Theriaké Anno III n. 30 Novembre - Dicembre 2020
Theriaké [online]: ISSN 2724-0509
RIVISTA BIMESTRALE DELL’ASSOCIAZIONE GIOVANI FARMACISTI DI AGRIGENTO
I NUOVI SERVIZÎ IN FARMACIA La farmacia come centro di prevenzione di Gabriella Daporto
LA “BELLEZZA IN USCITA” Intervista al Maestro Rodolfo Papa sulla Cappella della Madonna del Perdono di Ignazio Nocera
LA NOCE (JUGLANS REGIA L.) Un alimento ad attività antitumorale di Giulia Greco e Carmela Fimognari
LATTOFERRINA Nuovi approcci terapeutici di Rossella Giordano
LEISHMANIOSI NEL CANE di Carmen Carbone
LE MICROPLASTICHE Impatto sull’ambiente e potenziali rischi per la salute umana di Vita Di Stefano
LE EPIDEMIE NELLA STORIA /4 L’influenza spagnola di Giusi Sanci
Sommario
4 Attualità
42 Chimica & Ambiente
I NUOVI SERVIZÎ IN FARMACIA
LE MICROPLASTICHE
La farmacia come centro di prevenzione
Impatto sull’ambiente e potenziali rischi per la salute umana
6 Delle Arti
52 Apotheca & Storia
Intervista al Maestro Rodolfo Papa sulla Cappella della Madonna del Perdono
L’influenza spagnola
LA “BELLEZZA IN USCITA”
LE EPIDEMIE NELLA STORIA /4
18 Fitoterapia & Nutrizione LA NOCE (JUGLANS REGIA L.)
Un alimento ad attività antitumorale
28 Fitoterapia & Nutrizione LATTOFERRINA
Nuovi approcci terapeutici
34 Ars veterinaria
LEISHMANIOSI NEL CANE
Responsabile della redazione e del progetto gra1ico: Ignazio Nocera Redazione: Valeria Ciotta, Elisa Drago, Rossella Giordano, Christian Intorre, Federica Matutino, Giorgia Matutino, Carmen Naccarato, Silvia Nocera, Giusi Sanci. Contatti: theriake@email.it Theriaké via Giovanni XXIII 90/92, 92100 Agrigento (AG). In copertina: Rodolfo Papa durante la realizzazione dei dipinti parietali della Cappella della Madonna del Perdono. Chiesa del Ss. Sacramento, Roma (Tor de’ Schiavi). Photo credits Rodolfo Papa. Questo numero è stato chiuso in redazione il 15 – 12 – 2020
Collaboratori: Pasquale Alba, Giuseppina Amato, Carmelo Baio, Francisco J. Ballesta, Vincenzo Balzani, Francesca Baratta, Renzo Belli, Irina Bembel, Paolo Berretta, Mariano Bizzarri, Elisabetta Bolzan, Paolo Bongiorno, Samuela Boni, C. V. Giovanni Maria Bruno, Paola Brusa, Lorenzo Camarda, Fabio Caradonna, Carmen Carbone, Matteo Collura, Alex Cremonesi, Salvatore Crisafulli, Fausto D'Alessandro, Gabriella Daporto, Gero De Marco, Irene De Pellegrini, Corrado De Vito, Roberto Di Gesù, Gaetano Di Lascio, Danila Di Majo, Claudio Distefano, Vita Di Stefano, Carmela Fimognari, Luca Matteo Galliano, Fonso Genchi, Carla Gentile, Laura Gerli, Mario Giuffrida, Andrew Gould, Giulia Greco, Giuliano Guzzo, Ylenia Ingrasciotta, Maria Beatrice Iozzino, Valentina Isgrò, Pinella Laudani, Anastasia Valentina Liga, Ciro Lomonte, Roberta Lupoli, Irene Luzio, Erika Mallarini, Diego Mammo Zagarella, Giuseppe Mannino, Massimo Martino, Giovanni Noto, Roberta Paciaici, Roberta Palumbo, Rodolfo Papa, Marco Parente, Fabio Persano, Simona Pichini, Irene Pignata, Annalisa Pitino, Valentina Pitruzzella, Renzo Puccetti, Carlo Ranaudo, Lorenzo Ravetto Enri, Salvatore Sciacca, Luigi Sciangula, Alfredo Silvano, Gianluca Triairò, Emidia Vagnoni, Elena Vecchioni, Fabio Venturella, Margherita Venturi, Fabrizio G. Verruso, Aldo Rocco Vitale, Diego Vitello. In questo numero: Carmen Carbone, Gabriella Daporto, Vita Di Stefano, Carmela Fimognari, Rossella Giordano, Giulia Greco, Ignazio Nocera, Giusi Sanci.
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Anno III n. 30 – Novembre – Dicembre 2020
Architettura in Farmacia
PROGETTO
PRODUZIONE
CONTRACT
PHARMATEKNICA è specializzata nella progettazione e produzione di arredamenti espositivi e tecnici su misura per la farmacia; partner WILLACH nella commercializzazione di cassetti per farmaci da banco e a colonna, utilizza superfici in HI-MACS, KRION, FENIX. I materiali utilizzati sono conformi agli standard ambientali. Oltre alla produzione di arredi, pharmateknica, si pone come interlocutore unico “general contractor” per la realizzazione o ristrutturazione della Vostra farmacia.
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Attualità
I NUOVI SERVIZÎ IN FARMACIA La farmacia come centro di prevenzione
Gabriella Daporto*
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l ruolo del farmacista nella società sta cambiando, anche in seguito alla situazione sanitaria che sta vivendo. Si è passati dalla sola dispensazione dei farmaci su prescrizione di un tempo, al consiglio personalizzato di prodotti per la salute, il benessere e la bellezza, ;ino a prevedere oggi una vera e propria partnership con il medico di base. La farmacia deve ri;lettere sul suo posizionamento, e chiedersi se vuole essere una farmacia di servizio, non clonabile dall’on-line, o una farmacia di prezzo (se non ci sono idee e valori rimane solo il prezzo). Le politiche sui prezzi non pagano più, la domanda preferisce consulenza professionale e innovazione e la farmacia dei servizi può essere il punto di svolta per la professione, dando un sostanziale impulso all’ef;icienza e al potenziamento dell’assistenza sanitaria territoriale e alla sostenibilità del SSN. La farmacia dei servizi è una realtà prevista e ;inanziata da una legge dello Stato (Legge 69/2009 e dal Dlgs 153/2009 di Bilancio). Il modello è quello disegnato da FOFI e ripreso dalle linee guida della sperimentazione regionale. Da un punto di vista della gestione dell’impresa farmacia, i servizi af;idabili e ben strutturati permettono di reclutare e Eidelizzare nuovi clienti/pazienti e di promuovere anche le vendite abbinate di prodotti complementari. Si potenziano infatti le occasioni di contatto, si creano più ingressi e si recupera autorevolezza alzando il valore percepito, riposizionandosi e differenziandosi. Prima di passare ai servizi occorre però essere un team af;iatato, in farmacia tutti devono volere il cambiamento e bisogna essere già forti sugli aspetti fondamentali: il consiglio/cross selling e il lay out e display merceologico. In;ine è importante avere una strategia, l’azione senza una visione può essere un incubo, ma una visione senza azione rimane solo un sogno.
È importante strutturare i servizi in base all’offerta merceologica e alla specializzazione (che tipo di farmacia sono?), al target della clientela e all’af;idabilità e credibilità dei servizi stessi. Quattro sono le categorie in cui i servizi possono essere declinati: il beauty, la prevenzione, il supporto alle cure mediche e i servizi innovativi e digitali. 1. I servizi beauty sono di tipo esperienziale (non ti vendo solo il prodotto, ma anche l’esperienza che ne deriva) come ad esempio il bar cosmetico per la degustazione sensoriale (prova prodotti con testeur/ campioni) e l’atelier di trucco e camou4lage, particolarmente importante per il sostegno a persone con difetti cutanei o in terapia oncologica. Il servizio di check up della pelle e dei capelli con apparecchi e il relativo consiglio nutri-cosmetico personalizzato è il cuore dei servizi beauty che permette di formulare protocolli ad hoc per ogni esigenza. I trattamenti professionali con l’estetista completano in;ine l’offerta e contribuiscono a comunicare un’immagine specializzata della farmacia. Non bisogna dimenticare in questo ambito la teledermatologia, per la prevenzione del melanoma e di altre patologie cutanee. 2. I servizi di prevenzione e monitoraggio devono coinvolgere sempre più le farmacie. Gli anziani aumenteranno sempre più, si veri;icherà un incremento delle patologie croniche, e la possibilità di poter effettuate controlli periodici in farmacia sarà sicuramente un’opportunità da non tralasciare. Si parte dal controllo del peso, del BMI, del m e t a b o l i s m o b a s a l e ( c o n b i l a n c i a i m p e d e n z i o m e t r i c a ) , d e l l ’ i n d i c e gl i c e m i c o postprandiale e dalla relativa consulenza nutrizionionale senza tralasciare i test per le intolleranze alimentari, la celiachia e la gluten s e n s i v i t y . S i p a s s a p o i a l l a p reve n z i o n e cardiovascolare, del diabete e dei tumori, grazie alle autoanalisi e ai test del sangue occulto nelle feci,
*Farmacista, responsabile della formazione presso aziende multinazionali del canale farmaceutico e cosmetico. Piani<ica percorsi formativi su dermocosmesi, marketing, vendite e servizî per aziende farmaceutiche e cosmetiche, della distribuzione intermedia, dei servizî e per farmacie indipendenti.
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Attualità
alla telecardiologia o semplicemente con la misurazione della pressione. Nell’ambito della prevenzione, i servizi “donna” comprendono i test di gravidanza, test di ovulazione e di menopausa, densitometria ossea, test per la circolazione nelle gambe e protocolli speci;ici per combattere l’invecchiamento. 3. I servizi a supporto delle cure mediche comprendono l’aderenza terapeutica in primis, a cui si aggiunge la collaborazione di professionisti esterni come l’infermiere (vaccinazioni e medicazioni), il ;isioterapista, il podologo, lo psicologo, l’ottico e l’audiometrista, CUP e ADI, nonché le preparazioni galeniche. 4. I servizi innovativi e digitali sono decollati durante l’epidemia e prevedono la ricetta elettronica dematerializzata e l’app dei servizi. L’integrazione tra negozio ;isico e virtuale prevede anche gli acquisti con consegna a domicilio, il parcel locker, il farmacista on-line, il consulto medico H24, ed in;ine i sospesi possono essere gestiti con l’home delivery e il tagliacode. Da non dimenticare in;ine la carta fedeltà e l’e-commerce. Il marketing mix dei servizi è essenziale per fare dei servizi la chiave di svolta per la farmacia. I servizi possono essere autogestiti dai collaboratori della farmacia (tutto il team deve essere coinvolto), oppure promossi dall’industria per campagne educazionali o per check up con apparecchi particolari. È importante sottolineare che le
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animazioni commerciali si differenziano dai servizi perché sono azioni promozionali, per un lancio importante, per esaurire uno stock o in occasione di feste ed eventi. Il marketing dei servizi comprende diverse fasi che vanno dal lancio, alla comunicazione in store e digitale, al corner dedicato. La standardizzazione delle modalità di erogazione è importante perché Il cliente deve poter ricevere un servizio “uniforme” i n d i p e n d e n t e m e n t e d a c h i l o e r o g a . L a pianiEicazione deve essere fatta in base alla stagionalità, alle esigenze della clientela, ai nuovi lanci, alla partnership con l’industria e al personal branding farmacia. Si devono prevedere in tempo utile la disponibilità del personale di servizio, i prodotti complementari da abbinare, un’eventuale marca sponsor e i materiali (apparecchi per erogare i servizi, inviti, lea4let, campionatura, gadget). Ultimo step è sicuramente l’analisi della reddittività dei servizi, occorre infatti quanti;icare il sell out a valore/volume, valutare la qualità del servizio e informare tutto il team dei risultati raggiunti.
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Delle Arti
LA “BELLEZZA IN USCITA” Intervista al Maestro Rodolfo Papa sulla Cappella della Madonna del Perdono Ignazio Nocera
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l 25 ottobre scorso è s t a t a i n a u g u ra t a a Roma nella chiesa del SS. Sacramento a Tor de’ Schiavi la Cappella della Madonna del Perdono, realizzata dal nostro Rodolfo Papa, che qui, nella nostra rivista conosciamo p r i n c i p a l m e n te c o n s to r i c o dell’arte. Il Maestro Papa è in realtà un artista, oltre che uno storico e Eilosofo dell’arte, ed abbiamo potuto apprezzare alcuni suoi dipinti nelle illustrazioni che hanno accompagnato alcuni suoi articoli pubblicati lo scorso anno. Il parroco don Maurizio Mirilli — noto per i suoi libri tra cui Un briciolo di gioia...purché sia piena con premessa di Papa Francesco (ed. San Paolo, 2018) — ha pensato di far dipingere al maestro Rodolfo Papa il tema della Pentecoste nella cappella del Perdono, dove solitamente è c o l l o c a t o i l q u a d ro c o n l a Madonna del Perdono, immagine su legno molto venerata nel territorio di quella parte della città. Del resto, il Maestro Papa, ha realizzato nel corso dei decenni interi cicli decorativi in chiese e cattedrali in Italia ed all’estero; ultimamente ha dipinto quattro tele per il santuario carmelitano di Seremban in Malesia e la pala d’altare con l’Immacolata per la chiesa della Madonna della Pace a Sharm El Sheik in Egitto.
Figura 1. Roma (Tor de’ Schiavi). Interno della Chiesa del SS Sacramento, Cappella del Perdono.
DOMANDA: L’esecuzione della cappella è stata realizzata nei mesi scorsi, proprio tra il periodo della chiusura totale e la progressiva riapertura primaverile ed estiva del periodo della pandemia. Don Maurizio Le commissionò la decorazione della Cappella, poco prima della chiusura
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di marzo; Papa Lei l’ha pensata e ne ha disegnato i cartoni nella solitudine del Suo studio proprio durante marzo e aprile e ha cominciato a dipingerla non appena è stato possibile, muovendosi nella quotidianità di una parrocchia, ormai fatta di
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Delle Arti Rodolfo Papa, pittore, scultore, teorico, storico e Eilosofo dell’arte. Esperto della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Docente di Storia delle teorie estetiche presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose Sant’Apollinare, Roma; il Master di II Livello di Arte e Architettura Sacra dell’Università Europea, Roma; l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Santa Maria di Monte Berico, Vicenza; la PontiEicia Università Urbaniana, Roma. È Accademico Ordinario della PontiEicia Insigne Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon. Presidente della Accademia Urbana delle Arti. Tra i suoi scritti si contano circa venti monograEie e alcune centinaia di articoli (“Arte Cristiana”; “Euntes Docete”; “ArteDossier”; “La vita in Cristo e nella Chiesa”; “Via, Verità e Vita”, “Frontiere”, “Studi cattolici”; “Zenit.org”, “Aleteia.org”; …). Come pittore ha realizzato interi cicli pittorici per Basiliche, Cattedrali, Chiese e conventi (Basilica di San Crisogono, Roma; Basilica dei SS. Fabiano e Venanzio, Roma; Antica Cattedrale di Bojano, Campobasso; Cattedrale Nostra Signora di Fatima a Karaganda, Kazakistan; Eremo di Santa Maria, Campobasso; Cattedrale di San PanEilo, Sulmona; chiesa di san Giulio I papa, Roma; San Giuseppe ai Quattro Canti, Palermo; Sant'Andrea della Valle, Roma …).
disinfettante e distanziamenti, ma soprattutto tra le paure e le speranze contemporanee. È stato difGicile pensare, disegnare e preparare i cartoni esecutivi in un periodo come questo? Quali difGicoltà ha incontrato nella realizzazione di questo capolavoro?
rischiava di deconcentrarmi nell’intento continuo di una focalizzazione degli obiettivi e dei mezzi per raggiungerli. È stato, inoltre, difEicile trovare i materiali necessari, quando i negozi erano chiusi, ed in seguito, dopo la riapertura, perché spesso erano privi di rifornimenti. Ma sono riuscito ad uscire presto da questa angoscia, e mi sono imposto nuove abitudini di lavoro. Sveglia al mattino, alle 7.30 la Santa Messa celebrata dal Santo Padre e trasmessa in diretta TV dalla chiesa di Santa Marta in Vaticano, colazione e poi immediatamente nel mio studio Eino a sera, lavorando prima agli schizzi, poi ai disegni ed inEine ai cartoni che mi hanno richiesto alcuni mesi.
PAPA: Potrei rispondere che le difEicoltà nella progettazione di un’opera così complessa sono sempre grandissime, ma non sarebbe una risposta sincera e veritiera. Nei mesi di chiusura totale, in un isolamento forzato, il lavoro si è sviluppato in un silenzio irreale. Nessun rumore giungeva dalle strade adiacenti il mio studio, nessun rumore di trafEico, nessuno schiamazzo, nessuna sirena, nulla irrompeva a turbare la DOMANDA: E quindi come quiete del mio lavoro. «Il mio metodo […] è quello di studiare ha scelto la composizione P o t r e m m o d i r e , u n a l’ambiente, misurarlo attentamente, ed il linguaggio per questa c o n d i z i o n e i d e a l e , osservare le diverse luci che durante la splendida Cappella della n e s s u n a t e l e f o n a t a giornata entrano nello spazio da dipingere, Madonna del Perdono? i m p o r t u n a , n e s s u n o e calcolarne gli effetti sulla resa cromatica, PAPA: Il mio metodo, che scocciatore al citofono, assorbire interiormente la gamma dei toni ho acquisito Ein dai tempi nulla, veramente nulla. In dei colori circostanti e ragionare a partire i n c u i s t u d i a v o a l l a passato, ho invidiato da essa» Facoltà di Architettura m o l t i s s i m o D u c c i o , all’università La Sapienza perché il Comune di Siena di Roma, è quello di studiare l’ambiente, misurarlo impose il silenzio assoluto nelle strade attorno al suo attentamente, osservare le diverse luci che durante la studio per non disturbarne la preghiera ed il lavoro giornata entrano nello spazio da dipingere, e durante la realizzazione della Maestà, e però quando calcolarne gli effetti sulla resa cromatica, assorbire a marzo ed aprile il silenzio avvolgeva il mio lavoro, interiormente la gamma dei toni dei colori questo non mi rendeva felice. Già, quella sospensione circostanti e ragionare a partire da essa. In altre forzata, quel distanziamento innaturale, quella parole, studiare il contesto per creare una pittura che mancanza di relazioni umane, rendeva tutto abbia lo scopo di risultare consustanziale con paradossale, tanto che il tempo inEinito a l’intero. Infatti, una volta Einito l’intervento pittorico, disposizione, come quando eravamo bambini, si deve riuscire ad ottenere l’impressione che quel rischiava di stringersi irrimediabilmente, invece di dipinto ci sia sempre stato, che accompagni e non dilatarsi. Appunto, paradossalmente, il tempo a alteri il senso architettonico del luogo. Norberg disposizione, in quanto inusitatamente troppo,
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Delle Arti
Figura 2. Cappella del Perdono (allestimento) dettaglio con angeli e Apostoli parete frontale. Photo credits Rodolfo Papa.
uniEicante sotto tutti i punti di vista. Dunque lo scopo era rendere lo spazio più grande annullando le pareti architettoniche, creare una continuità linguistica che principalmente mettesse in evidenza le tre dimensioni del cielo, ovvero quello mondano della città, quello spirituale della comunità dei santi e quello divino della volta. La volta di fatto non c’era ma l’ho costruita pittoricamente, con l’illusione prospettica delle nuvole, ed era indispensabile per raccontare il luogo dal quale discende lo Spirito Santo e ci offre i suoi sette doni. Ho cercato di dipingere spazio cosmico, spazio spirituale e spazio mondano in continuità linguistica, cromatica e prospettica. Un altro elemento importante della composizione generale è costituito dal ruolo del luogo, cioè proprio la piazza dove sorge la chiesa che ho riproposto nel registro inferiore della parete principale, in modo che la porzione della città, la piazza della periferia, offra una riElessione sul rapporto tra chiesa e spazio urbano, come nelle città ideali di Urbino, dove la chiesa è al centro della città. Nella cappella ho voluto restituire la centralità allo spazio sacro, da cui deriva il signiEicato di tutta la vita sociale e politica, proprio nel senso di polis, mentre di fatto l’urbanistica contemporanea al massimo mette la chiesa tra i servizi, tra il centro commerciale
Schulz avrebbe parlato del genius loci, ma senza scomodare spiriti antichi alla ricerca di una fenomenologia esistenzialista, potrei dire che è necessario rispettare l’atmosfera del luogo, senza porsi in contrapposizione ideologica, soprattutto se si stiamo parlando di arte sacra. Invece, spesso l’artista vanta diritti e cerca d’imporsi persino sulla liturgia. Il compito dell’artista, a mio modo di vedere, è invece, quello più difEicile di entrare in armonia con l’insieme, e semmai portare alla esplicitazione del senso, a volte inespresso o espresso male dall’architettura in cui si sta intervenendo. Quindi la composizione deve partire da una attenta analisi del luogo. In questo caso, lo spazio non molto grande della Cappella doveva essere dilatato e reso immenso, per dare l’impressione prospettica adeguata alla visione del fedele in preghiera, in ginocchio davanti alla immagine della Madonna del Perdono. Ho di fatto cucito attorno al dipinto preesistente uno spazio su misura, una atmosfera cromatica totalmente coordinata con i toni del manto della Vergine e degli angeli, in relazione alla luce che dalle due Einestre entra nella stanza. Dopo aver scelto la linea guida, ovvero l’unitarietà dello spazio al Eine di dilatarlo, mi sono convinto che la soluzione deEinitiva fosse nella scelta del cielo come elemento
Figura 3. Cappella del Perdono (allestimento) soffitto e parete frontale, Photo credits Rodolfo Papa.
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Delle Arti
Figura 4. Cappella del Perdono (allestimento) Rodolfo Papa durante la realizzazione dei dipinti parietali, Photo credits Rodolfo Papa.
e il centro sportivo, snaturando così il senso comunitario della città, ridotta alle sue sole funzioni.
sacra ha un compito ancor più alto, quello di ediEicare l’uomo, di portarlo con il pensiero a Dio, come del resto è sempre accaduto e come ci DOMANDA: Perché allora dipingere un capolavoro in insegnano per esempio gli scritti sempre attuali di periferia? La parrocchia del Ss. Sacramento si erge in san Giovanni Damasceno e del cardinal Gabriele una piazza periferica tra la via Prenestina e il Paleotti. Dunque, la risposta alla sua domanda è che quartiere di Centocelle, luoghi lontani dai capolavori proprio in periferia c’è più bisogno di bellezza. dell’arte e spesso lontani dalla cultura. Che senso ha Proprio in periferia c’è bisogno di sacro. Se parliamo farlo proprio qui? di “Chiesa in uscita” allora dobbiamo parlare necessariamente di “bellezza in uscita”, perché non si PAPA: Come dicevo prima, la dimensione sacra è la può parlare di Dio attraverso la bruttezza. Alcuni dimensione che uniEica gli spazi urbani. La chiesa è il architetti che conosco, tessuto connettivo di una animati sicuramente da città, e nel contempo ne è «[…] proprio in periferia c’è più bisogno di molte buone intenzioni, il cuore pulsante. Se si bellezza. Proprio in periferia c’è bisogno di hanno progettato nelle comprende questo, si sacro. Se parliamo di “Chiesa in uscita” periferie del mondo, c o m p r e n d e c o m e allora dobbiamo parlare necessariamente di soprattutto nelle favelas produrre capolavori in “bellezza in uscita”, perché non si può brasiliane, chiese a basso periferia sia la cosa più costo realizzate con il parlare di Dio attraverso la bruttezza» u r g e n t e d a f a r e . riciclo di materiali, a Consideriamo che se partire dalle immense l’arte in sé può aiutare a raccolte di riEiuti posti vicini a questi luoghi. restituire uno sguardo più umano, più poetico e più Sembrerebbe una bella idea, ma di fatto sembra estetico a luoghi francamente molto brutti, come nascondere una certa ipocrisia, come se la bellezza molti stanno oggi affermando dipingendo su non fosse per tutti o fosse legata solo alla ricchezza. anonime facciate di case popolari, tanto più l’arte Ho scritto tanto su questo argomento: la bellezza non
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Figura 5. Cappella del Perdono (allestimento) dettaglio volta, Photo credits Rodolfo Papa.
è legata alla ricchezza ma alla santità, ed è per tutti, PAPA: Qui la risposta non può che essere lapidaria, deve essere per tutti. Che dimensione del sacro può ha già risposto Cristo stesso alla medesima obiezione essere proposta senza bellezza? Quale prospettiva posta da uno degli apostoli che lamentava lo spreco trascendente viene così offerta in una dimensione di di un preziosissimo profumo di nardo per ungere i dolore e povertà? Tutto è orizzontale, tutto è uguale: piedi del Signore e aggiungerei anche il commento sembra essere offerto un messaggio privo di dello stesso evangelista sulle intenzioni ed il speranza e di redenzione, senza eleganza né gioia. carattere dell’obiettore. L’arte ha molte dimensioni L’annuncio del Vangelo è nella declinazione della sua annuncio di bellezza, come dimensione sacra. Prima di «[…] l’arte sacra è proprio assimilabile alla ci dicono i Padri della tutto kerigmatica, poi Chiesa e poi via via tutti gli unzione dei piedi del Signore con un profumo catechetica, poi spirituale, altri maestri dello spirito prezioso» poi ancora contemplativa, che sono venuti dopo. La ed anche parenetica, che è v i a p u l c h r i t u d i n i s è appunto la dimensione imprescindibile. Quindi le rispondo così: dove morale, oltre alla ovvia ed importantissima dipingere capolavori, ediEicare chiese bellissime e dimensione liturgica. È necessaria al culto, dove piene di arte vera, se non proprio in periferia? raggiunge le vette altissime del sublime, ma tutte le altre dimensioni connesse ed inseparabili non posso DOMANDA: Dunque, la bellezza in periferia è una essere dimenticate. Dunque l’arte sacra è proprio scommessa vincente, fondata sulla convinzione che la assimilabile alla unzione dei piedi del Signore con un bellezza sia motivo di riscatto e di crescita. Ma profumo prezioso. Quindi se si vuole aiutare le qualcuno potrebbe obiettare, che con tanti poveri, quei persone in difEicoltà, come ci indica saggiamente la soldi, tanti soldi potevano spendersi in ben altro modo, Chiesa, al Eianco delle Sette Opre di Misericordia ad esempio comprando viveri. Lei cosa risponderebbe Corporale, che ci obbligano a prenderci cura del a queste critiche? prossimo in tutte le dimensioni del corpo, ci sono
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Delle Arti che non ammettono la bellezza come orizzonte e Eine dell’arte, e anche quelle che mettono al centro una merciEicazione dell’arte Eino alla nulliEicazione nel culto del consumo. L’opera d’arte in questa prospettiva è opera di misericordia spirituale. Non solo, ma le arti devono essere per il culto e nel contempo per il popolo di Dio, rispettando l’uno si pongono al servizio parenetico dell’altro, e non comprendere questa relazione, rischia di spostare la questione dell’arte sacra in lidi e territori fumosi, quanto pericolosi, che alcuni praticano a volte per disinformazione, altre volte per superbia. DOMANDA: Ma quindi lo scopo dell’arte e dell’arte sacra in particolare, come ci ricorda la Sacrosanctum Concilium, è anche quello di ediGicare la persona, di dare una indicazione di tipo morale, appunto parenetica. Ma allora come si concilia questo con alcune scelte aniconiche, o astratte o informali che sempre più ci capita di vedere nelle chiese? L’arte non dovrebbe rispettare il sensum Eidei e quindi essere comprensibile sia nelle forme che nel linguaggio, tanto da svolgere il ruolo parenetico?
Figura 6. Cappella del Perdono (allestimento) dettaglio con angelo e apostoli parete frontale, Photo credits Rodolfo Papa.
PAPA: Addirittura nella Sacrosanctum Concilium si legge che se un’opera già collocata in chiesa, dovesse offendere il sensum Gidei, ed il popolo dovesse quindi averne riprovazione o se ne sentisse in qualunque modo offeso, tale opera andrebbe immediatamente rimossa. L’arte sacra, come ho già detto, serve al culto, ovvero esaltare nella bellezza la comprensione del culto, per quanto umanamente possibile, serve alla catechesi, serve alla contemplazione, serve alla
anche le Sette Opere di Misericordia Spirituale che sono parimenti importanti ed imprescindibili. Bene, le arti, come ci insegna la Sacrosanctum Concilium, hanno anche il compito di formare il fedele dal punto di vista catechetico e morale, perché la bellezza in quanto trascendentale e attributo di Dio, deve partecipare sempre alla vita spirituale della Chiesa in ogni sua forma. Del resto San Paolo VI espresse un principio i m p r e s c i n d i b i l e n e l l a costruzione di un vero cantiere d e l l a b e l l e z z a , e l o f e c e ribadendo che una vera teoria e s t e t i c a d e v e e s s e r e subordinata ad una corretta teoria morale, escludendo tutte quelle ipotesi estetizzanti, che lavorano per se stesse ed in maniera autoreferenziale, ed anche tutte quelle che negano Figura 7. Rodolfo Papa, Cappella del Perdono (allestimento) dettaglio parete sinistra, Photo una relazione con tutto l’intero, credits Rodolfo Papa.
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Delle Arti e dunque una scelta. Tutto ciò che è interessante diviene stimolo: riElessione che alle volte rimane sul conEine, perché oltre non si può seguire; altre volte penetra nel più profondo e si addensa attorno ad un concetto che diviene una ulteriore sEida per cercare “nuova carne” per dire la Parola, come Papa Francesco ci chiede nella Evangeli Gaudium al n. 167. Certamente le rivoluzioni, che i nostri bisnonni hanno voluto fare nel mondo dell’arte all’inizio del XX secolo, oltre cento anni fa, sembrano veramente poco utili e del tutto esterne al percorso dell’arte sacra. Oggi, dopo tante esperienze sperimentate, di cui molte fallimentari o inutili, si sta Einalmente comprendendo che la giusta via è quella di guardare al futuro senza nostalgie e bisogna ammettere che la fedeltà alle avanguardie di un secolo fa è spesso pura nostalgia, addirittura una forma di tradizionalismo. La via giusta, percorsa sempre più dai giovani in giro per il mondo, è portare il testimone in una fase innovativa dei simboli, delle forme se necessario, del linguaggio per renderlo più comprensibile ai nostri c o n t e m p o r a n e i , m a n t e n e n d o s e m p r e u n profondissimo legame con tutta la splendida storia dell’arte cristiana. Sono venti secoli di bellezza, di ricerca e di fecondità che non si possono tradire né con l’irrigidimento in revanscismi e revivals soffocanti ed anacronistici, né con devastanti Figura 8. Cappella del Perdono, dettaglio con San Bartolomeo e il abbandoni della sequenza logica di riElessioni pavone, Photo credits Rodolfo Papa. millenarie su lingua, segni e compiti. Se si abbandona vita spirituale ed anche alla vita quotidiana, giacché quella via di legame con quanto costruito nei secoli fornisce esempi morali, dunque possiamo affermare sulle questioni d’arte all’interno dell’arte cristiana, che ha il dovere di essere a servizio, deve svolgere un accade come quando ci si pone fuori dalla tradizione ruolo di subordinazione apostolica, si esce da una e d i n n e s s u n m o d o identità certa per trovarsi prevaricare o travisare la «Ogni stimolo, ogni sollecitazione che mi in un luogo nebuloso, giunge da ogni forma d’arte è per me una Parola di Dio. Quindi, se incerto e pericoloso. Per queste forme d’arte, che krisis, che mi permette e mi impone un r i s p o n d e r e p i ù nascono in ben altre discernimento, un giudizio e dunque una chiaramente, io cerco contrade e con diversi scelta» s e m p r e d i e s s e r e i n t e n t i , n e a n c h e inclusivo con tutto quanto c o n t e m p l a n o l a c’è d’interessante che si possibilità di asservirsi alla Parola per diffonderla e possa portare dentro il sistema d’arte cristiano per portare le menti ed i cuori degli uomini a Dio, non si viviEicarlo ed innovarlo. possono utilizzare. DOMANDA: Dunque ha affrontato la sGida compositiva DOMANDA: Ma, allora non si può utilizzare nulla di del progetto della Cappella innovando la tradizione. Ci quanto vediamo oggi nelle forme delle varie correnti può spiegare il Suo lavoro di studio e di ricerca per artistiche nella contemporaneità? Lei come si giungere a questa innovazione iconograGica. comporta nei confronti di tali esperienze artistiche? PAPA: Ho sempre ritenuto necessario non ridurre la PAPA: Ogni stimolo, ogni sollecitazione che mi giunge dimensione artistica semplicemente ad un fare da ogni forma d’arte è per me una krisis, che mi puramente poietico, ma di nutrire sempre la mia permette e mi impone un discernimento, un giudizio ricerca in modo ampio. Quindi al Eianco del disegno,
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Delle Arti che il sistema d’arte cristiano costruisce nel corso dei secoli si nutre di immagini allegoriche che vengono tratte dalla Bibbia, interpretate dai Padri della Chiesa e messe a disposizione delle botteghe degli artisti, oltre che dei predicatori. Quelle immagini che hanno nutrito Dante, Petrarca e Boccaccio e che hanno fornito materiale a Giotto, Leonardo, Caravaggio, Tiepolo, Dalì Eino ai nostri giorni, sono la c h i a v e p e r c o s t r u i r e u n a d i m e n s i o n e d i n a m i c a d e l sistema d’arte ed innovare. Come diceva papa Stefano I, Nihil innovetur nisi quod traditum est, questa è la vera innovazione. DOMANDA: Maestro Papa, Lei ha trasformato la cappella in una grande epifania cosmica: il sofGitto diventa volta cosmica. Dialogando con la iconograGia tradizionale, ha inserito piante e animali dal valore simbolico ma anche segni nuovi, tra cui una mascherina chirurgica. Questa è innovazione? PAPA: Certamente, innovare signiEica proprio questo. Di fatto l’innovazione non implica un tradimento di ciò che è stato trasmesso come un testimone di generazione in generazione, ma implica invece uno spostamento costante, una apertura, una Figura 9. Cappella del Perdono, parete frontale, Photo credits Graziano Perillo. acquisizione di dati nuovi da elaborare e da ordinare. Le piante, che ho inserite, gli uccelli che in parte sono della pittura, delle riElessioni sull’architettura, ho appollaiati ieraticamente ed in parte volano come in praticato e pratico la storia dell’arte e la EilosoEia una voliera, riconducono dell’arte, e soprattutto ad antichi signiEicati, che l’iconologia, che è per me «[…] senza uno studio approfondito della mutuati da diverse fonti il vero nutrimento della h a n n o c o s t i t u i t o i l dimensione artistica. relazione che intercorre tra patristica, p r e z i o s o p a t r i m o n i o Credo infatti, che senza oratoria e segno allegorico, difficilmente si linguistico offerto alla uno studio approfondito potrà uscire dal pantano in cui ci troviamo» d i m e n s i o n e n a r ra t iva d e l l a r e l a z i o n e c h e s e c o n d o i l m o d e l l o intercorre tra patristica, evangelico parabolico ed organizzato secondo regole oratoria e segno allegorico, difEicilmente si potrà oratorie, in grado di rintracciare Eigure utili ad una uscire dal pantano in cui ci troviamo. Il linguaggio
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Delle Arti dipinta; già fra qualche anno sarà come un memento di quanto abbiamo vissuto, patito e superato con l’aiuto della Provvidenza. L’arte a volte conquista una connotazione storica, documentaria, oltre che devozionale e spirituale, come i n q u e s t o c a s o c o n l’introduzione della mascherina c h i r u r g i c a . L a c r o n a c a , commentata in una dimensione spirituale, acquisisce dopo qualche tempo una dimensione storica, e si conquista poi la dimensione di simbolo di una intera generazione. L’arte si innova, sapendo utilizzare Figura 10. Cappella del Perdono, dettaglio parete frontale, Photo credits Graziano Perillo. segni quotidiani, facilmente comprensibili da tutti, in una comunicazione chiara. Del resto, il vero compito dimensione linguistica oratoria. Così è stata molto dell’arte cristiana è quello i m p e g n a t iva a n c h e l a di porre in evidenza le «Il linguaggio che il sistema d’arte cristiano volontà di cimentarmi con verità di fede, i principî, i l’iconograEia dello Spirito costruisce nel corso dei secoli si nutre di m o d e l l i m o r a l i e S a n t o , c h e h o q u i immagini allegoriche che vengono tratte collaborare nelle pratiche rafEigurato come fonte di devozionali. Per esempio, il dalla Bibbia, interpretate dai Padri della l u c e d a l l a q u a l e s i Chiesa e messe a disposizione delle botteghe Eico in combinazione con il dipartono sette altre luci pavone sopra la Eigura di degli artisti, oltre che dei predicatori» laterali a simboleggiare i san Bartolomeo, afEiancata sette doni, prendendo a sua volta dalla pianta della Candelaria, è tutto direttamente le forme dell’Inno e dalla Sequenza, che insieme un chiaro riferimento al riconoscimento così raccontano e cantano lo Spirito Santo. Il cielo si della via, nella persona di Cristo, verso il Paradiso. Sopra questa scena alcuni passeri sfuggono all’attacco di una averla, piccolo r a p a c e , c h e i n t u t t a e v i d e n z a s i m b o l e g g i a l’attacco che le anime subiscono da parte del Diavolo, e, rifugiandosi tra le foglie del Eico, trovano riparo. Siamo nella Cappella della Madonna del Perdono, e del resto non potevano m a n c a r e r i f e r i m e n t i proprio al tema del peccato e della grazia. Ho dipinto la mascherina chirurgica come ex voto, come segno a futura memoria del periodo in cui la cappella è stata Figura 11. Cappella del Perdono, dettaglio con angeli parete frontale, Photo credits Graziano Perillo.
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Figura 12. Cappella del Perdono, dettaglio parete frontale, Photo credits Graziano Perillo.
muove tutto attorno aprendo una visione celeste che richiama le cupole antiche, e quindi una gigantesca cosmograEia.
Una grande incamottatura di tela di lino mi ha permesso di ridurre lo strato di imprimitura a gesso e al contempo di proteggerla attraverso l’elasticità del tessuto. La seconda parte dell’innovazione è invece nei colori, che preparo personalmente con degli olii particolari, e nel medium, che ha al proprio interno una soluzione di cera che rende i colori stendibili ed opachi al contempo. Credo che il segreto di una buona qualità pittorica risieda anche in una ricerca costante sui materiali, sulle tecniche, sui medium e sulle procedure che si devono costantemente mettere a punto. Il mio faro sono i grandi artisti che nel corso della loro vita hanno saputo sperimentare anche con il coraggio del possibile fallimento. Leonardo è tra questi il
DOMANDA: Dunque, questa rafGigurazione celeste sovrasta la stessa grande piazza in cui si erge la chiesa della Parrocchia, dipinta nel registro inferiore; che signiGicato ha questa composizione che mette il dipinto della Madonna del Perdono al centro tra cielo e terra? PAPA: Maria mostra la strada, Maria ci mostra da dove viene il Perdono, ovvero dal Figlio, il Verbo Incarnato, la seconda Persona della Trinità, che congiunge cielo e terra ricollegando quell’originaria relazione tra uomo e Dio, spezzata dal peccato originale dei nostri progenitori. Tutta la cappella è stata da me dipinta con questa prospettiva: mettere Maria al centro delle nostre suppliche, sospesa appunto tra cielo e terra, per soccorrerci mostrandoci con le mani tese il Figlio, Gesù il Cristo, il pharmakós. DOMANADA: Quale tecnica e che tipo di materiali ha utilizzato per eseguire quest’opera? PAPA: La tecnica, che ho elaborato nel corso degli anni, è una tecnica innovativa, che riposa su molte esperienze del passato, come la pittura ad olio su parete di Leonardo o del Pomarancio. Da queste opere ne riprendo l’idea, stravolgendone però le modalità esecutive. Infatti, ho introdotto nella stesura dell’imprimitura, uno strato che la possa accogliere senza renderla fragile e senza esporla direttamente a contatto con l’intonaco sottostante.
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Figura 13. Cappella del Perdono, dettaglio parete frontale, Photo credits Graziano Perillo.
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Figura 14. Cappella del Perdono, parete sinistra, Photo credits Graziano Perillo.
più grande di tutti, perché un innovatore instancabile. DOMANDA: All’inizio della nostra conversazione Lei ha ricordato che durante il periodo di chiusura totale era solito partecipare alla Santa Messa del Papa trasmessa in TV. Quanto sono importanti la preghiera e la meditazione per un artista come Lei? PAPA: L’arte, e l’arte sacra in particolare, si nutrono della fede. Tutte le mie giornate iniziano con la Santa Messa e continuano con la preghiera che accompagna e scandisce il mio lavoro costante. Non si può dipingere per la Chiesa ed essere atei. Non è possibile realizzare un lavoro che ha come scopo far pregare i fedeli, senza che si conoscano le pratiche devozionali, la preghiera e la meditazione; l’artista che facesse così è destinato al fallimento. Dipingere è pregare. Tutti i grandi artisti che hanno ediEicato capolavori nel corso della storia dell’arte cristiana, hanno vissuto personalmente una esperienza di fede, nonostante una certa storiograEia li abbia voluti raccontare ideologicamente quasi tutti come atei ed opportunisti. La fede e la preghiera sono la fonte a cui un artista deve saper attingere nella sua fase creativa. I pennelli si immergono sempre nelle parole meditate della Bibbia. 8 dicembre 2020
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Figura 15. Cappella del Perdono, parete destra, Photo credits Graziano Perillo.
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LA NOCE (JUGLANS REGIA L.) Un alimento ad attività antitumorale Giulia Greco*, Carmela Fimognari*
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a noce comune (Juglans regia L.), nota anche come noce inglese o persiana, appartiene alla famiglia delle Juglandaceae. Sin dall’antichità, le noci n o n v e n i v a n o semplicemente consumate come alimenti, ma diverse parti della pianta di noce venivano utilizzate nella medicina tradizionale e, in un secondo momento, nelle industrie farmaceutiche e cosmetiche [1]. S t u d i s p e r i m e n t a l i e d epidemiologici dimostrano chiaramente che il consumo regolare di noci è beneBico per molteplici malattie croniche, come le malattie cardiache [2], l’obesità [3], il d i a b e t e [ 4 ] [ 5 ] e i n particolare il cancro [6] [7]. Figura 1. Principali urolitine ad attività antitumorale. In particolare, diversi studi mostrano una correlazione Urolitine tra l'assunzione regolare di noci e la riduzione Tra gli alimenti e le bevande, le noci rappresentano la dell'incidenza di alcuni tumori [8]. In effetti, le noci settima fonte principale di polifenoli [11]. Gli sono una fonte pregevole di sostanze nutritive e ellagitannini (ETs) sono i rappresentanti più studiati Bitochimiche di grande beneBicio per la salute umana di questa classe di composti e, tra questi, la [9]. Tra questi, indoli, polifenoli come tannini e pedunculagina (PDN) risulta essere l’ET presente in Blavonoidi, proteine e acidi grassi, da soli o in maggiore abbondanza in J. regia [12] [13]. Le c o m b i n a z i o n e , h a n n o m o s t ra to p o s s e d e re urolitine derivano dall’idrolisi e successiva interessanti attività biologiche associate ad effetti biotrasformazione a livello intestinale della PDN. beneBici sulla salute, tra cui una spiccata attività Come conseguenza della diversa composizione del antitumorale [10]. microbiota intestinale, la qualità e la quantità di urolitine prodotte varia notevolmente tra gli ATTIVITÀ ANTITUMORALE IN VITRO ED IN VIVO individui. Tuttavia, l'attività antitumorale della noce DI JUGLANS REGIA è da attribuire essenzialmente a due isoforme di Di seguito, sono presentati gli effetti antitumorali dei urolitine: l’urolitina-A (Uro-A) e l’isourolitina-A [14] composti ed estratti più caratterizzati, provenienti da che, insieme all’urolitina-B, sono i metaboliti derivati diverse parti della pianta. dagli ETs più abbondanti nell’intestino dell’uomo dopo l'assunzione di noci [15] [16] (Figura 1).
*Dipartimento di Scienze per la Qualità della Vita, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, corso d’Augusto 273, 47921 Rimini. Corresponding Author: Tel. +39 0541 434658; E-mail: carmela.Ximognari@unibo.it
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Il potenziale antitumorale delle urolitine risiede nella loro capacità di inibire la proliferazione cellulare, indurre apoptosi e altri meccanismi tumore-speciBici. Tenendo conto del fatto che queste molecole sono prodotte nel tratto gastrointestinale e che, grazie al ricircolo enteroepatico, persistono per lungo tempo a livello del colon [17], numerosi studi sono stati condotti su modelli in vitro di carcinoma colonrettale. In questi modelli tumorali, sia le singole urolitine così come diverse miscele di urolitine ed ETs hanno inibito la proliferazione cellulare arrestando il ciclo cellulare [18] [19] ed inducendo apoptosi [20]. Inoltre, l’attività pro-apoptotica dell’urolitina-A è stata accompagnata, nelle cellule tumorali colon-rettali SW620, dalla promozione di autofagia [21]. L’autofagia è un meccanismo di difesa cellulare volto a mantenere l’omeostasi cellulare. Tuttavia, ad oggi è chiaro che questo processo omeostatico non promuove solo la sopravvivenza cellulare, ma è anche in grado di innescare morte cellulare programmata [22], effetto potenzialmente utile nel trattamento di quei tumori resistenti all’induzione di apoptosi [23]. InBine, l’Uro-A ha anche aumentato la sensibilità delle cellule Caco-2, SW480, e HT-29 di adenocarcinoma colon-rettale nei confronti dell’agente antitumorale 5-Bluoruracile e del suo metabolita 5-deossi-5Bluorouridina [24]. Il processo che porta alla trasformazione delle cellule normali in cellule cancerose è deBinito cancerogenesi, che evolve attraverso tre diverse fasi. La prima fase (i.e. iniziazione) è caratterizzata dall’acquisizione di mutazioni a livello di diversi geni (oncogeni); la seconda fase, denominata promozione, prevede invece l’espansione clonale delle cellule iniziate con c o n s e g u e n t e f o r m a z i o n e d i u n a l e s i o n e preneoplastica che potrebbe evolvere in una lesione maligna durante l’ultima fase della cancerogenesi, chiamata progressione [25]. Una volta formata la lesione neoplastica, le cellule tumorali possono migrare dal sito primario del tumore e, attraverso il Blusso sanguigno e linfatico, colonizzare altri tessuti portando così alla formazione di tumori secondari [26]. Durante questo processo, conosciuto come processo metastatico, l’angiogenesi, ovvero la creazione di nuovi vasi sanguigni, è essenziale in quanto garantisce un sufBiciente apporto di ossigeno e nutrienti alle cellule tumorali necessari per la loro sopravvivenza e proliferazione [27]. Su diversi modelli di carcinoma epatocellulare e pancreatico, l’Uro-A ha bloccato la proliferazione e l’invasione cellulare modulando diversi pathways molecolari coinvolti nella regolazione del processo apoptotico, nella proliferazione cellulare e nel processo metastatico [28] [29] [30] [31].
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I tumori della prostata, del seno e dell’endometrio possiedono una caratteristica in comune ovvero sono in grado di esibire recettori ormonali. Di conseguenza, sia gli androgeni nei tumori della prostata sia gli estrogeni che il progesterone nei tumori mammari e dell'endometrio sono in grado di modulare l'eziologia e la progressione di queste malattie [32]. In particolare, l'attivazione dei recettori ormonali favorisce la proliferazione delle cellule, nonché la fase di iniziazione e progressione tumorale. Pertanto, la terapia di ablazione ormonale, che consiste nella somministrazione di farmaci in grado di bloccare la produzione di questi ormoni o di contrastarne l’attività, così come la modulazione dei suddetti recettori ormonali sono strategie d’intervento ampiamente utilizzate per il trattamento di tumori della prostata, del seno e dell’endometrio positivi ai recettori ormonali [33]. Uro-A ha esercitato effetti citotossici in cellule tumorali prostatiche positive al recettore degli androgeni (AR+) Lncap, C4-2B e cellule tumorali C4-2B resistenti a inibitori del recettore degli androgeni [34] [35] [36], mostrando invece un effetto citotossico limitato nelle cellule PC3 (AR-) [37]. Inoltre, Uro-A ha ridotto l'espressione dell'antigene prostatico speciBico (PSA) [38|, un biomarcatore dei tumori della prostata coinvolto anche nella crescita dei tumori, nell'invasione e nella metastasi [39], nonché nell'espressione e nella localizzazione nucleare dei recettori androgeni, suggerendo che Uro-A abbia attività antagonista nei confronti di tali recettori [40] [41]. Uro-A ha afBinità anche per i recettori degli estrogeni (ERs), ma con un duplice effetto. In presenza di estradiolo, infatti, ha attività anti-estrogenica, mentre in assenza di estradiolo imita l'attività estrogenica [42]. Di conseguenza, Uro-A ha bloccato la proliferazione di cellule di carcinoma mammario MCF-7(ER+) solo in un ambiente arricchito di estradiolo; al contrario, senza alcun supplemento, Uro-A ne ha promosso la proliferazione cellulare [43]. L'Uro-A ha esibito effetti citotossici anche sulla linea cellulare di carcinoma mammario MDA-MB231 (ER-), il che suggerisce un meccanismo d'azione indipendente dagli estrogeni [44]. InBine, Uro-A ha soppresso la proliferazione delle cellule tumorali endometriali HEC1A e Ishikawa [45], arrestando il ciclo cellulare e, parallelamente, modulando l'espressione dei geni regolati dagli estrogeni, agendo come agonista estrogenico [46]. In ultimo, sia Uro-A che altre urolitine hanno esibito un’attività citotossica decisamente meno spiccata nelle cellule non trasformate rispetto alle cellule tumorali [47] [48] [49], dimostrando di possedere un’attività antitumorale selettiva. Questo è un aspetto molto importante in quanto la mancanza di
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Figura 2. Attività antitumorale della juglanina.
selettività è spesso la causa della comparsa di complicanze ed effetti tossici sistemici, che rappresentano un fattore limitante della terapia antitumorale [50]. La marcata attività antineoplastica di Uro-A è stata confermata anche attraverso studi in vivo. In particolare, la somministrazione orale di Uro-A in topi trapiantati con cellule tumorali prostatiche PC-3 (AR−) e C4-2B (AR+) ha ridotto la crescita dei tumori, con un maggiore effetto nei confronti delle cellule tumorali AR+, come osservato in vitro [51]. Una caratteristica rilevante per Uro-A è il suo proBilo tossicologico. Essa, infatti, è un composto estremamente sicuro con un NOAEL (dose senza effetto avverso osservabile) maggiore di 3400 mg/ kg/die in ratti Wistar, corrispondente ad una dose maggiore di 550 mg/kg/die nell’uomo [52]. Juglanina La juglanina è un Blavonoide presente nel pericarpo esterno verde della noce (mallo verde) [53] che ha esibito attività citotossica su diversi modelli di tumore mammario, tumore polmonare e tumore d e l l a p e l l e [ 5 4 ] [ 5 5 ] [ 5 6 ] e d i b l o c c o dell’inBiammazione su diversi modelli tumorali [57] [58]. Alla base dell’attività citotossica di questo Blavonoide vi è la sua capacità di promuovere la produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS) che, accumulandosi a livello intracellulare, inducono apoptosi ed autofagia delle cellule tumorali (Figura 2) [59] [60]. L’apoptosi è un processo di morte cellulare programmata ed è mediata principalmente da due percorsi: il percorso mitocondriale e quello recettoriale [61]. L’apoptosi mitocondriale è innescata da diversi segnali intracellulari ed extracellulari che causano l’apertura dei pori di transizione della permeabilità mitocondriale, un processo Binemente controllato dalle proteine proapoptotiche ed anti-apoptotiche (come Bax e Bcl-2)
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appartenenti alla famiglia Bcl-2. La perdita della permeabilità mitocondriale causa la riduzione del potenziale mitocondriale ed il rilascio di diversi fattori apoptogenici, come il citocromo c, responsabili dell’attivazione delle caspasi effettrici 3/9 che, a loro volta, innescano la cascata di eventi che porta all’esecuzione del processo apoptotico [62]. L’apoptosi mediata per via recettoriale, invece, è innescata dal legame tra ligandi recettoriali ed i loro corrispettivi recettori. Questo legame porta alla formazione del complesso denominato DISC (DeathInducing Signalling Complex), comprendente le procaspasi 8/10 le quali, attivate tramite scissione autocatalitica, inducono a loro volta l’attivazione delle caspasi effettrici 3/7 e conseguente morte cellulare apoptotica [63]. In particolare, si è osservato che la juglanina attiva entrambi i percorsi apoptotici, riducendo la ratio Bcl2/Bax ed attivando le caspasi 3/8/9 [64] [65]. L’importanza dell’attivazione di entrambi i pathways apoptotici da parte della juglanina è data dal fatto che la patologia tumorale è caratterizzata da un’elevata instabilità genetica e genomica che può portare alla mutazione di alcuni degli attori molecolari coinvolti in un determinato percorso apoptotico, con conseguente inefBicacia e resistenza alla terapia. Di conseguenza, l'evidenza che la juglanina sia in grado di modulare entrambi i percorsi apoptotici potrebbe in prospettiva aumentare il suo potenziale clinico. InBine, la juglanina è in grado anche di potenziare l’attività citotossica di alcuni farmaci antitumorali comunemente utilizzati in terapia, come la doxorubicina [66]. L’attività antitumorale della juglanina mostrata negli studi in vitro è stata confermata in diversi studi in vivo. Studi effettuati su topi trapiantati con cellule tumorali mammarie e polmonari hanno dimostrato, infatti, che la juglanina è in grado di ridurre la massa tumorale innescando apoptosi ed autofagia ed
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Figura 3. Attività antitumorale del juglone.
attivando la via di segnalazione regolata dalla proteina JNK (c-Jun N-terminal kinase) [67] [68]. La via di segnalazione JNK regola molteplici processi cellulari, tra cui la proliferazione cellulare, la differenziazione, la sopravvivenza, l’apoptosi e l’inBiammazione. In particolare, la proteina JNK gioca un ruolo chiave nell’apoptosi, promuovendone l’attivazione attraverso diversi meccanismi come la stimolazione di geni pro-apoptotici o modulando direttamente l’attività delle proteine mitocondriali pro- ed anti-apoptotiche [69]. È interessante notare che, in entrambi i modelli sperimentali, non sono stati osservati effetti tossici. Il proBilo farmaco-tossicologico favorevole della juglanina è stato confermato anche da un altro studio, dove questa molecola ha ridotto l’iperplasia epidermica e lo stato inBiammatorio ad essa associata in topi irradiati con raggi UVB, non causando effetti tossici [70]. Juglone Il juglone (Figura 3) appartiene alla famiglia degli 1,4-naftochinoni, una classe di molecole presenti in molteplici specie di piante, funghi e batteri. Queste molecole esplicano la loro attività antitumorale grazie alla loro capacità di generare radicali semichinonici e altre specie di ROS a livello intracellulare [71]. L’attività antitumorale del juglone è riconducibile alla sua capacità di modulare diversi percorsi molecolari implicati nel processo cancerogenetico: esso, infatti, è in grado di inibire la proliferazione cellulare, indurre apoptosi, bloccare il ciclo cellulare ed inibire il processo metastatico. Nelle cellule tumorali ovariche, della cervice, mammarie, prostatiche, gastriche, leucemiche e di melanoma il juglone ha indotto apoptosi causando stress ossidativo, attivando le caspasi 3/9 ed il
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recettore di morte Fas, promuovendo la riduzione del potenziale mitocondriale ed il rilascio del citocromo c, aumentando la ratio Bax/Bcl-2 ed aumentando i livelli intracellulari di Ca2+ [72] [73] [74] [75] [76] [77] [78] [79]. Inoltre, nelle cellule di tumore della cervice ed ovarico l’induzione di apoptosi è stata correlata alla modulazione della proteina JNK, che si è visto svolgere un ruolo fondamentale nell’attività pro-apoptotica del juglone [80] [81] [82] [83]. Nelle cellule tumorali di glioblastoma, invece, l’apoptosi innescata dal juglone è stata correlata all’inibizione dell’attività dell’enzima Pin1 (peptidylprolyl cis-trans isomerase NIMA-interacting 1) [84]. Pin1 è un enzima che regola molti eventi cellulari e promuove la proliferazione delle cellule tumorali, attivando numerosi oncogeni ed ostacolando l’attività di diversi oncosoppressori tumorali [85]. Di conseguenza, l’inibizione di questo enzima riduce la proliferazione cellulare così come la formazione di metastasi [86]. InBine, l’attività citotossica del juglone è riconducibile, almeno in parte, alla sua capacità di causare danno al DNA mediante intercalazione e causando stress ossidativo [87]. Tuttavia, in cellule di carcinoma mammario MCF-7, esso non ha provocato rotture al DNA a doppio Bilamento, osservate, invece, se utilizzato in associazione con ascorbato [88], il quale potenzia l’attività citotossica della molecola in esame [89]. Nelle cellule di melanoma, il juglone ha causato un incremento signiBicativo della frequenza di micronuclei, confermando, quindi, la sua capacità di indurre danni al DNA [90]. I micronuclei, infatti, rappresentano piccoli nuclei accessori contenenti frammenti cromosomici, derivati dall’azione di composti clastogeni, o interi cromosomi, derivati dall’azione di composti aneuploidogeni [91]. Parallelamente alla sua attività pro-apoptotica, il juglone ha inibito la proliferazione cellulare di cellule
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tumorali ovariche e della cervice [92] [93] [94], mammarie [95] [96] e di glioblastoma [97] [98]. In ultimo, in diversi modelli tumorali il juglone ha inibito la capacità invasiva [99] e metastatizzante delle cellule tumorali modulando alcune proteine coinvolte in questi processi come il fattore di crescita dell'endotelio vascolare (VEGF) e le metalloproteasi [100] [101] [102] [103]. In particolare, le metalloproteasi sono considerate dei rinomati marcatori del processo metastatico in quanto svolgono un ruolo cruciale nell’invasione delle cellule tumorali digerendo diversi tipi di elementi Bibrillari della matrice extracellulare, come il collagene di tipo IV [104]. Spostando l’attenzione sugli studi in vivo, il juglone ha esibito una spiccata attività antitumorale in diversi modelli di carcinoma prostatico, intestinale e di tumore ascitico di Ehrlich [105] [106] [107] [108] [109]. In particolare, la somministrazione di juglone a ratti trattati simultaneamente con l’agente cancerogeno azossimetano ha ridotto l’incidenza di tumori intestinali causati dall’esposizione alla sostanza cancerogena [110]. In topi trapiantati con cellule di carcinoma ascitico di Ehrlich, il juglone ha ridotto in modo signiBicativo la crescita tumorale [111]. Nello stesso modello sperimentale, il juglone, inoltre, come osservato negli studi in vitro, ha indotto apoptosi, bloccato il ciclo cellulare e causato stress ossidativo accompagnato da lesioni al DNA, tutti effetti potenziati dalla co-somministrazione di ascorbato [112]. Peptidi Dalle noci, attraverso un processo di spremitura, si ottiene l’olio di noce, ampiamente utilizzato per la sua quantità perfettamente bilanciata di acidi grassi polinsaturi (PUFAs) ω-3 e ω-6 [113]. I residui derivati dal processo di spremitura, invece, sono ricchi di proteine [114]. In parte per evitare sprechi, ma anche grazie alle nuove conoscenze circa il potenziale antitumorale dei peptidi derivati dagli alimenti, negli ultimi anni si è iniziato ad utilizzare questi residui per estrarre proteine [115]. Una volta estratte, le proteine devono essere necessariamente idrolizzate per via enzimatica per generare peptidi bioattivi [67]. Una frazione peptidica ottenuta in seguito all’idrolisi da parte della chimotripsina di un residuo proteico di noce ha inibito la proliferazione di cellule tumorali mammarie e del colon senza avere alcun effetto citotossico sulle cellule normali [116]. La sequenza peptidica CTLEW (Cys-Thr-Leu-GluTrp), invece, ha modulato simultaneamente più bersagli molecolari coinvolti nello sviluppo del cancro, inducendo apoptosi ed autofagia ed arrestando il ciclo cellulare [117]. CTLEW, inoltre, ha promosso la proliferazione e la secrezione di
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interleuchina-2 (IL-2) dei linfociti della milza, la fagocitosi e la produzione di ossido nitrico nei macrofagi [118], dimostrando di possedere anche un’attività immunomodulatoria. Questi risultati, in un momento storico in cui la ricerca antitumorale è diretta verso l'immunoterapia, sono certamente di grande interesse. Estratti Diversi estratti derivati da diverse parti dell’albero di noce come semi, corteccia, radici e foglie sono stati esaminati per investigarne il loro potenziale antitumorale. Ogni miscela è stata preparata seguendo procedure estrattive diverse e, per tale motivo, anche estratti ottenuti dalla stessa parte di pianta ed utilizzando gli stessi solventi potrebbero avere effetti biologici diversi. Inoltre, differenze tra gli stessi estratti possono veriBicarsi anche in base al genotipo della noce utilizzata [119], al periodo di raccolta e allo stato di maturazione. Ad esempio, le f o g l i e g i o v a n i i m m a g a z z i n a n o q u a n t i t à signiBicativamente più elevate di composti fenolici rispetto alle foglie mature [120] [121]. In generale, gli estratti metanolici ed in cloroformio sono quelli che hanno esibito una più spiccata attività antitumorale [122] [123] [124]. Uno studio, infatti, ha analizzato diversi estratti ottenuti utilizzando come solventi metanolo, acetato di etile, cloroformio ed esano su cellule di carcinoma orale squamoso (BHY), carcinoma mammario (MCF-7) e del colon-retto (HT-29). Tra questi, l’estratto in cloroformio è risultato il più attivo, inibendo la proliferazione cellulare attraverso il blocco del ciclo cellulare nella fase G0/G1 ed inducendo apoptosi [125]. In un altro studio, invece, è stata confrontata l’attività antiproliferativa di un estratto metanolico, di un estratto acqua-metanolo e delle frazioni in cloroformio ed in acetato di etile di questi estratti. Anche in questo caso, la frazione in cloroformio ottenuta dall’estratto metanolico ha esibito l’attività citotossica più marcata [126]. Un diverso estratto metanolico, inBine, ha inibito la proliferazione di cellule tumorali mammarie ed ovariche inducendo apoptosi ed arrestando il ciclo cellulare [127]. Gli autori di questo studio hanno attribuito l’attività citotossica a due ET (tellimagrandina I e II) isolati dall’estratto, poiché queste due molecole hanno mostrato un’attività comparabile a quella dell’estratto e maggiore rispetto a tutti gli altri composti identiBicati nell’estratto stesso [128]. Tuttavia, è importante sottolineare che i singoli composti sono stati testati a concentrazioni più elevate di quelle che si trovano nella miscela, instillando così alcuni dubbi circa il loro effetto a concentrazioni più basse e suggerendo dunque un possibile effetto additivo dei diversi composti presenti nell'estratto.
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Oltre alle diverse tecniche estrattive, sono state osservate differenze in termini di citotossicità correlate anche alla parte della pianta utilizzata per ottenere gli estratti. Diversi estratti metanolici ottenuti da semi, mallo verde e foglie di J. regia sono stati testati su cellule tumorali renali (A498 e 769-P) e del colon-retto (Caco-2). Tra questi, l’estratto derivato dalle foglie è risultato essere il più attivo in quanto è stato il solo ad inibire la proliferazione di tutte le linee cellulari testate [129]. Inoltre, da questo studio è emerso anche che l’attività citotossica osservata non era correlata al contenuto fenolico totale degli estratti, poiché i semi erano i più arricchiti in tali antiossidanti [130]. P O T E N Z I A L I E F F E T T I A N T I T U M O R A L I CORRELATI AL CONSUMO DI NOCI: STUDI SULL’ANIMALE Come già menzionato, le noci contengono una quantità di PUFAs ω-3 and ω-6 perfettamente bilanciata [131]. Entrambe le classi di PUFAs sono necessarie per la Bisiologica proliferazione e riparazione cellulare così come nella formazione di altri acidi grassi. Alcuni studi sperimentali ed epidemiologici hanno dimostrato, inoltre, la loro attività protettiva nei confronti di diversi tipi di tumore [132] [133]. Tuttavia, alcuni PUFAs non possono essere sintetizzati de novo, ma devono essere introdotti attraverso la dieta. A tal proposito, le verdure a foglia scura, gli oli vegetali, i semi e le noci sono la principale fonte alimentare di PUFAs essenziali [134]. Alcuni studi su modelli murini di tumore mammario e prostatico hanno investigato i potenziali effetti antitumorali derivanti da una dieta arricchita con noci, osservando un’inibizione della fase di iniziazione cancerogenetica ed un tasso di crescita tumorale più lento [135] [136] [137] [138] [139]. Alla base di questi effetti vi è la capacità di questo alimento di ridurre l’espressione del fattore di crescita insulino simile (IGF-1) [140] [141], una proteina coinvolta nello sviluppo di tumori al seno e alla prostata [142], e la capacità di bloccare il processo di angiogenesi riducendo l’espressione di VEGF [143]. In un altro studio, condotto su topi trapiantati con cellule tumorali mammarie, si è osservato un riarrangiamento nella composizione lipidica delle membrane cellulari tumorali, caratterizzato da un arricchimento in acidi grassi ω-3, in acido alfalinolenico (ALA), acido docosaesaenoico (DHA) e nel contenuto di lipoproteine ad alta densità [144]. Da queste osservazioni si può ipotizzare che le noci potrebbero diminuire l'inBiammazione e/o diminuire l'espressione di citochine inBiammatorie, con conseguente rallentamento della proliferazione tumorale [145].
Theriaké
P O T E N Z I A L I E F F E T T I A N T I T U M O R A L I CORRELATI AL CONSUMO DI NOCI: STUDI SULL’UOMO Solo pochi studi hanno esplorato l’attività antitumorale di J. regia nell’uomo, analizzando, inoltre, esclusivamente la relazione tra il consumo di noci e l’espressione di biomarcatori tumorali speciBici. Il biomarcatore PSA, ed in particolare il rapporto tra la forma libera PSA ed il suo contenuto totale, ad esempio, è ampiamente utilizzato come fattore di rischio di tumori prostatici [146] [147]. È stato veriBicato che il consumo giornaliero di noci sia per 8 settimane [148] che per un totale di 6 mesi [149] non è in grado di ridurre l’espressione di PSA, nonostante si osservi un aumento dei livelli di ALA [150] e del contenuto totale di PSA [151]. D’altra parte, l'assunzione giornaliera di noci aumenta i livelli sierici di γ-tocoferolo e potrebbe, quindi, rappresentare un’interessante strategia chemiopreventiva nei confronti del processo cancerogenetico [152]. Il γ-tocoferolo, infatti, grazie alla sua attività antiossidante è in grado di ridurre a livello cellulare lo stress ossidativo [153], uno dei tanti eventi coinvolti nello sviluppo di tumori a causa della capacità dei radicali liberi di legarsi e causare danni al DNA [154]. Tuttavia, entrambi gli studi citati si sono focalizzati su un obiettivo molto speciBico. Pertanto, ulteriori studi sono necessari per ottenere una valutazione globale del potenziale antitumorale della noce, soprattutto tenendo in considerazione che il meccanismo d’azione antitumorale delle sostanze bioattive contenute in essa non è univoco bensì tumore-speciBico. CONCLUSIONI In conclusione, J. regia ha dimostrato possedere un interessante potenziale antitumorale su diversi modelli sperimentali in vitro ed in vivo. A tal proposito, sia le singole molecole presenti nelle diverse parti della pianta che diversi estratti hanno esibito una attività antineoplastica spiccata e imputabile a diversi meccanismi, quali l’arresto della proliferazione cellulare, l’induzione di apoptosi e l’inibizione del processo metastatico. Ciò che è certo, è che il potenziale antitumorale della noce risiede principalmente nella sua composizione chimica intrinseca. Tuttavia, attualmente non è possibile elaborare un quadro esaustivo del potenziale antitumorale di J. regia, soprattutto a causa del numero limitato di studi clinici. Sono necessari ulteriori studi per veriBicare nell’uomo gli effetti esibiti da questo alimento nei numerosi studi in vitro ed in vivo.
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LATTOFERRINA Nuovi approcci terapeutici
Rossella Giordano*
I
n questo momento si assiste alla corsa verso l’acquisto e l’utilizzo di medicinali e integratori che possono aumentare le difese immunitarie. In biologia, le difese immunitarie si riferiscono alla capacità del corpo di difendersi da agenti che ne minacciano il corretto funzionamento o la sopravvivenza. Questi agenti esterni che minano la stabilità del nostro sistema immunitario sono di due diversi tipi: patogeni esterni (virus, batteri, funghi, parassiti) o cellule che sono diventate cancerose. Sono svariati i fattori che possono incidere sul funzionamento del sistema immunitario e tra questi assume primaria importanza lo stile di vita sano che può a sua volta essere inBluenzato dalla qualità del sonno, dall’assunzione di fermenti lattici (infatti il 70% delle cellule immunitarie si trova nell’intestino), e dall’uso di erbe medicinali e integratori. Appartiene a questo gruppo anche la lattoferrina, che nell’ultimo periodo è salita agli onori della ribalta grazie alle sue proprietà antiossidanti, antinfettive e i m m u n o m o d u l a t o r i e , a p r e n d o l ’ a v v i o a sperimentazioni per valutare un suo possibile ruolo anche contro l’infezione da Coronavirus. Cos’è la lattoferrina? La lattoferrina (Lf) o lattotransferrina, scoperta da Sorensen nel 1939 nel latte vaccino, è una glicoproteina da 80 Kda, ferro-trasportatrice, contenente 703 residui di amminoacidi [1]. La lattoferrina è secreta: • dalle ghiandole esocrine, è infatti presente nelle secrezioni mucose e nei Bluidi corporei tra cui latte, saliva, lacrime, Bluidi vaginali, liquido amniotico, sperma, secrezioni respiratorie, bile, succhi digestivi, plasma e urine; • dai globuli bianchi: in particolare dai neutroBili durante l’inBiammazione.
Nell’uomo il gene che c o d i B i c a p e r l a lattoferrina è situato sul cromosoma 3 con localizzazione 3q21q23 [2]. La lattoferrina umana è una proteina caricata p o s i t i v a m e n t e c o m p o s t a d a u n a s i n g o l a c a t e n a polipeptidica ripiegata a formare due lobi globulari e simmetrici: lobi N e C (Figura 1). Ogni lobo è composto a sua volta da due domini (domini N: N1 e N2; domini C: C1 e C2), collegati da una regione a cerniera contenente una α elica a tre spire. Ogni lobo ha un sito di legame per gli ioni ferro e uno o più siti di glicosilazione a seconda della specie da cui è stata isolata Lf. Il grado di saturazione del ferro determina la struttura spaziale della lattoferrina, che si presenta in due forme: apolattoferrina (apo-Lf) quando c’è una bassa saturazione di ferro, e ololattoferrina (olo-Lf) quando la saturazione è alta [3]. Dopo la sua scoperta, la lattoferrina e tutti i peptidi ad essa correlati (deBiniti AMP o peptidi antimicrobici) sono considerati importanti molecole di difesa contro vari patogeni tra cui una serie di virus. L’attività antimicrobica di Lf è correlata alla sua afBinità per il Fe+3 e quindi alla sua spiccata capacità di competere allo stato libero con i microrganismi ferro-dipendenti e all’azione diretta sulle membrane esterne dei batteri gram-negativi [4]. Ma per comprendere come agisce Lf bisogna analizzare i fattori che entrano in gioco durante le infezioni virali e i processi inBiammatori, in cui un
*Farmacista
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Fitoterapia & Nutrizione Attività chelante il ferro Molti batteri per sopravvivere e moltiplicarsi hanno bisogno del ferro ed il primo effetto antibatterico della lattoferrina è stato attribuito alla sua capacità di chelare il ferro non rendendolo così disponibile ai potenziali patogeni, esercitando un feedback negativo sulla risposta inBiammatoria. In questo modo la concentrazione di ferro libera non è sufBiciente a innescare le reazioni di perossidazione lipidica che provocano l’aumento delle ROS e di alcune citochine proinBiammatorie con conseguente apoptosi cellulare [5]. Figura 1. Struttura terziaria della lattoferrina.
ruolo importante è giocato proprio dal ferro, elemento chiave per le cellule, in quanto interviene nei processi di replicazione del DNA, e nella produzione di energia sia nell’uomo che nei microrganismi. Quando il ferro è presente in eccesso, genera specie reattive dell’ossigeno (ROS), che danneggiano le proteine, le membrane lipidiche e il DNA, causando danni ai tessuti e insufBicienza d’organo. In condizioni di salute il ferro libero disponibile è presente ad una concentrazione di circa 10-18 M, molto lontano dalla concentrazione richiesta per la p r o l i f e r a z i o n e e l ’ i n n e s c o d e l l a c a s c a t a inBiammatoria, mentre il ferro presente in condizioni patologiche ha una concentrazione di gran lunga superiore a 10-18 M. Il perfetto equilibrio del ferro tra tessuti, secrezioni e sangue, deBinito come omeostasi del ferro, coinvolge diverse proteine ferro dipendenti come la transferrina (Tf), la ferritina (Ftn), la ferroportina (Fpn), e la ormai nota lattoferrina (Lf); grazie quindi alla sua capacità di ripristinare i valori del ferro sierico, la Lattoferrina esplica attività c h e l a n t i , a n t i m i c r o b i c h e , a n t i b a t t e r i c h e , antimicotiche e antivirali.
Attività antimicrobica diretta Grazie alla natura cationica della regione Nterminale, la lattoferrina è in grado di legarsi a d i v e r s e s t r u t t u r e b a t t e r i c h e e v i r a l i i n corrispondenza dei residui anionici come DNA, e p a r i n a , g l i c o s a m m i n o g l i c a n i , LTA ( a c i d o lipoteicoico) e in modo particolare all’LPS (lipopolisaccaride) [6]. L’LPS è un’endotossina molto tossica che viene rilasciata dai batteri dopo la loro morte e che causa una forte risposta dell’organismo con febbre e shock, dovuto all’aumento della permeabilità vasale e alla vasodilatazione. Un modello standard per la sepsi riproduce virtualmente i cambiamenti Bisiopatologici indotti negli animali da batteri vivi dopo l’iniezione di LPS. Utilizzando questo modello, è stato dimostrato che il trattamento di topi con lattoferrina ha ridotto o eliminato molti degli effetti biologici normalmente o s s e r v a t i d o p o s o m m i n i s t r a z i o n e d i endotossina. Una singola dose di lattoferrina somministrata 1 ora prima dell'iniezione di LPS ha aumentato signiBicativamente la sopravvivenza dei topi rispetto ai controlli trattati con soluzione salina (Tabella 1). Nel complesso, il tasso di mortalità è stato del 16,7% nei topi trattati con lattoferrina e dell'83,3% nel gruppo di controllo con soluzione salina [7].
Biological Effect
LPS-Induced Endotoxemia
Behavioral Activity Body Temperature Intestinal Structure Survival
Severely Reduced (Lethargy) Severe Hyperthermia Severe Injury 83.3% Mortality P<0.05
Lactoferrin Pretreatment/LPSInduced Endotoxemia Normal Moderate Hyperthermia Moderate Injury 16.7% Mortality P<0.05
Tabella 1. Ruolo della lattoferrina nella moderazione dello sviluppo dell’endotossinemia indotta da LPS nei topi. Actor J.K., Hwang S.A., Kruzel M.L., Lactoferrin as a natural immune modulator. Curr Pharm Des. 2009;15(17):1956-73, pp. 7-8.
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Oltre a ridurre l'ingresso virale, Lf p u ò a n c h e s o p p r i m e r e l a replicazione del virus dopo che il virus è entrato nella cellula, come nel caso dell'HIV. Successivamente, Lf può anche esercitare un effetto antivirale indiretto sulle cellule immunitarie che svolgono un ruolo c r u c i a l e n e l l e p r i m e f a s i dell'infezione virale; Lf migliora infatti l’attività delle cellule natural killer, stimolando l’aggregazione e l’adesione dei neutroBili nella difesa immunitaria, limitando l’ingresso dei virus nelle cellule ospiti durante l’infezione. Negli studi sull'integrazione orale umana contro virus patogeni, è s t a t o r i s c o n t r a t o c h e L f somministrato nell'intervallo di 100-1000 mg/die nell'uomo riduce l'incidenza del raffreddore e dei sintomi simili al raffreddore, nonché migliora la gastroenterite rotavirale. Nei pazienti con HCV, u n o s t u d i o c o n t r o l l a t o randomizzato, che ha coinvolto 111 pazienti che ricevevano Lf rispetto a nessun Lf insieme a farmaci antiFigura 2. Meccanismo d’azione della lattoferrina. Fonte IMBIO: https://www.imbio.it/laHCV standard, ha dimostrato una lattoferrina-ed-il-suo-significato-nella-difesa-contro-le-infezioni-e-linfiammazione-estrema/ signiBicativa diminuzione dei titoli virali dell'HCV e una risposta virologica sostenuta nel gruppo Lf. La lattoferrina mostra anche un effetto sinergico con L'attività antivirale della lattoferrina è stata gli antibiotici, infatti aumenta la permeabilità della dimostrata per la prima volta, negli anni ’80, in topi parete cellulare dei batteri facilitando la infettati con un ceppo del complesso del virus penetrazione dell’antibiotico nel citoplasma della Friend, che induce policitemia. Dagli anni '90, cellula bersaglio. Tutto ciò si traduce in un’azione l'elenco dei virus umani patogeni suscettibili a Lf e chemioterapica più rapida ed efBicace. che sono stati inibiti da Lf si è ampliato per includere virus nudi e avvolti, nonché virus a DNA e RNA, Attività antivirale inclusi citomegalovirus, virus Herpes simplex, virus La capacità di Lf di inibire l'ingresso virale può dell'immunodeBicienza umana (HIV), rotavirus, avvenire sia tramite il legame alle molecole della poliovirus, virus dell'epatite B, virus dell'epatite C superBicie cellulare sia alle particelle virali, o a (HCV), virus parainBluenzale, alfavirus, hantavirus, entrambe. La ricerca attuale ha rivelato che papillomavirus umano, adenovirus, enterovirus 71, l'ingresso virale è un processo altamente complesso echovirus 6, virus dell'inBluenza A e virus che coinvolge le molecole della superBicie cellulare, dell'encefalite giapponese [8]. con il legame del virus ad un recettore di superBicie Nel complesso, alla luce di quanto appena descritto, ad alta afBinità per avviare l'ingresso cellulare. I la lattoferrina si candida ad essere una molecola proteoglicani dell'eparan solfato (HSPG) sono stati promettente in grado di indirizzare gli svariati identiBicati come molecole di adesione iniziale per aspetti della progressione virale. una serie di virus per aumentare la loro La lattoferrina che ritroviamo nei prodotti concentrazione sulla superBicie cellulare e per nutraceutici o addirittura negli alimenti, può essere migliorare la loro probabilità di legare un recettore ricombinante o derivata naturalmente da fonti di ingresso più speciBico come ACE-2 (Figura 2). Lf bovine o mammifere; valutata la stretta omologia di può anche legarsi direttamente alle particelle virali, sequenza tra Lf umana (hLf) e Lf bovina (bLf), come accade nel caso dell’HCV (virus dell’epatite C), quest’ultima è stata considerata dalla Food and Drug per deviarle dalle cellule bersaglio.
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Administration (FDA) statunitense come “GRAS” cioè "generalmente riconosciuto come sicuro" senza controindicazioni, a tal punto da essere usato come additivo nutrizionale nel latte artiBiciale dei neonati per evitare che contraessero infezioni virali, dal momento che nei bambini così piccoli il sistema immunitario non ha ancora costruito le sue difese. Recentemente, gli studi che indicano gli effetti p r o t e t t i v i i n v i v o d e l l a l a t t o f e r r i n a p e r somministrazione orale contro le comuni infezioni virali sono aumentati. Per esempio, il norovirus, patogeno umano emergente estremamente importante che causa la maggior parte dei focolai di gastroenterite in tutto il mondo, può essere un candidato bersaglio per la lattoferrina. Il consumo di l a t t o f e r r i n a h a r i d o t t o l ' i n c i d e n z a d e l l a gastroenterite norovirale nei bambini e un effetto simile è stato osservato in un'ampia fascia di età in un'indagine preliminare. Un recente studio in vitro ha riportato che la lattoferrina inibisce sia l'attaccamento cellulare del norovirus murino, un virus strettamente correlato al norovirus umano, sia la replicazione virale nelle cellule inducendo l'interferone di citochine antivirali (IFN) -α / β. La somministrazione di lattoferrina migliora anche l'attività delle cellule NK e le risposte delle citochine Th1, che portano alla protezione contro le infezioni virali [9]. Sono state esplorate formulazioni più recenti di lattoferrina, inclusi l'incapsulamento e la liposomizzazione, e si stanno esplorando e sviluppando derivati di Lf e peptidi correlati come la lattoferricina e la lattoferrampina con proprietà antivirali più potenti. Un'altra osservazione interessante è che la lattoferrina satura di zinco può apparentemente esercitare un effetto antivirale più potente. Negli esperimenti con il poliovirus, è stato osservato che solo la lattoferrina satura di zinco, e non la Lattoferrina satura di ferro, inibiva l'infezione virale quando incubata con le cellule dopo l'attacco virale e l'inibizione era direttamente correlata al grado di saturazione dello zinco [10]. Ciò è di particolare rilevanza in COVID-19, poiché l'integrazione di zinco è stata proposta come possibile intervento supplementare per la malattia [11]. I diversi vantaggi di Lf hanno fatto sì che venissero sviluppate strategie molecolari per produrre lattoferrina ricombinante da specie diverse per aumentarne la disponibilità ed essere utilizzata come p r o t e i n a n u t r a c e u t i c a o f a r m a c o adiuvante. Attualmente si possono produrre lattoferrina bovina (bLf) altamente puriBicata e lattoferrina umana (hLf). Di sicuro c’è ancora molto da studiare, ma le conoscenze che abbiamo acquisito negli ultimi 30 anni sulla lattoferrina dimostrano come questa
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m o l e c o l a d a l l e p r o p r i e t à a n t i o s s i d a n t i , immunomodulatorie e antinfettive sia un ottimo punto di partenza per raggiungere buoni risultati in svariati ambiti, da quello clinico a quello dell’industria agro-alimentare e zoologica. La lattoferrina e i peptidi ad essa correlati hanno suscitato un interesse crescente come nuovo approccio terapeutico, pertanto, la ricerca su tali molecole, la valutazione del loro spettro di attività e la loro sinergia in vitro e in vivo con le terapie convenzionali, rappresentano gli obiettivi principali per la futura produzione di nuovi peptidi con caratteristiche chimico-Bisiche che ne possano migliorare la permeabilità e la stabilità cellulare garantendo delle cure ancora più valide ed efBicaci.
Bibliografia 1.
Campione E., Cosio T., Rosa L., et al., Lactoferrin as Protective Natural Barrier of Respiratory and Intestinal Mucosa against Coronavirus Infection and InFlammation. Int.J Mol Sci. 2020; 21 (14): 4903. 2. Berlutti F., Pantanella F., Natalizi T., Frioni A., Paesano R., Polimeni A., Valenti P., Antiviral properties of lactoferrin: a natural immunity molecule. Molecules 2011 Aug 16;16(8):6992-7018. p. 6996. 3. Lonnerdal B., Iyer S., Lactofferin: molecular structure and biological function. Annual Review of nutrition vol 15:93-110 (volume pubblication date July 1995). 4. Bruni N., Capucchio M.T., Biasibetti E., Pessione E., Cirrincione S., Giraudo L., Corona A., Dosio F., Antimicrobial activity of lactoferrin-related peptidies and applications in human and veterinary medicine. Molecules 2016, 21 (6), 752. 5. Actor J.K., Hwang S.A., Kruzel M.L., Lactoferrin as a natural i m m u n e m o d u l a t o r . C u r r P h a r m D e s . 2009;15(17):1956-73, p. 5. 6. Ivi, p. 6. 7. Ivi, pp. 7-8. 8. Chang R., Ng T.B., Sun W-Z, Lactoferrin as potential preventative and adjunct treatment for Covid-19. Int J Antimicrob Agents. 2020 Sep;56(3):106118. 9. Wakabayashi H., Oda H., Yamauchi K., Abe F., Lactoferrin for prevention of common viral infections. J Infect Chemother., 2014 Nov;20(11):666-71. 10. Berlutti F., et al, op. cit. 11. Pietrantoni A., Ammandolia M.G., Superti F., Bovin lactoferrin: involvement of metal saturation and carbohydrates in the inhibition of inFluenza virus infection. Biochem Cell Biol. 2012 Jun;90(3):442-8.
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LEISHMANIOSI NEL CANE Carmen Carbone*
L
a leishmaniosi comprende un gruppo di malattie causate da diverse specie del genere Leishmania. È un protozoo con ciclo vitale digenico caratterizzato da una forma 8legellata extracellulare (promastigote) e una forma che interessa l’ospite vertebrato (amastigote) localizzata a livello intracellulare, in particolare all’interno dei macrofagi. Gli ospiti sensibili includono diversi tipi di mammiferi, uomo compreso. È un malattia conosciuta da oltre un secolo, diffusa in vaste aree dei tropici, subtropicali e del bacino del Mediterraneo [1] [2]. In Italia, questo parassita è presente dalle tradizionali aree endemiche delle regioni meridionali e insulari, alle aree centrali e settentrionali. È trasmesso da 8lebotomi dei generi Phlebotomus (Vecchio Mondo) e Lutzomyia (Nuovo Mondo) [3]. Le specie di 8lebotomi che in Italia trasmettono Leishmania infantum, principale responsabile di malattia nell’uomo e nel cane domestico, sono rappresentate da: Phlebotomus perniciosus e Phlebotomus per6iliewi [4]. Sono insetti di piccole dimensioni (3mm), con corpo di colore giallo, occhi grandi neri, lunghi arti e ali di forma lanceolata ricoperte da peli. Il loro apparato buccale è atto a pungere e succhiare ed è rivolto verso il basso. La femmina del 8lebotomo ha bisogno di compiere un pasto di sangue su un ospite vertebrato per la maturazione delle uova, e ad ogni ovodeposizione vengono rilasciate più di 100 uova. I siti preferenziali di ovo-deposizione sono anfratti e buche del terreno, crepe di pavimenti o di ricoveri, dove le larve possono trovare temperatura costante, relativa oscurità e substrato nutritivo (rappresentato da materiale organico in decomposizione) [5]. I 8lebotomi hanno scarsa capacità di volare e disperdersi lontano dalle zone in cui albergano, il che potrebbe spiegare la presenza di popolazioni localizzate e la loro maggiore attività in prossimità dei siti di riproduzione [6]. Anche le variabili climatiche e i naturali cicli circadiani in8luenzano la loro presenza nell’ambiente; sono attivi infatti tra il crepuscolo e l’alba. Nonostante il suo impatto sulla salute pubblica, la leishmaniosi rimane un problema a causa dei sostanziali buchi che rimangono nella nostra comprensione dell’ecologia dei 8lebotomi stessi. Inoltre i metodi tradizionali di controllo dei vettori
raccomandati dall’OMS ( O r g a n i z z a z i o n e Mondiale della Sanità), non sono ef8icaci nella p r e v e n z i o n e d e l l a t r a s m i s s i o n e . L e a p p l i c a z i o n i d i insetticidi mirate ai 8lebotomi adulti e le a l t r e m i s u r e d i protezione personale contro le punture dei 8 l e b o t o m i , c o m e zanzariere, repellenti per insetti e indumenti trattati con insetticidi, spesso non sono disponibili nei paesi a basso-medio reddito e, in generale, l’impiego di insetticidi ambientali ha dato risultati deludenti [7]. Inoltre, l’alterazione stagionale e i continui cambiamenti climatici globali, volti ad un i n c o n t ro l l a to a u m e n to d e l l e te m p e ra t u re , incrementano l’attività dei 8lebotomi che si mantengono attivi tutto l’anno. Il concetto di one health è sempre più importante in questo scenario globale, ricordando che la salute delle persone, degli a n i m a l i e d e l l ’ a m b i e n t e è s t r e t t a m e n t e interconnessa. Proteggere dunque i propri animali domestici mediante prevenzione è di fondamentale importanza. Formulazioni spot-on a base di permetrina e collari impregnati di deltametrina, quando impiegati in zone endemiche, hanno dato buoni risultati nel proteggere i cani dalle punture dei 8lebotomi determinando una riduzione dell’incidenza di leishmaniosi sia nei cani che nelle persone, considerando che il cane è il serbatoio urbano principale e la principale fonte di infezione per l’uomo; è quindi di fondamentale importanza il monitoraggio sierologico della popolazione canina delle zone endemiche. CICLO BIOLOGICO In natura af8inché il ciclo di trasmissione abbia inizio è necessario che la femmina di 8lebotomo contenente il parassita si nutra del sangue di un mammifero, inoculando così il protozoo nel derma dell’ospite vertebrato. La forma promastigote del parassita (provvista di 8lagello) rappresenta la forma infettante trasmessa dal 8lebotomo durante il pasto
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di sangue. Nell’insetto i promastigoti si dividono ripetutamente per 8issione binaria, migrano nella proboscide e vengono inoculati in un nuovo ospite quando il vettore compie un ulteriore pasto di sangue. Una volta penetrato nel macrofago, il promastigote assume la forma amastigote e comincia nuovamente a replicarsi. All’interno di queste cellule i protozoi si rendono inattaccabili in quanto si circondano di capsula protettiva e si riproducono per scissione binaria rompendo, quando raggiungono un numero considerevole di esemplari, la membrana del macrofago e infestando così altre cellule. I macrofagi parassitati sono capaci in vitro di uccisione e di gestione degli amastigoti solo se continuamente stimolati da linfochine, sostanze che ne aumentano l’attività fagocitaria, ossidativa e lisosomiale [8]. Una ridotta liberazione di linfochine o un loro eccessivo consumo si riscontrano in vitro utilizzando linfociti isolati da siero di uomo e di cani infetti. In realtà la produzione di linfochine rappresenta uno dei punti cardine nella risposta immune: una loro de8icienza potrebbe quindi essere alla base della disfunzione immunologica che si riscontra in corso di leishmaniosi [9] [10]. RISPOSTA DELL’OSPITE PARASSITATO I cani che hanno una risposta immunitaria protettiva nei confronti del parassita, presenteranno un immuno-fenotipo CD4+Th1 (risposta cellulomediata) che creerà un ambiente immunologico favorevole all’attivazione dei macrofagi, mediata dal rilascio di interleuchine [11]. Questa risposta, in de8initiva, esiterà nell’attivazione di un’enzima (iNOS) che libererà ossido nitrico, responsabile della distruzione intracellulare delle leishmanie. Viceversa, i cani ammalati caratterizzati da un pro8ilo misto Th1/Th2, presenteranno una risposta umorale esagerata e una riduzione della risposta cellulomediata. L’attivazione dei linfociti Th2 ridurrà l’attivazione delle citochine prodotte dai CD4+Th1, limitando i danni al parassita e perpetuando l’infezione nei cani clinicamente sani [12] [13]. La conseguenza della interazione del sistema immunitario con il parassita, che può variare da cane a cane, determina manifestazioni cliniche differenti. Delle diverse reazioni organiche alcune sembrano rispondere a uno scopo difensivo, altre non hanno alcuna funzione apparente, altre ancora sono decisamente dannose, contribuendo all’instaurarsi dell’immunopatologia. Le lesioni osservate sono dunque il risultato di un’inef8icace risposta cellulomediata da parte dell’ospite, innescando così le conseguenti manifestazioni prodotte da fenomeni di ipersensibilità di tipo 2 e 3 [14]. Inoltre, nei siti di moltiplicazione del parassita (linfonodo, midollo osseo, cute, occhio, milza, fegato, intestino, osso,
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mucosa, sistema genitale), si veri8ica un innesco di reazioni in8iammatorie di varia natura. A causa quindi dell’insuf8iciente capacità da parte dei macrofagi di uccidere il parassita si genera un m e c c a n i s m o c o m p e n s a t o r i o m a d a n n o s o , caratterizzato nel cane malato da diversi meccanismi patologici che si manifestano con danni ai tessuti, quali in8iammazione granulomatosa (es. dermatite n o d u l a r e , o s t e o m i e l i t e ) , d e p o s i z i o n e d i immunocomplessi (es. glomerulonefrite), e produzione di autoanticorpi che attaccano le cellule “self” del soggetto parassitato [15]. La marcata risposta umorale (Th2) e la conseguente deposizione di immunocomplessi negli organi bersaglio del cane sensibile, nonché l’eccessiva in8iammazione granulomatosa, rappresentano probabilmente un inutile meccanismo compensatorio all’insuf8iciente risposta cellulo-mediata (Th1) contro il parassita, e costituiscono il punto cardine della patogenesi della leishmaniosi canina, oltre che il suo ampio spettro clinico osservato [16]. I cani che riescono a sviluppare una forte immunità mediata dall’immunofenotipo CD4+Th1 sembrano essere in grado di controllare il parassita e pertanto manifestano una gravità limitata della malattia [17]. SEGNI CLINICI A causa però dell’elevata variabilità delle manifestazioni cliniche e delle risposte immunitarie, la diagnosi di leishmaniosi canina ad oggi potrebbe essere più complessa del previsto. È necessario eseguire un esame clinico completo del paziente [18]. Dal momento in cui il 8lebotomo parassitato compie il pasto di sangue nell’ospite recettivo il tempo di incubazione della malattia può variare da alcune settimane 8ino a 13 mesi. I sintomi clinici che si manifestano nel soggetto parassitato sono molteplici e interessano diversi organi e funzioni. Accanto ad una forma acuta, di dif8icile riscontro, vi è la forma più comune che insorge subdolamente con debolezza, anemia, dimagrimento, intolleranza all’esercizio 8isico, pallore delle mucose. I sintomi clinici possono essere accompagnati da stati febbrili più o meno frequenti e spesso associati ad altre patologie concomitanti [19]. Durante l’esame clinico è possibile inoltre osservare aumento dei linfonodi che tuttavia negli stadi più avanzati della malattia possono presentarsi di dimensioni normali o addirittura ridotte. Altri segni di frequente riscontro sono manifestazioni dermatologiche quali: dermatite desquamativa, dermatite ulcerativa, dermatite papulare e dermatite nodulare, ipercheratosi nasodigitale, ulcere localizzate e resistenti alle usuali terapie, lesioni del piano nasale (pem6igo-lupus like) e onicogrifosi. Vi sono inoltre segni clinici oculari, quali: blefarite, congiuntivite, lesioni orbitali,
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Figura 1. Ambulatorio Veterinario Carbone: Brenda, Epagneul Breton, 4 anni. Le immagini in alto raffigurano il paziente alla presentazione, con evidente stato cachettico, dermatite furfuracea e ulcere cutanee. In basso, le immagini raffigurano Brenda dopo terapia con miltefosina per os in associazione ad allopurinolo.
granulomi oculari, uveite eccetera, ed in8ine altri sintomi meno frequenti quali sintomi gastroenterici, neurologici, cardiovascolari, respiratori e muscolarilocomotori [20] [21]. Questa ampia gamma di segni clinici dimostra che la leishmaniosi è una malattia ad elevato pleomor8ismo che colpisce diversi organi e apparati e che si manifesta in modo molto diverso da paziente a paziente, potendo presentare a volte anche uno solo dei segni clinici sopra elencati. Questo spesso conduce ad errori diagnostici che esitano in un mancato controllo a larga scala della patologia e ad un maggiore rischio di manifestazioni cliniche conclamate, nonché in un peggioramento delle condizioni sistemiche del paziente. Pertanto la patologia dovrebbe essere inclusa nei protocolli diagnostici differenziali quando almeno uno dei suddetti segni clinici e un’alterazione clinico-
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patologica compatibile viene rilevata in un cane sospetto [22]. A tal proposito si rendono indispensabili gli esami ematologici di base che includono un esame emocromocitometrico completo e biochimico, al 8ine di riscontrare l’eventuale presenza di anemia (caratteristica in un soggetto colpito da leishmania) e le possibili alterazioni renali e/o epatiche, di fondamentale importanza per poter impostare un corretto approccio terapeutico che sia tollerato dal paziente. Inoltre la valutazione ecogra8ica mediante eco-addome completo può essere utile al 8ine di riscontrare alterazioni macroscopiche di milza, fegato e reni, organi più frequentemente colpiti. La presentazione clinica del soggetto in esame dunque può essere quanto più variabile. Le condizioni subcliniche possono manifestarsi con colite cronica,
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Figura 2. Ambulatorio Veterinario Carbone: Sveva, Cane Corso, 3 anni. In alto le immagini raffigurano il paziente alla presentazione con evidente dimagrimento, epistassi, dermatite perioculare, ulcere cutanee, alopecia e vasculite all’apice del padiglione auricolare. In basso, il paziente dopo terapia con antimoniato di N-metilglucamina per via parenterale in associazione con allopurinolo.
epatite cronica, vasculite, meningoencefalite e, sebbene meno frequenti, devono essere prese in considerazione in corso di diagnosi differenziale. La principale causa di morte tra i pazienti affetti da leishmaniosi è sicuramente la nefrite proteinurica, che può progredire 8ino alla malattia renale allo stato terminale (sindrome uremica), sindrome nefrosica e/o ipertensione sistemica. Inoltre condizioni di proteinuria asintomatica contribuiscono al deterioramento delle condizioni 8isiche. Esiste tuttavia la possibilità di contrarre la parassitosi in modo asintomatico: l’evoluzione dell’infezione, la potenziale autoeliminazione del parassita e lo sviluppo di uno stato asintomatico o sintomatico sono il risultato di un’interazione tra il vettore (ad es. ripetuti pasti di sangue sull’ospite), il parassita e l’ospite stesso (background della risposta
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immunitaria, malattie coesistenti, ecc…) [23]. In cani resistenti la presentazione clinica è normale, mentre in cani potenzialmente suscettibili la moltiplicazione illimitata del parassita porta a svariate disfunzioni d’organo. Ricordiamo quindi che il principale protagonista nella lotta contro il protozoo è il sistema immunitario: l’equilibrio tra la risposta Th1 e Th2 è di cruciale importanza per l’evoluzione della leishmaniosi in un paziente colpito e una risposta mista sembra prevalere sia nei cani sintomatici che in quelli asintomatici. La risposta protettiva è mediata dall’azione di svariate citochine attivate dai linfociti T che coadiuvano cosi l’azione dei macrofagi, responsabili della morte intracellulare del protozoo per apoptosi tramite la produzione di ossido nitrico. Recenti studi hanno rivelato che il numero di cellule apoptotiche all’interno di un in8iltrato in8iammatorio
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Figura 3. Ambulatorio Veterinario Carbone: immagini citologiche di biopsia midollare che evidenziano la presenza di amastigoti; Colorazione: Diff-Quick.
di un soggetto con leishmaniosi è direttamente correlato al carico parassitario e alla gravità del quadro clinico; la variabilità del quadro clinico a sua volta è in8luenzata da un inutile compenso all’insuf8icienza immunitaria cellulare contro il parassita che evolve in una marcata risposta umorale che comporta una deposizione di immunocomplessi negli organi bersaglio del cane sensibile (glomeruli renali, uvea anteriore, membrana sinoviale, ecc…), nonché l’in8iammazione granulomatosa a organi di importanza vitale, quali il fegato. La maggiore presenza di amastigoti si riscontra negli organi emocateretici come la milza, i linfonodi periferici e il midollo osseo. Il carico di amastigoti varia invece nella pelle di cani asintomatici e sembra aumentare nei siti di alimentazione preferenziali del 8lebotomo. Questi dati risultano essere di fondamentale importanza per la ricerca diretta del parassita al microscopio ottico [24]. DIAGNOSI La diagnosi parassitologica diretta infatti, è un test di conferma dell’infezione con elevata sensibilità, in particolar modo se eseguita da biopsia del midollo osseo. È opportuno eseguire diverse citologie dello stesso caso; una volta eseguita la biopsia sarà possibile, tramite una semplice colorazione rapida (tipo Diff-Quick), visualizzare al microscopio ottico gli amastigoti di leishmania che possono trovarsi all’interno dei macrofagi, talvolta all’interno dei granulociti neutro8ili e, il più delle volte, nello spazio extracellulare. La citologia può essere eseguita in qualsiasi situazione clinica in associazione con altri test diagnostici ed è altamente consigliata nei casi di sospetta leishmaniosi per confermare la diagnosi. TERAPIA Una volta effettuata la diagnosi di leishmaniosi in un paziente è necessario impostare quanto prima il protocollo terapeutico che sia più adatto possibile al soggetto in esame. La stadiazione clinica assume un ruolo fondamentale, ed essere a conoscenza di tutti gli elementi necessari per una corretta valutazione del paziente consente di avere un approccio più
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adeguato e una prognosi più accurata. Bisogna tuttavia precisare che la risposta clinica al trattamento leishmanicida varia ed è speci8ica per ogni cane e che cani malati che presentano già condizioni di insuf8icienza renale avranno prognosi peggiore. Inoltre, sebbene le attuali terapie mirino a ridurre notevolmente la carica parassitaria e a migliorare la condizione clinica del paziente, è possibile che il parassita rimanga latente nel midollo osseo e nelle cellule del sistema reticoloendoteliale, causando così le frequenti ricadute del soggetto non appena quest’ultimo sviluppi un transitorio stato di immunosoppressione [25]. Per tale ragione le classiche terapie, basate sull’utilizzo di antimoniato di N-metilglumina o miltefosina in associazione con allopurinolo (che garantisce un periodo di remissione dei sintomi clinici più prolungato rispetto alla monoterapia), non possono più prescindere dai nuovi approcci terapeutici basati sulla modulazione selettiva della risposta immunitaria dell’animale. Questo tipo di approccio consiste nello shift della risposta immunitaria protettiva contro il parassita con predominanza di risposta di tipo Th1. L’immunoterapia è un approccio praticabile per il trattamento dei cani malati perché l’immunità cellulo-mediata è come detto il principale meccanismo di difesa contro Leishmania infantum. A tal proposito, il domperidone è un farmaco immunostimolante sempre più impiegato in medicina veterinaria come agente pro8ilattico e immunoterapico, sia come monoterapia che in associazione con farmaci leishmanicidi che rimangono la terapia di prima linea in soggetti clinicamente malati. Questo farmaco trova diverse applicazioni in medicina veterinaria (utilizzato come pro-cinetico gastrico) ma anche in medicina umana (usato come antiemetico, farmaco gastro-cinetico o per aumentare la produzione di prolattina in donne in lattazione). Il suo meccanismo induce come effetto secondario un aumento del livello sierico di prolattina, ormone pituitario che viene considerato una citochina pro-in8iammatoria. Stimola pertanto tramite l’aumento delle citochine l’immunità cellulare Th1.
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PROFILASSI Da un punto di vista epidemiologico, l’impatto del trattamento con domperidone sull’infettività del cane nei confronti del vettore è ancora una questione aperta. Si presume, infatti, che cani infetti ma clinicamente sani abbiano un rischio inferiore di trasmettere L. infantum ai 8lebotomi rispetto ai cani malati. Tuttavia non bisogna dimenticare che anche i cani asintomatici, sebbene in misura inferiore, rappresentano un rischio epidemiologico elevato e possono fungere da serbatoio di leishmaniosi [26]. Per tale ragione è opportuno utilizzare insetticidi repellenti quali collari, spot-on, per evitare che un 8lebotomo possa effettuare un pasto di sangue su un soggetto infetto e fungere quindi da vettore infettante per altri cani e per l’uomo. Anche le barriere meccaniche, quali zanzariere a maglie strette, possono rappresentare un ef8icace mezzo di protezione contro i vettori, soprattutto nei confronti di soggetti che vivono all’aperto. Sono inoltre attualmente a disposizione del personale sanitario dei vaccini impiegati per la prevenzione della leishmaniosi. Tra i più recenti, uno contiene la proteina Q ricombinante, che ha dimostrato di essere immunogenica e di proteggere i cani dall’infezione sperimentale in assenza di adiuvante. Questo vaccino è indicato per l’immunizzazione di cani non infetti a partire dai 6 mesi di età e ha la 8inalità di ridurre il rischio di sviluppare un’infezione attiva e/o una malattia clinica nei cani esposti a Leishmania infantum. Il vaccino ha un ottimo pro8ilo di sicurezza in un’ampia gamma di razze, età e pesi. Inoltre, la somministrazione del vaccino ai cani sieropositivi non peggiora il decorso della malattia. Alcuni studi dimostrano come la proteina Q ricombinante sia in grado di suscitare una risposta immunitaria cellulare e umorale nel cane, anche in assenza di adiuvante. La vaccinazione riduce inoltre l’incidenza dei segni clinici potenzialmente correlati alla patologia, riducendo così la gravità della stessa. Pertanto il vaccino è un ulteriore strumento di controllo in aree endemiche e la possibilità che un cane vaccinato sviluppi segni clinici è circa 9 volte inferiore a quella di un cane non vaccinato [27]. LEISHMANIA NELL’UOMO Non dimentichiamo inoltre che si tratta di una zoonosi che ha un importante impatto sanitario, specialmente nelle popolazioni povere dell’Africa orientale e del sub-continente asiatico; rappresenta u n’ i m p o r t a n te c o m p l i c a z i o n e n e i s o g g e t t i immunocompromessi (es. soggetti con HIV). Nell’uomo si conoscono tre sindromi cliniche: la leishmaniosi viscerale (VL-kala-azar), la leishmaniosi muco-cutanea (espundia) e la leishmaniosi dermica post kala-azar (PKDL). Per quanto riguarda la leishmaniosi viscerale, causata da Leishmania
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infantum, una delle pricipali fonti di infezione per l’uomo è il contagio tramite 8lebotomo che ha effettuato un pasto di sangue su un cane infetto [28]. L’uomo in questo caso rappresenta quindi un ospite occasionale. Tuttavia, non sono da sottovalutare le possibili trasmissioni uomo-uomo specialmente mediante impiego di prodotti trasfusionali provenienti da zone endemiche. Inoltre l’aumento dell’immigrazione da paesi endemici, la mancanza di misure di controllo e la co-infezione da HIV-VL sono i fattori che determinano la maggiore incidenza della malattia in paesi indenni [29].
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LE MICROPLASTICHE Impatto sull’ambiente e potenziali rischi per la salute umana Vita Di Stefano*
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a quantità di plastica prodotta ogni anno nel mondo è di circa 396 milioni di tonnellate ed una buona parte, circa il 25%, <inisce dispersa nell'ambiente per colpa della scorretta gestione della <iliera (dalla produzione, al consumo, al riciclo, allo smaltimento). Nel mondo le materie plastiche rappresentano l’85% dei ri<iuti presenti nell’ambiente. La sempre maggiore presenza di plastica “usa e getta” nelle nostre vite ha determinato un incremento esponenziale della produzione di ri<iuti e una loro dispersione nell’ambiente, di cui un’alta percentuale con<luisce nei mari, con un impatto devastante per la vita marina del nostro pianeta. Le plastiche disperse subiscono un processo di frammentazione in pezzi Figura 1. Produzione di plastica annuale nel mondo dagli anni ’50. Fonte: http://www.plasticsnews.com/article/20120830 sempre più piccoli da parte di processi fotochimici, meccanici e biologici. Si de<inisce processo di degradazione la trasformazione cui unica soluzione è quella di ridurre e limitare la chimica della plastica che riduce drasticamente il produzione. Oggi sappiamo che le conseguenze di peso molecolare medio del polimero, diventando questa grave forma di inquinamento, pressoché abbastanza fragile e sfaldandosi in frammenti invisibile a occhio nudo, sono pesanti. Ma per polverosi, non visibili ad occhio nudo. combattere un nemico è necessario conoscerlo bene. Convenzionalmente, i ri<iuti plastici sono stati Le materie plastiche sono polimeri organici sintetici suddivisi in tre classi dimensionali: di origine fossile, in quanto derivati dal petrolio, e • le macroplastiche (>200 mm), più precisamente dalla lavorazione del greggio. • le mesoplastiche (5–200 mm), Hanno un elevato peso molecolare e presentano una • le microplastiche (0,33–4,99 mm). struttura macromolecolare, cioè formata da molecole A questa classi<icazione è necessario aggiungere le unite a catena mediante la ripetizione dello stesso nanoplastiche, le cui ridottissime dimensioni monomero. rendono tuttavia impossibile il loro campionamento I materiali plastici sono quindi il risultato della tramite metodi tradizionali. Secondo alcuni autori reazione di polimerizzazione, ovvero addizione o viene de<inito nanoplastica un frammento plastico di poli-addizione di stesse unità base (monomeri), dimensioni inferiori a 20 μm, secondo altri ripetute “n” volte, per formare catene anche molto addirittura al di sotto dei 100 nm. lunghe, con pesi molecolari altrettanto elevati. Il La plastica, quindi, possiamo ancora considerarla un numero di unità ripetitive varia per ciascuna male rimediabile, se confrontata con le sue “<iglie” macromolecola, per cui diversi sono i pesi microplastiche, la cui presenza nell’ambiente è molecolari, e ciò ne caratterizza le proprietà chimicoincalcolabile ed inarrestabile. Si tratta di un processo <isiche del materiale polimerico in esame. Il prodotto irreversibile e di un processo a cui non c’è rimedio, la del numero di unità ripetitive (n) per la somma dei
*Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche Chimiche e Farmaceutiche (STEBICEF), Università di Palermo.
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pesi atomici dei costituenti l’unità monomerica, dà il peso molecolare. I polimeri plastici, a cui si fa riferimento nella trattazione, hanno un numero di unità ripetitive maggiore di 1.000, ed in media hanno pesi molecolari che rientrano nell’ordine di grandezza da 30.000 ad oltre 1.000.000. I polimeri che costituiscono le materie plastiche sono formati da atomi di carbonio, ma talvolta anche da ossigeno, da azoto e da silicio, uniti l'uno all'altro da legami covalenti, in modo da costruire catene più o meno lunghe e generalmente lineari. Le plastiche più ampiamente utilizzate sono a bassa e ad alta densità e comprendono cinque classi di polimeri come: il polietilene (PE), il polipropilene (PP), il polivinilcloruro (PVC), il polistirene (PS) e il polietilene tereftalato (PET). Le materie plastiche possono essere costituite da polimeri puri, ma spesso vengono miscelate a varie sostanze (additivi) allo scopo di facilitare la lavorazione, migliorare le caratteristiche di impiego e abbassare il costo delle loro applicazioni. L’Unione Internazionale di Chimica Pura e Applicata (IUPAC) de<inisce le materie plastiche come "materiali polimerici che possono contenere altre sostanze <inalizzate a migliorarne le proprietà o ridurre i costi". Fanno parte della categoria degli additivi: plasti<icanti, coloranti, antiossidanti, stabilizzanti, ritardanti di <iamma, lubri<icanti ed altri componenti speciali. Tali sostanze hanno quindi la funzione (tra le altre) di stabilizzare, preservare, <luidi<icare, colorare, decolorare, proteggere dall'ossidazione il polimero, e in genere modi<icarne le proprietà reologiche (lavorabilità), l'aspetto e la resistenza del materiale polimerico in funzione dell'applicazione che se ne intende fare. I plasti<icanti, come dice il nome stesso, addizionati alle sostanze macromolecolari ne aumentano la plasticità, cioè la facoltà di subire deformazioni sotto sforzo, al <ine di rendere il materiale più adatto alle lavorazioni meccaniche di formatura. I comuni plasti<icanti sono costituiti generalmente da ftalati, adipati, sebacati, oleati, fosfati, alchilici o arilici, oppure da poliglicoli, derivati da idrocarburi o composti epossidici. Gli antiossidanti, stabilizzanti e anti-invecchianti impediscono o rallentano l’invecchiamento, l’ossidazione e la degradazione delle materie p l a s t i c h e . T u t t i i p o l i m e r i s o g g e t t i a l l ’ i n v e c c h i a m e n t o , a l l ’ o s s i d a z i o n e e a l deterioramento, perdono le loro caratteristiche originali, a causa dell'ossigeno atmosferico e dell'azoto. L'azione dell'ossigeno viene intensi<icata dalla luce o radiazioni ad alta frequenza, dando luogo direttamente al processo di ossidazione e formazione
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Figura 2. Microplastiche. Dimensione e morfologia dei frammenti plastici. Fonte: https://www.ambiente.it/informazione/notizie/ microplastiche-nelle-acque.html
di radicali liberi, con conseguente rottura della molecola originaria. La stabilizzazione del polimero può essere effettuata a tale riguardo mediante additivi antiossidanti e stabilizzanti, che siano capaci o di decomporre i radicali, o di interrompere il ciclo di reazioni che portano alla rottura della catena polimerica o ancora di assorbire le radiazioni. Generalmente tali sostanze appartengono al gruppo dei fenoli e idrochinoni, più o meno sostituiti, o dalle ammine aromatiche o alifatiche, ma talvolta vengono anche impiegati fos<iti organici, imidazoli, acrilonitrili, benzoati, ditiocarbammati. Tuttavia, l’additivo antiossidante più comune è il bisfenolo A. Gli agenti ritardanti di <iamma contribuiscono a diminuire l’in<iammabilità e la combustibilità dei prodotti di materiale plastico e sono utili in molti settori dell’elettrotecnica, della produzione di veicoli e dell’edilizia. Si tratta in genere di derivati alogenati, generalmente clorurati e bromurati, o fosfati organici. I prodotti contenenti Cl e Br liberano, per azione della <iamma, prodotti che rendono dif<icile l’introduzione di ossigeno e frenano chimicamente la reazione di combustione. Composti contenenti fosforo favoriscono la trasformazione in carbone e la formazione di croste. I prodotti più frequentemente impiegati come ritardanti di <iamma sono costituiti da paraf<ine clorurate o da prodotti ciclici clorurati, da fosfati alchilici o arilici. Tra i composti organici i più
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dimensioni e le diverse f o r m e d e i f r a m m e n t i p l a s t i c i p r e s i c o m e c a m p i o n e , i n f a t t i l a categorizzazione delle m i c r o p l a s t i c h e p u ò avvenire anche su base morfologica, fornendo u n’ i n fo r m a z i o n e s u l l a possibile fonte che li ha originati. Possono essere campionati microsfere e m i c ro b e a d s ( “ p e rl i n e ” plastiche) utilizzate in molti prodotti per l’igiene quotidiana; frammenti d e r i v a n t i d a l l a disgregazione di ri<iuti di m a g g i o r i d i m e n s i o n i ; micro<ibre come quelle r i l a s c i a t e d a i v e s t i t i sintetici. Figura 3. Microplastiche. Microbeads (“perline” plastiche) intenzionalmente aggiunti in molti T e n d e n z i a l m e n t e i prodotti per la cura personale, come lo scrub per il viso. Fonte: https://www.greenpeace.org/ international/story/7638/microbeads-how-did-companies-respond/ microbeads si presentano i n f o r m e a p p i a t t i t e , impiegati sono i policlorobifenili (PCB); tra quelli cilindriche, sferoidali o discoidali e sono considerate inorganici è il triossido di antimonio. microplastiche primarie, in quanto si tratta di I coloranti vengono addizionati alle materie plastiche f ra m m e n t i d i m a te r i e p l a s t i c h e c h e s o n o al solo scopo estetico. Si tratta di pigmenti organici e volutamente realizzate per essere di dimensioni inorganici, i quali, non avendo af<inità ed essendo microscopiche, ed applicate all’interno di diversi insolubili nel mezzo (polimero), colorano le plastiche prodotti per la cura del corpo, quali scrub facciali, nel modo desiderato senza alterarne sensibilmente saponi, alcuni shampoo, bagnoschiuma, dentifricio, le altre caratteristiche. Negli ultimi anni i coloranti si deodoranti, eyeliner, ecc. Lo si può evincere sono evoluti per fornire colorazioni <luorescenti e osservando la Figura 3, che mette in risalto la metallizzazioni. morfologia sferica delle microplastiche estratte da Gli additivi, che vengono aggiunti per migliorare le uno scrub per il viso. caratteristiche delle materie plastiche, non si legano A seconda del tipo di polimero, composizione, in modo permanente ai polimeri plastici, e ciò può dimensione, colore e forma, le microplastiche essere motivo di rilascio di queste sostanze, a seguito vengono usate come regolatori di viscosità, dell’abbandono e della permanenza nell’ambiente di emulsionanti, formatori di <ilm, agenti opacizzanti. E ri<iuti plastici, che rappresentano quindi una grave ancora come abrasivi, per fornire un effetto scrub minaccia per l'ambiente, e il suo biota. tipico dei detergenti per il viso e dei detergenti per le mani. Alcuni tipi di microplastiche sono anche Cosa sono le microplastiche? utilizzati per ottenere un effetto glitter (luccicante, Si tratta di particelle di origine antropica di brillante) in alcuni prodotti cosmetici; mentre nei dimensioni comprese tra 5 millimetri e 330 prodotti per l’igiene orale, come i dentifrici, vengono micrometri. Questa è la de<inizione uf<iciale di usati come sbiancanti. Inoltre, grazie alle micromicroplastiche secondo l’ECHA (European Chemicals plastiche colorate è possibile ottenere un effetto Agency). Bisogna speci<icare che questo intervallo colore nella formulazione. La capacità adsorbente di dimensionale è solo un limite convenzionale, tale da queste sostanze viene utilmente sfruttata anche per creare uno standard scienti<ico che possa consentire “intrappolare” diversi principi attivi, come fragranze, una speci<icità di individuazione e di calcolo delle vitamine, oli, <iltri solari, al <ine sia di consentirne un microplastiche all’interno dei campioni analizzati, in rilascio controllato nel tempo, prolungandone la modo che possano essere applicate delle restrizioni durata d’azione, sia di prolungare il tempo di in futuro sul contenuto di queste all’interno degli conservazione di alcuni principi attivi sensibili ai alimenti. batteri, incapsulandoli all’interno della matrice La Figura 2 mette in evidenza le differenti p o ro s a d e l l a p a r t i c e l l a p l a s t i c a e q u i n d i
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Figura 4. Microplastiche. Morfologia delle microfibre rilasciate nell’ambiente in seguito al lavaggio di capi sintetici. Fonte: http://www.quagga.it/eco-abbigliamento/2018/09/21/microfibre-problemi-e-soluzioni/
proteggendoli ef<icacemente dai batteri, che sono troppo grandi per attraversare i pori delle particelle. Le micro<ibre, invece, si presentano sotto forma di <ilamenti sottili ed allungati (Figura 4). Quest’ultima morfologia è la più numerosa in termini di emissioni globali di microplastiche primarie negli oceani. Secondo uno studio della International Union for Conservation, le micro<ibre rappresentano il 35% delle microplastiche primarie che <iniscono nell’ambiente ed in mare. Perché i Hilamenti plastici sono così comuni? Essenzialmente tutti noi, senza rendercene conto, li produciamo giornalmente in grandissimi quantitativi in quanto derivano direttamente dai nostri abiti, contenenti percentuali di poliestere o di altre <ibre sintetiche. Per dare un'idea del quantitativo di micro<ibre rilasciate nell’ambiente, basti pensare che in media un normale lavaggio in lavatrice genera oltre 1900 micro<ibre per capo d’abbigliamento (corrispondenti ad oltre 100 <ibre per litro d’acqua per un lavaggio di tutti capi), circa il 180% in più delle <ibre rilasciate da abbigliamento in lana. A questi sconcertanti dati bisogna aggiungere che,
Figura 5. Fonti globali di microplastiche primarie nell’ambiente. Fonte: http://www.quagga.it/eco-abbigliamento/2018/09/21/ microfibre-problemi-e-soluzioni/
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utilizzando in inverno un maggior quantitativo di indumenti, il rilascio di microplastiche <ibrose aumenta di circa il 700% durante questa stagione. Secondo l’Università di Plymouth, nel Regno Unito — che per un anno ha analizzato ciò che accadeva ai materiali sintetici lavati a temperature diverse, tra i 30 e i 40 gradi, con differenti detergenti — «un lavaggio di 6kg di capi d’abbigliamento sintetici rilascerebbe circa 700.000 <ibre di microscopiche particelle, di dimensioni tra 1 e 5 mm. Il 40% di queste micro<ibre non viene trattenuto dagli impianti di trattamento e <inisce nell’ambiente». Molte di queste micro<ibre, inoltre, <iniscono nel mare e pesci e molluschi le ingurgitano facendole entrare così nella catena alimentare. Altre <iniscono persino nell’acqua che beviamo e nei cibi che mangiamo. Come già speci<icato, oltre all’immissione diretta, le microplastiche derivano comunemente da fenomeni di erosione e degradazione di ri<iuti plastici di maggiori dimensioni. Tra i processi degradativi che portano alla formazione delle microplastiche abbiamo la biodegradazione operata da organismi viventi, spesso microbi; la fotodegradazione, causata dalla radiazione solare e frequente in mare aperto; la degradazione termossidativa, con temperature moderate; la degradazione termica, relativa alle alte temperature, e l’idrolisi, tipica reazione con l’acqua. Microplastiche primarie e secondarie È possibile quindi distinguere tra microplastiche primarie e secondarie. Le microplastiche primarie sono materie plastiche che vengono rilasciate nell’ambiente sotto forma di piccole particelle, di microplastiche appunto; mentre le microplastiche secondarie provengono dalla frammentazione di oggetti più grandi, ad esempio detriti di plastica. L e m i c r o p l a s t i c h e p r i m a r i e s o n o s t a t e originariamente prodotte con le stesse dimensioni che ritroviamo nell’ambiente; come mostrato in Figura 5, le fonti principali del rilascio di queste
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su dieci sotto forma di polietilene (Figura 6 e Figura 7). Destino delle microplastiche Queste particelle da che parte vanno a <inire? Come conseguenza del loro uso, vengono riversate nei ri<iuti domestici o acque di scarico, per poi andare a costituire i fanghi di depurazione. La ricerca però ha dimostrato che i depuratori, non essendo stati progettati per bloccare o abbattere le MP, non riescono a trattenere il 100% delle microplastiche che vi arrivano, e la restante parte che non viene Figura 6. Microplastiche in prodotti cosmetici. Fonte: https:// trattenuta va a <inire direttamente nei mari www.repubblica.it/dossier/ambiente/rivoluzione-plastica/2019/11/19/news/ col rischio che possa essere scambiata come microplastiche_nei_cosmetici_attenti_all_etichetta-241110111/ nutrimento per pesci e molluschi. Per ottenere un'indicazione dell'entità delle emissioni per il solo dentifricio, si consideri una particelle sono: il lavaggio di capi sintetici (35% delle popolazione europea in cui ogni persona utilizza in microplastiche primarie), l’abrasione degli media 2 grammi di dentifricio al giorno. Se un pneumatici durante la guida (28%), le microplastiche ipotetico 5% (p/p) del dentifricio dovesse essere aggiunte intenzionalmente nei prodotti per la cura c o s t i t u i t o d a p l a s t i c a , a l l o ra g l i e u ro p e i del corpo (2%). Si stima che questa categoria di spargerebbero quotidianamente circa 74.000 kg di microplastiche (di origine primaria) rappresenti il particelle di plastica nei loro lavandini. 15-31% delle microplastiche totali presenti Anche se le microplastiche contenute nei prodotti nell’ambiente. cosmetici contribuiscono a una parte relativamente Le microplastiche secondarie, invece, sono la forma piccola della plastica totale introdotta nell'ambiente, predominante e provengono dalla degradazione degli hanno assunto particolare attenzione e sono state oggetti di plastica più grandi, come buste di plastica, lanciate diverse iniziative per chiedere una graduale bottiglie o reti da pesca abbandonate in mare; eliminazione delle stesse da questi prodotti. Alcuni rappresentano circa il 68-81% delle microplastiche Paesi in tutto il mondo ne hanno già vietato l'uso. totali presenti nell’ambiente (EFSA, 2016). Nel gennaio 2018, la Commissione Europea ha adottato una strategia che proponeva il divieto di Prodotti cosmetici utilizzare microplastiche aggiunte ai prodotti Negli ultimi anni c'è stata una maggiore attenzione al cosmetici o dell’igiene personale a partire dal 2020. contenuto di micro-particelle plastiche all’interno di L'uso di microbeads nei cosmetici per risciacquo è già prodotti cosmetici e per la cura personale, come stato vietato in alcuni Paesi dell'Unione Europea, tra potenziale fonte di inquinamento di plastica nel questi il Regno Unito, che ha fatto divieto di mare, suolo ed atmosfera. Questi prodotti hanno produzione di cosmetici contenenti microplastiche a assunto un ruolo importante nella nostra beauty partire dal 9 giugno del 2018. Nello stesso anno routine, e di conseguenza il destino di questi anche la Francia ha introdotto il divieto di impiego di frammenti plastici provoca danni molto seri “microperle” nei prodotti da risciacquo ad azione all’ambiente e alla nostra salute, visto che i pesci che esfoliante o detergente. le ingoiano spesso <iniscono sulle nostre tavole. Dal primo gennaio di quest’anno, anche in Italia è Veri<icare se i detergenti e cosmetici in nostro possesso contengono microplastiche è molto semplice: basta leggere g l i i n g r e d i e n t i i n etichetta, che per legge sono riportati in ordine decrescente di quantità. Si noterà che spesso si trovano ai primi posti subito dopo l’acqua, quindi in percentuali molto alte, e nove volte Figura 7. Campioni di microsfere estratti da sei diversi prodotti per il viso. Fonte: Napper, 2015.
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Figura 8. Alcune fonti di esposizione dell’uomo alle microplastiche. Fonte: https://pixabay.com/.
e n t ra to i n v i g o re i l d iv i e to d i u t i l i z z a re microplastiche all’interno di prodotti cosmetici o dell’igiene personale come saponi, prodotti esfolianti, creme o dentifrici. La norma era contenuta in un emendamento alla Legge di Bilancio del 2018 che prevedeva la messa al bando di queste sostanze altamente inquinanti a partire dal primo gennaio del 2020. Il divieto ora è pienamente effettivo, e fa del nostro Paese l’avanguardia nella tutela del mare. Prestare attenzione ai propri acquisti è fondamentale per contribuire alla riduzione dell’inquinamento da microplastiche dei nostri mari, almeno <inché non si otterrà la regolamentazione dei frammenti contenuti nei <laconi di tutti i prodotti. Pericoli e tossicità delle microplastiche sulla fauna marina Una volta ingerita dagli organismi marini, la plastica, non potendo essere digerita, crea danni <isici che vanno dal soffocamento, tipicamente osservabile in molti organismi <iltratori, come le ostriche, le vongole e le cozze (che ingeriscono passivamente le particelle mentre <iltrano l’acqua), alla riduzione della capacità dello stomaco e quindi del senso di fame, con riduzione dell’assunzione di cibo, <ino a blocchi ed ostruzioni intestinali, lesioni, perforazioni ed ulcere. Questi effetti possono avere esiti fatali nell’animale. Ma è solo l’inizio: è infatti di portata decisamente maggiore la tossicità che scaturisce dalla capacità di queste particelle, di veicolare sostanze chimiche pericolose quali gli additivi intenzionalmente a g g i u n t i i n fa s e p ro d u t t iva ( b i s fe n o l o A , policlorobifenili, ftalati), nonché la capacità di
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adsorbimento di contaminanti ambientali tossici, quali pesticidi, metalli pesanti, ed altro sulla propria super<icie durante la loro permanenza nell’ambiente, con conseguente assorbimento e trasferimento di tali contaminanti tossici nei tessuti animali, dove si accumulano in alta concentrazione ed in<luenzano in maniera negativa la vitalità dell’organismo. Esposizione dell’uomo alle microplastiche L'esposizione dell’uomo alle microplastiche può avvenire per ingestione, inalazione e contatto cutaneo a causa della loro presenza in molti prodotti destinati al consumo umano, aria e prodotti per la cura personale (Figura 8). Allo stato attuale, non ci sono dati suf<icienti per dimostrare che le microplastiche penetrino il corpo umano mediante esposizione diretta della pelle, o attraverso l’inalazione delle particelle disperse nell’aria; tuttavia è nota l'esposizione umana per ingestione, poiché, come dimostrato in diversi studi, le microplastiche si trovano in molte specie animali, inclusi invertebrati marini, molluschi, crostacei e pesci, che attraverso la catena alimentare, possono raggiungere il sistema gastro-intestinale del nostro organismo. L'ingestione è quindi considerata la p r i n c i p a l e v i a d i e s p o s i z i o n e u m a n a a l l e microplastiche. Sulla base del consumo di prodotti alimentari, l'assunzione stimata di microplastiche è di 70.000– 94.000 particelle per persona all’anno. La maggior parte delle particelle di plastica viene ingerita con l’acqua potabile (del rubinetto e in bottiglia) ma anche con altri prodotti alimentari e, tra questi, quelli contenenti il maggior quantitativo di
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Figura 9. Microplastiche stimate ingerite a settimana attraverso il consumo di cibi e bevande comuni. Fonte: https://energycue.it/ microplastiche-sapevi-di-mangiare-una-gruccia-al-mese/13755/
plastica, sono molluschi, crostacei, birra e sale. Nella Figura 9 è evidenziato che attraverso l’ingestione della semplice acqua, assumiamo 1769 particelle a settimana. Per i pesci vale un discorso diverso. Infatti, nonostante in questi organismi si registrino elevate concentrazioni di microplastiche, esse sono presenti per lo più nello stomaco e nell’intestino, che vengono eliminati quando i pesci sono utilizzati come alimenti. I consumatori quindi non risultano essere direttamente esposti. Invece nel caso dei crostacei e dei molluschi, come le ostriche e le cozze, il tratto digestivo viene consumato, per cui si ha un’esposizione diretta a queste micro-particelle. Tuttavia non possiamo dire di essere esenti dagli effetti delle microplastiche presenti nei pesci, poiché gli additivi e i contaminanti chimici tossici, adsorbiti e veicolati dalle microplastiche, una volta all’interno del tratto digerente del pesce, vengono assorbiti e accumulati nei tessuti dei pesci, di cui noi appunto ci nutriamo. E considerando che si consumano circa 23 chili di pesce per persona all’anno, che aumentano a 25 chili in Italia, un valore pari a meno della metà del Portogallo che con 56 chili a testa è leader in Europa, gli effetti sulla salute umana possono essere facilmente intuibili (Coldiretti, 2015). Inoltre sono state segnalate microplastiche in prodotti alimentari, come il sale da tavola, zucchero e acqua in bottiglia; quindi è probabile l’esposizione a particelle plastiche anche attraverso la loro ingestione. Fino ad ora solo pochi studi riportano la presenza di microplastiche nel sale marino (che varia da 550 a 681 particelle/kg), birra (12-109 frammenti/L), miele e zucchero (32 frammenti/Kg), nonché in
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acqua (28-241 particelle/L) in bottiglie di plastica. Tossicità Gli effetti tossicologici delle microplastiche sulla salute dell’uomo non sono stati ancora valutati e accertati appieno. Si presume che la microplastica ingerita di per sé non causi rischi concreti per la salute in quanto transiterebbe solo nel nostro intestino per essere quindi eliminata con le feci. Problematiche ed effetti nocivi, soprattutto a medio e lungo termine, si potrebbero però manifestare a causa degli additivi che la plastica può contenere, come agenti stabilizzanti, plasti<icanti, ignifughi, coloranti, ecc. Le microplastiche presenti nel mare, inoltre, possono adsorbire sostanze chimiche come metalli pesanti, pesticidi, erbicidi, e residui di medicinali presenti nell’acqua, che possono poi essere veicolate e rilasciate nell’organismo. Studi sulla tossicità delle microplastiche nell’uomo non sono ancora disponibili. Una potenziale preoccupazione potrebbe riguardare le elevate concentrazioni di agenti inquinanti quali i policlorobifenili e gli idrocarburi policiclici aromatici, che possono accumularsi nelle microplastiche. Potrebbero anche esserci residui di composti utilizzati negli imballaggi, come il bisfenolo A. La letteratura per molto tempo si è concentrata sugli effetti sugli organismi acquatici, mentre gli organismi terrestri e gli esseri umani sono stati trascurati. Per questo gli effetti sull'uomo, relativi all’esposizione con le microplastiche, sono ancora poco chiari. Gli effetti previsti delle microplastiche sulla salute umana si concentrano principalmente sul sistema digestivo. Questo è naturale, poiché l'ingestione di organismi ed alimenti contaminati potrebbe portare
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all'assorbimento e a tossicità delle microplastiche nell'intestino umano. I dati tossicologici sugli effetti delle microplastiche in quanto tali, a livello del tratto gastro-intestinale, sono essenzialmente carenti per la valutazione del rischio umano, ma non sono emersi effetti locali, incluso il microbiota. Gli effetti tossico-cinetici delle microplastiche sono generalmente correlati alla dimensione delle microplastiche. Studi in vitro su cellule umane hanno dimostrato che particelle con dimensioni superiori a 150 μm probabilmente non sono in grado di attraversare la parete intestinale, per cui non vengono assorbite. Al contrario, particelle di dimensioni più piccole potrebbero indurre esposizione sistemica e le frazioni più piccole, di soli 1,5 μm, potrebbero penetrare negli organi. In questa prospettiva, le nanoplastiche rappresentano il problema più preoccupante. Quindi secondo quanto riportato, solo i frammenti inferiori a 150 μm possono traslocare attraverso l'epitelio intestinale causando esposizione sistemica. Però l'assorbimento di queste microplastiche dovrebbe essere limitato (≤0,3%), e solo la frazione più piccola (dimensione <1,5 μm) può penetrare profondamente negli organi. A causa delle loro ridotte dimensioni, le nanoparticelle potrebbero trovare nella fagocitosi o endocitosi la via preferenziale di assorbimento nel <lusso sanguigno; a seguito di tale traslocazione possono portare ad in<iammazione locale o indurre reazioni allergiche nei tessuti. La tossicità delle nanoplastiche per gli esseri umani è ancora del tutto inesplorata. Sono disponibili alcuni studi in vitro sui rischi delle nanoparticelle, ma l’estrapolazione alla tossicità delle nanoplastiche è molto delicata e richiede ulteriori indagini. In questi studi è stato valutato il pro<ilo di rilascio di citochine da parte delle cellule immunitarie per determinare se l’in<iammazione potrebbe essere innescata dal trattamento con particelle dalle dimensioni nel range delle nanoplastiche (<150 µm). I risultati hanno suggerito che le cellule del sistema immunitario (nello studio sono stati presi in esame i mastociti e i macrofagi umani) erano in grado di riconoscere come agenti patogeni e fagocitare solo le particelle aventi dimensioni <1,5 µm. Quindi l’assunzione di piccole particelle (<1,5 µm) può indurre in<iammazione locale nei tessuti e negli organi; per quanto riguarda invece particelle dalle dimensioni superiori, ancora non sono stati determinati possibili effetti nocivi per la salute umana. Ma quello che ad oggi suscita particolare preoccupazione, non è tanto la microplastica in sé, quanto l’effetto cavallo di troia. Che cos’è? È la possibilità della microplastica di adsorbire dei
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Figura 10. Potenziale impatto delle nanoparticelle sulla salute dell’uomo. Soltanto le particelle aventi dimensioni <1,5µm hanno innescato il processo di flogosi all’interno dell’organismo umano in seguito ad una loro ingestione. Fonte: https://doi.org/10.1038/ s41598-020-64464-9
contaminanti ambientali e trasportarli in giro per l’ambiente, ma soprattutto all’interno degli organismi. Si sa che le microplastiche adsorbono tanti contaminanti, idrocarburi, diossine e quant’altro, quello che non si sa ancora, sono gli effetti, cioè se sono autori di un’aumentata tossicità. Numerose sostanze chimiche utilizzate nella produzione della plastica, quali ftalati, bisfenolo A, nonché contaminanti ambientali, come pesticidi, erbicidi, metalli pesanti, giova sottolineare, sono riconosciute come molto tossiche per gli esseri umani e gli animali, poiché cancerogene, interferenti endocrine, neurotossiche. La tossicità di ftalati e bisfenolo A, onnipresenti nell’ambiente, è stata dimostrata in molti studi sugli animali. Gli ftalati, essendo interferenti endocrini, possono alterare le funzioni del sistema endocrino e quindi l’equilibrio ormonale degli organismi viventi, uomo compreso; ciò può avere gravi ripercussioni anche sul feto, in caso di donne in gravidanza. Gli effetti sono inoltre differenti a seconda dell’età e del sesso, interferendo sia sugli estrogeni che sul testosterone (entrambi fondamentali per il corretto sviluppo sessuale). Gli interferenti endocrini sono considerati fattori di rischio per molte patologie multifattoriali legate al sistema endocrino, quali le patologie r i p ro d u t t ive ( i n f e r t i l i t à , c r i p t o rc h i d i s m o , endometriosi, poliabortività, ecc.), le alterazioni dello sviluppo neuro-comportamentale, la predisposizione alla sindrome metabolica, il diabete, alterando il metabolismo dei grassi nel fegato, e i tumori ormonimediati, come ai testicoli o alla mammella. Conclusioni Le microplastiche rappresentano un problema
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crescente per l'ambiente e per la salute umana. La valutazione del rischio di questo contaminante emergente nei prodotti alimentari è ancora in una fase molto precoce e sono disponibili pochissimi studi sul monitoraggio delle microplastiche nei prodotti alimentari e sui loro effetti sulla salute umana. La crescente incidenza di malattie neurodegenerative, disordini immunitari e tumori può anche essere correlata alla maggiore esposizione a questi contaminanti ambientali, mediante ingestione di microplastiche. Il rischio è quindi alto e merita uno studio più approfondito sia da un punto di vista epidemiologico sia nella valutazione degli effetti che questi tipi di plastiche, una volta all’interno del nostro corpo, possono provocare alle cellule e alla salute del nostro organismo. La tendenza internazionale è quella di regolare la presenza di microplastiche nell’ambiente e quindi successivamente anche negli alimenti, con l’attesa che siano identi<icate metodologie analitiche standard per il monitoraggio di dati circa la presenza di contaminanti nei prodotti alimentari e per consentire l'istituzione di norme adeguate.
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LE EPIDEMIE NELLA STORIA /4 L’in3luenza spagnola Giusi Sanci*
L’
in$luenza spagnola fu una pandemia in$luenzale di notevole intensità, sia per ampiezza, che per virulenza. Basti dire che dilagò in quasi ogni parte del mondo dall'Artico $ino alle remote isole del Paci$ico. Il virus dell'in$luenza si diffuse in tutto il mondo a causa degli spostamenti delle truppe sui fronti europei. Il virus si espanse rapidamente anche grazie alla mobilizzazione militare ed in particolare con l'entrata in guerra degli Stati Uniti, dove l'in$luenza era endemica. Con i soldati americani il virus attraversò l'Oceano Atlantico e sbarcò nel vecchio continente, invadendo le trincee e le nazioni del fronte occidentale. Qui si diffuse la seconda ondata di in$luenza, che probabilmente a causa di una mutazione del virus risultò $in da subito più pericolosa. Francia, Gran Bretagna, Italia e Spagna
furono i primi Paesi ad essere travolti. L'agente responsabile della malattia è il virus H1N1 trasmesso attraverso gli uccelli e i suini. Diversi epidemiologi hanno ipotizzato che il virus della spagnola si sia diffuso originando dalla provincia del Kwangtung; e che in origine questo virus albergasse negli uccelli. In seguito, a causa di modi$icazioni genetiche, dagli uccelli passò ai maiali determinando un’in$luenza suina, in$ine dal maiale all’uomo. È stato ipotizzato che ci sia voluto circa mezzo secolo per la
trasformazione del virus da aviario in umano e che, al termine di questa mutazione, sia diventato un ceppo letale per gli esseri umani. Questa ipotesi vedrebbe appunto nella Cina meridionale l’origine del virus. I sintomi sono quelli di una normale in$luenza, come febbre, dolori lombari, tosse, seguiti però da gravi complicanze polmonari che inevitabilmente portavano gli ammalati alla morte nel giro di pochi giorni. Nel marzo 1918, durante gli ultimi mesi della Prima Guerra Mondiale, fu registrato il primo caso di in$luenza spagnola in un ospedale degli Stati Uniti. Fu chiamata così perché la Spagna — rimasta neutrale nella guerra — poteva fare circolare liberamente le informazioni sulla pandemia in quanto non sottoposta a censura, che invece veniva applicata dai Paesi coinvolti nel con$litto. Le c o m u n i c a z i o n i s o t t o p o s t e a c e n s u ra n o n riguardavano solo gli oggetti postali ma ovviamente tutti i possibili canali che potevano trasmettere notizie, compresi pacchi, vaglia, telegrammi, telefoni e radio. Nello speci$ico lettere, cartoline e telegrammi, sia civili che militari, erano controllati alla partenza e all'arrivo. Anche in Italia la censura, instaurata all’inizio del con$litto bellico, fu particolarmente severa e furono gli stessi giornali che, praticando un’attenta omissione, contribuirono all’oscuramento del problema. Ma la censura non basta per giusti$icare quanto poco si parlò della spagnola anche quando l’epidemia continuò ad imperversare nei mesi successivi alla chiusura del con$litto bellico. Durante questa pandemia i sistemi sanitari rischiarono il collasso, e il tasso di mortalità fu tra il 10 e il 20% e in tutto il mondo morirono fra 20 e 50 milioni di persone. L'elevato tasso di decessi può per la maggior parte essere attribuito al sovraffollamento negli accampamenti militari e negli ambienti urbani, come anche all'alimentazione e alle condizioni sanitarie carenti sofferte durante la guerra. Oggi si ritiene che molte morti furono dovute allo sviluppo di polmoniti batteriche in polmoni
*Farmacista
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indeboliti dall'in$luenza. Nel 2007 dei ricercatori scoprirono che scimmie contagiate con il virus manifestavano sintomi osservati durante l'epidemia. Gli studi suggeriscono che le scimmie morivano quando i loro sistemi immunitari reagivano eccessivamente al virus, la cosiddetta "tempesta di citochine”, e si ritiene che una simile reazione eccessiva abbia contribuito nel 1918 ad elevati tassi di decessi tra giovani e adulti sani. Queste sostanze sono normalmente prodotte dal nostro sistema immunitario, ma un rilascio spropositato può causare una reazione immunitaria polmonare eccessiva che può portare a complicanze gravi. La pandemia di in$luenza spagnola contagiò il globo in tre ondate nel periodo 1918-1919. Le cause della malattia sono ancora oggetto di dibattito nella comunità scienti$ica. La prima ondata (primaverae s t a t e 1 9 1 8 ) i n f e t t ò m i l i o n i d i p e r s o n e , interrompendo le attività quotidiane tra le truppe e i civili, ma ebbe una mortalità sostanzialmente contenuta. Il virus venne veicolato dagli spostamenti di uomini e mezzi determinati dalla guerra. L’estesa circolazione della malattia causò la mutazione dell’agente virale in una forma più letale, associando la capacità di attaccare con virulenza le vie respiratorie all’elevata contagiosità. La maggior parte delle vittime dell'in$luenza furono adolescenti e giovani adulti, tra i 15 e 40 anni: quelle stesse fasce
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d’età sulle quali era maggiormente ricaduto il peso del con$litto e della produttività. Nell’agosto 1918, dopo una fase di decrescita, focolai pandemici esplosero in varie località del globo (Sierra Leone, Francia, Stati Uniti, Italia meridionale). A partire da settembre, la malattia infettò simultaneamente molteplici regioni del mondo occidentale, raggiungendo il culmine della mortalità tra ottobre e novembre. I sistemi d’assistenza pubblica e sanitari, costruiti nell’anteguerra in Europa e Nord America, mostrarono la loro inadeguatezza. Per varie settimane, servizi essenziali per il funzionamento della burocrazia, dell’economia e della macchina bellica vennero paralizzati dal dilagare del virus. Altrove, come in Africa e Asia, la malattia impose lo stravolgimento di ritmi economici e produttivi cristallizzati da decenni. Nella prima metà del 1919, una terza ondata colpì il globo, veicolata dai grandi movimenti del dopoguerra: il ritorno dei reduci, gli spostamenti dei profughi, la ripresa dei commerci. Tuttavia, la sua capacità di infettare e uccidere si era ridotta . In realtà i decessi veri$icatisi durante la prima ondata dell’in$luenza — a metà del 1918 — furono relativamente bassi, ma è durante la seconda ondata, fra ottobre e dicembre dello stesso anno, che si registrò il maggiore tasso di morti. Nella terza ondata in$ine — avvenuta nella primavera del 1919 — il
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virus fu più letale che nella prima ma meno rispetto alla seconda. Gli scienziati ritengono che il notevole aumento dei morti nella seconda ondata sia stato causato da una condizione che ha favorito la diffusione di un ceppo più mortale. Le persone leggermente colpite rimanevano a casa, ma i casi più gravi venivano spesso concentrati in ospedali o campi, aumentando la trasmissione di una forma più letale del virus. Ci sono pochi dubbi sul fatto che il con$litto mondiale abbia profondamente in$luito s u l l ' a n d a m e n t o d e l l ’ e p i d e m i a . I n f a t t i i l concentramento di milioni di soldati rappresentava una circostanza ideale per lo sviluppo di ceppi più aggressivi del virus e la sua diffusione. Dopo decenni di progressi, la pandemia di spagnola segnò un momento di crisi per la scienza medica. Le conoscenze scienti$iche acquisite e i trattamenti disponibili furono insuf$icienti per fronteggiare la malattia. Senza sulfamidici e antibiotici, ancora da scoprire, era impossibile arrestare l’in$iammazione dei tessuti. Mentre venivano condotte ricerche eziologiche in Italia e nel resto del mondo, vari medici avanzarono contraddittorie teorie mediche. Alcuni proposero rimedi desueti — come i salassi e le purghe con l’olio di ricino — e ritrovati sperimentali inef$icaci, talvolta nefasti. La disinformazione generò credenze e false notizie. La s$iducia e la dif$idenza nei confronti dell’autorità e
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dei medici si diffusero tra i ceti popolari. I dottori erano percepiti come emanazioni di quello Stato che, per impotenza e per le dif$icoltà del contesto bellico, non riuscì ad assicurare cure e assistenze adeguate. Non essendo allora conosciuta l'eziologia della malattia, le nome di prevenzione adottate dal Governo italiano (era presidente del Consiglio dei Ministri Vittorio Emanuele Orlando) e diramate ai prefetti erano di fatto generiche: disinfezione frequente dei locali pubblici o aperti dal pubblico, delle strade, smaltimento rapido dei ri$iuti, uso delle mascherine per il personale ospedaliero, presenza di sputacchiere a calce viva etc. Altre misure vennero adottate dai singoli comuni: chiusura di teatri, chiese, scuole, delle $iere, proibizione di cortei funebri, divieto di suonare le campane a morto. Sulla stampa venivano quotidianamente riportati prodotti promettenti la guarigione: pastiglie contro la tosse, disinfettanti per il cavo orale, dentifrici, preparati contro la febbre e antinevralgici. Veniva raccomandata l'attenzione all'igiene personale e sul Corriere della Sera era frequente la pubblicità di un liquore l'Archebuse, preparato dai frati maristi, con la scritta: “unico prodigioso rimedio preventivo contro l’in$luenza”. Dai medici sulla stampa vennero proposti così un'in$inita quantità di farmaci, vaccini, collutori, tinture, persino l'acqua di colonia… Ebbe un discreto successo (anche se da molti contestato) il
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Chinino di Stato che fu oggetto di accaparramento e di conseguenza venduto alla borsa nera. La spagnola provocò un terremoto demogra$ico non indifferente in quanto colpì principalmente giovani e adulti sani, che rappresentavano la spina dorsale del sistema economico, e provocò ovunque crisi della domanda e dell'offerta, della produzione e del consumo con effetti destabilizzanti sui sistemi politici e sociali. Nel nostro Paese l’epidemia fu particolarmente grave, anche perché alcune scelte governative favorirono la circolazione del virus. Le autorità infatti si limitarono a bloccare i servizi non essenziali, mentre lasciarono a pieno regime le principali attività economico-produttive, sia per dif$icoltà oggettive che per scelta politica; poiché fermare la complessa macchina statale avrebbe avuto ripercussioni sull'operatività dell'esercito in un momento decisivo del con$litto. Il governo infatti non impose riduzioni di orario e chiusure temporanee alle industrie, e la movimentazione di migliaia di operai moltiplicò le occasioni di contagio. La malattia avanzò praticamente incontrastata nelle industrie, impattando inevitabilmente sulla p r o d u t t i v i t à . U n a l t r o d a t o s i g n i $ i c a t i v o dell'insuccesso governativo furono gli agglomerati di persone che affollarono quotidianamente l'ingresso dei negozi alimentari soggetti al tesseramento. Nonostante le code fossero pericolosi vettori di contagio, lo Stato evitò di imporre limitazioni per non turbare lo spirito pubblico. Al termine dell’epidemia, dopo 10-11 mesi di $lagello, 600.000
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persone erano scomparse, accusando uno dei tassi di mortalità più alti d’Europa. In termini di decessi, sul piano globale la pandemia fece più vittime della guerra stessa. La $ine della pandemia arrivò nel 1920, quando la società sviluppò un'immunità collettiva all'in$luenza spagnola, anche se il virus non è mai scomparso del tutto, infatti tracce dello stesso virus sono state ritrovate in altri focolai. Il virus dell’in$luenza spagnola ha continuato ad apparire mutando e acquisendo materiale genetico da altri virus.
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www.agifarag.it