmaci essenziali” e ministeriale del 22 dicembre 2017, attualmente nei “Criteri medici di esigibilità per l’uso dei sciolto per decorrenza dei termini di durata. contraccettivi” del 2015. Infatti, così come Tra i medicinali e le sostanze obbligatori elencati dimostrano le due relazioni della Ministra pro nella Tabella 2 sono annoverati i “contraccettivi tempore Lorenzin sulla interruzione di gravidanza, sistemici ormonali”, che possono essere detenuti in pubblicate rispettivamente a dicembre 2016 e a farmacia come sostanza e/o come prodotto dicembre 2017, la contraccezione d’emergenza, in medicinale, con l’annotazione speci=ica che la particolare nella sua forma più ef=icace costituita farmacia ne deve possedere almeno “una del gruppo”. dall’Ulipistral Acetato (UPA), ricopre un ruolo Nel caso in esame, il gruppo terapeutico fondamentale nella riduzione dell’aborto volontario “contraccettivi sistemici ormonali” – classi=icati nel nostro Paese. Desideriamo sapere quali iniziative secondo il Sistema di Classi=icazione Anatomico la Ministra interrogata intenda assumere per Te r a p e u t i c o e C h i m i c o ( AT C ) s v i l u p p a t o garantire alle donne una facile reperibilità dei dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per la contraccettivi d’emergenza e se ci sia la volontà di classi=icazione dei farmaci con il codice G03A – intervenire, per quanto di competenza, af=inché sia comprende i seguenti sottogruppi di medicinali: fatta distinzione, nella dotazione di contraccettivi Progestina ed estrogeni, combinazioni =isse; sistemici ormonali obbligatori nelle farmacie, tra Progestina e estrogeni, preparazioni sequenziali; contraccettivi ordinari e d’emergenza». Progestina; Contraccettivi di emergenza. Ricordo che Questa la risposta del Sottosegretario alla Salute rientrano nella de=inizione di contraccettivi di Luca Coletto: emergenza i medicinali a base del progestinico «Come indicato nell’interrogazione parlamentare in “Levonorgestrel” e a base di “Ulipristal Acetato”. esame, la Tabella 2 della Farmacopea Uf=iciale della In virtù di quanto previsto nella Tabella 2, il generale Repubblica Italiana elenca i medicinali che devono obbligo di approvvigionamento dei farmaci essere sempre obbligatoriamente presenti in “contraccettivi sistemici ormonali” è quindi farmacia. soddisfatto anche con la detenzione di medicinali Essa è stata recentemente rivisitata in occasione appartenenti ad uno solo dei sottogruppi citati. dell’aggiornamento della Farmacopea, con decreto ministeriale 17 maggio 2018, che ha recepito le

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Biogiuridica dall’autorizzazione alla sua immissione in commercio. All’epoca dell’introduzione in commercio del Levonorgestrel (pillola del giorno dopo), avvenuta con provvedimento del Ministro della Salute Veronesi del 27 s e t t e m b r e 2 0 0 0 , l ’ e f f e t t o contemporaneamente antiovulatorio e antinidatorio veniva esplicitamente affermato e vantato [1]. Nel 2009 venne immesso nel mercato europeo il nuovo preparato a base di Ulipristal Acetato (pillola dei cinque giorni dopo), con l’indicazione che il meccanismo d’azione è anche in grado di alterare l’endometrio, contribuendo all’ef=icacia del farmaco. Tralasciando l’effetto antiovulatorio, che è un effetto contraccettivo vero e proprio, è opportuno soffermarsi sull’effetto antinidatorio, o intercettivo, c h e c o n s i s t e n e l l ’ i m p e d i r e c h e l’embrione già formato si impianti nell’endometrio uterino. Il Consiglio Superiore di Sanità, nella seduta del 10 marzo 2015, ha risposto ad un quesito del Ministero della Salute che aveva chiesto se, alla luce delle nuove conoscenze, sia possibile escludere Figura 2. Francisco Goya o Asensio Julià, Il colosso, 1808. Olio su tela. Museo del un’azione antinidatoria da parte di Prado, Madrid. EllaOne (pillola dei cinque giorni dopo). La risposta del CSS è stata che, tanto per Corrisponde al vero, dunque, quanto rappresentato la pillola del giorno dopo quanto per la pillola dei dall’interrogazione e che, cioè, potrebbe veri=icarsi cinque giorni dopo, non si può escludere un’azione l ’ i p o t e s i d i u n a m o m e n t a n e a a s s e n z a d i antinidatoria, secondo i meccanismi di azione del contraccettivi di emergenza nella disponibilità della farmaco e la letteratura ancora controversa [2]. farmacia. Per noi si pone perciò il problema se questo Per garantire, con piena certezza, la reperibilità di meccanismo d’azione possa essere equiparato ad una tali contraccettivi in ogni farmacia, è necessario, interruzione di gravidanza (regolamentata, come è pertanto, che la contraccezione d’emergenza sia noto, dalla legge n. 194/1978) e se, pertanto, abbiano considerata una categoria a sé stante all'interno della una qualche fondatezza le istanze obiettorie Farmacopea, e non un sottogruppo di contraccettivi provenienti dai farmacisti che ri=iutano la vendita sistemici ormonali. Ciò richiede, tuttavia, una della “pillola del giorno dopo” e della “pillola dei modi=ica della citata Tabella 2, che, peraltro, è stata cinque giorni dopo”[3]. già richiesta in occasione della seduta del Tavolo di Occorre precisare che l’obiezione di coscienza è lavoro tecnico del 18 febbraio 2018. relativa non tanto all’interruzione della gravidanza in Tutto ciò considerato, la tematica sarà affrontata dal sé (che si realizza anche quando viene provocato un Tavo l o te c n i c o p e r l ’ a g g i o r n a m e n to d e l l a parto prematuro), quanto piuttosto alla morte del Farmacopea Uf=iciale della Repubblica italiana, non concepito volontariamente causata (aborto appena ricostituito». procurato) [4]. È probabile, dunque, che prossimamente tutte le Se esiste la possibilità che la pillola del giorno dopo o farmacie saranno obbligate a detenere in farmacia i quella dei cinque giorni dopo distruggano il farmaci per la contraccezione d’emergenza. concepito, si deve riconoscere al farmacista almeno Tuttavia, rispetto alla posizione del Ministero della la possibilità di sollevare obiezione di coscienza, cioè Salute, vogliamo qui proporre un diverso punto di di ri=iutarsi di collaborare ad un’azione anche solo vista, che tenga conto dei problemi morali che la potenzialmente abortiva. c o n t ra c c e z i o n e d ’ e m e rg e n z a h a p o s to s i n

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Biogiuridica

Figura 3. Ambrogio Lorenzetti, Allegoria del Cattivo Governo. 1338-1339, affresco. Sala della Pace, Palazzo Pubblico, Siena.

Il provvedimento ventilato dal Ministero della Salute renderebbe invece impossibile fare obiezione di coscienza senza andare incontro a sanzioni [5]. È utile tenere presente che, rispetto alla condotta umana, i piani di giudizio del diritto sono tre: esiste ciò che è vietato, ciò che è imposto e – in una posizione intermedia tra l’uno e l’altro – ciò che è consentito, cioè che non è né vietato né imposto. Ciò che è consentito non è esattamente un diritto, ma una mera libertà; se fosse un diritto, sarebbe una pretesa a cui corrisponderebbe un dovere in capo a qualcun altro, nei confronti del quale penderebbe perciò un’imposizione, un obbligo. È una libertà ciò che si può fare in quanto non è vietato e quindi è lecito; è un diritto ciò che si può pretendere e quindi è imposto ad altri. Fino agli anni ’70 del secolo scorso, la volontaria soppressione del concepito era vietata e considerata un reato. Si pro=ilò allora l’istanza di una liberalizzazione dell’aborto, che si risolse in una soluzione di compromesso: l’aborto veniva consentito, ma non imposto [6]. Tra chi pretendeva di obbligare i medici a praticare gli aborti e chi era invece per un divieto assoluto, il legislatore scelse una via di mezzo, in nome del pluralismo. L’obiezione di coscienza nacque come soluzione pluralistica, come tentativo di mediare tra posizioni etiche e politiche inconciliabili. La soppressione del concepito, dapprima vietata, veniva consentita.

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Ora c’è da temere che si voglia andare più in là, imponendo al personale sanitario di partecipare alla soppressione del concepito: un vero rinnegamento del pluralismo dal quale è nata e si è affermata la libertà di abortire. Non è suf=iciente affermare che chi non vuole partecipare a pratiche abortive ha sempre la possibilità di scegliere di non intraprendere una professione correlata con siffatte pratiche. Le professioni sanitarie hanno come funzione quella di curare e di prevenire le malattie; ma la gravidanza non è una malattia. Chi non è malato non ha diritto alla terapia. Non può esistere alcuna prestazione sanitaria che possa essere imposta sulla base di una semplice richiesta del cliente. Al più si può affermare che esistono prestazioni sanitarie non terapeutiche che sono lecite – e, quindi, consentite – ma che, non essendo strettamente terapeutiche, non possono essere imposte al personale sanitario. Come nessuno può imporre ad un chirurgo di compiere un intervento di chirurgia estetica, nessuno dovrebbe imporre ai farmacisti di vendere prodotti che non hanno alcuna funzione terapeutica (come i cosmetici o, nel tema che ci occupa, i contraccettivi d’emergenza). Fino a quando non sarà accertato che il Levonorgestrel e l’Ulipristal Acetato non funzionano come intercettivi, è necessario che venga

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Biogiuridica riconosciuta la libertà da parte dei farmacisti di non venderli [7]. Favorevole all’obiezione di coscienza sulla contraccezione d’emergenza, d’altra parte, è non solo il Comitato Nazionale per la Bioetica [8], ma anche il fu Ministro Veronesi [9] che la mise in commercio. Particolarmente opportuna, pertanto, è stata – nella passata legislatura – l’iniziativa dei deputati Gian Luigi Gigli e Mario Sberna, che intendevano rendere esplicita per legge la facoltà dei farmacisti di opporre l ’ o b i e z i o n e d i c o s c i e n z a a l l a ve n d i t a d e i contraccettivi di emergenza [10]. Ma, anche in assenza di una legge, si può ritenere implicita nell’ordinamento giuridico una clausola di coscienza, che è operativa ogni volta che sia richiesta la cooperazione ad un intervento anche solo potenzialmente interruttivo di una vita umana.

Bibliografia, sitografia e note 1.

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Note del Ministero della Sanità n. 235 del 5 ottobre 2000, n. 254 del 1 novembre 2000 e n. 255 del 2 novembre 2000. Anche la società Angelini, in una pubblicazione a cura di Loredana Constabile, ribadiva l’ef=icacia antinidatoria del farmaco, come riporta Casini C., Il dibattito in biogiuridica. Nota giuridica sulla necessaria integrazione del foglietto illustrativo dei prodotti farmaceutici contenenti ulipristal acetato (UPA) e levonorgestrel (LNG) (nome commerciale: EllaOne e Norlevo) classiCicati come strumenti di “contraccezione d’emergenza”. Medicina e Morale 2016; 4: 495-507. Come riporta Casini C., ivi, p. 496. Cfr. anche Di Pietro M.L., Minacori R., Contraccezione d’emergenza: problema medico, etico e giuridico. Vita e Pensiero 1997; 5: 353-361 e Di Pietro M.L., Minacori R., La contraccezione d’emergenza. Medicina e Morale 2001; 1: 11-39. Propende per la soluzione affermativa Casini C., Parere su: Norlevo. L’obiezione di coscienza dei farmacisti. Medicina e Morale 2001; 5: 973-983. Cfr. sul punto Borsellino P., Forni L., Salardi S. (a cura di), Obiezione di coscienza. Prospettive a confronto. Notizie di Politeia 2011; 101: 1-164 e, in particolare, Del Bò C., L’obiezione di coscienza e la Ru-486, pp. 134-139 e Minghetti P., Il punto di vista del farmacista, pp. 153-154. Vedi anche Saporiti M., La coscienza disubbidiente. Ragioni, tutele e limiti, Milano: Giuffré, 2014 e Di Pietro M.L., Casini C., Casini M., Obiezione di coscienza in sanità. Vademecum. Siena: Cantagalli; 2009. È opportuno quindi non arrestarsi alla nominalistica de=inizione di gravidanza data dall’OMS, che considera attualmente l’impianto come momento di inizio della gravidanza. Tale de=inizione è stata adottata in quanto è possibile, mediante le tecniche di fecondazione arti=iciale, far sopravvivere un embrione di pochi giorni al di fuori del corpo della donna, prima dell’impianto. Sul piano nominalistico, nella fase in cui l’embrione vive in provetta non può esservi gravidanza, perché manca il contatto con la donna, ma non si può negare che sia già iniziato lo sviluppo umano del concepito. Cfr. il regolamento per il servizio farmaceutico (r.d. 30 settembre 1938, n. 1706) e il testo unico delle leggi sanitarie (r.d. 27 luglio 1934, n. 1265).

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Cfr. la legge 22 maggio 1978, n. 194 sull’interruzione volontaria della gravidanza. 7. In giurisprudenza, la sentenza del Tribunale di Gorizia del 15 dicembre 2016 ha assolto una farmacista la quale – invocando il proprio diritto all’obiezione di coscienza e l’autonomia professionale – si era ri=iutata di vendere il farmaco Norlevo pur in presenza di prescrizione medica, limitandosi ad indicare alla paziente la farmacia più vicina dove avrebbe potuto acquistare il farmaco. Il caso è riportato da Sperti A., Obiezioni di coscienza e timori di complicità. Federalismi.it 2017; 20: 1-31, p. 6. In seguito, la Corte d’Appello di Trieste ha confermato l’assoluzione. Un caso analogo si è veri=icato in Spagna nel 2015, dove un giudice di Siviglia ha annullato una multa che era stata in=litta al titolare di una farmacia che, per motivi di coscienza, non aveva reso disponibile la vendita della pillola del giorno dopo. Il caso è riportato da Mastromartino F., Esiste un diritto generale all’obiezione di coscienza? Diritto & Questioni pubbliche 2018; 1: 159-181, p. 161 nt. 7. Per una ricognizione di alcuni casi di riconoscimento giurisprudenziale del diritto all’obiezione di coscienza nell’ordinamento italiano, si veda Paris D., L’obiezione di coscienza: studio sull'ammissibilità di un'eccezione dal servizio militare alla bioetica. Bagno a Ripoli (Firenze): Passigli; 2011: 263-301. 8. Cfr. Comitato Nazionale per la Bioetica, Nota in merito alla obiezione di coscienza del farmacista alla vendita di contraccettivi d’emergenza, 25 febbraio 2011. 9. Cfr. https://www.repubblica.it/online/cronaca/ giornodopo/veronesi/veronesi.html [accesso del 12.05.2020] 10. La proposta di legge è la n. 3805 del 4 maggio 2016, intitolata “Disposizioni concernenti il diritto all’obiezione di coscienza per i farmacisti”, che prevedeva la facoltà per ogni farmacista titolare, direttore o collaboratore di farmacie, pubbliche o private di ri=iutarsi, invocando motivi di coscienza, di vendere dispositivi, medicinali o altre sostanze che egli giudichi atti a provocare l’aborto. Analoghe iniziative erano state assunte nelle legislature precedenti.

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LA PROCREAZIONE UMANA QUALE DOMANDA DI SENSO NELLA MODERNA SOCIETÀ OCCIDENTALE La cura della fertilità di coppia tramite Naprotecnologia Elisabetta Bolzan*

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el novembre 2019 si tenne a Madrid – presso l’Università Francisco De Vitoria – il Primo Congresso Internazionale di Naprotecnologia, (Natural Procreative Technology, Tecnologia della Procreazione Naturale). Il congresso venne organizzato da Fertilitas, rete di professionisti che – nel territorio nazionale spagnolo – offrono una cura della fertilità basata sul trattamento terapeutico delle patologie che impediscono alle coppie di concepire. In quell’occasione si riunirono medici chirurghi, urologi e ginecologi, professori di bioetica già esperti della materia oppure interessati a conoscerla, e ci fu l’occasione di confrontarsi sul modo in cui la Naprotecnologia si pone al servizio diagnostico e di trattamento dei problemi di infertilità, che sia di eziologia ignota o secondaria ad altre patologie, poliabortività, patologie femminili, infertilità maschile o altro. Questi esempi di applicazione suggeriscono che, diversamente dalle tecniche utilizzate nella procreazione medicalmente assistita (Pma), la Naprotecnologia ha come obiettivo il ripristino della Misiologia della riproduzione umana in modo che il concepimento possa avvenire all’interno della coppia in maniera totalmente naturale, e che, in modo altrettanto naturale, la gravidanza porti alla nascita del Miglio. Quando però si parla di “natura” non si intende genericamente tutto ciò che esiste sul piano creaturale, quasi una Natura con la “n” maiuscola; con particolare riferimento all’essere umano la φὺσις è piuttosto ciò che riempie di sé l’umanità esistente, nelle dimensioni corporale, psicologica e spirituale. E questo è tanto più vero in tema di procreazione perché l’uomo e la donna coinvolgono totalmente se stessi nell’atto procreativo; e ancor più perché qui la loro libertà arriva al punto da chiamare all’esistenza una terza vita.

Si intuisce perciò che anche da una prospettiva medica la questione della procreazione umana va affrontata a partire da una considerazione integrale dei suoi protagonisti. Un approccio meccanicistico di cura della fertilità rischia di risolversi in un mero tentativo di raggiungere il risultato del “bimbo in braccio” a tutti i costi, anche molto alti, non solo sul piano economico ma anche psicologico e relazionale, lasciando indietro la cura dei genitori stessi. Dare invece una risposta buona alla domanda di g e n i t o r i a l i t à , c h e s e m p r e p i ù e m e r g e drammaticamente dalle coppie che si scoprono infertili, fornisce una chiave di interpretazione in più anche all’allarmante aspetto di declino della natalità

*Bioeticista, elisabetta.bolzan@gmail.com

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Bioetica che l’Italia e l’Europa in particolare stanno vivendo, con una tendenza di decrescita che – negli ultimi 10-15 anni – sembra non potersi arrestare. Nel 2015 lo stesso Ministero della Salute, prendendo atto della situazione di denatalità, dell’importanza che ogni cittadino sia consapevolezza della propria salute procreativa e del valore da riconoscerle a livello individuale, di coppia e sociale, varò un “Piano nazionale per la Fertilità”. Gli obiettivi dichiarati erano i seguenti: • «Informare i cittadini sul ruolo della Fertilità nella loro vita, sulla sua durata e su come proteggerla evitando comportamenti che possono metterla a rischio • Fornire assistenza sanitaria qualiJicata per difendere la Fertilità, promuovere interventi di prevenzione e diagnosi precoce al Mine di curare le malattie dell'apparato riproduttivo e intervenire, ove possibile, per ripristinare la fertilità naturale • Sviluppare nelle persone la conoscenza delle caratteristiche funzionali della loro fertilità per poterla usare scegliendo di avere un Miglio consapevolmente ed autonomamente • Operare un capovolgimento della mentalità corrente volto a rileggere la Fertilità come bisogno essenziale non solo della coppia ma d e l l ’ i n t e r a s o c i e t à , p r o m u o v e n d o u n rinnovamento culturale in tema di procreazione • Celebrare questa rivoluzione culturale istituendo il “Fertility Day”, Giornata Nazionale di informazione e formazione sulla Fertilità, dove la parola d’ordine sarà scoprire il “Prestigio della Maternità”» [1]. Al di là del fatto che sia rimasto inattuato, forse anche per la mancata riMlessione congiunta sulle vigenti normative che governano il mondo del lavoro, spesso oppressive nei confronti della genitorialità, soprattutto della maternità; quanto dichiarato in questo documento è indicativo dell’emergenza che si ponga in atto un necessario rinnovamento del sistema di cura della fertilità e che si dia un’azione formativa e informativa rivolta ad adolescenti, giovani e famiglie, i veri protagonisti della “vicenda procreativa”, accompagnati da operatori sanitari, farmacisti, psicologi e insegnanti sensibilizzati e formati in tema di salute procreativa. Infatti la sMida che si presenta a livello educativo e medico è quella di presentare una proposta di accompagnamento e tutela della salute procreativa, capace di risvegliare nei singoli e nelle coppie la consapevolezza circa la preziosità e la ricchezza della propria fertilità; capace di trasmettere una buona conoscenza della Misiologia della riproduzione umana

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e degli stili di vita adeguati a preservarla; un’azione formativa e informativa che smantelli molte idee errate che si sono andate creando in questi anni, in particolare circa l’età fertile delle donne e i reali o presunti comportamenti a rischio per la salute riproduttiva maschile. La procreazione umana quale domanda di senso nella moderna società occidentale Le coppie che soffrono di infertilità desiderano certo una gravidanza ma sono anche mosse, nella loro ricerca di soluzioni, da una domanda: «Come mai non riusciamo a concepire? Cosa non sta funzionando in noi come dovrebbe?». Questa risulta solo apparentemente una questione legata unicamente al funzionamento degli organi. È invece attinente alla sfera della comunione più profonda tra uomo e donna e come tale va accolta. Non poche coppie, che si afMidano alle tecniche di Pma, non ricevono la risposta attesa dal servizio offerto. Il resoconto relativo all’”Attività del registro nazionale italiano della procreazione medicalmente assistita”, contenente i dati del 2017 e con riferimento anche al trend dell’attività negli anni 2005/2017, riporta le percentuali dei cicli interrotti per abbandono della coppia. Per l’anno 2017 si è avuto il seguente andamento: • nelle tecniche di I livello, c.d. di “inseminazione semplice”, le percentuali sono del 3,5% per mancata risposta alla stimolazione e del 2,5% per eccessiva risposta alla stimolazione, lo 0,7% per volontà della coppia e il 2,3% per altro motivo; il 9% dunque dei cicli iniziati (non di quelli giunti a buon Mine) che signiMica 1684 richiedenti [2]; • nelle tecniche di II e III livello, uso di FIVET (fertilizzazione in vitro con trasferimento embrionale) e ICSI (iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo), le percentuali registrate sono del 6,7% per mancanza di risposta alla stimolazione, dello 0,7% per eccessiva risposta, 0,4% per volontà della coppia, 1,8% per altri motivi non speciMicati; la percentuale Minale risulta qui del 9,6% ossia 5103 cicli sospesi sul totale dei cicli iniziati (non dei nati vivi) [3]. In tali iter la nascita di un bambino è l’esito di un procedimento tecnico compiuto correttamente tra gli spazi ambulatoriali di una clinica; il Miglio risulta investito di una considerazione che ne fa un prodotto da consegnare sano a chi lo ha richiesto, tanto che vengono impiantati solo gli embrioni sani selezionati – e non tutti – e se qualche anomalia genetica sfugge alla diagnosi preimpianto, si procederà in corso di gravidanza ad aborto ulteriormente selettivo. Padre e madre appaiono come comparse necessarie, ma non sufMicienti, secondo un approccio che riduce

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Bioetica per ciò che è, ossia toccarne anche la sua più profonda domanda di vita e la sua potenziale generatività. Volendo quindi proporre un’etica della procreazione più in linea con una visione antropologica integrale d e l l ’ e s s e r e u m a n o , e s s e r e trascendente corporale e spirituale, tale etica si potrà fondare piuttosto su chiari principi universali che sono a n z i t u t t o i l p r i n c i p i o d i responsabilità [4]: spetta alla coppia la decisione di procreare o meno e decidere circa il numero di Migli. Questo principio racchiude in sé la conoscenza della verità [5] circa la Misiologia della procreazione, il suo signiMicato e il suo valore, perché non può esserci capacità di rispondere dei propri atti se non se ne conosce la portata. La coppia quindi dovrà essere accolta nelle proprie domande di conoscenza di sé e accompagnata nell’eventuale risoluzione dei problemi, potrà essere curata senza venire esautorata dall’esercizio della propria capacità procreativa. In secondo luogo la coppia è chiamata a conoscere la particolare «dignità ontologico-etica» dell’atto a t t r a v e r s o c u i s i g i u n g e a l concepimento di un Miglio. In tale atto s i g n i M i c a e s i c o n c re t i z z a u n coinvolgimento totale delle due persone che vi prendono parte, un coinvolgimento che è non solo corporale – da cui la necessità di Figura 1. Jan van Eyck. Ritratto dei coniugi Arnolfini. 1434, National Gallery, Londra conoscere e aver cura della propria salute – ma anche spirituale, da cui deriva la anche la medicina a procedimento tecnico, i pazienti necessità di riconoscersi responsabili, come sopra si a utenti, il concepimento umano a risultato. Anche di è detto. Uomo e donna partecipano e attuano il più manipolazione embrionale si tratta come se la alto modo di “vivere insieme” che tra due persone formazione in vitro o in luogo esterno al grembo possa essere raggiunto; questa unione signiMica sia la m a t e r n o , l a s e l e z i o n e p r e i m p i a n t o , l a capacità procreativa dei due ma anche e prima la crioconservazione, l’eventuale successiva distruzione capacità unitiva che invece scompare, lo si ricorda o scarto secondo le normative vigenti, l’aborto per inciso, quando si tenta il concepimento tramite le selettivo post impianto fossero solo passaggi dovuti tecniche di fecondazione artiMiciale poiché – di una catena di montaggio. AfMiora alla memoria nemmeno questa capacità unitiva – può essere l’immagine di un poeta dell’era moderna, Charlie delegata o riprodotta in laboratorio. Chaplin, che in un suo Milm, “Tempi moderni”, Un ultimo principio che si vuole indicare è quello descrive l’alienazione della mente e delle forze della sincerità, con cui si fa riferimento alle umane a funzionamenti meccanici e sempre uguali. motivazioni che spingono la coppia all’uso di un È una visione della vita umana che pone non pochi certo metodo per raggiungere la gravidanza. Come interrogativi quella in cui si arriva alla “cosiMicazione” scriveva Elio Sgreccia nel suo Manuale di Bioetica: delle persone e delle loro relazioni, in un contesto – «occorre che le ragioni che impongono l’accettazione quello della salute procreativa e della preservazione o la dilatazione di una fertilità procreativa siano della propria fertilità – assai intimo; qui toccare il sinceramente ed eticamente fondate» [7]. Si è detto a corpo di una donna o di un uomo appare realmente

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Figura 2. Leonardo da Vinci. Foglio 18 dei Quaderni di anatomia. Royal Library di Windsor

inizio paragrafo che le coppie che soffrono di infertilità desiderano certo una gravidanza ma sono mosse anche da domande circa la propria salute, la propria vita di coppia, Minanche il progetto famigliare che avevano immaginato e che sembra naufragare. Ricorrere a tecniche di Pma per ottenere un “bimbo in braccio” piuttosto che ricorrere a metodi di cura e terapia dei pazienti, intenzionati a risolvere i propri problemi di salute per giungere così naturalmente a g e n e r a r e M i g l i p o s s o n o a p p a r i r e s o l o superMicialmente la stessa cosa; hanno invece una differenza oggettiva ed etica non trascurabile, dove anche la presenza del medico si fa sostituzione piuttosto che collaborazione con la coppia. Questi tre principi – di responsabilità, di verità e di sincerità – sono tra sé interconnessi e in tal modo capaci di individuare una proposta di etica della procreazione compiuta e rispettosa della dimensione più personale della questione procreativa stessa. Proprio perché la domanda di genitorialità è anzitutto una domanda di senso che l’uomo e la d o n n a f a n n o a s e s t e s s i e s i r i v o l g o n o reciprocamente, trattare le coppie in questo ambito signiMica entrare nella sfera della loro intimità; per questo non a tutti basta la risposta data dalle tecniche di fecondazione artiMiciale: non può essere sufMiciente rimettere a delle tecniche la risposta a domande di senso e infatti le coppie, che se ne rendono conto, ne prendono le distanze. D’altra parte oggi il tema dell’infertilità è diventato un problema tanto urgente che l’insegnamento e l’uso dei semplici metodi naturali, come ad esempio il metodo Billings, utilizzati sia per conoscere se

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stessi sia – qui – per ottenere una gravidanza, non riescono sempre a risolvere. L’instabilità dei legami affettivi e l’assenza di politiche familiari chiare induce a posticipare la nascita di Migli; l’età media in cui una donna cerca la prima gravidanza ha superato in Italia la soglia dei 32 anni; l’incidenza di stili di vita che compromettono la salute procreativa è sempre più alta, sia negli uomini sia nelle donne; l’uso protratto negli anni di dispositivi contraccettivi può avere pesanti ricadute nella fertilità individuale, oltre che insinuare una mentalità contraccettiva anti procreativa difMicile nel tempo da scardinare. C u r a d e l l a f e r t i l i t à d i c o p p i a t r a m i t e Naprotecnologia Si è detto Min qui come, guardando le tecniche di Pma, ci si accorge facilmente dell’approccio meccanicistico con cui questa branca della medicina mira a rispondere alla domanda di cura della fertilità delle coppie che vi ricorrono. L’iter di Pma, che sia di I, di II o di III livello, lascia poco spazio alla diagnostica e al trattamento delle patologie che afMliggono gli uomini e le donne che vi si sottopongono. Inoltre non sono poche le persone che considerano questa proposta poco valida o per problemi di salute (non rispondono adeguatamente alle stimolazioni o non possono sottoporvisi) o per questioni morali (prelievo e/o manipolazione di materiale genetico, di embrioni, crioconservazione, …). Tuttavia non esistono solo le tecniche di fecondazione artiMiciale. La scienza medica degli ultimi decenni – anche se in contesti più ristretti – è stata in grado di sviluppare metodi di conoscenza e

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Bioetica cura della fertilità personale e di coppia, per rispondere alle questioni di salute procreativa che sono emerse e che si fanno sempre più importanti nella nostra epoca. Ad esempio in Nebraska (U.S.A.), a partire dalla Mine degli anni ’70, è stato brevettato un percorso terapeutico di cura della fertilità di coppia, che prende il nome di Naprotechnology (acronimo di Natural Procreative Technology) e che inizialmente nasceva dal tentativo di comprendere le cause di infertilità femminile. L’ideatore è il dott. Thomas W. Hilgers, ginecologo, afMiancato dal suo team di studio e ricerca presso il Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia dell’Università di Medicina Creighton di Omaha. Tale proposta è articolata e si sviluppa come metodo di ripristino dell’apparato procreativo maschile e femminile, laddove compromesso, e di accompagnamento al concepimento naturale delle coppie. La Naprotecnologia infatti si fonda sull’unione tra educazione p r o c r e a t i v a , t e c n o l o g i a m e d i c a e collaborazione col medico al Mine di perseguire una terapia – farmacologica, medica o chirurgica – che consenta il ripristino delle funzioni riproduttiva [8]. Q u e s t o m e t o d o s i b a s a a n z i t u t t o sull’insegnamento del Modello Creighton (CrMS, propriamente Creighton Model System) [9], che è «una modiMica standardizzata del Metodo dell’ovulazione Billings, basato sulla ricerca, sull’istruzione e sul servizio, di cui è un legittimo discendente; è inoltre un sistema Figura 3. formativo integrato in grado di garantire Cortona l’erogazione di servizi di alto livello qualitativo al formatore, al professionista sanitario e alla coppia in cura» [10]. Il CrMS consente inoltre una raccolta prospettica (non retrospettiva) dei dati del ciclo mestruale e d e l l a f e r t i l i t à s u l l a b a s e d i m i s u r a z i o n i standardizzate, raccolta che rende i medici in grado di compiere un’indagine sulle cause di fondo dell’infertilità o dei disturbi dei pazienti, di dar seguito a una diagnosi mirata alle stesse cause e inMine di individuare la migliore terapia a fronte delle anomalie riscontrate nei biomarcatori che sono legati ad anomalie Misiologiche. Questo sistema può fornire nel tempo rilevazioni sempre più precise e numerose che completeranno il quadro clinico della donna, anzitutto, e della salute procreativa della coppia; anche la fertilità maschile viene vagliata tramite esami andrologici speciMici in modo da fornire un quadro quanto più completo per diagnosticare le cause di infertilità, dal momento che, da un punto di vista della Misiologia della

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Gino Severini. Maternità. 1916. Museo dell’Accademia Etrusca,

riproduzione, i protagonisti della fertilità risultano essere tre: l’ovulo, gli spermatozoi, il muco cervicale. Per la coppia si tratta quindi di venire istruiti in modo da essere in grado di compiere anzitutto un’osservazione standardizzata dei biomarcatori, in particolare del muco cervicale, osservando possibili alterazioni che rivelano eventuali disturbi o disfunzioni ginecologiche (presenza limitata, spotting premestruale, perdite ematiche marroni, …); la donna saprà descrivere il muco per estensibilità, per colore, per consistenza e in base alla sensazione che provoca nella donna; insieme i due dovranno registrare quotidianamente, nel corso del ciclo mestruale, i segni della fertilità. In tal modo la coppia giungerà anche alla conoscenza e alla comprensione dei periodi fertili e infertili nel ciclo. Parallelamente la coppia viene afMiancata da uno psicologo che la aiuti ad affrontare eventuali problemi di infertilità e correlate terapie.

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Bioetica La scienza e la tecnica mediche più avanzate, secondo gli studi condotti e le tecnologie perfezionate in questi decenni, consentono il trattamento delle cause di infertilità in modo farmacologico, medico, chirurgico. Si vede come la Naprotecnologia rappresenta una buona risposta, perché si fonda su una visione olistica dell’essere umano e prende in carico unitamente gli aspetti biologico, etico e spirituale della questione procreativa [11]. Esiste infatti una fetta di utenti della medicina riproduttiva che ha esigenze etiche non riducibili all’uso delle tecniche di fecondazione artiMiciale: in Italia infatti le proposte di medicina riproduttiva riparativa (MRR) sono poche e frammentate, ognuna agisce nel proprio territorio senza creare rete a livello nazionale (si pensi al Gemelli di Roma, al Centro per la Famiglia di Treviso, …). Oggi – e a partire dagli anni ’90 – il Pope Paul VI Institute for the study of human reproduction e la correlata clinica operano a Omaha e formano costantemente personale medico e sanitario alla scienza della Naprotecnologia. Conclusioni La proposta della Naprotecnologia nasce alla luce del Magistero della Chiesa Cattolica e dell’antropologia cristiana per cui si afferma che ogni essere umano va tutelato dal concepimento alla morte naturale nella dignità personale che lo contraddistingue. In questa dignità personale rientra anche e sommamente la sessualità umana nel suo doppio e inscindibile valore unitivo e procreativo. Infatti essere uomo o donna non è elemento accessorio dell’identità né scelta arbitraria da compiere in un non meglio deMinito momento della vita di ciascuno; invece, essendo sinolo di anima e corpo, ogni persona umana è maschio o femmina Min nel profondo della propria anima e questa femminilità e mascolinità – che si esprimono puntualmente nella vita di ogni individuo – vanno accolte, accompagnate e tutelate, essendo anche il luogo in cui la maggior differenza tra viventi – incontrandosi – può farsi origine di una nuova esistenza. La Naprotecnologia è rivolta a coppie di sposi, qualsiasi sia la loro confessione religiosa o la loro prospettiva antropologica ed etica, che desiderino prendere in carico anzitutto la propria salute procreativa, per indagare le cause di infertilità e risolverle al Mine di poter giungere a un concepimento naturale. Qualora questo non si dia, la coppia avrà compiuto un cammino di crescita interno a sé, capace eventualmente di aprirsi a opzioni di adozione o afMido, così manifestando i frutti di quella fecondità che appartiene al matrimonio per sua stessa costituzione.

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La Naprotecnologia si concentra proprio su questi interrogativi, tanto elusi da chi si occupa – tramite le tecniche di fecondazione artiMiciale – di prelevare gameti, produrre embrioni, far iniziare gravidanze. In questo percorso la scienza medica non specula sui desideri ma accompagna le domande si senso e cerca di sostenere la persona e la coppia nelle loro fragilità, curandole nello spirito e nel corpo.

Bibliografia e sitografia 1. Ministero della Salute: http://www.salute.gov.it/portale/ n e w s / p 3 _ 2 _ 1 _ 1 _ 1 . j s p ? lingua=italiano&menu=notizie&p=dalministero&id=2083 accesso veriMicato il 16 giugno 2020. Il grassetto è originale del testo. 2. 13° Report del Registro Nazionale della Pma http://old.iss.it/ binary/rpma/cont/7_2017 _Report.pdf , pag. 76. Accesso veriMicato il 16 giugno 2020. 3. Ivi, pag. 96. 4. Sgreccia E., Manuale di Bioetica, Vol. I, Fondamenti ed etica biomedica. Vita e Pensiero, Milano 2007, pag. 509. 5. Ivi, pag. 510. 6. Ivi, pag. 512. 7. Ivi, pag. 523. 8. Szpoton S., Tesi di dottorato, Naprotechnology. Nuova proposta a sostegno della fertilità alla luce della bioetica personalista. Academia Alfonsiana, Romæ 2017, pag. 146. 9. Hilgers, T.W., The medical and surgical practice of Naprotechnology. Pope Paul VI Institute Press, Omaha 2004, pag. 19 ss. 10. Ivi, pag. 44 (traduzione a cura della scrivente). 11. Cfr. Hilgers T. W., The Naprotechnology revolution. Unleashing the power in a Woman’s Cycle. Beaufort Books, New York 2010.

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BD RowaTM Per i consumatori la farmacia dovrebbe offrire la possibilità di effettuare ordini online Milano, 29/04/2020 - Il sondaggio di BD Rowa™, condotto da Kantar, con un campione rappresentativo di oltre 1.000 italiani di età tra i 14 e i 64 anni, ha dimostrato che la farmacia ha un ruolo centrale nella vita delle persone. La maggior parte degli intervistati apprezza in particolare il servizio di consulenza, la relazione personale, la possibilità di acquistare farmaci rapidamente, la gamma di prodotti offerti e le competenze specialistiche della farmacia. I consumatori italiani, inoltre, vorrebbero che la farmacia offrisse anche altri servizi. Uno su tutti? Il 50% degli intervistati vorrebbe che la farmacia offrisse la possibilità di effettuare ordini online. Maggior 7lessibilità per il ritiro dei prodotti Questo dato è seguito da un 43% che vorrebbe avere a disposizione terminali di pick up per il ritiro di farmaci h24. Il 30% dei clienti Rinali vorrebbe una consulenza più riservata e personalizzata in farmacia. Il 35% apprezzerebbe un'atmosfera d’acquisto più piacevole. «Da un lato, i clienti della farmacia vogliono avere la Rlessibilità di ordinare online e ritirare i loro prodotti 24 ore su 24, 7 giorni su 7, ma dall'altro vogliono anche fare acquisti in farmacia come avviene nel retail. Ciò che abbiamo osservato sempre più negli ultimi anni è il desiderio di un servizio di consulenza più personalizzato e riservato e, a tal proposito, abbiamo creato una soluzione di consulenza digitale per i farmacisti, il BD Rowa™ Vmotion, uno strumento che non comporta importanti modiRiche al layout della farmacia», spiega Mauro Santapaola, Sales Leader Southern Europe in BD Rowa™.

Il punto di riferimento per tutti i temi sanitari La farmacia è un prezioso presidio per tutti i problemi di salute. Gli italiani si recherebbero con piacere in farmacia per alcuni servizi, invece di recarsi dal medico. Ad esempio, il 35% degli intervistati vorrebbe che la propria farmacia offrisse il servizio di vaccinazioni o consigli sulla vaccinazione mentre il 35% vorrebbe un primo check up su patologie minori come il raffreddore. Inoltre, il 33% vorrebbe coinvolgere la propria farmacia nel blisteraggio personalizzato dei farmaci in base al proprio piano terapeutico e il 20% vorrebbe ricevere la pianiRicazione della propria terapia in farmacia.

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«È in questi tempi che diventa chiaro che la farmacia territoriale svolga un ruolo fondamentale nella cura delle persone. Siamo il tuo partner e per questo stiamo già sviluppando soluzioni che rendono il tuo lavoro più semplice e sicuro. Ciò include anche i terminali di pick up per il prelievo di farmaci 24/7 da parte dei clienti, soluzione che già utilizziamo nei Paesi Bassi e in Belgio. Il farmacista approva il farmaco o la prescrizione e invia al cliente un codice di prelievo, che può utilizzare per ritirare i farmaci in farmacia o all’esterno di essa. Questa soluzione protegge inoltre il personale nei periodi di inRluenza o, come nella situazione attuale di pandemia da COVID-19», spiega Mauro Santapaola. Informazioni su BD Rowa BD Rowa è sinonimo di prodotti innovativi e afRidabili adatti a tutti gli aspetti della logistica del farmaco. In qualità di pioniere nel campo dell'automazione e della digitalizzazione, l'azienda, con sede a Kelberg, in Germania, sviluppa e produce soluzioni per farmacie, ospedali, industria farmaceutica e centri di blisteraggio. 800 dipendenti in tutto il mondo si impegnano a prendersi cura dei clienti in modo competente e afRidabile. Rowa fa parte della multinazionale di tecnologia medica Becton Dickinson (BD). La nostra visione condivisa è rendere il settore sanitario sicuro e a prova di futuro. Per ulteriori informazioni contattare BD Rowa Italy all’indirizzo rowa.italy@bd.com o visita il sito bd.com/rowa © 2020 BD. Tutti i diritti riservati.

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Delle Arti

LA MADONNA DEI PELLEGRINI DI CARAVAGGIO

Rodolfo Papa

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olte domande si addensano attorno ai dipinti di Caravaggio; ci si interroga con acume sulle questioni 5ilologiche, sull’autogra5ia di alcuni dipinti e spesso s u l s i g n i 5 i c a t o , o l t r e c h e s u l l a c o r r e t t a interpretazione dei soggetti, giungendo talvolta a cambiare il titolo di opere che credevamo essere una cosa e che ci si disvelano invece nella loro vera identità, mostrandoci il senso e, dunque, la loro più profonda bellezza [1]. Ma forse la domanda più profonda che possiamo porci riguarda non tanto quegli straordinari dipinti, quanto piuttosto noi stessi: perché studiamo Caravaggio? Perché ci interessa la sua arte? Perché il pubblico è attratto dai suoi dipinti? Banalmente potremmo rispondere perché sono belli, ma questa bellezza non è sempre stata apprezzata. Infatti, la vera riscoperta delle opere del Merisi è molto recente. Solo un secolo fa erano altri gli artisti e altre le opere che interessavano il pubblico. L’opera artistica di questo grande maestro è stata rivalutata solo nel corso del ‘900, riproponendola dopo un lunghissimo oblio, causato forse da teorie estetiche, nate nel Settecento e sviluppatesi nel corso di tutto l’Ottocento, che hanno organizzato la storiogra5ia artistica in strutture rigide e fuorvianti, incapaci di Figura 1. Ottavio Leoni. Ritratto di Caravaggio. 1621 ca., Biblioteca spiegare non solo l’opera di questo grande artista, Marucelliana, Firenze. ma in generale di gran parte dell’arte cristiana dei secoli d’oro, nascondendone alla 5ine il signi5icato Questo, peraltro, è anche l’epifenomeno di qualcosa ultimo più profondo. di più profondo, che attraversa i nostri tempi. Si Caravaggio è oggi così sente, infatti, l’esigenza famoso che sembra sia dell’arte, se ne percepisce «L’arte di Caravaggio ci parla della nostra sempre stato considerato il bisogno, riaf5iora la un grande artista ma non è fede e per questo l’amiamo istintivamente nostalgia dell’arte come così; eppure oggi chiunque senza neppure sapere il perché, senza luogo di contemplazione conosce le sue opere, ha d e l l a b e l l e z z a , c o m e visitato una mostra o neanche domandarci perché quel buio, che m e z z o d i fo r m a z i o n e possiede un libro sulla sua avvolge tutto e che tutto ci restituisce, ci dell’anima e non solo del o p e r a o p p u r e a n c o r a gusto, come strumento di spaventi e ci attragga nel medesimo c o n s e r v a i n c a s a l a preghiera e ausilio nella riproduzione di un suo istante» celebrazione liturgica dipinto. nelle nostre chiese, che Decine di mostre gli sono state dedicate negli ultimi troppo spesso rimangono vuote e incapaci di elevare anni e sono stati scritti sul suo lavoro centinaia e lo spirito verso l’alto. centinaia di libri, studi e ricerche, segno questo del Le pitture di Caravaggio hanno il potere di essere gradimento del pubblico e quindi della passione che simultaneamente antiche e contemporanee; nelle la nostra epoca dichiara nei confronti di quest’arte. 5igure che spesso le affollano rintracciamo qualcosa

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Delle Arti Rodolfo Papa, pittore, scultore, teorico, storico e 5ilosofo dell’arte. Esperto della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Docente di Storia delle teorie estetiche presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose Sant’Apollinare, Roma; il Master di II Livello di Arte e Architettura Sacra dell’Università Europea, Roma; l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Santa Maria di Monte Berico, Vicenza; la Ponti5icia Università Urbaniana, Roma. È Accademico Ordinario della Ponti5icia Insigne Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon. Presidente della Accademia Urbana delle Arti. Tra i suoi scritti si contano circa venti monogra5ie e alcune centinaia di articoli (“Arte Cristiana”; “Euntes Docete”; “ArteDossier”; “La vita in Cristo e nella Chiesa”; “Via, Verità e Vita”, “Frontiere”, “Studi cattolici”; “Zenit.org”, “Aleteia.org”; …). Come pittore ha realizzato interi cicli pittorici per Basiliche, Cattedrali, Chiese e conventi (Basilica di San Crisogono, Roma; Basilica dei SS. Fabiano e Venanzio, Roma; Antica Cattedrale di Bojano, Campobasso; Cattedrale Nostra Signora di Fatima a Karaganda, Kazakistan; Eremo di Santa Maria, Campobasso; Cattedrale di San Pan5ilo, Sulmona; chiesa di san Giulio I papa, Roma; San Giuseppe ai Quattro Canti, Palermo; Sant'Andrea della Valle, Roma …).

di noi, qualcosa della nostra vita quotidiana, o meglio della fatica della nostra vita quotidiana posta al cospetto del mistero che irrompe salvi5ico tra noi. L’arte di Caravaggio ci parla della nostra fede e per questo l’amiamo istintivamente senza neppure sapere il perché, senza neanche domandarci perché quel buio, che avvolge tutto e che tutto ci restituisce, ci spaventi e ci attragga nel medesimo istante. Abbiamo bisogno di arte, o meglio abbiamo bisogno di bellezza, tanto più in un mondo che l’ha espunta completamente dai propri orizzonti creativi e produttivi. Si sta pian piano riscoprendo l’importanza delle immagini pittoriche e tra esse l’utilità e la bellezza delle immagini sacre. A questo proposito tornano in mente le profonde ri5lessioni che il cardinal Gabriele Paleotti, nel 1582, fermò nel suo scritto Discorso intorno alle immagini sacre e profane, aprendo dopo il Concilio di Trento una importantissima stagione di dibattiti attorno all’arte, che schiuse le porte ad una fase artistica fecondissima nella quale il nostro Caravaggio ancora giovinetto venne a formarsi: «Come si fa molta attenzione a non deturpare in alcun modo la bellezza di una veste ricca e preziosa, così, avendo già dimostrato la dignità, l’importanza e l’utilità delle immagini sacre, sarebbe dovuto bastare questa loro eccellenza per eliminare ogni dubbio e per recare loro alcun tipo di deturpazione. Ma la malizia del demonio, nemico di ogni virtù, è così perversa e inveterata che, dal momento che non riesce ad eliminare l’uso lodevole e santo delle immagini, fa in modo che si operino abusi su di esse e se ne vani5ichi quindi il valore. E quando il demonio si accorge che non riesce ad operare in alcun modo, cerca di levarci la spada di mano, o quantomeno cerca di rovinarne la lama o la punta, o di farcela usare in modo che nuoccia a noi stessi e non al nemico. Sa che le preghiere ci sono di grande aiuto, e

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allora si adopera per distoglierci da esse e, quando non ci riesce, fa in modo che noi le facciamo per ostentazione e per misera utilità, così che esse ci nuocciano almeno quanto avrebbero invece dovuto esserci di giovamento. Sa che le elemosine ci sono di aiuto, e allora cerca di farci accorciare la mano e, quando non ci riesce, fa in modo che le nostre elemosine vengano fatte in pubblico e davanti a tutto il popolo, così che noi rendiamo le nostre azioni piene di vanagloria, inutili e dannose. Sa anche che l’arte di dar forma alle immagini è stata introdotta ad utilità delle anime, e che con le immagini si può recare grande giovamento al mondo, e proprio per questo ha cercato di toglierci il loro uso e, non riuscendoci, è giunto ad introdurvi tanti di quegli abusi che, la scultura e la pittura, che dovrebbero essere di giovamento a chi le pratica e a tutti gli altri, poco ci manca che non diventino pericolose e dannose agli artisti e a tutti noi».

E poi, con un linguaggio capace di parlare non solo all’intellettuale, ma anche all’uomo di preghiera, costruendo immagini tali da rendere ef5icace il messaggio che voleva mandare, il cardinal Paleotti ancora scrive: «Il demonio vorrebbe privarci del cibo e farci morire di fame, ma quando non ci riesce, ce lo avvelena; non riuscendo cioè a togliere l’uso delle immagini, vi introduce innumerevoli abusi, tanto che ormai esse, se non si interviene, recano più danno che vantaggio. Una città si perde più per un trattato che con un assedio, e per questo il demonio, abbandonato l’assedio con cui voleva eliminare le immagini, sta preparando un trattato: farcele corrompere e riempire di abusi».

Leggendo queste ri5lessioni, che parlano di una preoccupazione che allora era sull’avvenire e sul

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Delle Arti Un percorso mariano nell’arte di Caravaggio può essere un fecondo metodo per raccogliere la cifra autentica della perenne contemporaneità delle sue opere. La scelta del tema è giusti5icata dalla sua ricorrenza nella produzione complessiva di Caravaggio; conosciamo infatti dieci tele aventi Maria come protagonista, e le fonti ci consentono di presupporne altre, andate perdute. Le motivazioni, le argomentazioni e le modalità con cui Caravaggio nel corso della sua vita artistica affronta la 5igura di Maria sono un osservatorio privilegiato per ricostruire un aspetto della complessa arte caravaggesca e per coglierne l’attualità, proprio nella sottolineatura della sua storicità.

Figura 2. Ritratto del cardinale Gabriele Paleotti. Pinacoteca Domenico Inzaghi, Budrio.

destino dell’arte, rimaniamo impressionati perché quel futuro, che in quel momento metteva spavento, noi lo abbiamo tutto davanti ai nostri occhi. E si getta come un ponte tra il 5inire del Cinquecento e la prima metà del nuovo Millennio: lì la paura per una perdita, noi qui con la speranza di una rinascita. Ecco, forse, cosa ci unisce all’arte di Caravaggio e a tutta la nostra tradizione artistica: l’interesse per la pittura, per la rinascita di una stagione piena di artisti capaci di rappresentare la nostra fede, capaci cioè di dire il mistero con poesia e con abilità tali da farci entrare nella dimensione vera dell’arte, che è quella s p i r i t u a l e e n o n m e r a m e n t e e s t e t i c a o strumentalmente commerciale. Per questo motivo è necessario approfondire gli studi storico-artistici, 5inalizzandoli ad una comprensione dell’arte capace di restituirci i sapori e i signi5icati del nostro esistere. Studiare, dunque, le opere di Caravaggio, come di tutta l’arte cristiana, ha lo scopo non solo di mettere chiarezza nelle cronologie e nelle attribuzioni (cose peraltro importantissime), di conoscere, apprezzare e gustare 5ino in fondo i grandi capolavori di cui è costituita, ma anche, con uno sguardo più approfondito, di farci riappropriare di ciò che ci appartiene, con la 5inalità ulteriore non solo di conservare, ma anche di porci in continuità con questi giganti dell’arte.

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L’opera che analizziamo è la Madonna dei Pellegrini (Figura 3). La tela, che ancora oggi è conservata nella sua sede originaria ovvero la chiesa romana di Sant’Agostino, fu commissionata a Caravaggio come pala d’altare della cappella funeraria della nobile famiglia Cavalletti, originaria di Bologna. Dai documenti risulta, infatti, che il marchese Ermete Cavalletti nel dettare il testamento in data 19 luglio 1602, proprio due giorni prima di morire, impose agli eredi di acquistare ed ornare la prima cappella a sinistra della chiesa di Sant’Agostino, con un lascito all’occorrenza di 500 scudi. La famiglia Cavalletti acquistò la cappella suddetta, come è documentato con atto notarile del 4 settembre 1603. I lavori di sistemazione, adattamento e decorazione della cappella procedettero per tutto il 1603, 5in a quando Donna Orinzia de’Rossi, vedova del marchese Cavalletti e sua esecutrice testamentaria, si risolse nel commissionare la pala d’altare a Caravaggio. L’individuazione del soggetto della tela, oltre che dall’evidenza iconogra5ica e compositiva, risulta testimoniato dal contratto e dal medesimo testamento al quale in subordine è correlato nell’adempimento dell’esecuzione testamentaria. Infatti, si riscontra un esplicito riferimento al culto lauretano della Madonna sia nel contratto che nel testamento: «in quella cappella si eriga un altare con un dipinto e ad onore della Beatissima Maria di Loreto sotto la cui invocazione sia consacrato; ed in quella, a suo tempo, vi sia traslato il corpo di Ermete e dei suoi». Conosciamo la devozione del marchese Ermete Cavalletti alla Madonna di Loreto, non solo dal testo che egli detta al notaio Francesco Romaolo, ma anche dalla sua partecipazione ad un pellegrinaggio lauretano nella primavera del 1602, pochi mesi prima della sua morte. Questo dipinto è menzionato da tutte le fonti biogra5iche e risulta essere uno dei più documentati della produzione caravaggesca, però le notizie che si

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Delle Arti desumono da queste biogra5ie risultano, purtroppo, spesso faziose e fuorvianti. Baglione nel suo Le vite de’ pittori, scultori et architetti…, pubblicato nel 1642 sembra riferire una pessima accoglienza dell’opera da parte dei contemporanei, infatti scrive: «nella prima cappella della chiesa di s. Agostino alla man manca fece una Madonna di Loreto ritratta dal naturale con due pelegrini, uno co’i piedi fangosi, e l’altra con una cuf5ia sdrucita, e sudicia; e per queste leggierezze in riguardo delle parti, che una gran pittura havere dee, da popolani ne fu fatto estremo schiamazzo».

Occorre però considerare che questo r e s o c o n t o , s o l o a p p a r e n t e m e n t e cronachistico, è scritto da un antico rivale che sembra in questo modo vendicarsi, a trent’anni di distanza, dell’invidia patita nei confronti di Caravaggio, di lui più bravo e più noto. Anche l’abate Giovan Pietro Bellori, nel suo famosissimo Le vite de’ Pittori, Scultori et Architetti moderni pubblicato nel 1672, mostra una decisa perplessità nei confronti dell’opera, sebbene espressa in termini più equilibrati: «Seguitò a dipingere nella Chiesa di Santo Agostino l’altro quadro della Cappella de’ Signori Cavalletti, la Madonna in piedi col fanciullo fra le b r a c c i a i n a t t o d i b e n e d i r e ; s’inginocchiano avanti due Pellegrini con le mani giunte; e ‘l primo di loro è un povero scalzo li piedi, e le gambe, con la mozzetta di cuoio, e ‘l bordone appoggiato alla spalla & è acconpagnato da una vecchia con la cuf5ia in capo».

Bellori sembra mantenere il distacco Figura 3. Michelangelo Merisi da Caravaggio. La Madonna dei Pellegrini. 1604, tipico del critico che, osservando, registra Cappella Cavalletti, Chiesa di S. Agostino, Roma. e interpreta, ma, come è stato più volte Questi giudizi sui piedi sporchi e i vestiti logori dei messo in evidenza negli ultimi anni, egli è personaggi dei quadri di Caravaggio risultano però essenzialmente un teorico, anzi un “teorico persistenti, infatti, ancora oggi, vengono riproposti militante”, e le sue parole provengono sempre da una frequentemente e in modo acritico da guide o posizione teorica distante da quella dell’ambiente presunti esperti d’arte, come se la poetica di culturale di Caravaggio e dei cardinali ai quali egli era Caravaggio fosse tutta riassumibile in questi termini, legato; per questo taluni suoi perentori giudizi, quali: interpretati poi alla luce di giudizi altrettanto acritici «In Sant’Agostino si offeriscono le sozzure de’ piedi sul suo carattere, che si vuole fosse volgare, rissoso del Pellegrino…», nascondono in realtà un più ed omicida. In questo modo Caravaggio viene generale e diffuso disprezzo per l’arte di ritrarre dal sacri5icato alla facile super5icialità che vorrebbe naturale; infatti avrà analoghi giudizi anche nei vedere sempre abbinati genio e sregolatezza. confronti della Morte della Vergine e della Madonna dei Palafrenieri, come vedremo più avanti.

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Delle Arti La realtà storica è tutta un’altra cosa, e la verità Il pellegrino sa che egli s’identi5ica nell’umiltà dei dell’esistenza e il mistero della vita sono qualcosa di piedi scalzi, non intesi certo come sozzure, quanto complesso ed ineffabile, tale che nessuna biogra5ia e piuttosto come un blasone, come il segno di una nessun documentario potranno mai contenere. Ma nobiltà di un altro regno, che non è di questo mondo. per quanto riguarda gli artisti abbiamo le loro opere, Questo dipinto risulta più comprensibile se e ogni giudizio su Caravaggio deve partire dai suoi ricondotto nell’alveo culturale e spirituale del dipinti e ad essi ritornare; i soli veri documenti che pauperismo borromaico ed oratoriano, in un contesto possediamo sono proprio le sue opere. che non è fatto solo di manifestazioni erudite e I dipinti, come del resto le sculture e le architetture, neomedievali, ma di una intensa educazione nella ci parlano del mondo nel quale sono stati realizzati e fede e nella carità, che entra nel cuore delle persone ci indicano, da se stessi, la strada per essere in qualunque ambiente o rango sociale. Caravaggio è interpretati, ma occorre la volontà di intraprendere l’interprete più alto e sensibile di questa visione della la strada giusta per imparare a guardarli. vita, egli è l’artista che fa della propria arte uno I commenti di Baglione e di Bellori vanno, dunque, strumento raf5inato e compiuto del movimento interpretati come giudizi di parte, tuttavia in essi pauperista, che coinvolge cardinali, vescovi, nobili, troviamo tante indicazioni utili per l’analisi ordini religiosi e comuni fedeli, in una rielaborazione iconologica del dipinto; tra esse, la più utile è proprio della vita quotidiana capace di trasformare anche la sottolineatura delle “sozzure de’ piedi del tutta la cultura in proposte geniali e artisticamente Pellegrino”, privata però di ogni aprioristica insuperabili, ma sempre profondamente inscritte condanna. nell’umiltà di una vita fatta di privazioni e digiuni, di Infatti, partendo dai piedi preghiere e pellegrinaggi. sporchi del pellegrino si «I due pellegrini sono dunque una madre e Entro questo contesto può ricostruire un mondo comprendiamo le scelte – in certo senso come ha un figlio di nobile famiglia, rappresentati artistiche di Caravaggio. fatto Heidegger a proposito come essi vogliono essere ritratti, e cioè Alla metafora medioevale delle scarpe da contadino del viaggio della vita, che nella condizione propria dell’uomo, quella in un dipinto di Van Gogh si concretizza nella 5igura [2] –, e il mondo evocato da del viandante. Essi sono spogli di tutto, d e l l ’ h o m o v i a t o r , s i quei piedi è un mondo di vestono gli abiti che li rendono simili a a g g i u n g e i n f a t t i l a fede, un mondo di vita particolare accezione di q u o t i d i a n a i n t r i s a d i milioni di altri nella storia della fede» una ricercata quotidianità speranza cristiana, un frugale a discapito di una mondo di passi fatti nella vita lussuosa, che in alcuni Chiesa e verso Cristo. momenti dell’anno liturgico signi5ica una riproposta Alcuni recenti studi [3] hanno saputo ricostruire non solo del consueto digiuno, ma anche di pratiche l’identità dei due pellegrini ritratti nella pala; essi d evo z i o n a l i i m p e g n a t ive c o m e a p p u n to i l sono lo stesso marchese Ermete Cavalletti, che volle pellegrinaggio scalzo verso i santuari. in punto di morte quella cappella, e sua madre, Il santuario di Loreto è senza alcun dubbio il luogo probabilmente morta precedentemente. Il marchese mariano per eccellenza. Varii racconti, tramandati Cavalletti chiese espressamente che fosse proprio dalla tradizione del luogo, narrano che già gli Caravaggio a realizzare il dipinto in onore della apostoli e i discepoli di Gesù avrebbero voluto Madonna di Loreto, ritenendolo in grado di trasformare in un santuario la piccola casa di Maria. rappresentare quel mondo di fede e di speranza, La casa venne per certi versi conservata nel corso del espresso nelle sue volontà testamentarie. tempo dai discepoli e dai fedeli, 5ino a quando la città I due pellegrini sono dunque una madre e un 5iglio di di Nazaret fu conquistata dalle truppe d’invasione nobile famiglia, rappresentati come essi vogliono musulmane. La leggenda della Santa Casa narra che essere ritratti, e cioè nella condizione propria proprio in quel momento un volo d’angeli la prese e dell’uomo, quella del viandante. Essi sono spogli di la trasportò in Dalmazia, al sicuro dalle devastazioni tutto, vestono gli abiti che li rendono simili a milioni degli invasori. La casa fu poi traslata presso la città di di altri nella storia della fede. Nulla li individua nel Fiume, successivamente in un bosco presso Recanati rango e nel censo, in quanto non è questo che li e poi in5ine il 7 settembre del 1295 venne connota come uomini, ma vengono rappresentati per de5initivamente collocata a Loreto, dove da secoli il quello che realmente essi sono: due viandanti, o culto è presente ininterrottamente. L’edi5icazione meglio due pellegrini. Il pellegrino sa qual è il 5ine della basilica di Loreto si collega ad un altro fatto verso il quale muovere i propri passi, secondo una miracoloso. Nel 1460 il cardinale veneziano Pietro consapevolezza che non è frutto di conoscenza Barbo si ammalò gravemente e chiese di essere umana, ma è la sapienza umile del fedele. trasportato presso il santuario di Loreto, dove pregò

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Figura 4. Rivestimento marmoreo della Santa Casa all’interno del Santuario di Loreto. Progettato dal Bramante, venne realizzato da Andrea Sansovino (1513-1527), e completato da Raniero Nerucci e Antonio da Sangallo il Giovane (1534).

ardentemente la Santa Vergine, che gli apparve in sogno rivelandogli che sarebbe guarito e che dopo pochi anni sarebbe stato elevato al soglio ponti5icio. Il cardinale guarì dopo poco tempo e quando nel 1464 fu eletto Papa, prendendo il nome di Paolo II, immediatamente fece progettare una Basilica per Loreto, con tale premura che i lavori iniziarono già nel 1468. Papa Paolo II morì nel 1471, e i lavori continuarono 5ino al compimento della completa edi5icazione nel 1587, sotto il ponti5icato di Sisto V. Il progetto della Basilica previde che il santuario fosse costruito attorno alla Santa Casa tanto da includerla al proprio interno e di trasformarla in una cappellina, per il culto e la preghiera (Figure 4 e 5). Molti dubbi sull’autenticità di questo luogo sono stati avanzati in epoca contemporanea, ma recenti scavi hanno potuto veri5icare che la cappellina si regge nell’assoluta mancanza di fondamenta. Più o meno verso la 5ine del Cinquecento si iniziò a pensare alla decorazione pittorica della basilica che si concluse con l’incarico af5idato a Cristoforo Roncalli, detto il Pomarancio, da parte del cardinale Protettore della Santa Casa, Antonio Maria Gallo. Anche a questo proposito Giovanni Baglione un po’ malevolmente allude a uno scontro tra Caravaggio e il Pomarancio, a causa del prestigioso incarico

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ricevuto da quest’ultimo. Ma occorre ricordare che entrambi questi artisti appartenevano al medesimo ambiente pauperista ed Oratoriano, tanto che il più anziano Pomarancio aveva dipinto per le medesime importanti personalità per le quali lavorò lo stesso Caravaggio, come i Mattei, i Crescenzi, i Giustiniani e persino per il cardinale Cesare Baronio, che aveva voluto un suo dipinto per l’importantissima chiesa romana della quale era titolare, santi Nereo e Achilleo, 5ino allo stesso Clemente VIII Aldobrandini, che lo aveva impegnato nella direzione dei lavori in San Pietro e nella decorazione del transetto di San Giovanni in Laterano. Esisteva, dunque, una grande devozione alla Madonna di Loreto da parte dei ponte5ici, dei nobili e del popolo e il committente richiese espressamente a Caravaggio un richiamo a questa devozione. Tutte le fonti, del resto, indicano come Madonna di Loreto il titolo del dipinto, e proprio in relazione a questo tema va analizzato, inserendolo nella cultura e nella spiritualità dell’ambiente borromaico. Alla luce di questo ricostruito quadro storico-sociale è sicuramente più comprensibile il lavoro artistico di Caravaggio che, utilizzando segni e simboli noti a tutti e condivisi, riusciva a parlare non solo al pubblico dotto e clericale, ma alla comunità dei

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Delle Arti

Figura 5. Santuario di Loreto, interno della Santa Casa.

fe d e l i . I n q u e s t i te r m i n i s i p u ò va l u t a re adeguatamente il carattere rivoluzionario della sua pittura, che non è sovvertitrice in quanto antireligiosa e dissacrante, come troppo spesso si cerca di sostenere, ma è innovatrice invece proprio perché partecipe in modo consapevole di una nuova visione spirituale, al punto tale da riformare tutto il linguaggio pittorico per renderlo adeguato alle prospettive aperte dalle istanze tridentine; è una rivoluzione che si nutre della tradizione. Nel libro De Pictura Sacra il cardinale Fedrico Borromeo, nipote di san Carlo, evidenzia come i piedi nudi siano espressione di fede, e segno del percorso di espiazione nella contrizione dell’anima che, acquisita la coscienza della propria misera condizione di peccato, percorre la strada che l’ha separata dal Padre per tornare nella sua casa alla ricerca del perdono. Il ritorno alla casa del Padre è vissuto dal pellegrino nel viaggio verso la Santa Casa di Loreto, e nella rappresentazione di Caravaggio diventa un ritorno umile e denso di pentimento verso la soglia della Chiesa, dove amorevolmente Maria e Gesù bambino attendono il fedele. Inoltre, non a caso i due pellegrini che si inginocchiano davanti alla Vergine

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Madre e al Dio Bambino sono anch’essi una madre e un 5iglio. La soglia della povera casa di Nazaret, presso la quale Caravaggio pone Maria e Gesù, allude non solo alla soglia della chiesa nascente nella piccola famiglia di Nazaret, ma anche alla porta del Paradiso, dove Maria attende tutti fedeli, presso la stessa porta da cui la tradizione iconogra5ica vuole siano stati cacciati i progenitori Adamo ed Eva dopo aver peccato. Maria ancora una volta è, dunque, rappresentata coma nuova Eva e Gesù come nuovo Adamo. È antica tradizione collocare il nome santo di Maria sull’entrata di una chiesa, così come all’entrata della Chiesa Nuova alla Vallicella, voluta da san Filippo Neri e costruita in gran parte con l’aiuto economico del cardinal Alessandro de’ Medici, futuro Leone XI, c’è una iscrizione, tratta dal Cantico dei Cantici, che recita «Tota pulchra es, amica mea, et macula non est in te». In questo modo, il tema dell’Immacolata, tanto caro alla Chiesa 5in dall’interpretazione patristica, si fonde con quello della devozione lauretana, rievocando composizioni pittoriche quattrocentesche come l’Annunciazione di Van Eyck, dove Maria ascolta il messaggio dell’Arcangelo Gabriele sulla soglia di una chiesa:

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Delle Arti della Madre di Dio come modello di umiltà: Maria, infatti, accoglie i suoi ospiti non sul trono, che le spetterebbe in quanto Regina Coeli, ma andando loro incontro e portando in braccio il Figlio benedicente. L’uso del modello statuario classico consente di evidenziare la grande bellezza di Maria, però è dipinta scalza, segno non solo del gusto all’antica e della volontà di ricostruire archeologicamente l’aspetto di una donna palestinese del I secolo, quanto piuttosto espressione della gentilezza di Maria, che è scalza come i pellegrini, perché è una vera regina e non vuol mettere in imbarazzo i propri ospiti, nell’ossequio del galateo divino che Ella scrive in ogni gesto della sua vita, raccontata dai Vangeli. È proprio l’umiltà che consente a Maria di essere porta del cielo, e di aspettarci sulla soglia del beato regno, così come scrive poeticamente Boccaccio: Non treccia d’oro, non d’occhi vaghezza, non costume real, non leggiadria, non giovanetta età, non melodia, non angelico aspetto né bellezza poté tirar dalla sovrana altezza il re del cielo in questa vitaria, ad incarnare in te, dolce Maria, madre di grazia e specchio d’allegrezza: ma l’umiltà tua, la qual fu tanta, che poté romper ogni antico sdegno tra Dio e noi, e fare il cielo aprire. Quella ne presta dunque, Madre santa, sicché possiamo al tuo beato regno, seguendo lei devoti, ancor salire.

Figura 6. Statua della principessa germanica Thusnelda prigioniera dei romani. II sec. d.C. con restauri moderni. Scoperta a Roma. Già nel 1541 nella collezione Capranica della Valle; dal 1584 a Villa Medici a Roma; a Firenze dal 1787, sotto la Loggia dei Lanzi dal 1789.

duplice allegoria della famiglia di Nazaret come chiesa nascente e di Maria come Colei che portando in grembo Gesù è tabernacolo vivente del Salvatore. Per la 5igura di Maria, Caravaggio utilizza come modello un esemplare di statuaria antica, la Thusnelda [4] (Figura 6), una scultura molto famosa appartenente alla collezione del Granduca Ferdinando de’ Medici, nonostante l’aulicità del modello, egli riesce a rappresentare l’amorevolezza

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Bibliografia e note 1. Cfr Papa R., Isacco salvato: idee per una lettura alternativa, in “Il Marsupio”, n. 2, febb. 1996. Barroero L., L’«Isacco» di Caravaggio nella Pinacoteca capitolina, in “Bollettino dei Musei comunali di Roma”, XI, Roma 1997, pp. 37-41; Papa R., Il sorriso di Dio. Il San Giovannino di Caravaggio della Capitolina, “ArteDossier”, n. 131, febbraio, 1998. Analogamente, in relazione a Frisso, cfr. Papa R., Il “S. Giovanni” della Borghese di Caravaggio, in “ArteDossier”, n. 181, ottobre 2002. 2. Heidegger M., L’origine dell’opera d’arte, trad. it. in ID., Sentieri interrotti, Scandicci (Fi) 1985, pp.3-69. 3. Cfr. Marini M., Caravaggio pittore del Giubileo, dal 1600 al 2000, Roma 2000; anche in AA.VV., L’iconograUia della Vergine di Loreto nell’arte, 1995, pp. 134-137. 4. Per il rapporto tra le opere di Caravaggio e la statuaria antica, cfr. Papa R., Caravaggio. Gli ultimi anni, Dossier, n. 205, Firenze 2004.

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Cultura

LE TERRE DEI RASNA Etruschi in mostra a Bologna Pinella Laudani*

«N

on c’era una sola Etruria, ma tante, che occupavano un territorio molto vasto, dalla pianura padana alla Campania: gli Etruschi, o Rasna, come si de8inivano loro stessi, dominavano quasi tutta l’Italia», così spiega Giuseppe Sassatelli, professore di Etruscologia e Antichità dell'Università di Bologna, responsabile, insieme alla collega Elisabetta Govi, del comitato scienti8ico della mostra. Quella ospitata dal Museo Civico Medievale di Bologna da sabato 7 dicembre 2019 e attualmente in corso (il periodo della mostra è stato prolungato per il momento 8ino a dicembre 2020), è un'esposizione, frutto di tre anni di lavoro, che dimostra «cos’è la ricerca, che altrimenti rimane sempre qualcosa di nascosto», come dichiara Roberto Grandi, presidente di Bologna Musei. Circa 1400 gli oggetti esposti, tra quelli del Museo Civico Medievale che ha, in effetti, un cuore etrusco, ed i prestiti provenienti da sessanta musei internazionali, di cui solo quattro stranieri. “Questa è una mostra che vuole anche far ri8lettere sul nostro patrimonio artistico” come sottolinea Paola Giovetti, responsabile del Museo Civico Archeologico perché “nelle vene degli italiani scorre più sangue etrusco che romano”. Chi sono, dunque, gli Etruschi? Sappiamo che la loro parabola culturale, lunga quasi un millennio, complessa e varia si estende in un territorio molto ampio, dove erano insediati popoli, ognuno con una propria peculiare cultura, che, anche se si evidenziano gestione e modelli economici con proprie caratteristiche nei siti urbanizzati nello spazio e nel tempo, presenta elementi ed aspetti comuni. L’ambizione della mostra è presentare al pubblico una sintesi chiara e coinvolgente non solo di tutte le nuove ricerche degli ultimi decenni di studio sul campo, ma anche i nuovi a p p r o f o n d i t i s t u d i d e i r e p e r t i p r e s e n t i nei depositi dei musei, fatti per conoscere meglio gli aspetti ancora sconosciuti dell’identità di questo popolo misterioso. In particolare, Bologna ha un cuore etrusco: Felsina, la Bologna dei Rasna, era chiamata dalle fonti

Figura 1. Sarcofago degli Sposi, terracotta. VI secolo a. C. Museo Nazionale etrusco di Villa Giulia, Roma.

antiche Princeps Etruriae, per sottolinearne l’importanza e la nascita antichissima. È da Bologna che vengono i rinvenimenti eccezionali della tomba 142 della necropoli di via Belle Arti, che ha un corredo di suppellettili in legno la cui conservazione rappresenta una novità e una eccezionale rarità per il panorama archeologico bolognese. La mostra, infatti, dialoga naturalmente con la sezione etrusca del museo, che testimonia il ruolo di primo piano di Bologna etrusca, costituendo, quindi, l’ideale appendice al percorso di visita dell’esposizione. La conoscenza degli etruschi è inquadrata nell’esposizione della mostra attraverso un filo logico d’eccellenza: la metafora del viaggio, per spaziare in un vasto territorio compreso tra le nebbiose pianure del Po fino all’aspro Vesuvio, attraverso paesaggi appenninici e marini, lungo strade e corsi fluviali. Così il time-line illustra come dall’inizio del IX secolo a.C fino alla fine del I secolo a. C. ed oltre, dall’Emilia-Romagna alla Toscana, dall’Umbria al Lazio e fino alla Campania e all’Adriatico, dove è possibile esplorare la vita dei Rasna, in una sorta di “Grand Tour” di matrice ottocentesca; ritroviamo le suggestioni di molti illustri

*Archeologo, Ricercatore associato presso Alma Mater Studiorum Università di Bologna. Ha collaborato come curatrice alla mostra “Etruschi. Viaggio nelle terre dei Rasna”.

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Cultura

Figura 2. Cartina della diffusione della civiltà dei Rasna nelle diverse zone d’Italia. Fonte sito web etruschibologna.it

viaggiatori del passato che affidarono le loro impressioni e i loro ricordi alla penna o al pennello. Vi sono, infatti, esposti paesaggi dipinti da Samuel J. Ainsley e quaderni di viaggio dei primi scopritori di questa civiltà. La prima parte del percorso offre, quindi, un momento di preparazione al viaggio, facendo conoscere al visitatore tanto i lineamenti principali della cultura e della storia del popolo etrusco, attraverso oggetti e contesti archeologici fortemente identificativi, quanto le prime scoperte. Le rovine e le vedute romantiche cedono presto il passo a un allestimento scandito dalle fasi principali della lunga storia etrusca: cinque colori per cinque periodi storici, che intendono fornire al viaggiatore-visitatore gli strumenti per meglio comprendere l’itinerario vero e proprio. L e o r i g i n i d e l l a c iv i l t à t e s t i m o n i a t e d a i classici vasi biconici degli albori della storia etrusca; ad essi si affiancano le tombe con i primi segni di differenziazione sociale e le prime importazioni dal bacino del Mediterraneo, indice della creazione di una solida rete di scambi. Viene poi il tempo delle aristocrazie che amano

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autorappresentarsi potenti, ricche e guerriere. Si assiste alla nascita delle città, esemplificate dai templi e dalle loro decorazioni architettoniche. Si contempla il fiorire di un’ideologia funeraria che guarda al mondo greco e si avvale di oggetti di straordinaria bellezza, come quelli provenienti dalla tomba delle hydriae del pittore Meidias. Le principali aree geografiche che definiscono le realtà etrusche sono quasi a determinare cinque Etrurie, ciascuna foriera di affascinanti temi e di novità di scavo e di studio. Per la zona dell’Etruria Meridionale si pongono in luce Tarquinia, Veio, Cerveteri, Pyrgi e Vulci. Un’intera sezione è dedicata alla complessa e ricchissima Etruria Campana con corredi funerari principeschi e con testimonianze di popoli che si incontrano e le culture si mescolano, in zone come Pontecagnano, Capua, Nola e anche Pompei. Il viaggio conduce poi all’Etruria Interna, quella attraversata dal Tevere, Perugia, Chiusi, Cortona e Orvieto. Proprio quest’ultima città di Velzna,

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Cultura

Figura 3. Corredo della tomba delle hydrae di Meidias. Prima metà V sec. a. C. Museo Archeologico Nazionale, Polo Museale della Toscana.

come gli Etruschi chiamavano Orvieto, in mostra ci regala i risultati di una delle scoperte archeologiche più importanti degli ultimi anni: il fanum Voltumnae, santuario federale di tutti gli Etruschi ricordato dalle fonti letterarie.

nell'oggetto di uso quotidiano un'estetica ben riconoscibile. Poi ancora la produzione artistica, i commerci e le relazioni culturali anche di orizzonte

Il mare, i fiumi, le vie appenniniche caratterizzano poi la quarta sezione d e d i c a t a a l l ’ E t r u r i a Settentrionale soprattutto i reperti delle tombe di Vetulonia, Populonia e Volterra. L’ultima sezione è dedicata all’Etruria Padana, un ampio territorio che a partire dalla appenninica Verucchio, terra dei signori dell’ambra, giunge fino al Mare Adriatico e alle realtà della pianura dell’Emilia occidentale, passando per Felsina, la Bologna e t r u s c a c h e l e f o n t i a n t i c h e chiamano Princeps Etruriae, città di collegamento tra il nord ed il sud.

Figura 4. Tomba dei leopardi, affresco, 470 a. C. Tarquinia.

Oltre al viaggio e alla statuaria, che sono i 8ili conduttori della mostra, ci sono anche altri temi che de8iniscono e raccontano la civiltà dei Rasna: sono grandi fondatori di città, con strutturazione politica e urbanistica; sono anche abili artigiani, che riversano

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mediterraneo, la ritualità funeraria, che è rappresentativa di questa grande civiltà, il rapporto degli Etruschi con le altre realtà dell’Italia antica: questi ed altri sono i temi che si ritrovano passeggiando per le stanze di questa magni8ica ed imperdibile esposizione.

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Apotheca & Storia

LE EPIDEMIE NELLA STORIA /1 Una introduzione Giusi Sanci*

S

i de%inisce epidemia il diffondersi di una malattia, in genere infettiva, che colpisce quasi simultaneamente una collettività di individui. Un'epidemia può essere limitata in una certa zona; tuttavia se essa si diffonde ad altri paesi e continenti e colpisce un numero considerevole di persone, viene più correttamente de%inita pandemia, e af%inché si veri%ichi è necessario che il processo di contagio fra gli individui sia abbastanza facile. La malattia è parte integrante della storia dell'umanità. Gli scritti dell'antichità accennano tutti a grandi %lagelli che hanno portato alla scomparsa improvvisa di migliaia di persone: se ne trova traccia già nei testi gerogli%ici egiziani che in quelli cuneiformi della Mesopotamia. Le epidemie hanno anche in%ierito durante la guerra di Troia, durante le guerre condotte dal popolo di Israele e, secondo quanto narrano le cronache, anche nell'antica Cina. Epidemie di particolare intensità nella storia sono state per lo più pandemie causate da zoonosi, ovvero originate dalla convivenza degli esseri umani con animali da allevamento. Le epidemie ebbero inizio quando gli uomini incominciarono ad aggregarsi in comunità stabili, cioè da quando l'essere umano ha iniziato ad organizzarsi in società e a creare nuclei di persone che convivono insieme nello stesso spazio. L'aumento della popolazione rese rapidamente insuf%iciente il cibo naturale e spinse gli uomini a praticare l'agricoltura e l'allevamento del bestiame. La popolazione umana si espanse ulteriormente e molto rapidamente; le famiglie divennero sempre più numerose anche perché più %igli signi%icavano più braccia per i lavori agricoli e si formarono quindi dei vasti aggregati con alte concentrazioni di uomini ed animali. Gli uomini quindi entrarono in contatto con agenti infettivi degli animali d'allevamento e successivamente di quelli attratti nei loro insediamenti dalle migliori condizioni ecologiche come i ratti e gli insetti. Inoltre l'assenza di smaltimento dei ri%iuti e degli escreti favoriva la proliferazione di parassiti. Anche l'acqua divenne sorgente di infezioni, come avvenne per il colera. Un sistema immunitario ef%iciente è sempre stato il cardine per la sopravvivenza alle malattie infettive, quindi se l'arrivo di un nuovo microrganismo trova

un sistema immunitario impreparato, si veri%ica come conseguenza una g r a n d e m o r i a c o n selezione degli individui più forti, che a loro volta generano discendenti più resistenti. Nel corso della storia, l'umanità è stata colpita da numerose pandemie. Una delle prime di cui si ha conoscenza fu la febbre tifoide (passata alla storia come "peste di Atene" che colpì Atene intorno al 430 a.C., durante la guerra del Peloponneso. Un'altra pandemia che sconvolse il mondo antico fu quella di vaiolo che colpì l'impero romano tra il 165-180 d.C.. Intorno alla metà del VI secolo ci fu la prima pandemia di peste bubbonica di cui si abbia conoscenza. Nata in Egitto e propagatasi a Costantinopoli, la pandemia ebbe effetti devastanti in Italia, dove fu portata dalle truppe imperiali durante la guerra greco-gotica (535-553). Intorno alla metà del Trecento la peste bubbonica colpì di nuovo l'Europa. Conosciuta come "peste nera" si originò in Asia e giunse attraverso le navi mercantili genovesi in Europa dove si stima abbia provocato circa 20 milioni di vittime. Nel corso del Medioevo e dell'età moderna, si sono veri%icate pandemie di vaiolo, malattia che intorno alla metà del XIII secolo passò in quasi tutto il mondo allo stato endemico. A partire dal XIX secolo ci sono state sei pandemie di colera che dall'area attorno al delta del Gange, da cui si è originato, si è diffuso nel resto del mondo. La settima pandemia di colera, iniziata nel 1961 in Asia Meridionale, è ancora in corso, ma la sua incidenza nei paesi sviluppati è molto bassa. Tra il 1918 e il 1920 la pandemia di in%luenza spagnola (virus in%luenzale H1N1) si è diffusa in tutto il mondo, infettando circa 500 milioni di persone e provocando 50 milioni di vittime. Tra il 1957 e il 1958 l'in%luenza asiatica (ceppo in%luenzale H2N2) ha fatto circa 70 mila vittime tra Cina e Stati Uniti. Negli anni 1968-1969, il ceppo in%luenzale H3N2, noto come in%luenza di Hong Kong, dove si è originata, ha provocato 34.000 decessi. Questo virus

*Farmacista

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Apotheca & Storia

Figura 1. Michael Sweerts. La peste in una città antica. 1652-1654, Los Angeles County Museum of Art.

è ancora in circolazione, ma non più in forma pandemica. Tra il 2009 e il 2010 la pandemia di in%luenza AH1N1, nota come in%luenza suina, perché trasmessa all'uomo da questo animale, si è diffusa in 80 Paesi del mondo. Nell'agosto del 2010 l'OMS ha dichiarato la %ine dello stato pandemico. Tra la %ine del 2019 e l'inizio del 2020 è esplosa l'epidemia di COVID-19, una malattia respiratoria acuta originatasi in Cina (con epicentro a Wuhan) e causata dal virus SARS-CoV-2, della famiglia dei Coronavirus. In passato l'ignoranza delle cause speci%iche di queste malattie, che saranno chiarite solo alla %ine dell’Ottocento, gli unici metodi di lotta erano basati sulla prevenzione e sull'isolamento per impedire la diffusione del contagio. Molto spesso comunque, città e nazioni avevano interesse a nascondere il diffondersi di gravi epidemie, per paura che i blocchi sanitari impedissero i commerci e i viaggi. In questo modo quindi le epidemie potevano diffondersi rapidamente, incontrando pochi ostacoli, decimando le popolazioni, causando rotture dell'organizzazione sociale e delle relazioni familiari, distruggendo le strutture produttive. Tutti coloro che erano istituzionalmente preposti al governo delle città

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erano interessati alla salute dei loro concittadini, e si rendevano conto della necessità di avere notizie aggiornate sulle condizioni di salute delle popolazioni vicine, essendo consapevoli che solo informazioni tempestive sulla comparsa di qualche focolaio epidemico costituiva la più ef%icace premessa per misure preventive. Nei secoli passati, i canali di informazione di cui le autorità si potevano servire erano i viaggiatori. A volte le autorità davano a funzionari o medici l'incarico di recarsi uf%icialmente o in segreto nei paesi vicini dove vi fosse il sospetto di qualche malattia contagiosa. Una delle manovre atte a proteggersi dalle pestilenze era appunto la messa al bando di una città; essa comportava l'interruzione di ogni rapporto commerciale e di comunicazione. A partire dal XVIII secolo, per ragioni sociali (la crisi della popolazione, la rivoluzione agricola e industriale) e culturali (il secolo dei Lumi, delle riforme e delle rivoluzioni) la medicina e le altre professioni sanitarie ampliano il loro campo d'azione, non interessandosi solo ai malati individuali, ma iniziano a sentire una responsabilità nei confronti della società nel suo insieme. Ogni atto medico viene di contro valutato

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Apotheca & Storia

Figura 2. Luigi Sabatelli. La peste di Firenze del 1348

per i suoi effetti sul malato, ma anche per le sue conseguenze sulla la società. A partire dalla metà del Settecento i governi cominciano a creare servizi di sanità con la creazione di una "polizia sanitaria" con l'incarico di vegliare sulla qualità di ambienti, alimenti e aria. Si realizza in questo modo anche un profondo cambiamento del concetto di igiene, infatti se prima mirava a modi%icare il comportamento individuale l'igiene moderna diventa pubblica e si indirizza alla collettività attraverso regolamenti e legislazioni di sanità pubblica. La disinfezione della posta è stata una delle più comuni misure messe in atto nell'intento di prevenire la diffusione del contagio. A tale scopo si utilizzava bruciare legni odorosi, sostanze aromatiche oppure sterpaglie sulle cui %iamme venivano passate le lettere. L'immersione nell'aceto era anch'essa ritenuta una pratica di disinfezione. In tempi di contagio scattavano misure restrittive %inalizzate a proteggere le comunità indenni. Gli arrivi di persone, merci ed animali erano visti con occhio spaventato. Una delle misure di prevenzione più antiche e meglio documentate fu l'istituzione della" Fede di sanità” un attestato di cui si doveva munire chi iniziava un viaggio di terra, e che certi%icava lo stato di salute di cui godeva il paese di partenza del viaggiatore. Le Fedi dovevano riportare le caratteristiche somatiche della persona a cui erano rilasciate, insieme ad ogni altro elemento utile per la sicura identi%icazione. L'analogo documento che accompagnava una imbarcazione era la "Patente di sanità” di cui ogni imbarcazione doveva munirsi quando si accingeva a salpare. Le patenti dovevano essere scritte con inchiostro e portare il bollo dell'autorità che le

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r i l a s c i a v a . S e l e imbarcazioni provenivano d a p o r t i c o n s i d e r a t i sospetti o se durante la n a v i g a z i o n e l'imbarcazione era stata attaccata dai corsari, l’equipaggio, i passeggeri e il carico venivano messi in quarantena (obbligo di permanere in un luogo per un periodo prescritto, a %ini sanitari). Alla %ine d e l l a q u a r a n t e n a i l m e d i c o , v i s i t a n d o equipaggio e passeggeri, dava il suo benestare nel proseguire il viaggio. Il periodo di quarantena avveniva nei lazzaretti, che altro non erano che dei luoghi recintati presso i porti marittimi. A seconda delle epoche o delle località, il lazzaretto ha assolto il compito di luogo di ricovero di malati molto gravi, oppure il luogo nel quale uomini, animali e merci restavano isolati per tutto il periodo di quarantena. Questi provvedimenti amministrativi, insieme con il miglioramento del livello di vita e dell'igiene personale hanno avuto un importante ruolo nella pro%ilassi delle epidemie, a cui si sono aggiunti in%ine i bene%ici della medicina sperimentale ed il progresso delle conoscenze biologiche. Le epidemie, si può concludere, hanno avuto un ruolo rilevante nella storia dell'umanità, sia sul piano sanitario, demogra%ico, sociale ed economico, e hanno talvolta trasformato le società in cui sono comparse, e con molta probabilità hanno cambiato e in%luenzato in modo decisivo il corso della storia.

Bibliografia e sitografia 1. Fantini B., La storia delle epidemie, le politiche sanitarie e la s5ida delle malattie emergenti. Idomeneo, n. 17, 2014, pp. 9-42. 2. Voce pandemia in Enciclopedia De Agostini. www.sapere.it 3. AAVV, Le malattie infettive nella storia dell'umanità. Istituto Italiano Edizioni Etlas. www.edatlas.it 4. Cunha Ujivari S., Storia delle epidemie. Bologna, Odoya, 2011, p. 349. 5. Quammen D., L'evoluzione delle pandemie. Milano, Adelphi, 2014, p. 608. 6. Voce epidemia in Istituto dell'Enciclopedia Treccani: www.treccani.it

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Foto di Carla Marchetta

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