Enrosadira Magazine

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I N R O S A D Ö R A / MAGAZINE DELLE DOLOMITI

Anno III - numero 4 - COPIA OMAGGIO

I N R O S A D Ö R A / MAGAZINE DELLE DOLOMITI

LA PASSIONE DI 100% BRUMOTTI PER LA MONTAGNA, I CATTIVI DELLE LEGGENDE DOLOMITCHE, LA TANA DELL’URSUS LADINICUS, LE PRIME EDIZIONI EROICHE DELLA MARATONA. POI IL FANES TRASFORMATO IN SET CINEMATOGRAFICO, IL GREMBIULE TIROLESE, UN MASO QUASI MILLENARIO E LE MADRI FRAGILI DI BARBARA ALBERTI English version inside

estate 2011


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A little more than Made in Italy


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presents:

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DVD IS AVAILABLE IN SHOPS, CONTRACT HOTELS, B&B, GUEST HOUSES AND IN TOURIST BOARD OFFICES. AVAILABLE ON DVD THE DVD È IN VENDITA PRESSO NEGOZI, ESERCIZI RICETTIVI DELLE ASSOCIAZIONI TURISTICHE. IN VENDITA SU DVD ILE UFFICI VERKAUF DER DVD IN GESCHÄFTEN, ALS DVD IM HANDEL BEHERBERGUNGSBETRIEBEN UND TOURISMUSVEREINEN.

Landscapes, atmosphere and emotions in the Alta Badia – Dolomites

A DVD on the Alta Badia to tell the story of and describe this unique, richly and suggestively charming locality, through images and music. A thrilling and more revealing tour, to give you more information or help you relive the unforgettable moments you spent in the extraordinary world of the Alta Badia.

Paesaggi, atmosfere ed emozioni in Alta Badia – Dolomitii

Un DVD sull’ Alta Badia per raccontare e descrivere attraverso le immagini e la musica una località unica, ricca di fascino e suggestioni. Un viaggio emozionante per svelarvi qualcosa in più o per farvi rivivere momenti indimenticabili trascorsi in questo straordinario mondo dell’ Alta Badia.

Landschaften, Atmosphäre und Emotionen in Alta Badia – Dolomiten Eine DVD über Alta Badia: Mit Stimmungsbildern und Musik wird eine einzigartige Gegend beschrieben, die jede Menge Faszinierendes und Attraktives bietet. Eine anregende Erlebnisreise, um mehr zu entdecken oder um unvergessliche Momente im sagenhaften Alta Badia noch einmal zu erleben.

www.altabadiainvideo.com info@altabadiainvideo.com

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Saûs dl isté 2011

IN VETTA CON GUSTO

AUFSTIEG MIT GENUSS

PEAKS OF GASTRONOMY

“In vetta con gusto” è il trend estivo in Alta Badia, nel cuore delle Dolomiti, dichiarate di essere le montagne più belle al mondo ed entrate a far parte del Patrimonio Naturale dell’Umanità UNESCO. Camminare è da sempre una delle azioni umane più naturali, che procura benefici per il corpo e la mente, come confermano vari studi clinici e medici. Farlo in montagna, durante l’estate, permette di riappropriarsi del proprio tempo e dello spazio, tra colori, luci, ritmi, silenzio e suoni della natura. In Alta Badia si vuole dare alla vacanza ancora più gusto, potenziando e valorizzando maggiormente il connubio vincente tra i piaceri del camminare, avvolti dall’aria pura e sana, e i piaceri della buona cucina. Il tutto avviene attraverso una serie di appuntamenti e iniziative gourmet, basati sulla qualità dei prodotti tipici dell’Alto Adige – Südtirol. Richiedere l’apposito dépliant presso gli uffici turistici.

„Aufstieg mit Genuss“ ist der Sommertrend in Alta Badia im Herzen der Südtiroler Dolomiten. Das UNESCO Weltnaturerbe, das für viele das schönste Gebirge der Welt ist, ist die ideale Kulisse für eine verlockende Kombination aus Natur und Genuss. Wandern ist die natürlichste Fortbewegung und Wohltat für Körper und Geist, wie zahlreiche medizinische Studien bestätigen. Gerade in den Bergen im Sommer ist es eine ideale Möglichkeit, die Farben, Düfte und Stimmungen der Natur zu entdecken und wieder zu sich selbst zu finden. Diese Hochgenüsse kann man nun in Alta Badia mit anderen stimmungsvollen Erlebnissen kombinieren. Zu den malerischen Bergwanderungen und zur reinen klaren Gebirgsluft kommen die Köstlichkeiten der guten Küche. Die kulinarische Basis der zahlreichen Veranstaltungen und Initiativen der wohlschmeckenden Art bilden stets hochwertige Südtiroler Produkte. Die Infobroschüre gibt es bei den Tourismusbüros.

“Peaks of Gastronomy” is the summer trend in Alta Badia, in the heart of the South Tyrolean Dolomites, known as the most beautiful mountains in the world and now classified as a UNESCO natural heritage site. Walking has always been one of the most natural forms of exercise creating benefits for both body and soul, as proven by numerous medical studies. Walking in the mountains allows you to find time and space for yourself, in the midst of all the colours, light, silence and sounds that nature has to offer. Alta Badia would like to give your holiday even more flavour, by fur ther strengthening and enhancing its winning combination of enjoyable walking in the fresh, healthy air and the pleasures of good cuisine. All this is achieved through a series of initiatives and gourmet events, all based on the quality of local produce of South Tyrol. Take the infobrochure from the tourist offices.

www.altabadia.org


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Stop ma con gusto. Anche la macchina va in vacanza. Per un turismo sensibile all’ambiente. Spostandoti in vacanza solo a piedi, con gli impianti di risalita o mezzi pubblici, contribuisci ad un turismo eco sostenibile e avrai diritto ad un premio da parte dell’esercizio ricettivo aderente all’iniziativa. FINESETTIMANA ECODOLOMITES 17 settembre: presentazione della mobilità alternativa “e-mobility” | 18 settembre: Eco Sellaronda Bike Day

Lass dein Auto stehen. Auch dein Auto macht Urlaub. Für einen nachhaltigen Tourismus. Wer sich im Urlaub nur zu Fuß, mit den Aufstiegsanlagen und öffentlichen Verkehrsmitteln fortbewegt, trägt zum Schutz der Umwelt bei und wird vom Betrieb, falls dieser die Initiative unterstützt, mit einem kleinen Geschenk belohnt. ECODOLOMITES WOCHENENDE 17. September: Vorstellung der sanften Mobilität “e-mobility” | 18. September: Eco Sellaronda Bike Day

Leave the car behind. Your car is on holiday as well. For a sustainable tourism. By getting around only on foot during your holiday, using public transport or the cable cars/ski lifts, you are contributing to a sustainable tourism and you will be eligible for a prize awarded by the accommodation facilities signed-up for the initiative. WEEKEND ECODOLOMITES September 17th: Presentation of the eco-friendly mobility | September 18th: Eco Sellaronda Bike Day

Corvara 1.568 m Str. Col Alt, 36 | I-39033 Corvara Tel. 0471 836176 | Fax 0471 836540 corvara@altabadia.org

La Villa 1.433 m Str. Colz, 75 | I-39030 La Villa Tel. 0471 847037 | Fax 0471 847277 lavilla@altabadia.org

San Cassiano 1.537 m Str. Micurà de Rü, 26 | I-39030 San Cassiano Tel. 0471 849422 | Fax 0471 849249 s.cassiano@altabadia.org

Colfosco 1.645 m Str. Pecëj, 2 | I-39033 Colfosco Tel. 0471 836145 | Fax 0471 836744 colfosco@altabadia.org

Badia 1.324 m Str. Pedraces, 29/A | I-39036 Badia Tel. 0471 839695 | Fax 0471 839573 badia@altabadia.org

La Val 1.348 m San Senese, 1 | I-39030 La Val Tel. 0471 843072 | Fax 0471 843277 laval@altabadia.org

official sponsors

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i pionieri della maratona

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SI FA PRESTO A DIRE BICI

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ladinia cultura

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ROTT

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LA Ricetta Strudel!

internet

BRUMOTTI, MONTAGNA AL 101%

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Uomini in grembiule

Rifugi IN QUOTA DELLA Val Badia

Come nasce e a cosa serve il Gurmel

L’URSUS è tornato!

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Fine corsa futuro

L`ORSO

Il set del film pluripremiato di Annaud, nel cuore dei Monti pallidi

Le passioni nel web 2.0

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AGOSTO ON ICE

Guida ragionata ai lodge a 2.000 metri. Un po’ di fatica per raggiungerli, ma ne vale la pena

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Il maso AlfarËI

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Ghiaccio anche d’estate a Corvara, in compagnia delle stelle internazionali dei pattini

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Mini-guida per chi ancora pensa che ne esistano solo due tipi

L’amore per le Dolomiti e il lato meno adrenalinico del campione di bike trial e inviato di Striscia

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Due percorsi per vivere il primo conflitto mondiale, con gli occhi dei soldati italiani e austriaci

Eduard Tavella racconta le prime avventurose edizioni

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Le due guerre del Lagazuoi

La grande novità dell’estate 2011: il museo di San Cassiano Al museo ladino di San Martino, in mostra la ferrovia della Val Gardena, chiusa nel 1960

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Roccia e Corallo

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IL MONDO A COLORI

Michil Costa spiega la geologia e l’identità delle montagne rosa

In quelli della natura, il linguaggio universale delle emozioni

Il lato oscuro dei Monti Pallidi I “cattivi” delle tradizioni tirolesi e delle leggende ladine, testimoni di un passato sconosciuto

Un’eredità familiare vecchia 800 anni e la storia di una felice riconversione, grazie al turismo Torna Un libro, un rifugio di Gianna Schelotto. Barbara Alberti ci racconta il suo Buonanotte Angelo Luigi Rattonara, artista poliedrico che ama le forme del legno

RUBRICHE

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Nature di Gustav Willeit BadiaNews Com’era-com’è di Daniel Töchterle 99 parole in Ladino

SOLIDArietà

Agostino Frenademez, sacerdote nelle Filippine da 46 anni, con le radici in Ladinia

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IMPRESSUM

Enrosadira www.enrosadira.info, Strada Pedraces, 42, 39036 Badia (BZ), Direttore Antonio Signorini Art director Gustav Willeit Coordinamento della redazione e fotografia Daniel Töchterle Coordinamento e pubblicità locale Roberto Pallestrong Grafica parterre3.com, Zh/CH Hanno scritto, collaborato, dato idee Rossella Castelnuovo, Igor Bianco, Concetta Bonaldi, Elmar Burchia, Mario Clara, Marcello Cominetti, Michil Costa, Mariagiovanna De Candia, Gian Antonio Dei Tos, Nicole Dorigo, Sara Folegani, Alessandro Fregni, Chiara Maltagliati, Giovanna Pedrollo, Ulderico Piernoli, Katia Pizzinini, Freddy Planinschek, Susi Rattonara, Emanuela Rossini, Giulia Segreti, Roland Verra, Laura Villoresi Editore Antonio Signorini, via Cesio Basso 16, 00136 Roma, info@enrosadira. info, Telefono e fax 06 35346959 Periodico semestrale Anno III - N. 4 ESTATE 2011 Stampatore Union Printing, SS Cassia Nord, Km 87, 01100 Viterbo Pubblicità commerciale@enrosadira.info Enrosadira – Inrosadöra, Magazine delle Dolomiti Autorizzazione 15/09 Registro Stampa Tribunale di Bolzano


BËGNODÜS Un po’ di fatica non guasta, nemmeno in vacanza. Se poi l’ambientazione sono le Dolomiti e lo stato d’animo è quello di chi si è lasciato alle spalle lavoro, traffico e pensieri, non ci vuole molto a togliersi di dosso la pigrizia. Intendiamoci, non vi stiamo chiedendo di imitare le acrobazie di un Brumotti e non stiamo nemmeno parlando dei 9.000 che partecipano alla Maratona dles Dolomites o dei 1.500 temerari del Sella Ronda Hero. Messi insieme, i ciclisti in grado di sfidare fino a 138 chilometri e 4.190 metri di dislivello e quelli che affrontano la competizione di mountain bike più difficile d’Europa, sono più di diecimila. Una concentrazione di super sportivi, mai vista e un altro primato di questa valle. Ma l’Alta Badia non è solo per loro. Basta un impianto per arrivare alla nuova aree fitness o ai sentieri per il nordic walking. Benessere alla portata di tutti, palestre nel cuore delle montagne più belle. Altrimenti, per restare sul classico, perché non raggiungere i rifugi in quota, quelli dove si arriva solo camminando? Ce ne sono di tutte le difficoltà e per tutti i gusti. Si fatica un po’, ma ne vale la pena. Dal corpo alla mente, gli appuntamenti culturali, in testa Un libro un rifugio, si stanno facendo sempre più spazio nel panorama affollatissimo degli eventi estivi nazionali, così come le rassegne musicali dell’Alta Badia. La stessa fortuna, c’è da scommetterlo, toccherà al nuovo museo di San Cassiano, dove ha trovato casa l’Ursus ladinicus. E anche Tru Artisć, il sentiero delle opere d’arte ladine. Per vederle basta camminare un po’. Anche in questo caso ne vale la pena, intanto perché chi conosce la Val Badia sa che qui l’arte è di casa, come dimostra la partecipazione alla biennale di Venezia di Lois Anvidalfarei. Poi perché, come ci spiega la scrittrice Barbara Alberti, l’aria di queste parti fa diventare più intelligenti. Per quanto riguarda il nostro magazine, con questo numero inauguriamo la nostra prima riforma grafica e anche un aumento della tiratura. La scorsa estate le copie sono terminate prima della fine della stagione. Ci arrivano numerose richieste di abbonamento che purtroppo, per il momento, non possiamo accontentare visto che Enrosadira è una free press. Segno che il magazine continua a piacere ed è diventato il punto di riferimento di una comunità molto speciale, quella degli appassionati dell’Alta Badia e delle Dolomiti. Antonio Signorini

In copertina: NEBRA Foto Gustav Willeit


NATURE

Gustav Willeit

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MAREL dalla serie .Perat.



NATURE

Gustav Willeit

www.guworld.com

ULROB VANET



BadiaNews

LE CONTAMINAZIONI DI CHRIS COSTA

Chris Costa (nella foto a sinistra) è un musicista ladino che vive tra Londra e Verona, ma ha le radici ben piantate in Val Badia. Il suo ultimo progetto si chiama Mood Filter. Un duo con Luca The Big LeBoska Boscagin che non è catalogabile in uno scomparto stilistico ben preciso.Dub, punk, rock, jungle, funk, acustica ed elettronica si fondono in una musica che contamina stili, riflette curiosità e passione per una continua evoluzione. I Mood Filter stanno registrando il primo album che uscirà nei prossimi mesi. Costa ha già pubblicato un cd da solista nel 2008, Caress, in vendita su iTunes. E poi un progetto tutto ladino: i Capsicum tree, insieme ad un altro musicista di successo dell’Alta Badia: Phil Mer (nella foto a destra) Dei Capsicum è uscito quest’anno un singolo: The bug, che sta scalando le classifiche e le radio indipendenti.

L’ECCE HOMO DI ANVIDALFAREI ALLA BIENNALE DI VENEZIA

Lois Anvidalfarei è il primo artista della Val Badia a partecipare alla Biennale di Venezia. Il suo recente lavoro Ecce homo (nella foto l’opera quando ancora non era completata, così come appare nel servizio fotografico realizzato per il primo numero di Enrosadira), un grande trittico di figure in bronzo è stato esposto al Padiglione Italia in rappresentanza del Sud Tirolo. Padiglione curato da Vittorio Sgarbi, che anni fa lanciò sulla scena italiana un altro artista altoatesino: Aaron Demetz. A scegliere Anvidalfarei non è stato il critico. L’iniziativa si chiama «L’arte non è cosa nostra» perché la selezione dei 200 artisti è stata affidata ad altrettanti scrittori, artisti e intellettuali. Sgarbi, insomma, ha escluso dalla selezione i critici d’arte e anche se stesso. Oltre al Padiglione Italia, da 4 chilometri quadrati. A Venezia c’era anche il padiglione Italia nel mondo. Tra gli artisti anche il fotografo Mario Verin, che ha realizzato due servizi fotografici per Enrosadira. In mostra le sue foto realizzate in Libia.

GREGORIANI A LA VALLE Agape, associazione di volontariato per l’Africa, anche quest’estate organizza un’iniziativa charity con un concerto di canti gregoriani che si terrà a La Valle, in località Dlijia Vedla/ Santa Barbara il 24 luglio alle 17. I proventi andranno a terminare la costruzione di un villaggio dei mestieri.

TRE GIORNI DI ECOMOTORI Settembre all’insegna della mobilità sostenibile. Dal 16 al 18 l’Alta Badia sarà invasa da veicoli elettrici per la seconda edizione di Eco Dolomites. Sabato17 settembre toccherà al curioso personal transporter Segway. Poi moto, motorini, macchine elettriche, senza dimenticare gli autobus e i veicoli da lavoro, anch’essi completamente elettrici. Il focus della giornata di domenica 18 settembre sarà il mondo delle due ruote a pedalata meccanica e assistita. Durante questa giornata, per il Sella ronda bike day i passi verranno chiusi e tutti potranno sbizzarrirsi pedalando intorno alle valli dolomitiche, senza incontrare alcun tipo di veicoli.Tutte le vetture saranno a disposizione del pubblico e le case automobilistiche saranno a disposizione per offrire agli interessati all’acquisto giri di prova.

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GRAN RISA ANCHE D’ESTATE: ARRIVA L’ORIENTEERING

SEI SCULTORI LADINI PER IL SENTIERO DELL’ARTE

Dopo i fasti invernali della coppa del mondo, Il sentiero tra La Villa e la Gran Risa diventa il terreno di gara di San Cassiano si trasforma in un un’importante competizione sportiva che museo a cielo aperto. Un percorso richiamerà l’attenzione di appassionati provenienti ideale alla scoperta degli artisti dall’Italia e dall’estero. ladini. L’iniziativa è partita La pista e anche l’area del Pralongià, sono stati quest’anno, per iniziativa di Epl, mappati in scala 1:5000. E domenica 4 settembre l’associazione Ert por i Ladins. si disputerà nella pista di La Villa, la prima edizione Sei opere realizzate da Lois Anvidalfarei, Giovanni Rindler, dell’Orienteering Alta Badia. Una competizione Helmut Pizzinini, Pepi Pescollderungg, Pepele Rinna, Silvester di corsa orientamento che coinvolgerà atleti, Promberger collocate nel sentiero longo il torrente. Non è famiglie, sportivi e amanti della montagna alla una mostra temporanea. Le opere resteranno lì e altre se scoperta di uno sport di recente acquisizione in ne aggiungeranno ogni anno, selezionate dall’associazione Italia e a molti ancora sconosciuto. La promotrice. Nulla è lasciato al caso. Anche le panchine, gara sarà preceduta le insegne e i cestini della spazzatura sono da due giornate, stati disegnati da artisti locali. venerdì 2 e sabato 3 settembre, di allenamenti e Mtb: contest sportivi collaterali che dopo il downhill coinvolgeranno i arriva il free-ride partecipanti nella Tra le novità di questa estate, la nuova e prima pista disciplina con diverse free-ride per biciclette in Alta Badia. I lavori sono iniziati modalità. Il comitato già nel 2010, quando era Orienteering Alta stata fatta una parte di tracciato che parte dalla cima Badia, composto da dell’impianto Gardenaccia a La Villa, attraverso il bosco. membri dei comitati Quest’estate il tracciato è nuovo, con salti, dossi e organizzatori dello paraboliche. Per arrivare in cima, si può usare comodamente Ski World Cup Alta l’impianto che, per 5 euro, vi porta a monte con la bicicletta. Badia e Maratona Chi vuole provare una volta la sensazione dell’adrenalina dles Dolomites, funge in sella ad una bicicletta Free-Ride, senza avere troppa da garante per la esperienza, ha la possibilità di scegliere anche un tracciato più buona riuscita della facile che scende per la pista facile del Gardenaccia, arrivando manifestazione. L’orientamento è uno sport al rifugio Sponata e poi scendendo un tratto di pista Sponata, originario dei paesi scandinavi che, attualmente, si ricollega nella Pista Free-Ride (parte bassa) che appunto conta circa tre milioni di appassionati in tutto da la possibilità di scendere per il sentiero facile o il mondo. Definito anche “lo sport dei boschi”, usufruire di tutti gli ostacoli e salti. può essere intrapreso sia a livello agonistico sia amatoriale da atleti e appassionati di tutte le età. È una prova contro il tempo dove il concorrente, munito di cartina topografica e bussola, deve raggiungere il traguardo passando attraverso una serie di punti di controllo, definiti lanterne, e segnati su una carta appositamente realizzata. I POMERIGGI JAZZ Con le sue 4 discipline (Corsa Orientamento, Mountain Bike DELLE DOLOMITI Orientamento, Sci Orientamento Contaminazione al Jazz Festival e Orientamento di precisione per È arrivato alla trecidesima edizione il Valbadia Jazz Festival. disabili), l’Orientamento si rivolge Rassegna itinerante. Artisti locali e internazionali, si esibiscono in a un pubblico diversificato per rifugi, hotel, castelli, pub e coktail bar. Anche quest’anno il festival non interessi, sviluppando programmi disdegna contaminazioni e fusioni, come quella della marching band educativi sull’ambiente, formativi umbra P-Funkin’ band (l’11 e il 25 agosto). Partecipano artisiti pop come per le scuole e turistici per le il duo di Chiara Canzian (il 2 agosto), il pianista e bluesman britannico Paul famiglie. Millns (6 agosto) e il jazzista Joe Chiericati (20 e 26 agosto). Non mancheranno artisti locali come Ambörz, progetto del percussionista Max Castlunger che quest’anno propone il giro del mondo in 80 tamburi (il 30 luglio) o Mood Filter, il duo di Chris Costa (il 12 e 14 agosto).

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GANES: IL POP LADINO CONQUISTA L’EUROPA

PAISC IN FESTA: MUSICA, GUSTO E DIVERTIMENTO

Tre ladine di La Valle sono approdate nella metropoli globale. In Germania, in Austria le Ganes hanno conquistato già da tempo l’attenzione dei media. E non c’è rassegna pop-rock che non le includa nel programma. Con il loro secondo album, intitolato Mai guai il trio della Val Badia fa il salto nell’olimpo del pop internazionale. I testi sono in ladino, lingua madre delle sorelle Elisabeth e Marlene Schuen e della loro cugina Maria Moling. Le canzoni emozionali di Mai guai, uniscono la chitarra a corde metalliche, i violini e il piano a un’elettronica accurata.«Ognuna delle tre è benedetta da una voce fortemente espressiva e inconfondibile», ha scritto lo Stuttgarter Zeitung. Al passo con il pop europeo e statunitense, senza però dimenticare la tradizione tirolese. Di quella, ha scritto Folker!, «è rimasto il caratteristico canto a tre voci, collocato in un pop moderno e aereo».Mai guai è nei negozi oppure su iTunes, Amazon e Musicload.

BENESSERE D’ALTA QUOTA L’estate è all’insegna del benessere e del movimento con i percorsi kneipp, ma non solo. C’è anche lo skyrunning, il nordic walking e attrezzi fitness immersi nella natura tra gli altipiani di Corvara, La Villa e San Cassiano. Varie sono le piattaforme panoramiche con diversi attrezzi fitness, due i percorsi kneipp e percorsi naturali per la riflessologia plantare, anelli per lo skywalking e vasti i sentieri per il nordic walking. La natura può essere così vissuta come una palestra all’aria aperta, che stimola non solo il corpo ma anche la mente. Tutte le aree sono facilmente raggiungibili con gli impianti di risalita. I percorsi kneipp e per il benessere plantare si trovano in cima al Piz La Villa a La Villa e al Piz Sorega a San Cassiano.

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La manifestazione Paisc in festa riscuote ogni anno molto successo; l’evento viene organizzato già da diversi anni a San Cassiano, il cui centro è, tra l’altro, chiuso definitivamente al traffico. Oltre a poter gustare le specialità culinarie ladine e comprare vari prodotti enogastronomici tipici, si può vedere come gli artigiani realizzino i vari oggetti tipici ladini. Paisc in festa offre anche musica dal vivo, con gruppi locali e tirolesi, è un appuntamento davvero da non perdere ed è indicato soprattutto per tutti coloro che amano specialità, quali le turtres, i cajincì e les furtaies. Vari sono i programmi di intrattenimento anche per i bambini previsti durante la manifestazione, che si svolge sempre di mercoledì dalle 16 in poi. Le date: il 13 e il 27 luglio, il 3 agosto, il 10 e il 24 agosto.

ANIMAZIONI, SCONTI E IL NUOVO PERCORSO AVVENTURA: L’ESTATE È DEI RAGAZZI Settimane a prezzo ridotto, animazione per i bambini e servizi di parking per i genitori che volessero dedicarsi a qualche escursione un po’ più impegnativa. Torna anche quet’anno Summer for Kids, marchio che conferma la vocazine dell’Alta Badia per il turismo familiare. Dal 18.06.11 al 16.07.11 e dal 20.08.11 fino a fine stagione, le famiglie che soggiornano negli esercizi aderenti alla promozione, godranno di numerose riduzioni di prezzo nelle varie strutture della zona. In programma, visite al maso, nelle gallerie del Lagazuoi e una caccia la tesoro. Confermata la formula a due gruppi: quello dei picoli, dai 4 ai 9 anni e quello dei ragazzi da 9 a 14. Non mancano il Parco animali e il percorso avventura sugli alberi di Colfosco, che quest’anno si presenta con un nuovo tracciato .


I FANES IN UN DVD Fanes, La lejenda del Ream perdù è un film di animazione sulla storia dell’antico popolo delle montagne, e della loro principessa.
Dolasilla, fanciulla guerriera, protagonista di un destino magico e terribile che la vedrà prima bambina, poi donna innamorata e guerriera coraggiosa disposta a sacrificarsi per il suo popolo. Le battaglie e le profezie, le creature magiche e i regni incantati delle Dolomiti rivivono sullo schermo grazie alle suggestive immagini di Fabio Visintin. Disegni e voce narrante (in ladino fassano, italiano, tedesco e inglese) danno vita a un corto avvicente come un film. I testi sono liberamente tratti da Il regno dei Fanes di Brunamaria Dal Lago Veneri. Come il libro, anche il Dvd è edito da Giunti Progetti Educativi e dall’Istitut Cultural Ladin, di Vigo di Fassa. In vendita a 18 euro, anche onine nel sito www.istladin.net.

Al Bmw xDrive con piloti e campioni Si è conclusa in Alta Badia l’edizione xDrive Live 2011 che quest’anno si è svolta a Campitello di Fassa dal 20 febbraio al 6 marzo e a La Villa dal 13 al 27 marzo. Appassionati e curiosi hanno avuto la possibilità di testare le novità xDrive Bmw con istruttori della scuola guidarePilotare. In oltre 800 prove, i partecipanti hanno avuto modo di provare tra le altre: la nuova X3 nelle motorizzazioni xDrive20d, xDrive 35i; X1 xDrive20d, X5M, X6M, X6 Active Hybrid, la 530 xDrive Gran Turismo, la 550i xDrive Berlina. Alcuni fortunati possessori di Bmw hanno inoltre avuto la possibilità di partecipare agli snow day con campioni dello sci come Kristian Ghedina e Werner Perathoner. Appuntamento a La Villa il prossimo inverno per la nuova edizione Bmw xDrive Live. Per maggiori informazioni www.bmw.it

LA GARANZIA DELL’ESPERIENZA

MARCELLO COMINETTI

Guida Alpina in Alta Badia "dal 1984" - Scalate classiche e moderne - Vie Ferrate e ascensioni - Spedizioni, Sci e Trekking nelle Dolomiti e in Sud America, Himalaya, Regioni Polari, Deserti info@marcellocominetti.com - www.marcellocominetti.com - Tel.++39.327.7105289


GLI EROI DEL SELLA RONDA

Un appuntamento da non perdere per tutti gli appassionati della bicicletta è domenica 3 luglio con il Sella Ronda Bike Day. Per quest’occasione il traffico verrà chiuso dalle 8.30 alle 15.30 per far in modo che i ciclisti possano scoprire i passi dolomitici solamente con la bicicletta e senza traffico. La manifestazione, non competiva e senza quota d’iscrizione, è aperta a tutte le persone ed è particolarmente adatta alle famiglie. Il percorso si disloca lungo il gruppo del Sella, con il passo Sella, Gardena, Pordoi e Campolongo. Si potrà partire indifferentemente da una delle valli ladine e diversi saranno i ristoranti e i rifugi aperti, dove si potrà anche assaggiare il piatto del ciclista. Sabato 2 luglio verrà organizzata la seconda edizione del Sella Ronda Hero, la durissima competizione in mountain bike, che prevede a scelta due percorsi: uno corto di 50 km e di 2.600 m di dislivello e uno di 82 km con 4.200 m. La gara parte da Selva in Val Gardena per unirsi successivamente alle quattro valli ladine per arrivare a Selva.

l’alta badia prende per la gola Svariate sono le manifestazioni gastronomiche, che uniscono il paesaggio mozzafiato dolomitico a piatti e vini raffinati. L’inverno si apre ogni anno con il consueto appuntamento della Chef’s Cup Südtirol, manifestazione che unisce l’alta cucina italiana e internazionale. L’ultima edizione ha avuto successo ed è stata coronata da un’iniziativa charity, grazie alla quale sono stati raccolti migliaia di euro a favore dei bambini di Haiti. Anche l’estate è all’insegna della gastronomia. Torna Vetta con gusto, iniziative che uniscono luoghi magici alla cucina d’alto livello. Tra gli eventi di maggior rilievo, il Pic Nic, che verrà organizzato l’11 agosto dai tre ristoranti gourmet dell’Alta Badia in cima al Piz Sorega a 2.050. Il Pic Nic, a scopo benefico, lega turismo sostenibile e antiche tradizioni locali, cuochi gourmet e la cucina proposta dai giovani contadini locali. Nella foto lo chef Arturo Spicocchi.

tornano sulle dolomiti le quattro ruote militari Dal 9 all’11 settembre verrà organizzata la sesta edizione del raduno internazionale dei mezzi militari storici. Si tratta di un consueto appuntamento che viene organizzato ogni due anni; molti saranno i mezzi antichi che sfileranno lungo le strade, i passi dolomitici e nei luoghi della Grande Guerra. La manifestazione richiama molti collezionisti da tutta Europa con i loro mezzi storici e uniformi d’epoca.

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L’ALTA BADIA PREMIA I TURISTI FEDELISSIMI Il primo amore non si scorda mai. Neanche quello per una località turistica, dove si passano le vacanze praticamente da una vita. Ogni anno l’Alta Badia ha l’onore di premiare diversi ospiti fedeli, che anno dopo anno decidono di trascorrere le proprie vacanze nella località turistica, nel cuore delle Dolomiti, Patrimonio Naturale dell’Umanità Unesco. Tra questi troviamo la coppia di Innsbruck, Anton e Irmgard Wechselberger, che da 50 anni trascorre le proprie vacanze presso la Pensione Villa Tony. Sono assidui frequentatori dell’Alta Badia anche i signori Peter Kleppe, Armin Echweiler, Joachim Kröll e Willi Gerd Müller. Loro hanno festeggiato i 50 anni di vacanze in Alta Badia presso il Romantik Hotel Cappella, essendo da sempre amici della signora Renate Pizzinini, che ha organizzato per loro una bella festa. Il signor Roger Fischer, invece trascorre le sue vacanze presso il Garni Ciadin di Corvara, anche lui da ormai 50 anni. Il denominatore comune di tutti gli ospiti fedeli dell’Alta Badia è senza dubbio il loro amore per le montagne e la natura, ma anche il fatto di sentirsi in Alta Badia, come a casa. Gli ospiti fedeli sono stati premiati alla presenza del direttore del Consorzio Turistico Alta Badia, Damiano Dapunt, che ha donato loro il diploma di cittadinanza onoraria dell’Alta Badia. In questo modo si vuole ringraziare gli ospiti per la fedeltà dimostrata negli anni.

NUOVA SEGNALETICA: IN LADINIA È TRILINGUE Il Cai ha sostituito la vecchia segnaletica dei sentieri; sulla nuova segnaletica, rigorosamente in legno, compaiono i nomi scritti nelle tre lingue: italiano, tedesco e ladino. La sostituzione è prevista anche per quanto riguarda i rifugi e verrà effettuata quest’estate. Presso le Associazioni Turistiche si potrà acquistare la nuova guida dell’escursionista che contiene le indicazioni dettagliate per effettuare le gite più belle.


i pionieri della maratona

Sara Folegani Comitato Maratona

La prima venticinque anni fa. La promozione fatta con volantini distribuiti al Giro d’Italia, le liste di carta e i conti in rosso. Eduard Tavella, uno dei fondatori racconta gli esordi della gran fondo più famosa Domenica 10 luglio 2011, con la classica partenza alle 06.30 da La Villa, inizia la venticinquesima edizione della Maratona dles Dolomites che si snoda, per tutta la mattinata, lungo le strade più caratteristiche dei Monti pallidi. Un favoloso viaggio e anche una bella storia che abbiamo voluto ripercorrere attraverso i ricordi di uno dei protagonisti del “club originario”, una sorta di portavoce di tutti i membri Eduard Tavella, come è nata l’idea di una maratona, con tutte le difficoltà che una manifestazione cosi può comportare nella gestione e nell’organizzazione? «Tutto parte molto prima del 1987. Esattamente 35 anni fa, nel 1978, nasceva da un gruppo di appassionati la prima Società Ciclistica Alta Badia o Club dles Rodes Alta Badia, con sede a Pedraces. Ognuno di noi aveva la propria attività e professione, ma eravamo legati da questo sport che praticavamo insieme appena se ne presentava l’occasione. La S.C Alta Badia-Raiffeisen promuoveva partecipazioni a gare fuori dalla Val Badia, ma anche giri amatoriali in casa. Con il tempo riuscimmo ad acquistare un furgone sociale adibito al trasporto degli atleti. Nel 1986 il consiglio direttivo, composto anche da Moritz Craffonara, Heinz Kostner, Ezio Camol, Otto Vittur, Otto Irsara e Alberto Tavella, decise che avremmo dovuto organizzare una grande iniziativa per i primi dieci anni di attività. Fu scelta la maratona. La prima edizione si svolse il 12 luglio dell’anno successivo».. Chi fu a ideare il percorso? «Ci basammo sull’esperienze diretta di tutti i membri del consiglio direttivo. Ognuno, a tempo perso, faceva un percorso. Poi ci si ritrovava e a tavolino si discuteva, pensando anche e soprattutto al target di partecipanti. Dovevano essere cicloturisti. Doveva, insomma, essere un percorso anche all’insegna della promozione turistica dell’area. Alla fine la prima Maratona Ciclistica delle Dolomiti fu un successo: dei 166 iscritti, 145 furono i reali concorrenti appartenenti a diverse società sportive. Dato curioso, c’era già con un bel numero di stranieri, soprattutto tedeschi e austriaci. I chilometri di percorso erano 177, con partenza alle sette. L’arrivo era sempre a Pedraces». Tutto bene quindi... «Non tutto. Nonostante la soddisfazione degli organizzatori e dei ciclisti, i costi furono maggiori dell’incasso e andammo parecchio sotto rispetto al guadagno previsto. Al momento della seduta del direttivo, ci chiedemmo se fosse il caso di

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andare avanti. Erano presenti solo 6 dei 7 membri e dopo un’ora di discussione, la votazione si concluse con 3 a favore e 3 contrari. Il voto decisivo spettava al presidente Heinz Kostner. Disse di sì e così diede la possibilità alla maratona di diventare quella che è oggi: 9 mila partecipanti, più di 28 mila pre iscritti e una fama mondiale». Anche nelle edizioni successive, un percorso tutto in salita? «Le difficoltà non sono mai mancate. L’anno dopo, il 3 luglio 1988, si svolse la seconda edizione. Le iscrizioni erano circa il doppio rispetto all’anno prima: 440 con un effettivo di 417 partenze. Molti italiani (in particolar modo trevigiani e veneti in genere) e un numero sempre maggiore di stranieri. Fu un ulteriore successo, ma chiudemmo ancora una volta in rosso. Comunque, la volontà continuare c’era per tutti e, con il giusto incoraggiamento e ottimismo, si sapeva che, prima o poi, le cose sarebbero migliorate». Questa tenacia ha pagato? «Infatti. Con la terza edizione si è arrivati al pareggio e siamo riusciti a compensare i conti negativi dei due anni precedenti. La cosa interessante è che, nonostante la sfortuna di aver avuto per qualche anno di seguito delle edizioni abbastanza piovose, la gente continuava ad iscriversi in numero sempre maggiore rispetto agli anni precedenti. La Maratona piaceva! Il sistema era abbastanza


diverso da quello attuale. I cicloturisti si potevano iscrivere fino alla fine, fino quasi al giorno prima della gara, anche se con un prezzo maggiorato. Potevamo trovarci addirittura anche un centinaio di iscritti in più rispetto alle pre iscrizioni. Ciò comportava, oltre alla gioia di vedere tanti entusiasti alla nostra gara, anche numerose complicazione organizzative». Oggi alla Maratona si utilizzano le tecnologie più avanzate e l’organizzazione è quella dei grandi eventi. Voi come facevate a cavarvela? «Ora, alla mia età, non riuscirei ad organizzare un evento cosi internazionale. Eravamo più giovani e con meno partecipanti. Si parlava di poche centinaia di iscritti anche se poi siamo arrivati a 6.000. Le cose erano ben diverse. Ricordo quando con Otto Vittur andavano a fare volantinaggio per promuovere la Maratona. Si saliva in bicicletta con zainetto e volantini, ci si postava presso le tappe del Giro d’Italia, in cima al Passo Fedaia, a Selva, al Pordoi e per il Veneto, e durante la corsa si volantinava. Non perdevamo occasione. Andavamo anche all’estero, Germania, Austria... Una sorta di promozione turistica antilitteram. E funzionava!» Quando cambiò pelle la Maratona? «Nel 1996 i membri del consiglio in carica della S.C. Alta Badia – Raiffeisen organizzarono la decima ed ultima edizione della Maratona Ciclistica delle Dolomiti che si sarebbe poi svolta il 7 luglio. Dalla undicesima edizione, del 1997, la maratona sarebbe stata assegnata al neo costituito Comitato Maratona dles Dolomites sotto la direzione di Michil Costa, ancor’oggi in carica» Un cambiamento necessario.. «Noi facevamo tutto a mano. Dalle iscrizioni ai controlli dei pettorali. Alla partenza e all’arrivo avevamo liste di carta. Quando non si riusciva a trovare un iscritto, partivano controlli su controlli, tutti fatti a mano. Era un sistema che funzionava, ma non poteva durare a lungo. Ci accorgemmo che le iscrizioni incominciavano ad aumentare vertiginosamente. Dai 1.000 cicloturisti protagonisti della 5° edizione della maratona nel 1991, alle oltre 6.000 adesioni nel 1995. Era impensabile far tutto a mano». Ci sa raccontare qualche aneddoto o un evento particolarmente bello? «La prima cena dei volontari. Come succede sempre per le cose più belle, è avvenuta cosi per caso. Avevamo ordinato un gran quantitativo di prodotti per i ristori, ma era stata un’edizione particolarmente piovosa ed era rimasto parecchio. Si pensò quindi di organizzare una grande cena invitando tutti quelli che avevano lavorato. Adesso è una tradizione, attesa quasi quanto la Maratona. È la festa del backstage di tutto il complesso organizzativo. Le strade, i ristori, le indicazioni, la cartellonistica, la sicurezza, le ambulanze, la preparazione dei pacchi gara, la distribuzione dei pettorali, gli aiuti, gli alloggi, la raccolta dell’immondizia. Niente sarebbe possibile senza i volontari. Nel dopo Maratona si vede davvero come la tensione sui visi si allenta, l’adrenalina svanisce, ci si rilassa e s’incomincia a ridere e a scherzare di più, fino a respirare quell’atmosfera di gioia e soddisfazione che solo il successo di una grande manifestazione che unisce tutta la Val Badia può dare».

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The Seven Pioneers of the Marathon an interview with Eduard Tavella On Sunday July 10, 2011,the 25th edition of the Dolomites Marathon will start, with its traditional beginning at 6.30 at La Villa and unwinding along the Monte Pallidi. A fabulous trip lived through the memories of one of the members of the “founding club”: Eduard Tavella. “It all started in 1978, with a group of enthusiasts from the Cycling Society of Alta Badia, in Pedraces. In 1986 the council decided that we would organise a great event for the tenth anniversary: a marathon which would take place on July 12 the following year. The track was based on the personal experience of the members and promoted the area to tourists. The first marathon was a real success: 166 people signed up, with already many foreigners, especially Germans and Austrians. It comprised of 177 km, starting at 7 am from Pedraces. Despite the success and the satisfaction the costs were higher than expected and we didn’t make the profit we were expecting. But the president, Heinz Kostner, decided to go on anyway. That’s how the marathon became what it is now: 9.000 participants and an international success. Difficulties continued, but the break even point arrived in the third edition. Although we had some rainy editions, people continued to sign up. I remember when we distributed flyers with Otto Vittur: we hopped on our bike and frequently moved from one leg of the Giro d’Italia to another. We also went abroad! In 1996 the council organised the 10th and last edition. From the 11th edition it is in the hands of a new committee, led by Michil Costa. One of the best memories is the first dinner of the voluntary workers. We had ordered too much food and it had also been very rainy, so we decided to organise a dinner with all of those who worked in the backstage. It is still now a tradition.”


Alcuni momenti delle prime edizioni della Maratona


SI FA PRESTO A DIRE BICI 20

DA QUALCHE ANNO NON È PIÙ POSSIBILE LIMITARSI ALLA DISTINZIONE TRA QUELLE DA STRADA E LE MOUNTAIN BIKE, SENZA SPECIFICARE IL TIPO. CROSS COUNTRY, TRAIL, ALL MOUNTAIN, FREE RIDE E DOWNHILL, PER CITARE LE PRINCIPALI. SI DISTINGUONO PER IL TELAIO E LE SOSPENSIONI E, CHIARAMENTE, PER L’USO CHE SE NE FA. ECCO TRE ESEMPI DI BICI PRESI DA MODELLI TOP, QUELLI PREFERITI DAGLI APPASSIONATI CHE COMPRANO O NOLEGGIANO LE DUE RUOTE IN ALTA BADIA

DOWNHILL

È la disciplina emergente del fuoristrada: si svolge esclusivamente su tracciati in discesa. Meno gambe, forse. Ma è neccesiaria molta più tecnica e “testa”. Le bici sono resistentissime e pesanti, anche se la tendenza è a diminuire

i chili per aumentare le prestazioni. Il nostro esempio è la Trek Session 88. Promette geometrie perfette grazie a sospensioni regolabili e tecnologie all’avanguardia.

STRADA

Non è mai tramontata nonostante la concorrenza trentennale delle cugine di montagna. Anzi, le bici da corsa negli ultimi anni hanno conosciuto una nuova età dell’oro, grazie a soluzioni tecniche all’avanguardia e

look accattivanti. Come nel nostro esempio: la Felt, Serie F. Considerata una delle più adatte alla montagna per affrontare, chiaramente restando sull’asfalto, le pendenze dei passi dolomitici.


CROSS COUNTRY

Gli addetti al settore le chiamano semplicemente XC. Adatta alle escursioni, ma nasce per le competizoni omonime. Le gare di cross country si svolgono su terreni misti in circuiti ripetuti più volte (generalmente tra 1 e i

5 giri). Nella foto una Orbea, modello Alma 29er serie S Team. Con le ruote da 29 pollici, come suggerisce il nome.

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Campione mondiale di bike trial, inviato di Striscia la notizia. Ma anche appassionato di Dolomiti. E non solo per le pendenze da affrontare con le due ruote. ÂŤMi piace assaporare tutte le stagioni, vedere la neve che si scioglie e captare le piccole cose che la natura ci donaÂť

MONTAGNA AL 101%

BRUMOTTI, Concetta Bonaldi


chiama così. Sa bene che le imprese non mi spaventano e mi piace riuscire a raggiungere i traguardi che mi prefiggo; quindi mi ha assegnato scherzosamente questo soprannome. Mi piacciono le sfide con me stesso e spronarmi in nuovi progetti». Bike trial e Dolomiti vanno d’accordo? «La mia specialità lega molto con la montagna. Ma per viverela in maniera estrema devi anche essere circondato da persone che la pensano come te. Io sono molto fortunato ad aver trovato mio padre che la vive allo stesso modo ed è persino più estremo dei miei amici. Anche ora, che mi sto preparando per questa nuova sfida, mi ha accompagnato e mi ha dato davvero un grande appoggio, cronometrandomi e seguendo gli allenamenti. Vivere la montagna in questa maniera mi fa star bene e mi fa raggiungere la pace». In montagna con o senza bicicletta? «In montagna, come in qualsiasi altro posto, con la bicicletta. Sono 24 ore su 24 a contatto con la bici. In casa ne ho ben trenta. Non riesco a stare senza e le integro sempre e ovunque nella mia quotidianità». Sei lo sportivo più popolare tra i giovanissimi. Consiglieresti ai tuoi fan le Dolomiti d’estate? «Ai giovani consiglierei di farsi un giro d’estate da queste parti, perché la montagna non va vissuta solo d’inverno. Proprio d’estate ci si rende conto di quanto sia viva, dei suoi profumi. Essere avvolti dalla natura con le sue sfumature ci fa capire che la montagna non può essere rappresentata Vittorio Brumotti, sei nato di fronte a uno dei mari da un’immagine che ricerchiamo in un motore di ricerca nel più belli d’Italia, ma qual è il tuo rapporto con la web, ma va vissuta». montagna? Allora non è vero che gli sportivi quando vanno in «Nell’ultimo anno la montagna mi ha preso al massimo, la montagna sono concentrati solo sulla performance…. vivo al cento per cento e sarà anche la protagonista di un «Della montagna mi piace assaporare tutte le stagioni, saper mio prossimo progetto. Nel maggio del 2012 rotta verso cogliere la magia della neve quando si l’Himalaya». «Presto andrò nell’Himalaya. scioglie e osservare come la vita prende Sul tetto del mondo in bici? forma. Guardare un fiore che sboccia in «Sì. Quest’anno ho già visitato il campo È un lavoro duro, e mi sto primavera e captare le piccole cose che base dell’Everest e mi sto allenando. È un preparando anche grazie a la natura ci dona. Sono queste le cose lavoro duro e mi sto preparando seguendo mio padre. Che mi chiama che ci rendono consapevoli del posto un’alimentazione specifica e portando dei in cui siamo immersi. Poi a me piace ET, l’extraterrestre» pesi nello zaino di ben cinquanta chili. Ho molto il turismo di montagna, perché è sentito il bisogno della montagna, proprio rispettoso dell’ambiente e la gente si comporta in modo come se fosse una chiamata dal cielo e ora sono contento educato». di poter vivere per lei». Vittorio hai partecipato a un’asta benefica su Ebay Cosa ti piace della montagna, le pendenze estreme, che ti è stata proposta da Michil Costa. Cosa ti ha la sfida? convinto a prendere parte al progetto ? «Vivere la montagna significa cibarsi di adrenalina, ma in «Ho partecipato davvero volentieri a questa iniziativa montagna mi piace anche la gente, perché non c’è falsità e benefica, poiché ho un animo molto sensibile e mi piace le persone sono vere e pure». poter aiutare chi ne ha bisogno con progetti reali. Con l’asta Quindi vale per gli 8.800 metri dell’Everest, ma anche abbiamo raccolto un aiuto per le donne profughe tibetane; per i 2.600 del Sassongher, giusto? inoltre si tratta di un progetto di Michil Costa, una persona «La Val Badia mi è piaciuta davvero molto come tutte che stimo moltissimo e che conosco ormai da diversi anni. le Dolomiti. Sono stato al Lagazuoi, dove ho visto un È una persona straordinaria e a dire il vero mi piacerebbe paesaggio davvero lunare, unico e quasi surreale. Ritengo poterlo vedere, chissà un giorno, in suo lato estremo ». che la montagna vada vissuta al massimo e io ho la fortuna Vittorio Brumotti in questo momento… di poterla vivere in maniera estrema con mio padre Claudio «In questo momento…mi sento carico, ho un’energia che è 101% Brumotti ». incredibile, sono molto soddisfatto, contento dei miei Sappiamo che tuo padre ti ha dato un soprannome progetti e del mio lavoro. Mi gusto questa carica di energia alquanto particolare. Quale? che mi circonda e che mi fa stare bene». «Esattamente è un soprannome particolare: mio padre mi chiama E.T». Il sospetto che tu fossi un alieno ci era venuto anche a noi… «Ma no, da quando porto a termine ciò che desidero mi

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Stars on Ice, è ormai un appuntamento classico delle estati in Alta Badia. Alcuni tra i più conosciuti campioni internazionali di pattinaggio su ghiaccio si esibiranno anche questo agosto nello stadio di Corvara per la ventiduesima edizione

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l pubblico che frequenta d’estate le località più rinomate delle nostre alpi attende sempre con grande entusiasmo l’appuntamento estivo con Stars on Ice, galà di pattinaggio artistico che ha potuto contare negli anni su un numero in continua crescita di affezionati. Nel 2011 lo spettacolo Stars on Ice giunge alla sua ventiduesima edizione e, come di consuetudine, approderà a Corvara in Val Badia portando i colori, le emozioni, e le incredibili abilità tecniche e artistiche dei più grandi talenti del pattinaggio artistico internazionale.Quest’anno l’appuntamento è fissato per mercoledì 17 agosto. Stars on Ice, diversamente da altri galà di pattinaggio, è costruito per essere vissuto come un vero show: scenografie, effetti speciali e una regia molto curata (possibile solo in una manifestazione con numerose repliche) portano ad amplificare le emozioni sia per gli atleti che vi partecipano, sia per gli spettatori che vivono l’evento. Alessandro De Leonardis, storico ideatore e direttore artistico della manifestazione, è

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Foto: Daniel Töchterle

a “contatto con il ghiaccio” da 32 anni; i suoi trascorsi sportivi lo hanno visto per un lungo periodo competere a livello nazionale e internazionale nella specialità della Danza su Ghiaccio. Due Campionati Mondiali Professionisti all’attivo, ma soprattutto il personale contributo come atleta prima, e come organizzatore successivamente, a più di 500 eventi di pattinaggio di figura dal 1988 ad Un vero e proprio oggi. show, con scenografie «Anche quest’anno ed effetti speciali. mi aspetto che si rinnovi non solo il Il direttore artistico notevole consenso di De Leonardis: «C’è pubblico ma anche molto interesse e l’interesse dei media il pubblico cresce locali e nazionali che hanno contribuito ininterrottamente al consolidamento da anni» di questa iniziativa cresciuta in maniera esponenziale negli ultimi anni». De Leonardis spiega che «nel trascorso recente, infatti, sempre più persone sono state attratte dalla possibilità di avvicinarsi a questo meraviglioso sport assistendo dal vivo alle manifestazioni, sia per i risultati dei nostri atleti che per lo spazio e la visibilità che il pattinaggio ha avuto modo di ricavarsi a livello mediatico successivamente alle Olimpiadi di Torino del 2006«. Appuntamento allora a Corvara per l’edizione 2011 di un appuntamento che è ormai un classico delle estati dell’Alta badia, ma è sempre in grado di sorprendere.

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Il film pluripremiato di Jean – Jacques Annaud, ambientato nella British Columbia, è stato girato tra la Val Badia e le Alpi bavaresi. Il regista francese ha trovato nelle Dolomiti la luce «ricca e tormentata» che cercava per la sua storia.

Antonio Signorini

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attacco. È in piedi, ruggisce mostrando artigli affilati n puma di montagna spunta da una roccia e e zanne potenti. E stato lui a spaventare il puma, ma guarda verso un altopiano di erba, dove un l’orsetto non lo sa. Ora ha imparato che nella vita non orsetto si rotola e gioca. È un predatore e sa bisogna darsi per vinti e si deve lottare. bene come fare. Si avvicina lentamente sopravento È uno dei clip virali più cliccati su Youtube. In inglese si verso la preda, fino a quando il cucciolo si accorge chiamano Inspirational video, quelli che si postano su del pericolo e inizia a fuggire come può. Cerca riparo Facebook e sugli altri social network quando si vuole dietro le rocce bianche, inciampa sulle radici degli comunicare uno stato d’animo. arbusti. Finisce in un ramo sopra un torrente e il felino Pochi sanno che quella è una delle scene di punta di The già si lecca i baffi pregustando il pasto. Il legno va in Bear, L’Ours, L’orso, film di Jean Jaques Annaud. Storia frantumi e il piccolo si ritrova a nuotare nel fiume in di un cucciolo orfano, adottato piena. Il felino non lo molla e segue la da un altro orso solitario e di sua deriva. I cucciolo combatte contro La scena del Puma, cacciatori che diventano più la corrente, appesantito dalla pelliccia tormentone di Youtube, umani grazie all’esempio delle foltissima e quasi si dimentica l’altro loro prede. Ha quasi 25 anni, nemico, il predatore, fino a quando non girata nel Torrente ma non li dimostra. se lo ritrova davanti, pronto a divorarlo. di Fanes Sembrerebbe finita qui, con la natura Pochissimi, poi, sanno che fa il suo corso. Ma l’orsetto non che quella storia commovente, praticamente senza molla e inizia a usare l’unica arma che gli resta oltre dialoghi ma capace di incollarti alla sedia per 93 minuti alla fuga. Le zampe sono piccole e la stazza non è dimenticando anche il popcorn, è ambientata in buona nemmeno lontanamente quella degli adulti della sua parte sulle Dolomiti, in Val Badia. Nel parco naturale del specie. Non gli resta che rugliare, si protende verso il Fanes, dietro il monte Santa Croce e alle Cinque torri. puma ed emette il verso cupo e minaccioso degli orsi I primi fotogrammi ci informano che la storia si svolge che attaccano. Il suo suona un po’ ridicolo, sembra più in Canada, nella British Columbia nel 1885, ma quelle un vagito, ma funziona. Il felino abbassa le orecchie e che si vedono nella pellicola non sono le Montagne poi, lentamente, torna sui suoi passi. La scena si allarga Rocciose, bensì Alpi bavaresi e Monti pallidi. e si ha un quadro completo della situazione. Dietro Annaud ha ricordato spesso quella produzione a 9.000 al cucciolo c’è un enorme orso adulto in posizione di


piedi di altezza, con una troupe di 200 persone e uno zoo con annessa tribù di veterinari, domatori e persino psicologi. Contemporaneamente, poco più lontano, a Vienna, Milos Forman girava Amadeus. Una passeggiata al confronto. Curiosa la scelta delle Alpi orientali. Annaud non conosceva le Dolomiti. Per il suo film ambientato nelle Rocky mountains voleva un’abientazione ispirata al più famoso pittore di montagna americano: Albert Bierstadt. Nel XIX secolo dipingeva le montagne del Nuovo mondo, che diventavano rosse al tramonto; picchi innevati e prati verdi. «Andai in pellegrinaggio nei luoghi dove Bierstadt aveva dipinto le sue tele – ha raccontato il regista francese - ma scoprì che quelle montagne erano cambiate molto rispetto ai tempi del west selvaggio. Non ho trovato la ricchezza tormentata di quella luce, dallo Utah allo Yukon». La ricerca continuò: in Norvegia, Nuova Zelanda e Australia. Poi Ungheria, la ex Yugoslavia e nei Pirenei. Nel 1986, mentre faceva un tour promozionale del Nome della Rosa, il suo film più famoso, passò per la Baviera e chiese al produttore, Toni Ludi, di cercare da quelle parti. Poco dopo il suo collaboratore gli propose le Dolomiti, uniche anche perché «si trovano paesaggi spettacolari a distanze ragionevoli dai centri abitati con gli hotel». Il paradiso in terra che aveva immaginato per i suoi orsi era a poche ore di viaggio.

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mountain puma appears behind a rock and looks towards a grass plateau where a small bear is rolling and playing. Slowly it moves towards its prey, until the cub realizes the danger and starts escaping. Trying to hide behind white rocks the cub trips, ending up on a branch on a stream…. This is the beginning of one of the most clicked virals on Youtube. Few know that it is one of the main scenes of the “The Bear”, a film by Jean Jaques Annaud, the story of an orphan cub, adopted by a solitary bear. The film is almost 25 years old, but doesn’t look it. And few know that the 93 minute-long moving story is mainly set in the Dolomites, in Val Badia, precisely in the natural park of Fanes, behind the Santa Croce Mountain. The first frames inform us that the film is set in Canada, in British Columbia in 1885, but what we see are not the Rocky Mountains but the Bavarian Alps and the Monti Pallidi. Annaud frequently remembered the production at 9000 feet of altitude, with a 200 staffed crew and a zoo with its own vets, tamers and psychologists. The choice of the Alps is interesting as Annaud did not know the Dolomites. For his film he wanted an atmosphere inspired from the paintings of the famous American artist Albert Bierstadt «I went on pilgrimages in the places where Bierstadt had painted his canvases but I discovered that many of those mountains have changed», said the French director. His research continued in Norway, New Zealand, Australia, Hungary, Yugoslavia and in the Pyrenees. In 1986, as he was on tour for “The Name of the Rose”, he passed by Bavaria and asked producer Toni Ludi to search in the surroundings – soon after Ludi proposed the Dolomites. It was the paradise on earth that Annaud had imagined for his bears, and was only a few hours away.


Com’era com’è di Daniel Töchterle

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La Villa

Com’era com’è

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di Daniel Töchterle


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2011

anni quaranta

Corvara


Quei rifugi a 2.000 metri per molti, ma non per tutti Marcello Cominetti

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Il rifugio sembrava una topaia, si dormiva su dei sacchi di fieno, perché dalla stanchezza quando ci si fermava, ci si addormentava», scriveva Germano Costner, guida alpina di Colfosco, inventore della via ferrata più celebre, forse, del mondo intero, la Tridentina, quando nel 1946 era divenuto gestore del Rifugio Cavazza al Pisciadù. L’avreste mai detto? Il rifugio Pisciadù - oggi il più difficile da raggiungere tra quelli che coronano la Val Badia - un edificio moderno e confortevole e soprattutto situato in una posizione favolosa: una topaia! È vero che una volta il turismo di montagna era praticato soprattutto da alpinisti più che da semplici passeggiatori. I rifugi erano spartani e non avevano pregiati menù in sala da pranzo, anzi, spesso nella sala da pranzo si dormiva

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Ladinia.it

ammassati uno sull’altro appena consumata una cena frugale a base di zuppa e pane secco.Ricordo persino che fino a non molti anni fa farsi una doccia in un qualsiasi rifugio era impossibile, semplicemente perché l’unico tipo di servizio igienico esistente era una cabina esterna sospesa nel vuoto con un foro nel pavimento, dove fare i propri bisogni comportava originali acrobazie, specie se in notturna. In molti villaggi dell’Himalaya, solo per fare un esempio, è ancora così, ma sulle nostre Alpi le cose sono cambiate da un pezzo e nelle Dolomiti, si sa, i rifugi sono i più confortevoli di tutti.La massificazione del turismo di montagna ha portato inevitabilmente ad aumentarne la qualità dei servizi e i rifugi alpini sono divenuti dei veri e propri alberghi d’alta quota dove non manca nulla. Sentieri sempre più comodi, strade che arrivano sempre più


Foto: Consorzio turistico Alta Badia

Non ci arrivano gli impianti; sono il traguardo di passeggiate belle e difficili. Oppure la base di partenza per escursioni ancora più impegnative. Ecco quelli più famosi della Val Badia. Un tempo «topaie», oggi mete confortevoli, un premio per chi sfida le pigrizie cittadine in alto e funivie, hanno avvicinato molti rifugi al fondovalle e a molti di quest’ultimi è rimasto solo il nome - che ha sempre qualcosa di esotico per il cittadino che vede le montagne un po’ come un luogo fatato. A dire il vero molti rifugi sono persino raggiungibili in automobile, per la felicità dei più pigri. Quelli che si distinguono per le dimensioni del ventre e che verso le 11 iniziano a pensare sotto a quale tavola infileranno le gambe. Ma volete mettere? arrivare dopo qualche oretta di fatica a un rifugio e sedersi a tavola a soddisfare un bisogno reale, quello di mangiare per reintegrare le calorie bruciate nella camminata, invece di stare all’ingrasso senza aver fatto un minimo di fatica? Per fortuna ognuno è libero di fare come vuole e meno male che non tutti amano salire ai rifugi d’alta montagna, altrimenti ci si ritroverebbe incolonnati sui sentieri come in tangenziale. I rifugi d’alta montagna della Val Badia in zone rocciose tipicamente dolomitiche sono il Puez, il Gardenaccia, il Pisciadù e il Kostner al Vallon. Sono tutti sopra i 2000 metri e per raggiungerli bisogna camminare a piedi da qualche minuto a qualche ora. Sconfinando, sempre a piedi, nelle vallate limitrofe se ne trovano molti altri che sono collegati da una rete di sentieri percorribili anche in più giorni, denominati Alte Vie. L’Alta Via numero uno va da Braies a Belluno in dodici giorni, la numero due, detta «delle leggende» da Bressanone a Feltre in due settimane e così via per un totale di otto Alte Vie. Tanto per dire che tra cime, passi e rifugi c’è anche tutto un mondo di chi, zaino in spalla, a valle non scende quasi mai.


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Foto: parterre3.com

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Tornando ai rifugi della Val Badia, li potrete raggiungere compiendo delle bellissime traversate o solo considerandoli come meta finale della vostra passeggiata, o ancora, come punto di partenza per mete più lontane e impegnative. Tra loro, solo il rifugio Pisciadù si raggiunge con sentieri attrezzati, cioè dei percorsi che hanno tratti muniti di cavi e gradini per aumentarne la sicurezza lungo i quali, per intenderci, ogni tanto bisogna usare le mani anche se bisogna precisare che non si tratta di vie ferrate vere e proprie. Se volete andarci e non siete dei grandi camminatori, o siete alle vostre prime timide esperienze con l’escursionismo, provate dapprima a raggiungere i rifugi più vicini per poi spingervi fino ai più remoti, ovviamente se ci avete preso gusto. Sembrerà banale, ma una vacanza in montagna può darvi davvero molto se avrete la volontà di iniziare a fare i primi passi a piedi vincendo l’iniziale e inevitabile fatica. Dopo le prime volte, come succede del resto anche ai ciclisti, saranno proprio le salite a darvi le maggiori soddisfazioni, specie se vi porteranno su una cima, anche modesta, ma quella sensazione di trovarvi nel punto da cui è impossibile salire più in alto la vorrete riprovare ogni volta. E allora partirete per la prossima gita, sempre più allenati dalle camminate precedenti, perché camminare nella natura sarà diventata la vostra passione, curiosi di vedere il mondo da lassù ed entusiasti di raccontarlo agli altri una volta scesi a valle. Detto questo, ricordatevelo bene, se camminerete non avrete fatto nulla di eccezionale, semplicemente perché il nostro corpo e la nostra mente sono fatti per farlo da milioni di anni ma, è garantito, vi sentirete meglio.

Mountain lodges in Val Badia “The mountain refuge seemed a hovel, one would sleep on sacks of hay”, wrote Germano Costner, alpine guide of Colfosco and inventor of the most famous via ferrata, the Tridentina, when in 1946 he became the manager of the Cavazza mountain lodge in Pisciadù. Who would have ever thought? Once, tourism was practiced mainly by alpinists rather than simple walkers. Mountain lodges were plain and did not have posh menus served in dining rooms. I remember that until not too long ago, it was also hard to have a shower! In many villages of the Himalaya it is still like the old days, but in the Alps things have changed and in the Dolomites, it is known, refuge are the most comfortable – true hotels at high altitudes where nothing is missing. Paths have become easier, roads reach higher points up the mountain and cableways have shortened the distances. Some can also be reached by car! Thankfully not everyone loves walking up mountains, otherwise we would find ourselves hiking up in long queues like on ring roads! In the rocky areas of the Val Badia the mountain refuge are Puez, Gardenaccia, Pisciadù and Kostner in Vallon. All are above 2000 metres and a good hike up is necessary to reach them, some might take hours. The refuges can be your arrival or the starting point for the longer and harder treks. Among them, the Pisciadù is the only one that can be reached on equipped tracks. If you are at your first experience, start walking to the closest ones and then push yourself to the ones further up – if one wins over the initial and inevitable fatigue, a holiday in the mountains can give a lot. This said, remember, if you have walked, you haven’t done anything exceptional, your body and mind are made to do so for millions of years. You will feel better.

APERTO DALLE 19.00 ALLE 22.00, chiuso i giovedì dei mesi di luglio e settembre.

Corvara - T. +39 0471 83 10 00



Gustl: Da La villa alle filippine

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elle foto della sua libreria, in bella vista, libri su artisti della Val Badia, le leggende delle Dolomiti e persino qualche copia della Usc di Ladins, organo ufficiale dei ladini. Solo che non siamo in una delle valli del Sella. Agostino Frenademez (nella foto sopra, in mezzo ai bambini), che a Badia tutti conoscono come Gustl, abita nelle Filippine, isola di Panay. E più precisamente nella provincia di Antique. Area poco industrializzata e molto rurale dell’arcipelago asiatico dove vive da ben 46 anni. Da quando, cioè, fu ordinato sacerdote a Londra e la congregazione dei missionari di Mill Hill alla quale appartiene, gli assegnò proprio quell’angolo di mondo remoto, lontanissimo dalle sue montagne. Angolo che non ha mai lasciato. Come un parente lontano che faceva lo stesso «mestiere» in Cina: Santo Ujöp Freinademetz. «Un esempio per tutti noi, ma avere un santo in famiglia - spiega - non significa essere santi». Padre Gustl, ogni tanto torna e noi lo incontriamo nella canonica di La VIlla. È quasi estate ma ha la stufa accesa. «Sa, sono abituato a un altro clima ormai», spiega. Ma il lagame con la patria non lo ha tagliato. «Mi sento ancora ladino. Se si perdono le radici, l’albero alla fine cade. Ormai posso dire di conoscere al 99 per cento la cultura delle Filippine, ma non potrò mai dire di conoscerla completamente». Nella sua parrocchia, Frenademez svolge attività pastorale. E anima tutte le iniziative per sostenere la sua comunità. Attività pastorali, ma anche sociali. «La Chiesa ha sostenuto lo sviluppo di quest’area». E la popolazione locale ricambia con una fede antica (il cattolicesimo fu portato dagli spagnoli ed è radicato), sentita anche se un po’ sincretica. Poi ci sono le sfide nuove. Ogni parrocchia, ad esempio, ha un gruppo di sostegno agli emigranti che sono il 10 per cento della popolazione. Li preparano ad affrontare la loro nuova vita. Un compito difficile che Frenademez assolve con pazienza e fede tutte ladine.

Antonio Signorini

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Gustav Willeit


Ćiastel de Tor San MarTIn de Tor, Val badIa Cultura Ladina Ladinische Kultur Cultura Ladina Ladin Culture

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Foto: Lagazuoi 5 Torri - Stefano Zardini


Le due guerre del Lagazuoi a caccia di storia sul sentiero dei KaiserjÄger e nelle gallerie scavate dai fanti italiani Concetta Bonaldi

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ra le diverse camminate che si possono intraprendere nella valle, alcune non presentano solamente una componente paesaggistica unica, ma raccontano un momento importante di storia. Solo due, però, offrono un panorama incantato e, allo stesso tempo, montagne che raccontano la Grande Guerra, dandoci la possibilità di leggerla attraverso gli occhi dei soldati dei due schieramenti contrapposti, quello italiano e quello austriaco. Stiamo parlando del gruppo del Falzarego - Lagazuoi, con il sentiero del Kaiserjäger, costruito e usato all’epoca dai soldati austriaci e il sentiero di mina dei fanti italiani. Partiamo dai soldati dell’imperatore. L’escursionista potrà vedere le trincee lungo il passo Valparola e i resti della postazione Vonbank alle pendici del Lagazuoi. Il sentiero veniva usato dai soldati come collegamento tra il fondovalle e le postazioni in quota sul Lagazuoi per il rifornimento di viveri, munizioni e altri materiali. Per iniziare la camminata si può parcheggiare presso la funivia del passo Falzarego- Lagazuoi, si sale e, in cima, si segue il segnavia 20a dopo la croce della Cima del Piccolo Lagazuoi per circa 100 metri fino ad incontrare a sinistra la deviazione che scende sotto la croce fino alle postazioni austriache della Cengia Martini. Da qui si entra nel canale per una cengia attrezzata fino al ponte sospeso e si prosegue sul ghiaione sottostante, da dove si raggiunge direttamente il Forte Tre Sassi al Passo Valparola oppure si può deviare a sinistra verso le trincee della postazione Vonbank, dove a monte, sulla parete del Lagazuoi, si nota un tratto di galleria austriaca, al cui interno erano predisposti gli alloggi per la truppa e gli ufficiali, oltre alla cucina e ai magazzini. L’escursione ha una durata media di due ore ed è di media difficoltà. Inoltre il sentiero si può percorrere anche in senso contrario, ossia partendo dal passo Falzarego presso la funivia oppure presso il fortino, dotati entrambi di ampi parcheggio. Vi è anche la possibilità di percorrere la galleria di mina italiana che risale al 1917; l’imbocco è situato sull’Anticima del Piccolo

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Foto: Stefano Zardini

Foto: Lagazuoi 5 Torri

Foto: Lagazuoi 5 Torri

Lagazuoi, che si raggiunge tramite un sentiero che parte dalla stazione a monte della funivia. Prima di raggiungere l’ingresso si attraversa un interessante sistema di trincee che costituiva un posto di osservazione dell’esercito austriaco. Oltre al ramo costruito per piazzare la mina vi è la galleria di spalla, il cui sbocco esterno sull’Anticima serviva come uscita per le pattuglie italiane di assaltatori dopo lo scoppio della mina, e la galleria dell’artiglieria dalla quale i cannoni italiani sparavano verso il Sasso di Stria. Poi la galleria a spirale, il ramo inferiore che sbocca sulla Cengia Martini, e il ramo orizzontale che correva parallelamente alla cengia offrendo riparo dal tiro austriaco. È stato creato un collegamento interno tra tutti i rami della galleria e con la cengia sottostante, ed un sistema di feritoie di sparo orientate in tutte le direzioni. Alla fine della galleria a valle si sbuca quindi sulla Cengia Martini, e percorrendola verso destra fin quasi sotto la funivia si possono visitare i resti dei ricoveri, delle baracche e dei camminamenti. La cengia rappresentava una postazione in quota per minacciare le sottostanti postazioni nemiche della Vonbank. Lungo il sentiero si trovano delle rientranze naturali nella roccia che servivano per dare riparo dal fuoco nemico, alloggi per gli uomini e depositi per i materiali. La camminata, sempre di media difficoltà, è di un’ora e mezzo. Per completare la gita, ci si può fermare al passo Valparola e visitare il museo della Grande Guerra, creato all’interno del forte. Il museo, da poco ristrutturato, è aperto tutti i giorni dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 17 (la visita è a pagamento; per disabili e gruppi di almeno 15 persone: 4 Euro, biglietto normale 5 Euro, per ragazzi dai 6 ai 10 anni 2 Euro e al di sotto dei 6 anni l’entrata è gratuita. Per informazioni ci si può rivolgere allo (+39) 0436 861112. Il sistema museale della Grande Guerra si estende per 5 km e comprende i musei all’aperto del Lagazuoi, 5 Torri e Sasso di Stria e del Museo del Forte Tre Sassi. I musei all’aperto sono gratuiti (per ulteriori informazioni: www.lagazuoi5torri.dolomiti.org).

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Evocative paths in touch with history Among the several walks of the valley, some hold within them important moments of history. The Falzarego mountains offer a unique view and tell the story of the Great War and of its two opposing sides, the Italian and the Austrian. Lagazuoi, with the Kaiserjager path, was built and used at the time by the Austrian soldiers. Hikers can see the trenches along the passage and the remains of the Vonbank post at the foot of Lagazuoi. The path was used by soldiers as a connection between the bottom of the valley and their posts at the top to move provisions, ammunitions and other supplies. To start the walk, the car can be parked next to the FalzaregoLagazuoi cableway. Once at the top the 20a path must be followed. The excursion is about two hours long and is of medium difficulty. It can be taken from the opposite way, starting from the Falzarego passage or from the fort. Both have parking space.

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One can also walk through the mine gallery, from 1917 – the opening is at the Anticima of the Piccolo Lagazuoi. A system of trenches is before the entrance; this was used as an observation point by the Austrian army. An internal connection was created among all branches of the galleries, the ledge below, and a system of shooting slits. At the end of the gallery is the Martini ledge- walking to the right, up until the cable way, you can find old shelters, barracks and pathways. To complete the visit, one can stop at the Valparola passage and visit the Great War museum, created inside the fort and just recently refurbished. It is always open, from 10-1pm and from 2-7pm. The Musuem is 5 km long and includes the open museum of Lagazuoi, the 5 Torri, the Sasso di Stria e the Tre Sassi Fort Museum. The open areas are free (for further info: www.lagazuoi5torri.dolomiti.org).


__ Dolomiti 2.0_____________________ Su Internet e negli apparecchi mobili, spopolano i gruppi e le comunità dedicate alla montagna. Soprattutto quelle di fan dei Monti pallidi

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nternet era già una prateria sconfinata, tutti sapevano che era la nuova frontiera. Ma a dominarla erano pochi intimi. Geek ultratecnologici, informatici di professione, giornalisti di settore e i primi hi-tech dipendenti. Ma i Monti pallidi erano già in rete. A partire dal Dolomiti Superski. Cliccatissime le webcam per vedere, in tempo reale, se le piste sono innevate a dovere. Oggi è normale, fino a dieci anni fa era fantascienza. Una di quelle cose da fare vedere al collega per vantarti. Poi le prime prenotazioni in rete e i motori di ricerca nei siti, per selezionare alberghi e pensioni sulla base della localizzazione, e dei servizi offerti, direttamente dal sito ufficiale dell’Alta Badia (www.altabadia.org) e le web tv. A livello nazionale, fino al 1999 la prenotazioni online erano vicine allo zero, cinque anni dopo la quota dei turisti che si affidavano alla rete era al 30 per cento e ormai veleggia sopra il 50 per cento. La novità anche per le Dolomiti è il web 2.0. Pagine dei social network, blog, siti tradizionali e applicazioni per il mobile, realizzati da appassionati della montagna. Su Facebook, spopola la pagina di Passione Montagna. «Nata per caso nel dicembre del

2009 – spiega la creatrice Gabriella Berlanda – Mi ero fatta male ed ero bloccata a casa con una tendinite. Era una giornata invernale bellissima, nevicava e decisi di dedicare uno spazio alla mia passione». Oggi a condividerla con Gabriella sono più di 18 mila facebookers. Appassionati di tutte le montagne, ma con una netta prevalenza dei dolomitici (la sua pagina è “gemellata” con quella, sempre più frequentata, di Enrosadira). In rete ci sono veterani della Val Badia, come Mario Clara che dodici anni fa mise in piedi il portale Ladinia.it . «Facevo siti per gli alberghi e con dei clienti pensammo che sarebbe stato bello raggruppare tutto in un piccolo portale». I punti di forza di Ladinia sono gli itinerari che Clara sperimenta di persona. E le foto, in particolare quelle a 360 gradi. «Abbiamo la raccolta più completa della Val Badia». Il futuro, dicono in molti, sono le applicazioni. Cambieranno, ancora una volta, l’informazione, la comunicazione e anche il commercio. L’Alta Badia ha già la sua per Iphone con webcam, eventi e meteo. Altre ne arriveranno, compresa quella di Enrosadira.

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Uomini in grembiule Elmar Burchia

È forse il souvenir più amato dai turisti. Ma è anche un compagno di lavoro e di vita inseparabile per molti altoatesini. C’è anche chi dice che il «gurmel», abbinato ai capi giusti, sia diventato un accessorio chic

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on per moda, ma per comodità: senza quella particolare sopravveste, che arriva fino giù alle ginocchia, si sentono vestiti a metá. Sono contadini, viticoltori, lavoratori o pensionati intenti a fare bricolage. Prevalentemente uomini, ma anche molte donne. Diventato con gli anni un capo unisex, il tradizionale accessorio si è trasformato in una mise insostituibile, di sapore vagamente retrò. Di cosa stiamo parlando? Dell’inconfondibile grembiule blu, il distintivo del lavoratore sudtirolese. Che sempre più turisti di città apprezzano.

Dicono che quel colore vistoso ravvivi la vita quotidiana. Un’esplosione di blu, può essere. Il grembiule tirolese, che in ladino si chiama «gurmel» e in tedesco «Schürze», si mette innanzitutto perché estremamente pratico. Da oltre cent’anni nella terra di Luis Trenker non viene mescolato calcestruzzo, coltivato campo, tagliata legna e innaffiata pianta senza il grembiule blu indosso. Tutti quelli che vogliono seriamente combinare qualcosa, e finire la giornata senza macchie, ne hanno almeno un paio in armadio. Il frutticoltore Riegler della Bassa Atesina ne possiede più di venti. «Gli usi sono molteplici», racconta il quarantenne. «Nella sacca sotto il grembiule allacciato posso riporre le forbici per la potatura della vite o altri piccoli accessori utili; se ho le mani bagnate o sporche mi posso asciugare e pulire». Inoltre: arrotolato e stretto intorno alla vita si adatta persino come funzionale borsetta. Negli anni è diventato altresì supporto per messaggi promozionali e réclame di aziende commerciali, artigianali e della piccola industria. E poi ha il suo fascino: sopra una camicia bianca o a quadretti e con una giacca scura, risulta persino elegante, chic. Insomma, quel semplice pezzo di stoffa, piace. Tanto che il «grembiulestyle» ammalia anche i villeggianti in vacanza in Sudtirolo. Tutti ne vogliono uno. Per chi li produce, le tessiture artistiche, sono ovviamente affari d’oro. Ciononostante, indossare un grembiule senza ornamenti o scritte è un po’ come mangiare l’insalata senza condirla. C’è di tutto: dallo slogan di protesta contro le tasse al proverbio filosofico, dalla metafora sarcastica sulla moglie ad improbabili annunci matrimoniali. Le scritte, piene di fantasia, sono prevalentemente in tedesco. Qualche esempio: «Lustig und ledig» (divertente e scapolo); «Lustig und durstig» (divertente e assetato); «Selten daheim» (raramente a casa). Il

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più ricercato è: «Mann mit Glatze sucht Frau mit Locken», che letteralmente tradotto è «Uomo pelato cerca donna coi riccioli». Humor tirolese, direbbe qualcuno. Non mancano le composizioni meticolosamente ricamate: dai fiorellini allo stemma tirolese con un’aquila rossa in campo bianco. E ancora: cervi, cavalli, marmotte.

Foto: Daniel Töchterle

In Cina non ci hanno ancora pensato ad imitarlo. Quello originale con i lacci è «made in South Tyrol», in tessuto 100% cotone. Tutti prodotti artigianali, di ottimo livello. La misura standard è di 70 x 90 centimetri. Il bordo bianco e il filo rosso non devono assolutamente mancare. Oggi il grembiule funge principalmente da indumento di protezione e da lavoro, anche se, come abbiamo detto, può avere un utilizzo abbastanza versatile. Ha una storia tutta sua: originariamente era di lino bianco. Venne realizzato di cotone solo verso la fine del 19esimo secolo e indossato dai contadini principalmente dopo la messa domenicale nella piazza del paese o al mercato per sottolineare lo stato sociale. Pulito e ben stirato. Tra 1900 e il 1950 venne infine sostituito dall’odierno grembiule blu. Inizialmente veniva cucito dalle donne del maso per i loro mariti; solo nel corso degli anni Sessanta e Settanta divenne un prodotto di produzione industriale. Rivisitato e corretto. Ancora oggi chi lo indossa la domenica tiria su un angolo per testimoniare che è «giorno di riposo».


L’orso è tornato! to edica ltà d , o e s ea so mu us è una r L’atte ic in us lad all’Urs

Prevista per questa estate l’apertura del nuovo spazio espositivo a San Cassiano. Una succursale del Museum Ladin Ćiastel de Tor tutta dedicata ai resti del grande mammifero, ritrovati nel 1987 in una grotta sotto la Cima delle Conturines. Una scoperta che ha permesso alla scienza di fare progressi nella comprensione della fauna preistorica. E, da quest’anno, un’altra attrazione della Val Badia

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l 30 luglio 2011 è prevista l’inaugurazione del nuovo museo dell’orso Museum Ladin Ursus ladinicus a San Cassiano in Val Badia. Ma la storia dell’Orso più famoso delle Dolomiti inizia molto prima. Il 23 settembre del 1987 Willy Costamoling di Corvara, entrò per caso in una grotta situata sotto la Cima delle Conturines. Non poteva certo immaginare che avrebbe fatto una scoperta unica: la grotta era gremita di ossa dell’orso delle caverne, un animale oggi estinto che ci ha dato informazioni importanti sulle Dolomiti in epoca preistorica. Negli anni successivi alla scoperta, la grotta è stata studiata, scavata ed esplorata sistematicamente da un gruppo di ricerca dell’Università di Vienna sotto la guida del prof. Gernot Rabeder.

I risultati di tale ricerca furono sensazionali. L’orso delle Conturines apparteneva a una nuova specie di orso delle caverne mai descritta prima di allora, battezzata Ursus ladinicus, in onore dei Ladini delle Dolomiti. Furono inoltre trovati anche resti di leone delle caverne. La grotta delle Conturines è situata a quasi 2800 metri e rappresenta il sito a maggiore altitudine dove siano mai stati trovati resti dell’orso e del leone delle caverne. Per tale motivo questi reperti assumono un’importanza fondamentale per lo studio del clima preistorico nelle Dolomiti. Durante il periodo interglaciale di circa 40.000 anni fa il clima era estremamente caldo e il limite degli alberi (oggi a ca. 1900 metri) raggiungeva quasi l’ingresso della grotta. In questo modo l’orso, vegetariano puro, poteva sopravvivere per tutto l’anno a questa altitudine, oggi così estrema. Le femmine partorivano nella grotta, e quando i piccoli erano cresciuti le famiglie brucavano l’erba nei suoi paraggi. Poi, in tardo autunno gli orsi si rifugiavano nella grotta per il letargo. Il nuovo museo approfondisce gli argomenti qui presentati, inserendoli nel contesto paleontologico e paleoambientale della regione. Il museo, sede distaccata del Museum Ladin Ćiastel de Tor di San Martino in Badia, si sviluppa su tre piani: al piano terra si trova la cassa e lo shop. Al piano superiore l’esposizione inizia con la formazione delle Dolomiti, presentando i bellissimi fossili che caratterizzano la zona di San Cassiano, per poi raccontare la formazione della grotta delle Conturines, la storia della scoperta e lo scavo. Saranno inoltre spiegati attraverso l’esposizione di reperti originali tutti gli aspetti dell’ambiente e della vita dell’orso delle caverne. Nei sotterranei del museo si trova la “grotta dell’orso”, una ricostruzione di alcuni ambienti della grotta delle Conturines, dove si potrà ammirare “l’orso che dorme”.

Il museo si trova nel centro di San Cassiano e si sviluppa su tre piani. Al primo piano la cassa e lo shop museale, al piano superiore fossili della zona e reperti che spiegano l’origine delle Dolomiti. Nei sotterranei, la vera e propria «tana» dell’orso, principale attrazione. Rendering di arch.Verbitz/ Museum Ladin

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Museum Ladin Ursus ladinicus Strada Micurà de Rü, 26 39030 San Cassiano Tel. 0474/52 40 20 www.museumladin.it Orario Martedì – sabato 10-18 Domenica 14 – 18 Lunedì chiuso (in luglio ed agosto aperto 10-18)

Alcuni dei resti trovati sulle Conturines. Dopo la scoperta dell’orso, 24 anni fa, una equipe dell’università di Vienna ha continuato a esplorare la grotta. Nel nuovo museo, saranno esposti anche alcuni reperti originali, utili a capire come viveva l’Ursus ladinicus oltre a fossili ritrovati nella zona di San Cassiano. Foto archivio Willi Costamoling/Museum Ladin


Fine corsa futuro Il trenino della Val Gardena tra ricordi e visioni Una mostra temporanea al Museum Ladin Ćiastel de Tor

Tra il 1916 ed il 1960 una via ferrata collegava Chiusa a Plan. Una mostra temporanea al Museum Ladin Ćiastel de Tor rievoca la storia del leggendario trenino che vi transitava

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l 27 maggio 2011 è stata inaugurata nel Museum Ladin Ćiastel de Tor a San Martino in Badia una mostra dedicata alla ferrovia della Val Gardena. Il trenino che vi transitava, costruito durante la prima guerra mondiale per fornire il fronte di approvvigionamenti e materiale bellico, fece il suo primo viaggio 95 anni fa, nel febbraio del 1916, e funzionò sino a

maggio del 1960, quando fu soppresso a causa degli ingenti costi che avrebbero caratterizzato l’ammodernamento di tutto il tracciato. La mostra allestita al Museum Ladin Ćiastel de Tor descrive le tappe salienti della storia di questo fantastico trenino, progettato già nel lontano 1906 sia per motivi turistici che economici, in quanto utile mezzo di trasporto delle sculture in legno prodotte in Val Gardena. Lì per lì il progetto tuttavia naufragò per mancanza di fondi, tornando d’attualità allo scoppio della 1° Guerra Mondiale. In quel periodo, nell’arco di pochi mesi le autorità austriache costruirono una ferrovia a scartamento ridotto per portare materiale al fronte sulle Dolomiti. Dopo la guerra il trenino passò alle ferrovie dello Stato italiano che lo gestì sino al 1960. L’esposizione offre al visitatore la possibilità di ammirare vari modellini. Tra di essi, spiccano la locomotiva R 410 prodotta nel 1916 dalla Krauss & C. di Linz, che percorse innumerevoli


volte il tragitto da Chiusa a Plan; o quella denominata “The Rocket”, una delle prime costruite dai pionieri George e Robert Stephenson; ma anche la riproduzione della locomotiva che viaggiava da Bolzano fino al Renon, su una tratta ferroviaria risalente al 1907. Saranno inoltre esposti modellini delle stazioni ferroviarie un tempo disseminate lungo il tracciato del trenino. La mostra approfondisce altri interessanti aspetti legati al trenino della Val Gardena. Verranno spiegate le caratteristiche

di viadotti, ponti e gallerie che ne caratterizzavano il tracciato, descritte le peculiarità tecniche della locomotiva, ma anche ricordate le sciagure e le disgrazie accorse tra il 1916 ed il 1960. Particolare attenzione sarà riservata agli aspetti più strettamente storici relativi alla costruzione della tratta ferroviaria, effettuata dai prigionieri russi; senza trascurare progetti e visioni di chi vorrebbe nuovamente vedere passare un trenino lungo la valle. La mostra dedicata al trenino della Val

Gardena sarà aperta al pubblico dal 27 maggio al 31 ottobre 2011 al Museum Ladin Ćiastel de Tor a San Martino in Badia (BZ) e dall’ 11 novembre 2011 al 5 febbraio 2012 a Selva di Val Gardena.

Per ulteriori informazioni: Museum Ladin Ćiastel de Tor Str. Tor 65 Tel. 0474/52 40 20 www.museumladin.it


Michil Costa Gustav Willeit

Roccia & Corallo Le nostre Dolomiti sono inimitabili. La loro storia inizia 230 milioni di anni fa, tra molluschi e pesci preistorici

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della roccia dolomitica e il Corno Nero a rappresentare e “nostre” Dolomiti si trovano fra Südtirol, Trentino, l’orgoglio della componente rocciosa vulcanica. Esiste Veneto e qualche cima che sconfina in Austria. Le altre una passeggiata molto bella che dal museo geologico dovevano essere in Cina. Intraprendenti imprenditori di Redagno, che ospita diversi reperti fossili, conduce al sudtirolesi infatti (con l’appoggio della provincia autonomia canyon del Bletterbach, scavato sul fianco del Weisshorn, di Bolzano) avevano pensato di chiamare “Dolomiti Saibei” dove i vari strati rocciosi appaiono in tutta la loro plastica un progetto - ora realizzato, ma, causa proteste il nome è evidenza. Durante il percorso opportune indicazioni vi stato cambiato - per creare un polo del turismo invernale, segnalano anche le impronte fossili di antichi sauri. So che concepito con criteri e dotazione tecnologica ricalcati siete convinti di trovare anche qualche fossile di albergatore sul modello altoatesino. Hanno fatto le piste da sci e ora sudtirolese, ma non illudetevi, e credetemi, non troverete stanno studiando un modello più moderno di canederli (in nemmeno resti di caverne-spa con percorso kneipp. cinese can-e-dello vuol dire “colui che nasce rotondo”). Per A questo proposito vale la pena visitare il museo di San il momento preferisco le Dolomiti nostrane. Quelle che al Martino in Badia, dove oltre ad avere un immersione nella tramonto diventano rosa. Spero nessuno di voi creda che il storia e nelle leggende della Ladinia, si può osservare una colore rosa sia dato dalle percentuali di ossido di ferro che spettacolare animazione su grande schermo che ripercorre questa roccia contiene. Non è così. Sono rosa, e solo al la formazione delle nostre montagne, dal mare della Tetide, tramonto, per via di un vecchio incantesimo che Re Laurino, ai bulldozer che spian...scusate, dal mare della Tetide alla preso da un momento di rabbia, e di gelosia, pronunciò formazione dei Monti Pallidi. Questo volontario lapsus tanti anni fa. Ma era preistoria. Non c’era finale era per sottolineare che anche gli interventi ancora Durnwalder (e nemmeno io per la L’origine nel di antropizzazione, ossia connessi all’opera verità). mare della Tetide. cosiddetti dell’uomo, come infrastrutture, strade, costruzioni C’era il mare, un grande mare tropicale, abitative ed impianti hanno, al pari dei fenomeni con molluschi, gasteropodi, pesci, L’emersione 50 naturali, la loro parte importante nella modellazione alghe e coralli. Era il grande mare della milioni di anni fa. del territorio. Non c’è bisogno di aggiungere altro, Tetide, e sui fondali di questo mare iniziò penso, se non un brindisi alle nostre belle Dolomiti, il processo di litogenesi, ossia della Ma i Monti Pallidi magari proprio nel momento in cui, grazie alla nota formazione delle rocce che in seguito si non sono tutti distrazione del Re Laurino, le rose risorgono ancora ersero a montagne. È allora che inizia la in cima al Rosengarten riflettendo, nell’ora di maggior storia dele Dolomiti, circa 230 milioni di uguali incanto, il loro splendore sul Sas dla Crusc. anni fa, nel periodo geologico denominato Triassico. In seguito, la pressione del continente africano verso nord, iniziata 50 milioni di anni fa, porterà ad una lenta emersione, siamo a 25 milioni di anni fa, delle rocce dolomitiche che a seguito di questo processo di orogenesi diventeranno i nostri amati Monti Pallidi. L’enormità del tempo trascorso da allora ad oggi, oltre alla vastità dell’area e delle innumerevoli varianti (fra cui la formazione di vulcani) che hanno portato alla formazione delle rocce, ha fatto si che in realtà in nessun luogo delle Dolomiti insistano tutti insieme i diversi strati geologici che si sono creati e succeduti nel tempo. Infatti non tutta la roccia dolomitica è uguale. A vegliare sopra di noi a Corvara, ad esempio, c’è il mio amato Sassongher. La sua mole è costituita da Dolomia dello Sciliar, è la stessa roccia dello Sciliar, dovuta principalmente all’azione dei coralli, e formatasi, - guarda il caso! - , durante il periodo denominato Ladinico, e non è omogenea a quella di altre belle cime qui vicino. La Marmolada invece - in ladino “Marmolèda”, da marmor = marmo, nome con il quale gli antichi Ladini indicavano non solo la montagna con i ghiacciai lucenti, ma anche le rocce chiare come il marmo - non è costituita dal minerale dolomitico per eccellenza ma da calcari derivati da scogliere coralline con inserti di materiale vulcanico. «Carbonato doppio di calcio», ecco la definizione tecnica della roccia dolomitica, individuata e isolata per la prima volta dal mineralogo francese Déodat de Dolomieu negli anni Ottanta del 1700. Nonostante sia impossibile osservare le diverse formazioni rocciose contemporaneamente, esiste però un luogo magico che è compendio simbolico e ben visibile di gran parte della geologia dolomitica. È la spettacolare gola del Bletterbach. Weisshorn e Schwarzhorn, il Corno Bianco e il Corno Nero. Sembra il titolo di una saga stile Signore degli Anelli e in effetti queste due montagne che si fronteggiano rappresentano davvero le due diverse anime geologiche delle Dolomiti, con il Corno Bianco alfiere


LA NATuRA PARLA CONI prati I COLORI verdi ai piedi delle Rossella Castelnuovo Daniel Töchterle

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Dolomiti, i fiori gialli e anche l’enrosadira . Sono tutti messaggi, servono a suscitare emozioni

ell’immensità dei suoi 13 miliardi di anni luce, l’universo non sembra al momento ospitare un mondo così colorato come il nostro. Le foto eseguite con sonde e telescopi ci mostrano paesaggi di pianeti e satelliti ricchi solo di rocce a tinte smorte. Il rosso di Marte; il giallo-rossastro di Venere; le nubi marroni-arancio di Giove… Sottofondi su cui solo la Terra ha visto crescere una folla di piante e animali variopinti che la animano in ogni anfratto. Miliardi di presenze tutte diverse una dall’altra. Nessuno è riuscito finora a contare i colori che esistono sul nostro pianeta. Con appena sette basi (i tre colori “primari” del giallo, rosso e blu e i quattro “secondari” del verde, viola, arancio e grigio) le combinazioni possibili diventano infinite e basta una passeggiata sui prati delle Dolomiti per rendersene conto. Un gioco, a caccia di colori, che non finisce mai. Già a contare i toni di verde dell’erba e dei boschi si perde la testa e ci si riempiono gli occhi di piacere. Un gran lavoro della natura, questo dei colori. E tutto solo per bellezza? O servono a qualcosa i colori della Terra? Senza colori non ci sarebbe vita, né esisterebbero tanti colori senza la vita. A cominciare dal rosso del nostro sangue, dovuta alla presenza di emoglobina, e dal verde delle piante, dato dalla clorofilla. Li abbiamo messi – non a caso – nella nostra bandiera da dove ci lanciano messaggi di passione e di speranza. I colori funzionano come parole. Linguaggi che fanno da guida, che permettono di comunicare e che danno emozioni. Per gli animali, e per gli insetti in particolare, i colori sembrano funzionare come insegne stradali: qui c’è del cibo, qui un pericolo, qui caldo, qui freddo. Ogni specie, comunque, ha occhi diversi dai nostri e ciascuno vede il mondo a modo suo. Per le api, per esempio, un campo verde con margherite bianche appare come una distesa giallo pallido con macchie verdi bluastre. Il colore preferito, per loro, è il blu e deve essere una gioia volare su distese di genziane, campanule, digitali e non-ti-scordar-di-me così diffuse tra le Dolomiti. Anche il giallo dei denti-di-leone piace alle api, mentre il rosso non sembra altrettanto riconosciuto e gradito. Vuol dire che i fiori rossi non servono a nulla? Che i papaveri, i rododendri e i ciclamini hanno sbagliato colore? Diciamo che il messaggio che questi fiori vogliono lanciare è diverso e si rivolge ad altri “clienti” rispetto alle api. Sanno di essere i preferiti di molti uccelli e farfalle cui

Il blu attrae le api, il rosso uccelli e farfalle. Ma anche gli esseri umani sono sensibili a questi segnali

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affidano i loro pollini e la missione più importante di ogni essere vivente: riprodursi. Il linguaggio dei colori serve a sopravvivere, a svolgere funzioni vitali come quelle di trovare cibo e, soprattutto, evitare di diventarlo. Per questo c’è chi si veste di giallo e nero o rosso e nero – come fanno le salamandre, le vespe, le coccinelle, molte farfalle e qualche ragno – per mettere paura e difendersi. I colori forti e contrastati sono spesso indice di aggressività e/o di presenza di veleno. Segni di potere che, a seconda delle circostanze, gli animali ostentano, e a volte millantano, per attirare un partner per l’accoppiamento o per mettere in fuga un nemico. Proprio come fa chi si compra una Ferrari rossa, anche se non ha un soldo. E cambiar d’abito per adeguarsi alla situazione non è solo delle signore. Il cambio di colore della pelle è un noto esempio di mimetismo per confondersi e passare inosservati, come fa il più famoso fra tutti, il camaleonte. Sulle montagne, d’inverno, molti uccelli e alcuni mammiferi, come l’ermellino, vestono la livrea bianca per confondersi sullo sfondo della neve e non è improbabile che grilli e cavallette siano diventate verdi, nel corso dell’evoluzione, per nascondersi meglio tra i fili d’erba. Noi umani facciamo la nostra parte. Ci sono guerrieri che prima di una battaglia usano addobbarsi con abiti e copricapi di colori e fogge sgargianti per assumere un aspetto aggressivo e altri che invece indossano le tipiche tute mimetiche – verdastre e marroni – per non farsi vedere e nascondersi nella boscaglia. Bisogna sopravvivere e un’altra funzione fondamentale dei colori è quella di orientarci nella scelta del cibo. Ma chi si mangerebbe un piatto di spaghetti blu elettrico? Disgustosi, inguardabili prima ancora che immangiabili. La ricetta però esiste e ha la firma di Ugo Tognazzi. Grande personaggio, attore, comico e cuoco. Lanciò l’idea di aggiungere alla pasta del blu di metilene (innocuo colorante di laboratorio) proprio perché aveva notato che non esistevano cibi blu nell’alimentazione umana. E sembra che la cosa non abbia avuto un grande seguito, proprio perché, evidentemente, nel linguaggio dei colori l’azzurro nel piatto dà un segnale di pericolo. Trovare lo stesso blu in un quadro di Marc Chagall o di Henri Matisse sarebbe invece fonte di immenso godimento. Perché il colore cambia con le situazioni, così come le situazioni cambiano con il colore. Il rosso può segnalare pericolo, ma anche forza e passione; il verde di un prato rilassa, ma nella moda femminile è poco consigliato; gialli e arancioni imitano il sole e con lui un atteggiamento aperto e ottimista; una stanza tinta di giallo sembra più calda di una azzurra. Non a caso gli artisti parlano di colori caldi (giallo, rosso, arancione) e colori freddi. Mentre se si vuol restare nella neutralità vanno scelti il bianco, il nero e il grigio: non a caso simboli di lutto e di purezza dove simboleggiano sostanzialmente assenza. I casi sono tanti e c’è chi sostiene che ci si possa addirittura curare con i colori (cromoterapia), così come può far bene ascoltare musica (musicoterapia). La strada è quella delle emozioni. La medicina moderna ci dice che molto possono sensazioni e sentimenti sul nostro benessere e si cerca allora di usarle al meglio. Il consiglio allora e andare a caccia di queste emozioni positive, calde, come la nostra enrosadira che al tramonto tinge di rosso le Dolomiti. Momenti magici che, per ora, possiamo goderci solo noi, abitanti di questo pianeta a colori.

Piante e animali usano tonalita’ forti per difesa. I contrasti sono segno di pericolo

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Il „lato oscuro“ dei Monti Pallidi

Roland Verra Fabio Visintin

L

e Dolomiti, terra di leggende, vengono viste come un ambiente fatato, abitato da creature diafane, come le Ganes, ninfe delle acque, Morches, folletti delle profondità, eroine leggendarie come Dolasilla e numerosi altri personaggi, in genere connotati positivamente o con caratteristiche sovrumane. Vi è però un lato meno conosciuto delle leggende dolomitiche, ove nella penombra si muovono creature spesso inquietanti, espressione delle paure ancestrali degli abitanti di queste montagne. Alcuni di questi personaggi del “lato oscuro” dei miti dei Monti Pallidi paiono essere, all’esame degli antropologi, derivazioni o interpretazioni locali di divinità antiche, risalenti persino al periodo antecedente la romanizzazione delle Alpi. Altri invece sono probabilmente il riflesso di divinità o semidei derivanti direttamente dall’antichità classica e quindi dalla religione dei conquistatori romani o persino dagli antichi miti greci. Va detto inoltre che numerose leggende dolomitiche furono in seguito frammiste a miti celtici o germanici, proprio successivamente alle migrazioni barbariche che andarono ad interessare tutta l’area circostante le Dolomiti, che si mantennero come un’isola culturale dell’antica popolazione retica romanizzata in un mondo di invasioni e di incontri di popoli.

Stregoni con le sembianze di scheletri, streghe che

rapiscono bambini, abitanti dei boschi vendicativi. Le leggende ladine

e le tradizioni delle

Dolomiti sono popolate da personaggi negativi. Ma

Appare quindi assai difficile riconoscere con sufficiente certezza l’origine di taluni personaggi strani e a volte terribili, che danno alle leggende ladine una nota inconfondibile. Sono sicuramente di antichissima origine personaggi legati ai culti primitivi, come quello del sole, delle acque e delle montagne, propri ai primi abitatori retici delle Dolomiti. Le Ganes a prima vista sono personaggi positivi e Il Dr agu n, la apparentemente inoffensivi, che non rifuggono il Bre gos Salv tan a, i contatto con giovani pastori, cui spesso prestano an e Spin espr a de essio mul sono soccorso, talvolta accudendo amorevolmente gli ne d i pau di q re a ues nce te m str ont ali agnelli. Però, anche la loro natura ha dei lati oscuri: agn ver e,m sion a an e lo ad esempio sussiste un tabù specifico che proibisce cale che la di div Una init ere Aà an di pronunciarne il nome, pena conseguenze ditA tich à del e. le r e pe elig rsin tragiche, come nella leggenda della Val de la ioni o, un r oma a tr nE adu zion Salieries. Inoltre le Ganes possono predire il e lo m c

non sono i classici cattivi delle fiFIabe

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futuro e a volte i loro detti sibillini traggono in errore gli incauti mortali. Al mito antico del sole si collegano personaggi eminentemente positivi quali Soreghina, la figlia del sole, ma anche creature temibili come il Dragun, che pare infesti tuttora taluni laghetti, ad esempio il lago d’Antermoia o il Lech dl Dragon sul massiccio del Sella. Le montagne, che gli antichi vedevano come dimora degli dei, conservano nelle loro profondità personaggi inquietanti di natura regale, come Dona Dindia o Donna Chelina, padrone di palazzi incantati, dove il tempo appare fermo, tanto che i mortali che vi incappano ne escono invecchiati di secoli, pur avendo la percezione di avervi trascorso poche giornate. Ma le montagne proteggono anche tesori immensi nelle loro viscere: il mitico regno di Aurona, una specie di rappresentazione traslata dell’Ade, dove una popolazione sottomessa deve scavare l’oro e dove soffre nell’esilio forzato nel regno delle ombre la Delibana, una giovane condannata a trascorrervi “almeno sette anni”, proprio in grazia delle credenze pagane, pena la scomparsa dei tesori. Perfino nell’epica più importante dei ladini dolomitici, la leggenda del regno di Fanes, non mancano, accanto alle fulgenti eroine dell’antica dinasta matrilineare –Dolasilla e Lujanta- i personaggi

negativi, come il re traditore, disposto a vendere il proprio popolo ai nemici per la propria sete di ricchezze, oppure il mago/stregone Spina de Mul, una specie di sciamano, che poteva assumere le sembianze di un mulo putrefatto e sua sorella Zicuta, la maga del campo dei papaveri, simbolo della morte. Nella stessa leggenda è interessante il raffronto tra gli animali totemici, che simboleggiano le popolazioni del territorio: la timida marmotta per il popolo dei Fanes, l’aquila fiammeggiante per il re guerriero ed il corvo, messaggero dell’aldilà, che è riferito a Spina de Mul, come nella mitologia germanica al dio Wotan. L’incontro successivo tra i nuovi colonizzatori e l’antico popolo


delle montagne fece nascere altre creature, spesso confinate al mondo delle leggende, tra le quali spicca il “salvan”, cioè l’uomo dei boschi, probabile espressione dei primitivi autoctoni relegati ad una stentata vita nei boschi. Il salvan viene rappresentato sovente come un essere scarmigliato, malnutrito ed infreddolito, che ricerca la vicinanza del focolare e del desco dei contadini, pronunciando formule incomprensibili, però in genere è inoffensivo, a meno che non se ne provochi il risentimento, essendo pur sempre custode di conoscenze esoteriche, come si rivela dal suo contatto con gli animali, con cui riesce a dialogare. Queste leggende sono espressione delle paure ancestrali del coltivatore sedentario rispetto agli sparuti resti dei precedenti abitanti, che conducono un’esistenza raminga, al limite della sopravvivenza. Vi è quindi una traccia di profondo rimorso verso gli sconfitti, come risulta chiaramente dalle elaborazioni poetiche di uno dei primi poeti ladini dell’Ottocento, Jan Batista Alton. Le montagne, i boschi, gli alpeggi sono però anche infestati da numerosi altri spiriti del regno delle ombre, come l’orco, di origine chiaramente classica, che può assumere qualsiasi sembianza e terrorizzare i viandanti in taluni luoghi tuttora sinistri, come Col Maladët tra La Villa e Corvara oppure Col dai morc sopra Ortisei. A questo spirito maligno si associano a volte altri spiriti dispettosi, quali il “bao” o il “pavaró”. Particolarmente inquietante è la figura femminile della “bregostana”, rappresentata come un essere peloso munito di artigli, simile alle arpie della leggenda classica. Nella zona gi peg e al di Cortina d’Ampezzo si narra della schi o i b ne pirit tag da s “filadrëssa”, una specie di donna – Mon ate e opol mbr o p o e ll son avvoltoio, che ruba i bambini piccoli. o de n g re del Una figura tra mito e realtà è invece la “stria”, anticamente una donna saggia, una guaritrice, trasformata dalle credenze medievali in una strega malefica, che è in combutta col diavolo e che provoca catastrofi, malocchio e disgrazie. L’accanimento dell’Inquisizione contro le streghe non si fermò neppure davanti alle Dolomiti, anzi, si ebbe una recrudescenza della caccia alle streghe tra il Cinque – e il Seicento proprio nella zona di Fassa, dove vennero eseguite diverse condanne a morte e persecuzioni diffuse. In questo caso, come si potrebbe dedurre dagli scritti di studiosi locali quali Giuseppe Brunel e Hugo De Rossi, va ricordato che le antiche sacerdotesse dei culti pagani probabilmente vennero trasformate da parte della Chiesa in malvagie seguaci del diavolo, proprio per combattere una persistenza dei culti antichi nelle zone periferiche come le Dolomiti. L’immagine eccessivamente edulcorata delle leggende dolomitiche, col classico “codazzo” di principesse, folletti e nani non corrisponde quindi per niente alla sostanza vera dei miti ladini che si rivelano quali monumenti culturali di grandissima importanza per riconoscere ed interpretare la religiosità e la cultura degli antichi abitanti di queste montagne.

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LA LEGGENDA SI FA MUSICA

Le illustrazioni dell’articolo sul lato oscuro delle leggende e delle tradizioni dolomitiche sono di Fabio Visintin, disegnatore che gli appassionati dei Monti pallidi conosco bene. Sono tratte dal libro Il Regno di Fanes di Bruna M. Dal Lago Veneri, pubblicato da Giunti progetti educativi e dall’Istituto ladino della val di Fassa. A pagina 50, l’aquila rapisce Luianta, sorella di Dolasilla, in basso i tredici bambini folli che ingannano la principessa. Demoni, mandati da Spina de mul, ritratto a pagina 51 e 52, stregone con le sembianze di uno scheletro di mulo.

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DREAMING OF FANES A legend of the Dolomites mountains

L’album della musicista badiota Susy Rottonara, è stato compreso nella entry list della categoria “Best album of the year” dei 53. Grammy Awards. Susy Rottonara sings Una vetrina importante per presentare un prodotto musicale interamente legato alla lingua e cultura ladine ad un ampio pubblico internazionale. FANES - The Musical Poem of the Dolomites L’ album contiene le musiche del The multi-award winning music LE RËGN DE FANES Poema Musicale Fanes composte e cantate dalla musicista badiota sui testi originali in ladino scritti da Roland Verra e la colonna sonora pluripremiata del film Le Rëgn de Fanes (Il Regno di Fanes). La musica presenta la ricerca costante di uno stile particolare legato alla natura delle montagne dolomitiche quali custodi di miti antichi, dove la percezione del ritmo e del suono è sciolta dalle coordinate convenzionali del tempo e trova nella dimensione del sogno la sua realtà privilegiata. Una musica non solo da ascoltare ma da “vedere” in un sogno infinito, che è cominciato quando Susy Rottonara, da bambina, sognava di interpretare la protagonista della leggenda. Attraverso la sua voce di soprano, l’ autrice immagina sia di raccontare la leggenda che di farne parte, cosicchè i brani cantati senza parole rappresentano la voce misteriosa delle figure femminili soprannaturali della leggenda. Nel Poema Musicale Fanes le vicende mitiche del Regno di Fanes vengono raccontate attraverso melodie arcaiche in uno stile musicale sperimentale, dove passato e presente, sogno e realtà, sono collegati alle atmosfere magiche della leggenda. L’ album è in vendita online sui maggiori distributori digitali ed è disponibile presso la libreria Athesia di Bolzano.

The dark side of the Monti Pallidi Roland Verra The Dolomites are a land of legends, where diaphanous creatures, like Ganes, water nymphs, Morches, elves, heroines like Dolasilla and others live. But there is also a dark side, with disturbing creatures moving in the shadows, expressions of ancestral fears or local interpretations of ancient divinities. Numerous stories derive from Germanic or Celtic myths, hence making it harder to decide the origin of these strange and terrible characters. At first sight the Ganes seem positive and inoffensive characters, frequently helping shepherds and caring for their lambs. But they can predict the future and trick humans and naming them could lead to tragic consequences. Soreghina, the daughter of the sun, as well as terrible creatures such as Dragun, in lakes, are linked to the myth of the Sun. The mountains, home of the gods, hide in their depths Dona Dindia or Donna Chelina,

master of the enchanted palaces. The cliffs protect immense treasures such as the reign of Aurona, the afterlife. With new colonizers, new creatures came alive such as the salvan, the man of the woods, frequently represented as ruffled, undernourished and cold, in search of a fireplace. The mountains, the woods and the pastures are also infested by the spirits from the reign of the shadows, like the ogre, with changing features, who terrorizes wayfarers. Some spirits like the bao or the pavaró are more spiteful than malicious. Particularly disturbing is the female figure of the bregostana, with claws like a harpy. It is believed that the filadrëssa, a sort of woman vulture that steals children, lives around Cortina. Between myth and reality is the stria, a wise woman and healer who was transformed by medieval beliefs into an evil witch who creates catastrophes and misfortunes.

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Foto: Consorzio turistico Alta Badia


Laura Villoresi

la nuova vita .. del maso Alfarei

I

l nome dell’antico maso, coincide con il toponimo dei pressi di Pedraces. Sotto il Croce, appena sopra il paesino di San Leonardo . L’origine storica delle mura, che sia del 1200 o del 1300, fa di questo maso uno fra i più antichi della valle. Dal 1600 appartiene ininterrottamente alla famiglia di Anton Piccolruaz che lo ha abitato fino al 1984, per poi ristrutturare la parte annessa e quindi traslocare tutta la famiglia. Per questa continuità abitativa, legata negli anni allo stesso cognome, è stato ottenuto un riconoscimento dalla Provincia, e il maso rimane sotto tutela come monumento artistico. Anton e sua moglie Rosa possiedono il ritmo di una vita Nuova puntata del viaggio nella nuova cultura ancora semplice, scandita dagli impegni agricola con la famiglia Piccolruaz. Un ereditá agricoli del maso; dal lavoro degli impianti vecchia di 800 anni. Le regole del lavoro del maso d’inverno prima e dalla crescita dei ragazzi, fra le mani. Poi l’incontro con il turismo e una ancora per qualche anno. Fra le mani, hanno le regole dei lavori del maso: il fieno “riconversione” che non ha intaccato una cultura e e l’allevamento del bestiame di Razza Pezza uno stile di vita autentici Rossa principalmente, da vendere alla fiera e alle aste di Bolzano o di San Lorenzo. Anni di lavoro o studio per questa famiglia con quattro figli che appare, anche ai più assidui frequentatori della valle, ancora riservata, mite e quasi incredula delle forme che il turismo dei nostri tempi sa offrire. Contenta sicuramente, ma immersa in un ambiente che noi “foresti” rincorriamo, almeno negli atteggiamenti. E che a riscoprirli, ci lascia ancora felici. Due anni fa, arrivò con calma anche la svolta verso il turismo. Con le visite al maso, organizzate una volta alla settimana dall’associazione turistica della valle, la famiglia accoglie gli ospiti con pietanze ricche di sapori della valle, che siano le turtres o le frittelle di mele, da qui si domina un panorama e una quiete che ben si sposa con i modi di questa gente ladina I quattro figli, liberi dalla scuola o da qualche compito specifico, intrattengono gli ospiti e rimangono a disposizione del turista che accompagnano nella visita dell’antico maso e nel racconto di generazioni di vite vissute su queste pendici. Qualcuno aiuta anche la mamma Rosa che prepara in cucina o ne sbircia il lavoro con allegria.”Avere persone fa piacere, mi da soddisfazione” racconta Rosa che poi pensò anche ad organizzare le cene al maso su prenotazione, sempre nei mesi estivi. Il menù fisso non tralascia niente della cultura alimentare ladina, dal piatto freddo di speck e formaggi, ai raviolini con spinaci o ai canederli con gulasch. L’atmosfera è accogliente, interrotta solo dall’arrivo gentile di qualche componente della famiglia che fa, inevitabilmente ripartire il racconto su qualche storia locale. Il maso Alfarëi è un agriturismo montano e speciale, sulle pendici di una valle antica, dal quale non vorresti ripartire, se non con la data del ritorno, già in mente.

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dieci libri e un rifugio Storie di famiglie moderne, giornalisti d’altri tempi, scandali ordinari e mondi straordinari, senza le comodità che, non si sa perché, diamo per scontate. L’edizione 2011 di Un libro un rifugio è uno specchio fedele delle idee che si muovono nel Paese. Tra luglio e agosto, la curatrice Gianna Schelotto presenterà libri dei giornalisti cacciatori di sprechi Stella e Rizzo, Massimo Nava e Gioele Dix. E anche il suo ultimo lavoro, Noi due sconosciuti. Poi ospiti che in Alta Badia sono di casa, come Mauro Corona e Beppe Severgnini. E una new entry, Barbara Alberti, che presenterà la nuova edizione del suo Buonanotte Angelo.

le madri fragili di barbara alberti Antonio Signorini Angelo Angelo è una vittima dei suoi rapitori o della tv? «Il titolo nascosto del libro è: Tutto il rimorso delle madri di oggi. Quelle che pensano: come facciamo, facciamo, comunque sbagliamo. Manca sempre un pezzo. Angelo è un bambino grassissimo, figlio di genitori separati. Vittima di quel razzismo che colpisce chi non è allineato ai modelli fisici imposti dalla moda. La madre è un’attricetta che fa di tutto per riacchiappare la carriera. Il padre si è risposato, ha un figlio bello e si vergogna di quello nato dal primo matrimonio». Come se non bastasse, viene rapito perché confuso per un coetaneo benestante.. «Con i ricchi ci si rimette sempre. Anche a essergli vicini di casa»

Barbara Alberti Buonanotte Angelo Angelo è un bambino grasso perché passa la vita davanti alla TV, una mano al telecomando l’altro nella Nutella. Figlio di separati. Ma qualcosa bruscamente costringe Mara, la madre, ad accorgersi che il bambino esiste: Angelo viene rapito. Per sbaglio, scambiato per il figlio del vicino ricco. Mara è senza un soldo. Ma ora che ce l’hanno, i rapitori se lo tengono. Chiedono un miliardo o gli taglieranno la testa. Dal disperato appello in TV della madre nasce Buonanotte Angelo, una trasmissione che lancia una colletta per il riscatto. In diretta, per la prima volta Mara parla a suo figlio. Il successo è travolgente. Buonanotte Angelo va in onda ogni sera, il pubblico lo segue col cuore in gola, è una gara a mandare offerte. Mara diventa di colpo famosa, ma la macchina mediatica rischia di uccidere Angelo prima dei rapitori. La scrittrice umbra racconta un favola contemporanea sul rimorso delle madri, l’idolatria dei soldi, lo strapotere dei media. Castelvecchi, 180 pagine, 16 euro

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La madre attricetta finisce per avere successo grazie a una tragedia. È stata profetica. La prima edizione del libro è del 1985, un certo tipo di televisioneverità è arrivato solo dopo… «Purtroppo i germi c’erano già allora. Quando lo scrissi mi ispirava la vicenda di Alfredino. Servivano degli sterratori, arrivarono i camion della televisione». Anche la dittatura dell’estitacamente-corretto era così forte come ora? «Era cosi. Il mio precedente libro, Riprendetevi la faccia, è dedicato allo stesso argomento. Volevo gridare alla donne: basta vergognarvi di essere vecchie. Diamoci una calmata, se ci levano la vecchiaia ci levano tutto e siamo fritte. Farsi rattoppare è bestiale, è meglio essere vecchie che mostri». Solo le donne? «Sì vale più per le donne. Basta vedere Berlusconi, dice a donne che potrebbero essere sue figlie, penso a Rosi Bindi, che sono brutte. I maschi possono essere vecchi e orribili ma nessuno gli dice niente. Alle donne questo non è permesso. Non sono femminista, ma gli uomini stanno veramente esagerando». Parliamo di Alberti via etere. Il suo programma si chiama la Guardiana del faro. Perché questa scelta? «Devo solo ringraziare Gianluca Nicoletti, l’idea è sua perché mi conosce bene. Come tutti quelli che vengono da una famiglia numerosa, sono semrpe a metà tra la fuga e il pollaio. Ma lo sa che mi contattano decine di persone, convinte che io faccia veramente la guardiana di un faro nel Finisterre?». È la sua prima volta sulle Dolomiti? «No, prima ci venivo sempre, poi, come spesso succede a noi donne, più invecchiamo più cose abbiamo da fare. Comunque io in montagna divento più intelligente. Sarà che sono fumatrice e lì c’è una bella aria ricca di ossigeno. La montagna è un vecchio sogno, sono contenta di tornare e spero di ricominciare a venire regolarmente».


Gian Antonio Massimo NavaStella, Sergio La GloriaRizzo è il sole dei morti

Massimo Gramellini Mauro Corona

Il risorgimento da una prospettiva inedita: le donne, le guerre e le rivoluziDal degrado di Pompei al diluvio di oni di Nino BIxio e dai dei tesori suoi due fratelli, cemento abusivo, rubati Alexandre Giuseppe. alla crisi deie musei. RizzoUn e affreso Stella si dell’Ottocento cheil Paese parte dall’ultimo chiedono perché con più siti sogno generale: costruire una nave Unescodel “patrimonio dell’umanità” stia e commerciarelacon Indiericchezza. distruggendo suale unica Rizzoli, 288 pagine, 18 euro

Primo romanzo pergiorno il giornalista desi «Mettiamo che un il mondo La Stampa che che ci accompagna ogni svegli e scopra sono finiti petromattina con eil suo Buongiorno. Storia lio, carbone corrente elettrica». di Tomàs, ragazzo che crede poco in Mauro Corona immagina uno scenario se stesso, subisce la vita, una sera apocalittico, si chiede cosama potrebbe si ritrova proiettato in continuerà un luogo sconsuccedere se l’uomo a non osciuto che condurrà alla scoperta rispettare selostesso e l’ambiente. del proprio talento Mondadori, 168 pagine 18 euro

AntonioDix Gioele Monda

Sergio Romano Isabella Bossi Fedrigotti

Micheleracconti Dodici sta per mozzafiato compiere quarant’anni per raccontare e ha un’idea il latofolle: oscuro «Fare dell’uomo. una festaTutti e tratti da tutte invitare celebri le donne episodiche di cronaca: ho avuto.dai gangster Tutte. Ma di proprio Chicago tutte». al massacro Chi leggedisiBel Air compiuto diverte, si commuove. dalla settaEntra di Manson, dentro la fino aidigrandi testa un uomo, casi entra che hanno dentroispirato il suo famose pellicole. cuore. Mondadori, 324 pagine, 17,50 euro

Il titolo più importante è una richiesta. commentatore La scrisse di politica nel 1866estera la principessa racconta Lobkowitz il camminoaldi un paese marito, conte in mperenne Fedrigo Bossi «restaurazione», Fedrigotti, dalla caduta ussaro dell’imperatore di Napoleone Francesco III all’inizio della presidenza Giuseppe. L’epistolario Sarkozy. – raccolto dalla bisnipote Isabella – racconta il Risorgimento visto dalla parte degli Asburgo. Longanesi, 180 pagine, 15,60 euro

Valentina Mazzantini Margaret Fortichiari

Fabrizio Dragosei Massimo Nava

Delia Un viaggio e Gaetano a ritroso erano neluna tempo, coppia. fino ad un’estate Ora non lobretone sono più, dele,1920. alla soglie Romanzo dei ispirato 40 anni, adevono Colette,imparare famosa ascrittrice non esfrancese, serlo. A treche anni la dall’uscita saggista e di scrittrice Venuto Fortichiari al mondo, immagina Margaret Mazzantini alle prese con torna lezioni con l’autobiografia di nuoto al figlio sentimentale del suo di una secondo marito generazione. Mondadori, 192 pagine, 19 euro

La storia della Russia dal 1999 ad oggi letta attraverso le vicende di Putin. Vicenda esaltante di un misconosciuto Una cronaca delleche trasformazioni di un padre della patria agli albori del Paese complesso: il potere negli ultimi giornalismo moderno ha incarnato lo anni di di Eltsin, la Cecenia, morte della spirito un’Italia giovane la e rissosa, giornalista raccontata animata daPolitkovskaja ideali assoluti: Eugenio dal corrispondente del Corsera. Torelli Viollier, cofondatore del Corsera. Rizzoli 288 pagine, 19,50 euro

Vandali

Si Hanno vedepreferito che era destino le tenebre

Lezioni disinuoto Nessuno salva da solo

L’Ultima riga delle favole La fine del mondo storio

Storia dimio Amore Francia uccidi Garibaldi

Il Garibaldino Stelle del Cremlino che fece il Corriere della sera

Antonio Carlo Repetti Monda

Sergio Romano - Marc Lazar

Carlo DodiciRepetti racconti racconta mozzafiato l’incantata per racgiovinezza contare il lato in Sud oscuro America dell’uomo. di un figlio Tutti di tratti emigrati da celebri ai primi episodi del secolo di cronaca: scorso; dai ilgangster suo viaggio di Chicago di ritorno al massacro a «riveder di le Bel stelle Air compiuto dell’altrodalla polo». setta Il romanzo di Manson, di una vita fino fra ai grandi due continenti, casi che hanno due secoli, ispirato due generazioni famose pellicole. . Einaudi 142 pagine, 12,50 euro

IlUn più confronto importante a tre, commentatore che fa il di politicasull’Italia punto estera racconta di oggi partendo il cammino di un paese in mperenne dall’anniversario dei centocinquant’anni «restaurazione», dalla caduta dell’Unità. Incalzati di Napoleone dalle domande III all’inizio di della presidenza Michele Canonica, Sarkozy. Marc Lazar e Sergio Romano raccontano il loro punto di vista sull’unità di un Paese. Longanesi, 15 euro

Valentina Gianna Schelotto Fortichiari

FabrizioSevergnini Beppe Dragosei

Un Si può viaggio vivere a ritroso legati l’uno nel tempo, all’altrofino nella ad un’estate buona e nella bretone cattiva del sorte 1920.eRomanzo scoprire ispirato a un certo a Colette, punto che famosa esistescrittrice un mondo francese, parallelo inche cuilail saggista partner conduce, e scrittrice silenFortichiari ziosa e segreta, immagina un’altra alle vita. prese Cicon piaccia lezioni o no, ogni di nuoto relazione al figlio presenta del suo lati oscuri, secondo segreti e ambivalenze. marito Mondadori 180 pagine, 17,50 euro

Perché La storialadella maggioranza Russia dal degli 1999 italiani ad oggi ha letta attraverso appoggiato Silvio le vicende Berlusconi di Putin. per tanti Una cronaca anni? Non ne delle vedetrasformazioni gli appetiti, i limiti di un Paese e i metodi? complesso: Risposta: il potere li vedenegli eccome. ultimi anni di Eltsin, (Anche) per questo, la Cecenia, spiegare la morte il persondella giornalista aggio ai connazionali Politkovskaja è una raccontata perdita didal corrispondente del Corsera. tempo. Rizzoli, 198 pagine, 16 euro

Insolita Hanno preferito storia di le una tenebre vita normale

Lezioni Noi duedisconosciuti nuoto

Storia diDisunita L´Italia Francia

Stelle La pancia del Cremlino degli italiani

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Il lungo cammino delle donne nei 150 anni seguiti all’Unità d’Italia è come un fiume carsico. Emerge raramente, per la maggior parte del tempo scorre silenzioso e sotterraneo, ma non per questo meno incisivo. Lunedì 8 agosto, uno spettacolo di Gianna Schelotto intitolato Dov’erano le donne, mentre gli uomini facevano l’Italia?, Racconta le tappe di questo lungo percorso e narra come, cambiate le donne, sono cambiati a catena gli uomini, la famiglia, la società. Per arricchire questa avvincente narrazione sono stati scelti brani e poesie che riportano alla memoria le passioni di quanti ebbero a cuore le sorti dell’Italia. La colonna sonora è costituita da canzoni d’epoca, di volta in volta ingenue, struggenti, provocatorie o commoventi. C’era bisogno di uno spettacolo? «La presenza delle donne non si avverte nei libri di storia, ma è stata fondamentale. Le donne hanno dovuto confrontarsi con un regno, una dittatura, una repubblica e poi con una forte presenza della Chiusa. La loro crescita, lenta e inesorabile, ha accompagnato la crescita di tutto il Paese». Durante il Risorgimento di femministe non se ne vedevano tante... «Ma sono cambiate le famiglie. Prima le madri dovevano convincere i figli ad assumere i ruoli che gli erano stati assegnati. Invece, quando i figli diventano patrioti, si alleano con loro. Li proteggono. La madre di Mazzini divenne la sua apostola più convinta. È con il Risorgimento che diventano da custodi della conservazione a sostenitrici delle novità politiche».

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Quattro volumi per spiegare anche ai più piccoli, un mondo complesso e affascinante come quello delle Dolomiti. Lo hanno scritto Peter Paul Scoz e Sofia Andraz, supportati dalle illustrazioni di Peter Paul Scoz e dalla consulenza scientifica di Marco Avanzini, del Museo Tridentino di Scienze Naturali. I titoli sono Dolomiti, ecco come sono nate! Fiori delle Dolomiti, Animali delle Dolomiti, Fossili delle Dolomiti (editore Fuoricittà, prezzi tra 8 e 9,80 euro). Protagonisti dei volumi, Do il gattino dolomitico e Leopold, scienziato e collezionista di minerali poi la marmotta magica Marì. I piccoli lettori (i libri sono consigliati a bambini a partire dai 5-6 anni) hanno la possibilità di personalizzare il libro, realizzando disegni e collage.


Una biblioteca per piccoli montanari Giunti Progetti educativi e la Provincia autonoma di Bolzano per i bambini appassionati del Sud Tirolo. La casa editrice fiorentina ha pubblicato quattro titoli della serie Manuale di viaggio per giovani curiosi. Alto Adige in tutti i sensi, di Francesco Fagnani, arrivato alla sesta ristampa che si propone un viaggio con l’udito, per ascoltare i fiumi, la vista per ammirare cieli stellati e cime innevate, l’olfatto per le piante più profumate e il tatto per toccare rocce millenarie. Dello stesso autore, Alto Adige di tutti i Colori e Alto Adige di storia in storia. Una raccolta di favole e leggende ambientate nei monti della Provincia. Sempre la Giunti ha pubblicato negli anni scorsi guide destinate a ragazzi: Alto adige terra di masi, monti e acque, Terra di feste riti e tradizioni ed infine Monti, magie e storie per giovani viaggiatori. Titoli che non possono mancare nelle librerie degli appassionati delle Dolomiti.

Giusi Torregrossa. La natura che riconcilia Giusi Torregrossa, ginecologa e scrittrice, ha conosciuto l’Alta Badia da vicino. L’ultimo suo libro, edito da Mondadori, è intitolato Manna e miele, ferro e fuoco Il suo libro parla molto di boschi, che legame c’è tra lei e la natura? «Nel contatto con la natura ci si può riconciliare, ritrovare la nostra essenza , avviare un pacifico processo di maturazione. La vita nelle città è artificiosa, si perde il ritmo delle stagioni, i suoni diventano rumori, l’aria un veleno che uccide lentamente. Le idee si fanno cupe, il cittadino è raramente sereno». Perché ha scelto di parlare di boschi? «Ho fatto una gita sulle Madonie e sono rimasta colpita dalla loro bellezza. Al ritorno ho continuato a pensarci su. Il bosco mi è sembrato una sorta di mamma, buona e accogliente, che da rifugio, protezione e consola». Qual è il messaggio del suo libro? «Ogni vicenda, sciagurata o fortunata che sia, porta in se i germi di una rinascita. Alfonso il contadino mannaluoro sostiene che “le cose non sono né buone né cattive, ma buone e cattive allo stesso tempo”, è quello che penso anch’io». Durante le sue vacanze in Alta Badia, quali sono i ricordi legati a questa valle? «I boschi, l’aria che profuma di acqua, il bianco della neve che vira all’azzurro, l’affetto di alcuni che sono oggi amici preziosi». Un paesaggio particolare che l’ha colpita? «La cima del Sassongher. Lo sfavillio roseo contro il cielo turchese, una nuvola bianca incastrata tra due speroni, come fosse la barba di un profeta».


Tradizione In tre dimensioni Alla scoperta di Luigi Rottonara, artistita ladino Gian Antonio Dei Tos Daniel Töchterle

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A sinistra, un dettaglio del catalogo di Rott, che verrà presentato all’inaugurazione della mostra personale di sculture dedicate al tema della maternità. Nelle altre foto, l’artista al lavoro

più libertà può esprimere quello spontaneo senso del colore con il quale ritrae gruppi di figure, il movimento della vita o l’incanto delle sue montagne. Dividendosi tra pittura e scultura, numerosi sono i materiali su cui ama lavorare: dal legno, alla ceramica, al cemento, al bronzo alternando così la ricerca e la fatica della tridimensionalità all’entusiasmante suggestione coloristica delle sue esperienze pittoriche. «Per quanto riguarda il colore, cerco di mantenere vivacità, gioia, bellezza e armonia», spiega lui stesso. Ciò che però sorprende in Rottonara è la vivacità espressiva nella tridimensionalità delle sue sculture. Ogni scultura è il racconto di un evento, è la figura di stati d’animo in perenne ricerca di equilibri con il dialogo della vita. I soggetti che ama rappresentare infatti appartengono a quell’universo di valori che danno senso al vivere e che arricchiscono in senso morale la scoperta della bellezza.

e valli ladine accolgono da secoli, tra gli scenari incantevoli delle Dolomiti, un popolo fiero che ha saputo conservare con tenacia l’amore per la propria cultura, per la propria tradizione fatta di arte, fede e gelosa custodia del patrimonio Nel dettaglio, spiega Rott, «il mio concetto artistico è basato naturale. sulla linea. La scultura è una serie infinita di profili visibili La cultura del popolo ladino ha saputo rinnovarsi osservandola dai vari lati, che creano una infinità di nei secoli e trovare continuità attraverso il Gli studi a Firenze e a linee costituenti il contorno». È un artista sapiente costante impegno di letterati, poeti ed artisti. Milano, poi il ritorno in e colto che ha saputo interiorizzare l’ esperienza Val Badia. Anche per Proprio a La Villa, nel cuore della Val Badia, riavvicinarsi a un materiale dei grandi maestri dell’arte contemporanea, pur abbiamo incontrato un segno importante della conservando intatte quelle radici che lo legano ad amato: il legno creatività ladina: Luigi Rottonara, nome d’arte una terra che ha elaborato dal legno forme e figure di Rott, che, dopo aver dedicato molti anni allo raro valore artistico. «Io sono fortemente figurativo. studio a Firenze e all’insegnamento a Milano, è tornato nella I miei soggetti preferiti sono la figura umana e i cavalli. Nella sua Val Badia per raccogliere la maturità della sua esperienza figura umana c’ è tutto. Nei cavalli raffiguro innanzitutto la forza, artistica. il movimento ritmico ripetitivo e l’eleganza, che sono legati È difficile dire se Luigi Rottonara sia più pittore o scultore, armoniosamente con colori vivaci». Ricorrente nella fantasia perché in realtà è un artista poliedrico, in grado di cimentarsi creatrice dell’artista, il tema della famiglia, raccontato nella sua con molte tecniche, dalla pittura ad olio all’acquerello, ove con dimensione strutturale in gruppi di figure la cui disposizione

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assume significati simbolici cari all’artista e a quella cultura ladina che ha saputo custodire la solidità delle proprie tradizioni umane e morali. L’esperienza artistica di Rottonara è ampiamente segnata dall’amore per le forme spontanee del legno che sapientemente rimodella e piega al proprio pensiero creativo. La drammaticità espressiva dei suoi solchi escavanti che attraversano le forme evocative della figura, è spesso già inscritta nella storia del legno accuratamente scelto. Le capacità espressive di Rottonara trovano particolare incisività nei temi dell’arte sacra, ove emerge una lucida sensibilità religiosa capace di trasformare in immagine una tradizione che l’artista dimostra di conoscere in profondità. Le crocifissioni raccolgono spesso il desiderio di superare la presenza della morte con slanci e torsioni della figura che evocano la Resurrezione imminente. Le maternità, cariche di dolcezza, attutiscono la serenità della madre in atteggiamenti a volte lievemente malinconici, quasi a presagire la tristezza del dramma finale. Dal legno al bronzo l’ opera di Rottonara manifesta una continuità

di linguaggio nella quale potremmo cogliere una sensibilità espressionista, in sottile dialogo con le forme cubiste, capaci di dare maggiore energia al desiderio di rappresentazione dell’ interiorità. La passione per il colore emerge non solo sulla tela, dove si mescola all’attenta ricerca di sapienti equilibri compositivi, ma si libera nella policromia delle ceramiche, dove il tratto creativo si fa ancora più libero. La fantasia dell’artista diventa particolarmente libera nell’esperienza delle terrecotte, dove la flessibilità delle forme e lo svolgersi dei panneggi consente una fresca rappresentazione delle figure, impreziosite da lievi tocchi di colore. L’ itinerario artistico del prof. Rottonara, riconosciuto da numerosi premi e attestati della critica e delle istituzioni culturali, rimane sinceramente segnato dalla profonda sensibilità e amicizia che anima il suo essere artista e che rende la sua arte così saldamente ricca di umanità ed espressiva dei valori che ama testimoniare. È l’evocazione di un artista che diventa, in forza della sua opera, anche nostra, nella ricerca di quella sensibilità interiore che l’ arte vera traspone nell’aprire nuovi spazi di umanità.


3 Bun apetit

Nuovo appuntamento con le ricette ladine e tirolesi. Un altro classico amatissimo: lo strudel Roberto Pallestrong Daniel TĂśchterle

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ochi sanno che lo strudel ha origini multietniche. Nel dolce tirolese per eccellenza, sapori e reminescenze dell’Impero Bizantino, dove ancor oggi si prepara la baklava. La versione che oggi conosciamo e apprezziamo è contemporanea all’Impero austroungarico. Era il dessert preferito della Regina Elisabetta (Sissi). Allora veniva servito solamente con una spruzzata di zucchero vanigliato. Oggi va forte la versione accompagnata da una crema o gelato alla vaniglia o panna. Ogni luogo ha inoltre la sua ricetta: con la pasta frolla, con pasta da strudel (tradizionale, sottile: vi si arrotolano le mele dentro prima di metterla in forno) o con pasta sfoglia. Poi ci sono le varianti moderne, come quella al cioccolato con ripieno di pere

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Ecco come si fa: Tempo: un’ ora Difficoltá: nessuna/ media Porzione: 6/10 persone Ingredienti per la pasta: 700gr farina, 600gr burro, 3 zucchero a velo, 340gr zucchero, 2 lieviti per dolci, 370gr panna, 8 rossi uovo, 4 uova intere e 150gr fecola di patate. Preparazione Prendere una scodella grande, mettere tutti gli ingredienti e mescolare bene il tutto (per facilitare si usa un’impastatrice). Mentre si aspetta per la pasta si preparano le mele per farcire il nostro strudel. Le mele: 7 mele perlate e disossate 30gr ca. di pinoli un pugno di amaretti un pugno di uvetta assaporare il tutto con un’pò di Rum cannella Alla pasta uscita dall’impastatrice si aggiunge della farina fino a raggiungere una consistenza adatta per la sfoglia. Si stende nella teglia per una grandezza che possa contenere le mele, che devono essere messe al centro e per tutta la lunghezza della sfoglia. Con la pasta rimanente si avvolge il tutto, si chiude e si dà una bella pennellata con un uovo mescolato con un po’ di latte sopra per “incollare il tutto”. Infine la cottura a 140 gradi per un’ora e mezza. Buon appetito!

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