Più - Natale 2016

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++++++++ ++ ++ ++ +++ Enrico Martinelli

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I

l mio nome è Più. Alcuni mi chiamano Addizione, confondendo ciò che faccio con quel che sono… il che mi rende molto nervoso, mi sembra sempre una mancanza di rispetto. Io sono un segno, ne vado fiero. Mi piace l’idea che qualcuno, un giorno, abbia preso un sasso e mi abbia inciso su pietra; strappato due ramoscelli e mi abbia dato vita appoggiandoli per terra; afferrato una matita e scritto su carta: in qualche modo ha unito due semplici linee e ha deciso che da quel momento in poi avrebbero avuto un senso speciale, un significato. Questo è essere segni, sei nulla e tutto al tempo stesso. Per alcuni potresti essere frutto del caso - due linee che un giorno qualcuno fece incontrare e dispose in quel particolare modo, fatalmente perpendicolare e simmetrico - per altri sei colmo di significato, di sfumature di senso, interpretazione di un percorso più alto, sei l’intenzione di qualcuno che aveva qualcosa da dire, da fare, da svolgere. Personalmente mi riconosco con orgoglio in quest’ultima possibilità, ma non mi spaventa né disorienta anche la prima. Il caso, in fondo, non è che la distrazione di un cammino… Ma è inutile divagare. Io sono Più, questo solo mi preme ribadire: un segno positivo, uno che aggiunge; sono uno che, se ne ha l’occasione, somma. Forse non sono in grado di fare la differenza, ma di certo creo un qualche valore aggiunto ovunque mi trovi.

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Vi scrivo perché in questi giorni è accaduta una cosa strana, qualcosa che personalmente non mi era mai capitato. Di sicuro sarà già successo a qualcuno dei miei fratelli o cugini nel corso dei secoli (del resto, dai babilonesi in poi, di tempo ne è trascorso parecchio), ma per me è stata una novità. Premessa: molte volte hanno cercato di snaturarmi di rendermi diverso da ciò che sono. Quelli più seri fra i nostri dei - quelli con il camice bianco, gli occhiali a mezzo naso, i capelli un po’ spettinati e grigi - li chiamano esperimenti, mentre i più giovani - mi sembra si chiamino studenti,


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quelli che spesso hanno dei punti rossi e gonfi sulla faccia e la strana abitudine di infilarsi le dita nel naso - ne parlano come di “operazioni lunghe e noiose” che spesso trasformano in scarabocchi o pasticci. Ecco queste assurde divinità che tutti voi ben conoscete, passano la loro vita a tentare di cambiarci. Più volte hanno provato a ruotarmi e inclinarmi in un senso innaturale. In quel caso l’ho accettato perché, in qualche modo, mi hanno reso ancora più forte. Hanno potenziato la mia funzione e mi hanno chiamato Per (per i meno accorti Moltiplicazione); le mie operazioni sono divenute incredibilmente efficaci. Per capirci: un 3+2 non risultava più =5, ma ero in grado, o meglio, il nuovo me era in grado di farlo diventare =6 grazie al 3x2. Una vittoria? Non saprei… non mi sentivo più me stesso con quei due punti appoggiati a terra. Ho sempre amato l’equilibrio precario sostenuto dalle mie “braccia aperte” che dovevano sempre rimanere perfettamente simmetriche per assicurarmi stabilità.

Ma hanno anche osato snaturarmi, spezzare le mie parti. Hanno usato il mio corpo per separare altri segni o addirittura parole… un semplice e quasi superfluo trattino verticale, un vezzo grafico e poco più;

e soprattutto hanno sconvolto il mio senso, il significato profondo che ho da sempre e di cui vado fiero. Io aggiungo, faccio crescere chi mi sceglie e si affida a me. Loro, invece, sono riusciti a farmi diventare qualcuno che toglie, che sottrae, che mette in luce le differenze…


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addirittura, non contenti, hanno preso l’altro pezzo di me - quello avanzato quando hanno creato il Meno - gli hanno dato un colpetto in testa e, ora, quell’abominio divide. Da un insieme è in grado di crearne tanti più piccoli e separati fra loro. La Divisione, ecco in cosa mi hanno cambiato, un orrore per quanto mi riguarda, nonostante quell’obliqua signora mi stia simpatica, tutto sommato. Quando la guardo mi sembra sempre sospesa a metà fra sorriso e delusione.

Attenzione, capiamoci bene, non ho nulla contro tutti questi nuovi segni che in qualche modo hanno preso vita da me. Non è certo colpa loro se gli dei che hanno creato il nostro mondo, l’Aritmetica, hanno deciso di portarli alla luce. E ammetto anche che ognuno di essi ha sviluppato un suo senso, una sua importanza e ha la sua precisa funzione. Buon per loro. È l’avermi manipolato che mi indispettisce. Penserete che io creda sia sbagliato giocare con il proprio senso? Che sia scorretto modificare il proprio ruolo nel mondo? Assolutamente no. Non sono un estremista della vocazione o un devoto dell’immutabile. Ognuno di noi è destinato a cambiare, a modificare le proprie prospettive. Quello che non mi sta affatto bene è che altri decidano per te senza tener conto delle tue origini, di quello verso cui ti senti chiamato. A questo punto direte: è una tua scelta accettarlo o meno. Può darsi, anche se non sono completamente convito che tutto e sempre dipenda da noi. Comunque, non è questo il punto. Torniamo a quello che mi è capitato qualche giorno fa, questa cosa strana capace di lasciarmi senza parole. Ero nel bel mezzo di un’operazione particolarmente complessa, incastrato sul solito libro di testo dalle orecchie sgualcite (quanto non le sopporto!). La giovane divinità che ci osservava dall’alto era palesemente persa. Ho avuto la sensazione che non ricordasse più se le toccava risolvere prima


le signore Tonde, le Quadre o le Graffe (a loro piace moltissimo quando la gente si confonde, a volte ridono così tanto da somigliare a un “circa”).

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La divinità era così confusa e svogliata che a un certo punto ha iniziato a scarabocchiare sul foglio (altra cosa che non sopporto… il disordine fra i quadretti mi irrita forse anche più delle pagine sgualcite). Mi stavo innervosendo, avrei voluto che la matita rossa mi ricalcasse così avrei espresso a pieno il mio stato d’animo… quando, a un tratto, la giovane mi ha stupito: ha guardato fuori dalla finestra dove un sacco di luci lampeggiavano secondo il solito, noioso algoritmo natalizio, dopodiché ha smesso di tormentarsi le trecce in cui avvolgeva il dito e ha iniziato a tracciare sul foglio tanti Più uguali a me. Lo faceva con precisione, quasi con affetto e attenzione. Ci ripeteva sul foglio in modo ossessivo e quello che mi ha stupito e lasciato con lo sguardo tipico di Alfa quando viene usata come incognita, è stato il fatto che ha iniziato a sovrapporci. Non ci ha cambiato, spezzato, svilito. Ci ha fatto fare una specie di girotondo, ci ha centrato perfettamente uno sull’altro e - incredibile, ancora non capisco come sia possibile - ha dato vita a una nevicata, a una miriade di fiocchi di neve.

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Le sette equivalenze dell’esercizio “2.”, le cinque espressioni del “4.” e il solito problema numero “1.”, quello che ogni volta si chiede quanto ci impiega una vasca da bagno a essere riempita d’acqua, si sono ritrovati in mezzo a una vera e propria tormenta di neve, allegra, ballerina e divertente. Ho iniziato a ridere e mi sono accorto che tutta pagina 72


schiamazzava di gioia. Ero io, ero sempre io, ma non indicavo più una Addizione bensì qualche cosa di più fantasioso, creativo e “funny”, come ebbe a dire più tardi il dizionario Italiano-Inglese lì accanto. Perciò questo Natale scrivo a voi tutti, voi che vivete nella mia stessa espressione, fatta di parentesi, di segni diversi, di incognite, di teoremi, di approssimazioni e di tendenze all’infinito; di numeri (quelli che veramente contano dopotutto) e, soprattutto, di risultati. Vi scrivo perché credo di aver capito, penso di aver compreso una piccola verità, una sola: forse noi siamo segni, stiamo ad indicare qualche cosa di altro da noi; o forse no, siamo solo inchiostro destinato ad accartocciarsi insieme alla carta che ci ospita; ma questa è la nostra missione: imparare a non snaturare il nostro significato pur rimanendo aperti alla novità, alla creatività e all’inatteso; rispettare i nostri più profondi desideri, ma saziare anche il bisogno d’imprevisto. Allora… già, forse allora potremo dar vita a centinaia e centinaia di nevicate e divenire sorriso. Buon Natale Più


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