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Prefazione

Questa tenera storia, raccontata da Monia Monti, (pedagogista, scrittrice, esperta di tecniche di meditazione), ci dovrebbe indicare quanto siamo diventati insensibili al dolore per pura bramosia di denaro. L’uomo dimostra di essere un animale capace di incredibile crudeltà, proprio grazie al suo cervello più sviluppato di quello di altre specie. Le traversie del povero gallo Rosa non sono solo un racconto ironico e acuto, ma una riflessione sulla felicità e su come cercarla nel quotidiano.

La protagonista Matilda, che si impietosisce del gallo caduto sull’asfalto dal camion che lo trasportava al macello, ci insegna a vedere col cuore ciò che normalmente sembra essere “invisibile agli occhi”.

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Gli animali sono divisi in categorie, per chi non vede col cuore ma con una razionalità distorta: ci sono quelli d’affezione, quelli da allevare per trarne profitto, quelli da cacciare, quelli su cui fare esperimenti, quelli da osservare perché particolarmente interessanti o in via di estinzione. È una catalogazione fatta da chi ha sempre pensato di essere superiore, di potersi permettere la manipolazione

di esseri “inferiori” che appunto per questo non hanno alcun diritto.

Ma se si guardassero gli occhi dei vitelli poco prima della macellazione, o quelli di un daino ferito a morte per il puro piacere di uccidere, o anche quelli di un pesce che si dibatte nella rete, si potrebbero cogliere le stesse emozioni che proviamo noi quando siamo terrorizzati o tristissimi.

La storia del gallo Rosa non è che una piccola eccezione a questa crudeltà ma anche una goccia nel mare può essere importante per sollecitare sentimenti sopiti o riflessioni importanti sul posto dell’uomo in questo mondo così tormentato. Mi si obietterà che un gallo è un nulla di fronte a milioni di bambini sofferenti o a popolazioni intere che soffrono la fame ma, secondo me, non è così. Quello che farà cambiare le cose è la consapevolezza che ogni essere vivente deve essere rispettato nella sua unicità e che non è affatto vero che chi ama gli animali non ama i suoi simili. Ci sono molte ricerche che dimostrano il contrario: chi maltratta gli animali ha una forte tendenza anche a maltrattare i bambini.

Matilda, che prova tenerezza e compassione per quel povero gallo, salvato da una sorte orribile, dà un importante contributo ad un cambiamento di tendenza, che si auspica il più rapido possibile.

Si tratta di compassione nel senso filosofico e cristiano del termine: dalla compassione di cui parla Agostino, al cum-pati schopenhaueriano. È solo accettando di soffrire insieme agli altri,

prendendo coscienza del loro dolore e sentendolo come suo che l’uomo vince la volontà di vivere per se stesso e scopre la gioia della condivisione. Questo concetto, tuttavia, è generalmente riferito agli uomini, non agli animali.

Ci sono religioni, come l’induismo, che riconoscono a tutti gli esseri viventi il diritto alla vita e al rispetto, anche se poi non è detto che nei paesi induisti questo avvenga.

Noi occidentali, soprattutto sotto l’influenza di una certa interpretazione biblica e filosofica (si veda per esempio Cartesio), siamo sempre stati convinti che gli animali non abbiano né una ragione né un’anima e, dunque, siano da trattare come oggetti al servizio dell’uomo. Ci sono tuttavia molti teologi che hanno sostenuto l’insensatezza di questa interpretazione biblica: Paolo De Benedetti, Enzo Bianchi, Adriana Zarri, Hanna Hurnard, non sono che gli esponenti più famosi di questa corrente contraria.

Indipendentemente dal credo religioso o da tutte le disquisizioni teoriche che si potrebbero fare, se è vero che “Anche gli elefanti piangono” e che tutti gli animali provano emozioni e sentimenti, dovremmo davvero fermarci a riflettere su tutto il male che compiamo nei loro confronti.

Tutti coloro che hanno o hanno avuto animali, di qualsiasi specie, sanno quanto siano capaci di dare affetto gratuitamente e di aiutarci quando nessun altro può farlo: a loro non importa che siamo giovani

o vecchi, belli o brutti, sani o malati, intelligenti o meno. Loro ci amano chiedendo in cambio solo un po’ di tenerezza. Quella tenerezza che lega Matilda, ai suoi due gatti Milù e Mirò, e, nello stesso modo, al gallo Rosa e alle galline che comprerà per lui, quando avrà finalmente capito che Rosa è maschio, quella tenerezza che il gallo Rosa dice di provare per la sua dada e per i suoi amici animali.

E questo è un po’ il motivo di fondo di questo libro, in cui la storia viene raccontata in prima persona dallo stesso gallo Rosa e che è, di fatto, una storia d’amore, un amore incomprensibile ai più ma che è importante di per sé, per quella sua lieve impronta sulla crosta del mondo, che il vento renderà più profonda e che diverrà solco man mano che altri lo sperimenteranno.

È molto interessante anche il passaggio dalla storia, raccontata in prima persona dal gallo, alla seconda parte in cui l’autrice ci dà delle semplici ma importanti indicazioni per trovare quella felicità che Rosa sperimenta nel suo giardino, accanto ad altri esseri che, nella loro diversità, sanno comprendersi.

Monia Monti è un’esperta di tecniche di meditazione, come abbiamo accennato sopra, autrice di un libro sulla meditazione nei bambini, e in questo libro richiama i principi che la guidano: l’importanza del presente, dell’attenzione all’attimo fuggente, la gratitudine e la gioia delle relazioni con gli altri, l’amore per la diversità, l’importanza di non cedere alle abitudini, che possono anche essere molto nocive, l’apertura al possibile che porta alla creatività.

Il gallo Rosa diventa così un simbolo che ci guida ad un percorso di cambiamento non solo nei confronti di un universo, in cui anche la più piccola cosa si ripercuote su un insieme in costante equilibrio. Il percorso che ci indica l’autrice, attraverso una serie di domande a cui ci chiede di rispondere, è un suggerimento importante per una riflessione su ciò che non consideriamo, che ci sfugge nella ripetitività dei nostri pensieri.

Il gallo Rosa è, dunque, un dono che Matilda riesce ad ottenere proprio grazie alla sua apertura mentale e alla capacità di vedere quello che altri non vedono e il racconto diviene un dono per noi, che siamo stimolati ad apprezzare anche quelle piccole cose che diventano grandi se guardate dalla giusta angolazione.

Alessandra Farneti Prof. Ordinario di Psicologia dello Sviluppo Presso Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Bolzano. A riposo.

“Quello che noi facciamo è solo una goccia nell’oceano, ma se non lo facessimo l’oceano avrebbe una goccia in meno.”

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