I protagonisti del NT sono Gesù e sua Madre Maria, autori della salvezza, ma anche gli apostoli in particolare e tutti i discepoli in generale. Essi sono circondati da una massa enorme di persone, che mutano di volta in volta secondo i luoghi, i tempi e le circostanze, e da una folla di lebbrosi, ciechi, sordomuti, storpi. Le parole che esprimono questi sentimenti sono di origine per lo più indoeuropea, e in particolare latina e greca, ma nel tempo le parole possono subire un’evoluzione semantica, per cui lo stesso termine con lo stesso etimo può assumere oggi un significato differente da quello antico. Antonio Caiazza, nato a Sarno (SA) l’8 giugno 1940. Laureato in lettere classiche presso l’Università degli studi di Napoli. Insegna greco e latino presso lo Studio Francescano di Liveri (NA) e di Baronissi (SA). Studioso dai molteplici interessi interdisciplinari, ha pubblicato libri di storia, ha curato la traduzione di opere latine di Giordano Bruno, l’edizione critica di tre volumi di Plutarco e si è occupato del pensiero politico e morale di Plutarco, del mito di Medea e di Prometeo.
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Antonio Caiazza
Tra gli altri sentimenti che sembrano attraversare un po’ tutti gli scritti, dai Vangeli all’Apocalisse, ci sono quelli della paura, dello spavento, dello sbigottimento, dello stupore, dell’estasi e del timore di Dio.
PAURA E STUPORE ESTASI E TIMORE NEL NUOVO TESTAMENTO
Negli scritti del Nuovo Testamento sono rappresentate le azioni che compiono e i sentimenti che provano non solo tutti gli uomini, ma anche Gesù, in quanto uomo, autentico uomo, e Figlio di Dio.
ANTONIO CAIAZZA
PAURA E STUPORE ESTASI E TIMORE NEL NUOVO TESTAMENTO
In copertina: Š AdobeStock
Š Mimep-Docete, 2019
ISBN 978-88-8424-483-3
Impaginazione, montaggio, stampa e legatoria: Casa Editrice Mimep-Docete via Papa Giovanni XXIII, 2 20060 Pessano con Bornago (MI) tel. 02-95741935; 02-95744647 www.mimep.it; www.mimepjunior.it info@mimep.it
Antonio Caiazza
PAURA E STUPORE ESTASI E TIMORE NEL NUOVO TESTAMENTO
Il timore di Dio è una scuola di sapienza, prima della gloria c'è l'umiltà. (Pr 15, 33)
INTRODUZIONE Il Signore si compiace di quelli che lo temono, quanti sperano nel suo amore (Sal 147, 11)
N
egli scritti dell’Antico Testamento sono rappresentate le azioni che compiono e i sentimenti che provano non solo tutti gli uomini, ma anche Gesù, in quanto uomo, autentico uomo, e Figlio di Dio. Tra gli altri sentimenti che sembrano attraversare un po’ tutti gli scritti, dai Vangeli all’Apocalisse, ci sono quelli della paura, dello spavento, dello sbigottimento, dello stupore, dell’estasi, del timore e del timore di Dio. I protagonisti del NT sono Gesù e sua Madre Maria, gli autori della salvezza, ma anche gli apostoli in particolare e tutti i discepoli in generale. E questi poi sono circondati da una massa enorme di persone, che mutano di volta in volta secondo i luoghi, i tempi e le circostanze, da una folla di lebbrosi, ciechi, sordomuti, storpi, invalidi, poveri, perseguitati, che chiedono di essere sanati, guariti, salvati da Gesù; folle che sono affascinate dalle sue parole ristoratrici; genitori o familiari che chiedono la salvezza dei loro cari, i quali sono ammalati, indemoniati, moribondi o persino morti. E poi c’è la schiera dei farisei, dei dottori della Legge, dei sacerdoti, degli scribi, dei sadducei e dei malevoli che sono schierati nel campo opposto, che non sono propensi a riconoscere in Gesù il Figlio di Dio, il Messia annunziato dalle sacre Scritture dell’Antico Testamento. Lo ritengono un impostore, un falso profeta, un bestemmiatore, perché si dichiara Figlio di Dio e perché – cosa inconcepibile per loro – dice di rimettere i peccati degli uomini.
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paura e stupore estasi e timore nel nuovo testamento
Ma ci sono anche i ricchi, che osteggiano Gesù o che lo accolgono in casa per metterlo in difficoltà e coglierlo in fallo, perché non osserva le norme della Torah; ci sono anche i ricchi che si convertono e lo seguono; ci sono adultere e prostitute che si affidano a quel giovane fascinoso. Ci sono anche i Romani, dal pretore Ponzio Pilato ai centurioni e ai soldati, che si comportano in modo diverso nei confronti di Gesù. Ponzio Pilato ha una simpatia per il Cristo, lo ritiene sostanzialmente innocente e preferirebbe condannare Barabba, il ladrone, ma non osa opporsi ai sacerdoti del sinedrio e alla massa popolare infuriata. E infine c’è Erode, che teme di perdere il suo potere e lo perseguita biecamente. Ma ci sono i Magi e i pastori, che vengono ad adorare Gesù bambino, e c’è anche Giuseppe, il padre putativo, che si cura di lui bambino; inoltre all’inizio e alla fine della vita di Gesù appaiono gli angeli, che spesso suscitano prima paura e poi sicurezza. D’altra parte Gesù nasce in un mondo e in un periodo di grande fermento politico, civile, religioso, e non a caso. I Giudei già prima, come allora e anche dopo, sono sempre pronti a ribellarsi ai Romani, perché aspirano a una piena libertà cacciando gli invasori stranieri; spesso sorgono gruppi, bande, piccoli eserciti di Ebrei che tramano rivolte contro la presenza di Romani nella loro patria. In effetti Barabba, l’altro sottoposto con Gesù a giudizio del popolo per la condanna a morte, non era un brigante, ma un capopopolo che stava organizzando una rivolta contro le truppe straniere tanto odiate. E continueranno a ribellarsi fino al tempo degli imperatori Vespasiano e Tito (sotto il quale si verificò la distruzione del tempio), e poi fino ad Adriano, che nel 135 d.C. espulse definitivamente i Giudei dalla Palestina (che allora per la prima volta assunse questa denominazione).
PREMESSA
I
ncominciamo a considerare il lessico che riguarda la psicologia dei sentimenti che vogliamo prendere come oggetto della nostra indagine. Dobbiamo considerare che, se è vero che le parole sono di origine per lo più indoeuropea, e in particolare latina e greca, esse possono subire un’evoluzione semantica, per cui lo stesso termine con lo stesso etimo può assumere oggi un significato differente da quello antico. Prendiamo ad esempio la parola paura. Essa nella moderna psicologia indica una “emozione primaria di difesa, provocata da una situazione di pericolo che può essere reale, anticipata dalla previsione, evocata dal ricordo o prodotta dalla fantasia”.1 La paura è spesso accompagnata da una reazione organica, di cui è responsabile il sistema nervoso autonomo, che prepara l’organismo alla situazione di emergenza disponendolo, anche se in modo non specifico, all’apprestamento delle difese, che si traducono solitamente in atteggiamenti di lotta o fuga. Quando invece è prolungata e relativa a oggetti, animali o situazioni che non possono essere considerati paurosi, assume i tratti patologici della fobia, che la psicoanalisi interpreta come una difesa dell’angoscia. La fobia è “il timore irrazionale e invincibile per oggetti o specifiche situazioni (claustrofobia, agorafobia…) e non scompare di fronte a una verifica della realtà”. Questo tipo
Le definizioni dei termini come paura, fobia, angoscia, spavento, timore sono state attinte ed elaborate dal testo di Psicologia¸ curato da Umberto Galimberti, Garzanti Libri s.p.a. Milano 2006 (cf. le varie voci: fobia, a cura di Gilla Cauli, ecc.). 1
10 paura e stupore estasi e timore nel nuovo testamento di situazione patologica non corrisponde all’etimo greco φοβ- di φοβέομαι, “temere, avere rispetto, paura, stupore, spavento” o φόβος, “timore, timore di Dio, paura, spavento”, che indicano situazioni psichiche naturali. Sempre in ambito psicoanalitico Freud distingue la paura “che richiede un determinato oggetto di cui si ha timore”, dall’angoscia, che “indica una certa situazione che può essere definita di attesa del pericolo e di preparazione ad esso, che può essere anche sconosciuto” e dallo spavento, che “designa invece lo stato di chi si trova di fronte a un pericolo senza essere preparato e sottolinea l’elemento della sorpresa”. Il timore infine è un termine che deriva dal contesto religioso, dove indica il sentimento che pervade l’uomo, che avverte la presenza di un essere che lo trascende e che manifesta la sua potenza senza rivelare la sua natura nascosta: nell’antica lingua greca si indica con φόβος, “timore, timore di Dio” o φοβέομαι, “temere, avere timore di Dio”, termini che però indicano anche altri sentimenti come “paura, spavento”, che esulano dal mondo religioso. Distinto dalla paura, che sempre riguarda qualcosa di determinato, di cui si conosce la pericolosità, il timore, quando è interiorizzato, concorre alla formazione della coscienza morale, che argina le spinte trasgressive. L’aspetto del tremendum (in greco δεινόν, che è usato solo due volte come avverbio, δεινῶς, “terribilmente” in Mc e Lc), che è latino, è un tratto che sempre accompagna la percezione del divino e del sacro. In greco è sostituito da φοβερός, “terribile, spaventoso, tremendo, orribile”. Ora, se prendiamo in esame i vari libri del NT, restiamo noi tutti sorpresi dall’abbondanza e dalla varietà lessicologica della lingua greca, in cui fu esposta la narrazione degli eventi che vanno dall’annunzio dell’Incarnazione
premessa
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del Figlio di Dio all’Apocalisse. In verità c’è anche una difficoltà oggettiva nel tradurre in italiano – o in un’altra lingua contemporanea a noi – le parole esatte per indicare il termine greco in cui è scritto il testo neotestamentario, per la valenza polisemica di ogni parola della lingua antica. Occorre considerare che lo stesso sentimento di paura o inquietudine, di stupore o altro può essere espresso con vari termini, che si distinguono per lievi sfumature di senso, ricordando tra l’altro che gli autori del NT rendevano in greco dall’aramaico, la lingua originale parlata dagli Ebrei ai tempi di Gesù.
I. PAURA, SPAVENTO E TURBAMENTO
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ello stesso ambito semantico della viltà, paura, scoraggiamento rientrano il verbo δειλιάω, “essere vile, scoraggiato, pauroso”, δειλία, “paura, viltà” e δειλός, “vile, pauroso, codardo”. Dopo che Gesù ha rassicurato i suoi discepoli: “Vi lascio la Pace, vi do la mia Pace”, li esorta dicendo: “Μὴ ταρασσέσθω ὑμῶν ἡ καρδία μηδὲ δειλιάτω, “Non si turbi il vostro cuore e non si scoraggi!” (Gv 14, 27). Qui ricorre insieme al verbo ταράσσομαι, “sono turbato, sconvolto”. La stessa coppia di verbi si può riscontrare in Isaia 13, 7–8.2. Altrove δειλία, “paura, viltà” è contrapposta a δύναμις, “forza, potenza” (2Tm 1, 7), dove Paolo dice: “Οὐ γὰρ ἔδοκεν ἡμῖν ὁ θεὸς πνεῦμα δειλίας ἀλλὰ δυνάμεως”, “Infatti Dio non ci ha dato uno spirito di viltà, ma di potenza”, di amore e di saggezza. Infine δειλός, “vile, pauroso, codardo” si incontra in tre luoghi del NT (Mc 4, 40; Mt 8, 26 e Ap 21, 8). Quando in mezzo al lago sulla barca infuriava la tempesta e Gesù dormiva, i discepoli lo svegliarono perché li salvasse. Gesù, dopo aver fatto cessare il vento e placato la tempesta, chiese loro rimproverandoli: “Τὶ δειλοί ἐστε οὕτως; πῶς οὐκ ἔχετε πίστιν;”, “Perché siete così paurosi? Come mai non avete fede?” (Mc 4, 40). In conseguenza di questo miracolo di Gesù, l’evangelista Marco ci racconta che Ἐφοβήθησαν 2 Nell’oracolo contro Babilonia Isaia profetizza: “Perché tutte le mani saranno fiacche e ogni cuore di uomo δειλιάσει, avrà paura?”. Anche i vecchi saranno turbati… ταραχθήσονται (Is 13, 7–8).
14 paura e stupore estasi e timore nel nuovo testamento φόβον μέγαν …, “Furono presi da grande timore”, 3 chiedendosi chi fosse veramente Gesù, che dominava il vento e il mare. Subentra il timore, in quanto essi si convincono che Gesù è il Cristo, il Messia. La paura quindi denota mancanza di fede, mentre il timore è segno di apertura alla fede. Secondo il Vangelo di Matteo (8, 26), nella stessa circostanza i discepoli supplicano Gesù (che dorme) di salvarli, e il Signore, prima di avere sedato la tempesta, li apostrofa: “Τὶ δειλοί ἐστε, ὀλιγόπιστοι;”4 , “Perché avete paura, uomini di poca fede?”. Matteo evidenzia lo stupore dei presenti più che il timore, ἐθαύμασαν, “furono presi da stupore, si meravigliarono”. Nell’Apocalisse (21, 8) Giovanni ci dice che “Tοῖς δὲ δειλοῖς καὶ ἀπίστοις”, “Ai vili e agli uomini senza fede toccherà lo stagno ardente di fuoco e di zolfo, che è la seconda morte”. Anche qui la viltà o paura corrisponde alla mancanza di fede. Un altro verbo che afferisce al senso della paura e dello sgomento è πτοέομαι, “impaurirsi, spaventarsi”. È un verbo di senso forte ed è usato al medio-passivo e ricorre solo due volte nel NT e precisamente nel Vangelo di Luca. Nel primo passo di Luca (21, 9) Gesù invita i suoi discepoli a non spaventarsi, Mὴ πτοηθῆτε, “Non vi terrorizzate”, quando sentiranno parlare di guerre e rivoluzioni, perché in fine con la perseveranza salveranno le loro anime (21, 19). Nel secondo passo (Lc 24, 37) il verbo ricorre quando Gesù appare agli apostoli a Gerusalemme nel cenacolo dopo la risurrezione, dicendo: “Pace a voi!”. Ma essi πτοηθέντες δὲ καὶ ἔμφοβοι γενόμενοι, “essendosi spaventati e divenuti pieni di paura”, credevano di vedere un fantasma. Perciò si tratta di spavento e paura che consegue a un evenL’espressione è accentuata, oltre che da μέγαν, grande, dalla figura etimologica dell’oggetto interno. 4 Si noti che ὀλιγόπιστοι corrisponde come significato ad ἄπιστοι, “privi di fede”. 3
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to improvviso, al quale essi non sono preparati. Gesù li rincuora e li rassicura di essere Lui in persona. Lo spavento si trasforma in stupore e in aperta gioia, condivisa da tutti. Gli offrirono anche del pesce da mangiare! Un altro verbo che si incontra raramente nel NT, perché vi ricorre solo tre volte (Mc 14, 33; Mt 26, 37; Fil 2, 26), è ἀδημονεῖν, “essere turbato, essere inquieto”. Marco racconta che Gesù con gli apostoli entrò nell’orto del Getsemani e, dopo aver fatto sedere gli altri, portò con sé solo Pietro, Giacomo e Giovanni. Là, essendosi isolato, cominciò a ἐκθαμβεῖσθαι καὶ ἀδημονεῖν, “sbigottirsi e turbarsi” e disse: “L’anima mia è triste fino alla morte”, parole che riflettono esattamente il suo stato d’animo. I due infiniti sono sinonimi e si completano dando il senso del turbamento, dello spavento, stupore e angoscia. Il primo verbo ἐκθαμβεῖσθαι indica spavento, stupore, che sfocia nell’ἀδημονεῖν, turbamento, inquietudine e angoscia. Matteo (26, 37) nella stessa situazione usa ἥрξατο λυπείθαι καί ἀδημονεῖν. Il verbo λυπεῖσθαι significa “rattristarsi, affliggersi”. Quindi Gesù cominciò a rattristarsi, ad affliggersi e provare inquietudine, angoscia. Merk traduce: “Cominciò a provare tristezza e angoscia”.5 Il verbo ἀδημονεῖν è usato con tutt’altra valenza da Paolo (Fil 2, 26), quando, scrivendo ai cristiani di Filippi, comunica che rimanda loro Epafrodito, fratello in Cristo, compagno di lavoro e di lotta (essi glielo avevano inviato) in quanto Epafrodito desiderava molto di rivederli e “καὶ ἀδημονῶν (ἦν), “si preoccupava”, perché aveva sentito dire che era ammalato. Qui il verbo ἀδημονεῖν indica “essere inquieto” per il dispiacere che gli altri sentono per la sua salute e non per l’angoscia, il tormento profondo, che Nuovo Testamento. Greco e Italiano (a cura di A. Merk e G. Barbaglio), Ed. Dehoniane, Bologna 1990.
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16 paura e stupore estasi e timore nel nuovo testamento si avverte nel dovere affrontare la morte, come Gesù nel Getsemani! Anche il sostantivo ἀγωνία, che ha la stessa radice di ἀγών, “lotta, gara”, presenta un senso comunque negativo di “lotta, dolore, sgomento”. Esso ricorre in Luca (22, 44): καὶ γενόμενος ἐν ἀγωνίᾳ ἐκτενέστερον προσηύχετο, “essendo in tensione della lotta estrema, pregava più intensamente”. Merk rende semplicemente con “agonia”.6 G. Dantzenberg7 intende come “lotta mortale” e traduce “turbamento pieno di paura”. Il termine indica anche “paura, angoscia”. Si potrebbe rendere anche con “angoscia”, perché Gesù sa di dovere affrontare certamente la prova della morte e si prepara ad affrontarla. Qui più che altrove appare la vera e genuina umanità di Gesù, perché – come tutti gli uomini – si sente debole di fronte al sacrificio supremo della vita e al passo doloroso della morte.8 Un altro campo semantico che indica agitazione e turbamento è quello del verbo ταράσσω, “agitare, confondere, inquietare” nella forma attiva ed “essere scosso, essere spaventato” al passivo, il quale ricorre 18 volte nel NT, di cui 11 nei Vangeli, 3 volte negli Atti, 2 volte nella lettera ai Galati, 1 volta in 1Pt 3, 14. È accompagnato dai sostantivi ταραχή, “agitazione” delle acque (Gv 5,4) e τάραχος “agitazione, sbigottimento, tumulto, scompiglio” (At 12, 18; 19, 23). Occorre considerare che il verbo ταράσσω, “agitare”, può avere un significato proprio concreto “agitare, scuotere”, e uno metaforico o traslato, “turbare, commuovere, spaventare”. Gli epicurei aspiravano all’atarassia, “imperturbabilità”. A. Merk, Nuovo Testamento cit. p. 291. Dizionario Esegetico Nuovo Testamento, (a cura di Horst Balz-Gerhard Schneider), ed it. a cura di Omero Soffritti, Paideia Ed., Brescia 2004, s.v. ἀγωνία p. 71 (a cura di G. Dantzenberg). 8 Cf. infra, pp. 27–28. 6 7
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Nel significato concreto di “agitare” le acque, si trova solo nella scena della piscina di Betzaetà. Un angelo discendeva nella piscina ed ἐτάρασσε, “agitava” l’acqua, sicché chi vi entrava per primo dopo l’agitazione dell’acqua guariva da qualsiasi malattia (Gv 5,4). Il malato si rivolse a Gesù chiedendo di aiutarlo, perché egli non aveva nessuno che lo immergesse nella piscina quando l’acqua ταραχθῇ, “si agitasse” (Gv 5, 7). Invece altrove ha un significato traslato di “confondere, turbare, spaventare, commuovere” con una connotazione sentimentale diversamente leggera o intensa, a seconda delle circostanze. Analizziamo i passi degli Atti degli Apostoli, dove il verbo ricorre tre volte. Ad Antiochia alcuni falsi cristiani, che sono stati mandati da Paolo ma non hanno avuto alcun incarico, sono giunti ed ἐτάραξαν, “turbarono, confusero” voi, ἀνασκευάζοντες, sconvolgendo con i loro discorsi i vostri animi. Paolo e Barnaba vanno a rassicurarli e confortarli (At 15, 24). A Tessalonica Paolo e Sila conquistano alcuni alla fede cristiana, in particolare persuadendoli riguardo alla morte e resurrezione di Cristo. Questo fatto fa ingelosire i Giudei, che ingaggiano dei pessimi individui per fare accusare e arrestare Paolo e Sila, per il fatto che costoro dicono che c’è un altro re superiore a Cesare, che è Gesù. In tal modo ἐτάραξαν δὲ τὸν ὄχλον καὶ τοὺς πολιτάρχας, “misero in agitazione la massa e i capi della città”, che udivano queste accuse (At 17, 8). Gli stessi Giudei di Tessalonica andarono a Berèa, dove Paolo annunziava il Vangelo, σαλεύοντες καὶ ταράσσοντες τοὺς ὄχλους, “mettendo in agitazione e turbando le masse” (At 17, 13). Nella lettera ai Galati Paolo affronta il problema se i nuovi adepti ex pagani debbano aderire alle norme dei Giudei o no. In sua assenza alcuni cristiani di origine giudaica li
18 paura e stupore estasi e timore nel nuovo testamento vogliono indurre alla circoncisione e ai costumi dei Giudei. Paolo invece li dissuade e li esorta a non ascoltare quelli che annunziano una dottrina diversa dalla sua. Dice che vi sono “alcuni che vi turbano”, οἱ ταράσσοντες ὑμᾶς, e vogliono che voi cambiate il Vangelo di Cristo (Gal 1,7). Riprende poi l’argomento, dicendo che egli ha fiducia per loro nel Signore, che non cambieranno idea. E perciò ὁ δε ταράσσων ὑμᾶς, “chi vi turba, vi confonde” pagherà il fio, chiunque sia! (Gal 5, 10). Invece Pietro, ai proseliti dell’Asia Minore, rivolge un forte incoraggiamento (1Pt 3, 14) perché facciano del bene e affrontino le prove del dolore per difendere la giustizia, poiché così si raggiunge la beatitudine! “Τὸν δὲ φόβον αὐτῶν μὴ φοβεῖτε μηδὲ ταραχθῆτε…”, “Non temete per paura di loro e non lasciatevi turbare”, ma adorate Cristo nei vostri cuori! Qui ricorre una coppia di due espressioni piene di vigore, perché la prima porta l’accusativo dell’oggetto interno e la seconda la ribadisce con un imperativo negativo al passivo, cioè non piegarsi al tentativo degli altri di turbare la nostra fede nel Signore. Nei vangeli il verbo ταράσσω viene usato in vari episodi per indicare varie suggestioni e stati d’animo. Quando Erode apprese che erano giunti i Magi seguendo una stella, che indicava la nascita del re dei Giudei, per adorarlo, ἐταράχθη, “fu turbato, sbigottito” e con lui tutta Gerusalemme. La notizia sconvolge tutta la sua vita, perché fa traballare il trono sotto di lui: è un evento straordinario e inatteso (Mt 2,5). Quando poi i discepoli erano sulla barca, mentre le acque del lago erano agitate dal vento e Gesù da terra si recò da loro camminando sulle acque nel buio della notte, ἐταράχθησαν, “furono spaventati, sbigottiti”, poiché dicevano che era un fantasma e gridarono “ἀπὸ τοῦ φόβου”, “per la
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paura” (Mt 14, 26). Questo è il tipico spavento, che si prova di fronte a un evento inatteso. Parimenti era capitato a Zaccaria, quando entrò nel tempio per fare, secondo la prassi sacerdotale, l’offerta dell’incenso e gli apparve all’improvviso un angelo ritto alla destra dell’altare dell’incenso. Καὶ ἐταράχθη Ζαχαρίας ἰδῶν, καὶ φόβος ἔπεσεν ἐπ’ αὐτόν, “E Zaccaria, vedendolo, fu spaventato e la paura lo assalì”. Anche qui l’apparizione di un angelo sorprese Zaccaria e lo spaventò, perché era intento ad altro compito. Poi parlò con l’angelo ma, poiché non fu pronto all’obbedienza (come invece lo era stata Maria) e un po’ incredulo, perse la voce (Lc 1, 12). Parimenti Luca racconta che, mentre gli apostoli stanno ascoltando i due discepoli di Emmaus, che attestano di avere visto Gesù risorto, Gesù appare inaspettatamente in mezzo a loro e dice: “Pace a voi!”. Ma essi πτοηθέντες δε και ἔμφοβοι γενόμενοι, “essendosi spaventati e divenuti pieni di paura”, credono di vedere un fantasma. Perciò si tratta di spavento e paura che consegue a un evento improvviso e senza che essi siano preparati. Gesù li rincuora: Τι τεταραγμένοι ἐστέ, “Perché siete spaventati, turbati… e sorgono dubbi nel vostro cuore?” e li rassicura di essere Lui in persona (Lc 24, 38). Lo spavento si trasforma in stupore e in aperta gioia, condivisa da tutti. Nel Vangelo di Giovanni il verbo ταράσσω assume quattro volte (11, 33; 12, 27; 13, 21; 14, 27) il senso metaforico di “turbarsi”. Nella vicenda di Lazzaro, quando Gesù vide piangere non solo la sorella Maria, che si gettò ai suoi piedi dicendo che, se il Signore fosse stato presente, Lazzaro non sarebbe morto, ma anche i Giudei presenti, allora: ἐνεβριμήσατο τῷ πνεύματι καὶ ἐτάραξεν ἑαυτόν, “si commosse profondamente nello spirito e si turbò”. Qui il verbo ταράσσω è usato non al passivo, ma all’attivo con il pronome personale
20 paura e stupore estasi e timore nel nuovo testamento riflessivo, ἑαυτόν, “se stesso”, ed è preceduto anche dal verbo ἐμβριμάομαι, che indica proprio “provare commozione, partecipare o condividere il dolore di un altro”. Lo stesso verbo al participio ἐμβριμώμενος ἐν ἑαυτῷ viene ripetuto infra (cf. Gv 11, 18), per indicare che Gesù è tanto profondamente commosso allorché entra nel sepolcro, che “ha pianto”, ἐδάκρυσεν, (ivi 35), quando lo invitano a vedere il sepolcro. Quando Gesù, dopo la risurrezione di Lazzaro, sale a Gerusalemme ed è accolto dalla folla festante, poiché alcuni Greci chiedono a Filippo e Andrea di vedere Gesù, allora risponde loro che è giunta l’ora di glorificare il Figlio dell’uomo, che deve sacrificarsi, morire come il seme nella terra per dare frutto. Allora dice loro: “L’anima mia τετάρακται, è stata turbata, è in uno stato di turbamento”. Deve chiedere al Padre di salvarlo da quell’ora? Ma per questo scopo, per il sacrificio, è giunto a questa ora. Sceglie la gloria del Padre rispetto alla sua vita! (Gv 14, 27–28). Durante l’ultima cena (Gv 13, 21), dopo avere lavato i piedi agli apostoli, Gesù ammonendoli disse che si doveva compiere la Scrittura: “Colui che mangia il mio pane, ha levato contro di me il suo calcagno!” (Sal 41/40, 10). Detto ciò, Gesù ἐταράχθη τῷ πνεύματι, “fu turbato nello spirito”, e diede testimonianza dicendo: “Amen, amen, io vi dico che uno di voi mi tradirà!”. Continua l’amarezza per Gesù. Poco dopo a Pietro che gli ha promesso di dare la sua vita per Lui, sapendo che Pietro è debole come uomo, anche se lo ama, gli ribadisce che lo tradirà tre volte prima che il gallo canti (Gv 13, 37–38). Gesù tuttavia sa che è duro il cammino che dovrà percorrere fino alla morte in croce ed è difficile anche il cammino pieno di pericoli che gli apostoli dovranno affrontare per diffondere il Vangelo tra le genti. Sa che, tranne uno solo, Giuda, tutti moriranno martiri,
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testimoni della fede nel Signore. Perciò dice esortandoli: “Μη ταρασσέσθω ὑμῶν ἡ καρδία· πιστεύετε εἰς τὸν Θεόν, καὶ εἰς ἐμὲ πιστεύετε”. “Non resti turbato il vostro cuore, ma continuate ad avere fede in Dio e ad avere fede in me!” (Gv 14, 1). Gesù, continuando il suo discorso agli apostoli, li rassicura che il Padre manderà il Paraclito, il quale insegnerà loro ogni cosa e li guiderà. Ora Gesù lascia a loro la sua pace, ma non come la dà il mondo (Gv 14, 25–26). Ripete pertanto l’espressione precedente: Μὴ ταρασσέσθω ὑμῶν ἡ καρδία μηδὲ δειλιάτω, “Non resti turbato il vostro cuore e non si scoraggi!” (Gv 14, 27).9 La parola τάραχος, “agitazione, sbigottimento, tumulto, scompiglio” ricorre solo due volte negli Atti degli Apostoli (12, 18; 19, 23). Si racconta che Pietro, messo in carcere da Erode per essere processato in tribunale, una notte viene portato fuori da un angelo del Signore, perché le guardie vengono addormentate e i cancelli aperti. Fattosi giorno, si accorgono della scomparsa di Pietro e ἦν τάραχος οὐκ ὀλίγος ἐν τοῖς στρατιώταις, “c’era un grande scompiglio-sbigottimento tra i soldati”, che si chiedevano cosa mai fosse accaduto di Pietro. Erano sconvolti e sbigottiti, perché per loro l’evento risultava inspiegabile e anche per l’ira di Erode (12, 18). Il quale, dopo aver fatto cercare invano Pietro e non avendolo trovato, fece processare e condannare a morte i soldati colpevoli di negligenza! (ivi 19). Un’altra volta negli Atti (19, 23 ss.) si allude allo scompiglio suscitato in Efeso dall’argentiere Demetrio contro la nuova religione cristiana diffusa da Paolo. Ἐγένετο δὲ κατὰ τὸν καιρὸν ἐκεῖνον τάραχος οὐκ ὀλίγος περὶ τῆς ὁδοῦ, “Accadde poi una grande agitazione in quel tempo riguardo alla nuova L’accoppiamento di ταράσσομαι e δειλιάω si incontra in Isaia 13, 7–8: “Perciò ogni anima d’uomo si scoraggerà e i vecchi saranno turbati”.
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22 paura e stupore estasi e timore nel nuovo testamento Via” (cioè la Via, che metaforicamente allude al Cristianesimo). Il tumulto popolare aizzato da Demetrio proveniva per lo più dal culto e dalla vendita delle statuine della dea Artemide (la cui statua era considerata miracolosa perché si diceva che fosse caduta dal cielo). Paolo correva il rischio di essere aggredito e linciato dalla folla, perciò i discepoli non lo fecero andare nel teatro (che tuttora sussiste) per difendere la sua dottrina. Un verbo molto raro, ἐμβριμάομαι, ricorre 5 volte, 3 volte viene usato con il significato di “apostrofare, sgridare” e 2 volte da Giovanni con il significato di “commuoversi, turbarsi”. La prima volta ricorre in coppia con il verbo ταράσσω, “sconvolgere, turbare” in Gv 11, 33: Gesù ἐμβριμήσατο τῷ πνεύματι καὶ ἐτάραξεν ἑαυτόν “si commosse profondamente e si turbò” (Merk; Cei).10 Questo avviene dopo che Gesù, recatosi da Gerusalemme a Betania, vide Maria, la sorella di Lazzaro e i Giudei presenti piangere con lei.11 Lo stesso verbo ritorna nello stesso brano subito dopo (Gv 11, 38) nella forma del participio presente, ἐμβριμώμενος ἐν αὐτῷ, che viene reso egualmente “commosso profondamente”, per indicare il permanere dello stesso sentimento di prima. Lo stesso verbo invece, nella stessa forma passiva ἐνεβριμήθη αὐτοῖς (in Mt 9, 30) esprime l’ammonimento che Gesù rivolge ai due ciechi: “raccomandò a loro” di tenere nascosto l’evento miracoloso della vista riacquistata. Parimenti (in Mc 1, 43) si presenta nella forma media ἐμβριμησάμενος αὐτῷ, “ammonendolo severamente”, cioè il lebbroso guarito, lo rimandò e gli disse di non parlare a nessuno della A. Merk, Nuovo Testamento cit. p. 354. Traduzione CEI 2009 (a cura di Maggioni) p. 2249. 11 Sul verbo ἐμβριμάομαι, “fremere, apostrofare, sgridare”, cf. J. Beutler, NTS 25 (1978/7) p. 40–44. 10
paura, spavento e turbamento
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miracolosa purificazione ricevuta. Ma il lebbroso, come gli altri miracolati da Gesù, non seppe tacere. E – naturalmente – non potevano tenere la cosa per sé. Infine Marco (14, 5) ci racconta che nella stessa Betania (dove avvenne il miracolo della risurrezione di Lazzaro) Gesù fu invitato a pranzo nella casa di Simone il lebbroso e vi andò. Alcuni uomini, vedendo che una donna ruppe il vasetto di alabastro e versò sul capo di Gesù l’olio di nardo pregiato, si sdegnarono. Infatti racconta Marco: alcuni presenti ἐνεβριμῶντο αὐτῇ, “la rimproveravano duramente, la sgridavano”, perché quell’olio si poteva vendere e ricavare del danaro da donare ai poveri. Ma Gesù la giustificò, dicendo che lei poteva onorare il Signore solo allora, mentre i poveri sarebbero stati sempre con loro e avrebbero potuto aiutarli sempre. Merk (p. 171) traduce questo testo con “erano infuriati contro di lei”; la traduzione della Cei è “si indignavano con lei (14, 4)… Ed erano infuriati contro di lui” (p. 2149).12
12 Questo episodio è analogo a quello di Maria, sorella di Lazzaro risuscitato da Gesù, che proprio a Betania unge il Signore con una libbra di olio profumato. Giuda criticò aspramente questo comportamento di Maria. Gesù la giustificò, lodando il suo gesto di amore per il Signore. Poi salì a Gerusalemme per affrontare la sua ultima settimana di passione (Gv 12, 1–8).
I protagonisti del NT sono Gesù e sua Madre Maria, autori della salvezza, ma anche gli apostoli in particolare e tutti i discepoli in generale. Essi sono circondati da una massa enorme di persone, che mutano di volta in volta secondo i luoghi, i tempi e le circostanze, e da una folla di lebbrosi, ciechi, sordomuti, storpi. Le parole che esprimono questi sentimenti sono di origine per lo più indoeuropea, e in particolare latina e greca, ma nel tempo le parole possono subire un’evoluzione semantica, per cui lo stesso termine con lo stesso etimo può assumere oggi un significato differente da quello antico. Antonio Caiazza, nato a Sarno (SA) l’8 giugno 1940. Laureato in lettere classiche presso l’Università degli studi di Napoli. Insegna greco e latino presso lo Studio Francescano di Liveri (NA) e di Baronissi (SA). Studioso dai molteplici interessi interdisciplinari, ha pubblicato libri di storia, ha curato la traduzione di opere latine di Giordano Bruno, l’edizione critica di tre volumi di Plutarco e si è occupato del pensiero politico e morale di Plutarco, del mito di Medea e di Prometeo.
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Antonio Caiazza
Tra gli altri sentimenti che sembrano attraversare un po’ tutti gli scritti, dai Vangeli all’Apocalisse, ci sono quelli della paura, dello spavento, dello sbigottimento, dello stupore, dell’estasi e del timore di Dio.
PAURA E STUPORE ESTASI E TIMORE NEL NUOVO TESTAMENTO
Negli scritti del Nuovo Testamento sono rappresentate le azioni che compiono e i sentimenti che provano non solo tutti gli uomini, ma anche Gesù, in quanto uomo, autentico uomo, e Figlio di Dio.
ANTONIO CAIAZZA
PAURA E STUPORE ESTASI E TIMORE NEL NUOVO TESTAMENTO