24 minute read

Delle Arti

Iconogra(ia cristiana: la Natività nella storia dell’arte

(I parte)

Advertisement

Rodolfo Papa

Per un percorso iconogra?ico ed iconologico sul tema della Natività nella storia dell’arte, prenderò come punto di partenza un’opera poco nota, ma molto interessante, ovvero la lunetta in stucco rappresentante una Natività, databile presumibilmente intorno alla metà del Quattrocento, opera di Bartolomeo Bellano [1], allievo diretto e collaboratore di Donatello, restaurata nei primi anni del nuovo secolo [2].

L’opera è presente a Cento, un comune della provincia di Ferrara, a partire dalla metà circa del secondo decennio del Cinquecento, intorno al 1516-1517 [3].

La devozione fu subito tale da renderla immediatamente popolare [4] ?ino a giungere, un secolo più tardi, esattamente il 4 giugno 1606, alla sua incoronazione da parte di monsignor Giulio Cesare Segni [5], in una celebrazione solenne al cospetto di tutto il clero, le confraternite, gli ordini religiosi e il popolo [6].

Gli scarni dati storici ci consentono di ricostruire questo percorso che da un ambito artistico e culturale di primo piano, quale la bottega di Donatello [7], conduce direttamente a Cento.

L’opera riesce ancora a sorprendere, soprattutto per la cura estrema con la quale è realizzata e per la composizione equilibratissima che rappresenta. La grande cura per il dettaglio e la complessa composizione dello spazio sorprendono ancor più se si considera che la lunetta è realizzata in un materiale disponibile alla replica, adatto cioè per la produzione di copie uguali. Anche per queste sue caratteristiche l’opera, sicuramente pensata da Donatello e realizzata da uno dei suoi migliori allievi, come lavoro di bottega o come derivazione da un disegno o da un bozzetto perduto, è testimonianza di un nuovo prodotto artistico, capace d’incontrare il gusto colto e raf?inato del pubblico e di porsi in diretta concorrenza con le novità che intorno alla metà del Quattrocento venivano introdotte dalla bottega dei Della Robbia [8].

La struttura compositiva cosı̀ interessante ha portato in passato molti studiosi a collocare l’esemplare più famoso, ovvero il rilievo in stucco policromo conservato al Museo Bardini, e di conseguenza tutta la serie oggi nota, nel catalogo delle opere di Donatello [9]. Nella lunetta del Bellano, Maria è collocata al centro della composizione, posta di tre quarti, ha le mani giunte e guarda verso la sua sinistra in basso, con il capo un poco reclino; subito sotto sta Gesù bambino che, adagiato su di una sporgenza rocciosa, con la mano sinistra regge una mela e con la destra afferra il manto della Vergine. Tra Maria e Gesù, sporgono le teste di un asino e di un bue, che si protende verso il bambino, con una ghirlanda sulla testa, tra le corna. Giuseppe, in basso alla destra di Maria, sporgente da dietro una roccia, con le mani che afferrano quest’ultima, protende il volto e lo sguardo verso l’infante. La struttura piramidale, costruita dalle ?igure, è precisissima e delicata nel medesimo tempo; si possono evidenziare linee non immediatamente percepibili ma che, ad un occhio allenato, rivelano una geometria compositiva complessa e ?inissima, che è ulteriore prova dell’ipotizzata in?luenza del maestro Donatello sull’allievo. Infatti, risulta costruito un naturale punto di vista spostato rispetto all’asse centrale che

Figura 1. Bartolomeo Bellano, Natività. Stucco policromo, 1450-1499, Museo Bardini, Firenze.

Rodolfo Papa, PhD. Pittore, scultore, teorico, storico e ?ilosofo dell'arte. Esperto della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Accademico Ordinario della Ponti?icia Insigne Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon. Docente di Arte Sacra, Tecniche Pittoriche nell’Accademia Urbana delle Arti. Presidente dell'Accademia Urbana delle Arti. Già docente di Storia delle teorie estetiche, Storia dell’Arte Sacra, Traditio Ecclesiae e Beni Culturali, Filoso?ia dell’Arte Sacra (Istituto Superiore di Scienze Religiose Sant'Apollinare, Roma; Master II Livello di Arte e Architettura Sacra della Università Europea, Roma; Istituto Superiore di Scienze Religiose di Santa Maria di Monte Berico, Vicenza; Ponti?icia Università Urbaniana, Roma; Corso di Specializzazione in Studi Sindonici, Ateneo Ponti?icio Regina Apostolorum). Tra i suoi scritti si contano circa venti monogra?ie, molte delle quali tradotte in più lingue e alcune centinaia di articoli (“Arte Cristiana”; “Euntes Docete”; “ArteDossier”; “La vita in Cristo e nella Chiesa”; “Via, Verità e Vita”, “Frontiere”, “Studi cattolici”; “Zenit.org”, “Aleteia.org”; “Espiritu”; “La Società”; “Rogate Ergo”; “Theriaké” ). Collaborazioni televisive: “Iconologie Quotidiane” RAI STORIA; “Discorsi sull’arte” TELEPACE. Come pittore ha realizzato interi cicli pittorici per Basiliche, Cattedrali, Chiese e conventi (Basilica di San Crisogono, Roma; Basilica dei SS. Fabiano e Venanzio, Roma; Antica Cattedrale di Bojano, Campobasso; Cattedrale Nostra Signora di Fatima a Karaganda, Kazakistan; Eremo di Santa Maria, Campobasso; Cattedrale di San Pan?ilo, Sulmona; Chiesa di san Giulio I papa, Roma; San Giuseppe ai Quattro Canti, Palermo; Sant'Andrea della Valle, Roma; Monastero di Seremban, Malesia; Cappella del Perdono, SS. Sacramento a Tor de'schiavi, Roma …)

propone un immediato "sotto in su", determinando cosı̀ uno sviluppo tridimensionale che risulta accentuato se l’osservatore è collocato in basso a sinistra. Questo ideale punto di vista, infatti, migliora la visione dell’opera e nel contempo ne ampli?ica le qualità prospettiche, risolvendo anche quel che a prima vista può sembrare un errore di proporzioni tra la testa di san Giuseppe e quella un poco più grande di Maria [10]. Dunque, questa piccola pala d’altare viene pensata per essere vista dal basso, per essere cioè collocata in luogo posto più in alto del riguardante. In questo modo viene facilitato l’adeguamento ottico alla costruzione prospettica cosicché, dal giusto punto di vista, la visione consenta la realizzazione di una “rappresentazione interiore” [11] nell’anima del fedele, ovvero ciascuno possa diventare realmente un astante e intimamente partecipare allo svolgimento del sacro evento. La complessità della composizione veicola un contenuto solo apparentemente semplice. Non si tratta di una immagine univoca, tutta spiegata dalla lettera del titolo, ma è un’opera d’arte capace di porre in essere una circolarità di senso e di signi?icato [12] molto profonda, dai molteplici rimandi, che affondano in una cultura che sa essere enciclopedica, e cioè sa porre in circolo il sapere. L’opera rappresenta senz’altro una Natività, ma il tema iconogra?ico, già di per sé complesso, è svolto con originale profondità. Lo stucco non è semplice come a un primo sguardo potrebbe apparire, anzi fa sorgere alcune domande che impongono una corretta lettura iconologica. Perché il bue ha una ghirlanda tra le corna? Perché Giuseppe sta aggrappato ad una roccia con lo sguar-

do ?isso sul bambino? Qual è il luogo nel quale la scena si svolge? Maria ha le mani giunte e il suo capo è reclinato verso i due animali astanti: che cosa vuole dire quel gesto e cosa signi?ica il gruppo dei tre a ?ianco di Gesù bambino? Cosa rappresentano il bue e l’asinello? Perché il Bambino afferra con la mano destra il manto della Vergine, mentre nella sinistra porta una mela? In questa piccola Natività, cosı̀ cara alla devozione popolare, vi sono innumerevoli rimandi tematici ed iconogra?ici che occorre almeno in parte rintracciare e analizzare per cercare di spiegare quello che la stessa devozione popolare probabilmente afferrava e comprendeva nel proprio cuore semplice. Occorre anche, per quanto è possibile, cercare di dipanare e insieme di ?issare alcune componenti che rimandano a quei segni che, sedi«Nel linguaggio artistico cristiano, e in modo speciale in quello occidentale e latino, mentati, compongono la tradizione di quella stessa iconogra?ia. esiste una tradizione artistica di vere e Ogni composizione e ogni proprie immagini-acustiche, che non solo suo segno si muovono sono capaci di tradurre immagini letterarie, contemporaneamente su ma anche di proporre delle invenzioni tali più piani, abbracciando da divenire esegesi figurative dei testi sacri» più signi?icati, utilizzando spesso la medesima soluzione, oppure proponendo soluzioni formalmente diverse ma di identica ?inalità. Nel linguaggio artistico cristiano, e in modo speciale in quello occidentale e latino, esiste una tradizione artistica di vere e proprie immagini-acustiche [13], che non solo sono capaci di tradurre immagini letterarie, ma anche di proporre delle invenzioni tali da divenire esegesi 2igurative [14] dei testi sacri. Nei Vangeli è narrato dell’arrivo della Sacra Famiglia a Betlemme e della dif?icoltà nel trovare un alloggio per la notte. Luca afferma che «non c’era posto per essi nell’albergo» [15]. Il termine greco “tò katàluma” indica l’albergo, che in realtà doveva essere un cara-

Figura 2. Giotto. A sinistra: Natività. A destra: Adorazione dei Magi. 1303-1305 ca., Cappella degli Scrovegni, Padova.

vanserraglio più o meno come l’odierno “khan” palestinese, ovvero un luogo a cielo aperto, recinto da un muro piuttosto alto e fornito di una sola porta d’accesso. Eo evidente che in un simile luogo, “per essi”, nelle condizioni in cui si trovava Maria, non poteva esserci posto: ne occorreva uno più appartato. E su tale luogo il racconto evangelico dà alcuni indizi: «E avvenne che, mentre essi erano colà, si compirono i giorni per il parto di lei, e partorı̀ il suo primogenito, e lo fasciò e lo pose in una mangiatoia» [16]. L’espressione “anéklinen autòn en fàtne”, cioè lo pose a giacere in una mangiatoia, rivela che la scena avviene in una stalla. La stalla esige, secondo le costumanze d’allora, una grotta, una piccola caverna, scavata sul ?ianco di qualche collinetta nei pressi del villaggio. Esiste però anche una tradizione che vuole interpretare la stalla evangelica come una capanna di legno e paglia, come vediamo per esempio rappresentato da Giotto nella Natività e nell’Adorazione dei Magi nella cappella degli Scrovegni a Padova. Molte delle notizie storiche sulla stalla della natività come grotta provengono dalla testimonianza di san Gerolamo. Egli, narrando il progetto di paganizzazione dei luoghi cristiani messo in atto a partire dall’imperatore Adriano, esprime il proprio dolore perché «nella grotta dove un tempo Cristo vagı̀ bambino era pianto l’amante di Venere». Nei pressi era stato infatti, piantato un bosco dedicato al culto di AdoneTammuz, che rimarrà ?ino a quando Costantino nel 325 edi?icherà sulla grotta una grande basilica, risparmiata dall’invasione persiana del 614 e ancora oggi esistente. La caverna, il bosco, il tempio, la chiesa sono elementi che descrivono il luogo della natività e che ricorrono nelle rappresentazioni pittoriche proprio di San Gerolamo eremita. Pisanello e/o Bono da Ferrara nella tavola conservata alla National Gallery di Londra collocano San Gerolamo seduto presso delle rocce, con lo sguardo che lambisce un boschetto, e una chiesa sullo sfondo; Piero della Francesca nella tavola di Berlino lo pone dentro un bosco solcato da un ?iume, e tra gli alberi sembra d’intravedere un edi?icio antico; Andrea Mantegna lo rappresenta penitente tra alberi e ruderi di edi?ici antichi (National Gallery, Washington) oppure presso delle rocce accanto a

Figura 3. Pisanello e/o Bono da Ferrara, S. Girolamo, 1440 ca., National Gallery, Londra.

Figura 4. A sinistra: Piero della Francesca, S. Girolamo penitente, 1450, Gemäldegalerie, Berlino. A destra: Andrea Mantegna, S. Girolamo, 1475 ca., National Gallery of Art, Washington DC.

un bosco (San Paolo, Museo de Arte). Il tema del San Gerolamo penitente nel deserto risulta per noi interessante proprio per la connotazione geogra?ica (Betlemme) e per la rappresentazione topogra?ica dei luoghi santi: l’edi?icio pagano, il boschetto dedicato al culto di Adone-Tammuz, le rocce-caverne, la chiesa edi?icata da Costantino, il corso d’acqua delle descrizioni mistiche dei Padri della Chiesa. E proprio in questi termini è descritta dalla tradizione pittorica l’ambientazione della natività di Gesù. Un bellissimo esempio è costituito dalla Natività di Cristo con due Angeli e i Santi Bernardo e Tommaso d’Aquino dipinta da Francesco di Giorgio Martini (Siena, Pinacoteca Nazionale): il presepe è ambientato presso una struttura naturale-architettonica che sintetizza la grotta e la capanna, sovrastante il rudere di un tempio antico circolare, ovvero il tempio di Adone-Tammuz. Nella Madonna delle Cave del Mantegna (Firenze, Uf?izi) possiamo addirittura individuare il momento della costruzione del tempio, che fa piangere di amarezza Gerolamo. Impropriamente, infatti, si è parlato di “cave”, addirittura identi?icate con quelle di Carrara: sembra iconogra?icamente più corretto supporre che Mantegna abbia voluto rappresentare la natività nel suo proprio luogo, anticipando però già gli effetti della reazione pagana. Del resto, ?in dai primi secoli la natività è rappresentata nel luogo della grotta come è possibile vedere nel riquadro inferiore sinistro della Coperta del cofanetto [17] proveniente dal Sancta Sanctorum lateranense, realizzata intorno al VI secolo e conservata nei Musei Vaticani o ancora nel ciclo di affreschi di S. Maria foris portas a Castelseprio [18]. In seguito, invece, in un altro contesto culturale la scena della natività è rappresentata in luogo architettonico de?inito e inserito in un ambiente urbano, come per esempio nella Tavoletta in avorio, rappresentante la natività e la fuga in Egitto (1084-5 c.), conservata oggi nel Museo diocesano di Salerno [19]. Ma nel Quattrocento, in area ?iorentina, la scena della natività ha la prerogativa di essere inserita in un contesto non urbano, con la tendenza a riferirsi a una grotta o a un luogo naturale, oppure a un luogo di sintesi tra architettura e natura, come possiamo vedere, per esempio, nella Natività di Cristo con adorazione dei pastori e venuta dei Magi realizzata da Ghirlandaio per la Cappella Sassetti nella chiesa di Santa Trinita a Firenze nel 1485 e anche nell’affresco della Natività realizzato da Baldovinetti nel 1460-1462, nella Chiesa della Santissima Annunziata anch’essa a Firenze.

Figura 10. Domenico Ghirlandaio, Adorazione dei pastori, 1485, Cappella Sassetti, Chiesa di Santa Trinita, Firenze.

Nell’opera di Ghirlandaio l’elemento architettonico antiquario ha il compito di ricostruire non solo il tempo storico in cui i fatti evangelici sono narrati [20], ma anche di alludere indirettamente a quello che in quel luogo accadde durante la persecuzione cristiana al tempo dell’imperatore Adriano, cosı̀ come ci è tramandato dalle fonti storiche; rappresenta, infatti, una capanna che al posto di pali lignei ha due pilastri in ordine composito, evidente allusione alla Chiesa nascente [21]. Nell’affresco di Baldovinetti, invece, l’elemento architettonico è rappresentato da un rudere che, posto sopra un’altura in un contesto rupestre, diviene “casa” [22], allusa semplicemente con una tettoia posticcia tra tre mura che non sorreggono più il tetto ormai crollato. Ma è nella predella della pala d’altare in terra cotta invetriata dedicata all’Incoronazione della Vergine, eseguita da Andrea della Robbia per la basilica dell’Osservanza a Siena nel 1474 circa, in un ambiente, quale quello francescano [23], culturalmente e spiritualmente impostato ad uno sviluppo “topogra?ico” [24] della pratica devozionale, che vediamo esplicitamente rappresentata la grotta come luogo nel quale si svolge la scena della natività. Questa impostazione compositiva rimanda in modo evidente alla scelta che Donatello/Bellano operano nel descrivere l’ambientazione della natività. Notiamo infatti, la presenza di tutti gli elementi e tutti dotati del mede-

Figura 11. Alesso Baldovinetti, Adorazione dei pastori, 1460, Chiostro dei Voti, Basilica della Santissima Annunziata, Firenze.

simo signi?icato, con l’eccezione però del Bambino che non riposa nella mangiatoia; soprattutto diverso è il carattere meno narrativo e più icastico della composizione, che nella scelta di Donatello/Bellano appare sospesa, capace di evocare maggiormente l’elemento contemplativo, in quanto immagine isolata e decontestualizzata da una descrizione analitica dell’intorno. Per queste caratteristiche la Natività di Cento ripropone quel tipo di opere che tendono più all’astrazione mistica che al dato narrativo, come nel caso eminente della Natività mistica del carmelitano fra Filippino Lippi realizzata nel 1445 circa per la famiglia Medici, oggi conservata alla Gemäldegalerie di Berlino; quest’opera si propone come una meditazione sul tema dell’Incarnazione, ponendo al centro il gruppo di Maria e di Gesù bambino, in modo da indicare il rapporto diretto tra Maria e l’eucaristia, secondo l’importantissima tradizione mistica mutuata direttamente dalle Rivelazioni di santa Brigida di Svezia [25] e, parallelamente, dal misticismo ?iorentino dei domenicani beato Giovanni Dominici e sant’Antonino Pierozzi, i quali insegnavano che il cristiano devoto può e deve identi?icarsi con Maria Vergine, coltivando in se stesso un giardino dell’anima in cui Cristo nascerà [26]. Questo elemento “mistico” non rimane isolato, anzi circola abbondantemente nel patrimonio comune dell’iconogra?ia delle botteghe artistiche, e offre molte opere che, se non correttamente inquadrate in questa spiritualità, rischiano di essere fraintese semplicemente come “eccentriche”; questo è il caso, per esempio, della Natività mistica realizzata da Sandro Botticelli nel 1501, oggi conservata alla National Gallery di Londra. Quest’opera ripropone la medesima iconogra?ia della Vergine inginocchiata che, con le mani giunte, adora il bambino, tema che lo stesso Botticelli aveva già affrontato in maniera più esplicita nella Madonna in adorazione del Bambino con san Giovannino oggi nel Museo Civico di Piacenza, riproponendo direttamente la visione mistica proposta da

Figura 12. Filippo Lippi, Adorazione del Bambino di Palazzo Medici, 1458-1460, Gemäldegalerie, Berlino.

fra Filippo Lippi. Nella Natività mistica è lo stesso Botticelli, con una scritta in greco moderno posta direttamente sulla tela, a darci la chiave di lettura, facendo esplicito riferimento all’Apocalisse di san Giovanni, nella quale si narra di una tribolazione che terminerà con l’incatenazione e precipitazione del Demonio e la realizzazione di un tempo di pace [27]. Questo dipinto appartiene alla tipologia devozionale e nel medesimo tempo realizza la rappresentazione di un ex voto, si presenta cioè come la proiezione di un af?idamento nell’attesa del tempo messianico. Tutto questo aiuta a comprendere come il fatto che nella Natività di Cento il luogo non sia totalmente rappresentato, ma solo alluso da un piccolo sperone di roccia al quale Giuseppe si aggrappa, non signi?ica che il contesto narrativo sia ridotto a puro elemento decorativo, ma signi?ica invece lo spostamento del luogo stesso su un altro piano, di ordine mistico. La

Figura 13. Sandro Botticelli, Natività mistica, 1501, National Gallery, Londra.

composizione è concentrata sugli elementi essenziali per allestire un’immagine che non corre sul piano della narrazione, ma su quello della rappresentazione mistica (segue).

Bibliografia e note

1. Riguardo l’attribuzione: cfr. Sarchi A., Nativià, in AA.VV.,

Sculptores - Opere scelte della Collezione Fornaro Gaggioli. sec. XIV-XVII, Catalogo della mostra, Bologna 2005, pp. 26-29; Ead., Sculture antiche (e prodigiose) tra Pieve e

Cento, in Sculture a Cento e a Pieve tra XV e XIX secolo, a cura di Lorenzini L., Cento 2005, pp. 33-38; Krann V.,

Studien zur Paduaner Plastik des Quattrocento (Beitrage zur Kunstwissenschaft), München 1988; Donatello e i

Suoi: scultura 2iorentina del primo rinascimento, Catalogo a cura di Phipps Darr A. e Bonsanti G., Milano - Firenze 1986: cfr. la scheda n. 45 di Herzner V. sulla "Natività" del Museo Bardini, p. 158. 2. Cfr. Gentilini C. (a cura di), La Madonna del Presepe. Da

Donatello a Guercino, Minerva edizioni, Bologna 2007. 3. «Si vuole che la famiglia Vigorosi di Pieve di Cento regalasse alla Contarini [Domitilla Contarini, monaca agostiniana] attorno al 1516 un bassorilievo di stucco policromo, rappresentante la Madonna del Presepio… Questa sacra immagine, il 24 aprile 1517, risultava già collocata in un altare della chiesa di Santa Caterina» Luigi R.,

Il popolo e la chiesa dei santi Sebastiano e Rocco nella

Cento di Borgo da Mattina, Cento 1987, p. 110. 4. «Che di lontano ancora vennero genti a venerare la detta

Vergine del Presepio» Monteforti, Delle chiese e cose sacre della città di Cento e suo territorio…, s.d. 5. Fu richiesta in realtà la presenza dell’arcivescovo di

Bologna, mons. Alfonso Paleotti (1531-1610) che essendo molto anziano e malato inviò mons. Giulio Cesare Segni. Eo interessante sottolineare che Alfonso Paleotti fu il redattore di un testo scienti?ico e nel contempo devozionale sulla Sindone, che nel Cinquecento ebbe un’immensa fortuna. Come il cugino Card. Gabriele Paleotti, anche Alfonso fu legato personalmente a san Filippo

Neri, che ebbe come direttore spirituale e nel cui ambiente pauperista crebbe. Paleotti A., Esplicitazione del lenzuolo ove fu involto il Signore… in Bologna, per gli eredi di Gio. Rossi _ con licenza dei Superiori _ 1599, ed. in anastatica, Torino 2001. 6. Cfr. Eubel K., Hierarchia sacra, II vol., Monasterii 1925 (seminario vescovile di Rieti). 7. Berti L., Cecchi A., Natali A., Donatello, Dossier n. 3, Giunti, Firenze 1986; Paolucci A., Petrucci F., Donatello in san

Lorenzo a Firenze, Bergamo 1995; AA.VV., Donatello e il suo tempo. Il bronzetto a Padova nel Quattrocento e nel

Cinquecento, Catalogo della mostra, Milano 2001;

AA.VV., Opere scelte della collezione Fornaio Giaggioli,

Catalogo della mostra, Bologna 2005. 8. Per questa interpretazione dell’oggetto artistico come

“nuovo prodotto” immesso sul mercato dell’arte dalla bottega di Donatello, e quindi in seguito da Bellano, sono debitore delle illuminanti chiacchierate avute con

Giancarlo Gentilini. Cfr. Gentilini G., I Della Robbia. La scultura invetriata nel Rinascimento, Firenze 1992; cfr.

Collareta M., Un percorso coerente. Fortuna e sfortuna della scultura invetriata, in I Della Robbia e l’”arte della nuova” scultura invetriata, Firenze 1998, pp. 1-16. 9. Avery C., Donatello, Catalogo completo, Firenze 1991, p. 92. Vi sono poi pareri discordanti sull’attribuzione e datazione: cfr. J. Pope Hennessy, Some Donatello Problems, in Studies in the History of Art Dedicated to William E. Suida on His 80th Birthday, Londra 1959, pp. 4765; Rosenauer A., Donatello. L’opera completa, Milano 1993, cat. 70, p. 301. 10. Come del resto ha già notato Avery: «La composizione è destinata in particolare ad essere vista da destra e dal basso. Da tale punto di vista la testa e le mani di Giuseppe danno meno l’impressione di essere state applicate arti?iciosamente, e lo spazio immaginario del rilievo funziona meglio» Avery, op. cit., p. 92. 11. Per quanto riguarda il concetto di “rappresentazione interiore” come metodo di rappresentazione artistica connessa alla spiritualità, alla devozione e alla concezione teologica delle opere d’arte nel Quattrocento, rimando ad alcuni miei scritti. Cfr. Papa R., Una rappresentazione interiore. Il Cenacolo di Leonardo, “ArteDossier”, n. 119, gennaio 1997, pp. 27-30; Id., Una epifania di pace. L’Adorazione dei Magi di Bramantino, “ArteDossier”, n. 141, gennaio 1999; Id., Giuda, il disordine e la

Grazia, in Leonardo. Il Cenacolo, a cura di C. Pedretti, (Dossier n. 146), Giunti, Firenze 1999, pp. 32-43; Id., La prospettiva di Dio. Il Polittico di sant’Antonio di Piero della Francesca: l’Annunciazione, in “ArteDossier”, n.181, settembre 2002, pp. 36-41; Id., L’architettura del cielo.

L’Incoronazione della Vergine di Francesco di Giorgio

Martini, in “ArteDossier”, n. 196, gennaio 2004, pp. 30-36; Papa R., La città dipinta. La cappella Carafa di

Filippino Lippi, in “Artedossier”, gennaio 2005 ; Id., I colori dello spirito. Capolavori dell’arte cristiana tra XIV e

XVII secolo, Milano 2005. 12. Riguardo alla perdita, da parte della cultura contemporanea, della immensa capacità immaginativa che la cristianità aveva messo in campo nel corso dei secoli,

Francesco Saracino cosı̀ si esprime: «Per alcuni decenni il cattolicesimo ha rischiato di diventare una religione del Libro. Prima della rivoluzione indotta al suo interno dall’informatica, il fattore di rinnovamento più rilevante nel mezzo secolo trascorso è stato l’improvvisa

centralità assunta dalla Bibbia nell’esperienza dei cristiani più consapevoli (quelli urbani e secolarizzati, per intenderci), dalle cui abitudini ha sloggiato gran parte degli investimenti di natura immaginativa e rituale che in precedenza vigoreggiavano senza contrasto». Saracino F.,

Il nome dipinto, Milano 2007, p. 9. 13. Riguardo questo concetto di immagine-acustica faccio riferimento al rapporto tra il testo di Jacopo Passivanti e la pittura di Andrea Bonaiuti cosı̀ mirabilmente esposto da E. Marino: cfr. Marino E., Santa Maria Novella e il suo spazio culturale, Pistia 1983, pp. 11-14. 14. Si fa qui riferimento ad una concezione dell’arte che è non solo debitrice del testo scritto ma che è essa stessa in grado di esporre una originale esegesi, capace cioè non solo di tradurre un testo ma di affermare, proprio in quanto immagine, qualcosa di nuovo su di esso. Faccio riferimento agli studi di F. Saracino che afferma «quasi mai si parla invece di esegesi ?igurativa della Bibbia, di artisti come esegeti» cfr. Saracino F., op. cit. p. 10. Relativamente alla interpretazione dell’opera d’arte come testo teologico, faccio riferimento alla magistrale lettura in forma di meditazioni, che Giovanni Paolo II ha proposto della Cappella Sistina, indicando chiaramente e ?inalmente la strada per una valutazione attenta dell’operato artistico come ri?lessione profonda, e non semplicemente come valore estetico da fruire. Cfr. Giovanni Paolo II,

Trittico romano, Città del Vaticano 2003. E per ultimo cfr.

Papa R., Leonardo teologo, Milano 2006. 15. Lc 2, 7. 16. Lc 2, 6-7. 17. Questo manufatto artistico testimonia del complesso rapporto iconogra?ico che intercorre tra la ?igura di Maria e quella di Gesù. Infatti, Maria è inserita ben cinque volte nel percorso illustrato dalle sei scene della narrazione della vita Christi, e anche in luoghi dove la narrazione evangelica non parla della sua presenza, a riprova del fatto che l’assunto spirituale e devozionale di una immedesimazione tra la vita di Cristo e quella di Maria, rappresentata artisticamente dalla reazione emotiva della

Madre a tutti gli eventi narrati dai Vangeli, non è il frutto tardivo della cultura devozionale rinascimentale e barocca, ma una acquisizione del pensiero cristiano, ?in dai primi secoli: il cofanetto è infatti del VI secolo. 18. Cfr. Romanini A.M., L’arte medioevale in Italia. Firenze 1988, Milano 2000, pp. 228-236. 19. Probabilmente la presenza del Ponte?ice a Salerno, in occasione della benedizione del Cattedrale ricostruita su stimolo del vescovo Alfano e con impegno economico di

Roberto il Guiscardo, implica la dotazione di una cospicua serie di tavolette in avorio con scene tratte dall’Antico e dal Nuovo Testamento, fornendo cosı̀ una dimensione decorativa, carica di memorie paleocristiane e soprattutto romane, che doveva apparire assolutamente essenziale, nel momento in cui l’edi?icio si trovava a svolgere funzioni equivalenti a quelle di cappella papale e di basilica patriarcale. Si comprende in questo modo come il riferimento iconogra?ico rientri nel più complesso mondo delle “sacre rappresentazioni di tipo liturgico e semiliturgico”. Cfr. Cohen G., Le théâtre en France au Moyen

Âge, Paris 1948; Cohen G., Anthologie du drama liturgique en France au Moyen Âge, Paris 1955; Leclercq J., Dévotion privée, piété populaire et liturgie au moyen âge, in Études de pastorale liturique, Paris 1944, pp. 149-183. 20. La riscoperta dell’elemento antiquario non è prerogativa solo del Quattrocento, in quanto questa tensione alla romanità è peculiare di tutto lo sviluppo delle varie rinascenze culturali e politiche a partire almeno dal secolo

VIII in Europa, ma ha uno sviluppo, che potremmo de?ini-

re sistematico, entro il più complesso processo di riacquisizione del linguaggio artistico antico, dal XIII secolo in poi. 21. Sant’Agostino, parlando della Natività, pone un parallelo tra il corpo di Maria e la Chiesa: «Il beato Davide, parlando di Cristo, dice nei Salmi: Pose la sua tenda per il sole e uscı̀ come uno sposo dalla stanza nuziale; esultò come un gigante (Sal. 18, 6). Oggi uscı̀ dal sacro talamo cioè dal nascosto e incorrotto interno delle beate viscere verginali, si fece avanti il ?iglio della Vergine, sposo di vergine: ?iglio, dico, di Maria e sposo della Chiesa. A tutta la Chiesa infatti parlava l’Apostolo quando diceva: Vi ho promesso ad un unico sposo per presentarvi quale vergine casta a

Cristo (2 Cor. 11, 2)» Agostino, Discorsi, vol. XXXIV, Roma 1989, D. 372-1.2, p. 495. 22. Il senso ed il signi?icato del luogo, cioè Betleem, è propriamente quello di “casa del pane”, che nell’esegesi biblica dei Padri della Chiesa diviene esplicito riferimento alla eucaristia cioè a Cristo stesso, che nasce dunque nel luogo il cui nome esplicita il senso dell’Incarnazione come la venuta del Salvatore. 23. Riguardo il particolare rapporto con l’ordine francescano,

Giancarlo Gentilini afferma: «La religiosità affabile e la propensione narrativa e colloquiante presenti nei rilievi di Andrea, volte a ricercare un coinvolgimento emotivo e sentimentale che attraesse ed educasse il devoto spettatore, appariva particolarmente adatta a illustrare gli orientamenti della spiritualità e dell’estetica francescana» in Della Robbia, a cura di Gentilini G., Dossier n.134,

Giunti, Firenze 1989, p. 24. 24. Si fa qui riferimento, entro la pratica devozionale delle sacre rappresentazioni, all’“invenzione” del “Presepe vivente” da parte di san Francesco, che ha in?luenzato la cultura europea a tal punto da stimolare la nascita di un’arte completamente rinnovata nei mezzi (nascita della prospettiva; teoria dei colori e delle ombre; teoria delle proporzioni ecc. ), al servizio di una proposta di spiritualità per i laici, capace di coinvolgere totalmente il fedele in un percorso ?igurativo-spirituale. Riguardo questo tema, cfr. Papa R., I colori dello spirito, Milano 2005, pp. 313; Id., Il maestro di Isacco, in Dolz M., Papa R., Il volto del

Padre, Milano 2004, pp. 76-89. 25. Santa Brigida, Sermo Angelicus, a cura di Ecklund S., (Samlingar utgiva av Svenska Fornskriftsaelskapet, Latinska skrifter, VIII), Uppsala 1972. Santa Brigida ebbe la visione della Vergine Maria inginocchiata per terra ad adorare il Bambino che emanava una luce abbagliante. 26. Il domenicano Sant’Antonino (1389-1459) raccomanda addirittura di innalzare la propria anima alla condizione di “hortus conclusus”: “Sia resa l’anima come un ‘hortus conclusus’, nel quale non siano piantati faggi e querce, che producono frutti per gli animali, ma ?iori di rosa, gigli di vallata, viole e germogli profumati, come peschi e alberi che di tal maniera portano frutti soavi. Cosı̀ in un’anima siffatta siano rimeditati gli esempi dei martiri, dei confessori, delle vergini, e come sono i ?iori, di tal maniera siano i germogli delle sante lezioni e parole, e i frutti delle opere buone” Sant’Antonino, Summa Theologica, Verona, 1740 (ed. fotolitica a cura di Colosio I.), III, tit. XIV, cap. V, col. 657 a-b. 27. Botticelli scrive direttamente sul dipinto, in greco moderno, una frase che tradotta recita: «Questo dipinto sulla ?ine dell’anno 1500 duranti i torbidi d’Italia io Alessandro dipinsi nel mezzo tempo dopo il tempo e al tempo del compimento dell’XI di San Giovanni, nel secondo del dolore dell’Apocalisse nella liberazione di tre anni e mezzo del diavolo; poi dovrà essere incatenato e secondo il XII e noi lo vedremo precipitato come nel dipinto».

This article is from: