I palazzi dei Rolli di Genova

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Genova all’epoca dei palazzi dei Rolli

Genova all’epoca dei Palazzi dei Rolli Ottavio Alcinoo REGGIANI

Palazzo Reale Genova del 1650

Università degli studi Milano Bicocca Corso magistrale di laurea in Turismo Territorio e Sviluppo locale Comunicazione per il turismo Professore Cristiano Mutti

Febbraio 2021

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Genova all’epoca dei palazzi dei Rolli

Indice • Introduzione • Storia di Genova • Il sistema dei Rolli •

I palazzi dei Rolli • • • • • • • • • •

Palazzo Lercari- Parodi Palazzo Grimaldi- Doria- Tursi Palazzo Spinola di Luccoli- Tedeschi Palazzo Durazzo – Pallavicino Palazzo Interiano Pallavicino Palazzo Pantaleo Spinola – Gambaro Palazzo Angelo Giovanni Spinola Palazzo Bianco Palazzo Rosso Palazzo Spinola di Pellicceria

• Chiese dei Rolli • • • •

Chiesa di Santa Maria di Castello Basilica della Santissima Annunziata del Vastato Cappella del Doge di palazzo Ducale Chiesa del Gesù

• Altri palazzi importanti della città • •

Banco di San Giorgio Villa del Principe

• Informazioni pratiche • Sitografia

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Genova all’epoca dei palazzi dei Rolli

Introduzione

A Genova tra il 1528 e il 1647 si è verificato un fenomeno unico al mondo. Una piccola repubblica con un ristretto territorio circostante era diventata improvvisamente il più potente e influente centro finanziario del mondo, capace di amministrare tanto denaro quanto ne contavano i bilanci sommati fra loro dei grandi regni europei. I palazzi dei Rolli rientravano in un vero e proprio sistema di residenze private destinate a una funzione pubblica, cioè quella dell'accoglienza delle personalità straniere che venivano a Genova in visita di stato. All’interno di questi sontuosi palazzi si trovano ancora oggi importanti quadri e affreschi. Nel 2006 l’UNESCO ne ha riconosciuto 42 come patrimonio dell’umanità. Solo alcuni sono visitabili tutto l’anno perché si tratta di musei aperti al pubblico, la maggior parte è di proprietà privata e per vedere gli interni bisogna aspettare i Rolli days, giornate di apertura ufficiale, in primavera e in autunno. Lo scopo del mio studio è far conoscere a un pubblico più ampio quanto era stato costruito a Genova nel suo secolo d’oro. Collego il mio scritto ai maggiori social network per dare maggiore visibilità a questa incredibile storia poco conosciuta per tanto tempo.

Storia di Genova

La città di Genova si rende autonoma dal Sacro Romano Impero nel 1096 con la creazione di un libero comune. Nel corso del medioevo partecipa alla prima crociata e diventa una repubblica marinara sempre più potente nel mar Mediterraneo, arrivando fino al mar Nero. I fondaci genovesi crescono per numero ed importanza, Caffa sul mar Nero, Pera a Costantinopoli. Vengono create basi commerciali sul mare d’Azov, in Armenia e in Siria, sulle coste africane e spagnole e nelle isole del mare Egeo. Dopo la caduta di Costantinopoli, nel 1453, la repubblica di Genova perde a poco a poco le sue colonie in Oriente, nel mare Egeo e in Africa settentrionale. Le continue lotte tra le famiglie aristocratiche indeboliscono il potere cittadino e la città diviene preda di dominatori stranieri tra cui i Visconti, gli Sforza, i francesi e gli spagnoli.

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Espansione di Genova nel Mediterraneo

Nel 1526 la “Lega di Cognac” vedeva insieme il Papa, Venezia, Firenze, Genova, Francia e Milano uniti allo scopo di opporsi dello strapotere di Carlo V. La flotta della Lega era comandata da Andrea Doria, soprannominato “ammiraglio invictus”. Gli spagnoli però hanno la meglio e le truppe dei Lanzichenecchi arrivano a Roma nel 1527 dove compiono violenze e saccheggi. Dopo il fallimento della Lega del Cognac, di fronte alle mire d’espansione dei vicini francesi, forti della loro potenza continentale, l’ammiraglio Andrea Doria nell’estate del 1528 sigla un’alleanza con la Spagna in cui ottiene la garanzia dell’indipendenza di Genova. Carlo V è all’apice del suo potere, con un vastissimo impero che aveva bisogno di navi e capitali. I genovesi in quegli anni forniscono l’infrastruttura finanziaria agli Asburgo, scalzando i banchieri fiorentini e i tedeschi. Il periodo che va dalla svolta dell’ammiraglio Doria fino alla fine del ‘600 è conosciuto come il “secolo d’oro” dei genovesi. Le famiglie dei Centurione, degli Spinola, dei Doria, dei Grimaldi, dei Balbi, dei Giustiniani, dei Durazzo, dei Lomellini e poi dei Pinelli, dei Sauli e gli Invrea assumono il controllo economico e commerciale dell’impero. I genovesi sanno sfruttare abilmente le opportunità offerte dalle nuove rotte verso le Americhe, con nuove ricchezze che affluiscono dalle colonie e da ogni parte del continente europeo. Genova diventa la città più ricca d’Europa, uno snodo centrale di quell’enorme mercato che erano i territori della corona spagnola.

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Nel Seicento il poeta spagnolo Francisco de Quevedo y Villegas scriveva: “Poderoso caballero es Don Dinero. (...) Nace en las Indias honrado, donde el mundo le acompaña, viene a morir en España, y està en Génova enterrado”. Non erano solo i capitali e l’intermediazione finanziaria le origini delle ricchezze genovesi. Commerciavano il grano siciliano, la lana castigliana, seta e manufatti tessili, spezie dall’Oriente. Il ruolo dei genovesi era importante anche all’interno delle fiere del centro e nord Europa, dove avevano creato delle vere e proprie camere di compensazione tra debiti e crediti. Con le loro elevate competenze tecniche e la disponibilità di capitali potevano governare il mercato dei cambi. Era stato creato un sistema accentrato per la regolamentazione delle cambiali di tutta Europa. Inoltre, la flotta genovese forniva un valido ostacolo all’avanzata dei turchi e dei pirati barbareschi nel Mediterraneo. La gestione politica cittadina era affidata in principio a consoli, podestà e capitani del popolo, poi subentrano le principali famiglie nobiliari. Inizialmente i dogi erano eletti a vita dal popolo, il primo è stato Simon Boccanegra, salito al potere nel 1339. Nel 1528, con Andrea Doria, la carica dei dogi diventa biennale si istituisce un governo oligarchico. Questo dura fino al 1797, quando Genova viene occupata dalle armate napoleoniche e trasformata in Repubblica democratica ligure. Carlo V concedeva nel 1536 l’importante privilegio che equiparava il doge nel grado e nelle insegne a tutti i duchi d’Italia e del Romano Impero. Nel 1580 l’ambasciatore Giorgio Doria aveva ottenuto dall’imperatore Rodolfo II la concessione del titolo di serenissimo per il doge, per il senato e per tutta la Repubblica

Villa del principe 5


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Durante il governo di Andrea Doria, Genova ha subito una profonda trasformazione, a metà del XVI vengono edificati i bellissimi palazzi di via Garibaldi, splendide ville e grandiose chiese ricche di opere l’arte. Egli fa costruire per sé il sontuoso palazzo del Principe a Fassolo, fuori dalle mura, nel quale lavorarono i migliori architetti e artisti dell’epoca. Qui viene ospitato Carlo V in visita a Genova.

Il sistema dei Rolli

I Palazzi dei Rolli sono una serie di edifici storici costruiti nel corso del 1500 e del 1600 nel centro di Genova. Quarantadue di essi di essi ottengono nel 2006 il riconoscimento di Patrimonio dell’Umanità UNESCO. Nel sito dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura vengono definiti come “il primo esempio in Europa di un progetto di sviluppo urbano promosso da un’autorità pubblica all’interno di un quadro unitario e associato a un sistema particolare di alloggiamenti pubblici dentro residenze private”. La storia dei Rolli inizia nella seconda metà del 1500. Genova era allora una città di porto molto frequentata, al centro di grandi traffici commerciali e finanziari. Tuttavia, non era presente una sede ufficiale che potesse accogliere in modo adeguato gli ospiti illustri in visita alla città. Non esistevano alberghi adatti, c’erano solo piccole locande che si trovavano per lo più nei quartieri malfamati. Nel 1576 il Senato della Repubblica approva un decreto con il quale viene istituito un elenco di case destinate all’ospitalità di stato. I proprietari dei palazzi più importanti erano obbligati, sulla base di un sorteggio dalle liste degli alloggiamenti pubblici dette "rolli", letteralmente ruoli, a ricevere le alte personalità che si trovavano a Genova in visita di Stato. Il primo elenco conteneva 52 case che sarebbero aumentate di numero con i rolli successivi. In tutto, infatti, vengono emanati 5 rolli o liste. Oltre quelli del 1576, ce né uno nel 1588 con 111 case, un nel 1599 con 120 case, uno nel 1614 con 89 case e un nel 1664 con 96 case. Questi ruoli ideati e compilati in modo molto minuzioso sono tuttora conservati nell'Archivio di Stato di Genova. Gli edifici dei Rolli degli "alloggiamenti pubblici" erano catalogati in base al loro prestigio.

Iscrizione della lista dei Rolli del 1599

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In ogni rollo gli edifici erano suddivisi in tre o più categorie a seconda delle dimensioni e della capienza per ospitare le personalità in visita. Un sistema simile, in un certo senso, alle stelle degli alberghi attuali, dove però il livello uno era il più alto. Alle categorie corrispondevano dei bussolicontenitori, dai quali venivano estratti a sorte gli edifici in base all’importanza di chi doveva essere alloggiato.

Bussolo 1576 1588 1599 1614 1664 I

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3

22

40

16

II

34

26

28

56

23

III

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82

81

-

30

IV

-

-

19

-

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Tabella dei bussoli

Solo tre erano i palazzi che potevano ospitare alti dignitari o comunque le più alte cariche ed erano le abitazioni di Gio Batta Doria, in salita Santa Caterina e il Palazzo Doria-Tursi di Nicolò Grimaldi, il Palazzo Lercari-Parodi di Franco Lercari, situati sulla Strada Nuova (attuale via Garibaldi). Nelle disposizioni dei rolli si precisava che tali abitazioni erano riservate a «Papa, Imperatore re e legato, Cardinali o altro Principe». In quegli anni l’urbanistica della città viene modificata, sia per migliorare la rete viaria, sia per costruire palazzi più importanti. Nel sestiere della Maddalena per conto delle principali famiglie nobili del tempo si progetta Strada Nuova, l’attuale via Garibaldi, lunga 250 metri, al posto del preesistente quartiere medioevale. L’opera impiega circa 40 anni per essere completata, dall’acquisizione dei terreni del 1551 al 1591 quando si finisce la lastricatura. Narra lo storico settecentesco Francesco Maria Accinelli che “fra la Maddalena e San Francesco di Castelletto e il Fonte Moroso erano molti tuguri infami e nel 1551 i Padri del Comune li comperarono per L. 5000 e demoliti, fu venduto il sito a più ricche famiglie che vi fabbricarono sontuosi palazzi in ampia strada detta prima Aurea ed in appresso Strada nuova”. All’inizio del XVII secolo viene costruita via Balbi, di cui sopravvive la prima parte in salita lunga circa 400 metri, a cui i lati sorgono importanti e sontuosi palazzi, tra cui palazzo Reale e gli edifici dell’università di Genova.

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Mappa dei palazzi dei Rolli

Genova si arricchisce così di magnifiche dimore con facciate in stucco, marmo o dipinte, atri grandiosi, splendidi giardini dotati di fontane e ninfei; all’interno vi sono grandi saloni affrescati, sontuosi arredi, pregiate collezioni e ricche quadrerie. Molti degli interni, nonostante il trascorrere dei secoli e i pesanti danni dovuti ai bombardamenti della seconda guerra mondiale, presentano ancora oggi le decorazioni originali eseguite dai maggiori autori del manierismo e del barocco genovese. Anche in epoche successive, queste abitazioni hanno ospitato viaggiatori illustri che includevano il capoluogo ligure nel loro Grand Tour. Ma quali sono stati gli ospiti che hanno soggiornato presso i palazzi dei rolli? Possiamo contare, per esempio, il duca di Joyeuse, cognato di Enrico III di Francia, che nel 1583 alloggia presso il Palazzo di Tobia Pallavicino, che sei anni dopo ospita anche Pietro de’ Medici, fratello del granduca di Toscana, Francesco I. Nel 1592 è stata la volta di Vincenzo I Gonzaga, duca di Mantova, che risiede in quello che oggi è noto come Palazzo Pallavicini-Cambiaso, mentre nel 1599 il Palazzo di Francesco Grimaldi, meglio conosciuto come Palazzo della Meridiana, accoglie la regina consorte di Spagna, Margherita d’Asburgo, moglie di Filippo III. Agli occhi dei viaggiatori che si trovavano a soggiornare a Genova, i Palazzi dei Rolli dovevano apparire come il simbolo più manifesto dello splendore della città. Sono state scritte molte pagine che magnificano la bellezza degli edifici dei signori genovesi. Uno dei primi ospiti dei palazzi dei rolli, il cardinale Giovanni Battista Agucchi, scriveva nel 1601 che “in pochi altri luoghi d’Italia si potrebbe mostrare eguale magnificenza, poiché in pochissimi si trovano gli ori, gli argenti, le gioie, i drappi e le ricche suppellettili che si vedono qui, oltre li palazzi et habitationi regie che non hanno paro altrove”. Un secolo più tardi, nel 1739, il filosofo francese Charles de Brosses paragonava la bellezza delle dimore genovesi a quella dei palazzi di Parigi, e un suo connazionale, il letterato Charles Dupaty, circa quarant’anni dopo rimane quasi sconvolto dalla sontuosità degli edifici della città. 8


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Uno dei viaggiatori più colpiti dai palazzi dei rolli è stato il grande Pieter Paul Rubens, che soggiorna diverse volte in città, così entusiasta di ciò che aveva visto al punto da descriverne gli edifici in un libro. Il suo volume Palazzi di Genova, stampato nel 1622 è ripubblicato poi in una seconda edizione nel 1652, rappresenta con le sue incisioni dettagliate, una precisa riproduzione delle architetture. Il libro costituisce un punto di riferimento imprescindibile per studiare i palazzi dei rolli.

Stampe di Rubens dei palazzi dei Rolli del 1622

Scrive quasi duecento anni dopo lo scrittore francese Stendhal (1783-1842), quando l'uso dei rolli era ormai caduto in disuso: «Ho cercato di andare a visitare tre gallerie di quadri famosi in via Balbi. Siccome i proprietari hanno la bella abitudine di abitare negli appartamenti dove sono i quadri, bisogna ripassare diverse volte, spesso l'impazienza che desta in me il rifiuto altezzoso dei valletti mi toglie la gioia davanti ai quadri. I ricchi di Genova occupano quasi sempre il terzo piano per poter vedere il mare. I gradini delle scale sono di marmo ma quando, dopo aver salito cento di quei gradini, un valletto, dopo avervi fatto aspettare un quarto d’ora viene a dirvi: "sua eccellenza è ancora nella sua stanza, ripassi domani", è permesso avere uno scatto d'umore, soprattutto quando si deve ripartire la sera ...» (Stendhal, Memoires d'un touriste, 1838)

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Palazzi dei Rolli Qui di seguito descrivo alcuni degli edifici più importanti del sistema dei Rolli.

Palazzo Lercari- Parodi Il palazzo Lercari-Parodi o palazzo Franco Lercari si trova in via Garibaldi al civico 3 nel centro storico di Genova. Insieme agli altri 42 edifici iscritti nella lista dei Rolli è diventato nel 2006 Patrimonio dell'umanità dell’UNESCO. È stato fatto costruire a partire dal 1571 da Franco Lercari, facoltoso banchiere, soprannominato il ricco, che occupava la carica di governatore della Repubblica Genovese negli anni Settanta del Cinquecento. Nel secondo elenco del 1588, insieme ad altri due palazzi, è stato ritenuto dal senato di Genova adatto ad “alloggiar Papa, Imperatore Re e Legato Cardinale o altro Principe grande”. Rientrava quindi nel primo bussolo. Si ritiene che sia opera dell’architetto Galeazzo Alessi, regista dell’operazione “Strada Nuova”. Si differenzia dagli edifici della via perché ha le caratteristiche di una villa suburbana, con gli ambienti di rappresentanza che non si affacciano sulla strada. La parte inferiore della facciata è decorata a bugnato a punta di diamante, mentre i piani superiori risultavano all'origine alleggeriti da una serie di logge aperte, poi chiuse da vetrate e murate all'inizio dell'Ottocento. Questo si può vedere dalle incisioni di Rubens nell'edizione dei Palazzi di Genova del 1652.

Ingresso di Palazzo Lercari Parodi 10


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Di particolare rilievo è il portale retto da due telamoni con nasi mozzi, opera di Taddeo Carlone, che qui rievoca l'atroce leggenda di Megollo Lercari, antenato del committente, che si era vendicato dei suoi nemici mutilandoli di nasi e orecchie. Salendo al primo dei due piani nobili si trovano, nella loggia, entro due nicchie, i busti di Franco Lercari e della moglie Antonia De Marini opera di Taddeo Carlone, quello dell'imperatore Carlo V d'Asburgo e del re di Spagna Filippo II. La decorazione ad affresco, della fine del Cinquecento, è opera dei fratelli Calvi, rappresenta ariosi paesaggi sulle pareti e nella volta, vi sono scene militari ispirate alla storia romanaː la Sfida tra Orazi e Curiazi, Curzio Rufo e Orazio Coclite. Altri salotti del primo piano sono affrescati sempre dai Calvi con episodi biblici. La sala di maggior pregio è affrescata da Luca Cambiaso con le storie di Niobe. Al secondo piano, nella loggia, della decorazione originaria sopravvive soltanto la Gigantomachia di Ottavio Semino, autore anche delle Storie bibliche di Re David, mentre le Storie Bibliche della Sala del Moltiplico Lercari sono dei Calvi. Nella volta del salone del secondo piano nobile si trova un celebre capolavoro del manierismo genovese dipinto da Luca Cambiaso. È raffigurata l'impresa di Megollo Lercari per la costruzione del fondaco dei genovesi a Trebisonda, struttura necessaria per condurre i commerci della colonia di Genova sul mar Nero. Altri affreschi ricordano gli illustri antenati dei Lercari e la costruzione del palazzo, fornendo così un'idea dell'aspetto della Strada Nuova negli anni della sua apertura. L’immobile è ancora di proprietà della famiglia Parodi.

Palazzo Grimaldi- Doria- Tursi Il palazzo Doria-Tursi, o palazzo Niccolò Grimaldi, si trova in via Garibaldi al civico 9, è sede del Comune di Genova e fa parte del polo museale della città. È l’edificio di maggiore estensione in Strada Nuova, eretto a partire dal 1565 dai fratelli Domenico e Giovanni Ponzello, architetti manieristi discepoli di Galeazzo Alessi. Il committente Niccolò Grimaldi era chiamato "il Monarca" per il novero di titoli nobiliari di cui poteva vantarsi e ai quali sommava gli innumerevoli crediti che aveva nei confronti di Filippo II, di cui era il principale banchiere. Si tratta dell’unico palazzo edificato su ben tre lotti di terreno, con due ampi giardini che incorniciano il corpo centrale. Le ampie logge affacciate sulla strada vengono aggiunte nel 1597, quando il palazzo diviene proprietà di Giovanni Andrea Doria che lo acquista per il figlio cadetto Carlo, duca di Tursi in Basilicata, al quale si deve l'attuale denominazione. A seguito dell'annessione della Repubblica di Genova nel Regno di Sardegna, viene acquistato da Vittorio Emanuele I di Savoia nel 1820. In tale occasione è ristrutturato dall'architetto di corte Carlo Randoni, cui è dovuta la costruzione della torretta dell'orologio. Dal 1848 è sede del municipio genovese.

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Facciata di palazzo Bianco e Strada Nuova attuale via Garibaldi

La facciata è la più lunga della via, tanto che nel libro di Rubens, edizione del 1622, l'incisione dedicata al "palazzo di Don Carlo Doria Duca di Tursi" ne può contenere solo metà. Le due logge laterali sono state realizzate da Taddeo Carlone insieme al portale in marmo bianco con figure di guerrieri armati, che in origine circondavano l'aquila dei Doria, oggi sostituita dallo scudo crociato, stemma di Genova. La costruzione è caratterizzata dall'alternarsi di materiali di diverso colore: il rosa della pietra di Finale, il grigio-nero dell'ardesia, il bianco del pregiato marmo di Carrara. Il prospetto principale consta di due ordini sovrapposti. Sopra la grande zoccolatura si alternano finestre dal disegno originale con paraste rustiche e paraste doriche. Mascheroni dalle smorfie animalesche sormontano le finestre di entrambi i piani, contribuendo alla resa plastica della facciata. Particolarmente innovativa è l'inedita e geniale soluzione architettonica utilizzata nella successione degli spazi interni. L’atrio, la scala, il cortile rettangolare sopraelevato rispetto al portico e lo scalone a doppia rampa creano un bel gioco di luci e prospettive. Il palazzo rappresenta il culmine del fasto residenziale dell'aristocrazia genovese, come è testimoniato dalle decorazioni interne, dai dipinti, in parte facenti parte della collezione museale di Palazzo Bianco o come è visibile all'interno del Salone di rappresentanza. L'edificio è collegato all'adiacente Palazzo Bianco attraverso il giardino. Fa parte dei Musei di Strada Nuova, ospita la galleria con la pittura genovese del XVII e XVIII secolo, la statua della Maddalena Penitente di Antonio Canova, la collezione numismatica e quella di ceramiche del comune di Genova. Nella sala dedicata a Niccolò Paganini sono conservati alcuni cimeli del più celebre violinista italiano di ogni tempo. Tra questi vi è il violino costruito dal liutaio Bartolomeo Giuseppe Antonio Guarneri, detto il Cannone e la sua copia realizzata dal liutaio francese Jean-Baptiste Vuillaum a Parigi 1834.

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Il primo proprietario, il nobile Nicolò Grimaldi aveva finanziato il re di Spagna Filippo II a partire dal 1552, diventandone il suo primo banchiere. La sua ricchezza e la sua potenza erano veramente considerevoli. Il terreno è stato acquistato nel 1564 dal suo discendente Luca Grimaldi, già proprietario di Palazzo Bianco e nel 1576 viene inserito negli elenchi dei palazzi dei Rolli. Nel 1593 il palazzo è stato venduto a Giovanni Battista e Giovanni Stefano Doria i quali, nel 1596, lo rivendono a Giovanni Andrea Doria principe di Melfi e a suo figlio Carlo, duca di Tursi (da cui l’attuale nome dell’edificio). Nel 1820 diventa la residenza genovese dei Savoia, ma vi risiede solo Maria Teresa, vedova di Vittorio Emanuele I. Nel 1838 diviene sede del Collegio dei Gesuiti e nel 1848 sede del Municipio. Nel palazzo vi sono due giardini. Nel maggio 2016 è stato inaugurato il nuovo passaggio coperto che, oltre a presentare alcuni resti dell’antico complesso religioso della chiesa di San Francesco di Castelletto, permette di unire il percorso museale dell’edificio con Palazzo Bianco. Alla grandiosità architettonica dell’esterno fa da contraltare una decorazione dei cortili e degli scaloni interni molto sobria. Quando l’edificio diviene sede del Comune, i pittori Nicolò Barabino e Francesco Gandolfi decorano alcuni ambienti, fra cui il salone principale affrescato nel 1862 con “Cristoforo Colombo che presenta ai reali di Spagna i prodotti dell’America”. Nella Sala Rossa è conservata anche l’urna con le ceneri di Cristoforo Colombo. Dal 2004, in occasione dell’appuntamento di Genova Capitale Europea della Cultura Palazzo Bianco, Palazzo Rosso e Palazzo Tursi – le tre storiche dimore di proprietà comunale costituiscono un unico percorso espositivo consacrato all’arte antica, i Musei di Strada Nuova. Palazzo Rosso, storica dimora dei Brignole Sale e Palazzo Bianco, prestigiosa pinacoteca, sono dalla fine dell’Ottocento aperti al pubblico. Palazzo Tursi è destinato anche a uso culturale e di alta rappresentanza. L’unione dei tre palazzi in un continuo percorso di visita, nel quale ogni edificio mantiene le proprie specifiche caratteristiche storiche e di collezione, ha così trasformato la cinquecentesca Strada Nuova (via Garibaldi) in una vera e propria “strada-museo”. Gustave Flaubert durante la sua visita a Genova scriveva di palazzo Doria Tursi, “la terrazza è lunga, fatta per le passeggiate lente al sole ma sotto l'ombra della tenda di seta, il braccio appoggiato sul negretto in giacca rossa, guardando l'orizzonte da cui arrivano le navi d'Oriente... Giardino di cattivo gusto, nonostante le rose ben coltivate. Bel salone al primo piano. Carlo IX e Napoleone hanno dormito in questo palazzo”.

Palazzo Spinola di Luccoli- Tedeschi

Il palazzo Giorgio Spinola si trova in salita di Santa Caterina al civico 4. La famiglia degli Spinola aveva dotato di opere preziose lo scomparso convento e la vicina chiesa di Santa Caterina fondata dalle Clarisse nel 1228. Proprio accanto all’edificio che ospitava prima le suore di Santa Chiara e successivamente i Benedettini cassinesi si trova il palazzo Spinola. Viene inserito nella lista dei rolli del 1588. Compare tra i palazzi più prestigiosi di Genova, associato al nome degli eredi di Gio Batta Spinola. Nel 1664 appartiene ad Agostino Airolo che aveva commissionato importanti lavori di ristrutturazione tanto che l’edificio è salito di prestigio 13


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ed è stato iscritto al primo bussolo. Qui risiedeva a fine 1700 Giovanni Battista Ayroli, preside della Corporazione dell’arte della seta e poi 178° doge a cui Napoleone Buonaparte ha riconosciuto la Legion d’onore. All’interno del cortile vi è una fontana con satiro e una scala con loggia che conduce a un'ampia area verso il parco Villetta Di Negro. Anche per questo edificio, così come per altri palazzi a nord di Strada Nuova si sono avute difficoltà per “costruire in costa”. Il problema dei dislivelli imposti dalla ripida collina è stato risolto con ardite soluzioni architettoniche, prendendo ispiratore da palazzo Tursi. Nel XIX secolo la proprietà passa ai Franzoni e poi alla famiglia Tedeschi. Recenti lavori hanno ripristinato la decorazione a quadrature delle facciate prospicienti salita di Santa Caterina e salita Di Negro. Attualmente è suddiviso in uffici e appartamenti.

Palazzo Durazzo – Pallavicino Il palazzo Durazzo-Pallavicini o Palazzo di Gio Agostino Balbi si trova in via Balbi al civico 1. Oggi è la residenza privata della famiglia Cattaneo Adorno. È considerato uno tra i più bei palazzi di Genova e rappresenta l’intatto esempio di fastosa dimora nobiliare seicentesca. All’interno vi è uno scenografico scalone e sono ancora presenti gli arredi dell’epoca. La dimora ospita una delle più importanti quadrerie private italiane, con opere di Tiziano, Albani, Jan Brueghel il Vecchio detto dei Velluti, Carracci, Valerio Castello, Domenichino, Van Dyck, Grechetto, Giordano, Guercino, Magnasco, Mulinaretto, Piola, Procaccini, Reni, Ribera, Rubens, Strozzi.

Interno del palazzo Durazzo Pallavicino 14


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L'architettura di questo palazzo, ritenuta il tratto d'unione tra i modelli residenziali di Strada Nuova e le soluzioni compositive di via Balbi è stata concepita dall'architetto Bartolomeo Bianco per Gio Agostino Balbi. Le sue capacità tecniche rispondevano in pieno alle esigenze del committente che richiedeva una planimetria tradizionale a "U", nonostante l'area fosse triangolare e difficile da costruire. Caratteristico è anche l'utilizzo degli spazi esterni che si suddividono a levante e a ponente, consentendo una graduale vista dei giardini pensili lungo la strada. Particolari sono le due leggere logge sulle ali laterali. La facciata lungo via Balbi è di notevoli dimensioni ed è singolare per una città i cui palazzi sfruttano al minimo l’affaccio sulla strada. Viene iscritto nel Rollo del 1664 al primo Bussolo, la categoria più alta. I problemi finanziari costringono il nuovo proprietario, Bartolomeo Balbi, ad affittare una parte del palazzo a Giuseppe Maria della famiglia albanese dei Durazzo e nel 1710 a cederlo per intero a Marcello Durazzo. Nel 1774 l'architetto Emanuele Andrea Tagliafichi è incaricato di ridefinire l'area a monte dell'edificio. Anche in questo intervento la chiave della composizione si ritrova nell'elemento distributivo verticale con l'ideazione di un imponente scalone su due audaci rampe a sbalzo, con una scelta nuovissima per la cultura genovese dell'epoca, molto vicina alla cultura d'oltralpe. La dimora possiede inoltre un archivio monumentale con alcune delle carte delle famiglie più importanti della storia di Genova; mentre la biblioteca e la raccolta di manoscritti volute da Giacomo Filippo Durazzo nel XVIII secolo sono state di recente trasferite nel palazzo Durazzo Pallavicini di Luccoli. La famiglia Durazzo possedeva anche palazzo Reale, ubicato anch'esso in via Balbi e principale dimora della famiglia, che viene venduto da Marcello Durazzo al re Carlo Felice nel 1824 ed è diventato museo Statale. Tra gli altri edifici di proprietà del casato c’erano palazzo Durazzo alla Meridiana, in piazza della Meridiana e la villa Durazzo-Centurione a Santa Margherita Ligure, ora di proprietà comunale. Gustave Flaubert durante la sua visita a Genova, lo descrive in questo modo, “Salone, il più bello con quello dell’Università, con due leoni sui gradini; giardino in mezzo al quadrato e lo scalone. I portici, tra i quali sono degli alberi, fanno pensare ai palazzi moreschi” Nel 1980 viene qui ospitata la Regina Elisabetta II e Filippo il Duca di Edimburgo in visita alla città.

Palazzo Interiano Pallavicino

Si trova in piazza Fontane Marose 2, è stato costruito nella seconda meta del 1500 per la nobile famiglia Interiano, che si era arricchita grazie a contratti commerciali e mercantili con la corona di Spagna. Une dei membri del casato Nicolò era stato armatore di galee per il re di Spagna Filippo II. Nel 1576 viene introdotto nei Rolli e nel 1622 viene incluso nel libro su Genova di Rubens.

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Dopo aver subito numerosi passaggi familiari, nel 1820 è acquistato dal duca Pasqua Vivaldi che intraprendere nuovi lavori di restauro. Nel 1836 viene comprato dai Pallavicino, che ne sono tuttora i proprietari. La facciata odierna lascia ancora intravedere i bellissimi affreschi. Il piano terreno è dominato da un portale a bugne sormontato dallo stemma della famiglia, ai lati sono dipinte due nicchie con le figure allegoriche della Giustizia e della Fortezza. Al primo piano i fratelli Lazzaro e Benedetto Calvi raffigurano sulle pareti la Prudenza e la Temperanza. Gli affreschi dell’atrio sono di Giovanni Battista Carlone. Tre antiche lapidi, poste nel 1206, 1427 e 1559 ricordano la presenza delle fontane Amorose, Morose o anche Marose scomparse con l’apertura di via Interiano. L'atrio è impreziosito da affreschi e statue in marmo bianco. Il riquadro centrale del soffitto rappresenta una battaglia biblica, forse quella tra Davide e Saul. Il soggetto è religioso perché è stato dipinto negli anni immediatamente successivi al concilio di Trento in cui si voleva affermare l’importanza del credo cristiano. Anche in altri palazzi di quell’epoca non si raffiguravano più le battaglie tra eroi e gli amori fra dei, ma le storie della Bibbia. Lungo le pareti, sempre per opera dei Calvi, vi sono le figure allegoriche della Fedeltà, della Liberalità, della Vittoria, della Pace, della Fama, della Religione, dell'Intelletto e del Silenzio. Spiccano poi in questo trionfo di colori le statue di Elena e Paride protagonisti della guerra di Troia e quella di Antinoo di Nicolò Traverso acquistata direttamente dai Pallavicino nel 1800. Nicolò Traverso, uno dei grandi protagonisti del XIX secolo genovese, qui rappresenta in una forma molto classica Antinoo, il favorito dell'imperatore Adriano, che scivola da una barca e muore nel fiume Nilo.

Atrio del palazzo Interiano Pallavicino 16


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La loggia del primo piano affrescata dai Calvi è dedicata al re di Israele Davide nella sua lotta contro Golia. Vi è una statua di un bambino in camicia che gioca con la testa di un fauno, scolpita da Pietro Coppa del 1874. Al secondo piano i dipinti del loggiato dei Calvi raffigurano gli episodi della storia del re Salomone che con saggezza, bontà e intelligenza riuscì a riunire e rappacificare il popolo di Israele. Il giardino è costruito con terrazzamenti e si articola in verticale. La prima parte termina con lo stupendo ninfeo. La parte superiore è stata acquisita successivamente dopo la soppressione degli ordini monastici da parte di Napoleone del 1798. Qui si trovava il convento di Santa Caterina da Luccoli che è stato distrutto per creare il giardino. In cima alla collina si trova il parco della Villetta di Negro con il museo di arte orientale Giorgio Chiossone capolavoro dell'architetto Labò del 1971. All’interno del palazzo si trova il grande salone da ballo riccamente decorato con il grande affresco sulla volta, eseguito dai Calvi, che rappresenta la battaglia sul ponte Milvio tra Costantino e Massenzio, trionfo del credo cristiano. Al centro si trova un grande lampadario il cristallo e vetro realizzato ad Altare una località dell'entroterra di Savona. Alle pareti ci sono arazzi del 1500, detti arazzi Doria che raffigurano Bacco e la vendemmia, Giove e il lavoro nei campi. Vicino alle finestre sono disposte delle statue in legno dorato realizzate da Maragliano.

Salone da ballo dipinto dai fratelli Calvi 17


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Sul balcone della sala c’è una targa che ricorda un gran ballo del 13 settembre 1892 a cui furono invitati dignitari di corte e i reali d'Italia che da qui salutano la folla festante.

Palazzo Pantaleo Spinola - Gambaro È stato uno dei primi edifici ad essere costruiti all'interno dell'asse viario di strada Nuova. Nel 1558 Pantaleo Spinola compra il lotto di terreno, ma muore prima della conclusione dei lavori. La proprietà passa prima a diversi rami degli Spinola e poi subentrano i Cambiaso, i Gambaro e infine nel 1923 il palazzo viene acquistato dal banco di Chiavari che vi pone la sua sede. Questo susseguirsi di proprietari porta di volta in volta ristrutturazioni e modifiche nella decorazione degli ambienti, nel periodo che va dalla fine del 1500 all'inizio del 1900. Il cantiere iniziale dura sei anni. La struttura esterna è imponente ma semplice, l'unico elemento decorativo della facciata è il portale, costituito da un timpano marmoreo su cui sono adagiate due figure femminili, l'allegoria della Vigilanza e della Prudenza, che accolgono e invitano ad entrare i visitatori. All'interno del salone principale Domenico Piola ha dipinto alla fine del 1600 un grande affresco che rappresenta l'allegoria della Pace, in particolare il dio Giano che consegna le chiavi del proprio tempio al padre degli dèi Giove. Questo tema viene probabilmente richiesto da una figura di spicco della famiglia Spinola, Alessandro, doge della repubblica di Genova dal 1654 al 1656, che voleva rappresentare la grandezza del proprio governo.

L’offerta a Giove delle chiavi del tempio di Giano del 1660 di Domenico Piola e Paolo Brozzi

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Da un punto di vista compositivo l'affresco stato realizzato dalle abili mani di Paolo Brozzi, pittore quadraturista, specializzato nell’ esecuzione di architetture e nella scansione degli spazi. Le colonne e la balaustra sembrano realizzate con materiali pregiati come il marmo e il porfido e sono state abilmente progettate per suddividere i volumi su più piani. Le figure rappresentate dal Piola su questo sfondo non sono costrette dagli spazi architettonici, ma anzi dialogano con essi. Le fanciulle che scavalcano le balaustre sembrano quasi andare incontro al visitatore, rompendo il sottile velo che separa la realtà e la finzione. La decorazione delle pareti è molto diversa rispetto a quella della volta, perché nel 1700 i Cambiaso sono diventati i proprietari del palazzo e decidono di riammodernare i saloni con composizioni a stucco di stile neoclassico che andavano molto di moda all'epoca. Uscendo sulla terrazza esterna si accede a un giardino ottagonale che culmina con un ninfeo rialzato. La decorazione polimaterica della vasca con la ninfa è rimasta come era stata progettata nel 1600, con un accostamento di pietre con conchiglie e vetri di colori differenti che raffigurano probabilmente la città di Sparta. All’interno vi era la statua del ratto di Elena realizzata da Pierre Puget nel 1620 che oggi è conservata nel museo Sant'Agostino di Genova. In un altro salone si trova la volta affrescata da Domenico Piola con la rappresentazione di una Sibilla che mostra ad Augusto l'immagine della Vergine Maria. Con questa rappresentazione si voleva conciliare la tradizione romana con la tradizione cristiana Alessandro Spinola si identificava probabilmente negli ideali della “Romanitas”, quali l'attaccamento alla famiglia, alla patria e alla fede e desiderava riportarli idealmente alla città di Genova. Durante il suo drogato voleva richiamarsi alla Pax romana del periodo di governo dell'imperatore Augusto in cui vi era una crescita economica, assenza di conflitti e un rifiorire di arte e cultura.

Palazzo Angelo Giovanni Spinola

Viene costruito a partire dal 1558 fino al 1564 da Angelo Giovanni Spinola su progetto di Giovanni Ponzello. A.G Spinola era uno degli uomini più ricchi del tempo, in quanto banchiere del re Carlo V di Spagna. Grazie alle sue ricchezze riesce ad aggiudicarsi in un’asta questo lotto di terreno, battendo l'offerta di Tobia Pallavicino proprietario dell’edificio dell'attuale camera di commercio. Tuttavia, egli non riesce a vedere completata la costruzione, perché muore nel 1560, lasciando tutto in eredità al figlio Giulio. L’atrio del palazzo è uno dei più belli di Genova, affrescato dai fratelli Aurelio e Felice Calvi verso la fine del 1500. Al centro della volta ottagonale vi è la rappresentazione della battaglia di Gherardo Spinola contro i fiorentini. Intorno alla volta ci sono 8 allegorie che raffigurano le virtù morali della casata Spinola, mentre sui lati si trova una sorta di pantheon della famiglia, con i personaggi storici principali del casato in particolar modo Oberto e Galeotto che furono signori del popolo di Genova nel 1200 e nel 1300. 19


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Atrio di palazzo Angelo Giovanni Spinola dipinto dai fratelli Calvi a fine 1500

Nel salone di rappresentanza del piano nobile venivano accolti gli ospiti stranieri, si svolgevano le feste e le grandi cene, è unico per bellezza a Genova, per la sua caratteristica di essere dipinto sia nella volta che sulle pareti laterali. Gli affreschi sono della famiglia dei Semino attiva in tutto il nord Italia, le cui opere sono presenti anche palazzo Marino a Milano. I dipinti delle pareti laterali servono per dare prospettiva e ampliare lo spazio della sala. Sulla volta sono rappresenti episodi della vita di Alessandro Magno, grande sovrano dell’età ellenistica. Al centro vi è l’incontro con la regina delle amazzoni Talestri, poi Alessandro che doma il suo cavallo Bucefalo, la visita alla regina di Caria Ada, il viaggio in India con il filosofo “gimnosofista” Calano che lo accompagna durante il ritorno in Persia, dove malato deciderà di ardersi vivo per non disonorare il sovrano. Si passa poi alle scene in cui Aristotele chiede ad Alessandro di ricostruire Stagira, la sua città natale, ai dialoghi tra il re e Diogene e poi con i sacerdoti degli ebrei.

Salone di rappresentanza di palazzo Angelo Giovanni Spinola conaffresco delle imprese di Alessandro realizzato da Andrea Semino a fine 1500 20


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Perché Giulio Spinola fa dipingere queste storie? Il figlio di Angelo Giovanni dopo aver preso parte alla battaglia di Lepanto e alla presa di Lisbona era diventato banchiere di Filippo II d’Asburgo. Alessandro Magno simboleggiava per lui le grandi abilità in guerra, la fama presso il popolo, le doti morali, la generosità, l’umiltà e il rispetto della fede. Queste abilità politiche e militari e il saper prendere la soluzione giusta nel momento giusto erano state sicuramente di grande esempio per Giulio Spinola. La fermezza e la forza sono testimoniate dalla leggendaria rappresentazione del taglio del nodo di Gordio sopra il portale del salone. Lo stesso tema viene trattato da Bernardo Castello nel magnifico affresco realizzato nel 1592 che si trova nell'antisala. Vi è raffigurata la fine della battaglia di Isso con l'episodio della clemenza di Alessandro verso la madre di Dario, abbandonata dal figlio e accolta alla sua corte. Nei salotti laterali dell'ala est, affrescati alla fine del '500 sempre da Bernardo Castello troviamo la narrazione delle storie romane, la battaglia di Azio e il trionfo di Ottaviano a Roma dopo aver sconfitto Antonio e Cleopatra. I salotti dell’ala ovest affrescati da Lazzaro Tavarone raccontano le vittorie di Cesare, la battaglia contro Pompeo, il trionfo a Roma e infine la morte per mano del figlio Bruto. Attualmente il palazzo è di proprietà della Deutsche Bank e si può visitare solo nelle parti comuni.

Palazzo Bianco

Palazzo Bianco visto dal giardino 21


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È detto anche Palazzo di Luca Grimaldi, o palazzo Brignole Sale e si trova in via Garibaldi al civico 11. Insieme a palazzo Rosso e palazzo Doria-Tursi ospita una sezione dei Musei di Strada Nuova. Le sale museali sono dedicate alla pittura genovese e ligure del XVI e XVIII secolo, con importanti sezioni di arte italiana, fiamminga e spagnola. Viene chiamato Palazzo Bianco, in contrapposizione al seicentesco Palazzo Rosso che sorge di fronte, precedentemente appartenuto alla stessa famiglia Brignole Sale. Durante il restauro del 2001 si sono recuperati i colori originali della facciata che aveva tonalità giallo arancione.

Non rientra nell’operazione urbanistica iniziale di Strada Nuova. Si trova sul sito della dimora costruita tra il 1530 e il 1540 da Luca Grimaldi ed è il più recente della strada. Dal 1658 passa di proprietà alla famiglia Franchi de Candia e nel 1711 è ceduta, dagli eredi di Federico De Franchi, a Maria Durazzo Brignole-Sale, che aveva grandi crediti nei suoi confronti. Nel 1712 viene ricostruito in stile neo cinquecentesco. La nuova proprietaria, che intendeva destinarlo al nipote cadetto Gio Giacomo, commissiona un radicale rifacimento del palazzo, che da allora viene denominato Bianco per il colore chiaro dell’intonaco esterno. La ristrutturazione avviene ad opera dell'architetto Giacomo Viano fra il 1714 ed il 1716, su ispirazione dell'adiacente Palazzo Tursi. L'architetto, autore delle facciate settecentesche che oggi si possono ammirare, sposta su Strada Nuova (odierna Via Garibaldi) l'ingresso principale che prima si trovava sulla salita di san Francesco di Castelletto. Il nuovo portone è in stile barocchetto con grandi conchiglie ai lati. Il bel giardino posteriore, posto a livello del piano nobile era stato ricavato dalla demolizione della chiesa di San Francesco di Castelletto. Negli anni 1880, alla morte di Maria Brignole Sale De Ferrari, duchessa di Galliera, ultima discendente della famiglia, il palazzo viene donato alla città insieme alla sua raccolta di opere. Nel suo testamento era specificato che il complesso doveva essere destinato all’ istituzione di una galleria pubblica. Nel corso del tempo il museo si è arricchito di altri legati e donazioni private, il municipio stesso interviene con un'oculata politica di acquisti. È stato inaugurato in occasione del quattro- centenario della scoperta dell'America nel 1892. L’edificio è stato pesantemente danneggiato dai bombardamenti alleati del 1942. È stato riaperto al pubblico nel 1950 dopo un importante restauro e il riallestimento razionalista dell'architetto Franco Albini. La direttrice delle Belle Arti Caterina Marcenaro ha coordinato un totale riordino delle collezioni, la cui museografia è considerata uno degli esempi più significativi del razionalismo italiano. Nel 1970 la stessa Caterina Marcenaro opera una nuova radicale trasformazione, in vista della costituzione del Museo di Sant'Agostino, dedicato alla scultura. Palazzo Bianco rimane così essenzialmente una pinacoteca. Il museo offre oggi una panoramica della pittura europea dal Cinquecento al Settecento, con una grande prevalenza di pittori genovesi, fiamminghi, francesi e spagnoli. Sono esposti dipinti rinascimentali di Filippino Lippi, Giorgio Vasari, Paolo Caliari detto il Veronese, Luca Cambiaso e un'importante collezione di pittura fiamminga e olandese dal XVI al XVIII secolo, con capolavori di Hans Memling, Gerard David, Jan Matsys, Pieter Paul Rubens e Antoon Van Dyck. Tra gli autori francesi e spagnoli del Sei-Settecento vi sono Francisco de Zurbarán, Bartolomé Esteban Murillo, Jusepe de Ribera e Simon Vouet. 22


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L'attività degli autori del barocco genovese del XVII e XVIII secolo è documentata tra gli altri dalle opere del Grechetto, Bernardo Strozzi, Valerio Castello, Domenico Piola e dei figli Anton Maria e Paolo Gerolamo, Gregorio De Ferrari e Alessandro Magnasco. Dal 2009 è presente la famosa scultura di Antonio Canova, la Maddalena penitente, che è stata collocata nell'adiacente Palazzo Tursi che, in collegamento diretto con Palazzo Bianco, accoglie le ultime sale del percorso di visita dei Musei di Strada Nuova.

Palazzo Rosso

Si trova in via Garibaldi al civico 18. È chiamato palazzo Rosso per il colore della sua facciata. Non era incluso della lista dei Rolli perché è stato realizzato nel 1675, dieci anni dopo la stesura dell’ultimo elenco del 1664; tuttavia per la sua importanza fa parte degli edifici storici patrimonio dell’UNESCO. Ospita la prima sezione dei Musei di Strada Nuova. All’interno vi sono principalmente le collezioni d'arte dei Brignole-Sale, collocate in sale che conservano ancora l'arredo e la decorazione originale. «Il primo Palazzo che ho visto è stato il palazzo Brignole; facciata rossa, scalone di marmo. Le statue non sono grandi come in altri palazzi ma la manutenzione, i mosaici dei pavimenti e soprattutto i quadri lo rendono uno dei più ricchi di Genova» (Gustave Flaubert, Notes de voyage, 1845)

Palazzo Rosso visto dal giardino di palazzo Bianco

È stato costruito tra il 1671 e il 1677 per volontà dei fratelli Rodolfo e Gio Francesco Brignole Sale, su progetto dell'architetto genovese Pietro Antonio Corradi, che ripropone qui la pianta a U già adottata nel contemporaneo Palazzo Balbi Senarega. Poiché vi era l'esigenza di edificare un unico 23


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palazzo per le distinte dimore dei due fratelli, si è scartata la soluzione dell'adiacente Palazzo Cattaneo-Adorno, che prevedeva due simmetriche residenze affiancate e si decide di costruire due piani nobili, ciascuno riservato ad uno dei fratelli. Giovanni Francesco I Brignole Sale (1643-1693), figlio di Anton Giulio Brignole Sale (1605-1665) e Paolina Adorno (1610 - 1648), sono immortalati nella celebre coppia di ritratti di Antoon van Dyck. A seguito della morte del fratello Rodolfo costoro diventano proprietari dell'intero palazzo e ne commissionano la decorazione delle sale ai maggiori artisti della seconda metà del Seicento a Genova. I primi interventi decorativi vengono realizzati al secondo piano nobile a partire dal 1679 da Domenico Piola e da Gregorio De Ferrari, con la collaborazione dei quadraturisti e stuccatori Antonio ed Enrico Haffner. Questi artisti realizzano l'affresco sulla volta del salone maggiore che raffigura Fetonte al cospetto del padre Apollo, ritenuto un capolavoro del De Ferrari. Durante i bombardamenti della Seconda guerra mondiale viene distrutto e nella sala è oggi esposto il suo bozzetto preparatorio. Nelle quattro sale circostanti continua l'opera del Piola e del De Ferrari. Ciascuna di esse è dedicata ad una stagione dell'anno, questo ciclo di affreschi è considerato dalla critica fra i capolavori del barocco genovese. L’Allegoria della Primavera mostra nella volta Venere con Cupido che seduce Marte, tra putti e figure che spargono fiori. Nell'Allegoria dell’Estate, è protagonista Cerere, dea delle messi, contraddistinta da un putto che regge un fascio dorato di spighe, mentre i venti invernali sono scacciati dalla ninfa delle brezze, Aura. Anche qui compaiono la figura di Apollo dio del Sole e il leone, segno zodiacale ricorrente in luglio e quindi simbolo dell’estate, ma anche simbolo araldico dei Brignole, in un gioco di rimandi tra astrologia e celebrazione dinastica. A Piola si devono le sale dell'Autunno e dell'Inverno, realizzate in collaborazione con lo stuccatore Giacomo Muttone e il quadraturista Sebastiano Monchi, autore degli sfondati prospettici. In questi affreschi sono rappresentati Bacco giovane e imberbe, con Sileno ebbro, baccanti, centauri, satiri e animali cari a Dioniso, nell'Allegoria dell’Autunno. Nell'Allegoria dell’Inverno sono stati dipinti invece venti freddi, scene di carnevale e di caccia. Il pittore, di ritorno da un viaggio a Parma, realizza leggere e delicate figure che mostrano evidenti rimandi alle opere di Correggio. Il figlio di Domenico Piola, Paolo Gerolamo, ha affrescato la cosiddetta Loggia delle rovine o di Diana, nel 1689, dove è raffigurato il mito di Diana ed Endimione sulle volte di un palazzo diroccato. La dea della caccia contorniata da putti, si cala dal cielo per raggiungere il mitico pastore Endimione, raffigurato dormiente a fianco della porta d'ingresso, in compagnia dei cani e di figure di satiri. La loggia, originariamente concepita come una galleria chiusa ornata da lunette affrescate e finestre dai decori rococò, è stata modificata nel corso del restauro degli anni Cinquanta. A metà del Settecento continuatore della committenza artistica era Giovanni Francesco II Brignole Sale (1695-1760), ambasciatore della Repubblica a Parigi, che nel 1746 è stato eletto Doge della Repubblica di Genova. In quell'anno ad opera dell'architetto Francesco Cantone viene definito l'attuale aspetto della facciata, caratterizzato da decorazioni leonine sopra le finestre dei due piani nobili. Il simbolo richiama l'arma araldica della famiglia, raffigurante un leone rampante sotto un albero di prugne, chiamate in dialetto genovese “brignòle”.

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Molto ricercati sono gli affreschi dello studio del Doge, noto come Salotto delle Virtù Patrie. Le pitture rappresentano soggetti ispirati alla Roma antica, esemplari per il committente impegnato nel governo della cosa pubblica. L’allocuzione di Scipione in Senato, le vestali che custodiscono il fuoco sacro, le matrone che offrono i loro gioielli alla patria, Il trionfo militare di Costantino, sono allegorie politiche. La tematica edificatoria continua sulle pareti con gli affreschi delle personificazioni delle Virtù e le tempere con gli episodi tratti dalla storia romana, la giustizia di Tito Manlio Torquato nel condannare il figlio, la continenza di Publio Cornelio Scipione nel restituire la fidanzata ad Allucio, la fortezza di Muzio Scevola nel punirsi per non esser riuscito a uccidere Porsenna e la religiosità di Numa Pompilio. Nell'alcova, interamente rivestita e arredata con decorazioni rococò, trovano posto i ritratti di Giovanni Francesco II e della moglie Battina Raggi, eseguiti dal pittore di corte di Luigi XIV, Hyacinthe Rigaud (1659 - 1743). Gli interventi di restauro e completamento decorativo continuarono fino alla metà del XIX secolo. La residenza è rimasta di proprietà della potente famiglia dei Brignole Sale per due secoli, fino al 1874, anno in cui è stata donata alla città dall'ultima erede, Maria Brignole Sale De Ferrari duchessa di Galliera, quando era ancora in vita. Il lascito era stato fatto con lo scopo di "accrescere il decoro e l'utile" di Genova e con l'evidente intenzione di trasmettere ai posteri un segno della stirpe dei Brignole Sale, anche con il contributo delle sue importanti collezioni d'arte. Alla sua morte, le opere vengono esposte a Palazzo Bianco. I bombardamenti della Seconda guerra mondiale arrecano danni gravissimi al palazzo, causandone fra l'altro la perdita della decorazione del salone maggiore. La ricostruzione è stata effettuata negli anni Cinquanta (1953-1961), sotto la supervisione dalla direttrice dell'Ufficio di Belle Arti di Genova, Caterina Marcenaro, e dagli architetti Franco Albini e Franca Helg. Il radicale restauro, condotto secondo i criteri del "movimento moderno", porta alla rimozione di tutti gli arredi e delle decorazioni ritenute non originali. Viene creato un allestimento razionalista in netto contrasto con l'identità storica del palazzo. Le collezioni, smembrate, sono state trasferite nei musei cittadini secondo criteri espositivi didattici. In tale occasione sono stati creati la scala elicoidale di Franco Albini e il vasto cortile alle spalle del palazzo, dove è stato collocato il celebre portale barocco del convento di San Silvestro. All'ultimo piano viene ricavato l’appartamento che la Marcenaro ha abitato fino alla morte con la sua personale collezione d'arte, che recentemente è stato aperto al pubblico. Nel corso degli anni Novanta, si è modificato di nuovo l’allestimento, riportando il palazzo nella sua veste settecentesca in base alle descrizioni storiche. Molti degli arredi originali sono stati rimessi in esposizione e molti dei dipinti hanno ritrovato la loro collocazione iniziale nelle quadrature settecentesche appositamente create dagli affrescatoti dell’epoca. Oltre al palazzo, la duchessa di Galliera nel 1874 dona al Comune di Genova la splendida quadreria che, unitamente agli arredi, forma il nucleo storico delle collezioni del museo. Durante due secoli la famiglia Brignole Sale acquista e commissiona opere d’arte a dimostrazione della sua ascesa sociale, economica e politica avvenuta non solo in Italia, ma anche in Francia nel 1800. A partire dalla prima metà del Seicento Gio Francesco Brignole compra opere di alcuni grandi artisti come Antoon Van Dyck. I suoi successori continuano questa politica apportando un 25


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significativo ampliamento delle ricche collezioni, anche grazie alle eredità ricevute (in particolare quelle di due diversi rami dei Durazzo). Oggi la quadreria si caratterizza per i ritratti fiamminghi, per i dipinti di Guido Reni, di Guercino, di Mattia Preti, di Bernardo Strozzi, per le tavole e le tele delle scuole venete del XVI secolo, fra le quali meritano d'essere ricordate le opere di Palma il Vecchio e del Veronese. Negli anni 1953-1961 durante gli importanti restauri, gli spazi espositivi sono stati più che raddoppiati per una diversa sistemazione della quadreria, inserendo la collezione di ceramiche e di numismatica. Di diversa provenienza era anche la collezione tessile, per la quale nell'occasione è stato realizzato un deposito. Inoltre, sono stati collocati nel mezzanino fra il primo e il secondo piano nobile, nel gabinetto, disegni e stampe, la collezione topografica e la collezione cartografica. A partire dal 2004 vengono aperti l'appartamento ideato da Franco Albini e Franca Helg per Caterina Marcenaro e gli ambienti dedicati agli ultimi Brignole-Sale, con mobili provenienti dalla residenza parigina della famiglia, l'Hôtel Matignon, ora sede del primo ministro e quelli ottocenteschi del palazzo, realizzati dell'ebanista inglese Henry Thomas Peters.

Palazzo Spinola di Pellicceria

Realizzato per volontà di Francesco Grimaldi prima del 1593, il palazzo viene subito inserito nella lista dei Rolli di prima categoria (primo bussolo). Il suo prospetto su Piazza Superiore di Pellicceria è documentato nel volume “I palazzi di Genova” di Pier Paolo Rubens, stampato ad Anversa nel 1622. Del periodo dei Grimaldi, rimangono gli affreschi collocati sui soffitti dei saloni dei due piani nobili realizzati da Lazzaro Tavarone e raffiguranti l’Assedio di Lisbona al primo piano e il Trionfo di Ranieri Grimaldi al secondo piano. Il palazzo ospita questa famiglia fino al 1650, anno in cui viene venduto da Tommaso Grimaldi al cognato Ansaldo Pallavicino in cambio della somma necessaria a sanare un ingente debito. Si tratta dell'unico passaggio di proprietà dovuto a una compravendita. Ad Ansaldo si devono alcuni interventi architettonici, tra cui la chiusura del loggiato aperto al primo piano e un incremento della quadreria grazie anche ai dipinti ereditati dal padre Agostino Pallavicino (Doge della Repubblica nel biennio 1637-1639). Tra questi i più importanti sono il Ritratto di Ansaldo Pallavicino di Anton van Dyck, diverse tele del Grechetto e il bozzetto con l’Ultima cena di Giulio Cesare Procaccini. Alla morte di Ansaldo, avvenuta nel 1660, la proprietà della dimora passa al figlio Niccolò Agostino che a sua volta lascia la cospicua eredità alla sorella Anna Maria Pallavicino sposata con Gerolamo Doria. L'erede di Anna Maria Pallavicino, Paolo Francesco Doria, muore precocemente nel 1734. Il patrimonio passa alla sorella Maddalena Doria, sposata con Niccolò Spinola del ramo di San Luca (Doge della Repubblica nel biennio 1740-1742). Da questo momento il nome Spinola rimane legato per sempre alla storia del palazzo. Divenuta proprietaria, la nobildonna avvia un ampio programma di ristrutturazione che interessa soprattutto il secondo piano nobile, costituito da una sequenza di ambienti caratterizzati da uno sfarzoso utilizzo delle dorature in sintonia con lo stile Rococò. Maddalena provvede a ingaggiare i più rinomati quadraturisti e pittori dell'epoca (Lorenzo 26


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De Ferrari, Giovanni Battista Natali e Sebastiano Galeotti) per conferire un aspetto alla moda alla sua dimora. A lei si deve la realizzazione di una elegante Galleria degli specchi, secondo il gusto più aggiornato dell’epoca.

Galleria degli specchi di palazzo Spinola in Pellicceria

Il figlio di Maddalena, Francesco Maria Spinola, sopravvive alla madre solo nove anni e, alla sua morte, il palazzo viene ereditato dal figlio Paolo Francesco Spinola. Quest'ultimo, destinato a vivere durante uno dei periodi più bui per l'aristocrazia tra la Rivoluzione francese e la fine della Repubblica di Genova, è suo malgrado protagonista di un'intensa fase di dispersione del patrimonio. Costretto infatti - come gli altri nobili genovesi - a numerose vendite per finanziare le campagne napoleoniche non rinuncia però ad alcuni importanti acquisti di opere d'arte tra cui il suo ritratto commissionato alla pittrice Angelica Kauffman. Alla morte di Paolo Francesco, deceduto senza figli nel 1824, l'eredità viene spartita tra tre cugini materni: Giovanni Battista, Ugo e Giacomo Spinola di Luccoli, a cui tocca il palazzo con la clausola di trasferirsi a vivere nella residenza di Pellicceria. Si tratta di uno dei momenti più rilevanti per la storia della quadreria del palazzo che, con questo passaggio di proprietà, vede arrivare tra le proprie sale la ricchissima collezione di Giacomo Spinola che, a sua volta, aveva ereditato parte della raccolta di Costantino Balbi. Tra le numerose opere entrano nel palazzo la Madonna orante di Joos van Cleve, l’Allegoria della Pace di Luca Giordano e il Ritratto femminile di Bernardo Strozzi, nonché lo strepitoso Ecce Homo di Antonello da Messina.

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Facciata di palazzo Spinola in Pellicceria

A Giacomo Spinola si deve un'ampia campagna di restauri, nonché la completa ristrutturazione delle cucine storiche site nell'ammezzato tra il primo e secondo piano. Alla sua morte, 1858, il palazzo passa prima al figlio Francesco Gaetano e poi al nipote Ugo, il padre dei due donatori Paolo e Franco Spinola. Il palazzo subisce seri danni durante la Seconda Guerra mondiale a seguito di un bombardamento, il terzo e il quarto piano vengono completamente distrutti. I due marchesi, dotati di una grande sensibilità culturale, grazie anche ai suggerimenti dell'allora Soprintendente Pasquale Rotondi, decidono di destinare alla pubblica fruizione la loro secolare dimora, donando allo Stato italiano il palazzo con tutto il patrimonio in esso conservato. Con una non comune lungimiranza, Paolo e Franco legano la donazione al “mantenimento dell'aspetto di dimora storica” che ancora oggi mantiene. Nello stesso tempo, i due fratelli donano al Sovrano Ordine dei Cavalieri di Malta la loro residenza di San Michele di Pagana, vicino a Rapallo. Considerata la distruzione degli ultimi due piani e la perdita del loro aspetto storico, i due marchesi suggeriscono di collocare al terzo piano la Galleria Nazionale della Liguria, ovvero di ricostruire gli ambienti ormai perduti come un moderno spazio museale. In queste sale sono oggi esposti capolavori provenienti dalla donazione Spinola, che per ragioni conservative non possono essere collocati nei piani storici. Vi sono anche opere acquisite dallo Stato al fine di documentare la ricchezza dell'arte ligure. Tra questi il Ritratto equestre di Gio Carlo Doria, di Pietro Paolo Rubens e la scultura raffigurante la Giustizia, di Giovanni Pisano. 28


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Chiese dei Rolli Durante il secolo d’oro, “il siglo de los genoveses”, oltre ai palazzi dei Rolli che erano spazi privati, la grandezza delle scelte aristocratiche si proietta anche nello spazio pubblico. Tutti, dal ricco banchiere al semplice cittadino, potevano cogliere la forza economica, la sensibilità artistica e culturale delle famiglie che facevano parte dell'oligarchia. In una città compressa come Genova, senza piazze vere e proprie e senza un reale centro del potere, sono soprattutto gli spazi destinati al culto, le chiese, le grandi basiliche, i semplici oratori o i conventi a diventare luoghi di ammirazione. Ed è proprio qui che si potevano mostrare le importanti scelte internazionali in campo figurativo, artistico e culturale. Si tratta di un patrimonio unico, fatto di edifici religiosi e di opere variegate come il tradizionale presepe genovese.

Chiesa di Santa Maria di Castello

Affresco dell’annunciazione di Giusto da Ravensburg del 1451

Il primo documento scritto sul complesso architettonico della chiesa di Santa Maria di Castello risale all'anno 1049, anche se la chiesa è stata probabilmente costruita su un luogo di culto antico, risalente al periodo della dominazione longobarda della città intorno alla metà del VII secolo. Il corpo principale dell'edificio viene innalzato, in una prima fase, su progetto di maestranze dell’Antelami, in stile romanico.

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Nel 1482 il papa Eugenio IV assegna il possesso del sito ai frati domenicani che allargano la chiesa e costruiscono il convento con tre chiostri, grazie all'aiuto finanziario di due delle famiglie più importanti della Genova dell'epoca, i Giustiniani e i Grimaldi. La famiglia Grimaldi, nel 1451, commissiona a Giusto da Ravensburg l’affresco dell’Annunciazione di Maria realizzato nel loggiato. Questo si può considerare tra le principali decorazioni ad affresco del XV secolo in città e uno dei più bei esempi di tardo gotico fiorito presenti in Liguria. Fino alla metà del 1500 Santa Maria di Castello è ancora nel centro di Genova. Prima della rivoluzione architettonica di Strada Nuova e della creazione dei Palazzi dei Rolli è proprio qui che le famiglie scelgono di far decorare la chiesa per esaltare il loro nome e la loro fama. Altra opera rilevante al suo interno è il polittico dell'Annunciazione di Giovanni Mazzone, incastonato dentro un baldacchino marmoreo del 1400, opera della famiglia dei Gabini

polittico dell'Annunciazione di Giovanni Mazzone del 1470

Nel corso dei secoli il complesso di Santa Maria di Castello ha subito diverse modifiche specialmente dell'architettura, a causa di eventi storici che hanno comportato gravi danni all'edificio. Nel 1684 i bombardamenti francesi distruggono parte dell'altare che viene ricostruito. Durante la Seconda guerra mondiale viene rovinato il lato sinistro della chiesa, riportato al suo splendore originale con i restauri di fine 1900.

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Basilica della Santissima Annunziata in Vastato

Si trova in piazza dell’Annunziata, a pochi passi dalla porta dei Vacca, che era l'antico ingresso meridionale della città. Nel 1520 i frati minori decidono di costruire proprio in questa zona l'antica e straordinaria chiesa della Santissima Annunziata in Vastato. A seguito del concilio di Trento, si reca a Genova, nel 1582, il visitatore apostolico Monsignor Francesco Bossio, per tale motivo gran parte degli edifici religiosi della repubblica sono oggetto di un massiccio rinnovamento artistico. Da questo riammodernamento non rimane esclusa la chiesa della Santissima Annunziata in Vastato. A partire da 1620 la famiglia dei Lomellini, che aveva il giuspatronato della chiesa, decide di modificare totalmente l'apparato decorativo degli interni e per fare ciò chiama alcuni tra i principali artisti locali del tempo. Tra questi figurano Giovanni e Giovanni Battista Carlone, Andrea Ansaldo e Giulio Benso.

Cupola della basilica di Santissima Annunziata del Vastato 31


Genova all’epoca dei palazzi dei Rolli

I fratelli Carlone si occuparono della decorazione della navata centrale, il cui tema iconografico è incentrato sull'esaltazione della Vergine, che compare in tutti i cicli pittorici della chiesa. Le storie, inserite all'interno di riquadri di stucco dorato, disposti lungo l'asse longitudinale, sono orientate dall'abside verso l'ingresso e sono animate da personaggi sacri del nuovo e del vecchio testamento. Tra la moltitudine di affreschi, tele e sculture che ornano i meravigliosi ambienti laterali della chiesa, nell'ultima cappella della navata di sinistra spicca il gruppo ligneo realizzato nel 1736 da Anton Maria Maragliano. L’opera, che rappresenta San Pasquale Baylon in estasi davanti all'Eucarestia, è inserita all'interno di una ricca cornice architettonica strutturata con colonne tortili in porfido e marmo bianco. La cupola, vero fulcro dell'intero ambiente religioso, è stata affrescata da Andrea Ansaldo nel 1635. Il tamburo è scandito da un alternarsi di finte e di vere finestre che, inquadrate rispettivamente da illusive colonne tortili e concrete cariatidi in stucco dorato, conferiscono alla struttura un'idea di movimento rotatorio, quasi a voler anticipare la vorticosità figurale della scena della cupola. l'Ansando adottando un linguaggio pienamente barocco, evidente nelle ricercate pose plastiche delle figure della cupola, riesce a conferire al soffitto un affollata e frenetica libertà spaziale. Nel 1640, a seguito alla morte dell'Ansaldo, la famiglia dei Lomellini chiede di completare il ciclo di affreschi del coro al pittore e architetto genovese Giulio Benso

Navata centrale della basilica di Santissima Annunziata del Vastato 32


Genova all’epoca dei palazzi dei Rolli

La basilica dell’Annunziata per le personalità artistiche che vi hanno operato e per la straordinaria ricchezza iconografica, artistica e decorativa può essere considerata una vera propria unicità del periodo barocco genovese.

Cappella del Doge di palazzo Ducale

Cappella del doge di palazzo Ducale di Genova

La cappella del Doge si trova all’interno del palazzo Ducale, l’edificio del potere pubblico cittadino. È stata Affrescata da Giovanni Battista Carlone nel 1653. Francesco Maria Schiaffino nel 1720 scolpisce la Madonna regina della città. Questo luogo sacro celebra i fasti della Superba, in un crescendo di decorazioni, dal pavimento con i marmi policromi alla volta a trompe l’oeil. Sulle pareti affrescate sono rappresentati gli eroi della sua storia, Guglielmo Embriaco e Cristoforo Colombo. Sulla volta la Vergine in trono, invocata dai santi protettori della città, Giovanni Battista, Giorgio, Bernardo e Lorenzo, mostra il bambino Gesù con un cartiglio che recita “et rege eos”, governali, in riferimento al decreto del 1637 con cui la Madonna viene eletta regina di Genova e la repubblica trasformata in regno. Questa è una delle testimonianze barocche più straordinarie di tutta la Liguria.

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Madonna Regina di Genova di Francesco Schiaffino del 1729

Guglielmo Embriaco porge le reliquie di Giovanni Battista al vescovo di Genova. Realizzato da Giovanni Battista Carlone del 1653 34


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Chiesa del Gesù

Si trova in piazza Matteotti, vicino a palazzo Ducale e dietro piazza De Ferrari. È una delle chiese più importanti del periodo barocco genovese e conserva al suo interno alcune opere che hanno segnato la storia dell'arte europea. L’edificio attuale viene progettato dall'architetto e pittore gesuita Giuseppe Valeriano autore anche della chiesa del Gesù nuovo di Napoli. I Gesuiti volevano rinnovare un luogo di culto molto antico, fondato nel VI secolo dal clero milanese in fuga dalle persecuzioni longobarde e dedicato al culto di Sant' Ambrogio. Nel 1589 la trasformazione è stata possibile grazie all'importante finanziamento della famiglia di padre Marcello Pallavicino che è rimasta sempre legata a questo luogo, così come i Gesuiti che vi dicono messa ancora oggi. La ricchezza della chiesa era tale da stupire visitatori illustri. Sono arrivati fino a noi i commenti di due celebri autori francesi. Nel 1739 il filosofo Charles de Brosses, dopo il suo soggiorno in città, così descriveva in modo critico la chiesa “Parlando delle cose che si trovano a Genova, bisogna dimenticare i marmi; è cosa troppo comune; ma sarebbe male se trascurassimo quelli di Sant'Ambrogio dei Gesuiti, dove se ne trova una collezione completa, di tutti i tipi che la terra può produrre; purtroppo, però sono adoperati per rivestire degli ignobili trespoli”. Gustav Flaubert, nel 1845, parlando del suo soggiorno nel capoluogo ligure, era rimasto meravigliato della profusione dei marmi policromi che si trovavano sul pavimento, sulle colonne e a decorare le cappelle, trasformando lo spazio interno della chiesa in uno straordinario caleidoscopio di colori.

Navata centrale della chiesa del Gesù 35


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A conferma di quanto descritto da questi due visitatori famosi, possiamo dire che ancora oggi la ricchezza delle decorazioni della chiesa genera stupore nei turisti. Ai sontuosi marmi si aggiungono gli affreschi eseguiti nelle volte dai fratelli Giovanni e Giovanni Battista Carlone nei primi decenni del 1600, che raffigurano le storie di Cristo e della Vergine. La cupola è totalmente dipinta con le immagini delle gerarchie celesti, tra le quali trionfa il nome di Cristo, simbolo della compagnia del Gesù. Il grande progetto decorativo della chiesa arriva a pieno compimento con le importanti committenze delle famiglie aristocratiche per le cappelle laterali. L'arcivescovo Stefano Durazzo, fa arrivare direttamente da Roma una delle tele più importanti eseguite da Guido Reni, dedicata all'assunzione della Vergine. Maria è avvolta in un abito bianchissimo, circondata da una dorata luce divina, mentre i monumentali apostoli ne contemplano straniti il sepolcro vuoto, in quella che è una vera e propria esplosione di colori, di ombre e di luci. La famiglia Raggio commissiona una grande pala raffigurante la crocifissione all’artista francese Simon Vouet, che nel 1620 si trova a Genova ed è nel pieno della sua fase caravaggesca. Entrambe le opere sono molto suggestive, ma sono quasi oscurate da due dipinti del più grande pittore fiammingo del 1600, Pietro Paolo Rubens. Nel 1604 Rubens arriva per la prima volta a Genova ed è in quella circostanza che Marcello Pallavicino gli commissiona la grande tavola della circoncisione. Un anno dopo il dipinto è già sull'altare maggiore; la novità e la qualità del pittore olandese sono tali che da quel momento in avanti la pittura genovese non sarà più la stessa. La città si proietta con questo capolavoro in una stagione completamente barocca. Nel 1608 Rubens lascia l'Italia per non farvi mai più ritorno, ma una sorte ben diversa hanno invece le sue opere, grazie all'amicizia stretta col fratello di Marcello, Nicolò Pallavicino. Quest’ultimo nel suo testamento, nel 1620, lascia la disposizione di fare eseguire da Rubens un'altra grande opera dedicata proprio al fondatore della compagnia del Gesù; si tratta della tela dei miracoli del beato Ignazio da Loyola. Quando il quadro arriva a Genova, Ignazio non è ancora santo, è soltanto beato eppure Rubens e i Gesuiti attraverso il suo pennello stanno già codificandone con forza l'iconografia in tutta Europa. Il pittore raffigura Ignazio in veste sacerdotale affiancato dai suoi più fidati collaboratori, Francesco Saverio e Luigi Gonzaga. La vicenda storica e artistica della chiesa del Gesù non termina con la grande fase decorativa dei primi decenni del 1600. Alla fine del secolo infatti tutta Genova vive un grande momento di difficolta, quando nel 1684 la flotta del re Sole lancia sulla città bombe incendiarie. Tutti i quartieri si trasformano in un vero e proprio inferno, anche la chiesa viene colpita e crollano alcune cappelle, parte degli affreschi del Carlone e la grande biblioteca della casa professa bruciano tra le fiamme. Pochi anni dopo la tragedia Lorenzo De Ferrari, uno dei più brillanti pittori del primo 1700 attivi a Genova, realizza le splendide cupolette delle cappelle di San Stanislao, di San Giovanni 36


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Battista e di San Francesco Borgia. Qui, giocando con oggetti in stucco e lastre di ardesia murate alle pareti, Lorenzo proietta angeli e santi nello spazio tridimensionale, rompendo definitivamente il muro tra la realtà e l'illusione. Questa chiesa è un luogo sorprendente per i visitatori, perché attraverso i suoi dipinti, i suoi marmi, le sue sculture può essere considerato uno dei luoghi che hanno segnato il cambiamento e il progresso della cultura figurativa europea.

Miracolo di Sant’Ignazio, chiesa del Gesù, Rubens del 1620

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Banco di San Giorgio Palazzo San Giorgio è stato il primo edificio pubblico importante di Genova, voluto nel 1260 da Simon Boccanegra che ne affida il progetto a frate Oliverio. Per 5 secoli, fino al 1804 è stato sede del banco di San Giorgio, la grande istruzione finanziaria che gestiva le entrate tributarie e il debito pubblico genovese e amministrava anche alcuni territori, tra cui la Corsica Napoleone fa chiudere il banco e trasferisce tutto il suo oro delle casse di Parigi nel 1804. I suoi muri cadono in abbandono e diventano preda di razzie. Nel corso del 1800 si era pensato addirittura di abbatterlo date le sue condizioni di degrado e per migliorare la viabilità cittadina. Il ministero dei beni culturali manda una commissione, di cui faceva parte anche Giosuè Carducci, che decide di ristrutturarlo per il suo grande valore storico e così viene restaurato in stile neogotico. Dal 1903 è sede del consorzio autonomo del porto e nei suoi spazi ne accoglie l’archivio storico. Non trattandosi di un palazzo privato non apparteneva alla lista dei Rolli

Facciata del Banco di San Giorgio

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Villa del Principe Il palazzo del Principe è stato voluto da Andrea Doria, l’ammiraglio dell’imperatore Carlo V nella prima metà del 1500. Si tratta di una vera e propria reggia in una città repubblicana. È stata costruita prima dei palazzi di Strada Nuova e si trovava fuori dalle mura cittadine. Il parco dell’edificio si estendeva tra il mare e la montagna. All’interno del giardino all’italiana vi è una fontana con al centro una statua di Nettuno con il volto di Andrea Doria. Si tratta di una villa straordinaria, affrescata da Perin del Vaga, della scuola di Raffaello e decorata dagli scultori Giovan Angelo Montorsoli e Silvio Cosini, allievi diretti di Michelangelo Buonarroti. All’interno vi sono sontuosi affreschi rappresentanti scene mitologiche e arazzi di manifattura fiamminga con le storie di Alessandro Magno L’ammiraglio Doria non aveva un ruolo politico ufficiale, ma la sua autorevolezza era tale che quando l'imperatore arriva di persona a Genova a ratificare l'alleanza con la città nel 1533, attracca nel porto privato di questa sontuosa dimora. L’edificio non era censito come palazzo dei Rolli della Repubblica perché si trattava di una villa suburbana.

Villa del principe, salone dei Giganti di Perin del Vaga

Informazioni pratiche I palazzi dei Rolli, che in gran parte sono privati, vengono aperti al pubblico due volte all’anno, in primavera e in autunno. Per verificare le date si possono consultare i siti ufficiali dei Palazzi dei Rolli o l’ufficio del turismo di Genova. Durante il periodo della pandemia Covid-19, il comune ha deciso di realizzare dei video esplicativi degli edifici storici, che si possono trovare facilmente su YouTube. 39


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sitografia https://it.m.wikipedia.org/wiki/Le_Strade_Nuove_e_il_Sistema_dei_Palazzi_dei_Rolli_di_Genova http://www.visitgenoa.it/rolli https://www.palazzideirolli.it/ http://www.irolli.it/ https://www.genovagolosa.it/cosa-rolli-genova/ http://www.rolliestradenuove.it/ https://www.finestresullarte.info/opere-e-artisti/la-vera-storia-dei-palazzi-dei-Rolli-di-Genova https://www.ilsecoloxix.it/genova/2015/09/09/news/quella-volta-che-elisabetta-ii-venne-in-visita-agenova-quanti-gradini-che-ci-sono-1.31689977 http://whc.unesco.org/en/list/1211/ https://artplace.io/discover/1779/palazzo+nicol%C3%B2+grimaldi+%28palazzo+doria-tursi%29 https://www.treccani.it/enciclopedia/repubblica-di-genova/ https://docplayer.it/23832406-I-banchieri-genovesi-e-la-spagna-il-secolo-d-oro.html

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