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XYLELLA. Il super naso dei cani
Il presidente Dino Muto al centro della foto di gruppo
Un progetto innovativo contro la Xylella fastidiosa
Il super naso dei cani
Presentata a Fasano la task force in grado di identificare precocemente le piante infette dal batterio. Il presidente Dino Muto sottolinea l’importanza del progetto
IIl fiuto dei cani rimanda a immagini lontane nel tempo. Già nel periodo del Neolitico, venivano impiegati per seguire le piste di animali selvatici. Una caccia più silente rispetto a quella a vista, che permetteva un notevole risparmio di energie sia per l’uomo che per il cane. Il naso del cane, studiato dai ricercatori, è sempre protagonista della nostra storia moderna. Possiede sino a 300 milioni di recettori olfattivi (rispetto ai circa sei milioni dei nostri), e l’area cerebrale dedicata è circa 40 volte più grande della nostra. Inoltre, quando i cani respirano, una piega di tessuto posta appena all’interno della loro narice (piega che noi umani non abbiamo) aiuta a separare le due funzioni di inspirazione e espirazione, consentendo al cane di annusare più o meno in maniera continua. Questo prezioso strumento è impiegato in diverse tipologie di ricerca di sostanze, come droga ed esplosivo e messo in campo nella ricerca di persone scomparse o rimaste sotto le macerie di un terremoto. Attualmente, una interessante sperimentazione, frutto della collaborazione fra ENCI, Coldiretti e CNR – IPSP, è stata presentata alla stampa internazionale, suscitando vivo interesse. Si tratta di 6 cani addestrati a fiutare la Xylella, che rischia di espandersi il tutto il territorio nazio-
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nale e nel bacino del Mediterraneo. L’impiego dei cani si presenta come la nuova frontiera per identificare precocemente le piante infette dal batterio. In uno scenario tanto complesso, all’ENCI è stato affidato il lavoro sui cani e sta dunque giocando un ruolo davvero centrale. Sono sei i cani di razza addestrati a individuare in maniera preventiva il batterio: due Jack Russell, un Cane da Pastore Belga Malinois, un Segugio di Hannover, un Labrador Retriever e uno Springer Spaniel inglese. Si chiamano Lulù, Snoopy, Onda, Ocra, Paco ed Ellis.
Il presidente Dino Muto, convinto sostenitore del progetto dice: «Il piano è basato su parametri internazionali e testimonia il nostro impegno nella valorizzazione delle funzioni cinofile. Le razze impiegate, pure diverse tra loro, sono la dimostrazione che la potenzialità del fiuto dei cani è uno strumento meraviglioso e indispensabile. È un progetto che ci riempie di orgoglio poiché unisce diverse professionalità del panorama cinofilo come allevatori, addestratori e tecnici. Devo anche sottolineare che il lavoro sui cani e l’indirizzo tecnico del progetto è stato a completo appannaggio dell’ENCI, che ha creduto sin da subito all’iniziativa che nasce supportata dalle esperienze dei numerosi progetti pilota già finalizzati alla tutela ambientale».
Il progetto, nato dalla collaborazione tra ENCI, Unaprol, Coldiretti, CNR – IPSP (Istituto per la protezione sostenibile delle piante), prevede due fasi.
“Abbiamo presentato la squadra protagonista del progetto alla masseria San Martino di Fasano - spiega Dino Muto – dove i cani hanno fatto una brillante ricerca dimostrativa, suscitando meraviglia tra i presenti. Questo progetto è frutto di una preparazione complessiva concertata in questi mesi con un tavolo di lavoro permanente tra ENCI e i suoi partner istituzionali. Vorrei anche sottolineare che le modalità addestrative sono basate unicamente sul gioco, inoltre non è assolutamente invasiva per le piante dato che, una volta individuato l’odore ricercato, i cani si siedono davanti alla pianta contaminata. È una modalità che viene definita “segnalazione passiva”. Ora la sperimentazione proseguirà su due sentieri paralleli. Il primo riguarderà il passaggio dalle esercitazioni svolte in condizioni controllate a quelle effettuate in ambiente naturale, e questo richiederà l’affinamento delle capacità olfattive dei cani. La seconda riguarda l’identificazione e la caratterizzazione dei componenti volatili organici rilevati dall’olfatto dei cani e questo richiederà l’intervento di ricercatori specializzati”.
Il cane di razza è sempre più protagonista nella nostra società moderna, specializzato in molteplici compiti che spaziano dell’utilizzo del fiuto, all’interazione con le persone fragili, ai numerosi sport cinofili. Una platea vasta in cui emerge sempre un fattore determinante: la selezione.
Da sx : Donato Boscia del CNR Istituto per la protezione sostenibile delle Piante, Mauro Centritto, direttore CNR e il presidente ENCI Dino Muto