ENNIO ORSINI
Il manuale della dermopigmentazione applicata nella calvizie e negli esiti cicatriziali del cuoio capelluto
ad Evan
Ennio Orsini
Revisione dei testi: Anna Leombruno Illustrazioni e foto: Ennio Orsini, Antonio Silvestri Impaginazione, grafica e stampa: TREBITComunicazione.it Finito di stampare nel Luglio 2015
©2014 Ennio Orsini DECO STUDIO Via Aragona 23, 67039 Sulmona (AQ) e-mail: info@ennioorsini.com web: www.ennioorsini.com È vietata la riproduzione dell’opera o parti di essa con qualsiasi mezzo, se non espressamente autorizzata dall’autore.
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Il manuale della dermopigmentazione applicata nella calvizie e negli esiti cicatriziali del cuoio capelluto
PREFAZIONE
“In nova fert animus mutatas dicere formas corpora” L’estro mi spinge a narrare di forme mutate in corpi nuovi. - Ovidio, Metamorfosi -
Per la prima volta mi trovo a scrivere di una materia che conosco da poco e di una persona che gira intorno alla mia vita come una farfalla impazzita e che solo a tratti ti fa cogliere la bellezza e la varietà delle sue più intime sfumature. Eppure, come spesso accade, la passione per le nuove cose crea dei piccoli spazi di perfezione dove poter entrare, capire, conoscere, emozionarsi ed emozionare e porre dei limiti a se stessi per cui, poi, ad un certo punto ci si lascia trasportare in viaggi fantastici e reali in mondi sconosciuti e solo apparentemente lontani. Ora però, senza giocare troppo con le parole e la retorica, vorrei provare a sintetizzare questa avventura nell’universo Tricopigmentazione governata da Re Ennio Orsini. Questo giovane sovrano, da subito l’ho visto come un Dobermann a cui la leggenda vuole la crescita del cervello maggiore a quella del cranio che lo contiene. Questa metafora per dire che Ennio è davvero un vulcano di idee, di esperienza, di ricerca, di innovazione ed è sempre diverso da se stesso, proprio come lo scorrere del fiume. Dico così perché non raggiunge mai un punto di arrivo, ma sempre nuovi stimoli per partire, da vero fuoriclasse. La sua forza è proprio questa e ti ci trascina dentro con la serietà, la dignità e l’estro del vero artista. Se così non fosse stato, probabilmente tutte le persone che lo venerano avrebbero ancora grosse macchie informi in testa, sopracciglia verde smeraldo, improbabili labbra e qualche piccolo problema psicologico in più da interiorizzare. Perché lui, ha preso tutte le vecchie tecniche e ne ha studiato, coadiuvato da professionisti lontani da questo mondo, ma necessari per il progresso della materia, i limiti e i deficit e ha creato ciò che al momento può essere serenamente definita la perfezione. Sì, la sua Tricopigmentazione è roba perfetta. E lo scrivo senza grossi indugi dato che riesco a valutare i risultati visibili su queste teste di nuovo in vita, i sorrisi e una nuova serenità, prima persa, nelle persone che decidono di sottoporsi a trattamenti di Tricopigmentazione sotto le sapienti e fidate mani di Re Ennio. Il seguente manuale ha lo scopo di divulgare in termini didattici e spesso anche discorsivi, la storia della Tricopigmentazione, il cosmo che gli ruota attorno in termini emotivi, ma anche e soprattutto in termini tecnici.Ciò che vorrei dire, per concludere, è rivolto a voi lettori non meno tecnici ed esperti di me in materia di dermopigmentazione in genere: amate il vostro lavoro come vorreste che amassero voi. Solo così avrete la fortuna di sentirvi dire grazie col sorriso sulle labbra da chi, fino a poco prima, forse, non riusciva neppure a guardare negli occhi i propri figli.
Anna Leombruno 26 settembre 2012
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Indice INTRODUZIONE
6
9
Cosa si intende per Tricopigmentazione
10
Va via o dura tutta la vita?
21
Cosa darò per assodato
24
I. FONDAMENTI
25
I.1
Storia della Tricopigmentazione
I.2
IV. DERMOPIGMENTAZIONE
91
IV.1 Definizione
92
IV.2 Profondità corretta e conseguenze generate da profondità sbagliate
94
IV.3 Timing della cicatrizzazione di un tessuto dermopigmentato
96
IV.4 Le tre manovre fondamentali
99
IV.5 Parametri fondamentali della dermopigmentazione
100
IV.6 Le regole fondamentali della dermopigmentazione
105
26
V.
ATTREZZATURE E PRODOTTI SPECIFICI
107
I limiti del trapianto: campi di applicazione della Tricopigmentazione
37
V.1
L’importanza di un’attrezzatura specifica
108
I.3
Condizione psicologica dell’autotrapianto
38
V.2
Colori adatti e colori da evitare
111
I.4
A chi si rivolge la Tricopigmentazione
42
I.5
Lato emotivo del nostro cliente
45
VI. TRICOPIGMENTAZIONE®
115
VI.1 La situazione attuale: analisi degli errori dovuti all’improvvisazione
116
II. CALVIZIE
47
II.1
Cenni generali
48
II.2
Vari tipi di calvizie
50
II.3
Descrizione dell’AGA
57
VI.4 Timing e schema a blocchi di un trattamento di Tricopigmentazione
131
II.4
Scala di Hamilton
61
VI.5 Tecnica effetto rasato
136
II.5
Scala di Norwood
63
VI.6 Tecnica Dermatoppik
143
II.6
Scala di Ludwig
66
VI.7 Tecnica copertura cicatrici FUT
148
VI.8 Tecnica copertura cicatrici FUE
155
VI.9 Gestione del trattamento in portatori di protesi
158
VII. ASPETTI BUROCRATICI E LEGALI
161
VI.2 Il Bounce® VI.3 Lo short hair
125 128
III. AUTOTRAPIANTO
69
III.1 Glossario tecnico commentato
70
III.2 Tecnica FUT
75
III.3 Tecnica FUE
81
VII.1 La consulenza
162
III.4 Esiti Cicatriziali
86
VII.2 Indicazioni pre-trattamento
163
III.5 Costi di un autotrapianto
89
VII.3 Il consenso informato
164
7
VII.4 La scheda progetto
165
VII.5 Il memorandum post-seduta
165
VII.6 Interazioni con altri prodotti o sistemi: Minoxidil, Finasteride, protesi, ecc.
166
VII.7 Costi consigliati
173
VIII. ESEMPI prima & dopo
179
Conclusioni
195
Ringraziamenti
197
Bibliografia
199
Sitografia
201
Biografia
202
INTRODUZIONE
P
erché continuare a scrivere su un argomento così inflazionato? Perché penso di aver messo a fuoco dei fantastici principi di funzionamento, migliorato ciò che già esisteva, perfezionato intuizioni comuni, soprattutto quello che avevo accumulato nel tempo. Solo una mente libera può volare in alto, la mia ormai era carica di informazioni che ho confezionato e reso disponibili di seguito. Quello che leggerai è il frutto di uno studio durato anni, una tecnica collaudata, diffusa e praticata da me fino allo sfinimento, un modo di lavorare che voglio cederti, dicendoti con certezza: “Questo sistema funziona!”. Si tratta, certamente, di un approccio avanzato alla dermopigmentazione. Darò tante nozioni per scontate e, di conseguenza, se hai iniziato da poco a fare trucco permanente, prima di leggere questo manuale dovresti iniziare con Dermopigmentazione Sopraccigliare, la mia opera prima. Ho dato molto spazio al materiale fotografico e meno alla teoria perché, se pratichi già da tempo, di chiacchiere ne avrai sentite abbastanza. Ciò detto, non mi rimane che chiederti: “Desideri rivoluzionare il tuo modo di lavorare? Hai voglia di modificare le tue certezze? Vuoi abbandonare i tuoi punti di riferimento e conquistarne altri?”. Se ha risposto con tre sì sei pronto a lasciare per qualche giorno il padre e la madre, il fratello e la sorella, la moglie o il marito ed i tuoi figli, gli amici. Accertati di aver pagato i tuoi debiti e sistemato i tuoi affari. Spegni il telefono. Ecco, ora hai la mente libera, sei pronto a volare in alto.
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Cosa si intende per Tricopigmentazione La Tricopigmentazione è la dermopigmentazione estetica sul cuoio capelluto, soluzione poco conosciuta, ma efficace e comoda. Purtroppo è accompagnata da alcune inesattezze e da lavori mal eseguiti, ed è proposta da pochissimi dermopigmentisti specialistici. L’impiego del tatuaggio estetico nei problemi legati alla calvizie è ampio ed a volte provvidenziale. Di seguito i principali casi in cui questo trattamento può dare notevoli miglioramenti estetici:
• Cicatrici nucali da autotrapianto FUT (lineare), fig. 1; • Cicatrici nucali da autotrapianto FUE (puntiforme), fig. 2; • Cicatrici generiche sul cuoio capelluto, fig. 3; • Alopecia areata, fig. 4; • Alopecia universale, fig. 5; • Alopecia androgenetica, fig. 6; fig. 2: Cicatrici nucali da autotrapianto FUE (puntiforme)
fig. 1: Cicatrici nucali da autotrapianto FUT (lineare)
fig. 3: Cicatrici generiche sul cuoio capelluto
INTRODUZIONE
• Diradamenti generici, fig. 7.
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fig. 6: Alopecia androgenetica
fig. 5: Alopecia universale
fig. 7: Diradamenti generici
INTRODUZIONE
fig. 4: Alopecia areata
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13
Una delle tecniche fondamentali di questa disciplina è denominata Bounce®. Consiste in un’implementazione delle vecchie tecniche già presenti per lo stesso scopo: la manualità ed i parametri di lavoro sono stati considerati, rivisti e perfezionati, per dar vita ad un vero e proprio protocollo operativo denominato, appunto, Bounce (rimbalzo). Questo sviluppo ha originato un sistema di lavoro in grado di produrre un effetto rasato, realistico e con minor possibilità di viraggi e migrazioni di colore. Questi inconvenienti, infatti, sono comuni ai vecchi metodi di lavoro in cui non si tenevano in considerazione alcuni importantissimi fattori che potevano compromettere il risultato finale. Una dermopigmentazione del cuoio capelluto realistica e naturale si dovrebbe presentare con dei microdepositi puntiformi di pigmento castano/grigiastro, posizionati nel derma superficiale ad una opportuna distanza l’uno dall’altro. Questo genererà un effetto di capello rasato o uno scurimento delle zone diradate, a seconda dell’applicazione delle tecniche impiegate. Di seguito (figg. 8-18), ti mostro alcuni esempi di Tricopigmentazione.
DOPO
fig. 9a: Prima del trattamento
fig. 9c: Dopo 2a seduta
DOPO
fig. 9b: Dopo il trattamento
fig. 9d: Macro HL
PRIMA
fig. 9e: Macro
DOPO
INTRODUZIONE
PRIMA
PRIMA
fig. 8a: Prima del trattamento
fig. 8c: Dopo 2a seduta
14
fig. 8b: Dopo il trattamento
fig. 8d: Macro HL
fig. 8e: Macro
fig. 10a: Prima del trattamento
fig. 10c: Pseudoarea di Brocq
fig. 10b: Dopo il trattamento
fig. 10d: Dopo 2a seduta
fig. 10e: Macro
15
fig. 11a: Prima del trattamento
fig. 11c: Visione laterale
DOPO
fig. 11b: Dopo il trattamento
fig. 11d: Visione frontale
PRIMA
fig. 12a: Prima del trattamento
fig. 12c: Post 1a seduta
16
fig. 11e: Macro
DOPO
fig. 12b: Dopo il trattamento
fig. 12d: Visione frontale
fig. 12e: Macro
PRIMA
fig. 13a: Prima del trattamento
fig. 13c: Post 2a seduta
DOPO
fig. 13b: Dopo il trattamento
fig. 13d: Visione frontale
PRIMA
fig. 14a: Prima del trattamento
fig. 13e: Macro
DOPO
INTRODUZIONE
PRIMA
fig. 14b: Dopo il trattamento
fig. 14c: Dermatite pre-trattamento fig. 14d: Visione frontale
fig. 14e: Macro
17
fig. 15a: Visione posteriore
DURANTE
fig. 15c: Visione posteriore
PRIMA
fig. 15b: Visione frontale
fig. 15e: Visione posteriore
18
fig. 16a: Visione posteriore
DURANTE
fig. 15d: Visione frontale
DOPO
DURANTE
fig. 16c: Visione posteriore
DOPO
fig. 15f: Visione frontale
PRIMA
PRIMA
fig. 16b: Visione frontale
DURANTE
fig. 16d: Visione frontale
DOPO
fig. 16e: Visione posteriore
DOPO
INTRODUZIONE
PRIMA
fig. 16f: Visione frontale
19
PRIMA
DOPO
Va via o dura tutta la vita? Ti faccio presente che in questo volume ci concentreremo sul mondo della dermopigmentazione con pigmenti bioriassorbibili (fig. 19).
fig. 17a: Prima del trattamento
fig. 17c: Dopo 1a seduta
fig. 17b: Dopo il trattamento
fig. 17d: Visione frontale
fig. 17e: Macro
Effettuazione del tatuaggio con pigmenti bioriassorbibili
Quando la dermopigmentazione viene eseguita con pigmenti bioriassorbibili (impropriamente detti semipermanenti), è denominata micropigmentazione del cuoio capelluto ovvero Tricopigmentazione. Può durare da 4 a 6 mesi, fino ad un massimo di 14/16 mesi. Il lasso di tempo entro cui il lavoro potrebbe rimanere visibile è molto ampio, e non si può in nessun modo stabilire in anticipo quando scomparirà del tutto. L’unica cosa certa è che se il lavoro verrà eseguito con questo tipo di pigmenti, l’effetto con il tempo dovrebbe andar via completamente. I fattori che possono accelerare la scomparsa del pigmento nel derma sono molti, tra questi i più importanti sono: • il potere di fagocitosi nell’individuo; • l’età dell’individuo (fattore complementare al precedente); • il potere di cicatrizzazione post-trattamento dell’individuo; • conformazione anatomica della cute dell’individuo; • il tipo di pigmento spinto nel derma; • la tecnica manuale impiegata durante il lavoro;
DOPO
INTRODUZIONE
PRIMA
• tempi di esposizione al sole o a lampade abbronzanti; • assunzione di farmaci tipo anticoagulanti e cortisonici. In virtù di quanto esposto, mi sento di affermare che la durata di una Tricopigmentazione è soggettiva.
fig. 18: Prima e Dopo
20
fig. 19: La Tricopigmentazione può essere eseguita in due distinte modalità, una con l’impiego di pigmenti bioriassorbibili (primo caso) ed una con pigmenti definitivi (secondo caso)
21
Effettuazione del tatuaggio con pigmenti definitivi
In rari casi è possibile eseguire il lavoro con preparati coloranti definitivi. Questa scelta deve essere valutata molto attentamente. Attira la maggior parte delle persone interessate al tatuaggio estetico sulla cute, prospettando un’ambitissima risoluzione a tutti i problemi legati ai capelli, ma in realtà è un’illusione. In natura nulla rimane inalterato nel tempo, inclusi gli ossidi di ferro impiegati per la creazione dei pigmenti: non esiste la sicurezza che un lavoro eseguito con preparati coloranti definitivi rimanga inalterato a vita. Può succedere che determinate tonalità castane, mutando, possano virare verso altri colori. Anche se questo inconveniente può essere relativamente arginato con un opportuno bilanciamento delle componenti cromatiche dei castani, rimane comunque un notevole limite per la dermopigmentazione in genere. Tra i fattori che contribuiscono o in qualche modo interferiscono con il fenomeno del viraggio dei castani impiegati nel tatuaggio, ci sono:
Ciò potrebbe causare un vero e proprio allargamento dei bordi del “puntino” originario e quindi si perderebbe definitivamente la sua definizione (migrazione del pigmento). Tale fenomeno, quindi, è riconducibile ad una fagocitosi aggiuntiva indotta dalle condizioni infiammatorie sopra elencate. Inoltre, tentare di rimuovere il pigmento attraverso altre Termopigmentazioni, può causare ulteriore ingrandimento del “puntino” (fig. 20). Spesso sento parlare di tecniche “miracolose” grazie alle quali si potrebbe rimuovere una dermopigmentazione con l’utilizzo di latte di capra, acqua ossigenata, acido ialuronico e molte altre sostanze normalmente impiegate per altri scopi. Mi preme sottolineare, come immaginate, il mio dissenso a riguardo.
• esposizione eccessiva ai raggi ultravioletti: sole o lampade abbronzanti;
COLORI BIORIASSORBIBILI
• forti sbalzi di temperatura; • alcalinità dei liquidi extracellulari presenti nel derma;
APPENA FATTO
DOPO UN MESE
DOPO TRE ANNI
• purezza delle materie prime impiegate nei preparati dei coloranti utilizzati; • malattie autoimmuni dell’individuo sottoposto.
INTRODUZIONE
Può verificarsi che il tuo lavoro, da “puntino” originario che era, si trasformi in un mega punto generando il fenomeno, così detto, della migrazione del colore. Questo nuovo aspetto, tenderà sia ad allargarsi, ma anche ad assumere un colore che molto si avvicina al verde. Tra i fattori che contribuiscono o in qualche modo interferiscono con il fenomeno della migrazione del colore, ci sono: COLORI DEFINITIVI
• l’esposizione al sole, le lampade abbronzanti, le saune, bagni o docce bollenti, ma in generale tutto ciò che potrebbe aumentare la temperatura corporea;
APPENA FATTO
DOPO UN MESE
DOPO TRE ANNI
• l’applicazione di sostanze alcoliche, lozioni per capelli e non di meno l’uso di esfolianti chimici (acido glicolico, acido mandelico, acido piruvico, acido salicilico, acido tricloroacetico, fenolo, resorcinolo); • la tentata rimozione del pigmento impiantato, con sistemi differenti da laserterapia. Nel caso in cui non si tenessero in considerazione le cause su elencate, la zona trattata con Tricopigmentazione andrebbe incontro ad irritazioni con inevitabile e conseguente migrazione di leucociti attorno al deposito puntiforme di pigmento.
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fig. 20: Differenza tra l’uso di pigmenti bioriassorbibili e l’uso di pigmenti definitivi
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Cosa darò per assodato Dato che l’obiettivo di questo manuale è quello di fornirti un quadro tout-court sulla Tricopigmentazione che, necessariamente abbinato ad un corso di formazione, ti darà tutti gli strumenti per operare in tal senso, non posso estendere l’argomento ad altri campi che ruotano attorno a questa disciplina. L’infettivologia, l’igiene, la legislazione e, altre materie è evidente che andrebbero approfondite singolarmente: non escludo di cimentarmi anche in merito, ma ad oggi, darò per scontato che tu già conosca i seguenti concetti: • come si allestisce una postazione di lavoro; • la necessità di usare costantemente il monouso e l’esigenza di un’idonea prassi igienica che garantisca, il più possibile, un alto standard sanitario; • Ccome ci si protegge da malattie infettive; • processi di sterilizzazione; • come si ottiene una regolare autorizzazione sanitaria per svolgere trucco permanente in uno studio; • regole generiche di questo settore: testo unico sulla sicurezza, RESAP Europee, linee guida ministeriali, smaltimento dei rifiuti speciali, decreti regionali e regolamenti comunali; • teoria del colore; • anatomia, fisiologia ed istologia della pelle.
CAPITOLO PRIMO
Fondamenti
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25
La Tricopigmentazione nasce nel 2008 dai suoi ideatori Ennio Orsini e Toni Belfatto. Il primo, truccatore e micropigmentista sperimentale, l’altro micropigmentista, tatuatore e tricologo. Diversi anni fa, assetati della voglia di esplorazione ed innovazione che ci ha sempre contraddistinto, abbiamo iniziato a sperimentare nuove tecniche di dermopigmentazione correttiva e quella curiosità professionale fu solo l’inizio per una nuova era della micropigmentazione. Il nostro progetto parte da molto lontano, intuizioni, test sulle tecniche e sui colori, anni di ricerca e risultati tutti da interpretare, successi e delusioni. Alla fine quel sogno si concretizza nel 2009 con la nascita di una società di servizi: la Orsini & Belfatto s.r.l. e successivamente con la registrazione dei marchi e brevetti Tricopigmentazione® e Bounce® (fig. 21).
fig. 21: Brevetto Tricopigmentazione
La Tricopigmentazione ha come principale obiettivo la risoluzione di inestetismi di vario genere: la calvizie e la presenza di cicatrici sul cuoio capelluto. Ad essa viene riconosciuto un grosso peso emotivo perché è la vera soluzione a complessi psicologici che si generano nella maggior parte dei casi in presenza di forti e improvvisi cambiamenti. Le competenze e le conoscenze del dermopigmentista devono andare oltre le consuete nozioni visagistiche di cui dispongono gli operatori attuali di trucco permanente. A queste tecniche, infatti, si dovranno aggiungere necessariamente quelle tricologiche; inoltre sarà necessario potenziare lo studio
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della dermopigmentazione estetica in generale. Colgo, inoltre, l’occasione per sottolineare che questo fondamentale manuale non può in ogni caso sostituirsi ai corsi di formazione, ma sarà per te un ottimo strumento di lavoro. Attualmente, sul mercato, la Tricopigmentazione si pone come valida alternativa alle soluzioni chirurgiche, ma anche alle semplici applicazioni di parrucche e parrucchini; insostituibile per cicatrici dovute ad autotrapianto. L’esperienza maturata sul campo ha evidenziato una importantissima mancanza di operatori specializzati, in grado di affiancare l’intensa attività svolta dai chirurghi estetici in campo di autotrapianti di capelli e a problemi legati alla calvizie. Questo fabbisogno, unito alla mancanza di un vero e proprio protocollo operativo specifico, ha portato la Orsini & Belfatto a creare un nuovo know-how identificato con il nome di Tricopigmentazione®. Ma vorrei fare qualche passo indietro e raccontarti un po’ di passaggi salienti che mi hanno portato, oggi, ad essere il ”padre” (è così che si divertono a definirmi) della Tricopigmentazione. Circa una decina di anni fa, lavoravo presso la Silverlips, azienda tedesca, produttrice di attrezzature e colori per trucco permanente. Presso questa multinazionale, svolgevo sia il ruolo di distributore che quello di insegnante nei numerosi corsi di formazione che organizzava. All’epoca si parlava di micropigmentazione del cuoio capelluto e la mia intuizione fu nel fiutare l’esigenza di attrezzi specifici da adoperare che si diversificassero da quelli che in genere venivano impiegati nella dermopigmentazione. Proposi la mia visione e quindi la mia idea all’azienda con un accordo tale che avrebbe soddisfatto sia le mie che le loro competenze e non di meno gli interessi economici. Dopo un primo momento di riflessione, la Silver-lips si tirò indietro, ma non mi arresi certo io: ero convinto che la mia idea fosse innovativa, ero convinto che potevo dare una svolta a questa disciplina, ma anche a tutte quelle persone che vivono l’esigenza di una soluzione accorta ai disagi che problemi come la calvizie comportano. Sì, credo proprio che sia stata l’idea, unita alla mia caparbietà e alla mia tenacia se oggi posso dire di aver avuto ragione. Ma torniamo al racconto: successivamente a questa delusione, partecipai nelle vesti di relatore ad un convegno a Pisa (fig. 22) e, come me, anche il Direttore di Biotek (fig. 23), altra importantissima azienda del settore, con il quale feci il viaggio in macchina, viaggio che si rivelò determinante per l’evoluzione della Tricopigmentazione.
I. FONDAMENTI
I.1 Storia della Tricopigmentazione
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laboratori Biotek Medical, creiamo e piazziamo sul mercato il tricodermografo (sistema TricodermÂŽ) accompagnato da giornate di presentazione a Milano per incidere il metodo come reale innovazione nel settore (figg. 24-26).
fig. 22a: Congresso Nazionale A.T.E.C. - Intervento sulla Tricopigmentazione
fig. 23: Incontro tra Massimo Froio (CEO Biotek) ed Ennio Orsini. Congresso nazionale A.T.E.C., Pisa
fig. 24: Presentazione della Tricopigmentazione. Accademia Biotek, Milano. In foto: Ennio Orsini, Massimo Froio e Toni Belfatto
I. FONDAMENTI
fig. 22b: Congresso Nazionale A.T.E.C. - Intervento sulla Tricopigmentazione
fig. 22c: Congresso Nazionale A.T.E.C. - Intervento sulla Tricopigmentazione
Gli feci la stessa proposta che i tedeschi non colsero, ma a differenza loro, il vero imprenditore italiano, che fa la differenza, fu lungimirante e assolutamente pronto alla novitĂ attraverso una proficua negoziazione. Fu quasi immediato e tempestivo il mio passaggio in Biotek. Siamo nel 2009, anno in cui grazie agli avanguardistici
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fig. 25: Le migliori operatrici italiane presenti al primo evento ufficiale TRICOPIGMENTAZIONE ITALIA. Accademia Biotek, Milano
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na. Presentavamo una relazione sulla Tricopigmentazione ossia il nostro brevetto sull’impiego della dermopigmentazione nella calvizie ed esiti cicatriziali (fig. 28). In sala erano presenti circa 300 persone tra medici ed operatori del settore (fig. 29) e nella relazione fu inserita anche la presentazione del corso di formazione rivolto ai professionisti russi che si è tenuto a maggio 2011 (figg. 30, 31).
fig. 26: Nasce il primo TRICODERMOGRAFO (Sistema Tricoderm) by Biotek-Orsini&Belfatto
fig. 28a: Momento della Relazione “Tricopigmentazione”, Mosca
fig. 28b: Momento della Relazione “Tricopigmentazione”, Mosca
I. FONDAMENTI
fig. 27a: Lancio della Tricopigmentazione sul mercato italiano. Cosmoprof, Bologna
fig. 27b: Lancio della Tricopigmentazione sul mercato italiano. Cosmoprof, Bologna
Il successo ed il riscontro furono pressoché immediati grazie anche al circuito che fiere come la Cosmoprof sono in grado di generare (fig. 27). Dico questo perché proprio in seguito a quell’occasione, io e il mio socio Tony siamo stati invitati a Mosca, presso il Palazzo dei congressi della Camera del commercio e l’industria della federazione russa, alla quinta edizione del Convegno internazionale di medici-
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fig. 29: Sala delle conferenze della camera del commercio moscovita. L’evento fu trasmesso anche via web con più di 1600 persone collegate
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fig. 32: Fase del campionato del mondo di trucco permanente. I giudici analizzano un trucco permanente per esprimere la votazione
fig. 30b: Momento del primo corso internazionale di Tricopigmentazione presso l’accademia BIOTEK
fig. 33: Momento della premiazione nel campionato del mondo di trucco permanente
Per l’edizione successiva, infatti, già c’erano iscrizioni di operatori messicani e giapponesi e, per quel che mi riguarda, per il secondo anno consecutivo sono stato riconfermato giudice di gara (figg. 32, 33). La mia presenza in quella competizione ha sottolineato l’importanza ed il prestigio nello stile italiano nel mondo della dermopigmentazione visagistica. fig. 31: Conclusione del primo corso internazionale di Tricopigmentazione tenutosi a Milano nella prestigiosa accademia BIOTEK WORD, con grande riscontro delle operatrici russe
In occasione del congresso fu organizzata anche una competizione internazionale di trucco permanente nella quale parteciparono 80 operatrici provenienti da tutta Europa. Il fulcro della gara era il trucco permanente sopraccigliare con tecnica a pelo ed essendo l’unico campionato del settore Europeo, gli organizzatori miravano a farlo diventare una competizione di più ampio respiro.
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I. FONDAMENTI
fig. 30a: Momento del primo corso internazionale di Tricopigmentazione presso l’accademia BIOTEK
Scusa se mi dilungo a volte, ma sento così forte l’esigenza di condividere con te il mio percorso e la storia degli avvenimenti che si sono succeduti, che a volte corro più veloce della storia stessa. Torniamo a noi. Dopo questa eccitante esperienza, pensai al metodo più efficace e veloce per introdurre la disciplina, sia nel mercato che come diffusione mirata: era indiscutibilmente il mondo dei blogger. Mi lanciai in un noto forum. Fui contattato quasi tempestivamente dai gestori, per qualificarmi come esperto in Tricopigmentazione in una determinata sezione dedicata solo a me e alla materia specifica. Nel giro di pochissimo tempo è diventata la più visualizzata e cliccata di tutto il forum, ma
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ben presto lasciai quella realtà che si stava facendo troppo impegnativa per farla conciliare con il mio lavoro sul campo. Fui rimpiazzato tempestivamente, dalla Silver-lips o meglio, da alcune delle mie allieve e colleghe nell’azienda tedesca. La differenza tra la mia e la loro proposta era sì elementare, ma significativa: l’attrezzatura utilizzata nella Tricopigmentazione, nel mio metodo, era ed è il vero punto nevralgico di tutto il mio studio perché si differenzia da quella adoperata nel trucco permanente in genere.
e specifici comportamenti. Di lì, altri paesi, curiosi si saperne di più sulla Tricopigmentazione, chiesero il mio intervento a vari congressi mondiali. Ricordo con particolare compiacimento l’esperienza fatta a Miami, quella in Colombia e la recente nella fredda Norvegia (fig. 36).
Nel 2010 fui invitato a Capri. Si trattava di un convegno medico di soli medici ed io fui il primo pioniere non medico ad intervenire con l’allora giovane, ma nota, Tricopigmentazione (figg. 34, 35). Con me nasce, quindi, non solo il metodo, ma anche una nuova figura professionale, quella del tricopigmentista e pertanto, non solo il servizio alla persona, ma anche corsi specifici per gli operatori che sono tenuti a seguire un protocollo
fig. 36: Una delle molte presentazioni della Tricopigmentazione nel mondo
fig. 34: Momento della relazione intitolata “Tricopigmentazione” al congresso di Capri
fig. 35: Tavolo dei relatori del congresso di Capri. In sala erano presenti medici di chirurgia dell’autotrapianto tra i più illustri del mondo
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Ora, se ti chiedessi di andare sui Rollerblades, tu capiresti, senz’altro, che voglio sapere se sei capace di andare su dei pattini. Forse non sai che il termine “rollerblade” e “rollerblades” sono ormai utilizzati indistintamente e stanno ad indicare un qualunque paio di pattini in linea, dotato di rotelle, ma in realtà questo nome rappresenta un’azienda italiana che fabbrica questo prodotto: Rollerblade è anzitutto un marchio e solo ora, gergalmente, è diventato un termine generico e comune. Questo è esattamente ciò che si sta verificando con il marchio Tricopigmentazione®: con questo termine viene indicata la dermopigmentazione del cuoio capelluto, ma in realtà questo neologismo, composto da “trico” e “pigmentazione”, l’ho ideato, coniato e diffuso io.
I. FONDAMENTI
Ad oggi la Tricopigmentazione è una disciplina in fieri, in continua evoluzione, ma di certo è doveroso constatarne la natura vincente e l’inevitabile e crescente successo Il suo continuo studio e sviluppo porteranno alla ricerca di nuovi metodi e di nuovi prodotti anche più performanti nel tempo.
Prima di me nessuno aveva mai usato questa dicitura per indicare ciò che ho voluto intendere io e, inoltre, non è mai comparsa su nessun vocabolario. Quando pensai questo termine, considerai soltanto il fatto che suonava bene e che, in qualche modo, ricordava l’espressione Micropigmentazione, per cui lo trovai subito adatto e congeniale allo scopo che avevo: creare un contenitore capace di raccogliere tutte le innovazioni, le intuizioni ed il know-how che avevo messo appunto
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negli anni passati. A voler essere precisi fino in fondo, il mio Tricopigmentazione, nasce da una inesattezza insita nella struttura della parola stessa: analizzando le due parti che compongono il vocabolo, si parla di un’azione di pigmentazione sul pelo. In realtà, come sappiamo benissimo, noi pigmentiamo esclusivamente il derma.
Infine mi fa piacere ricordare che anche l’attuale marchio grafico della Tricopigmentazione è frutto del mio sacco: l’ho creato pensando all’hairline della testa vista dall’alto e realizzata con dei puntini (fig. 37). Di seguito vi riporto l’ultima implementazione del marchio grafico per mostrarvi l’evoluzione precedente prima di giungere all’attuale marchio (fig. 38).
fig. 38: Versione attuale del marchio Tricopigmentazione®
I.2 I limiti del trapianto, campi di applicazione della Tricopigmentazione
Vorrei introdurre questo paragrafo con l’affermazione che molti scienziati fanno e cioè che i capelli non hanno alcuno scopo funzionale e, pertanto, la razza potrebbe sopravvivere anche se tutti gli umani fossero calvi. Questione sintetizzata in modo alquanto semplicistico se si considera che ignora del tutto gli enormi significati psicologici e sociali attribuiti ai capelli. Ragione per la quale è una quantità considerevole quella delle persone che subisce il disagio della calvizie ed è la stessa che è disposta a tanto pur di trovare una soluzione. Fondamentalmente sono 3 le grandi soluzioni a questo altrettanto grande ed annoso problema. La soluzione più diffusa è quella dell’autotrapianto che consiste in un semplice spostamento di capelli, da una parte all’altra, non si tratta dunque né di un aumento né di un infoltimento. Sembra come se già configurassero da sé i limiti dell’autotrapianto. Si tratta, ad ogni modo, di una tecnica valida, ma che si trascina dietro tre grosse lacune non affatto trascurabili:
I. FONDAMENTI
Mi sento di confidarti che è abbastanza avvilente sapere quanti nostri presunti colleghi stiano sfruttando, probabilmente inconsapevoli anche di questa sfumatura linguistica, la traccia positiva creata dai nostri lavori, conseguenza di molti anni di studi ed investimenti professionali e non di meno economici. Purtroppo a questa situazione ci siamo arrivati per via della nostra inesperienza nel settore dei brevetti. La nostra “ingenuità” è stata quella di fidarci della responsabile Ufficio brevetti di una Camera del commercio abruzzese. Questa persona, una reale incapace ed ignorante in materia, ci consigliò malissimo, facendoci fare solo la registrazione del marchio figurativo e non quella sul marchio verbale. Ed è questo il motivo per cui tutti oggi possono parlare di Tricopigmentazione abusivamente. Tra l’altro i primi ad accorgersi di questa falla furono alcuni miei attuali competitors (allora allievi) che, privi di fantasia, di orgoglio e con la stessa slealtà di una jena, non esitarono ad utilizzare il termine Tricopigmentazione per pubblicizzare la loro attività, che non era niente di più di una micropigmentazione del cuoio capelluto fatta con tradizionali macchinette da trucco permanente e con aghi e pigmenti da trucco permanente.
• lascia cicatrici; • attinge capelli da quella zona denominata donor e che, comprensibilmente, non è un pozzo infinito; • la zona ricevente subisce un trauma.
fig. 37: Prima versione del marchio Tricopigmentazione®
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Non trascurabile il fatto che, in alcune situazioni, ad esempio in presenza di alopecia estesa tipo Norwood 7, sarà evidentemente impossibile trattare (fig. 39).
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Voglio percorrere insieme a te questo paragrafo raccontandoti la storia di Manuele. Che è anche la storia di Federico, Giovanni, Giuseppe… ed è anche completamente diversa dalla storia di Luca, di Alfredo, di Gaetano… Premetto che di norma più rimaniamo delusi, più diventiamo diffidenti. Nella consulenza pre-trattamento, Manuele lo era tantissimo, forse in misura eccessiva. Le sue domande erano lo specchio limpido sulla sua sofferenza, ma questa debolezza, unita al dolore, erano chiara ed evidente espressione d’aiuto disperato di chi è consapevole di trovarsi ad un passo dalla desiderata salvezza. Inizia così la storia di Manuele, sottoposto ad autotrapianto con tecnica Strip per un’alopecia del quarto grado della Scala di Hamilton. Purtroppo c’è da dire che interventi di autotrapianto mal condotti, portano spesso alla totale insoddisfazione di chi ci si sottopone. Se prima l’unico cruccio di Manuele era quello di non avere una fluente chioma, dopo l’intervento, è triplicato. Manuele si è ritrovato con la stessa calvizie di prima, con una cicatrice nucale di circa 27 cm, da orecchio ad orecchio e con il rammarico di aver speso un’importante somma di denaro. Tutto questo si traduce in un profondo stato di insoddisfazione che può sfociare nei più svariati tentativi di fuga e di occultamento della propria realtà. Per nascondere quel curioso taglio, motivo di infinite ed estenuanti domande da parte della gente, Manuele si ingegnava nel nasconderla, ma anche per nascondersi: prendeva in prestito la matita da trucco nera della moglie per coprire tutta la superficie cicatriziale, impiegando, tutte le volte, circa “20 minuti” per disegnarsi dei puntini. Risultava, certamente, un ottimo sistema per ingannare molte persone, ma, evidentemente, effimero e poco pratico. E poi ancora polverine colorate, cappellini e tagli di capelli improbabili, non andava più al mare, evitava amici e parenti, ma niente realmente aiutava Manuele a risolvere quel problema estetico.
fig. 39: Tipica situazione riscontrata quando la zona donatrice non può più fornire unità follicolari e l’alopecia continua il suo decorso, creando una zona nuda dove non è più possibile impiantare follicoli
I.3 Condizione psicologica dell’autotrapianto A questo paragrafo tengo molto. Del resto, per te è decisamente fondamentale essere dotato di una certa quantità di sensibilità e attitudine nel captare e nel saper gestire le fragilità, gli stati d’animo e quindi, anticipare e veicolare determinati atteggiamenti, tipici di chi ha un problema estetico sì, ma non di meno psicologico.
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Dopo la consulenza seguì la prenotazione del trattamento e dividemmo il percorso in due sedute, distanti circa 50 giorni l’una dall’altra, ma lo informai, da subito, che forse ne erano necessarie anche altre di perfezionamento. Scegliemmo di eseguire il lavoro di copertura della cicatrice con preparazioni coloranti bioriassorbibili. Questo significa che il lavoro doveva essere rinforzato più o meno una volta l’anno.
I. FONDAMENTI
La Tricopigmentazione è proprio su questi deficit che fa leva: non ha assolutamente la pretesa né la mission di sostituirsi alla chirurgia dell’autotrapianto, ma di essere complementare, questo sì. Questo sì perché è in grado di risolvere quei determinati limiti tecnici come la formazione di cicatrici e non mi sentirei di escludere, anzi sono certo e convinto, che ben presto diventerà prezioso supporto al chirurgo per ultimare i suoi interventi.
Arrivato il giorno dell’appuntamento, Manuele era molto nervoso. Gli chiesi di presentarsi alla seduta con i capelli rasati con la macchinetta, a circa un millimetro, e questo mise maggiormente in evidenza il chiaro segno del bisturi. Ci sono delle cicatrici che si presentano dello stesso colore del cuoio capelluto, altre invece sono più chiare, perlacee e questo perché il melanocita, danneggiato dall’esito
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cicatriziale, in quella determinata zona non è più in grado di produrre melanina. La scar di Manuele era esattamente del secondo tipo. Iniziai a decidere la tonalità del colorante da impiegare e si trattava di un castano molto freddo.
duta. Nei giorni successivi la perdita di colore fu molto inferiore alla precedente e, dopo circa 3 mesi, Manuele mi inviò una mail di ringraziamento e di soddisfazione sincera, chiedendomi già di fissare l’appuntamento per il rinforzo dopo un anno circa dalla seconda seduta (figg. 40-41).
Nella Tricopigmentazione esistono dei colori specifici, differenti da quelli utilizzati nel trucco permanente.
Ci salutammo dopo aver preso il successivo appuntamento dopo circa due mesi. Durante il periodo di assestamento del lavoro, Manuele mi inviò diverse mail per consigli sul post-trattamento e, nonostante io l’avessi informato chiaramente sull’esito della prima seduta, lui si preoccupava eccessivamente circa il notevole schiarimento. Probabilmente la sua tensione nasceva dalla paura di aver esultato troppo presto. Infatti dopo qualche giorno dal trattamento, la copertura appare perfetta, ma, questa perfezione, scompare quando il pigmento comincia a cicatrizzare e la rigenerazione dello strato epidermico crea una pellicola grigiastra che opacizza e schiarisce notevolmente il colore immesso. Delusione già vissuta peraltro, quando, dopo l’autotrapianto vide lentamente cadere innumerevoli follicoli autotrapiantati e la sua felicità tramutarsi in un senso di fallimento insopportabile. Arrivò il giorno della seconda seduta e, come mi aspettavo, il lavoro era da rinforzare. Questa strategia permette una sicurezza maggiore della riuscita del trattamento, infatti, aggiungere colore, è sempre possibile, toglierlo no. Il rischio di sovra-dosaggi di quantità e di tonalità di colore è troppo elevato. Analizzata la tinta sotto cute, ho modificato il pigmento impiegato allo scopo di far somigliare ancora di più il risultato futuro ai capelli circostanti. Il secondo incontro durò poco più di trenta minuti ed il risultato finale era sicuramente meno vistoso della prima se-
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PRIMA
DOPO
fig. 40: Manuele prima e subito dopo l’intervento
MACRO post-intervento
trattamento concluso
I. FONDAMENTI
Proseguii con la copertura di tutta la superficie utilizzando la tecnica denominata Bounce®. Il risultato di questa prima fase è quello di un effetto rasato: con un ago specifico e con dei precisi parametri è possibile produrre dei micro-puntini che, espandendosi a distanza di qualche settimana, andranno a mimetizzare la cicatrice dietro la testa. Passai alla ri-pigmentazione del tessuto rimasto chiaro tra un puntino ed un altro, utilizzando, quindi, una tonalità color pelle. Durante il lavoro chiedevo spesso a Manuele se sentisse dolore, ma la risposta era sempre negativa. Alla fine, dopo circa un’ora ed un quarto di lavoro, la cicatrice si presentava leggermente infiammata ed il puntino più piccolo di quanto sarebbe dovuto essere, il color carne molto più aranciato, ma, nonostante tutto, il risultato ottenuto nascondeva benissimo l’inestetismo iniziale.
fig. 41: Macro post-intervento Manuele a trattamento concluso
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I.4 A chi si rivolge la Tricopigmentazione? Negli ultimi dieci anni i sociologi, e non solo, hanno dimostrato quanto importante sia risultare attraenti. Il risvolto di ciò è che i meno belli o non attraenti sono potenzialmente svantaggiati in tutte le relazioni umane. Presto un quarto della popolazione avrà più di 65 anni di età e la paura di diventare calvo sta crescendo in una cultura ossessionata dalla gioventù e dalla bellezza. Non c’è da sorprendersi che milioni di euro vengano spesi ogni anno nella cura dei capelli, né che i tricologi improvvisati, venditori di “miracolose ricrescite di capelli”, come gli antichi stregoni, siano moltissimi. I medici, in particolare, dovrebbero prendere più sul serio la calvizie, considerando che, l’esercito degli autotrapiantati, cresce in maniera esponenziale: nel 2007 si sono contati circa duecentomila trapianti nel mondo, ma molti, si parla di 7 su 10, restano insoddisfatti non tanto dei risultati ottenuti, quanto dei limiti che comporta questo tipo di soluzione. La comparsa e scomparsa dei capelli ha sempre simboleggiato il raggiungimento della maturità e l’invecchiamento. Culture di rilievo conferivano ad una testa piena di capelli un’aura di bellezza, gioventù, virilità e benessere. Soprattutto il desiderio di rimanere eternamente giovani, spiega la diffusa paura della perdita di capelli associata all’età. In Italia nove milioni di persone soffrono di calvizie più o meno grave e di queste, circa il 50% sono giovani e l’altro 50% supera i 50 anni d’età. Il dato rilevante è che in maniera quasi indistinta si patisce il problema e si è alla ricerca di una soluzione (fig. 42). Ecco, la Tricopigmentazione aiuta a ritrovare un equilibrio in molti casi perso e permette di rasarsi e di piacersi in una nuova veste, grazie ad un piccolo aiuto. Risulta pertanto evidente che la Tricopigmentazione si rivolge a tutte le persone, uomini e donne, giovani e meno giovani, che hanno problemi con i capelli. Certamente
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è un progetto ambizioso, ma, come diceva qualcuno, punta sempre alle stelle se vuoi arrivare al cielo. Anche in queste situazioni le domande che ti devi porre sono comunque quelle che ti permettono di capire veramente il tuo obiettivo: Chi ha bisogno di noi? E attenzione, non pensare che il tuo sia un lavoro meramente tecnico, distante dal paziente e solo estetico: in molti casi, con la tua professionalità, doni nuovamente un sorriso e sicurezza alle persone che ti chiedono aiuto. In molti casi, vedrai, ti troverai a correggere gli inestetismi causati dagli auto trapianti: quelli che si sono affidati alla tecnica FUE presenteranno la testa costellata di spazi bianchi; quelli operati con tecnica FUT vorranno coprire le grosse cicatrici orizzontali, lunghe addirittura 30 cm e da un orecchio all’altro; ma anche pazienti con alopecie localizzata, persone che hanno perso capelli dopo uno shock emotivo o donne post parto… insomma, come vedi le cause e le dinamiche possono avere diversa natura e non sempre c’è dietro una vera e propria patologia, ma il paziente quando si rivolge a te è perché avverte un disagio e in te vede la soluzione. Il tricopigmentista deve essere quindi necessariamente aperto al mondo medico perché andrà ad implementare, con la sua tecnica, l’operato del chirurgo e, in molti casi, gli esiti negativi che esteticamente procura un intervento del genere. Al momento la collaborazione è principalmente unilaterale, ma semplicemente perché iniziamo ad esistere solo adesso. Tuttavia si iniziano ad avvertire i primi sentori di questa apertura anche dall’altra parte: sono diversi i pazienti che vengono da me perché indirizzati dal mondo medico. Questa sinergia sicuramente va coltivata e, sono certo, si otterranno risultati sempre più soddisfacenti sotto tutti i punti di vista. Fondamentale da sottolineare è che la tua pratica non è irreversibile e pertanto, dopo circa 8/12 mesi dal precedente rinforzo, andrà rifatto un intervento. In questa professione non ci si improvvisa, ecco perché ci tengo molto a marcare l’importanza dei corsi di formazione: questo manuale è un ottimo supporto di lavoro, ma non sostituisce affatto un corso.
I. FONDAMENTI
Voglio concludere questo paragrafo suggerendoti di mostrare da subito delicatezza sì, ma anche determinazione. L’autotrapiantato è scosso e deluso per cui tu dovrai essere chiaro sulle possibilità della Tricopigmentazione e, se lo riterrai opportuno e corretto, rifiutare il lavoro se l’esito prevedibile non sarà all’altezza delle aspettative del tuo cliente.
Ricordati che lavorerai molto con il portatore di protesi per cui è giusto chiarire alcuni punti per predisporsi con il giusto atteggiamento sia tecnico che emotivo. Il portatore di protesi, quello che la porta da molti anni, ha una rigenerazione cutanea differente da chi non ha nulla, per cui l’approccio sulla cute dovrà essere rigorosamente mirato e specifico rispetto a chi presenta altre tipologie di problema. Togliersi la protesi è un passaggio difficile se non impossibile per chi non ha già
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I.5 Lato emotivo del nostro cliente
Per intenderci, un puntino effettuato come su una cute che non ha mai portato protesi di alcun tipo, si trasformerà, dopo circa un mese, in una pallina da ping pong: sono necessarie pressioni diverse, tecniche diverse, colori diversi ed anche tempistiche diverse. Sembra tanto ovvio e scontato, ma alla luce di leggerezze commesse da alcuni, mi sento di ripetere e ripetere ancora questo concetto.
Questo paragrafo vorrei utilizzarlo per fare alcune riflessioni sulla malattia più ambigua della testa e quindi provare ad analizzare l’aspetto emotivo legato al nostro cliente. Saranno le innumerevoli patologie di oggi che spingono il calvo a reprimere la sofferenza causata dalla propria “malattia” o forse la paura di sentirsi dire che non è un vero problema? Eppure, nonostante il progresso scientifico e il profondo cambiamento dei canoni estetici, la mancanza parziale dei capelli, più che quella totale, continua a far soffrire chi ne è vittima. Potrebbe trattarsi del mostruoso giro d’affari generato intorno al mercato del capello, ma soprattutto a quello della calvizie: cosmesi tricologica, autotrapianti, protesi, prodotti e sistemi miracolosi, ecc... Il tempo scorre inesorabilmente, ma i problemi legati ai capelli restano, forse, gli stessi. Prima, la mancanza dei capelli veniva considerata come una punizione: nell’antica Roma, i traditori, le adultere ed i prigionieri venivano rasati totalmente. L’istituzione della “chierica” in alcuni ordini monastici aveva, ed ha tuttora, un profondo valore simbolico: rinunciare ai capelli per manifestare la propria indifferenza alle istanze mondane, per essere tutt’altro che attraente. Si potrebbe continuare a cercare a lungo tra i più interessanti riferimenti storici legati alla mancanza di capelli con un’accezione negatività. Di contro, sempre in antichità, l’abbondanza della chioma era considerata il segno visibile della autorità del Capo, così come i capelli erano l’elemento essenziale della “dignità” di un Re. Avendo questa eredità storica, non è semplice uscire da questo forte e radicato schema mentale. Quindi, per combattere la calvizie, dall’antichità fino ad oggi continuano a susseguirsi bizzarri e cruenti sistemi di rinfoltimento del cuoio capelluto. Viene quasi da ridere a pensare che i nostri antenati usavano combattere la calvizie con zampe di cani, criniere di asino seppellite e cotte nell’olio. Oppure grasso di leone, ippopotamo, coccodrillo, oca, serpente e ibis applicati direttamente sulla testa calva. Ma ancora denti di asino o di cavallo, grasso d’orso e midollo di cervo, foglie di mirto, corteccia di pino, vino bianco, olio di semi di ravanello, bacche di ginepro, assenzio, radici di felce, olio di linosa, mandorle schiacciate, crusca di frumento, polvere di mastice e tanto altro ancora.
I. FONDAMENTI
pronta un’altra soluzione certa e sicura, fermo restando che la Tricopigmentazione è ad ogni modo un supporto al trapianto.
LEGENDA 61 milioni di abitanti
70% insoddisfatti
9 milioni di calvi
30% soddisfatti
fig. 42: Diagramma a torta che illustra la quantità di calvi sul totale della popolazione italiana. Di questi soltanto il 30% può definirsi soddisfatta dell’autotrapianto.
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Pare che la “chierica” sulla nuca, una forte stempiatura o la calvizie totale, facciano malissimo all’autostima: gli uomini che ne soffrono sono molto più facilmente depressi ed introversi e con meno possibilità di sfondare nella vita. Molti studiosi pensano che siamo abituati a considerare i capelli come un “attributo sessuale” e, se i capelli non ci sono più, possiamo vivere questa condizione come se si trattasse di una regressione allo stato infantile, nel quale non si sono
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ancora ben differenziati sessi e ruoli. La perdita dei capelli è pertanto inconsciamente vissuta come castrazione, come perdita della virilità, della forza, della giovinezza, della mascolinità o della femminilità. Ad oggi questa pseudo-malattia esiste, pensa che solo in Italia circa nove milioni di persone ne soffrono in forma più o meno grave e tra questi, il 20% sono giovani maschi tra i venti e i trenta anni e il restante 50% sono uomini sopra i cinquanta anni. A onor del vero, se una malattia è qualcosa che causa dolore fisico e psicologico e, considerato che il primo passo verso la guarigione è la coscienza della stessa, si potrebbe iniziare a considerare la sofferenza generata dalla calvizie e, forse, si garantirà una maggior attenzione da chi può offrire una cura sempre più possibile. Chiaramente il tuo cliente non è di un’unica tipologia, ma potrà appartenere ad una di queste 3 macro categorie: • diradato semplice; • portatore di protesi; • autotrapiantato.
CAPITOLO SECONDO
CALVIZIE
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La calvizie comune è la forma più conosciuta delle alopecie e consiste nella mancanza totale o parziale di capelli in generale, ma ogni singolo caso specifico è una delle tante forme di alopecia. È caratterizzata da iniziale perdita dei capelli del vertice e successivo coinvolgimento di tutta la parte alta del cuoio capelluto, con tipico risparmio della nuca e delle tempie, fino alla calvizie “a corona”. Ma perché i capelli iniziano a cadere? La forma più aggressiva di questo tipo di calvizie si manifesta intorno ai 18 anni; inizia una massiccia caduta di capelli che ad ogni ciclo vengono sostituiti da capelli sempre più sottili e meno colorati, dovuti all’atrofizzazione del follicolo che pian piano non riesce più ad esprimere un capello sano e robusto come all’inizio. Hamilton, uno dei primi studiosi di questo fenomeno, classificò diversi stadi che portano alla calvizie, ma fu lo studioso Norwood a completare i suoi studi arrivando a classificare ben 7 differenti stadi di calvizie che vedrai meglio e nello specifico nei successivi paragrafi.
le perché in questa zona l’alfa 5-reduttasi è più attiva, quindi vi si concentra una maggiore quantità di DHT. Nonché per il fatto che è la parte più periferica della circolazione sanguigna del cuoio capelluto, e quindi quella che più va incontro all’atrofia dei vasi. Per l’alopecia androgenentica la causa è il Diidrotestosterone (DHT), (nome completo: 5α-Diidrotestosterone, abbreviato a 5α-DHT; INN: androstanolone). Oltre a promuovere la crescita del pelo corporeo e della barba, può influenzare negativamente la prostata e anche i capelli. Il DHT è prodotto dai maschi già nell’utero materno ed è responsabile della formazione dei caratteri di genere maschili. Il DHT contribuisce attivamente anche ad altre caratteristiche generalmente attribuite ai maschi, incluse la crescita dei peli e la profondità della voce. A prescindere, è un fattore critico il nutrimento dei bulbi. Come suddetto, l’area più periferica della circolazione sanguigna è il cuoio capelluto, e quindi la più soggetta agli effetti degli ormoni vasocostrittori periferici. Per semplificazione dividerò i tipi di calvizie in tre macro-gruppi, come fossero tre grandi famiglie: • alopecie non cicatriziali; • alopecie cicatriziali; • pseudo-alopecie.
Risulta che circa l’88% della popolazione maschile sia colpita, durante la propria vita, da questo tipo di calvizie. In questi soggetti determinate aree dello scalpo possiedono follicoli “sensibili” agli ormoni maschili (androgeni) ed è quasi certo che la predisposizione sia determinata da diversi fattori genetici. Un secondo processo patologico consiste nella perdita dell’individualità dei cicli papillari (caratteristica del cuoio capelluto adulto normale) e quindi della loro sincronizzazione. Questo fenomeno è dovuto alla riduzione della durata della fase di differenziamento.
ALOPECIE NON CICATRIZIALI
L’alopecia cicatriziale è invece una forma definitiva e quindi irreversibile: risulta danneggiata la papilla dermica con tutti gli annessi e si verifica la scomparsa del follicolo e della papilla germinativa. Certamente dietro questa diagnosi si celano patologie ben più gravi.
Un terzo fenomeno è l’aumento della fase di kenogen: quando il fusto del pelo si stacca alla fine del telogen, il follicolo è già occupato da un altro in anagen avanzato. Può comparire un intervallo tra la caduta del pelo in telogen e il suo rimpiazzo con il nuovo in anagen: durante tale intervallo fisiologico (kenogen), il follicolo rimane vuoto. Nella calvizie androgenetica vengono persi soltanto i capelli nella regione fronta-
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L’alopecia non cicatriziale è una forma temporanea e reversibile di calvizie perché gode di una inibizione funzionale della papilla del pelo solo temporanea: alopecie androgenetica, fronto parietale maschile, post gravidica, da radiazioni, da trazione, da drammi psico-fisici, post infettive, da denutrizione, da farmaci, areata, congenita… queste specifiche alopecie sono tutte appartenenti all’area delle non cicatriziali.
II. CALVIZIE
II.1 Cenni generali
ALOPECIE CICATRIZIALI 49
Puoi facilmente intuire che le aspettative di queste due tipologie di clienti sono ben diverse. Ma tu, convergerai sempre in un’unica soluzione: la Tricopigmentazione. La Tricopigmentazione è il passaggio nell’accettazione di un problema.
1. ALOPECIE NON CICATRIZIALI
1.A 1.B 1.C 1.D 1.E 1.F 1.G 1.H 1.I 1.J 1.K 1.L
Alopecia androgenetica Alopecia fronto-parietale maschile Alopecia post-gravidica Alopecia da radiazioni Alopecia da trazione Alopecia da traumi fisici Alopecia post-infettiva Alopecia da denutrizione Amminoacidi e proteine Alopecia iatrogena Alopecia areata Alopecia congenita
1. A - ALOPECIA ANDROGENETICA (“CALVIZIE ANDROGENETICA, CALVIZIE COMUNE”). L’alopecia androgenetica (detta anche calvizie androgenetica) è la forma più conosciuta delle alopecie non cicatriziali, tanto da prendere il nome di calvizie comune. È anche chiamata, con termini tutti riduttivi, seborroica, precoce, maschile. È caratterizzata da iniziale perdita dei capelli del vertice e successivo coinvolgimento alopecico di tutta la parte alta del cuoio capelluto, con tipico risparmio della nuca e delle tempie, fino alla calvizie “a corona”. L’alopecia androgenetica è accompagnata spesso, ma non costantemente, da seborrea e desquamazione furfuracea.
1.B - ALOPECIA FRONTO-PARIETALE MASCHILE
II.2 Vari tipi di calvizie Esistono numerosissime forme di calvizie (alopecia), le cui cause possono essere le più svariate, oppure casi in cui alcune di esse si mescolano e contribuiscono, in percentuali diverse, al diradamento o alla perdita di capelli. È perciò riduttivo, quando si parla di caduta di capelli, intendere solo l’alopecia androgenetica, anche se, certamente, è la forma più diffusa di calvizie ed è quella che principalmente tratterò in questa sede. Ad ogni modo, repetita iuvant, come dicevano i latini, per cui ora ti ripeterò alcuni concetti già espressi nel precedente paragrafo, ma vedrai anche quante altre situazioni esistono.
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Clinicamente è caratterizzata da innalzamento della linea fronto - parietale dei capelli che assume, nel maschio, la tipica forma ad M (“stempiatura”). Corrisponde allo stadio I di Hamilton e agli stadi 1 e 2 di Hamilton modificati secondo Norwood e non è un preludio obbligato all’alopecia androgenetica. Infatti, non di rado si osservano soggetti calvi che conservano inalterata la linea di attaccatura frontale e viceversa, e più frequentemente, soggetti “stempiati” con densità dei capelli nella zona del vertice perfettamente mantenuta. L’alopecia androgenetica e l’alopecia fronto-parietale maschile si comportano, quindi, come due forme indipendenti, determinate probabilmente da geni diversi e non necessariamente coesistenti nello stesso individuo.
II. CALVIZIE
PSEUDO ALOPECIE
La pseudo alopecia è quella situazione in cui i capelli sono stati strappati via o si sono spezzati in seguito ad eventi traumatici, chimici, infettivi o per anomalie congenite al fusto (come la tricotillomania: sfogo di un tic nervoso che provoca un visibile diradamento). Per noi tricopigmentisti, all’atto pratico, non esiste alcuna distinzione operativa per i diversi tipi di calvizie. La puntualizzazione della patologia ti servirà solo nella fase diagnostica e teorica che ti permetterà, quindi, di capire chi hai di fronte, che problema ha e anche come aiutarlo psicologicamente. Se, ad esempio, il tuo cliente soffrisse di tricotillomania, dovrai fargli capire che puoi essere il punto di rottura tra il suo problema e la fine dello stesso, quindi un valido ed efficace aiuto. Nel caso in cui il tuo cliente, invece, soffrisse di alopecia androgenetica, il tuo compito iniziale sarà quello di fargli capire che la Tricopigmentazione potrebbe diventare una compagna di viaggio fino a quando non avrà accettato il suo problema.
1.C - ALOPECIA POST-GRAVIDICA Si manifesta con un effluvium dopo 2-3 mesi dal il parto: tende a risolvere spon-
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1.D - ALOPECIA DA RADIAZIONI La radiodermite del cuoio capelluto può fare seguito a trattamenti radianti a scopo terapeutico (tumori maligni etc.), ad accertamenti diagnostici, ad eventi bellici o ad incidenti sul lavoro. Nella radiodermite acuta, piuttosto rara, si può avere un’alopecia transitoria mentre in quella cronica, che può manifestarsi anche dopo 20-30 anni e più dalla data di inizio dell’esposizione, la cute diviene secca ed atrofica (ridotta di spessore), mancano le strutture pilosebacee e si evidenziano teleangectasìe (dilatazioni permanenti dei piccoli vasi superficiali della cute) e discromie (variazioni del tipo e della tonalità dei colori). Sulle radiodermiti croniche possono facilmente insorgere epiteliomi spino-cellulari, anche a distanza di anni.
1.E - ALOPECIA DA TRAZIONE È un’alterazione piuttosto frequente e rappresenta la diretta conseguenza di trazioni continue e ripetute sui capelli: legatura, trecce, bigodini, “messa in piega”, “permanenti” etc. Nei casi più modesti il danno è evidenziabile solo al microscopio per la presenza, nella ripartizione percentuale dei capelli caduti in un lavaggio, di anagen e di capelli spezzati, normalmente assenti. In quelli più gravi, invece, già all’esame clinico si osservano eritema perifollicolare, pustole e leggera desquamazione; come per la tricotillomania, a lungo andare, possono determinarsi dei danni irreversibili. Le sedi più colpite sono quelle dei margini di inserzione, dato che a questo livello la trazione meccanica è massimale.
1.F - ALOPECIA DA TRAUMI FISICI Traumi fisici come le scottature o lesioni da pressione possono causare aree glabre. Le scottature o il congelamento prolungato, ovviamente, distruggono alcune aree della pelle e dei follicoli. I follicoli si sviluppano già quando siamo allo stato embrionale e il loro numero predefinito sarà lo stesso lungo l’arco della nostra vita. Non possiamo creare spontaneamente nuovi follicoli, così come non possiamo creare nuovi organi interni, sebbene capaci di produrre una pelle nuova senza peli durante il processo di cicatrizzazione. La pressione a lungo termine semplicemente ferma l’apporto di sangue alla pelle, e le cellule dei follicoli muoiono “di fame”. Questo tipo di calvizie può avvenire quando si è privi di sensi per un lungo
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periodo come ad esempio durante un’operazione chirurgica sul tavolo operatorio. Sarà l’accortezza del chirurgo o dell’anestesista a far posizionare la testa in posizioni differenti durante l’intervento.
1.G - ALOPECIA POST-INFETTIVA Si manifestano durante o dopo stati morbosi ben definiti. Quella tifica e quelle che avvengono durante gravi stati febbrili determinano, in genere, un effluvium in anagen, mentre quelle conseguenti a malattie febbrili più blande, alla sifilide secondaria, all’epatite virale e ad infezioni ad andamento cronico in genere, si presentano solitamente con il quadro del telogen effluvium.
1. H - ALOPECIA DA DENUTRIZIONE Vi è un diretto rapporto fra stato nutrizionale e sintesi delle cheratine dure dei peli e delle unghie. Secondo Rook, diete troppo rigide e mal equilibrate hanno contribuito all’aumento delle alopecie e delle ipotrichie riscontrate negli ultimi anni, specie nelle donne. Certamente, una dieta inappropriata può contribuire ad aggravare un defluvio già in atto, talvolta in modo definitivo.
1.I - AMINOACIDI E PROTEINE Dato che vi è un rapporto diretto fra stato nutrizionale e sintesi delle cheratine dure dei peli e delle unghie, diete restrittive e/o mal equilibrate possono essere causa di debolezza strutturale e caduta dei capelli. L alterazioni del bulbo e dello stelo del capello si verificano quando ancora non sono evidenti segni ematici di carenza proteica, come se l’organismo volesse risparmiare le proteine per le funzioni essenziali togliendole a tutte quelle sintesi di cui può fare a meno. Gli esami del sangue, se normali, non garantiscono pertanto l’assenza di carenze proteiche e di minerali a livello del capello.
II. CALVIZIE
taneamente ed è dovuta alla brusca caduta degli estrogeni circolanti (con conseguente relativa e transitoria carenza degli estrogeni stessi) e all’azione della prolattina (fisiologicamente molto alta durante la gravidanza e l’allattamento) associate allo stress del momento.
1.J - ALOPECIA IATROGENA (DA FARMACI). È un’alopecia in telogen, o talvolta in anagen, diffusa e spesso intensa. Storica ad esempio un’alopecia da acetato di tallio, una volta usato come alopecizzante per la terapia delle tigne del cuoio capelluto, ma reperibile ancora oggi nei ratticidi (rischio di ingestioni accidentali o a scopo suicida). Sottolineando che tutte le alopecie iatrogene risolvono spontaneamente alla sospensione del farmaco responsabile, riporto di seguito un elenco dei farmaci e delle sostanze alopecizzanti di uso (ed abuso) più comune.
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Ti segnalo, per curiosità, che esiste un’alopecia farmacologica da sostanze tossiche assunte con gli alimenti (alopecia da funghi contenenti muscarina, alopecia da anacardi contenenti sostanze ad azione dicumarolica, alopecia da ingestione di grosse quantità di aglio etc.).
1.K - ALOPECIA AREATA Dopo l’alopecia androgenetica è sicuramente la forma più “coinvolgente” fra le alopecie non cicatriziali. È generalmente caratterizzata da una o più chiazze, rotondeggianti oppure ovalari, di diametro medio di 3-4 cm, prive di capelli o di peli, senza alterazioni (talvolta è presente leggera e reversibile atrofia dell’epidermide) e segni clinici di infiammazione (solo in rari casi il colorito può essere roseo e associato a modesto edema), con follicoli piliferi conservati ed apparentemente indenni. La cute può apparire leggermente ipotonica (iperlassità probabilmente dovuta alla scomparsa delle radici dei capelli). Alla periferia delle chiazze, che hanno tendenza ad allargarsi in modo centrifugo, sono presenti dei piccoli capelli in fase anagen, corti e spezzati (4-12 mm di lunghezza), di aspetto distrofico, caratteristicamente sempre più assottigliati andando dall’estremità distale (scura e rigonfia) verso il bulbo (assottigliato e decolorato), definiti “capelli a punto esclamativo”. Sono tipici dell’alopecia areata e conseguenza dell’alterato funzionamento delle cellule della matrice. L’asportazione, con pinzette, di questi capelli, è particolarmente agevole a causa della mancanza delle guaine di ancoraggio. Sia il tricogramma che il controllo microscopico dei capelli caduti in un lavaggio dimostrano un defluvio in anagen distrofico.
1.L - ALOPECIA CONGENITA Un’alopecia ed una ipotrichia possono avere una origine genetica, e in questo senso anche la stessa alopecia androgenetica comune può essere giustamente considerata in questo gruppo ma, a rigore, consideriamo una serie di sindromi,
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molte di queste sovrapponibili, che hanno fra i loro sintomi l’ipotricosi o l’alopecia.
2.A Pseudoarea di Brocq 2.B Sclerodermia 2.C Lichen Planus 2.D Follicolite decalvante 2.E Tigna
2. ALOPECIE CICATRIZIALI
2.A - PSEUDOAREA DI BROCQ Con il nome di pseudoarea, Brocq ha descritto un’alopecia di tipo atrofico-cicatriziale in piccole e numerose aree, a localizzazione elettiva al vertice, caratterizzata da evoluzione lenta e progressiva in assenza di fenomeni infiammatori significativi. Le chiazze si presentano di colore bianco-avorio e glabre. Non di rado l’atrofia risparmia, all’interno delle singole chiazze, alcuni capelli che tuttavia sono facilmente asportabili con modesta trazione. Sia questi capelli, che quelli posti alla periferia delle chiazze mostrano, se asportati, una guaina traslucida, gelatinosa, più o meno spessa, che riveste per alcuni millimetri la radice. Quali sono i soggetti più a rischio per questa malattia? La pseudoarea colpisce soprattutto le donne fra 20 e 40 anni e, pur estendendosi progressivamente in modo centrifugo, difficilmente determina un’alopecia totale.
II. CALVIZIE
Acido borico, Acido nicotinico, Acido retinoico, Allopurinolo Anabolizzanti steroidei, Androgeni, Arsenico, Bismuto, Bleomicina, Captopril, Ciclofosfamide, Carbamazepina, Cimetidina, Citostatici, Clofibrato, Clomifene, Clonazepam, Cloramfenicolo, Cloroprene, Colchicina, Corticosteroidi, Danazolo, Dicumarolo, Dietilpropionato, Dixirazina, Eparina estroprogestinici, Etambutolo, Etionamide, Griseofulvina, Ibuprofene, Idantoinici, Imiprazina, Indometacina, Iodio, Levodopa, Litio, Mercurio, Metildopa, Metisergide, Metoprololo, Methotrexate, Monossido di carbonio, Morfina, Naprossina, Nitrofurantoina, Penicillamina, Potassio tiocianato, Probenecid, Procainamide Propanololo, Sali d’oro, Tallio, Tiamfenicolo, Tiouracile, Sulfasalazina, Verapamil.
2.B - SCLERODERMIA Le sclerodermie sono dermatosi croniche, anch’esse autoimmuni, caratterizzate da insidiosa e lenta trasformazione, circoscritta o diffusa, della cute che assume un aspetto cicatriziale, ispessito, non sollevabile in pieghe e un colore simile alla cera o all’alabastro. Nell’ampia dizione di sclerodermia rientrano sia forme localizzate, puramente dermatologiche, contraddistinte da chiazze a limiti netti a volte circondate da un caratteristico bordo rosso-lilla, con decorso autolimitato benigno, sia forme diffuse ad andamento progressivo in cui lo stato sclerodermico inizia subdolamente, ad esempio alle mani, al torace, al volto, per poi diffondersi alle zone adiacenti costruendo in ultimo intorno al soggetto una specie di “armatura” che rende difficoltosi o impedisce del tutto i movimenti articolari; in un periodo
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successivo vengono interessati altri organi, l’esofago, l’intestino, i polmoni, il cuore etc. con esito finale quasi sempre fatale.
3.A Tricotillomanìa
2.C - LICHEN PLANUS Il lichen planus è una frequente eruzione cutanea caratterizzata dalla comparsa di papule (rilievi circoscritti cutanei formati da un ammasso di cellule) che: a) sulla cute assumono un caratteristico aspetto poligonale (diametro 3-10 mm) con colorito rosso-lilla (in particolare sono interessate la superficie flessoria degli avambracci e dei polsi, il dorso delle mani, i genitali, gli arti inferiori); b) a livello delle regioni palmo-plantari si manifestano come semplici rilievi di tipo corneo (simulanti delle callosità); c) sulle mucose si presentano infine come papule biancastre disposte a nervatura di foglia (mucosa geniena, cioè all’interno delle guance) o rotondeggianti (sulla lingua).
2.D - FOLLICOLITE DECALVANTE
3. PSEUDO ALOPECIE
3.A - TRICOTILLOMANÌA Il termine indica un disturbo psico-neurotico in genere difficile da diagnosticare con certezza e ancora più difficile da fare accettare ai genitori del paziente. Si tratta per lo più di bambini che, più o meno coscientemente, prendono l’abitudine di attorcigliare e tirare i capelli con le dita.
II. CALVIZIE
Affezione abbastanza rara, più frequente nel maschio che nella femmina, colpisce preferibilmente l’età adulta ed è caratterizzata inizialmente da infiammazione follicolare con pustole (rilievi circoscritti cutanei contenenti pus) a capocchia di spillo situate in corrispondenza dei follicoli piliferi e successivamente da distruzione del follicolo stesso con caduta dei capelli e formazione di chiazze alopeciche cicatriziali, rotondeggianti od ovalari, con pustole disposte alla periferia. Talvolta possono permanere all’interno delle chiazze pustole isolate o qualche follicolo.
2.E - TIGNA Con il termine tigna si intende l’aggressione del capello (o del pelo) da parte di un micete (“fungo”). La tigna del cuoio capelluto si presenta con una o più chiazze eritematose, desquamanti, nelle quali i capelli sono spezzati e di aspetto impolverato. A seconda del tipo di micete in causa le chiazze potranno essere singole o poco numerose, a limiti netti, rotondeggianti, di diametro fino a 5 cm, con capelli troncati 2-3 mm sopra l’emergenza dal cuoio capelluto (tigna microsporica), oppure più numerose, a limiti indistinti, di disegno irregolare e larghezza non superiore a 1-2 cm, con capelli troncati all’emergenza (punti neri) associati ad altri “superstiti” all’interno della chiazza (tigna tricofitica). Il contagio può derivare dal contatto con animali domestici, animali da stalla, suolo, altri esseri umani. La tigna, se ben curata, regredisce e si risolve definitivamente in 4-6 settimane.
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II.3 Descrizione dell’AGA Si tratta di una condizione che comporta la perdita dei capelli e riguarda nello stesso modo entrambi i sessi. Posso affermare, tranquillamente, che si tratta della forma più comune di calvizie e diradamento dei capelli, ma è anche la più pericolosa e temuta per la sua natura falsa e lenta: se non presa in tempo la sua progressione sarà irreversibile. La calvizie androgenetica non è causata dalla poca energia che giunge al bulbo o dalla mancanza di cheratina etc., i motivi sono altri: consiste in una progressiva miniaturizzazione e superficializzazione dei follicoli dei capelli.
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Nell’uomo la gravità della calvizie aumenta con l’età e colpisce maggiormente la zona fronto-temporale e il vertice secondo il modello della Scala di Hamilton – Norwood (fig. 43, nei prossimi paragrafi lo vedrai nello specifico). Nelle donne si ha un affusolamento diffuso della corona con mantenimento dell’attaccatura frontale e, inoltre, si possono evidenziare tre principali forme di perdita di capelli: una diffusa con assottigliamento della corona frontale e attaccatura conservata; un’altra che si mostra con un assottigliamento e ampliamento della parte centrale del cuoio capelluto; una terza forma in cui è presente un diradamento associato a recessione bitemporale.
Ciò che molto probabilmente viene trasmesso, sono gli enzimi interessati alla conversione ed alla captazione degli ormoni androgeni, ovvero: le due forme isoenzimatiche della 5-alfa-reduttasi (tipo 1 e tipo 2), la P 450 aromatasi ed il recettore citosolico degli androgeni. Negli uomini predisposti all’alopecia androgenetica, la caduta di capelli può iniziare in qualsiasi momento dopo la pubertà, quando i livelli sierici di androgeno crescono, ma comunemente inizia intorno ai 18 anni del soggetto. C’è poi un’altra forma di calvizie più lenta che inizia verso i trenta anni e progredisce lentamente. Se la caduta si manifesta più lentamente (verso i 40 o i 50 anni) l’evoluzione è generalmente più progressiva. Gli uomini che presentano pochi segnali di perdita fino a circa 50 anni non dovrebbero diventare calvi. La forma di calvizie androgenetica della donna inizia invece verso i trentacinque anni e si manifesta tipicamente nei tre stadi proposti da Ludwig.
LEGENDA I settore
II settore
IV settore
V settore
III settore
fig. 43: Calvizie secondo la Scala di Hamilton-Norwood
Potrebbe essere utile, per le tue valutazioni e per il tuo approccio, conoscere il comportamento alimentare della persona e di quali farmaci fa uso poiché sono spesso causa di effluvium. La valutazione clinica si basa sull’esame del cuoio capelluto che nell’AGA di solito è normale ma che spesso presenta una dermatite seborroica che risulta potenzialmente un fattore aggravante. Esistono alcuni test che possono essere eseguiti per confermare la diagnosi di AGA, ma l’AGA resta fondamentalmente una diagnosi clinica le cui linee guida offrono al medico le indicazioni essenziali per un rapido e corretto inquadramento.
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Il soggetto colpito da calvizie non è che abbia differenti livelli ormonali da un soggetto non colpito. Ciò che sembra importante non è la quantità di testosterone presente nel sangue ma le concentrazioni, a livello pilo-sebaceo, degli enzimi necessari a convertire gli androgeni più deboli in androgeni più potenti nonché la concentrazione del recettore degli androgeni. La presenza o la carenza di questo enzima nei diversi sessi o in aree diverse del cuoio capelluto può determinare effetti diversi. Il recettore citosilico degli androgeni è presente nella papilla dermica e nel dotto pilo sebaceo. Non tutti gli androgeni hanno la stessa affinità verso il recettore. Nell’ordine hanno affinità maggiore: DHT, testosterone, estrogeni, progestinici. I 4 maggiori androgeni sono:
II. CALVIZIE
Gli ormoni sono messaggeri chimici, portati dal sangue e agenti sul corpo, ove vi siano i corrispettivi recettori. Sono prodotti e controllati dal sistema endocrino (ipofisi, tiroide, paratiroidi, surrenali corticale e midollare, pancreas insulare, gonadi o ghiandole sessuali, cioè testicolo e ovaio, alcuni aggiungono anche timo e epifisi). Gli estrogeni sono invece ormoni steroidi femminili ad azione femminilizzante. La calvizie androgenetica per manifestarsi ha bisogno degli androgeni, ma la causa non sono gli androgeni, bensì il messaggio genetico da essi portato.
• Testosterone; • DHT; • DHEA; • Androstenedione. L’estrogeno più importante e potente è il 17-beta-estradiolo prodotto dall’ovaio e
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T 5aR
T T
T
5aR 5aR DHT DHT
DHT
ii.4 sCala di hamilton Le prime classificazioni scientifiche della calvizie si devono all’opera del Dr. James B. Hamilton, che nel 1951 sviluppò il primo utile sistema di classificazione per misurare l’estensione della calvizie androgenetica nell’uomo (fig. 45). Hamilton prese in considerazione 312 uomini e 214 donne di un’età compresa tra 20 e 89 anni e li classificò in cinque stadi: I
arretramento simmetrico fronto-temporale con eventuale successivo arretramento della linea frontale: non rappresenta un preludio obbligatorio alla calvizie;
II
accentuazione del primo stadio con un evidente hairline maggiormente arretrato, leggero arretramento anche della linea frontale e diradamento del vertice;
III
le due zone alopeciche, anteriore e posteriore, tendono a confluire e persiste solo una stretta striscia di capelli: in questo stadio il passo verso la protesi è dietro l’angolo;
IV
alopecie definitiva: fronto-parietale e del vertice con permanenza di una corona di capelli nella zona temporo-occipitale;
V
rappresenta lo stadio ultimo dell’alopecia.
Normalmente, sono definiti soggetti con Hamilton di tipo I quando non soffrono di calvizie. Hamilton lo descrisse come “l’assenza di recessione bilaterale lungo la linea anteriore dell’attaccatura nelle regioni frontoparietali”.
II. CALVIZIE
in forti quantità dalla placenta durante la gravidanza, viene ossidato nel fegato in estrone e quindi in estriolo. Nell’uomo il più importante per la calvizie androgenetica sembra essere il DHT, mentre nella donna ha maggiore importanza il DHEA, prodotto dalle ghiandole surrenali nella misura del 95% e l’androstenedione prodotto dal 50% dall’ovaio e dal 30% dalle surrenali. Questi ormoni hanno attività androgena piuttosto debole, eppure, a livello periferico, c’è una quota convertita in ormoni ad attività androgena più potente. Il DHT è tossico per i follicoli piliferi nello scalpo, predisposti geneticamente ed è quest’ormone che trasforma i peli vellus in peli terminali nell’adolescente. L’enzima 5-alfa-reduttasi è abbondante nello scalpo tanto da favorire l’accumulo di DHT. La produzione di pigmento diminuisce, tanto da dare l’impressione di mancanza di capelli che in realtà ci sono, ma appaiono più sottili e privi di pigmento. Tale reazione è probabilmente responsabile della futura “morte” del follicolo; dopo qualche anno i follicoli non produrranno più un capello terminale, ma un vellus, cioè un capello tipo quelli dei neonati, non pigmentato dal proprio colore naturale dei capelli e piccolissimo, quasi invisibile. Dopo ancora qualche anno il follicolo sparisce, quindi il capello in pratica sarà morto definitivamente (fig. 44).
È dunque importante sottolineare come l’attaccatura alta non sia dovuta ad una recessione della linea frontale, ma rappresenta il risultato di un’eredità genetica e tratti familiari, pertanto, è da ritenersi come una condizione normale.
fig. 44: Il ruolo degli ormoni nel processo di calvizie
60
61
III
IV
VI
II
III VERTEX
V
II.5 Scala di Norwood Negli anni 70 Norwood approfondì gli studi condotti da Hamilton negli anni 50 ed arrivò a quella che oggi viene conosciuta come Scala di Norwood (fig. 46) della calvizie, aggiungendo i gradi IIIa, III vertex e IVa. Norwood, più di 25 anni dopo, migliorò questa classificazione “per illustrazioni” dell’alopecia androgenetica. La Scala di Norwood, è più articolata e analitica tanto da essere considerata come modello di riferimento, ma essendo un approfondimento di quella di Hamilton, prende il nome di Norwood-Hamilton. Questa scala considera 7 stadi, alcuni dei quali ulteriormente frazionati, in modo da ottenere ben 12 possibilità. I
Mentre Hamilton non contemplava un cosiddetto stadio normale, Norwood sì: un soggetto normale e cioè sano, senza problemi.
II
Corrisponde allo stadio I di Hamilton e quindi considera il solo arretramento fronto-temporale.
II.A
È come il II, ma associato all’arretramento della linea frontale per cui l’hairline è completamente indietro.
III
Corrisponde sempre allo stadio I di Hamilton e quindi assenza di diradamento del vertice, ma presenza di arretramento fronto-temporale più accentuata: la stempiatura risulterà maggiormente accentuata.
III.A
Come lo stadio III per quanto riguarda la stempiatura importante, ma è associata ad un arretramento della linea frontale che va completamente indietro pur non ancora intaccando il vertice.
III
Rappresenta un’estensione del III. Associa il III e il III.A con un diradamento del vertice: esistenza di una stempiatura abbondante con un diradamento del vertice. Corrisponde allo stadio II della Scala di Hamilton. La maggior parte degli uomini dopo i trent’anni si trova in una situazione da III vertex che posso affermare, essere la più comune e diffusa.
VII
VERTEX
IV
II. CALVIZIE
I
Iniziamo con gli stadi più problematici che però possono presentarsi anche in età piuttosto giovane con una striscia larga composta da capelli
fig. 45: Scala di Hamilton
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63
VA
II. CALVIZIE
VII
Pura corrispondenza con lo stadio V di Hamilton. VI
VI
IV A
Corrisponde esattamente allo stadio IV di Hamilton: il vertice sarà talmente diradato che ha intaccato la stempiatura. Resta solo una sottilissima linea di capelli all’altezza delle orecchie.
V
VI
IV
Come lo stadio IVA per cui sarà visibile un forte arretramento della linea di attaccatura ed un leggero diradamento sul vertice che però non sarà scontato. Questo stadio corrisponde al IV di Hamilton, ma meno accentuato.
III A
V.A
III VERTEX
Come lo stadio IV, ma più accentuato. Corrisponde allo stadio III di Hamilton e quindi siamo in presenza di una maggiore stempiatura e di un diradamento più visibile.
III
V
II
Notevole arretramento della linea di attaccatura anteriore che arriva a confinare con la linea virtuale e cioè quella che congiunge la sommità delle due orecchie. Se l’arretramento arriva lungo quella linea, bene, quello è lo stadio IV.A. Tutto questo fenomeno, interessa la parte superficiale perché nella corona temporale i capelli rimangono: la presenza di diradamento del vertice non è affatto scontata, ma la striscia di capelli superstiti è assente in ogni caso.
I
IV.A
II A
superstiti tra le zone alopeciche anteriori e posteriori: questo stadio corrisponde perfettamente al III di Hamilton.
fig. 46: Scala di Norwood
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II.6 Scala di Ludwig La calvizie di modello femminile è stata classificata da Ludwig (da qui il nome della scala relativa, fig. 47) anche se con evoluzione molto più semplice rispetto ai modelli tipicamente maschili visti nei precedenti paragrafi, e cioè in 3 semplici stadi di sviluppo. Ludwig divise arbitrariamente l’alopecia androgenetica femminile in tre specie basate sulla densità di capelli, classificando l’intensità della calvizie femminile dal grado più lieve (tipo I) al grado più intenso (tipo III). L’alopecia androgenetica sembra essere comune nelle donne come negli uomini. Nelle donne, una diminuzione della densità di capelli diventa specialmente osservabile al momento della menopausa e può comprendere una ulteriore recessione bitemporale. Comunque, la ghiandola surrenale subisce indipendentemente i cambiamenti della produzione androgena nelle donne oltre i cinquanta anni e può avere un ruolo in questa perdita di capelli.
Nonostante sia sempre più diffusa la calvizie nella donna (probabilmente legata a fattori non solo ormonali e genetici, ma anche ambientali, alimentari e psicologici) lo stadio III è molto raro ne risultano affette solo il 5% delle donne con problemi di calvizie comune.
I1
I2
I3
I4
II1
II2
III
AVANZATA
FRONTALE
TIPO I
TIPO II
TIPO III
diradamento percettibile dei capelli sulla corona limitato ad una linea situata 1-3 centimetri dietro la linea frontale
rarefazione pronunciata dei capelli sulla corona
diradamento molto avanzato su tutta l’area interessata nel tipo I e II
La calvizie di modello femminile (anche se non è raro riscontrare questo tipo di calvizie anche in soggetti maschili) ha come particolarità che i capelli si diradano uniformemente su tutta la zona superiore dello scalpo, lasciando apparentemente integra la linea frontale: i soggetti colpiti da questo tipo di calvizie hanno una situazione ormonale e genetica diversa dai soggetti colpiti da calvizie a modello maschile (stempiatura e diradamento del vertex) e potrebbe inoltre spiegare perché in tutti quei soggetti che hanno una casistica non perfettamente riconducibile al modello maschile il trattamento medico risolve solo parzialmente il problema.
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II. CALVIZIE
Basando i propri studi sull’osservazione i 468 casi, Ludwig sviluppò il seguente schema:
fig. 47: Scala di Ludwig
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CAPITOLO TERZO
AUTOTRAPIANTO
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Ritengo che sia assolutamente necessario che ti riesca a distinguere da tutti i numerosi “tatuatori” dermopigmentisti, non solo per la tua alta professionalità, ma anche per l’uso di un linguaggio e di una terminologia specifica, non improvvisata e, soprattutto, corretta e di tua padronanza. Mi sento, a tal proposito, di suggerirti di imparare bene sia i termini tecnici che seguono, sia il loro significato e, se lo riterrai utile, approfondisci pure: non sottovalutare mai la potenza e l’effetto determinante che può avere l’uso di un gergo corretto. 1. BTH;
15. HT;
2. HAIRLINE;
16. TRANSECTION;
3. DONOR (ZONA DONATRICE);
17. TRANSECTION RATE;
4. ZONA RICEVENTE;
18. SHOCK LOSS;
5. PUNCH;
19. HAIR MULTIPLICATION;
6. STRIP;
20. PLUG;
7. TRICOPHITYC CLOUSURE;
21. SCAR;
8. FUE/FIT/FUS;
22. BROW LIFT;
9. UF;
23. CROWN
10. GRAFT;
24. MID
11. PUNCH GRAFT;
25. MID VERTEX;
12. MINI GRAFT;
26. IMPLANTOLOGIA CAPILLARE;
13. MICRO GRAFT;
27. ROTAZIONE DEI LEMBI;
14. FOLLICULAR UNIT GRAFT;
28. SLIT.
1. BHT: il Body Hair Transplant (trapianto di peli corporei) è una tecnica in sperimentazione che prevede il trapianto di peli corporei al posto dei capelli, prelevati tramite tecnica FUE. Alcuni studi indicano che il pelo, trapiantato nel cuoio capelluto, tende ad assumere le caratteristiche dei capelli, aumenta la sua massima lunghezza ed il diametro. Le percentuali di attecchimento sembrano inferiori a quelle di un trapianto di capelli e, i tempi di ricrescita, sono mediamente più lunghi.
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2. HAIRLINE: abbreviato con HL, indica l’attaccatura frontale dei capelli e, ricostruirlo, significa re-infoltire questa zona e ricreare un’attaccatura definita, che di norma viene meno a causa della progressione della calvizie comune. 3. DONOR (ZONA DONATRICE): zona dalla quale vengono prelevati i capelli da trapiantare. Questi capelli, nella calvizie comune, non cadono perché geneticamente non subiscono l’effetto del DHT. 4. ZONA RICEVENTE: zona nella quale si trapiantano i capelli, quella da re-infoltire. 5. PUNCH: bisturi circolare che serve per le estrazioni nella tecnica FUE delle unità follicolari. Le sue misure, attualmente, vanno da un diametro di 0,5 mm a un diametro di 1,3 mm. 6. STRIP: tipologia classica di trapianto di capelli. Strip letteralmente significa striscia: viene infatti prelevata una striscia di cuoio capelluto dalla zona occipitale della nuca che fornisce i capelli da trapiantare nelle zone glabre o diradate. Una volta prelevata la striscia, i due lembi del cuoio capelluto vengono avvicinati e suturati. Da questa sutura deriva una cicatrice, che può essere più o meno sottile, in base a vari fattori. I capelli, o meglio, le unità follicolari del cuoio capelluto prelevato, vengono estratte dalla striscia e trapiantati. In riferimento alla cicatrice, una cicatrice ottima è di 1-2 mm, una media dai 3 ai 5, una pessima ben oltre i 5 mm di larghezza. Una cicatrice media risulta invisibile, tenendo i capelli tagliati da 1,5-2 cm in su circa. Risulta la tecnica più collaudata e capace di garantire alte percentuali di ricrescita dei capelli trapiantati. 7. TRICOPHITYC CLOUSURE: nuovo tipo di sutura, applicata per chiudere la zona di prelievo nei trapianti Strip. I due lembi non vengono avvicinati normalmente, ma viene creato uno scalino che permette alla parte superiore di un lembo di sovrapporsi all’altro. In questo modo i capelli sottostanti cresceranno “dentro” la cicatrice e tenderanno a ridurre ulteriormente la sua visibilità.
III.AUTOTRAPIANTO
III.1 Glossario tecnico commentato
8. FUE: acronimo inglese di Follicular Unit Extraction. In base ai vari chirurghi che la praticano può essere chiamata FIT (Follicular isalation tecnique), o FUS etc. Tipologia più recente di trapianto di capelli, che prevede l’estrazione singola delle unità follicolari dalle zone del cuoio capelluto dove i capelli non sono soggetti a caduta. Una volta prelevate, le unità follicolari vengono trapiantate nelle zone glabre o diradate, come succede nel trapianto classico. Gli esiti cicatriziali di questo intervento sono meno visibili della linea lasciata dal trapianto Strip (pur dipendendo
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9. UF: abbreviazione di follicular unit (unità follicolare). L’unità follicolare è formata da un gruppo di capelli che si sviluppa insieme. Nell’adulto, sono formate da 1 a 4 capelli nella maggior parte dei casi e di norma vengono prelevate e trapiantate senza essere divise. Spesso ciò non accade, soprattutto nel caso di scarsa disponibilità di UF e nel caso si debba ricostruire l’hairline (per creare un aspetto più naturale). Dividere le unità follicolari e trapiantare singolarmente i capelli può comportare una loro ricrescita più lenta ed un loro ridotto ispessimento. 10. GRAFT: è “l’innesto” del capello o del gruppo di capelli che viene inserito nell’incisione fatta dal chirurgo nella zona da re-infoltire. Di norma una graft corrisponde ad una unità follicolare, ma può darsi che a volte quest’ultima venga divisa per creare più grafts, considerando le UF. Una cosa da tenere presente è che di solito si paga l’intervento in base alle grafts inserite e non alle unità follicolari estratte, sia che si tratti di interventi Strip che di interventi FUE. 11. PUNCH GRAFT: innesto circolare con un diametro fino a 4 mm, contenente da 15 a 20 capelli circa. 12. MINI GRAFT: innesto con un dimetro da 1,5 a 2,5 mm circa, contenente da 5 a 10 capelli. 13. MICRO GRAFT: innesto con diametro da 1 a 1,5 mm, che però non considerava le unità follicolari e produceva bassa percentuale di ricrescita. 14. FOLLICULAR UNIT GRAFT: innesti attuali.
ed è sempre presente il “rischio” di danneggiare le uf vicine. Questo per quanto riguarda la transection in zona donatrice. La transection in zona ricevente è conseguenza di incisioni “sbagliate” che danneggiano i capelli vicini. Ciò capita solo se si trapiantano zone diradate e non se si trapiantano zone glabre, visto che in quest’ultimo caso non ci sono capelli contigui da danneggiare. Questo è uno dei motivi per il quale il trapianto in zone in cui vi sono ancora capelli è più “delicato” del trapianto in zone senza capelli. Nota però, che sia per trapianti Strip che FUE, il fatto di affidarsi ai migliori chirurghi, limita o addirittura annulla il rischio di transection. 17. TRANSECTION RATE: percentuale di capelli soggetti a transection sul totale delle uf trapiantate. 18. SHOCK LOSS: termine utilizzato per indicare la caduta dei capelli indigeni in seguito al trauma dell’intervento di autotrapianto. Lo shock loss è più frequente quando si opera in zone diradate ed è impossibile da prevedere con certezza. I capelli caduti in seguito a shock loss, di norma ricrescono, ma la ricrescita è dipendente dal loro stato di salute. Se a cadere sono capelli già fortemente indeboliti dalla calvizie, può darsi non ricrescano più. La differenza fondamentale tra shock loss e transection è che lo shock loss non è determinato da un errore del chirurgo e che non deriva da danneggiamento della uf. 19. HAIR MULTIPLICATION: abbreviato spesso in HM, è quel settore della ricerca che si occupa dello studio e dello sviluppo di prodotti e metodi per moltiplicare il numero di capelli utilizzabili per curare la calvizie. Non è più previsto l’innesto di una uf per volta nell’area ricevente, ma vengono utilizzate micro-iniezioni di una matrice cellulare derivata dalle proprie cellule (ricavate dalla biopsia) per indurre la ricrescita di capelli. 20. PLUG: sono degli innesti mal posizionati o degli innesti che non rispecchiano i naturali gruppi di capelli all’interno dell’unità follicolari e causa de “l’effetto a bambola”.
III.AUTOTRAPIANTO
comunque da vari fattori) e in media praticamente invisibili già con i capelli tagliati a circa 3-5 mm. È una tecnica molto meno invasiva e presenta sicuramente molti vantaggi, ma è più costosa della Strip (in media il doppio), e la percentuale di ricrescita è “meno garantita” e più dipendente dall’abilità del chirurgo. Normalmente richiede la “rasatura” della zona donatrice.
15. HT: hair transplant ovvero trapianto di capelli. 21. SCAR: è la cicatrice. 16. TRANSECTION: è il danneggiamento dei capelli “vicini” a quelli da estrarre o vicini a quelli trapiantati. I danni causati in questo caso sono difficilmente reversibili, visto che vengono danneggiate fisicamente le strutture necessarie alla crescita del capello. Nel caso di trapianto Strip, la transection può avvenire per i capelli vicini ai due tagli del bisturi. Nella FUE la transection può avvenire “teoricamente” ad ogni estrazione, visto che le unità follicolari vengono estratte singolarmente
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22. BROW LIFT: nei casi in cui gli innesti vecchio stampo (plug ad isole) sono impossibili da rimuovere via FUE senza causare danni (tessuto cicatriziale) e se hanno direzioni eccessivamente errate o il paziente ha necessità di recuperare tutti i plug e riutilizzarli, si può utilizzare questa tecnica (brow lift). Si tratta di rimuovere una piccola striscia di pelle (losanga) contenente i plug o gli innesti indesiderati e
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23. CROWN: sommità, cimam. 24. MID: medio, di mezzo. 25. VERTEX: vertice. 26. IMPLANTOLOGIA CAPILLARE: a capelli naturali di donatori sani o a capelli sintetici, viene fatto un nodino da una parte, aggiunta poi una sostanza tutt’intorno per ripararlo dagli agenti esterni, come a creare un effetto guaina che lo tuteli nel tempo; successivamente si inserisce un ago nel nodino fatto ed infine, il capello viene sparato in una zona specifica. Questa operazione si effettua ad un capello per volta e naturalmente la durata di questa soluzione è limitata nel tempo. Inoltre sono davvero pochi i centri che si occupano di implantologia capillare. 27. RESTRIZIONE DEL LIMITE DEL CUOIO CAPELLUTO: tecnica che consiste nella rotazione della pelle da una parte all’altra o nell’avvicinamento di due lembi. 28. SLIT: fenditura creata dal chirurgo per inserire la singola unità follicolare o graft.
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III.2 Tecnica FUT La parola FUT è l’acronimo di trapianto a singole unita follicolari. Ha preso il nome da una rivista pubblicata da un gruppo di chirurghi nel 1998. Non si tratta, evidentemente, di una tecnica obsoleta, ma iniziò con il metodo della dissezione microscopica del dott. Hillmer nel 1988. Il principio teorico è semplice. Si tratta di trasferire i capelli dalla parte posteriore del cuoio capelluto verso la parte anteriore. I capelli trasferiti sono geneticamente diversi. L’intervento si svolge in qualche ora, sotto anestesia locale ed è praticamente indolore. La rimozione dello Strip è realizzato sulla parte alta della nuca, sotto la forma di una fascia di capelli che sarà in seguito minuziosamente tagliata. La cicatrice di 1mm di larghezza, è totalmente invisibile, poiché nascosta sotto i capelli. Quanti più interventi sono realizzati, il nuovo Sliver sarà estratto in modo da riprendere la vecchia cicatrice e mantenerne così solo una. Per facilitare il taglio degli innesti, la striscia è suddivisa in Sliver o fasce con l’aiuto esclusivo di un microscopio. Questi Slivers comportano una sola fila di follicoli che sono in seguito suddivisi in innesti. Ogni micro innesto è piazzato manualmente. Velocemente, gli innesti si adatteranno alla pelle e già dal giorno dopo, possono essere toccati senza la paura di farli uscire dalle incisioni. I capelli crescono nei giorni che seguono l’intervento. Generalmente, cadono a partire dal decimo giorno. I capelli che cadono sono interi, compreso il bulbo e spesso questo spaventa il paziente. Non bisogna preoccuparsi, infatti le cellule madri, che producono il nuovo capello, sono sempre presenti nel cuoio capelluto e assicurano la ricrescita dopo circa due o tre mesi. L’obbiettivo di un trapianto di capello dovrebbe essere di piazzare il più grande numero di capelli possibile nel più piccolo volume possibile. Grazie al taglio sotto microscopio, gli innesti pronti sono molto fini poiché si elimina sia la pelle in superficie, ma anche il grasso della profondità ed il tessuto presente tra ogni follicolo. Non bisogna attendere di essere calvi per prevedere un trapianto capillare. È frequente vedere delle piccole cicatrici alla base di ogni innesto quando i dottori usano del materiale poco affilato, che distrugge i tessuti o peggio ancora quando vengono usati dei punchs per realizzare le incisioni. Invece, quando le incisioni sono realizzate con dei piccoli strumenti taglienti, la cicatrice é invisibile. Come vedi, è una tecnica piuttosto invasiva, ma ad oggi, la FUT è valutata come la miglior risposta al problema della calvizie in genere ed è, inoltre, considerata come golden standard e pertanto la tecnica preferita nei congressi di chirurgia tricologica (fig. 48).
III.AUTOTRAPIANTO
dissezionarli in modo da poterli riutilizzare immediatamente. Ovviamente questa estrazione lascia una cicatrice in hairline che è suturata ma che, essendo in una zona elastica, è di dimensioni ridotte in quanto a larghezza (1mm di norma).
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step 1: ANESTESIA
fig. 48a
step 3: LOSANGA PRELEVATA
fig. 48c
step 4: APPLICAZIONE (staples)
III.AUTOTRAPIANTO
step 2: RIGONFIAMENTO (tumescenza)
fig. 48b
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fig. 48d
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step 5: SLIDERING
fig. 48e
step 7: ANESTESIA AREA RICEVENTE
fig. 48g
step 8: CREAZIONE DELLE SLIT SULL’AREA RICEVENTE
III.AUTOTRAPIANTO
step 6: DISSEZIONE DELLE GRAFT
fig. 48f
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fig. 48h
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step 9: IMPIANTO GRAFT
III.3 Tecnica FUE La tecnica FUE (Unità Follicolare Estrattiva) è un metodo minimamente invasivo per il ripristino dei capelli il quale, non necessita l’utilizzo di strisce di cuoio capelluto che vengono prelevate dalla nuca. Si evitano, quindi, scalpelli e punti di sutura per tutta la durata del procedimento e i follicoli dei capelli sono estratti uno ad uno dalla parte donatrice (nuca) e ri-impiantati con un unico strumento. Il procedimento FUE non comprende gli interventi comunemente conosciuti come strip extraction o hair plugs e, pertanto, non viene effettuato nessun taglio e rimozione di pelle dallo scalpo e non vengono impiantati gli “hair plugs” che creano un’apparenza così innaturale.
Mi sento libero di affermare, data la mia decennale esperienza che, la densità ottimale da applicare dovrebbe essere di 50 UF/cm2 e ritengo inoltre che, se si superasse questa soglia, la circolazione sanguigna non sarebbe sufficiente per tutti gli innesti e ciò ridurrebbe il tasso di successo. Visto che gli strumenti utilizzati sono molto sottili, la tecnica FUE lascia dei puntini come unici segni nella zona donatrice e risultano visibili prettamente da vicino: una persona che ha subìto un intervento con tecnica FUE, negli anni successivi può tranquillamente radersi i capelli, preoccupandosi relativamente delle cicatrici.
III.AUTOTRAPIANTO
FUE è il metodo così definito nei primi studi Masumi Inaba e Rassman a metà degli anni 90 nella quale tecnica, i follicoli piliferi vengono estratti uno ad uno dalla zona donatrice con l’aiuto di una pinzetta estremamente sottile. La scelta del diametro della pinzetta dipende dallo spessore del follicolo pilifero da prelevare e, può essere di 0,7 mm, 0,8 mm o 0,9 mm. Poiché le grafts estratte sono relativamente sottili, è possibile eseguire un trapianto a densità maggiore rispetto alla tecnica FUT (70-80 UF/cm2). Dato che le strutture dermiche, che supportano il follico, sono più sottili se comparate alla tecnica FUT, la percentuale di ricrescita in alcuni individui può essere inferiore del 10-15% (fig. 49).
La Tricopigmentazione ti permetterà di lavorare con perfetti risultati su chi è stato operato con tecnica FUE: sarai in grado di coprire, quasi completamente, gli esiti cicatriziali del tuo cliente.
fig. 48i
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step1: ANESTESIA
fig. 49a
step 3: ESTRAZIONE UNITÀ FOLLICOLARI
fig. 49c
step4: CONTROLLO UNITÀ FOLLICOLARI (con divisione per grandezze)
III.AUTOTRAPIANTO
step 2: CREAZIONE INCISIONI ATTRAVERSO PUNCH
fig. 49b
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fig. 49d
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step 5: ANESTESIA AREA RICEVENTE
step 7: IMPIANTO GRAFT
fig. 49e
III.AUTOTRAPIANTO
step 6: CREAZIONE DELLE SLIT SULL’AREA RICEVENTE
fig. 49f
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fig. 49g
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III.4 Esiti cicatriziali
processo avviene per fasi distinte, ma che in alcuni momenti possono sovrapporsi, precedute da una fase preliminare emostatica.
La cicatrice è un tessuto fibroso che si forma per riparare una lesione, che sia di natura patologica o traumatica ed è dovuta alla proliferazione del derma e dell’epidermide. Nel processo di cicatrizzazione si possono presentare delle alterazioni: per eccesso (cicatrice ipertrofica) o per difetto (cicatrice atrofica). Nella cicatrice ipertrofica, il tessuto si forma in grande quantità rimanendo poi sempre rilevato e dolente; in quella atrofica, il tessuto che si forma è insufficiente e le ferite, apparentemente rimarginate, potrebbero riaprirsi. La cicatrice si mostra liscia, di colorito più chiaro o più scuro rispetto al tessuto circostante, non sono presenti né peli, né aperture ghiandolari né solchi cutanei e, rispetto al piano superiore, la cicatrice può apparire piana, rilevata o infossata. La sua forma ricalca il processo patologico che l’ha determinata. Il tessuto cicatriziale non è identico al tessuto che rimpiazza ed è abitualmente di qualità funzionale inferiore.
1. La fase emostatica, costituisce la risposta locale all’emorragia, provocata dalla rottura dei vasi sanguigni, mediante l’azione dei trombociti e l’attivazione dei fattori tissutali della coagulazione. Questa fase è caratterizzata dalla formazione di un coagulo, struttura costituita da una rete di fibrina nella quale rimangono imprigionati gli elementi corpuscolati del sangue, che occupa la ferita. Questo coagulo è poco aderente alle pareti e può essere rimosso facilmente anche da piccoli traumi.
Le ferite possono andare incontro a guarigione con tre modalità differenti: • per le ferite da taglio, si riduce al minimo la perdita di sostanza per accostamento dei lembi, favorendo il riempimento da parte del tessuto di granulazione con tempi di cicatrizzazione rapidi e risultati estetici buoni; • per le ferite non suturate e, quindi, lasciate aperte, per scelta o per necessità, il tessuto di granulazione, che si forma sul fondo della lesione, si riempie dal basso in superficie con un processo che richiede tempi più lunghi e che può determinare inestetismi anche gravi; • per le ferite chirurgiche andate incontro, nel decorso post-operatorio, a una deiscenza parziale o totale. Il trattamento di questa complicazione prevede di norma la riapertura completa della ferita, la sua accurata detersione, l’asportazione delle aree mortificate. In un secondo momento, valutata la situazione locale e dopo aver escluso la presenza di focolai di infezione, si può procedere a una nuova sutura dei lembi. Il processo di guarigione consiste in una serie di eventi finalizzati alla neoformazione di un tessuto di natura connettivale, quindi diverso da quello originario. Il
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3. La fase proliferativa ha inizio già a qualche ora di distanza dall’evento lesivo e ha lo scopo di rimpiazzare il coagulo con una struttura solida, definitiva. È contraddistinta dalla proliferazione cellulare delle strutture epiteliali, endoteliali e connettivali presenti sui bordi della ferita, che dà origine a un tessuto detto di granulazione per il suo caratteristico aspetto granuloso. 4. La fase della maturazione corrisponde a quella fase in cui la ferita, inizialmente edematosa ed arrossata, viene stabilmente e definitivamente chiusa da una cicatrice con caratteristiche ben diverse: di colorito pallido, liscia, anelastica, priva di annessi cutanei con irrorazione e innervazione ridotte. Questa fase dura almeno tre settimane, ma a volte prosegue anche per mesi o per anni.
III.AUTOTRAPIANTO
La terapia delle cicatrici varia in rapporto al tipo di cicatrizzazione. È importante distinguere la cicatrice ipertrofica dal cheloide ai fini terapeutici: nel secondo caso è bene evitare l’asportazione chirurgica. In ogni caso l’unica terapia per la cura estetica delle cicatrici è la chirurgia estetica.
2. La fase infiammatoria, rappresenta la risposta tipica dell’organismo agli insulti patogeni; nel caso della ferita, provvede alla circoscrizione e alla eliminazione dell’agente microbico, degli eventuali corpi estranei e delle cellule necrotiche, ma anche all’attivazione di quei fattori che sono alla base dei successivi processi proliferativi e quindi della riparazione o sostituzione del tessuto danneggiato. La reazione infiammatoria inizia immediatamente dopo il trauma e dura qualche giorno, prolungandosi anche durante la fase successiva.
Sul processo di guarigione delle ferite possono incidere negativamente alcuni fattori locali e altri generali.
FATTORI LOCALI • Alterazione della irrorazione sanguigna: per deficit dell’apporto arterioso o dello scarico venoso dovuti a patologie vascolari concomitanti o alla sede della ferita; • malattie locali: come le affezioni dermatologiche, le ulcere e gli eczemi vari-
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cosi, le infezioni; • presenza di corpi estranei: rappresentati da terriccio, schegge, frustoli di tessuto ma spesso anche dagli stessi materiali di sutura che possono determinare un’azione di rigetto da parte dell’organismo; • localizzazione e direzione della ferita: le ferite cutanee guariscono meglio se seguono alcune linee virtuali e se non sono a contatto con salienze ossee;
smo. Per questo, a differenza che nel caso precedente, la terapia chirurgica non produce effetti positivi se prima non si correggono le carenze sistemiche; • cheloide, si distingue dalla cicatrice ipertrofica perché si presenta più esuberante e quindi dislocata rispetto alla ferita originaria e, quindi, molto più deturpante. Sembrano avere un ruolo importante la predisposizione familiare o individuale, il sesso (femminile), l’età (giovanile).
• presenza di grossi ematomi o raccolte sierose.
FATTORI GENERALI
CHELOIDE
IPERTROFICA
IPOTROFICA
• età del soggetto: la guarigione delle ferite è più lenta nei soggetti anziani; • stato nutrizionale e carenze vitaminiche: individui con gravi carenze nutrizionali, soprattutto proteiche, presentano un ritardo significativo del processo cicatriziale;
Dal punto di vista estetico ogni cicatrice, grazie alla fase di maturazione, migliora il proprio aspetto col passare del tempo fino a diventare quasi invisibile anche se spesso continua ad essere vissuta come un inestetismo più o meno grave. In alcune circostanze, tuttavia, gli esiti possono essere obiettivamente deturpanti. Occorre precisare che, indubbiamente, alcuni errori di tecnica operatoria o l’utilizzo di materiali di sutura inadatti o impropri, possono essere causa di anomalie nel processo di guarigione di una ferita, ma la responsabilità maggiore va ricercata in altre cause: un inquinamento del sito chirurgico, la natura della patologia operata, le condizioni generali dell’organismo, terapie concomitanti a base di cortisone o antineoplastici, una predisposizione individuale. Esiste poi una vera e propria patologia a carico delle cicatrici (fig. 50) con quadri di: • ipertrofia, in cui la cicatrice si presenta come un cordone arrossato, duro, rilevato e dolente. Le cause sono riconducibili a fattori locali e a predisposizione individuale. Il quadro non si modifica nel tempo e richiede un trattamento chirurgico, risolutivo nella maggior parte dei casi, che consiste nella escissione completa della cicatrice e ricostruzione immediata mediante sutura con materiali inerti; • ipotrofica, quando la cicatrice si presenta depressa, di colore pallido, facilmente ulcerabile e sanguinante. In questo caso sembrano responsabili, più che i fattori locali e la predisposizione individuale, le condizioni generali dell’organi-
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fig. 50: Patologia delle cicatrici
III.5 Costi di un autotrapianto Quanto segue, vuol essere una guida generale e di massima sui costi che un intervento di autotrapianto può richiedere. Molto genericamente i prezzi variano a seconda della clinica che si sceglie e se l’operazione è eseguita dal medico guru del centro oppure dai medici collaboratori, membri della sua equipe. Inoltre, altre varianti che possono influire sulla spesa finale da sostenere, dipendono sicuramente dal nome più o meno altisonante della clinica scelta e anche dal tipo di servizi aggiuntivi di cui si intende usufruire (bonus per pagare l’aereo, alcune notti di hotel, il numero delle quali dipenderà dalla scelta di dividere la stanza o meno con un altro paziente, e la possibilità di avere un interprete). Le principali cliniche che effettuano lavori con tecniche FUT e Strip si trovano a Beverly Hills, Cipro, Bruxelles, Toronto, Dubay, ma anche ad Istanbul in Turchia.
III.AUTOTRAPIANTO
• patologie sistemiche e terapie particolari: alcune malattie, e particolarmente il diabete, influiscono negativamente sulla guarigione delle ferite.
Cercherò ora di darti qualche cifra più precisa affinché tu possa farti un’idea più chiara sugli importi di un autotrapianto on tecnica FUT o tecnica FUE. Per quanto riguarda la tecnica FUT (o Strip che dir si voglia, come preferisci), il costo può essere di 5 dollari USA per le prime 2000 unità follicolari (UF) e di 3 dol-
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lari USA per le successive UF. A ciò andrebbe aggiunto circa il 12% di tasse. Altre cliniche, per il conteggio finale economico e in interventi sempre con tecnica FUT, considerano i follicoli impiantati e non quelli che estraggono: il costo può essere di 4,5 dollari circa per le prime 2000 UF e di 2,50 dollari per le successive. Per la tecnica FUE, il costo può variare dai 10 dollari fino ad un massimo di 20 dollari per graft (UF) e per l’impiego di 200 UF un costo fisso di 2000 dollari. Tieni conto che non sarà quasi mai soddisfacente una sola seduta considerando tutti i follicoli che muoiono. In conclusione una regola che un po’ riesce a sintetizzare tutti questi dati è che, maggiore è il numero di graft innescate e minore risulterà la somma da pagare per intenderci, 2,50 euro a graft al di sotto delle 1000 e 2 euro al di sopra delle 1000.
CAPITOLO QUARTO
Dermopigmentazione
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IV.1 Definizione
monizzare un viso rendendolo più attraente mediante interventi alle sopracciglia, alle labbra e al contorno occhi.
Tanto per rimanere nel cuore del paragrafo, vorrei chiarire che dermopigmentare significa spingere, meccanicamente, pigmenti sterili nel derma attraverso aghi non cavi ed anch’essi, necessariamente, sterili.
Dermopigmentazione estetica, tenta di ovviare problematiche estetiche laddove la medicina e quindi anche la chirurgia non possono in alcun modo migliorare determinate situazioni. (è in questo gruppo che potrebbe rientrare la Tricopigmentazione, anche se in realtà potrebbe tranquillamente creare una categoria a sé).
La dermopigmentazione concentra in sé tre macro gruppi mirati all’area in cui esercitano (fig. 51): • Dermopigmentazione visagistica; • Dermopigmentazione estetica; • Dermopigmentazione artistica.
Adesso vediamo che ATTREZZATURE vengono utilizzate per ogni gruppo:
estetica
artistica
fig. 51: Macro-gruppi inerenti l’area in cui si esercita la dermopigmentazione
• pseudonimi.
Attrezzature per la dermopigmentazione artistica: qui principale, vengono impiegati dei dispositivi a bobina elettromagnetica, rotativi e dispositivi ad aria compressa. I pigmenti sono di natura definitiva perché rappresentare il colore, qui, è piuttosto marginale. Per queste attrezzature il costo si aggira intorno ai 500 euro e risulta difficile trovare certificazioni CE perché, spesso, sono prodotti del tutto artigianali.
Ma adesso entrerò un po’ più nello specifico e ti fornirò gli elementi necessari a distinguere i su citati tre macro gruppi e a distinguerli anche per il loro scopo.
Anche per quanto riguarda le COMPETENZE ci sono alcune, ma specifiche puntualizzazioni che farò:
Dermopigmentazione visagistica, ossia il trucco permanente: ha lo scopo di ar-
Competenze per la dermopigmentazione visagistica: risulta piuttosto scontato,
Sostanzialmente la loro natura differisce per: • scopo diverso; • attrezzature, prodotti e colori utilizzati; • competenze necessarie da acquisire per poter svolgere le 3 distinte pratiche;
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Attrezzature per la dermopigmentazione estetica: l’attrezzatura che meglio rappresenta questo tipo di pratica, è senza dubbio il noto dermografo seppur ibrido perché capace di essere utilizzato in altri e diversi campi come la dermopigmentazione visagistica e quella artistica. Ha la capacità di arrivare anche a 15000 pulsazioni al minuto, è chiaro quanto più ampio sia il range ed il costo può variare dai 1000 ai 5000 euro.
IV. DERMOPIGMENTAZIONE
Attrezzature per la dermopigmentazione visagistica: viene utilizzato un semplice pennino da trucco permanente, ma con una potenza nettamente inferiore (può raggiungere pulsazioni di circa 6000 al minuto) e dei colori bioriassorbibili. Un dato, che potrebbe risultarti interessate, è che circa il 99% dei pennini presenti sul mercato, è di origine cinese ed è, purtroppo, sprovvisto di idonea marchiatura CE ed il costo si aggira intorno ai 500 euro.
Dermopigmentazione visagistica
Dermopigmentazione artistica: è un modo alternativo di comunicare dell’artista, ma anche del cliente che sente l’esigenza di affidarsi ad un canale diverso, per poter esprimere anche a se stesso qualcosa.
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Competenze per la dermopigmentazione estetica: oltre a quanto su citato, ritengo fondamentale seguire corsi igienico infettologici, sanitari e possedere buone conoscenze scientifiche. Competenze per la dermopigmentazione artistica: qui è necessario avere una mano ferma intendendo una buona base e predisposizione artistica e più nello specifico al disegno.
IV.2 Profondità corretta e conseguenze generate da profondità sbagliate
Questo paragrafo è piuttosto importante, ma, vedrai, è abbastanza semplice circoscrivere gli errori da evitare, la corretta profondità e ciò che accade se la profondità che andrai a toccare sarà quella sbagliata. Come accennavo gli errori, che in sostanza puoi commettere e quindi devi evitare, sono due: un’eccessiva pressione o una pressione troppo debole; quella giusta permette all’ago di raggiungere il derma passando per l’epidermide (fig. 52).
pressione INSUFFICIENTE
pressione ECCESSIVA
OK
A questo punto cerchiamo di capire meglio cosa intendo per eccessiva e debole pressione, quindi cosa accade se commetterai uno di questi due errori provocati da una esagerata o insufficiente profondità. Se effettuerai una pressione fragile e delicata, il colore che andrai ad iniettare resterà nell’epidermide e, come saprai benissimo, l’epidermide si rigenera in continuazione. Diciamo che, circa ogni mese la nostra pelle muta e si trasforma per cui, se il colore lo hai depositato soltanto a livello cutaneo, andrà via in questi tempi così rapidi. Ora ti starai chiedendo come accorgerti del livello di pressione che stai effettuando? Semplice: ti renderai perfettamente conto che stai premendo poco perché non uscirà nemmeno una goccia di sangue e, quello che vedrai, andrà via presto con la prima esfoliazione della pelle. Se effettuerai una pressione eccessiva, invece, le reazioni che potrai scatenare, sono principalmente due. Se la tua pressione consentirà all’ago di raggiungere l’ipoderma, l’organismo reagirà con una risposta molto violenta: il sangue che vedrai uscire, e non sarà poco, diluirà il colore. Si formerà una crosta che, una volta caduta, porterà con sé la parte precedentemente dermopigmentata e, nel processo di cicatrizzazione si può presentare un’alterazioni per eccesso e trattasi di cicatrice ipertrofica. Apparirà, a questo punto, una linea dai contorni sbiaditi e trasparente (vedi appunti cic. ipertrofica, cheloide, sclerodermia). Le cicatrici potranno presentarsi lisce, concave, ma anche convesse: se premerai troppo, potresti raggiungere l’ipoderma e, la cicatrice che si verrà a formare, sarà un cicatrice colorata, come fosse un tatuaggio a rilievo. Questi sono i rischi che potresti causare se la pressione che userai sarà eccessiva. Erroneamente si pensa che una maggiore pressione, sia la conditio sine qua non affinché il colore attecchisca e, viceversa, meno si preme minor efficacia si produrrà: mai credenza è stata più lontana dalla verità. Il rischio è puoi danneggiare seriamente il tessuto e renderlo cicatriziale, appunto, e sclerotiziale. Per assurdo, potresti premere ancora e ancora di più e allora, il rischio è che potrebbe verificarsi una massiccia migrazione del colore, veicolato dallo strato adiposo situato sotto l’ipoderma (fig. 53).
IV. DERMOPIGMENTAZIONE
ma lo sottolineo comunque che è necessaria una conoscenza del trucco e quindi la sua tecnica professionale e non di meno delle competenze estetiche oltre che igieniche: tutto proverbialmente contenuto in una buona predisposizione ed una passione al mondo estetico.
fig. 52: Profondità errate e profondità corretta
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funzioni della cute è resa possibile dalla sua struttura anatomica che è caratterizzata, partendo dall’esterno, da tre strati di tessuto: 1. epidermide; 2. derma; 3. tessuto sottocutaneo.
fig. 53: Migrazione del colore per eccessiva pressione
IV.3 Timing della cicatrizzazione di un tessuto dermopigmentato Per farti capire bene l’importanza della riparazione tessutale è necessario che ti faccia un breve accenno alla cute e, quindi, alla sua funzione. La cute costituisce il confine più esterno tra l’uomo e l’ambiente: è il principale organo di protezione del nostro corpo e funge sia da barriera che da collegamento tra il mondo esterno e gli organi interni. La cute è un organo di senso e provvede a comunicare con l’esterno attraverso differenti recettori per tatto, pressione, dolore, temperatura. Le funzioni della cute sono molteplici e variano dalla protezione alla penetrazione di microrganismi patogeni, all’effetto barriera contro influssi esterni nocivi: meccanici, chimici e termici (traumi, ustioni sia termiche sia chimiche, lesioni da freddo). La varietà delle
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L’epidermide, che è lo strato più superficiale della cute, è un tessuto ad epitelio pavimentoso stratificato e cornificato costituito da cinque strati cellulari differenziati ed ha uno spessore che va dai 0,1 ai 3 mm circa secondo i territori cutanei. La rigenerazione avviene a livello degli strati più profondi da dove le cellule si sospingono verso la superficie della cute e, nel corso di questa migrazione, avviene la completa corneificazione delle cellule (cheratinizzazione) e la perdita del loro nucleo. Lo strato corneo superiore è eliminato in un continuo processo di desquamazione. In condizioni fisiologiche il rinnovo dell’epidermide, a partire dalla divisione cellulare, fino all’eliminazione delle cellule cornificate, richiede dalle 3 alle 4 settimane. L’epidermide è priva di vasi ed è nutrita mediante la diffusione di sostanze nutritive dal letto dei capillari del derma. Il tipo cellulare dominante dell’epidermide è il cheratinocito che ha avuto questo nome per la capacità di sintetizzare la cheratina. Le cheratine sono proteine strutturali non solubili con un’elevata resistenza alla temperatura e al pH. Nell’epidermide, oltre ai cheratinociti, si trovano i melanociti che sono localizzati nello strato basale dell’epidermide e che producono il pigmento cutaneo detto melanina che, in base alla sua quantità, determina il colorito della pelle e dei capelli; i melanociti aumentano la formazione di melanina per effetto delle radiazioni solari come reazione di difesa ai raggi ultravioletti. Il derma, di origine mesodermica, è situato al di sotto dell’epidermide ed è direttamente collegato con la membrana basale dell’epidermide. È un tessuto connettivo ricco di vasi e nervi suddiviso in due strati non delimitati l’uno dall’altro, ma che si differenziano tra di loro per lo spessore e per l’ordinamento delle fibre di tessuto connettivo. Dall’esterno all’interno i 2 strati sono: lo strato papillare e lo strato reticolare, il più profondo e spesso del derma.
IV. DERMOPIGMENTAZIONE
Fanno parte della cute anche gli annessi cutanei (peli, capelli, unghie, ghiandole) che sono situati nel derma. Lo spessore della cute varia da 1 a 4 mm in relazione alle sollecitazioni cui è sottoposta sulle diverse parti del corpo: le zone in cui è più robusta sono il palmo delle mani e la pianta dei piedi.
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Ma tornando a noi, quando una pelle viene dermopigmentata, la prima reazione che otterrai sarà una spaccatura, profonda a seconda della zona trattata con conseguente riversamento di sangue dato che mi trovo nel derma (che è vascolarizzato). Il colore che riveste le punte degli aghi è come se sporcasse il derma che, non avendo proprietà rigenerative con rinnovo tissutale, si comporta diversamente dall’epidermide. Quindi dopo una fase infiammatoria, ne fa seguire una proliferativa. Il derma si presenta molto scuro e, insieme all’epidermide, appariranno sporchi subito dopo la dermopigmentazione. Dopo qualche giorno, il colore lì presente, subirà un’ossidazione insieme a quella piccola quantità di sangue, facendo virare qualsiasi colore verso le più scure tonalità del marrone. La crosticina che si verrà a creare, rimarrà posizionata per qualche giorno con conseguente escandescenza. L’epidermide e la lamina dermo epidermica, composta principalmente da proteine, iniziano in questa fase il loro processo di cicatrizzazione: si formeranno delle protuberanze superficiali e questo, entro la prima settimana e piuttosto velocemente. In questo range temporale, il tuo cliente non vedrà un lavoro omogeneo, ma poco dopo, la zona dermopigmentata, apparirà molto schiarita e tendente al grigio fin quando l’epidermide sarà totalmente pulita perché, è come se si opacizzasse per poi, a distanza di alcuni giorni, vedere riaffiorare il colore (intorno alla terza settimana). Ricorda sempre che, il colore che riuscirai a produrre, subirà delle variazioni. Il colore subirà una lieve migrazione intorno alla quarta settimana e, i tempi saranno scanditi con maggior precisione da pelle a pelle e, da soggetto a soggetto: ragione per la quale, ti consiglio vivamente, di suggerire e, quindi, eseguire la seconda seduta dopo 50 giorni dalla precedente (fig. 54).
fase 1
fase 2
fase 3
dopo 50 giorni
fase 3
dopo 50 giorni
fig. 54a: Timing della cicatrizzazione: visione laterale
fase 1
fase 2
fig. 54b: Timing della cicatrizzazione: visione dall’alto
IV.4 Le tre manovre fondamentali Per essere più preciso – e corretto – le manovre su cui si fonda tutta la dermopigmentazione sono solo e soltanto tre (fig. 55): 1. punto;
IV. DERMOPIGMENTAZIONE
La terminologia internazionale definisce “chronic wound” la ferita che non guarisce. Le ferite possono essere classificate in acute e croniche in base ad una definizione temporale: si intende in genere per lesione cronica un’alterazione della struttura dei tessuti che non evolve verso i normali processi riparativi e che non mostra alcuna tendenza alla guarigione nell’arco delle 6 – 8 settimane.
2. linea; 3. riempimento/sfumatura. Ma in verità per i tuoi lavori di Tricopigmentazione dovrai impadronirti soprattutto sul punto e sulla linea. Sto parlando della Manovra 1 e della Manovra 2.
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PUNTO
LINEA
Parametro n. 1: PULSAZIONE
fig. 55b: Linea
RIEMPIMENTO / SFUMATURA
fig. 55c: Riempimento/sfumatura
IV.5 Parametri fondamentali della dermopigmentazione Ancor prima di iniziare a lavorare sulla pelle, è necessario rivolgere l’attenzione a tutte quelle variabili che regolano la pigmentazione del derma e che ti permetteranno di realizzare le 3 manovre descritte nel paragrafo precedente: • la pulsazione, del dermografo; • la pressione, della mano; • la velocità, di esecuzione; • i punti di penetrazione, degli aghi; • la diluizione, del colore. Attraverso la conoscenza e la modulazione di uno o più parametri è possibile ottenere una quantità considerevole di effetti: dalle campiture (riempimenti omogenei di una data forma), alle sfumature, agli effetti pelo, alle linee nette e precise fino alla traccia epidermica. Analizziamo i parametri.
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Parametro n. 2: PRESSIONE
Quando un ago penetra nella pelle attraverso una forte pressione, riesce ad arrivare più in profondità e a trascinare una maggior quantità di pigmento nel derma. Analizzando una singola penetrazione (un piccolo puntino prodotto da un’unica inserzione) a cute cicatrizzata, si nota che la colonna di pigmenti più alta, produce un punto molto più scuro di una colonna di pigmenti più corta che rimane invece più trasparente. Il concetto fondamentale da comprendere è che non necessariamente ad una pressione maggiore corrisponde una linea più scura. Se la pressione impressa con il tuo dermografo sulla pelle è troppa, il tuo ago andrà a finire nell’ipoderma, causando una notevole fuoriuscita di sangue e di conseguenza uno schiarimento notevole del colore. Peggio se il tuo ago dovesse finire più in profondità, verso lo strato adiposo. Lì potrebbe verificarsi una migrazione
IV. DERMOPIGMENTAZIONE
fig. 55a: Punto
Si tratta di un parametro legato alle caratteristiche tecniche dell’attrezzatura utilizzata. Si misura in pulsazioni al minuto. Una pulsazione è definita dal moto che compie la punta dell’ago per andare giù e tornare su, al punto di partenza. Maggiori sono le oscillazioni che compie l’ago in un minuto, maggiore è il potere scrivente del nostro dermografo. A parità di pressione, velocità e punti di penetrazione, una pulsazione maggiore produrrà un puntino più intenso e scuro. Ma attenzione perché, aumentando troppo le pulsazioni ed andando troppo lenti nella velocità di esecuzione di una linea, si rischia di tagliare la pelle, causando una cicatrizzazione più lunga ed una guarigione più difficile che si tradurrà ad una quasi totale perdita di colore immesso nella pelle. Questo parametro dovrebbe essere scelto sempre in base alla tua tendenza di lavoro. Se tendi ad essere frettoloso nel tracciare i puntini, devi aumentare leggermente le pulsazioni del tuo dermografo. Mentre, quando capirai che un tocco buono deve essere tracciato con una velocità di esecuzione medio bassa, ti renderai conto che dovrai diminuire le pulsazioni. Questo parametro, come già detto, è direttamente proporzionale: più cresce la pulsazione e più cresce il potere scrivente del tuo dermografo.
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Di converso, se la pressione non è sufficiente a far penetrare l’ago almeno oltre la lamina dermo-epidermica, il colore scomparirà totalmente dopo circa un mese. La pressione giusta deve permettere all’ago almeno di superare l’epidermide, ma non da farlo arrivare nell’ipoderma. Solo rimanendo nel derma che si potranno svolgere tutte le sfumature di colore direttamente collegate alle differenti profondità. Immagino che ti starai chiedendo come fare a capire se sei o no nella profondità giusta. Una pressione eccessiva, come già detto, causerà una fuoriuscita di sangue altrettanto eccessiva. È un sintomo da valutare e ti indica di premere meno con il dermografo. Fatto un puntino sul cuoio capelluto, l’ideale sarebbe che, il sangue, fermasse la sua fuoriuscita non appena detersa la zona tatuata. Un altro elemento che ti permetterà di capire se stai andando troppo in profondità, è la vibrazione percepita dall’altra mano, quella che tende la pelle. Se tale vibrazione risulta troppo profonda, sorda ed ovattata, la pigmentazione sta avvenendo troppo in profondità. Altrimenti, se percepisci vibrazioni più percettibili e accompagnate da un ronzio stridulo ed acuto, probabilmente stai lavorando troppo in superficie. Infine ti voglio far notare che, la pressione della tua mano (Pm) è un concetto differente dalla profondità raggiunta dall’ago (Pa); queste due grandezze sono legate in funzione dei punti di penetrazione (Pdp). La formula matematica che regola questo rapporto è: Pa =Pm÷Pdp Considerando che la profondità raggiunta dall’ago coincide con il potere scrivente è facilmente intuibile come a parità di punti di penetrazione, al crescere della pressione della tua mano, aumenta il potere scrivente, quindi si produce una linea più scura: la pressione della tua mano è direttamente proporzionale al potere scrivente.
Parametro n. 3: VELOCITÀ
Per velocità si intende il tempo che impiega la nostra mano, con il dermografo in pugno, a percorrere una data distanza. Tracciando una linea a velocità costante, a parità di pressione, si ottiene una linea omogenea (segmento). La stessa linea, tracciata con una determinata accelerazione, provoca un degradamento del colore proporzionale alla velocità istantanea raggiunta, creando così una linea sfumata. Sostanzialmente devi comprendere che la velocità, con la quale esegui dei movimenti o tracci delle linee, è inversamente proporzionale al potere scrivente. Più sei frettoloso nel tracciare le linee o nel fare sfumature e riempimenti, meno colorerai la pelle. All’inizio la tua tendenza sarà quella di essere veloce nell’eseguire le varie manovre, ma con il tempo capirai che la pelle deve essere pigmentata lentamente ed efficacemente.
Parametro n. 4: PUNTI DI PENETRAZIONE
Si intende sostanzialmente il numero di aghi utilizzato per compiere l’azione tatuatoria. Maggiore è il numero di aghi (Pdp) e minore è l’effetto coprente, ossia la profondità raggiunta dalla punta stessa. Questo per lo stesso principio espresso nel paragrafo della pressione, ossia la profondità di penetrazione degli aghi (e quindi il potere scrivente, Pa) è inversamente proporzionale alla superficie di contatto, quindi al numero di aghi che compone la tua punta Pdp: Pa=Pm÷Pdp È lo stesso principio che usano gli alpinisti quando utilizzano delle racchette, montate sulle scarpe, per non affondare sulla neve fresca. Se indossassero dei tacchi a spillo non farebbero molta strada.
IV. DERMOPIGMENTAZIONE
del colore che, spinto sotto pelle, si allargherà producendo una macchia dai bordi sfocati. Inoltre si è verificato che, pressioni eccessive, possono causare anche dei cheloidi o delle cicatrici in rilievo.
Ti faccio un esempio dell’applicazione di questa formula. Ipotizziamo che io stia facendo una linea a velocità di tratto costante. In questa linea io imprimo una pressione della mano (Pm) pari a 30. Sul dermografo è montata una punta 5 aghi. Quindi Pm = 10 e Pdp = 5. Andando a fare la divisione si avrà: 30 ÷ 5 = 6.
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Quindi Pa è uguale a 6. Quindi la profondità raggiunta dai 5 aghi e cioè il potere scrivente, è pari a 6. Se invece successivamente cambiassi la punta del mio dermografo, montandone una a 3 aghi, utilizzando sempre la stessa pressione di 30, la formula diventerebbe: 30÷3=10. Questo significa che la profondità raggiunta dall’ago sarà uguale a 10 ed anche il potere scrivente. Confrontando i valori scopriamo che, con la stessa pressione della mano, utilizzando una punta da 5 aghi, io scriverò 6. Mentre con la stessa pressione, ma con una punta da 3 aghi, io scriverò 10. Quindi con una punta da 3 aghi, la mia linea sarà quasi il doppio più scura rispetto a quella fatta con la stessa pressione ma con una punta da 5 aghi. È giusto che tu sappia che per ovvi motivi ho cercato di esporti le cose utilizzando delle esemplificazioni, le cose non stanno proprio così, in realtà il calcolo è un po’ più complesso, ma il concetto non cambia.
IV.6 Le regole fondamentali della dermopigmentazione Nei miei corsi ho avuto diverse possibilità per confrontarmi con altri operatori di dermopigmentazione con anni di esperienza e, molto spesso, mi sono accorto che questi colleghi, pur capacissimi e dagli ottimi risultati nel trucco permanente, denunciavano grande fatica fisica nel mantenere determinate posizioni mentre lavoravano: tremolii nelle linee di precisione, scarsa definizione dei peli. Mi riferivano, inoltre, che molti dei loro trucchi permanenti, ad esempio quello alle sopracciglia, riportavano profonde differenze tonali, tra la destra e la sinistra. Qual è il motivo di tutto ciò? Soltanto uno: la posizione. Troppo spesso, purtroppo, non le si riconosce la giusta importanza tanto che nella maggior parte dei corsi di formazione non è previsto un modulo specifico che tratti le corrette posizioni da assumere. Un buon dermopigmentista è colui che riesce ad assumere la posizione di lavoro più comoda sempre prima di tracciare ogni linea.
È il sistema di sfumatura fondamentale nel tatuaggio artistico che consiste nell’aumentare a piacimento la percentuale dell’eccipiente a discapito del principio funzionale, ossia la miscela di pigmenti. Ciò comporta, a parità di pressione, velocità, pulsazioni e punti di penetrazione, un effetto di maggiore trasparenza. Diluendo la preparazione colorante con un eccipiente incolore è possibile ottenere sfumature molto trasparenti. Si può diluire il colore anche con un altro colore e in questo caso è meglio parlare di “taglio”. Esempio: quando correggiamo un colore di base con un correttore anti-rosso, stiamo “tagliando un colore” e quindi stiamo utilizzando questo parametro per ottenere un particolare effetto.
Lo sforzo mentale che sostieni nel guardare ed elaborare un’immagine in prospettiva è maggiore di quello che avresti nel guardare la stessa immagine da un punto di vista ortogonale frontale. Già nella fase di progettazione, se si tratta di sopracciglia, è buona regola disegnare da dietro. Questo perché si pongono le due sopracciglia su un livello geometrico paritario e risulterà molto più semplice per il nostro cervello notare le differenze. Nella fase di progettazione in realtà bisogna cambiare varie posizioni, girare spesso attorno al cliente, farlo alzare e valutarlo frontalmente, fargli fare esercizi di mimica, cambiare vari specchi e varie condizioni luminose. Insomma, in questa fase non è indispensabile lavorare da dietro, ma te lo consiglio ugualmente.
IV. DERMOPIGMENTAZIONE
Parametro n. 5: DILUIZIONE
Un grosso dubbio che attanaglia la maggior parte degli operatori è: “Lavorare alle spalle del cliente o di lato?”. Il dubbio io non ce l’ho e ti consiglio espressamente di lavorare alle spalle del cliente (testa del lettino) e soprattutto seduti. Analizziamo il perché di queste affermazioni.
Diventa però indispensabile posizionarsi alle spalle del tuo cliente (sdraiato sul lettino) nel momento della dermopigmentazione vera e propria. Solo in questo modo si può mantenere un’impostazione della mano che impugna il dermografo simile alla lavorazione sul sopracciglio destro e sul sinistro. Ma non solo, abbiamo visto che il nostro cervello fatica a trovare differenze su una coppia di oggetti vista
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in prospettiva, figuriamoci quanto sarà difficile modulare la stessa pressione (tra destra e sinistra), considerando che avremmo anche dei riferimenti visivi differenti tra loro. Insomma, il nostro compito è facilitare il compito al nostro cervello ed un buon modo di procedere è quello di chiedergli 2 volte lo stesso gesto, e non una volta un’azione e la volta successiva un’altra. Di seguito, uno step by step sulle posizioni di lavoro che dovrai assumere durante un lavoro di dermopigmentazione.
LE POSIZIONI DI LAVORO Ma come si può migliorare il risultato tecnico della nostra dermopigmentazione? Innanzitutto è bene sottolineare che se hai iniziato da poco questa attività, non puoi pretendere che il tuo risultato sia impeccabile. Esiste un fattore chiamato esperienza che ha il potere di migliorare tutto ciò che noi inizialmente possiamo produrre. Oltre all’esperienza, bisogna valutare tante piccole cose capaci di migliorare te professionalmente e i tuoi lavori nei risultati. Senza dubbio, la posizione che assumerai mentre svolgi il lavoro non è assolutamente da sottovalutare. Per posizione di lavoro intendo: • posizione dell’operatore rispetto al cliente; • posizione delle mani sul viso o sulla testa del cliente; • posizione delle attrezzature e dell’arredamento attorno all’operatore (esempio altezza della tua sedia o del lettino. Ingombro della lente. Cavi di alimentazione del dermografo etc.); • postura dell’operatore durante l’azione tatuatoria. Stabiliamo anche che: • si lavora possibilmente seduti e non in piedi; • si lavora posizionandosi alla testa del lettino ossia alle spalle del cliente; • se sei destro, il carrellino con il dermografo deve essere posizionato a destra; • i piedi devono toccare il pavimento e non agganciati allo sgabello; • le gambe devono essere divaricate e non accavallate; • l’avambraccio deve sempre trovare un punto di appoggio;
CAPITOLO QUINTO
Attrezzature e prodotti specifici
• le linee di precisione (peli e contorni), vanno tracciate sempre verso il centro del tuo petto; • il polso, se possibile,non dovrebbe mai essere piegato.
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V.1 L’importanza di un’attrezzatura specifica Anche se molti operatori si cimentano nell’esecuzione di micropigmentazione del cuoio capelluto, trovo doveroso ricordarti che la micropigmentazione è una disciplina generica, per cui non commettere l’errore di praticare Tricopigmentazione® con macchinette, aghi e colori tipici della micropigmentazione e quindi del trucco permanente: sarebbe abbastanza rischioso e, i risultati ottenuti, evidentemente innaturali. Se oggi esiste un sistema integrato per l’esecuzione di trattamenti sul cuoio capelluto è perché, negli anni, con lo studio, la sperimentazione e la passione, ho preso coscienza che adattare le tecniche e le attrezzature del trucco permanente sulla testa, non era affatto la mossa migliore né da un punto di vista della ricerca né per i risultati ottenuti. Da questa considerazione e insoddisfazione, nasce la Tricopigmentazione®. La Tricopigmentazione® è una pratica ben diversa da una micropigmentazione del cuoio capelluto. Il sistema Tricopigmentazione® è dotato di:
V. ATTREZZATURE E PRODOTTI SPECIFICI
• trico-dermografo specifico modificato da un sistema brevettato per la riduzione del duty-cicle capace di garantire un rischio molto basso di macchie sulla cute, ma una più elevata probabilità di scrivere su cicatrici con un tessuto particolarmente sclerotizzato (fig. 56); • corpo macchina specifico contenente un microchip che gestisce la potenza dell’impulso attraverso un controllo elettronico e completo di programmi con parametri preimpostati per il trattamento su cicatrici ed hairline, per una sessione di lavoro più sicura e meno rischiosa. Sono disponibili, inoltre, programmi di lavoro DERMATOPPIK e BOUNCE®; • aghi a cartuccia specifici costruiti appositamente per un impiego su cuoio capelluto: sono totalmente differenti da quelli impiegati nella micropigmentazione e nel trucco permanente perché più sottili del 15% e modificati in punta per evitare allargamenti del singolo puntino nell’effetto rasato; • pigmenti specifici modificati chimicamente per garantire una stabilità cromatica nel tempo e ridurre drasticamente la possibilità di viraggi al rosso. Questi colori sono molto differenti da quelli impiegati nel trucco permanente sia fig 56: Tricodermografo specifico - Morelia Plus
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• know-how specifico, frutto della mia lunga esperienza e del mio socio Toni Belfatto. Infatti, nel corso di specializzazione, rivolto esclusivamente ad operatori del settore con comprovata esperienza, si mira a dare un’altissima preparazione, oltre che tecnica, anche culturale, inerente il mondo della calvizie ed autotrapianti. Durante il corso si affrontano le strategie migliori per trattare cicatrici di tipo FUT o FUE, i portatori di protesi o individui con alopecia androgenetica, areata e universale. La Tricopigmentazione® è la soluzione più all’avanguardia per la risoluzione di tali problemi. Praticare micropigmentazione della cute con macchinari aghi e colori impropri, nonché senza le giuste competenze, aumenta notevolmente i rischi di avere problemi. In questa disciplina non si può e non ci si deve assolutamente improvvisare. Ad oggi, io e il mio socio, siamo gli unici al mondo ad aver creato un sistema specifico per il trattamento della calvizie ed esiti cicatriziali. In futuro saremo comunque stati i primi. Scegli l’esperienza, la tecnologia, la sicurezza.
V.2 Colori adatti e colori da evitare Per essere in grado di scegliere il colore da utilizzare nella realizzazione del tuo lavoro è necessario che tu sappia la composizione di un colore da trucco permanente. Principalmente, in una fialetta di colore, ci sono: • miscela di pigmenti • glicerina • alcool isopropilico • acqua Un colore bioriassorbibile, si differenzia da quello definitivo, soprattutto per la mancanza di resine acriliche e per altri fattori secondari. I colori bioriassorbibili sono progettati per scomparire totalmente dopo un determinato periodo dal trattamento e, anche se in pratica, così non è; dipende da moltissimi fattori per cui il mio consiglio è quello di non dare certezze circa il destino del colore impiantato nella pelle del cliente e, quindi, non fornire date precise ma soltanto generosi lassi di tempo.
MISCELA DI PIGMENTI Ogni colore usato nella Tricopigmentazione, è composto da un “cocktail” di componenti fondamentali e, qualche caso, è prevista l’aggiunta di una speciale componente correttiva. Le componenti fondamentali sono: il nero, il bianco, il rosso ed il giallo (fig. 57).
V. ATTREZZATURE E PRODOTTI SPECIFICI
nell’eccipiente, che nel principio funzionale. All’interno è presente un additivo speciale brevettato, che migliora notevolmente la stabilità della sostanza nella cute e riduce i fenomeni di migrazione del colore con conseguente allargamento del puntino (mega-dot);
fig. 57: Componenti fondamentali
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Visto che il giallo ed il nero scompariranno per primi dalla pelle del tuo cliente e, considerato che nella maggior parte dei colori c’è una modesta presenza di bianco e che il rosso è una delle quattro componenti più duratura, il viraggio verso il rosa/rosso sarà il più frequente. Il verde, ossia l’ossido di cromo, componente molto stabile chimicamente e non facilmente fagocitabile, tanto quanto il rosso, è il colore che riesce a neutralizzarlo, spegnendolo e rendendolo grigiastro (colore neutro per antonomasia, fig. 58). Motivo per cui le creme per couperose sono tutte tendenzialmente verdi: aggiungendo una piccola quantità di verde nelle miscele di pigmenti è possibile contrastare il viraggio nel rosso. Questo succede perché l’ossido di cromo è sufficientemente persistente per tamponare e sopperire alla scomparsa del giallo e del nero. Lo scotto da pagare per questa “assicurazione anti-rosso” però è che, correggendo preventivamente i colori con il verde, si otterrà una tinta iniziale castano-freddo, un po’ grigiastra. Scotto che fortunatamente nella Tricopigmentazione, si trasforma in un vantaggio.
fig. 58: Neutralizzazione del rosso
ECCIPIENTI: GLICERINA, ALCOOL ISOPROPILICO ED ACQUA Gli eccipienti hanno scopi tecnici e conservativi. Iniziamo con l’alcool isopropilico che permette alla preparazione colorante di non fare schiuma durante la dermopigmentazione e mantenere una carica batterica bassa. La glicerina svolge un’azione umettante, ritardante dell’evaporazione ed emolliente, inoltre fornisce una componete viscosa e densa al preparato, permettendo il corretto scorrimento del colore, attraverso il complesso-puntale ago. L’acqua dona, ovviamente, liquidità e scorrevolezza.
LEGENDA
nero bianco rosso giallo grigio
Probabilmente, un marrone caldo e rossiccio può sembrare più bello di uno freddo e grigiastro, ma ti assicuro che, ogni rasato al mondo, qualsiasi colore abbia i capelli, apparirà grigiastro, sul cuoio capelluto.
arancio viola verde rosa giallo chiaro
V. ATTREZZATURE E PRODOTTI SPECIFICI
La componente correttiva che si trova all’interno dei colori da Tricopigmentazione è il verde. Ogni componente colorata è costituita da una polvere di pigmenti minerali micronizzata fino a raggiungere una grandezza del singolo granello che va dai 5 ai 10 µm. Questi granellini sono insolubili nei liquidi e, una volta immessi nel derma, verranno fagocitati dagli “spazzini” del nostro corpo, i fagociti appunto. Il nero, il rosso ed il giallo sono degli ossidi di ferro, il bianco è un biossido di titanio ed infine, il verde è un ossido di cromo. Ogni componente, purtroppo, una volta immesso nel derma, ha una persistenza differente e derivante dalla stabilità della relativa molecola infatti, le singole componenti, verranno “mangiate” dai fagociti, con un ordine ben preciso. Questo meccanismo, in un colore non specifico per Tricopigmentazione, potrebbe creare uno sbilanciamento importante nell’insieme, che si manifesta in un viraggio notevole del colore percepito. Per la precisione, queste quattro parti tendono a scomparire in quest’ordine: il giallo, il nero, poi il rosso ed infine il bianco.
fig. 59: Sistema di riferimento MP4E
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CAPITOLO SESTO
Tricopigmentazione速
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VI.1 La situazione attuale: analisi degli errori dovuti all’im-
1. pressione
provvisazione La pressione è una delle inesattezze più ricorrenti: l’eccessivo impiego di forza necessaria per creare il “puntino” con un dermografo, provoca una migrazione del colore e, quindi, l’allargamento dei bordi del singolo “puntino” (fig. 60).
La Tricopigmentazione, come disciplina specifica e come concreta e precisa professione, nasce quasi per reazione all’attuale situazione: al momento, molti operatori improvvisati si avvicinano alla dermopigmentazione per problemi prettamente legati alla calvizie, ma lo fanno spesso impunemente e senza aver seguito alcun corso qualificante. Questo atteggiamento poco professionale porta ad una necessaria e mai positiva improvvisazione. Gli errori più ricorrenti e comuni, principale causa di pessima reputazione nel nostro ambito lavorativo, sono innanzitutto otto: 1. pressione 2. movimento 3. inclinazione 4. pulsazioni 5. distanze di rimbalzo 6. circoscrizione zone
VI. TRICOPIGMENTAZIONE
7. attaccature 8. colore Andiamo ad esplicare questi errori per capire meglio di cosa si tratta e come, evidentemente, cercare di evitare assolutamente.
fig. 60: Errore di pressione
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2. movimento
3. inclinazione Errori dovuti all’angolazione d’ingresso dell’ago, generano dei rimbalzi inverosimili ossia non circolari, ma ovali. L’angolo ideale per la penetrazione dell’ago, infatti, dovrebbe essere di 90° e, quindi, perpendicolare al piano trattato (fig. 62).
VI. TRICOPIGMENTAZIONE
Il movimento diventa scorretto in presenza di fluttuazioni dell’ago interni al derma, sia che essi siano involontari che volontari; involontari perché l’operatore non riesce a mantenere la mano ferma per cui l’ago si muove più del necessario e, la precisione, inizia a scarseggiare; volontari perché l’operatore è erroneamente convinto che il risultato finale sia quello immediatamente visibile. Pretende, quindi, che la dimensione del “puntino” definitiva, sia quella visibile al termine del lavoro, ignorando pertanto il suo successivo ingrandimento e così, in maniera del tutto arbitraria applica ulteriori movimenti per ottenere la misura che secondo lui è quella giusta (fig. 61).
fig. 61: Errore di movimento
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fig. 62: Errore di inclinazione
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4. pulsazioni
5. distanze di rimbalzo Situazione conseguente ad una errata valutazione da parte dell’operatore. Una eccessiva distanza tra i singoli rimbalzi, genera un effetto innaturale così come la crea una distanza piuttosto insufficiente. Sarebbe sempre opportuno rispettare il P.P.C. (punto per cm2) più adatto alla zona trattata (fig. 64).
VI. TRICOPIGMENTAZIONE
Lavorando con un’apparecchiatura impostata con eccessiva pulsazione, si può causare un mega-dot: in un solo rimbalzo si eseguono, quindi, eccessive oscillazioni dell’ago nello stesso punto e, il risultato che otterremo sarà un‘enorme macchia (fig. 63).
fig. 63: Errore di pulsazioni
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fig. 64: Errore di distanze di rimbalzo
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6. circoscrizione zone
7. attaccature Quando l’operatore sceglie come eseguire l’hairline o le varie attaccature, dovrebbe innanzitutto evitare linee troppo nette ed inverosimili. Il rischio in cui potresti incorrere è quello di ottenere un lavoro artefatto e, quindi, poco naturale (fig. 66).
VI. TRICOPIGMENTAZIONE
Si tratta di un errore che proviene dalla mancata sfumatura (non) fatta dall’operatore laddove, invece, risulti necessaria. Può provocare, nel caso si stia trattando una calvizie in stato avanzato, un evidente stacco tra il tuo “lavoro artificiale” ed il naturale avanzamento del diradamento (fig. 65).
fig. 65: Errore di mancata sfumatura
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fig. 66: Errore di attaccature
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8. colore
VI.2 Il Bounce® Una delle tecniche fondamentali nella Tricopigmentazione è denominata Bounce®. Si tratta di una implementazione delle vecchie tecniche già presenti per questo scopo.
La manualità, ed i parametri di lavoro sono stati, presi, rivisti e perfezionati per dar vita ad un vero e proprio protocollo operativo denominato appunto Bounce® (rimbalzo). La dinamica con la quale sarai in grado di eseguire i famigerati “puntini”, rievoca verosimilmente il movimento di una pallina acrilica, sia per il moto casuale che compie, ma anche per il tempo che impiega per effettuare lo stesso. Da questa mia personale osservazione, la denominazione Bounce® (rimbalzo) che ho prontamente registrato per garantirmi paternità (fig. 68).
VI. TRICOPIGMENTAZIONE
L’errore legato al colore è strettamente consequenziale alla decisione del preparato colorante utilizzato per eseguire il tuo lavoro. Risulta piuttosto evidente che la scelta del colore va valutata molto attentamente: sono da considerare i capelli circostanti, il loro colore intendo, le aspettative del cliente e la situazione che avete davanti che è singolare e unica (fig. 67).
fig. 68: Bounce®
fig. 67: Errore di colore
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Alla base di questa tecnica c’è un movimento corretto che è garantito, sostanzialmente, da questi parametri di lavoro (fig. 69):
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3 TIRANTI
2 TIRANTI
1
utilizzo di un ago ad una punta
pulsazioni medie
velocità di esecuzione media
pressione media
colore marrone / grigio scuro
fig. 69: Bounce® - parametri di lavoro
e da alcuni fondamentali fattori: • corretta posizione di lavoro dell’operatore; • esatta tensione sulla zona trattata (fig. 70); • ritmo di lavoro;
fig. 70: Esatta tensione sulla zona trattata
• idonea escursione dell’ago; • specifica pulsazione di lavoro; • opportuna p.p.c. (come già accennato in precedenza, questo acronimo indica i punti per cm2 e, tale valore, deve sempre oscillare tra i 90 e 120 punti, fig. 71); • altri fattori che di certo apprenderai in specifici corsi di formazione, mirati proprio all’istruzione di professionisti nel settore. Lo sviluppo di queste considerazioni e dello studio approfondito di determinate dinamiche, ha originato un sistema di lavoro in grado di produrre un effetto rasato, realistico e con minor possibilità di viraggi e migrazioni di colore, inconvenienti questi, comuni sia ai vecchi metodi di lavoro, ma purtroppo ancora all’attuale incompetenza: non tenendo in considerazione l’importanza di questi fattori, il rischio di compromettere il risultato finale diventa molto altro e quasi certo.
80 ppc
90 ppc
100 ppc
110 ppc
120 ppc
130 ppc
VI. TRICOPIGMENTAZIONE
• pressione adatta alla zona trattata;
Una dermopigmentazione del cuoio capelluto, realistica e naturale, si dovrebbe presentare con dei microdepositi puntiformi di pigmento castano/grigiastro, posizionati nel derma superficiale ad una opportuna distanza l’uno dall’altro. Questo genererà un effetto di capello rasato o uno scurimento delle zone diradate, a seconda dell’applicazione delle tecniche impiegate. fig. 71: Il valore p.p.c. (punti per cm2) deve sempre oscillare tra 90 e120
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VI.3 Lo Short Hair
VARIANTE SHORT HAIR DOPPIO Quest’altra manovra, invece è realizzata attraverso il tricodermografo che muove in due direzioni e versi, avanti e indietro.
Lo short hair è una manovra fondamentale nella Tricopigmentazione ed è impiegata, principalmente, nella copertura delle cicatrici postume ad autotrapianto FUT., ma anche FUE ed inoltre trova impiego in tecniche tipo il Dermatoppik. Si tratta di una manovra che mira a creare un piccolo capello di lunghezza non superiore agli 8-10 mm e, la sua realizzazione, può avvenire in due modi: • variante dello short hair singolo;
Questi sono i parametri di lavoro per l’esecuzione dello short hair doppio (fig. 73):
• variante dello short hair doppio. 7
utilizzo di un ago a 7 punte
VARIANTE SHORT HAIR SINGOLO
1
fig. 72: short hair singolo - parametri di lavoro
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SHORT HAIR SINGOLO
SHORT HAIR DOPPIO
VI. TRICOPIGMENTAZIONE
TRATTO CLASSICO
velocità di esecuzione bassa
pressione medio-alta
La particolarità dello short hair è quella di scaricare maggior pressione nella parte centrale del tratto e, di converso, minor pressione nella parte iniziale e in quella finale (fig. 74).
Questi sono i parametri di lavoro per l’esecuzione dello short hair singolo (fig. 72):
pulsazioni medio-alte
velocità di esecuzione media
fig. 73: short hair doppio - parametri di lavoro
Questa variante è generata da un singolo passaggio del tricodermografo che si muove e lavora in un unico verso e direzione e, precisamente, verso il tuo cuore, quello dell’operatore, appunto.
utilizzo di un ago ad una punta
pulsazioni medie
pressione media
fig. 74: Differenze short hair
129
L’impiego dello short hair singolo sarà da considerare quando sarai alle prese con tessuti cicatriziali piuttosto danneggiati (concavi e/o svuotati e/o molli) o, anche vascolarizzati (quando si presentato ancora rossastri): in ogni caso, quando la cute del soggetto sul quale stai lavorando si sia dimostrata predisposta a migrazione di colore.
4. la pulsazione nello short hair singolo è media ed è medio bassa nello short hair doppio; 5. la pressione, sia nello short hair singolo che doppio è medio-bassa; 6. il momento di ingresso e di uscita dell’ago (in gergo, accompagnati), ricorda molto il moto di un aereo che atterra e, immediatamente dopo, decolla nuovamente: con questo intendo dire che il movimento dell’ago dovrà essere morbido e necessariamente graduale (fig. 76);
fig. 76: Metafora del movimento di ingresso ed uscita dell’ago fig. 75: Short hair: l’inclinazione dell’ago nella cute dovrà oscillare tra i 30° e i 45°
Ti consiglio vivamente di considerare:
VI.4 Timing e schema a blocchi di un trattamento di Tricopigmentazione
1. l’impiego dello short hair doppio quando avrai di fronte tessuti cicatriziali convessi, ma non sempre duri e pieni. Inoltre, ed è importantissimo e ci terrei che tu lo tenga bene a mente, questa manovra, sarà necessaria nella ripigmentazione chiara quella color pelle, del procedimento di copertura delle cicatrici sul cuoio capelluto; 2. lo short hair, infine, è la manovra che ti consentirà di realizzare, sempre, la tecnica Dermatoppik; 3. tra le indicazioni generiche e tecniche per la realizzazione di un corretto short hair, c’è sicuramente una precisa inclinazione dell’ago nella cute che dovrà oscillare tra i 30° e i 45° (fig. 75);
130
Ai fini della tua formazione, ritengo che sia piuttosto necessario conoscere i tempi che ti permetteranno di far capire al cliente l’evoluzione cronologica di un trattamento di Tricopigmentazione: solo così potrai evitare di deludere delle aspettative. Un trattamento di Tricopigmentazione deve necessariamente iniziare con una consulenza, sia per motivi strettamente tecnici, sia per ragioni di tipo legale. A tal proposito, nel consenso informato, che vedrai meglio in uno dei prossimi paragrafi e che andrebbe firmato poco prima di eseguire il trattamento ci sarà la dicitura:
VI. TRICOPIGMENTAZIONE
7. la velocità di esecuzione, per quanto riguarda lo short hair singolo sarà media mentre per quello doppio sarà medio-alta.
“oltre essere stato sufficientemente informato su tutti i possibili rischi legati alla decisione di
131
Il cliente dovrà avere a disposizione il tempo necessario per decidere se andare avanti e, quindi, se sottoporsi al trattamento oppure no; nel caso in cui il tuo cliente decidesse di interrompere lì il rapporto, ma tu non hai considerato questa possibilità, ti ritroverai con un fastidioso ed inutile buco in termini di tempo e di organizzazione. In virtù di ciò, il mio consiglio più vivido è di prendere del tempo tra queste due fasi per evitare la situazione che ti ho appena illustrato.
CONSULENZA Ha una durata di circa 30 minuti nei quali, oltre ad aver illustrato gli aspetti generici circa la dermopigmentazione (possibili allergie, rigetti, infezioni etc.), dovrai fornire anche informazioni e specifiche più tecniche. • Il risultato ottenuto tra la prima e la seconda seduta, non sarà assolutamente quello definitivo per cui, il tuo cliente, non dovrà aspettarsi dopo la prima seduta né un effetto come fosse quello finale e né tanto meno di esito ottimale. Ricordati, mio caro allievo, che la delusione è sempre figlia dell’aspettativa. • Una importantissima prassi per una buona gestione del lavoro è l’acquisizione di materiale fotografico che, ti consentirà di avere a disposizione un quadro quanto più completo del tuo cliente. • Procedere all’effettuazione di un test colore. • Valutazione economica del lavoro con relativa stesura di un preventivo circa il trattamento da effettuare e, da far firmare, lasciandogli una copia, al tuo cliente. • Fare un’anamnesi del tuo cliente e più in generale raccogliere quanti più dati utili circa il caso da trattare: tali informazioni verranno raccolte ed archiviate nella scheda progetto. • Puoi mostrare al tuo cliente immagini di casi simili al suo qualora fossero disponibili, questo servirà sicuramente a tranquillizzarlo e a rassicurarlo circa l’esito, ma anche per mostrargli gli effetti che potrebbe avere con il trattamento di Tricopigmentazione. • Ti consiglio di prestare, sempre, il servizio di consulenza a titolo gratuito. • Si procede, a questo punto, con la prenotazione.
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PERIODO TRA LA CONSULENZA E LA PRIMA SEDUTA Ti suggerisco di non fissare mai l’appuntamento della prima seduta, in un lasso di tempo inferiore alle tre settimane dalla prima consulenza; questo perché, tale periodo, ti risulterà alquanto comodo e fruttuoso per studiare il caso in questione e, magari, poterti confrontare con il tuo mentore di fiducia su eventuali dubbi che potrebbero insorgere. Dovrai, inoltre, consultare nuovamente sia il materiale fotografico precedentemente documentato e prodotto, sia le annotazioni che in consulenza hai ritenuto opportune al caso. In questo indispensabile periodo che ti prenderai, sempre, potrai anche rifornirti del materiale che avrai ritenuto necessario per procedere: è evidente che se hai bisogno di un determinato colore che al momento ti manca, hai bisogno di un determinato tempo. Durante questi giorni, il tuo cliente verrà assalito da una serie di dubbi, ma tu cerca di stargli dietro il più possibile: la sua è una scelta importante e in te vede la soluzione.
PRIMA SEDUTA La prima seduta avrà una durata di circa 2 ore per settore e, per l’effetto rasato, sarà necessaria circa un’ora e mezza e, durante il primo appuntamento, si fa firmare il consenso informato: cerca di non dimenticarlo. Si procede, a questo punto, con un breve colloquio con l’interessato e, si cerca di illustrargli tutto ciò che lo aspetta: che tipo di sensazione o possibile dolore che potrebbe avvertire, dovrai stabilire delle pause precise che verranno gestite per tutto il corso del trattamento, nel caso si decidesse di eseguire un effetto rasato, dovrai stabilire congiuntamente al cliente, l’eventuale hairline da realizzare. Bene, adesso si inizia a lavorare e, una volta terminato il trattamento, non dimenticare assolutamente di consegnare al tuo cliente il memorandum contenente tutte le indicazioni per un corretto mantenimento e cura da effettuare a casa. Questo è anche il momento in cui bisogna prenotare la seconda seduta a distanza di 50-60 giorni e, sempre, dietro acconto.
PERIODO TRA LA PRIMA E LA SECONDA SEDUTA
VI. TRICOPIGMENTAZIONE
sottoporsi a questa pratica, gli sono state date spiegazioni dettagliate riguardo a fenomeni indesiderati di rigetto del pigmento; cicatrizzazioni anomale; migrazioni del pigmento sottocute che potrebbero anche causare depositi eccessivi di colore (piccole macchie scure), ed infine viraggi dei pigmenti nel tempo”.
Questo rappresenta senz’altro un momento abbastanza delicato ed importante nella gestione del trattamento totale di Tricopigmentazione. Riceverai sicuramente, da parte del tuo cliente, molte domande, preoccupazioni e dubbi e, in ogni caso si farà vivo sicuramente per aggiornarti e darti notizie circa il procedere del trattamento: tra la prima e la seconda seduta, la Tricopigmentazione, subirà dei
133
SECONDA SEDUTA Considerando che la seconda seduta ha una durata di circa un’ora e mezza a settore, mentre per l’effetto rasato sarà necessaria circa un’ora per la copertura di cicatrici, ti consiglio di tenere bene in considerazione queste tempistiche, fortemente attendibili, per valutare gli appuntamenti da inserire nel tuo planning quotidiano. In primis, ti suggerisco di fotografare il lavoro di Tricopigmentazione che hai di fronte così da poter capire il tipo di risposta che ha avuto la cute in questione, il colore come si è modificato, etc. Dopo un breve colloquio iniziale mirato a chiarire tutti questi aspetti appena enunciati, nella seconda seduta bisogna valutare attentamente la reazione che la cute ha generato dopo il primo trattamento e, evidentemente, decidere se ripetere la stessa strategia operativa iniziale o se invece risulta più opportuno variarla. Le accortezze che ti suggerisco qui, sono le medesime che ti ho lasciato per la prima seduta. Saluti il cliente e lo rimandi ad una futura revisione entro i successivi 12 mesi perché, ti ricordo, che l’effetto di un trattamento di Tricopigmentazione è soggetto a graduali cambiamenti, ma è un fattore decisamente soggettivo. Utilizza lo schema riportato nella fig. 77 durante la tua consulenza cosicché, anche il tuo cliente, avrà le idee più chiare sul timing del trattamento. 50/60 giorni
8/12 mesi
30 minuti
2/6 ore
1/4 ore
2/6 ore
consulenza
1a seduta
2a seduta
1a revisione
I trattamento fig. 77: Schema a blocchi del timing di un trattamento
134
8/12 mesi
II trattamento
2/6 ore 2a revisione
III trattamento
TEMPI DI GUARIGIONE POST-TRATTAMENTO Le domande più ricorrenti sul post-trattamento sono sempre relative ai periodi di recupero: “potrò tornare a lavoro il giorno dopo?” oppure “quanto tempo rimarrà il rossore?”, o “dopo, potrò guidare la macchina?”. In realtà il trattamento è molto meno invasivo e doloroso di quello che si può pensare. Appena effettuato il lavoro, la zona appare subito rossa, a causa dell’infiammazione del tessuto trattato. Tale rossore impiegherà al massimo 48 ore per regredire e nella maggior parte dei casi bastano 24 ore. Ovviamente per accelerare questa decongestione è opportuno applicare pomate lenitive specifiche, consigliate dal noi. Una volta svanito il rossore il lavoro apparirà molto nitido, meno coprente di quanto il ricevente si aspetta, ed il singolo rimbalzo sarà lievemente più scuro di quanto sarà in futuro. Questa prima situazione è temporanea. Si identifica in corrispondenza del periodo di cicatrizzazione della pelle. Prima che la pelle si cicatrizzi completamente, ogni singolo rimbalzo subirà ancora un lieve schiarimento ed infine un ultimo scurimento. Finito questo periodo di guarigione, legato essenzialmente alla riparazione tissutale, può iniziare il secondo periodo di assestamento del pigmento nel derma.
DIFFERENZE TRA IL PERIODO DI ASSESTAMENTO E CICATRIZZAZIONE Anche se la zona trattata sembrerà totalmente guarita dopo circa una settimana, in realtà la riparazione dei tessuti è ancora in atto. Una completa riparazione del tessuto trattato con dermopigmentazione può arrivare fino a un mese, concludendosi con la fase di riepitelizzazione e conseguente ingrigimento del colore utilizzato. Finita la fase di cicatrizzazione, i micro-depositi di pigmento puntiformi, subiranno un assestamento allargando i propri bordi e quindi aumentando il loro diametro, con conseguente aumento della copertura totale della zona trattata. Questa seconda fase, detta assestamento, può durare fino a due mesi. Ecco il motivo per cui si preferisce andare a rinforzare dopo circa 40/60 giorni. Se questo periodo non viene rispettato (anticipando la data del rinforzo), si rischia di andare a sovra-scurire una zona che probabilmente scurirà autonomamente, generando una macchia di colore scuro poco naturale.
VI. TRICOPIGMENTAZIONE
forti e decisamente visibili cambiamenti e mutazioni, per altro già anticipate nel memorandum (consegnato, ripeto, nel corso del primo appuntamento). Occorre una notevole predisposizione alla pazienza e risulta doveroso mostrarsi disponibili nell’affrontare e nel rispondere alle perplessità che assaliranno il tuo interlocutore e che riverserà, inevitabilmente, su di te. Ti consiglio, laddove lo riterrai più opportuno, chiedere materiale fotografico in modo da poter visionare e controllare meglio lo stato di avanzamento della tua prestazione.
Sostanzialmente, il risultato della prima seduta tatuatoria andrebbe valutato dopo circa 2 mesi e non prima. Non bisogna badare alle trasformazioni iniziali che la totalità del lavoro subisce: la fretta di raggiungere subito il risultato finale, in questo ambito, potrebbe rivelarsi piuttosto dannosa.
135
VI.5 Tecnica effetto rasato
quelli che vengono chiamati capelli superstiti, ma in forme di alopecia decisamente più complesse, risulta più complicato stabilirne l’esatta posizione. Per riuscire a risolvere questa specifica tipologia di problema, ti aiuterò con il seguente suggerimento pratico e risolutivo, anche detto regola delle quattro dita. Si tratta di un vero e proprio escamotage ed è un sistema a cui ricorrere solo in presenza di questa determinata eventualità. Basta apporre la mano sulla fronte del tuo cliente, ma partendo dalla linea dell’attaccatura sopraccigliare; al limite delle tue dita, partirà l’hairline. Sottolineo nuovamente che questo espediente dovrà, inoltre, tener conto del tuo buon senso per cui, mantieni piuttosto morbido il margine dell’hairline.
In questo paragrafo tratterò della tecnica più utilizzata nella Tricopigmentazione che rappresenta inoltre la massima espressione della manovra del Bounce: la tecnica effetto rasato, appunto. Di seguito ti spiegherò come, nella Tricopigmentazione, vengono convenzionalmente suddivise le zone di lavoro del capo.
Quindi per chiarezza la manovra che andremo ad impiegare è Bounce®.
E questi sono i parametri di lavoro per l’esecuzione di un effetto rasato (fig. 78):
utilizzo di un ago ad una punta
pulsazioni medie
velocità di esecuzione media
pressione media
VI. TRICOPIGMENTAZIONE
1
colore marrone / grigio scuro
fig. 78: Tecnica effetto rasato - parametri di lavoro
primo settore
136
Si estende per circa 5 cm ed è situata dietro la linea dell’hairline (fig. 79). Probabilmente, nell’effetto rasato è la zona più richiesta; evidentemente, nella calvizie, è anche la zona maggiormente colpita e, di fatti, si manifesta con un arretramento dell’hairline fronto - temporale. In un diradato semplice nella fase 1/ 2 della Scala di Norwood, sarebbe più facile capire il vecchio hairline point attraverso
fig. 79: Primo settore
137
Largo circa 5 cm e, spesso, è l’ultima zona colpita dall’alopecia, potrai individuarlo osservando la testa del tuo cliente dall’alto: si tratta della zona che congiunge i due padiglioni auricolari (fig. 80).
terzo settore
Si estende sulla zona apicale del cranio ossia la parte più alta del capo: è un settore di forma circolare e tondeggiante (gergalmente conosciuto come “chierica”, fig. 81).
VI. TRICOPIGMENTAZIONE
secondo settore
fig. 80: Secondo settore
138
fig. 81: Terzo settore
139
Per individuarlo, bisogna posizionarsi dietro il capo del cliente ed individuare la zona a ridosso di una linea immaginaria che congiunge i due padiglioni auricolari. Se dovrai trattare questa zona, allora vuol dire che il caso di alopecia con cui sei alle prese, è piuttosto grave ed avanzato e, corrispondente al settimo livello della Scala di Norwood (fig. 82).
quinto settore
Rappresenta la zona in cui, anche in presenza di alopecia al settimo livello della Scala di Norwood, ci sono dei capelli. Si tratta della zona nucale in prossimità delle orecchie; solo in prossimità di alopecia universale, peraltro abbastanza rara, potrai trovarti ad intervenire proprio su questa zona. Il quinto settore è più esteso degli altri quattro che invece hanno dimensioni piuttosto omogenee. Considera, infatti, che questo settore si sviluppa più del doppio rispetto agli altri: anche economicamente ti sarà doppiamente pagato ed evidentemente, il tempo che impiegherai, sarà proporzionato (fig. 83).
VI. TRICOPIGMENTAZIONE
quarto settore
fig. 82: Quarto settore
140
fig. 83: Quinto settore
141
Spesso ti capiterà che ti venga richiesto un trattamento sul primo e terzo settore dato che costituiscono le primissime zone dove attecchisce e si manifesta l’AGA. Io, personalmente, consiglio di trattare i settori sempre in quest’ordine consequenziale che vede uniti il primo al secondo ed il terzo al quarto: tale successione garantirà un effetto di gran lunga più naturale e non di meno, il lavoro difficilmente verrà notato da osservatori esterni.
Strategie operative: GESTIONE PRIMA SESSIONE
VI.6 Tecnica Dermatoppik L’applicazione della Tricopigmentazione su capello lungo, prende il nome di Dermatoppik. Il nome di questa tecnica deriva da un celebre cosmetico usato in casi di diradamento.
• consulenza, decisione dei settori da trattare, preventivo, appuntamento; • foto; • individuare il colore; • progettazione HL, giro orecchio e nuca; • inizio prima sessione; • inserimento dati nella scheda progetto; • consegna memorandum; • appuntamento seconda seduta.
Strategie operative: GESTIONE SECONDA SESSIONE • consulenza (spiegazione dei fenomeni di assestamento e cicatrizzazione), decisione settori da rinforzare; • foto;
Questa tipologia di prodotti serve principalmente a simulare maggiore densità di capelli e a scurire la cute per camuffare il diradamento; la loro composizione, è a base di fibre cheratiniche e dalle diverse tonalità. Una volta applicate sul capo, si attaccano elettrostaticamente al capello rendendolo più spesso e, quindi, più coprente. La quantità che non riesce ad aderire perfettamente, inoltre, si deposita sul cuoio capelluto donando, appunto, l’effetto coprente desiderato. Il Dermatoppik, sostituisce soltanto la parte dello scurimento della cute, un toppik dunque, avente un’azione abbastanza limitata nel tempo perché non capace di ispessire il capello. Con tale tecnica è come se riuscissi a spingere il toppik nel derma evitando, per giunta, rilasci indesiderati su cuscini, asciugamani, cappelli etc. Ci sono però dei requisiti minimi, ma indispensabili affinché sia possibile applicare questo sistema:
• individuare il colore;
• presenza di diradamento circoscritto (ad esempio ti sconsiglio vivamente di trattare casi che presentino gradi superiori al 4 della Scala di Norwood);
• progettazione di eventuali modifiche su HL, giro orecchio e nuca;
• il capello circostante deve essere lungo almeno 2 cm;
• inizio seconda sessione;
• devi concordare col cliente il verso dei capelli circostanti così da adeguarci, necessariamente, il verso di tutta la zona da trattare.
• copertura con pigmento carne dei mega dot; • inserimento dati nella scheda progetto; • raccomandazioni finali.
Dato che sto parlando di una tecnica di gran lunga più invasiva del Bounce, ti consiglio di utilizzare un trattamento per la riduzione del dolore, attraverso impacchi di anestetici topici (rigorosamente prescritti al cliente da un medico), da applicare sempre prima del tuo lavoro sulla zona in questione.
VI. TRICOPIGMENTAZIONE
• consenso informato;
Tecnicamente, questo effetto si realizza attraverso degli short hair che compongono un reticolato ad “Y” al fine di realizzare una texture coprente, ma non omogenea e piena.
142
143
Di seguito cercherò di chiarirti come realizzare il reticolato ad “Y” di cui ti sto parlando e, quindi, la sua grafica esatta. Questo reticolato ti sarà indispensabile nell’applicazione delle seguenti tecniche: • Tecnica Dermatoppik; • Copertura cicatrice FUT su capello lungo (quando viene impiegato un colore chiaro, fig. 84).
Adesso, invece, ti mostrerò l’effetto che crea il reticolato detto ad “X”, che ti sarà indispensabile, più avanti, nella tecnica di copertura di cicatrici. Questo reticolato ti sarà indispensabile nell’applicazione delle seguenti tecniche: • copertura cicatrice FUT su capello rasato (quando viene impiegato un colore chiaro); • copertura cicatrice FUE (quando viene impiegato un colore chiaro). Come si evince dalla figura 86, gli short hair che compongono il reticolato, creano una sorta di “X”.
fig. 84: Copertura alopecia su capello lungo
fig. 86: Gli short hair che compongono il reticolato creano una sorta di “X”
Torniamo, ora, a focalizzare la nostra attenzione sulla tecnica Dermatoppik (figg. 88, 89); di seguito ti elenco le manovre ed i parametri di lavoro necessari (fig. 87).
VI. TRICOPIGMENTAZIONE
Come si evince dalla figura 85, gli short hair che compongono il reticolato, creano una sorta di “Y”.
fig. 85: Gli short hair che compongono il reticolato creano una sorta di “Y”
144
145
manovra: short hair doppio
STEP 1
STEP 2
STEP 3
STEP 4
7
una punta a 7 aghi
pulsazioni medie
velocitĂ di esecuzione media
pressione media
il colore piĂš vicino al capello del ciente
VI. TRICOPIGMENTAZIONE
fig. 87: Dermatoppik - parametri di lavoro
fig. 88: Dermatoppik
146
fig. 89: Step by step di un trattamento Dermatoppik
147
VI.7 Tecnica copertura cicatrici FUT
Copertura FUT su capello lungo
Per trattare una cicatrice FUT, esistono due modalità di copertura:
La strategia operativa che dovrai adottare, quando sarai alle prese con copertura di cicatrici FUT su capello lungo (fig. 92), si divide in due fasi.
• su capello lungo (fig. 90); • su capello rasato (fig. 91).
fig. 92: Copertura FUT su capello lungo
fig. 90: Cicatrice FUT su capello lungo
fig. 91: Cicatrice FUT su capello rasato
La PRIMA FASE è costituita dalla ripigmentazione con reticolato chiaro a “Y” del cuoio capelluto sulla cicatrice per cui dovrai ricreare, cromaticamente, il tessuto tra un capello ed un altro avendo come ispirazione, una zona non cicatriziale (prossima alla cicatrice). Tutto ciò, sarà possibile solo rispettando e seguendo meticolosamente i parametri esposti in figura 93 e le manovre esposte in figura 94.
VI. TRICOPIGMENTAZIONE
Ci tengo a chiarire che, prima di lavorare sulla cicatrice da trattare, è bene suggerire al cliente di radersi i capelli circostanti alla lunghezza che si intende portare dopo il trattamento. Non è un aspetto da sottovalutare perché, tu operatore, devi capire bene che effetto dovrai andare a ricreare dato che lavorerai diversamente se l’effetto da apportare sulla cicatrice sarà corto oppure sarà lungo. Guarderai molto attentamente i capelli e la lunghezza degli stessi al tuo cliente e, sulla cicatrice, riporterai la medesima situazione: concorderai preventivamente con il tuo cliente tutto ciò affinché poi lui si impegnerà nel portare i capelli quanto più uguali alla lunghezza portata al momento della prima seduta.
La SECONDA FASE, ovvero su reticolato scuro, serve per rievocare i capelli circostanti la cicatrice. Si svolge rispettando le indicazioni esposte in figura 95 e 96.
148
149
I FASE manovra: short hair doppio (avanti e indietro)
1
7
utilizzo di un ago a 7 punte
II FASE manovra: short hair singolo
pulsazioni medie
velocitĂ di esecuzione media
pressione medio-alta
colore beige / grigiastro medio
fig. 93: Copertura FUT su capello lungo - parametri di lavoro (I fase)
utilizzo di un ago ad 1 punta
pulsazioni medio-alte
velocitĂ di esecuzione bassa
pressione media
colore castano o moro a esigenza
fig. 95: Copertura FUT su capello lungo - parametri di lavoro (II fase)
Nota: il reticolato realizzato, deve essere composto da movimenti short hair piuttosto verticali, quasi a realizzare delle Y. (reticolato ad Y appunto).
fig. 94: Copertura FUT su capello lungo (I fase)
150
Nota: questo short hair, dovrai effettuarlo negli interstizi del reticolato chiaro, eseguito nella fase precedente.
VI. TRICOPIGMENTAZIONE
Nella figura 94, potrai notare l’effetto che puoi creare utilizzando i suddetti parametri.
fig. 96: Copertura FUT su capello lungo (II fase)
151
Copertura FUT su capello rasato
I FASE manovra: short hair doppio
Intanto chiarisco che, per capello rasato si intende una lunghezza non superiore a 2 mm, ma per il resto valgono tutte le informazioni e le indicazioni date per il precedente trattamento di cui sopra per cui, ricorda sempre al tuo cliente di mantenere, dopo la seduta, i capelli rasati (fig. 97). 7
utilizzo di un ago a 7 punte
pulsazioni medie
velocità di esecuzione media
pressione medio-alta
colore beige grigiastro mediochiaro
VI. TRICOPIGMENTAZIONE
fig. 99: Copertura FUT su capello rasato - parametri di lavoro (I fase)
fig. 97: Copertura FUT su capello rasato
Ripigmentazione con reticolato chiaro ad X Questo reticolato (fig. 98), potrai crearlo utilizzando gli stessi parametri (fig. 99) e manovre impiegate per il reticolato ad Y sopra descritti. L’unica differenza sarà nell’inclinazione dei movimenti short hair che, in questa fase, sono meno verticali e come a formare delle X (fig. 100). fig. 98: Reticolato ad X
152
fig 100: Copertura FUT su capello rasato (I fase)
153
II FASE manovra: Bounce®
VI.8 Tecnica copertura cicatrici FUE
La seconda fase è costituita dall’effettuazione di tecnica Bounce eseguita negli interstizi del reticolato appena effettuato. L’unica ferma raccomandazione che ti faccio è quella di limitare la pressione (fig. 101) perché, ti ricordo, il tessuto cicatriziale potrebbe rispondere in maniera anomala e creare degli inestetici mega dot.
La Tricopigmentazione nel caso di copertura di cicatrici FUE, concede la sua massima espressione di perfezione: i risultati sono straordinari ed è risolutiva al 100%. Nel caso di copertura di cicatrici FUE, non farò alcuna differenza tra casi di trattamento su capello lungo oppure rasato perché, di norma, un White dot (punto bianco), viene ben coperto da capelli circostanti lunghi (fig. 103).
1
utilizzo di un ago ad 1 punta
pulsazioni medie
velocità di esecuzione media
pressione mediobassa
colore marrone / grigio-scuro
Nella figura 102 puoi notare che nella seconda fase della copertura FUT su capello rasato, il Bounce® viene effettuato nei “rombi” formati nella prima fase con il colore chiaro.
fig. 103: Copertura FUE su capello rasato
Copertura cicatrice FUE su capello rasato
fig. 102: Copertura FUT su capello rasato (II fase)
154
VI. TRICOPIGMENTAZIONE
fig. 101: Copertura FUT su capello rasato - parametri di lavoro (II fase)
Nella prima fase dovrai valutare attentamente se le cicatrici circolari sono piccole oppure sono grandi e, se si tratterà di una grande lesione - laddove per grande intendo maggiore ai 3 mm di diametro - inizierai la copertura attraverso una ripigmentazione con reticolato a X e queste indicazioni: fig. 104.
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II FASE manovra: Bounce®
I FASE manovra: short hair doppio
Nota: A volte risulta più conveniente fare qualche rimbalzo sul reticolato stesso appena eseguito.
utilizzo di un ago a 7 punte
1
pulsazioni medie
velocità di esecuzione media
pressione medio-alta
colore beige grigiastro medio/ chiaro
fig. 104: Copertura FUE su capello rasato - parametri di lavoro (I fase)
utilizzo di un ago ad 1 punta
pulsazioni medie
velocità di esecuzione media
156
colore marrone/grigio scuro
fig. 106: Copertura FUE su capello rasato - parametri di lavoro (II fase)
Nella II fase dovrai riempire gli interstizi generati da questo reticolato molto piccolo (figg. 105, 107), attraverso un Bounce® eseguito con gli stessi parametri (fig. 106), sempre già illustrati nel precedente paragrafo. Ti riassumo nella pagina successiva.
fig. 105: Copertura FUE su capello rasato (I fase)
pressione mediobassa
La tecnica di autotrapianto FUE, sta decisamente migliorando progressivamente e, gli esiti cicatriziali, associati a questa tecnica, sono sempre meno importanti e visibili. A tal proposito, potrebbe capitarti di lavorare su cicatrici circolari inferiori a 3 mm. In questo caso dovrai assumere lo stesso tipo di comportamento adottato nel caso di cicatrici superiori a 3 mm, ma evitando di eseguire la prima fase e cioè quella del reticolato ad X.
VI. TRICOPIGMENTAZIONE
7
fig. 107: Copertura FUE su capello rasato (II fase)
157
VI.9 Gestione del trattamento in portatori di protesi La gestione del cliente portatore di protesi merita un paragrafo a sé. Infatti spesso queste persone presentano un cuoio capelluto molto provato. Il motivo di questo stress risiede nella permanenza continua di collanti o nastri biadesivi. La cute dunque si presenta molto gonfia, piena, liscia e spesso con dermatiti. Non è raro trovare micosi e desquamazioni. Su una cute in questo stato devi prestare particolare attenzione alla migrazione di ogni singolo rimbalzo perché la reazione più comune è quella della migrazione del colore. In figura 108 ti mostro uno stato iniziale tipico del cliente portatore di protesi.
trattamento. Inoltre ricorda che nella prima seduta non potrai lavorare sulle macchie di dermatite, perché infiammate. Chiedi al tuo cliente di provvedere alla loro guarigione consultando il proprio medico curante. Prima di iniziare la seconda seduta troverai un lavoro molto sbiadito e con poca definizione, ci saranno delle visibili macchie chiare in corrispondenza delle zone dove precedentemente c’era dermatite. Non preoccuparti e continua il tuo percorso, chiedendo di nuovo al tuo cliente di far passare 3 o 4 giorni prima dell’applicazione della protesi in seguito a questa seconda seduta. Infine, alla terza seduta, il tuo cliente dovrà presentarsi con i capelli ai lati della testa, completamente rasati. Può farlo la sera prima della terza ed ultima seduta. La mattina dopo potrai svolgere l’ultima fase del trattamento, andando a lavorare sin dove occorre, spazi che prima non avevi individuato. Sfuma sulla corona e su tutte le zone necessarie per avere un perfetto legame tra la Tricopigmentazione ed i suoi capelli. Quando lavori su questi soggetti utilizza questa modalità (fig. 109):
fig. 108: Cliente portatore di protesi
Il consiglio in questo caso è di eseguire il trattamento distribuito in tre sedute. Non far rasare i capelli sui lati prima della terza seduta. Inizia a lavorare e chiedi al tuo cliente di aver pazienza per il raggiungimento del risultato finale. Dopo la prima seduta chiedigli di rimanere qualche giorno senza la protesi. Passati i primi giorni potrà rimettere la parrucca. Ovviamente questo atteggiamento causerà un attecchimento difficoltoso del pigmento, ecco giustificata la seduta in più del
158
VI. TRICOPIGMENTAZIONE
manovra: Bounce®
1
utilizzo di un ago ad 1 punta
pulsazioni medie
velocità di esecuzionemedia
pressione bassa
colore marrone / grigio scuro
fig. 109: Soggetto portatore di protesi - parametri di lavoro consigliati
159
CAPITOLO SETTIMO
Aspetti burocratici e legali 160
161
La consulenza è il primo vero incontro con il tuo possibile cliente e, forse proprio per questa ragione, ti consiglio né di sottovalutare l’importanza né di gestire frettolosamente e distrattamente questo primo incontro: è sia il tuo tangibile biglietto da visita, sia un momento reale per conoscersi e capire tutto ciò che è necessario per i futuri trattamenti. Adesso, farò seguire un elenco, in reale successione, di momenti da cui dovrà essere composta la consulenza, al fine di non tralasciare nulla tra te e il tuo cliente. CENNI GENERALI: in questa fase darai una spiegazione sommaria su ciò che rappresenta la Tricopigmentazione e del suo impiego. TIMING DEL PRIMO SETTORE E DEL MANTENIMENTO: adesso spiegherai ed illustrerai i tempi di esecuzione del trattamento, mostrerai una possibile tabella di marcia ed anche la durata e le aspettative del prodotto di ogni singola seduta.
• presentarsi alla seduta (salvo differenti strategie) con i capelli rasati alla lunghezza ottimale che dovrà poi, essere mantenuta per tutto il tempo che si intende usufruire della Tricopigmentazione; • sospendere trattamenti farmacologici in atto e valutare anche se interrompere per un breve periodo minoxidil o finasteride; • nel caso di portatori di protesi, valutare se rasare la corona alla prima oppure alla seconda seduta; • non rasare i capelli il giorno stesso del trattamento, ma farlo la sera prima. • evitare di presentarsi se non si gode di buona salute (sintomi influenzali, raffreddori, allergie, etc); • avvisare che l’eventuale accompagnatore non potrà accedere all’interno della sala operativa; • portare con sé un berretto pulito; • avvisare che bisognerà acquistare una pasta lenitiva; • comunicare che non si potrà prendere sole per almeno 30 giorni dopo l’effettuazione della seduta;
ANAMNESI: fase importante per fare un’indagine conoscitiva sui precedenti fisiologici, ma anche patologici, individuali e familiari del cliente. Sarà redatta direttamente da te ed è finalizzata alla decisione del trattamento da eseguire.
• informare che, per una settimana successiva alla seduta, non si potranno rasare i capelli e neppure fare sport.
PREVENTIVO TECNICO E COMMERCIALE: a questo punto esporrai la tua strategia operativa che intendi adottare e un relativo prospetto dei costi.
VII.2 Indicazioni pre-trattamento
COMPILAZIONE SCHEDA PROGETTO: creazione della scheda personale di ogni cliente, contenente l’anagrafica, la box privacy, il costo concordato, il lavoro da effettuare etc. Questa scheda, poi, andrà fatta firmare al cliente, fotocopiata e consegnata per conoscenza.
Anche per quanto riguarda i consigli sul pre-trattamento, cercherò di agevolarti con il seguente elenco:
FOTO: ricordati, sempre, di scattare una foto su fondo chiaro che documenti la situazione abituale del cliente.
• TRANQUILLIZZARE: quando ci si avvicina alla prima seduta, il pensiero del cliente sarà rivolto, con elevata probabilità, al dolore che immagina di sentire. Sarà buona norma tranquillizzarlo perché, di fatto, il trattamento è abbastanza sopportabile e provocherà solo qualche fastidioso in alcune zone;
APPUNTAMENTO: ti farai lasciare un acconto per fermare, una volta concordato, l’eventuale appuntamento. RACCOMANDAZIONI: ragguagli tecnici e consigli riguardanti nello specifico il trattamento che dovrà essere effettuato. Suggerirai ad esempio di:
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• evitare l’esposizione al sole non oltre sette giorni prima della seduta;
• GESTIONE PAUSE: la seduta è una corsa contro il tempo perché, più si dilunga la seduta, maggiormente si infiammerà la cute e meno il colore riuscirà ad attecchire correttamente. La visuale dell’operatore, inoltre, sarà confusa con iperemia causata. Pertanto sarebbe opportuno suggerire al cliente di limitare al minimo le pause: no sigarette, no sms o telefonate (meglio far spegnere il
VII. ASPETT BUROCRATICI E LEGALI
VII.1 La consulenza
163
• ASSESTAMENTO: ti consiglio di rimarcare il concetto di assestamento del pigmento per cui ripetere che all’inizio si noterà un puntino o trattino molto sottile e molto scuro, ma che con il passare dei giorni si schiarirà a tal punto, in taluni casi, da scomparire. Inoltre si allargherà, generando una piccola ombra intorno a sé, ma tanto tutto ciò che si perde, verrà ripristinato nella seconda seduta;
Ti consiglio vivamente di allegare, sempre, il consenso informativo alla fattura perché previsto per legge.
• INFIAMMAZIONE: ricorda al cliente che il rossore si protrarrà per le successive 24/48 ore, ma avvertiamo che il rossore presente alla fine del trattamento, è semplicemente quello causato dall’infiammazione;
In figura 110 troverai l’impostazione del consenso informato così come viene presentato ai clienti del mio studio. Sei ovviamente libero di usarne la mia stessa versione o un’altra, purché contenga le giuste e necessarie informazioni.
• SILENZIO: buona norma, al fine di svolgere un lavoro quanto più preciso possibile, è chiedere al cliente di non parlare. Purtroppo, data la delicatezza dell’intervento, ogni micro-vibrazione potrebbe causare una imperfezione nel rimbalzo o nella manovra;
VII.4 La scheda progetto
• RISERVATEZZA: ricordare che l’utilizzo delle immagini prodotte è destinato esclusivamente ad un uso interno (studio del lavoro). Qualsiasi utilizzo a fini pubblicitari, dovrà essere preceduto da una richiesta dell’operatore. La pubblicazione avverrà solo e soltanto con il benestare del cliente; • DUBBI: dalla consulenza alla prima seduta, il cliente può aver maturato dei dubbi o alcune incertezze. Spesso tali titubanze sono perlopiù frutto di nervosismo e, per tanto del tutto legittime. Cerca di rispondere con pazienza a tutte le eventuali domande e, solo dopo, potrai iniziare la seduta di lavoro.
VII.3 Il consenso informato In Italia, qualunque semplice trattamento o piccolo intervento sanitario, ma anche medico in generale, necessita del preventivo consenso del paziente, nel tuo caso del cliente. Il suo consenso informato, che costituisce il presupposto fondamentale della liceità dell’attività sanitaria, in assenza del quale l’attività stessa costituisce reato. Il fine della richiesta del consenso informato è dunque quello di promuovere l’autonomia dell’individuo nell’ambito delle decisioni mediche. Il
164
tuo cliente può decidere se vuole sottoporsi al trattamento che andrai ad illustrare molto dettagliatamente e pazientemente ed ha il diritto/dovere di conoscere tutte le informazioni disponibili chiedendoti ciò che non gli dovrebbe risultare chiaro.
Fare un’anamnesi del tuo cliente e più in generale raccogliere quante più informazioni utili circa il caso da trattare rappresenta, oltre ad un’ottima metodologia di lavoro e di archiviazione dati, anche un’utilissima raccolta per avere sempre disponibile lo storico del tuo cliente. Tali informazioni verranno raccolte ed archiviate nella scheda progetto dove tu annoterai, poi, e di volta in volta, il colore utilizzato, la zona trattata, la pressione adoperata e tutto ciò che riguarda le peculiarità della seduta in questione. In fig. 111 ti riporto la scheda progetto così come viene utilizzata nel mio studio. Ovviamente tu sei libero di servirtene in maniera precisa a quella che segue o apportandone delle modifiche.
VII.5 Il memorandum post-seduta Adesso, farò seguire tutta una serie di indicazioni precise ed indispensabili per la tutela di te operatore e la guarigione dei tuoi clienti. Per esperienza ti consiglio vivamente di farlo visionare sempre e di farlo firmare subito dopo l’intervento di Tricopigmentazione: ne lascerai una copia nell’archivio in studio ed una la consegnerai tempestivamente. Come ti renderai conto, sono tutta una serie di consigli
VII. ASPETT BUROCRATICI E LEGALI
telefono) e consiglia di recarsi in bagno prima di iniziare, etc.;
165
Ritengo molto importante questa fase e la somministrazione del memorandum (fig. 112) perché ti consentirà di non incappare in spiacevoli equivoci sulle aspettative di guarigione del tuo cliente, sia nelle modalità che da un punto di vista tempistico. Attenzione, il memorandum non è un servizio aggiuntivo o facoltativo dal quale puoi esimerti: tra le note principali presenti nel consenso informato, già sottoscritto, compare anche la clausola nella quale al cliente viene anticipata la successiva presa visione e firma obbligatoria del memorandum post-seduta, appunto.
VII.6 Interazioni con altri prodotti o sistemi: Minoxidil, Finasteride, protesi, ecc. MINOXIDIL Ancora oggi qualsiasi tipo di trattamento topico per il trattamento dell’alopecia androgenetica non può prescindere dal minoxidil, del quale non conosciamo con assoluta precisione il meccanismo di azione. Certamente coinvolge le vie di controllo metabolico e non i meccanismi ormonali: in particolare, questo farmaco sembra attivare il ciclo di Krebs e l’incremento della produzione di substrato energetico con un conseguente aumento della sintesi proteica. Sostanzialmente il minoxidil mima l’azione di un fattore di crescita che potrebbe essere l’EGF (Epidermal Growth Factor) e provoca l’apertura dei canali intracellulari del potassio a livello delle cellule muscolari lisce delle arteriole periferiche. Quest’azione produce un effetto vasodilatatore periferico diretto che risulta immediatamente evidente a carico del microcircolo della papilla dermica. Non sembra che sia la vasodilatazione a promuovere la crescita dei capelli, ma questo meccanismo - secondo alcuni ricercatori - potrebbe in qualche modo favorire il prolungarsi della fase anagen. Studi recenti indicano che il minoxidil potrebbe aumentare la vascolarizzazione della papilla dermica inducendo angiogenesi. Questo farmaco è in grado di fermare e, talvolta, invertire il processo di miniaturizzazione del follicolo. L’efficacia del minoxidil risulta anche dal miglioramento della formula pilare per un prolungamento della fase anagen. Il minoxidil combatte il sintomo, ossia la mi-
166
niaturizzazione progressiva dei capelli, ma non agisce minimamente sulle cause genetico-endocrine della calvizie: la sua efficacia, pertanto, è parziale e sembra perdurare solo finché viene applicato. Per quanto riguarda i possibili effetti collaterali, va detto che è molto frequente un iniziale telogen effluvium della durata di tre- quattro settimane.
FINASTERIDE È la prima sostanza al mondo registrata per il trattamento dell’alopecia androgenetica in somministrazione per via generale. Per spiegare il meccanismo d’azione della finasteride nella alopecia androgenetica occorre ricordare che nel follicolo pilifero sono presenti dei sistemi enzimatici che convertono androgeni più deboli in androgeni più potenti, tra cui la 5α-reduttasi che svolge il ruolo più importante nella patogenesi della alopecia androgenetica. Studi clinici della durata superiore a due anni hanno dimostrato che la finasteride, al dosaggio di 1 mg/die, ha rallentato la progressione della caduta ed ha incrementato la crescita di capelli (Kaufman, 1998). Una ulteriore esperienza multinazionale a lungo termine ha stabilito che il trattamento con finasteride (1 mg/die nell’arco di cinque anni) è stato ben tollerato, ha determinato miglioramenti persistenti della crescita dei capelli ed ha rallentato l’ulteriore progressione della calvizie (Kaufman, 2002). Anche la conta dei follicoli in sezioni orizzontali ha fornito un utile complemento ai parametri clinici ottenuti negli studi sulla crescita dei capelli. Negli uomini giovani e di età media con alopecia androgenetica, la finasteride sembra essere in grado di far regredire la miniaturizzazione del capello che caratterizza questa condizione (Whiting, 1999). In un recente studio, la finasteride ha aumentato il peso dei capelli in uomini affetti da alopecia androgenetica. Il peso dei capelli è aumentato molto di più della conta degli stessi, il che sta ad indicare che vi sono altri fattori, oltre al numero dei capelli, quali un aumento del tasso di crescita (lunghezza) e dello spessore dei capelli, che contribuiscono agli effetti benefici della finasteride negli uomini trattati (Price, 2002). Gli effetti collaterali più frequenti sono quelli correlati alla funzione sessuale: impotenza, diminuzione della libido, diminuzione del volume dell’eiaculato. Adesso che hai grosso modo chiaro di cosa sto parlando, posso introdurre il tema del paragrafo e, cioè, l’interazione che può provocare l’assunzione dei suddetti farmaci. Ti ho appena indicato ciò che comporta l’assunzione di finasteride, ma aggiungo che, per quanto riguarda il nostro lavoro su un individuo che segue questa particolare terapia farmacologica, non ci sono controindicazioni di tipo tecnico: puoi liberamente eseguire trattamenti di Tricopigmentazione facendo, però, molta attenzione all’aspetto psicologico che può invadere il tuo cliente. Dovrai tener
VII. ASPETT BUROCRATICI E LEGALI
utili che necessariamente vanno trasmessi, sia per una corretta gestione del trattamento subìto, sia sul’eventuale mutazione che potrebbe subire ed infine, sono dettagli molto utili da tener presenti per evitare contrasti evidenti.
167
Il minoxidil come abbiamo già visto è un farmaco sicuramente più blando, ma è anche quello da cui si inizia solitamente. Dato che si assume topicamente, si presenta come una lozione spesso preparata dalle stesse farmacie che si applica localmente e nella zona diradata, ma ha delle controindicazioni maggiori in funzione al trattamento di Tricopigmentazione: 15 giorni prima di effettuare una seduta di Tricopigmentazione sarebbe opportuno interrompere la cura; prima perché potrebbe modificare e, quindi alterare, la potenzialità di trattenere pigmenti nelle terapia e, dopo, perché potrebbe comprometterne l’esito a causa di possibili migrazioni di colore e viraggi. A questo punto torno a ripeterti quanto sia importante che tu raccomandi in anamnesi di sospendere l’uso del minoxidil e quindi di chiedere, sempre, se si fa uso o meno del farmaco. Il Dermaroller è un trattamento che offre prospettive miracolose, ma di fatto risulta essere piuttosto blando: consiste in un mattarello che sfrutta il principio needling per cui, se un tessuto viene adeguatamente e frequentemente stimolato, tende a rigenerarsi e dovrebbe, così, rinforzare i capelli esistenti. Per noi operatori, l’aspetto che può influire sul nostro lavoro è prettamente di tipo psicologico nel momento in cui il cliente interromperà la cura. A tal proposito ti ricordo di far sospendere il trattamento 15 giorni prima e dopo il tuo intervento di Tricopig-
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mentazione e con la possibilità di riprenderlo nei successivi 15 giorni. A causa delle infiammazioni indotte dal dermoroller, sarà necessario effettuare i dovuti rinforzi di Tricopigmentazione in periodi più brevi, e quindi ravvicinati, rispetto al consueto timing. Sistemi meccanici più blandi: ti menziono, sotto questa dicitura, le spazzole ad infrarossi che si passano nella chioma più o meno folta dell’individuo. All’interno sono presenti delle fonti luminose con una determinata e specifica lunghezza d’onda (infrarossa), le quali avrebbero il compito di riscaldare la cute frequentemente e la vascolarizzazione generata, infoltirebbe la zona desiderata, cioè quella trattata. Risulta necessaria, anche per questo trattamento, la sua sospensione nei 15 giorni precedenti e successivi la Tricopigmentazione, pur limitandone – a prescindere – la durata. I portatori di protesi tecnicamente presentano un cuoio capelluto alterato, perché, dopo anni di protesi, lo mostrano gonfio, spugnoso, liscio e pieno di liquidi. Questa situazione va ad unirsi a frequenti dermofit causati dall’utilizzo i collanti o nastri bioadesivi. Con una situazione iniziale di questo tipo, dovrai fare attenzione alla strategia da adottare inizialmente nel trattamento di Tricopigmentazione. Ti consiglio, quasi sempre, di non far togliere la protesi prima di iniziare il trattamento, ma soltanto tra la prima e la seconda seduta, così da garantire maggior omogeneità tra la fase iniziale e quella finale per cui, suggerisci di portare la protesi dopo il primo trattamento e di toglierla soltanto dopo il secondo. Ti raccomando inoltre: • studia con il cliente un programma di abbronzatura, al fine di dare un colore anche alla pelle rimasta pallida a causa della protesi rispettando, chiaramente, i tempi di cicatrizzazione; • nella scelta dei parametri di lavoro, specialmente in merito alla prima seduta, dovrai ridurre la pressione della mano, l pulsazione di lavoro, ma aumentare la velocità di esecuzione per evitare eccessivi depositi di colore.
VII. ASPETT BUROCRATICI E LEGALI
conto che, se il tuo cliente sta assumendo finasteride durante il trattamento, sarai proprio tu al centro delle sue attenzioni una volta interrotta la cura col farmaco: sarai con ottime probabilità bersagliato dalle sue domande, piene di dubbi, paure ed incertezze. Questo è abbastanza plausibile se consideri che un trattamento di Tricopigmentazione su un individuo che ha appena interrotto l’assunzione di finasteride, offre un risultato con un visibile indebolimento e rallentamento di ricrescita. Tale fenomeno, chiaramente, è legato prettamente all’interruzione del medicinale per cui, ti consiglio vivamente di avvisare preventivamente il tuo cliente: l’attenuarsi di ricrescita, è legata esclusivamente alla cessazione del trattamento e non alla Tricopigmentazione. Mi preme molto raccomandarti di chiedere sempre, in anamnesi, se il tuo cliente prende o meno finasteride e, di conseguenza, avvisarlo di ciò che può comportare la sua interruzione. Non di meno ti consiglio di non sottovalutare mai i ritorni psicologici e quindi, studia bene l’eventuale strategia da adottare. Dal tuo cliente sarà altresì importante farti garantire se l’uso di finasteride sarà prolungato a vita o se si tratta solo di un coadiutore circoscritto ad un determinato periodo perché, proprio da questo dato, dipenderà la tua decisione circa la modalità d’intervento. Il costo di una cura a base di finasteride, è piuttosto oneroso aggirandosi all’incirca, intorno al migliaio di euro all’anno.
169
VII. ASPETT BUROCRATICI E LEGALI fig. 110: Consenso informato
170
fig. 111: La scheda progetto
171
VII.7 Costi consigliati
LISTINO PREZZI EFFETTO RASATO (pag. 1/4) DESCRIZIONE STADIO (NORWOOD)
SCHEMA GRAFICO
SETTORI CONSIGLIATI
Stadio I: corrisponde al soggetto normale.
COSTO (€)
/
Stadio II: corrisponde all’I di Hamilton* con solo arretramento fronto-temporale.
Stadio IIa: come il II con associato arretramento della linea frontale.
800,00 + IVA I
800,00 + IVA I
VII. ASPETT BUROCRATICI E LEGALI
*Stadio I Hamilton: arretramento simmetrico fronto-temporale con eventuale e successivo arretramento della linea frontale; non rappresenta, come già riferito, un preludio obbligatorio alla calvizie.
Listino prezzi valido fino al ___ / ___ / ___
fig. 112: Il memorandum post-seduta
172
173
LISTINO PREZZI EFFETTO RASATO (pag. 2/4) SCHEMA GRAFICO
SETTORI CONSIGLIATI
COSTO (€)
Stadio III: corrisponde sempre all’I di Hamilton* ma con arretramento fronto-temporale più accentuato. * Stadio I Hamilton: arretramento simmetrico fronto-temporale con eventuale e successivo arretramento della linea frontale; non rappresenta, come già riferito, un preludio obbligatorio alla calvizie.
1.600,00 + IVA
Stadio IV: rimane una larga striscia di capelli superstiti fra le zone aleopeciche anteriore e posteriore (cioè uno stadio III di Hamilton* poco accentuato).
SCHEMA GRAFICO
SETTORI CONSIGLIATI
COSTO (€)
2.400,00 + IVA I II
IV
* Stadio III Hamilton: le due zone alopeciche, anteriore e posteriore, tendono a confluire e persiste solo una stretta striscia di capelli.
I II
Stadio IIIa: come il III con associato arretramento della linea frontale.
1.600,00 + IVA I II
Stadio III vertex: al III o al IIIa si associa diradamento della zona del vertice (corrisponde più o meno al II di Hamilton*). *Stadio II Hamilton: accentuazione dello stadio I con leggero arretramento della linea frontale e diradamento del vertice.
DESCRIZIONE STADIO (NORWOOD)
Stadio IVa: notevole arretramento della linea di attaccatura anteriore che arriva grosso modo alla linea virtuale che congiunge la sommità delle due orecchie; la presenza di diradamento del vertice non è obbligatoria ma in ogni caso è assente la striscia di capelli superstiti.
2.400,00 + IVA I II III
2.400,00 + IVA I II
IV
Listino prezzi valido fino al ___ / ___ / ___
Stadio V: come il IV più accentuato (corrisponde al III di Hamilton*). *Stadio III Hamilton: le due zone alopeciche, anteriore e posteriore, tendono a confluire e persiste solo una stretta striscia di capelli.
3.200,00 + IVA I II III IV
VII. ASPETT BUROCRATICI E LEGALI
DESCRIZIONE STADIO (NORWOOD)
LISTINO PREZZI EFFETTO RASATO (pag. 3/4)
Listino prezzi valido fino al ___ / ___ / ___
174
175
IMPORTANTE
LISTINO PREZZI EFFETTO RASATO (pag. 4/4) SCHEMA GRAFICO
SETTORI CONSIGLIATI
Stadio Va: come il IVa più accentuato (corrisponde al IV di Hamilton* poco accentuato). * Stadio IV Hamilton: alopecia definitiva fronto-parietale e del vertice con permanenza di una alta “corona” di capelli nella zona temporo-occipitale.
COSTO (€)
•
3.200,00 + IVA
LISTINO PREZZI COPERTURA CICATRICI
I II III IV
DESCRIZIONE CICATRICE
• altezza media 1 cm
I II III IV Cicatrice F.U.E: l’estensione massima per essere considerata una cicatrice globale è:
650,00 + IVA (costo per singola cicatrice)
• circa 50 cm2
3.200,00 + IVA I II III IV
Alopecia Universale
Listino prezzi valido fino al ___ / ___ / ___
5.000,00 + IVA I II III IV V Listino prezzi valido fino al ___ / ___ / ___
IMPORTANTE • • •
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COSTO (€)
650,00 + IVA (costo per singola cicatrice)
• lunghezza 20 cm
3.200,00 + IVA
Stadio VII: corrisponde al V di Hamilton* *Stadio V Hamilton: come il IV ma con “corona” residua di ridotte dimensioni.
SCHEMA GRAFICO
Cicatrice F.U.T.: la dimensione massima della singola cicatrice è:
Stadio VI: corrisponde al IV di Hamilton* * Stadio IV Hamilton: alopecia definitiva fronto-parietale e del vertice con permanenza di una alta “corona” di capelli nella zona temporo-occipitale.
I rinforzi fatti entro 90 giorni dalla data della prima seduta, hanno un costo di € 150,00 + IVA per settore. Trascorsi i primi 90 giorni i rinforzi potranno avere un costo che oscilla tra i 150,00 Euro + IVA, fino alle 400,00 Euro + IVA (per settore). I costi indicati nella tabella si riferiscono a situazioni ideali teoriche. Pertanto si invita a richiedere un preventivo personalizzato inviando una foto a info@tricopigmentazione.com.
VII. ASPETT BUROCRATICI E LEGALI
DESCRIZIONE STADIO (NORWOOD)
• •
I rinforzi fatti entro 90 giorni dalla data della prima seduta, hanno un costo di € 150,00 + IVA per singola cicatrice. Superati i primi 90 giorni i rinforzi potranno avere un costo che oscilla tra i 150,00 Euro + IVA, e i 325,00 Euro + IVA (per cicatrice). I costi indicati nella tabella si riferiscono a situazioni ideali stereotipate. Per situazioni particolari si invita la gentile clientela a richiedere un preventivo personalizzato inviando una foto a info@tricopigmentazione.com.
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CAPITOLO OTTAVO
ESEMPI prima & dopo
178
179
DOPO
DOPO
Tavola II: Tricopigmentazione sul vertice, nuca e cicatrici da autotrapianto
PRIMA
Tavola III: Tricopigmentazione su alopecia di VII grado
180
DOPO
Tavola IV: Tricopigmentazione su cicatrice FUT
Tavola I: Tricopigmentazione hairline
PRIMA
PRIMA
DOPO
PRIMA
DOPO
Tavola V: Scar di 24 cm ipopigmentata e vascolarizzata
PRIMA
DOPO
VIII. ESEMPI prima & dopo
PRIMA
Tavola VI: Rinforzo hairline in un esito di autotrapianto insufficiente
181
DOPO
Tavola VII: Tricopigmentazione su V grado di alopecia androgenetica
PRIMA
DOPO
Tavola VIII: Tricopigmentazione su esito cicatriziale tecnica FUE (lavoro appena concluso)
PRIMA
Tavola IX: Tricopigmentazione su alopecia di IV grado
182
DOPO
PRIMA
DOPO
Tavola X: Tricopigmentazione su alopecia di IV grado
PRIMA
DOPO
Tavola XI: Tricopigmentazione su esito cicatriziale FUE e Strip (lavoro appena concluso)
PRIMA
DOPO
VIII. ESEMPI prima & dopo
PRIMA
Tavola XII: Tricopigmentazione su ex-portatore di protesi
183
DOPO
DOPO
Tavola XV: Tricopigmentazione su tripla cicatrice nucale
184
PRIMA
DOPO
Tavola XVII: Tricopigmentazione su white dots FUE + crown
Tavola XIV: Tricopigmentazione su autotrapianto insufficiente
PRIMA
DOPO
Tavola XVI: Tricopigmentazione su scar FUT / Particolare / Macro
Tavola XIII: Copertura del I e del II settore
PRIMA
PRIMA
DOPO
PRIMA
DOPO
VIII. ESEMPI prima & dopo
PRIMA
Tavola XVIII: Tricopigmentazione ex-portatore di protesi, VII NW
185
DOPO
DOPO
Tavola XXI: Tricopigmentazione su Norwood VI + plug
186
PRIMA
DOPO
Tavola XXIII: Tricopigmentazione su Norwood VII
Tavola XX: Tricopigmentazione su Norwood II
PRIMA
DOPO
Tavola XXII: Tricopigmentazione su Norwood Va
Tavola XIX: Tricopigmentazione tecnica short hair
PRIMA
PRIMA
DOPO
PRIMA
DOPO
VIII. ESEMPI prima & dopo
PRIMA
Tavola XXIV: Tricopigmentazione su portatore di protesi
187
DOPO
DOPO
Tavola XXVII: Tricopigmentazione su Norwood IV
188
PRIMA
DOPO
Tavola XXIX: Tricopigmentazione su Norwood III
Tavola XXVI: Tricopigmentazione su Norwood VII
PRIMA
DOPO
Tavola XXVIII: Tricopigmentazione su Norwood V
Tavola XXV: Tricopigmentazione su portatore di protesi
PRIMA
PRIMA
DOPO
PRIMA
DOPO
VIII. ESEMPI prima & dopo
PRIMA
Tavola XXX: Tricopigmentazione su autotrapianto FUT insufficiente
189
DOPO
DOPO
Tavola XXXIII: Tricopigmentazione su portatore di protesi con plug
190
PRIMA
DOPO
Tavola XXXV: Tricopigmentazione su portatore di protesi
Tavola XXXII: Tricopigmentazione su VII Norwood
PRIMA
DOPO
Tavola XXXIV: Tricopigmentazione su autotrapianto con scarsi risultati
Tavola XXXI: Tricopigmentazione su pseudoarea di Brocq
PRIMA
PRIMA
DOPO
PRIMA
DOPO
VIII. ESEMPI prima & dopo
PRIMA
Tavola XXXVI: Tricopigmentazione su autotrapianto con scarsi risultati
191
DOPO
Tavola XXXVII: Tricopigmentazione su autotrapianto con scarsi risultati e portatore di protesi
PRIMA
DOPO
Tavola XXXVIII: Tricopigmentazione su autotrapianto (rotazione dei lembi)
PRIMA
DOPO
Tavola XXXIX: Tricopigmentazione su autotrapianto (rotazione dei lembi)
192
PRIMA
DOPO
Tavola XL: Tricopigmentazione su autotrapianto (rotazione dei lembi)
PRIMA
DOPO
Tavola XLI: Tricopigmentazione su alopecia universale
PRIMA
DOPO
VIII. ESEMPI prima & dopo
PRIMA
Tavola XLII: Tricopigmentazione su carnagione scura
193
PRIMA
CONCLUSIONI
DOPO
Tavola XLIII: Tricopigmentazione ex-portatore di protesi. VII NW
PRIMA
Tavola XLIV: Dermatoppik
DOPO
Ogni lavoro portato a termine dovrebbe introdurre, nelle migliori delle ipotesi, futuri progetti ed avere almeno l’embrione di nuove idee da sviluppare. Bene, mi sento piuttosto positivo ed è questa la ragione che mi spinge a non fermarmi dove arrivo, ma a considerare tutto ciò che faccio come tappe di un percorso che ritengo quasi obbligato. Obbligato perché è solo nella Ricerca che trovo il vero stimolo nel migliorare me stesso e ciò che faccio quotidianamente. Intendo dire che di certo mi appaga il lavoro che svolgo, ma non mi basta tanto da fermare la mia mente nel punto esatto in cui si trova adesso. La Tricopigmentazione l’avverto davvero come la mia più adorata creatura, ne riconosco tuttavia i suoi limiti: rappresenta un trattamento elitario, ma in realtà rappresenta un bisogno molto più popolare di quel che di fatto riesce attualmente a soddisfare. Nasce proprio da questa riflessione l’esigenza di reinvestire, gran parte di ciò che la Tricopigmentazione mi permette di produrre in termini economici, in un possibile perfezionamento tecnico che riesca ad allargare quanto più i suoi beneficiari dato l’abbattimento dei costi che la mia ricerca si è posta come obiettivo. Non solo, ma i tempi del trattamento vedranno anch’essi una notevole riduzione e, ancora altri ed altri saranno i vantaggi che sono certo, data la caparbia che mi spinge ovunque, arriveranno a confezionare alla perfezione i miei studi e quelli dei professionisti che ho inglobato nella mia indagine. Vi lascio così, per ora, sospesi con le mie idee solo accennate, ma con la certezza di tornare con importanti novità!
Ennio Orsini 194
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RINGRAZIAMENTI
Dopo il grande successo della mia opera prima è stato difficile ed impegnativo creare un testo che non deludesse le aspettative suscitate. Io c’ho provato e spero che i lettori vogliano premiarmi ancora. A loro, quindi, il mio primo ringraziamento perché per primi hanno creduto in me acquistando il precedente libro. Se la Tricopigmentazione oggi ha una identità è perché c’è stato chi ha creduto in me ed alle mie visioni: il mio instancabile compagno di sogni Toni con il quale ho dato vita a questa creatura infiocchettando e reso celebre la Tricopigmentazione. Altro personaggio fondamentale è stato Il dott. Froio che ha fatto decollare il progetto, mettendo a disposizione la sua esperienza e la sua azienda affinché i nostri desideri potessero trasformarsi in realtà. Non possono mancare all’appello mia moglie e mia figlia, i miei piacevolissimi guai. Infine merita un posto di rilievo Anna Leombruno che, oltre a donarmi la sua competenza e talento mi ha regalato parte del suo cuore.
Ennio Orsini 196
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BIBLIOGRAFIA • Rook Dawber, Masson - Malattie dei capelli e del cuoio capelluto, 1982 • Zviak, Masson - Scienza e cura dei capelli, 1987 • Orfanos, Spinger-Verlag - Hair and hair diseases, 1989 • Rebora, Dermatology - Le alopecie, 1992 • Olsen, Mc Growth-Hill - Disorders oh hair growth, 1993 • Marliani, Etruria Medica - Appunti e schemi di Tricologia e Trichiatria, 1995 • Marliani, Etruria Medica - Tricologia: diagnostica e terapia, 1996 • Tosti, Bibliotechne - Le malattie dei capelli e del cuoio capelluto, 1996 • Camacho-Montagna, Ala Medica - Trichology: diseases of the pilosebaceus follicle, 1997 • Kaufman, Am Ac Dermato - Finasteride nel trattamento dei soggetti maschi affetti da alopecia androgenetica, 1998 • Tosti, Simposio nazionale - Nuove prospettive nella terapia dell’alopecia androgenetica, 1999 • Michael Goodman - I capelli e l’alimentazione, 1999 • Rossi-Guarrera- Piraccini-Vena - AGA, Alopecia androgenetica, EDMES 2000 • Camacho-Randall-Price, Martin-Dunitz - Hair and its disorders, 2000 • Kaufman, Eur J Dermatol - Esperienza multinazionale a lungo termine (5 anni) con la finasteride 1 mg nel trattamento di uomini con alopecia androgenetica, 2002 • Orsini Ennio - Un sorriso conquistato, 2011 • Orsini Ennio - Altri motivi che possono causare l’allargamento dei “puntini” in un trattamento di Tricopigmentazione, 2011 • Orsini Ennio - Alopecia: Un sogno virtuale che diventa realtà, 2011 • Orsini Ennio - La cicogna … che porta i capelli!, 2011 • Orsini Ennio - Coprire i segni di un autotrapianto, 2012
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SITOGRAFIA
• Calvizie.net - www.calvizie.net • Società Italiana di Tricologia - www.sitri.it • Gruppo Italiano di Tricologia - www.gitri.it • Anagen - www.anagen.net • Portale Italiano di Tricologia - www.tricologia.it • Associazione Mediterranea Alopecia Areata - www.alopecia.it • Capelli che fare - www.capellichefare.it • Salusmaster - www.salusmaster.com • Hairtoday - www.hairtoday.com • Ennio Orsini - www.ennioorsini.com
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Biografia
ENNIO ORSINI
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qualche esame dalla laurea decide di abbandonare la facoltà di ingegneria elettronica di Ancona per avventurarsi nell’immensa giungla estetica. Così avviene la svolta di Ennio Orsini, anche se questa passione nasce da ragazzino: invece di giocare con i suoi amici preferisce trascorrere il suo tempo con sua madre Giovanna nell’istituto estetico. Cresce tra creme, massaggi e trucchi, fino a sviluppare una attrazione particolare verso il trucco. Decide così, dopo la rinuncia ad una carriera da ingegnere, di intraprendere la professione di truccatore, frequentando una scuola. Studia e comincia a lavorare per circa quattro anni tra produzioni televisive, teatri, passerelle ed agenzie di spettacolo, maturando così un bagaglio tecnico che lo spinge a distaccarsi dalla vissuta esperienza da dipendente per fondare la sua prima scuola di trucco, esperienza che mette in luce le sue spiccate ed inequivocabili capacità
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per l’insegnamento. Nel frattempo Ennio trova il tempo di diventare estetista e di appassionarsi sempre più per la body-art, unendo trucco permanente, tatuaggi artistici e piercing per creare quello che lui definisce “Estreme Make Up”. Collabora, sempre in quegli anni, con riviste (Les nouvelles esthetiques, La pelle beauty, Esthetitaly, Trucco&Bellezza, etc) scrivendo articoli riguardanti il trucco, la micropigmentazione e l’estetica in genere. Oggi è titolare del “DECO STUDIO centro di decorazione corporea” dove tiene anche corsi privati destinati a creare nuovi dermopigmentisti altamente specializzati; collabora con prestigiosi centri estetici e cliniche in qualità di dermopigmentista; insegna trucco e micropigmentazione, presso scuole regionali e private, tra cui la GIM international di Latina; consulente tecnico di note aziende produttrici di attrezzature per micro-
pigmentazione; titolare di un azienda che commercializza attrezzature per micropigmentazione. Ha preso parte in un progetto internazionale, in cui risulta coautore di un libro sulla micropigmentazione (Micropigmentazione: tecnologia, metodologia e pratica”), tradotto in 5 lingue. Ha inventato e brevettato una rivoluzionaria tecnica per l’impiego della dermopigmentazione nella calvizie ed in esiti cicatriziali denominata da lui stesso “Tricopigmentazione®”. È stato selezionato più volte come giudice di gara (rappresentante italiano) per campionati del mondo di trucco permanente. È stato nominato dal tribunale di Roma, tecnico super partes, consulente tecnico del giudice in controversie civili riguardanti la dermopigmentazione e trucco permanente. Continua a collaborare come relatore ad importantissimi congressi di chirurgia estetica organizzati dalle varie associazioni italiane ed europee (Tra cui: ATEC Associazione Trucco Estetico Correttivo, ISHR società Italiana di cura e chirurgia della Calvizie).
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un’opera completa ed imprescindibile sulla dermopigmentazione applicata nella calvizie e negli esiti cicatriziali del cuoio capelluto, illustrata in tutte le sue fasi dal grande maestro ennio orsini, attraverso un’analisi storica, dettagliate spiegazioni teoriche ed esempi pratici step by step.
Allora sogna, crea, improvvisa perché ogni cosa che puoi immaginare, la natura l ‘ha già creata. Ennio Orsini
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