Il Natale nella vita e negli scritti di mistici e santi

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MARCELLO STANZIONE

IL NATALE NELLA VITA E NEGLI SCRITTI DI MISTICI E SANTI

con 52 immagini della storia dell’arte

Anteprima libro


Redazione e revisione dei testi: Alfredo Tradigo Progetto di copertina: Marco Sala

ISBN 978-88-8424-436-9

© Mimep-Docete, 2017

Impaginazione, montaggio, stampa e legatoria: Casa Editrice Mimep-Docete via Papa Giovanni XXIII, 2 20060 Pessano con Bornago (MI) tel. 02–95741935 02–95744647 www.mimep.it www.mimepjunior.it info@mimep.it


MARCELLO STANZIONE

IL NATALE NELLA VITA E NEGLI SCRITTI DI MISTICI E SANTI con 52 immagini dalla storia dell’arte


Introduzione di Alfredo Tradigo

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l mistero del Natale visto attraverso gli occhi dei santi, la loro vita, i loro scritti. Duemila anni in cui la coscienza della festa più cara al popolo cristiano è cresciuta esprimendosi in preghiere, canti, sermoni. E in una straordinaria profusione di opere d’arte. Così partendo dal poeta Efrem il Siro, queste pagine ci conducono fino ai nostri giorni, a Faustina Kowalska, Josemaria Escirvà de Balaguer, Carlo Maria Martini. A ogni figura di mistico o di santo corrisponde un’immagine d’arte che aiuta ad approfondire il tema natalizio. Ne nasce una vera e propria teologia dell’Incarnazione. Per Efrem le immagini del vero Sole e della Vigna che produce il vino della salvezza portano all’Eucarestia: il Natale e la Passione del Signore si uniscono così dando frutto nella Resurrezione. Nel IV secolo Agostino d’Ippona sottolinea l’umiltà del Dio che si fa uomo, nascondendosi ai potenti. Agostino sottolinea come Gesù venendo al mondo attraverso Maria, ci mostri la grande dignità della donna. Giovanni Crisostomo, cioè “boccadoro” (V secolo), oltre a dedicarsi a importanti opere sociali, apre la sua “bocca” per difendere la fede ortodossa contro gli ariani e sia per cantare la verginità di Maria. Accostata a Giovanni Crisostomo una immagine dell’Annunciazione del Beato Angelico: Maria riceve l’annuncio mentre alle sue spalle si intravede il giardino terrestre con la cacciata di Adamo ed Eva. Pura teologia per immagini da un pittore come l’Angelico che fu frate domenicano. Così le immagini dell’arte danno profondità ai testi. A Bernardo di Chiaravalle (XI secolo) è accostata l’Adora4


Introduzione

zione dei Magi del Sassetta (1435) in cui l’evento sacro si mondanizza tra personaggi vestiti alla moda dell’epoca. Un’altra Adorazione dei Magi di Carlo Dolci (1474) accompagna santa Brigida di Svezia, donna facoltosa e madre di otto figli, ritiratasi con il marito in convento. Alle vicende del dottore napoletano Giuseppe Moscati (1880–1927) fa da sfondo una splendida Adorazione dei pastori di Peter Paul Rubens (1606). Orazio Gentileschi, con la sua bellissima Annunciazione (1623) introduce la figura e gli scritti di Padre Pio da Pietrelcina al quale nella notte di Natale apparve tra le braccia il Bambino Gesù. Un’altra intimissima e intensa Adorazione dei Pastori accompagna le vicende di Edith Stein (1891–1942), la donna ebrea, convertita al cattolicesimo e morta in campo di concentramento. Nei suoi scritti la suora carmelitana descrive gli umili che si radunano intorno alla grotta: “i bambini teneri e innocenti, i pastori fiduciosi, i re umili”. Accanto alle grandi figure di sante l’Autore raccoglie biografie meno note di mistiche che hanno condotto un’esistenza nascosta e poco nota, caratterizzata però da visioni celesti e accompagnata da grandi sofferenze. Queste donne sono entrate così in profondità nella spiritualità dell’Incarnazione da descriverne con precisione i particolari, come Teresa Neumann (1898–1962) che divide addirittura il suo racconto in giornate: 22-23-24-25 dicembre. Alle soglie del Novecento, la modernità del Natale è rappresentata dal fondatore dell’Opus Dei, il sacerdote Maria Escrivà de Balaguer illustrato dal pittore Felice Carena (1940). A Faustina Kowalska, la santa della Divina Misericordia, si accompagna la Nascita di Cristo (1896) di Paul Gauguin. Carlo Maria Martini ha sullo sfondo la Fuga in Egitto (1958) di Carlo Carrà. E a Tonino Bello una strepitosa Natività del pittore americano William Congdon. 5


Mistici e Natale Oh, mamma, perché non mi dai una tromba, un mandolino, uno strumento qualsiasi, affinché io possa unirmi agli angeli per celebrare il Signore con essi! (Anfrosina Berardi)

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Il più antico cenno sulla festa del Natale, celebrata a Roma nel giorno 25 dicembre, lo riporta il calendario di Filocalos dell’anno 354, ma l’analisi interna del documento dimostra che la festa veniva celebrata già prima dell’anno 336. Fu scelto il giorno 25 dicembre visto che in quel giorno si celebrava una festa pagana in onore del “Sole Invincibile”. I cristiani hanno sostituito le cerimonie pagane con la solennità della nascita di Cristo, il Sole di Giustizia. Già nel secolo IV troviamo la nuova festa in Africa, ad Antiochia, a Costantinopoli e in Egitto, ma solamente nel VI/ VII secolo sarà ammessa in Palestina. Secondo una tradizione romana del secolo VI, ogni sacerdote può celebrare nel giorno di Natale tre Messe. L’origine di questo costume è abbastanza semplice. La prima e l’unica Messa veniva celebrata solennemente dal papa nel secolo IV alla solita ora nella basilica di San Pietro (attualmente la Messa “nel giorno”). Nel secolo V, si comincia a celebrare la Messa notturna nella basilica di Santa Maria Maggiore. Il papa Sisto III (+446) dopo la proclamazione del dogma della Maternità di Maria ha ampliato e abbellito la basilica erigendo in essa la cappella che imitava la grotta della Natività di Betlemme. In questa cappella, la notte di Natale, il papa celebrava la Messa solenne (attualmente la “Messa della Notte”). 6


Mistici e Natale

Verso la metà del secolo VI, inizia l’usanza di celebrare la terza Messa da parte del papa. Vicino al palazzo dei governanti bizantini (Colle Palatino) si trovava la chiesa in cui si conservavano le reliquie di santa Anastasia martire, venerata particolarmente a Costantinopoli, la cui memoria cadeva proprio il 25 dicembre. Per rispetto al potere secolare, i papi – fermandosi per strada dal Laterano alla basilica di San Pietro – celebravano qui la Messa in onore della santa (attualmente la “Messa dell’Aurora”). I libri liturgici romani contenevano i formulari di queste tre Messe papali e perciò tutta la Chiesa prese l’usanza di celebrare l’Eucarestia tre volte in questo giorno. Prendendo spunto dalla festa di Natale, sono sorte diverse consuetudini come ad esempio il presepio. Una schiera immensa accompagna la Festa L’uso dell’albero di Natale viene consolidato dalle popolazioni germaniche nel secolo XIX. In Polonia, i commensali della Cena della Vigilia si dividono il pane azzimo in segno di pace e di unione. La festa del Natale ha la sua ottava, viene celebrata cioè per tutta la settimana. Già i più vecchi calendari collegano le commemorazioni di alcuni santi con la solennità del Natale e il Medioevo vede in essi una schiera illustre che accompagna il Bambino Gesù. Ecco questi santi nella liturgia romana: il Protomartire Stefano, san Giovanni Evangelista e i Bambini Innocenti uccisi a Betlemme. Il periodo del Natale va oltre l’ottava, fino alla domenica dopo l’Epifania, che viene celebrata come festa del battesimo del Signore. Nel giorno di Natale, la Chiesa commemora tutto ciò che è avvenuto a Betlemme, ma non si limita al lato esteriore degli avvenimenti. Contempla il mistero del Figlio di Dio, che “nato dal Padre prima di tutti i secoli, Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero”, per “noi uomini e per la nostra salvezza” discese dal cielo. 7


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Dio, che in modo meraviglioso inizia l’opera della sua salvezza. Cristo diventa l’uomo simile a noi in tutto eccetto il peccato. Si giunge ad un “meraviglioso scambio”: Cristo accolse la nostra natura umana, debole e limitata, per farci partecipare alla sua natura divina. Che cos’è la venuta di Cristo per l’uomo? L’uomo ha visto Dio in forma visibile, Cristo ha portato agli uomini la nuova vita, li ripristina nella dignità di figli di Dio, introduce l’uomo mortale nella vita eterna, libera l’umanità dalla vecchia schiavitù del peccato e le dona la libertà. Il Natale, così concepito, si collega inseparabilmente con il mistero della Morte e della Resurrezione di Cristo. Benché allora per molti cristiani il Natale è un gioioso ricordo della venuta di Cristo che porta la pace e la fraternità, la Chiesa vede questa festa in stretta relazione con la sua futura morte; Gesù deposto nella mangiatoia viene chiamato nelle preghiere il Redentore. Celebrare il Natale significa esprimere nella vita la nuova realtà dell’uomo, rendersi simile al Figlio di Dio, aprirsi all’azione della grazie, cercare le cose di lassù, crescere nell’amore fraterno. Il privilegio di tenere tra le braccia Gesù Alcuni mistici hanno goduto il privilegio che, secondo l’Evangelista san Luca, fu concesso a Simeone: quello di stringere fra le braccia il Bambino Gesù. San Francesco non ottenne questo privilegio, di cui godette invece Sant’Antonio, ma sentì come pochi il fascino della divina infanzia; e realizzò, a Greccio, il Presepe. Nella sua scia, la poesia francescana s’impadronì di questo tenero, devoto argomento e lo innalzò con Jacopone a sublimi altezze. Non di meno, se il privilegio fu eguale, ben diversa è la posizione dei Santi rispetto al Divino Infante. Il sentimento di Simeone – come appare dal testo evangelico – dovette essere di profonda emozione, ma soprattutto di gratitudine per 8


Mistici e Natale

l’Altissimo, che aveva mantenuto la promessa, inviando il Messia atteso e invocato da tante generazioni, e gli aveva concesso il privilegio di contemplarlo prima di chiudere i suoi occhi mortali: ora sì che poteva morire in pace! Ma egli non arrivò a sospettare la divinità di quel pargoletto. Se intravide, secondo la profezia fatta a Maria, il suo tragico destino, non poteva immaginare ed anzi nemmeno concepire, data la sua mentalità ebraica, che Dio si era umiliato fino al punto d’incarnarsi. Insomma, leggendo il testo di San Luca, si ha l’impressione che Simeone comprese solamente, per rivelazione dello Spirito Santo, che quel piccino era l’Unto del Signore, l’atteso Liberatore d’Israele. I Santi, invece, guardano al bambino Celeste con altro spirito in cui, alla tenerezza struggente, si unisce un più vivo sentimento d’adorazione, di gratitudine e d’indegnità. Il velo della Promessa caduto per l’avvenuta Incarnazione; il mistero è stato rivelato dallo stesso Gesù, ed essi sanno quel che Simeone ignorava – e si sarebbe rifiutato d’ammettere, come un’offesa al Dio Unico –, cioè che quel Bambino era lo stesso Dio fatto uomo, la Seconda persona della trinità Divina. Quindi misurano l’immensità dell’amore di Dio per gli uomini e la distanza incommensurabile che separa la creatura dal suo Creatore. Nello stesso tempo essi vedono in quel tenero Infante indifeso la vittima destinata al sacrificio, la cui posta è la redenzione del genere umano. Chi potrà esprimere il sentimento complesso e ineffabile ispirato ai Santi da questa visione beatifica, che per essi è più reale di qualunque realtà? Spesso gli angeli sono presenti a queste visioni natalizie come musicisti. Dottori chiamati a verificare i fenomeni mistici Questi concerti angelici sono puntuali, ed è significativo che si producano il giorno di Natale, come se il Cielo volesse associare al canto degli angeli della Natività le ani9


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me favorite dalla sorte. La terziaria francescana Pudenziana Zagnoni (1583–1608) conobbe, negli ultimi anni della sua breve esistenza, un’esperienza mistica il cui carattere spettacolare impressionò la sua famiglia ed i suoi confessori, ma anche i dottori Sarchi e Ponticelli: chiamati a curarla, questi ultimi verificarono la realtà delle sue stimmate e della corona di spine insanguinata che, durante le sue estasi, appariva subito intorno alla sua testa. Nei mesi precedenti la sua morte, le apparizioni angeliche da cui ella era favorita hanno avuto numerosi testimoni. Il giorno del Natale 1607, la Vergine Maria apparve a Pudenziana e le depose nelle braccia il Bambino Gesù, nel mentre che degli angeli cantavano melodiosamente il “Gloria in excelsis”. Tutti i parenti e vicini presenti nella casa sentirono quel canto celeste e accorsero al capezzale della ragazza, che videro splendente di luce, nel mentre che un profumo dei più soavi esalava dalla sua persona. Gli angeli confortano gli amici di Dio La mattina del Natale 1932, alcuni mesi prima della sua morte, la piccola Anfrosina Berardi (1920–1933) ebbe la visione di un coro di spiriti celesti che cantavano le lodi di Dio accompagnandosi con ogni tipo di strumenti di musica: “Presa da un entusiasmo estatico, ella si volse verso sua madre e gridò:”Oh, mamma, perché non mi dai una tromba, un mandolino, uno strumento qualsiasi, affinché io possa unirmi agli angeli per celebrare il Signore con essi!”. Avendole sua madre fatto notare che essi sono troppo poveri per comperare tali oggetti, ella si raccoglie un momento, guardando ed ascoltando sempre, poi, malgrado la sua estrema debolezza, ella canta con una voce d’una straordinaria purezza: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli, e pace sulla terra agli uomini ch’egli ama!”. 10


Cristo è il nostro nuovo Sole!

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l Natale è la festività cristiana che celebra la nascita di Gesù. Il termine italiano Natale deriva dal latino Natalis che significa “natalizio, relativo alla nascita”. Il giorno della nascita di Gesù è ormai fissato al 25 dicembre ed in questa data viene celebrato da molte delle chiese cristiane, comprese la Chiesa Cattolica, quelle nate dalla rivoluzione protestante ed alcune chiese ortodosse come quella greca e bulgara, mentre quelle ortodosse russa, serba e di Gerusalemme invece celebrano il Natale il 7 gennaio. Il motivo di questa differenza è che queste chiese non accettano la riforma del calendario gregoriano promulgata dal papa Gregorio XIII nel 1582, e continuano a seguire il vecchio calendario giuliano, il cui 25 dicembre corrisponde al loro 7 gennaio. Ma questa data del 25 dicembre o del 7 gennaio non corrisponde alla reale data della venuta al mondo di Cristo. La data liturgica che quasi tutto il mondo cristiano festeggia con solennità il 25 dicembre, non ha un fondamento effettivamente documentato. Nei vangeli manca qualunque allusione all’esatta data di nascita di Gesù, vi si trova solamente il passo di Matteo 2,1 dove si afferma che Gesù nacque a Betlemme di Giudea al tempo del re Erode il grande. La festa liturgica del Natale è stata istituita in Occidente, probabilmente poco prima della metà del IV secolo, e si è diffusa rapidamente in Oriente. Si tratta di una celebrazione relativamente tardiva, poiché in quell’epoca le comunità cristiane già osservavano la Pasqua e la Pentecoste, ereditate direttamente dal giudaismo, conoscevano un ciclo 11


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quaresimale di durata variabile secondo le varie località, e festeggiavano quasi ovunque il 6 gennaio l’Epifania, dedicata essenzialmente al battesimo di Gesù. La nostra festa di Natale del 25 dicembre era quindi sconosciuta ai cristiani dei primi tre secoli. Il culto cristiano sostituisce quello pagano Fino all’inizio del IV secolo questo giorno, destinato a costituire in seguito una data centrale nel cristianesimo, passava del tutto inosservato ai credenti, senza che essi si adunassero per la Santa Messa di mezzanotte e senza che la nascita di Cristo venisse neppure nominata. Invece nell’impero romano, il 25 dicembre era dedicato all’adorazione del sole, come festività particolare del culto pagano di Mitra, e nella quale veniva celebrata la fine del solstizio invernale. Già prima dell’introduzione del culto di Mitra, gli imperatori romani avevano eretto dei templi al “Sol invictus”. Nel terzo secolo, il 25 dicembre venivano celebrati giochi solenni in onore dell’invincibile dio Sole che ricominciava a salire nel cielo. Si accendevano grandi fuochi destinati ad aiutare il Sole a salire oltre l’orizzonte. È comprensibile che proprio la Chiesa cristiana ci tenesse a contrapporre al culto pagano della natura la sua propria festa della luce, la festa della nascita di Gesù Bambino, che nel cantico di lode di Simeone viene salutato come “luce per illuminare le genti”. I cristiani attribuivano il passo biblico veterotestamentario di Malachia 3,20: “Per voi… sorgerà… il sole di giustizia” come una profezia della venuta di Cristo. Ambrogio, vescovo di Milano, in una predica in cui fa un esplicito confronto tra la festa pagana e quella cristiana, afferma: “Cristo è il nostro nuovo Sole!”. Più avanti ancora Ambrogio afferma: “Non a torto il popolo chiama questo santo giorno della nascita del Signore “il nuovo sole”, affermando così che anche ebrei e pagani si ritrovano in tale 12


Cristo è il nostro nuovo Sole!

espressione. Ben volentieri manteniamo questa espressione, perché col sorgere del Salvatore si rinnova non solo la salvezza dell’umanità, ma anche la luminosità del sole. Poiché se durante la Passione di Cristo il sole si oscura, così esso deve splendere più luminoso che mai alla sua nascita”. Anche Agostino fa riferimento alla festa pagana del 25 dicembre, quando esorta i cristiani ad adorare in questo giorno, non il sole, come fanno i pagani, ma Colui che l’ha creato, ed ancora il papa Leone Magno stigmatizza l’erronea credenza di coloro che celebrano il Natale per la nascita del Sole, anziché per la nascita di Cristo. Ciò dimostra che la festa della Natività di Cristo fu stabilita dalla Chiesa il 25 dicembre non senza che essa fosse a conoscenza del significato di questo determinato giorno per i pagani. Prendendo spunto quindi da questa ricorrenza pagana, sotto il pontificato di papa Giulio (337–352), ad opera di Dionigi il piccolo, la nascita di Cristo fu stabilita per il 25 dicembre. La celebrazione della Natività di nostro Signore al 25 di dicembre era già in vigore ai tempi di papa Liborio, successore di papa Giulio, come testimonia Ambrogio. L’assenso a tale data fu alquanto rapido. Già in alcuni documenti del 383 è attestato, infatti, che in quell’anno la data era ufficiale. Da Roma, la data della Natività andò poi diffondendosi per tutto il mondo cristiano. Sul fatto che il Natale venga festeggiato il 25 dicembre vi sono diverse ipotesi. Il metodo per stabilire la data del Natale Un’ipotesi afferma che la data del Natale si fonda sulla data della morte di Gesù o Venerdì Santo. Dato che la data esatta della morte di Gesù nei Vangeli non è specificata con precisione, i primi cristiani pensarono di stabilirla tra il 25 marzo ed il 6 aprile, poi per calcolare la data di nascita di Gesù, hanno seguito l’antica idea che i profeti dell’Antico Testamento morirono in una data corrispon13


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dente all’anniversario della loro nascita. Secondo questa ipotesi Gesù morì nell’anniversario della sua Incarnazione o concezione, così la sua data di nascita avrebbe dovuto cadere nove mesi dopo la data del Venerdì Santo, il 25 dicembre o 6 gennaio. Un’altra ipotesi, invece, vede la data del Natale come conseguenza di quella dell’Annunciazione, il 25 marzo. Si riteneva infatti che l’equinozio di primavera, giorno perfetto in quanto equilibrato fra notte e giorno, fosse il più adatto per il concepimento del Redentore. Da qui la data del Natale, nove mesi dopo. Altre ipotesi spiegano la data del 25 dicembre come un tentativo di assorbimento di culti precedenti al cristianesimo con la sovrapposizione di festività cristiane a feste di altri culti. C’è chi afferma che la nascita del Cristo derivi dalla tradizione e dalla festa ebraica della luce, la Hanukkah, che cade il venticinquesimo giorno di Kislev e all’inizio del Tevet. Il mese di Kislev è comunemente accettato come coincidente con dicembre. Sotto l’antico Calendario Giuliano, per scelta popolare, la nascita di Cristo venne fissata al 5 a.C., il venticinquesimo giorno di Kislev. In questo senso il cristianesimo avrebbe ripetuto quanto già fatto per Pasqua o Pentecoste, che sono derivate dalle corrispondenti festività ebraiche. Nell’antica Roma il 25 dicembre era la festa dei Lupercali, la festa della luce ed i cristiani la utilizzarono per significare che la luce vera che viene nel mondo è solo Gesù Cristo.

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Ambrogio Lorenzetti Annunciazione (1344). Siena, Pinacoteca Nazionale.

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Taddeo di Bartolo NativitĂ (1409). Siena, Pinacoteca Nazionale.

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Bernardo di Chiaravalle 1090–1153

Che un piccolo verme si gonfi e si glorifichi per scalzare la maestà di Dio è insolenza insopportabile.

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an Bernardo nato a Digione in Francia nel 1090 ha un nome ed un posto incomparabile nella storia della Chiesa. Borgognone, di nobile famiglia, rimasto orfano della madre, a soli 17 anni si sentì attratto dalla vita di speciale consacrazione ed entrò a 22 anni nella vita monastica con 30 suoi parenti ed amici a Citeaux. In seguito Bernardo fu il fondatore dell’abbazia di Chiaravalle e dei Cistercensi, ramo del tutto particolare del grande albero benedettino, rifiutò l’episcopato a varie riprese e, per la sua virtù, per il suo prestigio, si trovò immischiato agli affari generali della Chiesa sotto i papi Innocenzo II ed Eugenio III, suo vecchio discepolo. Per lui egli scrisse il libro “De consideratione”. Predicò la seconda Crociata, moltiplicò i suoi scritti che appaiono sempre più il frutto delle ispirazioni divine che non il lavoro d’un uomo, come ci dicono le lezioni del Breviario. In mezzo a tantissime sue eroiche virtù, non si potrebbe dimenticare di fare un posto a parte alla sua profonda e del tutto filiale devozione verso la Santa Vergine. Sua è 65


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la popolare preghiera del “Memorare piissima Virgo Maria”. Talvolta viene raffigurata la scena della Madonna che risponde alla preghiera di Bernardo bagnandogli le labbra col latte del proprio seno. Si racconta anche che egli fosse così amante della Vergine che tutte le volte che passava davanti all’immagine della Madonna, la salutava dicendogli “Ave Maria”. Un giorno la Madonna rispose all’invocazione di Bernardo con lo stesso saluto: “Ave, Bernardo”. Si deve a lui l’introduzione nei monasteri cistercensi, poi ripresa anche da altri ordini religiosi, di chiudere la giornata con il canto alla Madonna. Dopo una vita tutta di santità, morì a 63 anni il 20 agosto 1153 a Clairvaux in Francia. La dolcissima visione del piccolo Bernardo Il suo biografo, Guglielmo di Sant-Thierry, racconta di una visione che Bernardo ebbe a Natale, quand’era fanciullo, e la cui dolcezza doveva lasciare in lui una traccia incancellabile per tutta la vita. Era la vigilia di Natale, e in casa di Bernardo tutti si preparavano per andare alla messa di mezzanotte. Ma il suono dell’inizio della celebrazione liturgica natalizia si fece aspettare: nell’attesa Bernardo, stanco, si addormentò. Scrive il suo biografo: “In quello stesso istante la santa Natività di Cristo si rende presente a Bernardo: si rivela a lui, sopperisce alla sua fede delicata nuove strade e inaugura in lui i misteri della divina contemplazione: Gesù apparve a Bernardo come il bambino nato dalla Vergine sua Madre, il più bello fra tutti gli uomini, termine di tutto l’amore più forte e più grande in un piccolo ragazzo”. Bernardo parlerà più tardi frequentemente di questa sua visione da fanciullo dicendo la sua convinzione della coincidenza di quel momento benedetto con l’ora stessa in cui era nato Gesù. San Bernardo riteneva che quanto Dio gli aveva mostrato in quella circostanza non era che un se66


Bernardo di Chiaravalle

gno e un inizio di tutti i misteri profondi che gli sarebbero stati rivelati, in seguito, sulla Natività di Gesù. Nella grazia di quella lontana notte di Natale erano contenuti, come in germe, la sua devozione all’umanità di Gesù, la sua tenerezza verso il Bambino, l’amore per la Vergine Madre nel mistero della Natività. Bernardo scriverà pagine deliziose sull’infanzia di Cristo. Nei suoi sermoni sulla Natività scriverà a riguardo: “è risuonata una voce di letizia sulla nostra terra, un grido di gioia e di salvezza nelle tende dei peccatori. Si è sentita una parola buona, una parola di conforto, una espressione piena di soavità, degna di ogni attenzione… Ammira e innalza lodi, o universo: ma principalmente tu, o uomo. Gesù Cristo, il Figlio di Dio, nasce in Betlemme di Giuda. Chi è così duro di cuore, la cui anima non si sciolga a questa parola? Che cosa si può annunciare di più dolce? Che cosa dire di più dilettevole? Che cosa si udì mai di uguale a questo, o che cosa di simile accolse mai il mondo? Gesù Cristo il figlio di Dio, nasce in Betlemme di Giuda. Un parto senza dolore da un seno verginale O parola breve del verbo incarnato, e tuttavia piena di celeste soavità! L’amore si affanna cercando di esprimere con più parole l’abbondanza di questa dolcezza soavissima, e non la trova. La grazia di questa espressione è così grande, che avrebbe minor bellezza se vi si dovesse cambiare anche una sola lettera: Gesù Cristo, il figlio di Dio, nasce in Betlemme di Giuda. O nascita illibata per la sua santità; degna del rispetto del mondo, e dell’amore degli uomini per la grandezza del beneficio che comunica; impenetrabile agli Angeli, per il mistero che racchiude; ammirevole in tutto per la singolare eccellenza della novità. Perché non 67


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c’è stata una nascita simile prima di essa, e non ce ne sarà un’altra dopo. O parto, il solo senza dolore, il solo senza corruzione, parto che non ha violato, ma che ha consacrato il tempio del seno verginale. La natura e la grazia concorrono a edificare lo spirito del Natale O nascita sopra la natura, ma per aiutare la natura: sopra la natura per l’eccellenza del miracolo, ma in favore di essa per la grazia del mistero. O fratelli, chi potrà raccontare questa generazione? Un angelo lo annunzia, la potenza dell’altissimo l’adombra, lo Spirito Santo sopravviene. La vergine crede, la vergine concepisce con la fede, la Vergine dà alla luce il suo figlio. Chi non si meraviglia? Nasce il Figlio dell’Altissimo, Dio da Dio, generato prima dei secoli. Il Verbo nasce bambino. Chi non ammira? (In vigilia Nativitatis Domini, Sermo I, 1). San Bernardo non si stanca poi di enumerare i doni che il Divino Bambino porta con sé. “Anche se è venuto a noi da Bambino, non ha portato poco, e non ci ha donato poco. Se domandi: cosa ha portato, ti rispondo: prima di tutto ha portato la misericordia con la quale, secondo la testimonianza dell’Apostolo, ci ha salvati. E non ha giovato soltanto a coloro che allora vivevano; ma è una fonte che non si può esaurire. Cristo Signore è per noi la fonte: fonte di misericordia…, fonte di grazia e di devozione, fonte di vita” (In Nativitate Domini, Sermo I, 5). Il Divino Bambino, come tutti i bambini, non si esprime a parole. È infante e san Bernardo osserva: “È infante, ma il Verbo, la cui infanzia non può tacere. L’Emmanuele, cioè il Dio con noi ci dice: consolatevi, consolatevi! Questo ci è ripetuto dalla stalla; lo grida il presepe, lo 68


Bernardo di Chiaravalle

mormorano le lacrime, lo insinuano le fasce, in cui è stato avvolto…” (In Nativitate Domini, Sermo V, 1). Ma ciò che del Natale più commuove e sconvolge il santo è l’abbassamento del Verbo fatto carne e la sua umiltà e pertanto Bernardo esorta a tale virtù: “Amate l’umiltà, che è il fondamento e la salvaguardia di tutte le virtù: seguitela perché essa sola può salvare le anime. Nulla di più indegno e detestabile e meritevole di maggior castigo che, vedendo Dio fatto Bambino, l’uomo continui a esaltarsi sopra la terra! Che un piccolo verme si gonfi e si glorifichi, per scalzare la maestà di Dio, è insolenza insopportabile” (In Nativitate Domini, Sermo I, 1).

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Domenico Veneziano Adorazione dei Magi (1439–1441). Berlino, Gemäldegalerie.

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Anna Katharina Emmerick 1774–1824

Sul lato settentrionale della grotta Giuseppe aveva ricavato all’interno della rupe un locale e lo aveva adibito a stalla, larga abbastanza per l’asino, poi l’aveva riempito di avena e di fieno.

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er molti cattolici, la figura di Anna Emmerick beatificata da papa Giovanni Paolo II nel 2004, è essenzialmente legata al famosissimo film dell’attore regista australiano Mel Gibson “La Passione di Cristo”, la cui sceneggiatura è in buona parte, per gli aspetti non tratti ovviamente dai vangeli canonici, basata sulle visioni attribuite alla monaca agostiniana tedesca. La beata nacque l’8 settembre 1774 da una famiglia di contadini e non poté frequentare regolarmente la scuola, dovendo lavorare nei campi e aiutare in casa. Sin dalla più tenera età ebbe un profondo desiderio di consacrarsi a Dio nella vita religiosa. Come accadeva a quell’epoca, diverse congregazioni di suore la rifiutarono perché non aveva a disposizione la necessaria dote economica per entrare in monastero. Solo nel 1802 venne finalmente accolta nel monastero delle Agostiniane di Agnetenberg presso Dulmen e l’anno seguente prese i voti religiosi. Quando nel 1811 il monastero venne soppresso, la Emmerick fu accolta a Dolmen come dome149


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stica del sacerdote Lambert che era fuggito dai terrori della Francia rivoluzionaria. Dopo poco tempo, ella cominciò a sperimentare i dolori della Passione di Cristo e ricevette le stimmate. Presto si diffuse la voce dei suoi doni soprannaturali: assenza di alimentazione, conoscenza dei cuori umani, riconoscimento delle reliquie dei santi, conoscenza delle erbe medicinali, dei misteri biblici della fede, partecipazione con lo spirito nell’aldilà, comunione con le povere anime del purgatorio, e molte persone cominciarono a farle visita, ricevendone insegnamenti e gesti di benevolenza. Dal 1819 fino al giorno del suo trapasso, nel 1824, le visioni della Emmerick furono dettate da lei stessa al poeta romantico Clemens Brentano, che poi si convertì al cattolicesimo, il quale sedette quasi ininterrottamente al capezzale dell’estatica e annotò attentamente in sedicimila grandi fogli i suoi racconti biblici e le contemplazioni mistiche, paragonabili in qualche modo a quelle di Maria De Agreda (1602–1665) o della più recente Teresa Neumann (1898– 1962). L’enorme materiale raccolto e poi ordinato dal poeta, fu pubblicato, in parte postumo, tra il 1858 e 1860, in tre opere principali. Complessivamente l’opera completa curata dal poeta, consta di sei volumi, di cui quattro sulla vita e la passione di Cristo, uno sulla vita della Madonna e uno sull’Antico Testamento. Giuseppe e i pastori “muratori” nella grotta di Betlemme La monaca agostiniana, nelle sue visioni, così descrive la grotta del Presepe: “La grotta era scavata nella parete rocciosa delle colline ed era alquanto profonda; era rimasta naturale e grezza, ad eccezione della parte meridionale dove alcune parti delle pareti erano state rafforzate da un muro rudimentale. Sempre da questo lato vi era un’altra entrata ostruita dai massi; Giuseppe la 150


Anna Katharina Emmerick

liberò e la restituì all’antica funzione; vicino a questo ingresso il pio uomo costruì una piccola stanza, adoperando delle tavole di vimini. Sul lato settentrionale della grotta Giuseppe aveva ricavato all’interno della rupe un locale e lo aveva adibito a stalla, larga abbastanza per l’asino, poi l’aveva riempito di avena e di fieno. Dopo la nascita di Gesù e l’arrivo dei re Magi, i pastori trasformarono la grotta del presepe in luogo di preghiera. Vidi Gesù che, subito dopo il suo battesimo nel Giordano, visitò il santo luogo della sua nascita. Era un sabato e il Signore ne celebrava il ricordo. Disse ai pastori che quel luogo era stato predestinato dal Padre Celeste fin dal tempo della nascita della santissima Vergine. Maria rifiuta l’aiuto delle donne e confida nella preghiera Vidi Maria nella caverna, assorta in uno stato di preghiera contemplativa. Giuseppe, invece, uscì alcune volte, probabilmente per recarsi alla sinagoga di Betlemme. Era di sabato e li vidi assorti in preghiera. Al ritorno da una breve passeggiata, la santa Vergine disse al suo sposo che a mezzanotte si sarebbero compiuti i nove mesi dal momento in cui l’angelo l’aveva visitata. Allora Maria esortò Giuseppe a fare da parte sua tutto quanto fosse possibile affinché il santo Fanciullo, promesso da Dio e concepito in modo soprannaturale, venisse accolto sulla terra con tutto l’onore possibile. Gli chiese di pregare con lei per intercedere la misericordia di Dio verso i duri di cuore che le avevano negato l’ospitalità. La santa Vergine respinse la proposta di Giuseppe di chiedere aiuto alle pie donne di Betlemme. Rifiutò dicendo che non aveva bisogno di aiuto umano per il 151


Il Natale nella vita e negli scritti di mistici e santi

parto, ma solo di quello divino. Giuseppe cucinò, mangiarono e poi pregarono. Infine il sant’uomo separò rudimentalmente la propria cella dal resto della grotta con alcuni pali ai quali appese delle stuoie. Maria lo avvertì che il sacro evento era ormai imminente e gli chiese di rinchiudersi nella propria cella perché avrebbe voluto partorire da sola. Allora Giuseppe, prima di ritirarsi, accese altre lanterne per tenere illuminato l’ambiente. Il santo uomo vide la Madre di Dio aureolata di raggi luminosi. Adesso la caverna era immersa nella luce intensa. Giuseppe contemplò la scena come aveva fatto Mosè con il roveto ardente; infine entrò nella sua cella, si genuflesse e iniziò a pregare”. L’estasi luminosa del parto verginale Riguardo poi specificamente alla nascita di Cristo, la Emmerick afferma: “Vidi la santa Vergine inginocchiata sulla sua stuoia, pregava e aveva rivolto il viso a oriente. Un’ampia tunica celeste priva di ogni legame le cadeva in larghe pieghe sul corpo. Maria santissima era irradiata da fulgido splendore e teneva le mani incrociate sul petto. A mezzanotte fu rapita in estasi e il suo corpo si elevò dal suolo. La grotta era piena di luce, anche il corpo della Vergine fu invaso da uno splendore di infinita magnificenza. Non sono in grado di descrivere ulteriormente questa sublime visione che mostrava tanta grazia divina. Vidi Maria santissima divenire sempre più estatica, finché ritornò in sé e si abbassò per coprire con un panno una piccola figura splendente di luce come un sole; fece questo con estrema accuratezza, senza toccarla né sollevarla. Udii il santo neonato piangere. Mi sembrò che Maria santissima sollevasse il Bambinello e lo avvolgesse nel panno con cui lo aveva ricoperto. Poi lo alzò dal152


Anna Katharina Emmerick

la stuoia e se lo strinse felice al petto. Allora la Vergine Maria si avvolse nel velo assieme al neonato e iniziò a nutrirlo con il suo santo latte. Vidi poi una folla di angeli adoranti affollarsi attorno alla santa Madre e al divino fanciullo. Più tardi Maria chiamò Giuseppe e lo invitò a stringere al cuore il dono dell’Altissimo; egli s’inginocchiò vicino al bambino con somma devozione, lo prese tra le braccia e lodò devotamente il signore con lacrime di gioia. Dopo aver fasciato il neonato con bende bianche e rosse, Maria e Giuseppe, seduti al suolo, rimasero assorti per lungo tempo nella meditazione. Poi posero il divino neonato nella mangiatoia, che era stata riempita di erba e ramoscelli, quindi gli adagiarono una grezza coperta sul corpicino. Giuseppe dispose il giaciglio e la sedia della santa Vergine vicino alla culla del neonato. Vidi piangere dalla gioia la santa coppia vicino al presepe. Sia prima che dopo il parto, avevo visto Maria santissima sempre vestita di bianco con il capo velato e non la vidi mai affaticata”.

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Antonio Allegri detto il Correggio Adorazione dei pastori (1529–1530), Dresda, Gemäldegalerie.

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Maria Valtorta 1897–1961

La luce si sprigiona sempre più dal corpo di Maria, assorbe quella della luna, pare che Ella attiri in sé quella che le può venire dal Cielo.

M

aria Valtorta nacque da genitori lombardi il 14 marzo 1897. Il padre era ufficiale di cavalleria e la famiglia Valtorta traslocò diverse volte, prima di stabilirsi definitivamente a Viareggio. La condizione familiare piuttosto agiata permise alla giovane Maria di frequentare il prestigioso collegio “Bianconi” di Monza, dove ricevette un’educazione classica, segnalandosi soprattutto per l’eccellente padronanza della lingua italiana. Ma, prima ancora della conclusione degli studi, la sua vita fu segnata dai primi scontri con la madre, la quale infranse il suo sogno di sposarsi. Inoltre, nel 1920, subì una aggressione da parte di un giovane deviato il quale, sferrando un forte colpo sul fianco con una spranga di ferro, le lesionò la spina dorsale: questo fu l’inizio di un interminabile calvario medico che, nel 1934, la vide infine costretta a letto, semiparalizzata dalla vita in giù. Nonostante le crescenti difficoltà, Maria Valtorta si dedicò interamente all’approfondimento della fede cattolica, anche come delegata dell’Azione Cattolica, finché glielo permisero le sue forze. La lettura dell’autobiografia di Te223


Il Natale nella vita e negli scritti di mistici e santi

resa di Lisieux, Storia di un’anima, fece maturare in lei la decisione di offrirsi come vittima: “vittima d’Amore, per consolare l’Amore divino che non è riamato, e poi anche di Giustizia, per la salvezza delle anime e del mondo”. Sopraggiunta la paralisi, pensò di dedicarsi alla scrittura e abbozzò un romanzo a sfondo autobiografico, Il cuore di una donna, che, tuttavia, non condusse mai a termine, in parte per ragioni di obbiettiva difficoltà, ma soprattutto perché, nel corso del 1943, la sua vita, che ella credeva ormai prossima alla conclusione, conobbe una svolta radicale. In quell’anno, ella incontrò un sacerdote servita, padre Romualdo Maria Migliorini, ex missionario destinato al convento di Viareggio; questi divenne il suo direttore spirituale e le chiese di scrivere la propria autobiografia. Ella, superata l’iniziale riluttanza a rivangare un passato ancora doloroso, obbedì e, nell’arco di pochi mesi, riempì sette quaderni autobiografici. Le viene “dettata” dall’alto la vita di Gesù e di Maria Il secondo e cruciale evento dell’anno si verificò il Venerdì Santo: Maria udì una “voce” – che pensò essere la voce di Gesù – la quale la induceva a scrivere, come sotto dettatura. Quel primo “dettato” segnò l’inizio di un’opera monumentale: tra il 1943 e il 1947, con “punte” fino al 1951, Maria vergò di getto, senza rileggere, centoventidue quaderni autografi, che contengono tutte le opere diverse dall’Autobiografia, scritte a episodi, di getto e in contemporanea. Eppure, da quelle condizioni di salute e di lavoro – per di più aggravate dagli eventi bellici, che la videro anche sfollata – nacquero testi corposi e organici. Ben presto, alla presunta “voce” di Gesù – cui, nei “dettati”, si aggiunsero via via anche l’Eterno Padre, lo Spirito Santo, Maria Santissima e l’Angelo custode della scrittrice 224


Maria Valtorta

– indicò come principale la grande opera sul Vangelo, che, una volta completata, avrebbe visto descritta (in una serie di “visioni”) e commentata (nei “dettati” che accompagnano i singoli episodi) la vita di Gesù e Maria, dall’Immacolata Concezione fino all’Assunzione. Padre Migliorini cominciò ben presto a formare copie dattilografe di quanto Maria andava scrivendo e anche a farle circolare, sebbene ella e anche la sua “voce” interiore fossero contrarie a qualsiasi divulgazione degli scritti prima della morte di Maria stessa. Tale divulgazione, tuttavia – necessariamente frammentaria – attirò l’attenzione del Sant’Uffizio, che ordinò il ritiro di tutti i dattiloscritti in circolazione. I suoi scritti sottoposti alla lettura di Pio XII L’intera opera fu comunque sottoposta, per una sua valutazione e giudizio, all’allora pontefice Pio XII, il quale dopo averla attentamente consultata diede disposizione di pubblicarla e di leggerla “così come è stata scritta”. Questo per evitare che alcuni zelanti chierici potessero in qualche modo censurare alcuni passaggi e capitoli che a loro dire risultavano essere poco edificanti. Maria Valtorta inoltre mentre era impegnata nella stesura del suo Evangelo riuscì a riempire una grande quantità di quaderni tanto da poter formare in seguito ben 3 volumi di oltre 400 pagine l’uno il cui contenuto risultava integrativo dell’opera principale. Questi volumi sono titolati rispettivamente: Quaderni 1943/1944/1945.50. Si pensò allora ad un’edizione di tutta l’Opera principale, ma svariate difficoltà si frapposero alla realizzazione del progetto: soltanto nel 1956 vide la luce il primo di quattro volumi, intitolato Il Poema di Gesù, per i tipi delle Edizioni Pisani. Peraltro, nei volumi successivi, che furono pubblicati con cadenza annuale fino al 1959, il titolo – suggerito dal noto clinico Nicola Pende, un estimatore dell’Opera – fu modificato in Il Poema dell’Uomo-Dio, 225


Il Natale nella vita e negli scritti di mistici e santi

poiché la versione originaria era già stata usata da un’altra casa editrice. All’indomani della pubblicazione del quarto volume, il 16 dicembre 1959, il Sant’Uffizio condannò l’opera e la iscrisse nell’Indice dei libri proibiti. Il decreto della “Suprema”, come di consueto in simili casi, non era motivato; su L’Osservatore Romano del 6 gennaio 1960, esso fu riportato insieme con un articolo di commento, intitolato “Una vita di Gesù malamente romanzata”. Maria Valtorta, a quanto si dice, reagì quasi con indifferenza alla notizia della condanna; forse era iniziato quel misterioso processo che la portò, nei suoi ultimi anni, ad estraniarsi dal mondo in misura sempre maggiore. Morì nella propria casa di Viareggio, il 12 ottobre 1961. Da “il Poema dell’Uomo-Dio” all’“Evangelo come mi è stato rivelato” Riguardo alla nascita del Redentore Maria Valtorta nel Poema dell’Uomo-Dio oggi con il nuovo titolo Evangelo come mi è stato rivelato così scrive: “La luce si sprigiona sempre più dal corpo di Maria, assorbe quella della luna, pare che Ella attiri in sé quella che le può venire dal Cielo. Ormai è Lei la Depositaria della Luce. Quella che deve dare questa Luce al mondo. E questa beatifica, incontentabile, immisurabile, eterna, divina Luce che sta per esser data, si annuncia con un’alba, una diana, un coro di atomi di luce che crescono, crescono come una marea, che salgono, salgono come un incenso, che scendono come una fiumana, che si estendono come un velo… La volta, piena di crepe, di ragnatelli, di macerie sporgenti che stanno in bilico per un miracolo di statica, nera, fumosa, repellente, apre la volta di una sala regale. Ogni pietrone è un blocco di argento, ogni crepa un guizzo di opale, ogni ragnatela un pre226


Maria Valtorta

ziosissimo baldacchino contesto di argento e diamanti. Un grosso ramarro, in letargo fra due macigni, pare un monile di smeraldo dimenticato là da una regina; e un grappolo di pipistrelli in letargo, una preziosa lumiera d’onice. Il fieno che pende dalla più alta mangiatoia non è più erba, sono fili e fili d’argento puro che tremolano nell’aria con la grazia di una chioma disciolta. La sottoposta mangiatoia è, nel suo legno scuro, un blocco d’argento brunito. Le pareti sono coperte di un broccato in cui il candore della seta scompare sotto il ricamo perlaceo del rilievo, e il suolo… che è ora il suolo? È un cristallo acceso da una luce bianca. Le sporgenze paiono rose di luce gettate per omaggio al suolo; e le buche, coppe preziose da cui debbano salire aromi e profumi. E la luce cresce sempre più. È insostenibile all’occhio. In essa scompare, come assorbita da un velano d’incandescenza, la Vergine… e ne emerge la Madre. Sì. Quando la luce torna ad essere sostenibile al mio vedere, io vedo Maria col Figlio neonato sulle braccia. Un piccolo Bambino, roseo e grassottello, che annaspa e zampetta con le manine grosse quanto un boccio di rosa e coi piedini che starebbero nell’incavo di un cuore di rose; che vagisce con una vocina tremula, proprio di agnellino appena nato, aprendo la boccuccia che sembra una fragolina di bosco e mostrando la linguetta tremolante contro il roseo palato; che muove la testolina tanto bionda da parere quasi nuda di capelli, una tonda testolina che la Mamma sostiene nella curva di una sua mano, mentre guarda il suo insieme e si curva a baciarlo, non sulla testa innocente, ma sul centro del petto, là dove sotto è il cuoricino che batte, batte per noi… là dove un giorno sarà la Ferita”.

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Dante Gabriel Rossetti Annunciazione (1849–1850), Londra, Tate Gallery.

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Indice generale Introduzione di Alfredo Tradigo Mistici e Natale. Breve storia del Natale Cristo è il nostro nuovo Sole! Efrem il Siro Agostino D’Ippona Massimo di Torino Ambrogio da Milano Giovanni Crisostomo Leone Magno Bonifacio Bernardo di Chiaravalle Francesco d’Assisi Antonio di Padova Angela da Foligno Gertrude di Helfta Ludolfo il Certosino Giovanni Taulero Brigida di Svezia Gaetano da Thiene Ignazio di Loyola Pietro Favre Francesco di Sales Jean-Joseph Surin Giovanni Battista de la Salle Luigi Maria Grignion de Montfort Alfonso Maria de’ Liguori Anna Katharina Emmerick Filarete di Mosca 319

4 6 11 17 21 31 37 43 55 59 65 71 75 79 83 87 93 101 107 115 119 123 131 135 141 145 149 155


Il Natale nella vita e negli scritti di mistici e santi

John Henry Newman Serafina Micheli Luisa Piccarreta Guido Maria Conforti Giuseppe Moscati Giovanni Minozzi Clemente Rebora Maria Costanza Zauli Pio da Pietrelcina Teresa Benedetta della Croce Madre Speranza Gabriele Bitterlich Maria Valtorta Teresa Neumann Maria Maddalena del SS. Crocifisso Faustina Kowalska Liliana del Paradiso José Maria Escrivà de Balaguer Carlo Maria Martini Tonino Bello Teresa Musco

159 163 167 173 181 185 189 195 201 207 213 219 223 229 237 243 247 253 257 263 269

Appendice 1 Le più belle preghiere a Gesù Bambino

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Appendice 2 I più bei canti della tradizione natalizia

297

Bibliografia

307

Indice degli autori e delle opere

313



Benedetto il giorno che ci ha ridato il Sole a noi erranti della notte oscura. Efrem il Siro (306-373)

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