I N R O S A D Ö R A / MAGAZINE DELLE DOLOMITI
I N R O S A D Ö R A / MAGAZINE DELLE DOLOMITI
I N R O S A D Ö R A / MAGAZINE DELLE DOLOMITI
BICI E NATURA Linus racconta le sue Maratone RIVOLUZIONI Reinhold Messner scelse l’Alta Badia per cambiare l’alpinismo SEGRETI LADINI Quando a scuola si parlano tre lingue PATRIA DI ARTISTI Helmut Pizzinini, scultore senza confini
Anno IV - numero 6 - COPIA OMAGGIO
English version inside
estate 2012
ALtA BAdiA. BAStAno i tuoi SenSi. iL reSto Lo fA Lei.
ALtA BAdiA. AktiViere deine Sinne. Sie werden diCh BeGeiStern.
ALL you need Are your SenSeS. ALtA BAdiA wiLL do the reSt.
ASCoLtA.
Socchiudi gli occhi per sentire i rumori più sordi, attutiti dal manto nevoso, o riproposti in estate dall’eco montano.
hÖre. Schließe die Augen und höre die verbor-
LiSten. Close your eyes and catch the hidden
genen Geräusche unter der Schneedecke oder lausche im Sommer dem Echo der Berge.
sounds, muffled by a mantle of snow, or in summer heard as a mountain echo.
GuArdA. Le più belle cime delle Dolomiti – Patrimonio dell’umanità UNESCO – che sfilano innanzi ai tuoi occhi.
SChAue. Die schönsten Gipfel der Dolomiten – UNESCO Weltnaturerbe – die sich vor deinen Augen ausbreiten.
Look. The loveliest peaks of the Dolomites, UNESCO Heritage Site, spread out before your eyes.
GuStA. I sapori unici e primi, antichi e moderni
SChMeCke.
Die einzigartigen Geschmäcker, traditionell und modern, reich an Aromen alter Gewürze, ein Ausdruck der ladinischen Kultur.
tASte.
con profumi ed aromi di spezie storici quanto, almeno, la cultura ladina.
toCCA.
Appoggia la mano sulla neve o sulle rocce, terra ospitante manifestazioni di richiamo internazionale.
BerÜhre.
Lege deine Hand auf den Schnee oder den Fels. Spüre den Boden, der Veranstaltungen von internationalem Ruf hervorbringt.
touCh.
AnnuSA. L’aria che si respira in queste zone. Nei
rieChe.
Sniff. The air that is breathed in these areas. The winds are keepers of an ancient secret, the proverbial Ladin hospitality.
venti è nascosto un antico segreto, la proverbiale ospitalità dei ladini.
www.altabadia.org
Die Luft, die du hier einatmest. Der Wind birgt ein altes Geheimnis in sich, die sprichwörtliche Gastfreundschaft der Ladiner.
The unique and excellent flavours, ancient and modern with scents and aromas of spices as historic as, at least, the Ladin culture. Place your hand on the snow or on the rocks, land host to internationally renowned displays.
SettiMAne deLLA SALute e deL BeneSSere dAL 16 AL 29 LuGLio 2012
GeSund LeBen und GenieSSen VoM 16. BiS zuM 29. JuLi
heALth And weLLBeinG weekS froM JuLy 16th to 29th
L’Alta Badia si trasforma in una vera e propria palestra all’aperto a 2.000 m. Nordic walking, yoga, pilates, gite a tema, una giornata con un preparatore atletico, terapia musicale o gli incontri con esperti nutrizionisti: il benessere in Alta Badia diventa uno stile di vita a portata di tutti.
Die letzten Juliwochen spielen sich in Alta Badia ganz im Zeichen von Gesundheit und Wohlbefinden ab. Nordic Walking, Yoga oder Pilates stehen genauso auf dem Programm, wie Themenwanderungen, ein Tag mit dem Fitnesstrainer oder Musiktherapie. Das Wohlbefinden wird in Alta Badia zu einem Lebensstil.
Alta Badia transforms into a real 2.000 meter high open-air gym. Nordic walking, yoga, pilates, themed excursions, a day with an athletics trainer, music therapy or meetings with sports nutritionists: wellbeing in Alta Badia becomes a lifestyle for all.
Corvara 1.568 m Str. Col Alt, 36 | I-39033 Corvara Tel. 0471 836176 | Fax 0471 836540 corvara@altabadia.org
La Villa 1.433 m Str. Colz, 75 | I-39030 La Villa Tel. 0471 847037 | Fax 0471 847277 lavilla@altabadia.org
San Cassiano 1.537 m Str. Micurà de Rü, 26 | I-39030 San Cassiano Tel. 0471 849422 | Fax 0471 849249 s.cassiano@altabadia.org
Colfosco 1.645 m Str. Pecëj, 2 | I-39033 Colfosco Tel. 0471 836145 | Fax 0471 836744 colfosco@altabadia.org
Badia 1.324 m Str. Pedraces, 29/A | I-39036 Badia Tel. 0471 839695 | Fax 0471 839573 badia@altabadia.org
La Val 1.348 m San Senese, 1 | I-39030 La Val Tel. 0471 843072 | Fax 0471 843277 laval@altabadia.org
official sponsors
visit us on
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CINQUE CAMPIONI SUI PASSI DOLOMITICi
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Architettura ladina
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Un rifugio e un regista
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Helmut Pizzinini
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Un libro un rifugio
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toponomastica
Sport ed emozioni sulle salite della Maratona dles Dolomites
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LA PROMESSA DI LINUS
Il dj più famoso d’Italia ci racconta i suoi anni, su due ruote, in Alta Badia
MESSNER E L’ALTA BADIA La rivoluzione dell’alpinismo sul pilastro del Sas dla Crusc
CONTRO LA CRISI MEGLIO COOPERARE
La Raiffeisen Val Badia compie 40 anni. La formula del credito cooperativo è sempre più attuale
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La sacher originale? si trova A bolzano
L’unico shop ufficiale oltre i confini austriaci del dolce più famoso del mondo è in Alto Adige. Ne abbiamo parlato con il fondatore
Sapete distinguere una casa romanica da una gotica? Vi raccontiamo la storia e i segreti delle case antiche in Val Badia Il rifugio del Piccolo Lagazuoi è famosissimo. Pochi sanno che in quei luoghi Luis Trenker, ci ha ambientato un libro e un film
LEGGENDE 2.0
Un libro di Nicola Dal Falco riprende e reinterpreta le leggende ladine. Proprio come fece Carlo Felice Wolff 150 anni fa. Artista, scultore e cittadino del mondo. Con le radici sulle Dolomiti Nona edizione per la rassegna. Tutte le schede dei libri che saranno presentati e le date degli incontri con gli autori
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SCUOLE IN LADINIA
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BIRRA FORST
I segreti della bionda, nata in Alto Adige.
Nel comune di Corvara, alla riscoperta di 700 nomi di luogo, che rischiavano di andare perduti
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piante “aliene”
RUBRICHE
Tre lingue per tutti, cultura locale e sport. La scuola nelle valli ladine è unica
Le stelle alpine? Sono originarie della Mongolia. Sono tante le piante che consideriamo locali, ma che vengono da lontano
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Nature di Gustav Willeit BadiaNews Scopri le differenze Ladinia Libri BADIA STYLE
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IMPRESSUM
Enrosadira www.enrosadira.info, via Cesio Basso 16, 00136 Roma, Direttore Antonio Signorini Art director Gustav Willeit Fotografia Daniel Töchterle Pubblicità locale Roberto Pallestrong Grafica parterre3.com, Zh/CH Hanno scritto, collaborato, dato idee Concetta Bonaldi, Elmar Burchia, Rossella Castelnuovo, Graham Cotter, Marcello Cominetti, Matthias Crepaz, Alessandro Fregni, Chiara Maltagliati, Ulderico Piernoli, Katia Pizzinini, Silvia Liotto, Freddy Planinschek, Emanuela Rossini, Laura Villoresi Editore Antonio Signorini, via Cesio Basso 16, 00136 Roma, info@enrosadira.info, Telefono e fax 06 35346959 Periodico semestrale Anno IV - N. 6 ESTATE 2012 Stampatore Union Printing, SS Cassia Nord, Km 87, 01100 Viterbo Pubblicità commerciale@enrosadira.info Enrosadira – Inrosadöra, Magazine delle Dolomiti Autorizzazione 15/09 Registro Stampa Tribunale di Bolzano
BËGNODÜS Tutti migrano. Lo fanno gli uomini, gli animali, le piante. Persino le stelle alpine che sono rare, difficilmente raggiungibili e proprio per questo ci sembrano un punto fermo nello spazio e nel tempo di quei paesaggi che vorremmo non cambiassero mai. Vengono dalla Mongolia. Dopo di loro ce ne saranno altri di «alieni», specie a noi sconosciute arriveranno e che i nostri pronipoti li considereranno di casa. Anche se non ci piace ammetterlo, cambia tutto, anche le cose che preferiamo considerare immutate. Le Dolomiti sono una scuola anche in questo, ci insegnano che i cambiamenti fanno parte della vita e che quelli più importanti e veri, a volte, avvengono in silenzio, senza che nessuno se ne accorga. Come il Sessantotto dell’alpinismo. Mentre gli studenti francesi accendevano la scintilla e provocarono un incendio che si propagò in tutto il mondo, sul Sas dla Crusc, Reinhold Messner insieme al fratello, senza troppi clamori, rivoluzionò l’alpinismo, e “inventò” il settimo grado. Era il luglio del 1968. Pochi mesi prima affrontare quel tipo di difficoltà era fantascienza, poi divenne realtà. Un piccolo-grande cambiamento che ha aperto una nuova era e che ha avuto come teatro l’Alta Badia. Ci sono le rivoluzioni artistiche. E le valli ladine – non ci stancheremo mai di ripeterlo – stanno diventando sempre di più una straordinaria fucina culturale, con le radici nelle tradizioni, nei materiali e nelle leggende locali ma, come cantava Pierangelo Bertoli, «lo sguardo dritto aperto nel futuro». Questa volta affrontiamo il tema descrivendo l’arte di Helmut Pizzinini. Cambiano anche le leggende, con nuovi scrittori e artisti che si adoperano per reinterpretare quei miti (che scopriamo avere una radice mediterranea) tradotti in letteratura più di un secolo fa da Karl Kelix Wolff. Le montagne di storie da raccontare ne hanno tantissime. Per conoscerle è sufficiente fermarsi e ascoltare. . Antonio Signorini
In copertina: BOR Foto Gustav Willeit
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NATURE
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Gustav Willeit
www.guworld.com
SABRU (dalla serie PRAT) MOLAV
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NATURE
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Gustav Willeit
www.guworld.com
PAZIN (dalla serie PERSPE)
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BadiaNews Bike sharing a 2000 metri
L’Alta Badia fa da apripista a un modo diverso, ma divertente, di godersi la montagna pedalando. Il Bike Sharing, inteso come «servizio di biciclette pubbliche», è solitamente conosciuto nelle grandi città, dove rappresenta un mezzo di trasporto utile, per spostarsi in modo comodo e veloce. L’utente ha, infatti, la possibilità di spostarsi dal punto A al punto B, noleggiando una bicicletta, che può comodamente consegnare al punto di arrivo, senza doverla riportare al punto di partenza. L’idea è stata di adattare il sistema anche alla montagna. L’Alta Badia diventa così la prima località montana ad offrire tale servizio a beneficio dei molti turisti che scelgono l’Alta Badia per le loro vacanze estive. La bicicletta rappresenta una delle attività sportive principali della vacanza in montagna. Grazie al Bike Sharing è possibile pedalare in tutta comodità da un posto all’altro in quota. È, inoltre, importante sottolineare, che le biciclette sono elettriche, quindi si può pedalare con la minima difficoltà. L’attività all’aria aperta è dunque adatta anche ad un pubblico meno sportivo. Le stazioni di noleggio sono quattro, ubicate precisamente al Col Alto, Piz La Villa, Piz Sorega e Pralongiá. Ogni bicicletta è agganciata ad una stazione di ricarica, che permette alle batterie il caricamento. Il cliente viene munito di una card con la quale può prelevare la bici ed usarla poi nell’intero comprensorio. Le bici possono essere usate da un pubblico che parte dai 12 anni (con accompagnatore fino a 18) ad un prezzo tra i 14€ e i 16€ per ½ giornata e tra i 28-30€ per 1 giornata intera.
Danza per bimbi a La Villa
La danza si può imparare anche d’estate. Marisa Furlani, triestina, è insegnante di danza e coreografa. Opera a Milano, città in cui vive, ma ha organizzato a La Villa un corso introduttivo rivolto ai bambini in età compresa tra i 5 e gli 11 anni. Nella versione estiva proposta, ai bambini sarà insegnata una base di semplici esercizi attraverso i quali essi acquisiranno la consapevolezza del loro corpo per assumere la postura corretta attraverso un adeguato potenziamento muscolare. Dal 23 luglio al 10 agosto alla scuola media Tita Alton.
In mezzo ai boschi con arco e frecce
Due giorni interamente dedicati al tiro con l’arco. Più di un corso e di un seminario. Una full immersion in un’attività sportiva che per gli organizzatori è quasi una filosofia. Si chiama La Via della freccia ed è un’iniziativa di Sara Bassot e Stefano Grassini. L’appuntamento della Val Badia è tra il 14 e il 15 luglio. «La Via della Freccia è un evento profondo, assolutamente indimenticabile, che risveglia il proprio istinto attingendo anche alle nostre antiche memorie per rimanere in collegamento col qui ed ora, dove, immersi nella natura possiamo lasciare andare i pesi del quotidiano con divertimento e leggerezza di spirito», spiegano gli organizzatori. «È adatto a tutti, soprattutto a chi ha voglia di mettersi in gioco in modo leggero ed entusiasmante, purché possieda una forma fisica che gli permetta di camminare nei boschi». Per informazioni www.laviadellafreccia.it.
Alla scoperta della ceramica made in Ladinia
Non c’è solo il legno nelle Dolomiti. Altri materiali si stanno facendo sempre più spazio nei Monti Pallidi e così due artigiani - artisti locali hanno deciso di dare vita a Dé Terra una mostra-laboratorio per diffondere la conoscenza della ceramica “made in Ladinia”. L’iniziativa è di Irina Tavella e Roberto Pallestrong. La mostra inizia il 17 agosto e prevede anche ospiti internazionali. Fa parte dell’iniziativa un Workshop con argilla e corsi di tecnica raku a disposizione di tutti, curiosi e appassionati, in programma tra il 17 e il 19 agosto, il tutto a San Vigilio di Marebbe, Strada Al Plan Dessora 36.
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Le settimane della salute per curare anima e corpo Tra le novità che l’Alta Badia propone a fine luglio, vi sono le settimane dedicate al benessere fisico e mentale, che prevedono delle attività adatte a qualsiasi fascia d’età, all’aria aperta e lontano da stress e smog. Gli ospiti potranno scegliere ad esempio tra il nordic walking, yoga, pilates e gite a tema; inoltre verrà offerta la possibilità di passare una giornata con un preparatore atletico, di partecipare a una terapia musicale o di incontrare degli esperti nutrizionisti. L’attività fisica praticata in montagna è assai benefica; dal 16 luglio fino a fine mese verranno organizzate diverse iniziative sportive e rilassanti, pensate per migliorare la salute psicofisica. Verranno proposte escursioni nordic walking, gite per conoscere le erbe medicinali e passeggiate ideate per le donne; per i più sportivi il programma prevede delle giornate di aerobica, step e stretching. Si potrà inoltre partecipare a una seduta di musicoterapia all’aria aperta ai piedi del Parco Naturale FanesSennes – Braies. Non solo, si parlerà anche di alimentazione corretta e equilibrata, ricca di vitamine e povera di grassi con il dott. Lucio Lorusso, specialista in Scienze dell’Alimentazione, nonché ideatore del «piatto del benessere», che verrà presentato il 18 luglio alle 18 nel centro del paese di San Cassiano dallo chef stellato Giancarlo Morelli del ristorante Pomiroeu di Seregno. Anche per i più piccoli vi sarà un programma ricco di attività fisiche e mentali. Per gli amanti dello sport all’aria aperta, da poco sono state ideate due aree denominate Movimënt, una al Piz Sorega e una al Piz La Villa, ove chiunque potrà utilizzare gratuitamente i diversi attrezzi fitness e rilassarsi con i percorsi Kneipp e naturali per la riflessologia plantare.
Tutti a caccia del premio per l’ospite ambientalista doc
Una piccola automobilina di legno e una targa da mettere sul cruscotto sono i due oggetti destinati a diventare “di culto”, per gli appassionati di Dolomiti. Sono i premi previsti dall’iniziativa «Stop ma con gusto. Anche la macchina va in vacanza», uno degli ultimi trend in materia di turismo ecosostenibile. Gli esercizi ricettivi partner dell’iniziativa premiano con il simpatico dono chi consegna la chiave della macchina alla reception il giorno dell’arrivo e non la utilizza durante tutto il periodo di vacanza. Ogni singola auto in legno rappresenta una quota di emissioni di CO2, risparmiata all’ecosistema. A fine estate sarà possibile fare una valutazione sulla riduzione delle emissioni di sostanze nocive nell’ambiente, grazie ai turisti premiati.
Picnic in quota e poi a scuola dai DoloMitici
Sul Piz Sorega, a 2.050 metri d’altezza, ad agosto si terrà nuovamente il Picnic organizzato dai tre ristoranti stellati dell’Alta Badia: il connubio turismo sostenibile e antiche tradizioni locali è l’insieme di piatti e ricette che uniscono i DoloMitici e i giovani contadini locali. Circondati dalle suggestive Dolomiti gli ospiti potranno gustare un pranzo informale, ma raffinato, a base di prodotti dell’Alto Adige/Südtirol. Il ricavato andrà in beneficenza alla associazione provinciale agricoltori, che supporta i contadini disagiati. L’appuntamento è per il 9 agosto nelle baite in quota sul Piz Sorega a San Cassiano e il prezzo è di 70 € bevande incluse. Per prenotazioni e/o informazioni: www.altabadia.org. I DoloMitici sono, inoltre, i protagonisti dei corsi (gratuiti) di cucina in piazza, per gli appassionati di cucina, che amano cimentarsi loro stessi dietro ai fornelli. Gli appuntamenti sono fissati per il 25 luglio a Corvara e il 1°agosto a San Cassiano. «La tradizione contemporanea dei DoloMitici: piatti di oggi, ingredienti di ieri», è il tema dei corsi, durante i quali i tre chef stellati dell’Alta Badia si esibiranno, svelando alcuni trucchi del mestiere.
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Ospiti da 50 anni e tre generazioni
Ancora ospiti fedelissimi, famiglie che tornano da generazioni, appassionati di Alta Badia. E, in questo caso, anche grandi amici di Enrosadira fin dal primo numero. Quest’anno il premio per i cinquanta anni è andato ad Angela Roncari e Lanfranco Zanalda, madre e figlio che nel 1962 scesero da un pullman a San Cassiano. «Un ricordo indelebile: un campo di bocce, un salice piangente, una ciasota e, sullo sfondo, lo spettacolo che mi sarà sempre presente: l’enrosadira sul gruppo Conturines - Lavarella», ha raccontato Lanfranco alla consegna del premio, ricevuto dal vice sindaco di Badia Klaus Castlunger e dalla famiglia Tavella, proprietari dell’Ustaria Post. Premio per i 40 anni a Carla Ricotti, Giampaolo Massa Saluzzo. Premio per i 30 anni in Alta Badia a Clelia Pizzalli, moglie di Lanfranco Zanalda e al figlio Andrea . Poi Alberto Eugenio e Federico Massa Saluzzo.
Per chi vive sempre in salita
Domenica 8 luglio, si terrà la cronoscalata Arabba – Passo Pordoi, appuntamento immancabile per tutti gli appassionati delle due ruote che desiderano misurarsi con i 33 tornanti e i 9,5 km del mitico passo dolomitico. La gara è valevole quest’anno per il Trofeo dello Scalatore 2012 (www. t ro f e o d e l l o s c a l a t o re . com) e per il Campionato Europeo Cronoscalata. Le iscrizioni rimarranno aperte sino a poche ore prima della partenza. La quota d’iscrizione è di 30 euro.
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Una nuova band i Wisetime
La Val Badia è sempre più terra di musicisti. Tra gli ultimi arrivi, dal 2010 i Wisetime. Nati dall’iniziativa di due giovani di Badia, il batterista Gustav Mangutsch (Guz) e il tastierista Stefan Piccolruaz (Teppo) ai quali si sono aggiunti alla voce Fabian Pitscheider (Föb), il bassista Benno Canins ed i chitarristi Michael Palfrader (Col) e David Kammerer (Dave) attualmente sostituito da Bruno Irsara. Quest’estate la band si esibirà in più eventi. Tra questi il Badia Music Days, 6 agosto, Gadersound, il 21 luglio. Contattati: guz_89@yahoo.it. A proposito di Badia Music Days, la quarta edizione si terrà il 6 - 8 luglio al Pavillon Ciasa Runcher a Badia venerdì 6 e sabato 7 luglio, dalle ore 20.00. Tra le band: Daylight (Coldplay tribute band), BMB (Bon Jovi tribute band), Annika Borsetto + special guest Lorenzo Frizzera (jazzista emergente del panorama nazionale), Sin Deadly Sin, Darkmoon, Windrose, Wall of Pain.
Torna il pass per impianti e bus
Torna il Mountain Pass Alta Badia dedicato agli amanti delle passeggiate e della natura. Il Pass permette ad adulti e bambini di utilizzare i 14 impianti di risalita estivi, tutti gli autobus di linea intorno al gruppo del Sella (Sella Ronda Bus) nonché le linee autobus Val Badia, Val Gardena, Val Pusteria e Valle Isarco fino a Bolzano. Acquistabile presso numerosi esercizi ricettivi, impianti di risalita e presso le Associazioni Turistiche.
L’enrosadira d’estate è anche un aperitivo
L’Enrosadira (dal ladino il “divenire di colore rosa”), fenomeno naturale ben noto ai nostri lettori, è anche un aperitivo. Nei mesi di luglio e agosto in alcuni locali dell’Alta Badia verrá organizzato l’aperitivo Apenrosa (aperitivo all’Enrosadira) con prodotti Alto Adige/Südtirol, sfiziosi stuzzichini a base di formaggi, speck del contadino, pücia e altro, con accompagnamento di musica dal vivo.
I Monti pallidi a misura di bambino
Sarà un’estate ricca di attività per i bambini; verrà proposto anche quest’anno il Giovedì di Corvara, l’iniziativa che coinvolge il centro di Corvara. In tale occasione e con il centro chiuso al traffico, saranno diverse le attività divertenti e di ricreazione che coloreranno il paese; la musica unita alla comicità di un clown sapranno divertire i più piccoli. Oltre alle riduzioni per le famiglie con la promozione Summer for kids (attiva dal 16 giugno al 14 luglio), ci sarà un ricco programma di attività. «In vetta con gusto» propone quest’estate un piatto gourmet per i bambini, ideato dai DoloMitici, gli chef stellati dell’Alta Badia, e che potrà essere assaporato in ben tre rifugi. A fine luglio durante le settimane Salute & benessere verrà dedicata mezza giornata ai bambini e ai loro genitori, durante la quale esperti animatori proporranno diverse attività ludiche e ricreative; a fine giornata verrà distribuita una merenda ideata da un nutrizionista al fine di sensibilizzare bimbi e genitori ad un’alimentazione corretta. Numerose sono le passeggiate che presentano sentieri facili
Le leggende ladine rivivono al Ćiastel Colz
I personaggi delle leggende ladine negli ambienti magici del castello tra mito, storia e musica. Appuntamento per il 12 agosto alle ore 17 a La Villa. Per l’ occasione riaprirà i battenti Ćiastel Colz per ospitare l’ evento culturale. Nel Castello delle Leggende, grazie alla disponibilità della proprietaria Waltraud Wieser Pizzinini, il pubblico avrà l’ opportunità di immergersi nell’atmosfera magica che sprigiona l’ ambiente tra mito, storia e musica. Roland Verra, uno dei più importanti scrittori ladini contemporanei, presenterà vari personaggi delle leggende ladine, il patrimonio culturale più antico dei ladini delle Dolomiti, NEL CA STELLO IM SAGE DELLE LE NSCHLO GGENDE e la musicista Susy Rottonara IN THE SS CASTLE OF LEGE NDS si esibirà come soprano con celebri arie d’ opera oltre che con brani di sua composizione dedicati alle leggende ladine e vincitori di premi internazionali. L’allestimento è a cura dell’Associazione culturale Fanes. L’evento intende valorizzare uno dei più importanti edifici storico-artistici dell’ Alta Badia, Ćiastel Colz, attraverso un programma culturale multimediale e innovativo. Quindi appuntamento il 12 agosto alle 17, al costo di 10 euro incluso rinfresco, prenotazioni presso l’ Associazione Turistica Alta Badia. Attenzione, i posti sono limitati!
che permettono anche ai bambini di poter assaporare la natura dolomitica, come anche molte da poter percorrere con il passeggino, come partendo da Corvara e arrivando alle Cascate del Pisciadù o da Colfosco sino alla Val Stella Alpina o da La Villa al lago Sompunt. Da metà giugno ai primi di settembre un gruppo di animazione delle associazioni turistiche dell’Alta Badia proporrà escursioni, concorsi di disegno, giochi e sport nella natura. Inoltre alcuni pomeriggi (4, 11 e 18 luglio, 1, 8 e 29 agosto e 5 settembre) saranno dedicati alla scoperta dell’”Ursus Ladinicus”, l’orso preistorico delle Dolomiti; in collaborazione con il museo di San Cassiano Museum Ladin Ursus Ladinicus verranno organizzate visite divertenti e educative.
Badiamusica, un festival tra cascate e vette dolomitiche
Come una persona, «anche un festival deve trovare la sua identità, vivere le proprie propensioni con sincerità e in un modo adeguato ai suoi desideri, ma anche alle sue possibilità. Il festival “badiamusica” – spiegano gli organizzatori - arrivato alla sua 12esima edizione, ha trovato la sua identità nella musica da camera di epoche e stili diversi». Badiamusica offre programmi di musica profana e di musica sacra, di musica barocca come di musica dei nostri giorni. I concerti si svolgono in diverse località della valle. Per creare un legame con la natura anche nella musica, ci sarà un concerto all’aperto, presso le cascate del Pisciadù, raggiungibile in una comoda passeggiata da Colfosco. Si tratta di Mamblix5 quartetto di fiati in programma il 28 agosto alle 15. A Corvara il primo agosto, in programma Don Chisciotte, con David Riondino alla voce, accompagnato da Andrea Candeli alla chitarra. E così via fino al 24 agosto. «La serie di concerti s’intende come invito all’ascolto consapevole di una musica che non ubbidisce ai precetti di spettacolarità della nostra società, ma è legata ad un mondo più silenzioso», spiegano gli organizzatori. Informazioni sul sito www. badiamusica.it
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CINQUE PASSI PER CINQUE CAMPIONI Concetta Bonaldi
Molte biciclette hanno sfidato le salite del passo Gardena,Sella, Pordoi, Falzarego, Valparola, Giau e Campolongo, molti i ciclisti che hanno percorso almeno un passo dolomitico, tra di essi tanti grandi campioni che hanno faticato per superarli in allenamento o in competizione. Sono i protagonisti della Maratona dles Dolomites - la Granfondo piÚ popolare d’Europa - e del Sellaronda Bike Day - la pedalata aperta a tutti lungo il Sella. Abbiamo chiesto a cinque campioni di parlarci dei loro passi preferiti scoprendo che, per tutti, oltre alla sfida sportiva, contano le emozioni che solo la bellezza delle montagne sa dare.
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Passo Gardena 2121 m Km 5, dislivello 350 m, pendenza media 7%
Taylor Phinney Avevo 14 anni quando ho percorso per la prima volta il Gardena in bicicletta, poichè era parte della Maratona dles Dolomites alla quale avevo partecipato insieme ai miei genitori, entrambi ciclisti, Davis e Connie. Non potrò mai dimenticare la mia prima pedalata lungo i passi dolomitici: ho visto un panorama mozzafiato. I passi hanno sempre suscitato in me un senso di sfida: non ero abituato a pedalare lungo certe pendenze e a scalare salite difficili. Sicuramente fare questi passi a 14 anni e con i propri genitori è una cosa assai diversa rispetto ad affrontarli durante un allenamento o una gara in veste da ciclista professionista. Mio nonno mi accompagnava spesso durante i miei giri in bicicletta e lui conosceva bene la storia del ciclismo italiano e delle sue montagne; lo devo ringraziare, non solo per avermi insegnato ad andare in bicicletta, ma anche per avermi fatto apprezzare la storia del ciclismo italiano. Mi piace correre in Italia e poter testare la mia preparazione anche lungo i passi dolomitici. La mia squadra, la Bmc, mi ha temperato per affrontare le salite: per scalare certi ripidi ci vuole impegno e costanza e potersi allenare con degli scalatori ti aiuta molto. La bellezza della natura e delle Dolomiti rende bella anche la pedalata in salita e la fatica diventa meno pesante quando hai dinanzi a te uno scenario naturale straordinario. Scalare in bici il Sella o il Campolongo mi mette a mio agio, soprattutto grazie ai tornanti non troppo ripidi. Questi passi sono sicuramente meno duri di alcune salite che ho scalato in Austria o durante la Vuelta. Poter gareggiare al Giro d’Italia, dopo aver trascorso molto tempo in Italia quando ero piccolo, mi ha dato una grande energia. Ho partecipato quest’anno al mio primo Giro e poter portare la maglia rosa per tre giorni è stata un’emozione grandissima; è stato durissimo, ma ogni giorno ho potuto apprendere cose nuove. Nella tappa con l’arrivo a Cortina, quando mi trovavo sul Giau e Valparola, ho ripensato alle pedalate fatte insieme alla mia famiglia e ciò mi ha aiutato davvero molto a sentire meno la fatica.
Passo Sella 2244 m Km 5,6, dislivello 439 m, pendenza media 7,8% Paolo Bettini Ho potuto godermi il passo Sella l’anno scorso durante la Maratona dles Dolomites. Ho affrontato sicuramente la salita con uno spirito diverso rispetto a quello che avevo quando correvo. Da professionista ho fatto il Sella nel ’98 durante il Giro d’Italia e devo dire che in quell’occasione non l’ho goduto troppo e non ho nemmeno avuto modo di apprezzarne dovutamente la natura. Invece l’anno scorso ho potuto osservare anche le montagne e la bellezza del luogo. Vivo a Livorno e quindi sono un uomo di mare e ho sempre avuto un rapporto di amore – odio per la montagna, proprio per le salite che ho percorso. Erano ripidi che però una volta scalati, creavano in me una gioia per il solo fatto di averli percorsi; durante il Giro d’Italia, finire un tappone dolomitico creava in me una soddisfazione. Avendo visto il Sella d’estate e le montagne intorno al passo, mi viene davvero una gran voglia di ritornare anche d’inverno e di fare il Sellaronda anche sugli sci. Del Sella mi ricordo l’anno scorso la salita in bici durante la maratona al fianco di Alex Zanardi: per me è stata davvero una grande emozione e mi rendevo conto della cosa eccezionale che Alex stava facendo usando questa grandissima forza che ha nelle braccia, dandoci del filo da torcere a tutti. Dal Sella poi si vede la Marmolada, altro posto che mi affascina particolarmente, perché quando sei in cima c’è questo falsopiano che in realtà è più tremendo di una vera e propria salita, perché ti inganna, e se durante una gara da professionista si sapeva quando arrivava il GPM, in questi casi nessuno ti segnala quando sei arrivato, quindi credi sempre manchi poco e di essere arrivato.
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Passo Campolongo 1875 m Km 5,9, dislivello 353 m, pendenza media 6% Passo Giau 2236 m
Davide Cassani
Km 10, dislivello 922 m, pendenza media 9,2%
Maurizio Fondriest Non potrò mai dimenticare un episodio accadutomi sul passo Giau durante la mia carriera ciclistica. Ho un ricordo vivo e indelebile che riguarda questo passo: durante il Giro d’Italia del ’89 l’ho scalato in maglia iridata con la neve. È un passo che con il sole è una cosa stupenda per il panorama che presenta, ma in quell’occasione ho vissuto, a causa delle condizioni climatiche avverse, un’esperienza rara e la salita era davvero molto dura a causa della neve. Il passo Giau è sicuramente tra i più tosti, con una discesa tecnica e una salita impegnativa. Come gli altri passi, la bellezza del paesaggio è indescrivibile: basta salire su un qualsiasi passo dolomitico per apprezzarne la natura e rendersi conto della rara bellezza di queste montagne. Ora quando percorro questi passi ne apprezzo di più la natura rispetto a quando li scalavo in gara. Non ero uno scalatore, ma ora pedalo quasi esclusivamente in salita, perché ti dà una soddisfazione che è unica, oltre ad un senso di libertà. La fatica ti aiuta a goderti meglio anche il paesaggio. Tutte le cose conquistate sono più belle; se si scala con fatica si ha una soddisfazione diversa rispetto a quella che deriva dal raggiungere la cima in macchina o in funivia. I passi dolomitici sono tra loro molto diversi e ognuno ha la sua fatica e la sua caratteristica. Non ne ho uno preferito, ma ogni volta che li percorro in bici, sia da una parte che dall’altra, mi accorgo che ognuno ha il suo fascino e che quindi sarebbe impossibile definirne uno come il più bello.
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Il
Passo Pordoi 2239 m Km 9,6, dislivello 638 m, pendenza media 6,6% Maria Canins Quando correvo i passi dolomitici erano la mia palestra, in modo particolare il passo Pordoi, poiché molto simile a d alcune lunghe salite che affrontavo al Tour de France. La bicicletta resta la mia passione e i passi sono il mio allenamento personale; mi piace scalare il Pordoi soprattutto partendo da Arabba, per il panorama affascinante e perché si può osservare tutto il gruppo del Sella. Mentre si sale lungo i molti tornanti si riesce a capire quanto ti manca per arrivare alla cima; l’ascesa è costante ed è un passo che ha una bella lunghezza. Molti Giri d’Italia sono arrivati al Pordoi; è una cima dedicata al ciclismo e ai grandi scalatori con la presenza del monumento in ricordo di Coppi e quello dedicato a Simoni. Il paesaggio su questo passo è vario; ogni volta che scalo il Pordoi, nonostante lo abbia fatto moltissime volte e nonostante queste siano le mie montagne, lo trovo sempre bellissimo e salendo, ogni volta, mi meraviglio della natura e mi emoziona. Molti ciclisti che affrontano per la prima volta il Pordoi, se conoscono il paesaggio invernale, sono sempre stupiti della trasformazione estiva e l’apprezzano molto. Mi piace pedalare anche sullo sterrato del Passo Pordoi in mountain bike: il paesaggio è diverso e si può percepire un silenzio ancora più profondo.
passo Campolongo mi ricorda una tappa del Giro d’Italia con arrivo a Corvara. Ero stanchissimo e mi sembrava che la salita non finisse più, ma fortunatamente è arrivata la discesa che portava al traguardo e che mi aveva reso l’uomo più felice del mondo. Partendo da Corvara il passo Campolongo è bellissimo: cominci salendo lungo i tornanti e a tratti si possono osservare le montagne, poi nella pianura vicino al campo da golf, salendo, c’è la possibilità di guardarsi intorno. Non è una salita né lunga né durissima e ti permette realmente di spaziare con lo sguardo a 360 gradi. Poi la bicicletta dà ampio spazio alla mente e mentre pedali puoi immaginare il passo con la neve e come i prati si trasformino d’inverno in piste da sci. La bici dà la possibilità di rivivere molti ricordi e ti permette anche di provare un mix di sensazioni straordinarie. Il passo Campolongo, partendo da Arabba, è sicuramente più impegnativo, ma passa in fretta; è una salita che di dolomitico ha solo il paesaggio e non la lunghezza. È tra le salite che preferisco. I passi li scalo ogni estate e percorrere il Campolongo da Arabba, soprattutto quando è caldino e sei di base a Corvara significa che stai arrivando, quindi percepisci quella stanchezza positiva. È un passo corto e la magnificenza del paesaggio ti aiuta a non sentire la fatica. I passi saranno i protagonisti (dal 21 al 24 giugno) di uno dei miei stage che si terrà a Corvara; Miguel Indurain sarà con me e poter condividere queste montagne con altre persone è una cosa che mi affascina. Il 24 giugno saremo poi lungo i passi durante il Sellaronda Bike Day per goderci una giornata di bici e senza traffico.
Come è nato il tuo amore per la bicicletta? «Sono soprattutto un maratoneta, corro molto e partecipo spesso a maratone, nonché sono anche presidente della Maratona City di Milano. Diciamo che non è molto che mi sono avvicinato e poi anche appassionato alla bicicletta. Credo sia uno sport fantastico nonostante sia anche molto faticoso». Come si allena Linus per la Maratona? «Mi alleno nel fine settimana, con le difficoltà che un ciclista milanese può affrontare. Spesso carico la bici in macchina e mi alleno tra le colline del bergamasco. D’estate trasmetto sempre da Riccione e nella riviera romagnola, una volta usciti dalla statale, per fortuna si può fare un allenamento senza essere immersi nel traffico». Che significato ha per te la Maratona dles Dolomites? «Un significato particolare; diciamo che è un regalo che faccio a me stesso. Un dono speciale poiché mi concedo un intero fine settimana all’insegna della bicicletta e della natura in uno dei posti più belli che ci sono al mondo. A dire il vero, sono tre giorni abbastanza intensi e impegnativi e spesso, per non dire sempre, ho la divertente funzione di capoclasse. Quest’anno saremo in venti». Ci puoi svelare in cosa consiste il tuo compito da “capoclasse”? «Mi occupo della logistica per tutti come anche dell’organizzazione delle tre giornate, che significa organizzare il giro di ricognizione al Campolongo (che non può mancare di sabato e ovviamente in maniera rilassata) e poi tutte le cene, perché in Val Badia i piatti bisogna davvero assaggiarli tutti». Ormai sei un veterano, a quante edizioni hai partecipato? «Sarà la quarta. Ho partecipato la prima volta nel 2009 con il percorso corto, poi di anno in anno cerco di migliorare e mi sprono sempre a intraprendere il percorso più lungo. Dal 2010 faccio sempre il medio, ma quest’anno mi piacerebbe riuscire a fare il lungo, perché quando termini il medio ti rimane sempre un po’ di amaro in bocca». La Val Badia la conoscevi da prima? «Sì, la conosco dal 2003 e sono venuto ogni anno d’estate, ora parlo anche qualche parola base di ladino. Me l’ha consigliata un mio amico come antidoto al caldo estivo. Inizialmente ero molto scettico nel visitare la montagna d’estate e invece devo dire che mi ha stupito positivamente. La montagna ha una dimensione più civile del mare». Cosa non può mancare? «Non può mancare il pranzo da Michil Costa il sabato a mezzogiorno; ci sono vari rituali che si ripetono di anno in anno e sono davvero piacevoli da rifare. La cena del venerdì tra amici è un altro momento che non può mancare». Com’è osservare il paesaggio dell’Alta Badia sui pedali? «La bicicletta ti offre la possibilità di guardarti intorno e di ammirare la bellezza della natura. Perciò per me la Maratona dles Dolomites non è solo una competizione, ma è una giornata splendida nella quale godersi la natura dolomitica. Ci sono dei luoghi che sono particolarmente suggestivi per me, come il sasso in cima al Valparola: è un sasso che arrivi quasi ad odiarlo, perché ti sembra vicino tanto da poterlo toccare, ma poi ti accorgi che ci metti un po’ per raggiungerlo. Mi piace la discesa dell’Armentarola, dopo la fatica della gara». Mentre qualcosa che ti dà adrenalina? «La discesa del Sella! Si tratta di una discesa che mi fa sempre un po’ paura per le molte persone che ci sono e anche perché in discesa ho forse ancora un po’ da imparare. Ma è la paura che ti regala adrenalina, che ti stimola e che ti fa sentire come
Concetta Bonaldi
Maratona dles Dolomites
Linus: Radio Deejay sui passi dolomitici
La Maratona dles Dolomites: un appuntamento immancabile per i fan della bicicletta. Molti volti noti del mondo dello sport e dello spettacolo partecipano ogni anno, tra di essi Linus, che abbiamo incontrato prima dell’edizione 2012. Ci ha raccontato la sua passione per la bici, per le Dolomiti e poi ci ha svelato un’aspirazione: prima o poi, magari già quest’anno, vorrebbe fare il percorso lungo. un bimbo che fa le montagne russe». Diecimila partecipanti. Come si vive l’esperienza di essere così tanti lungo i passi dolomitici? «La massa di ciclisti è impressionante e mi piace sempre osservarla soprattutto lungo il Pordoi: ogni anno, quando arrivo in cima, mi giro ad ammirare la serpentina di ciclisti che si forma e che sono come incastonati tra le Dolomiti». E la natura delle dolomiti? «Incredibile e te ne accorgi quando fai la discesa del passo Gardena: hai davanti a te un panorama immenso e davvero unico. È un posto dove puoi davvero vivere la natura e allo stesso tempo fare sport», La cucina in Val Badia… «Fantastica. Si mangia davvero benissimo ovunque anche nelle baite di montagna. Poi l’alta quota aiuta anche il metabolismo, quindi io cerco di approfittarne mangiando anche qualche fetta di strudel in più. Lo strudel mi piace moltissimo e me ne porto anche sempre una confezione a casa».
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Marcello Cominetti
Quando Messner conquistò il VII grado
Fino a qui era andato tutto bene. La natura ci aveva offerto il cammino e noi l’avevamo seguito. Ma ora? (da: Settimo Grado di R.Messner ed. De Agostini 1982)
A
vevano 24 e 22 anni, nel 1968, Reinhold e Günther Messner quando fecero la loro prima ascensione del Pilastro Centrale del Piz dl Ciaval sulla parete ovest del Sas dla Crusc, superando difficoltà in arrampicata fino ad allora mai superate da nessuno. Erano anni di cambiamento in tutti i sensi e l’alpinismo d’avanguardia da troppo tempo limitato dall’ottusità dei club alpini, ristagnava nella spettacolarità apparente delle direttissime, vie aperte a suon di chiodi al posto degli appigli sempre più piccoli e distanti a cui i più forti si tenevano già da decenni. Già nel 1936 Gianbattista Vinatzer da Ortisei aveva superato difficoltà che, solo dopo molti anni vennero riconosciute di settimo grado, quando la scala di Monaco (o Welzenbach dal nome del suo inventore) si fermava al sesto grado. Molti ricorderanno che per anni l’icona dell’alpinismo estremo era legata a questo nome che presto divenne «sesto grado superiore» e lì si fermò, mentre gli scalatori superavano difficoltà sempre m a g g i o r i Fino al luglio di quell’anno, si comprimendo pensava che non si potesse forzatamente andare oltre il VI grado i gradi di una superiore. Poi tutto cambiò scala a cui i numeri certo non mancavano. Ma torniamo ai nostri due che, sulle rocce badiote di un anno più che significativo, passano la notte del 6 luglio rannicchiati in una grotta umida che si trova sulla cengia che taglia nei due terzi superiori tutta la bastionata occidentale di questa stupenda montagna che domina il solco scavato dal rio Gadera. Alle 8 fa ancora freddo sulla parete perché il sole in questa stagione la illumina verso mezzogiorno, ma i primi metri non sono difficili e qualche fessura si fa
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Foto: Wikipedia - Messner nel 1968 mentre apre una nuova via sul Pilastro di Mezzo del Sass dla Crusc, nelle Dolomiti
Nella foto Marcello Cominetti
seguire con qualche tratto friabile, fino a una placca liscia e strapiombante. Da qui iniziano le danze per superare altre fasce strapiombanti. Le ore passano, i pochi chiodi necessari non sono sempre affidabili, il vuoto sotto le suole delle pedule rigide di allora diventa stomachevole, ma i due, che sono fortissimi, vanno lentamente avanti. La roccia gli vuole bene (come diceva Vinatzer, appunto) e li lascia insinuarsi tra le sue pieghe che sono appigli solo per chi ha le dita come l’acciaio, i tendini come le corde di un contrabbasso, il cervello meravigliosamente in sintonia con tutto quello che il corpo fa e la volontà di trasformare i propri sogni di ragazzi in belle storie. Devo dire che questa via l’ho ripetuta più volte e che la amo come poche, proprio perché rappresenta più di altre la materializzazione del sogno. I sogni di solito non si possono abbracciare e spremere con le mani come chi si ama, ma in
questo caso si può farlo con il sogno che quei due ragazzi avevano avuto in barba a chi glielo voleva negare. Alpinismo è anche ribellione, spirito libero e spregiudicatezza, come il rock è esperienza psichedelica, sennò sai che noia! Fino ad allora nessuno aveva osato tanto su roccia e ora vi racconto perché. Dopo innumerevoli traversi che costringono allo stesso impegno sia il capocordata che il secondo, tutto finisce. Reinhold che va davanti, pensa che ora dovranno tornare indietro e quindi prova a percorrere a ritroso gli ultimi metri che ha appena salito. Quelli che lo separano dall’ultimo chiodo. Una lama sottile e piatta martellata in un buco rotondo e cieco che è ancora lì. Ma si rende subito conto che scendere è impossibile e la paura di cadere lo ferma su un gradino dove trovano posto solo le punte degli scarponi. Le mani tengono il corpo in equilibrio e l’occhio sapiente scruta ogni minima possibilità. Tornare indietro significa cadere di certo. Meno di due metri vengono superati da Reinhold in condizioni disperate. Riesce, dopo due tre goffi ma efficaci movimenti, ad afferrare con le mani Due metri superati da la cengia soprastante Reinhold in condizioni che lo mette in salvo. «I disperate. Poi l’arrivo, miei pensieri erano di sull’altipiano. Un altro una lucidità inconsueta e nell’ attimo in cui segnale di rottura semplicemente mi sollevai, non esisteva più nulla». Da lì si procede per belle fessure che ai due paiono facili, anche se in assoluto non lo sono. Nel tardo pomeriggio raggiungono l’altipiano che si affaccia su Fanes, regno di favole e folletti cui si aggiungono questi due scalatori eccezionali. La cosa ha un suo certo rilievo se si pensa che non terminare una difficile scalata su una vetta, ma su un altipiano, a quei tempi aveva un significato di estrema provocazione e rottura. La salita dei fratelli Messner, tra le rare altre, faceva capire che l’ alpinismo sarebbe sopravvissuto solo alleggerendolo dell’inutile. Inutile è anche l’ alpinismo stesso, e quindi solo l’assurdo l’avrebbe fatto andare avanti e la via sul Sas dla Crusc è giustappunto una via assurda, per questo è di un’estetica terrificante e di una difficoltà ancor oggi disarmante. Dieci anni dopo Heinz Mariacher con Luisa Jovane e Luggi Rieser, il mitico scalatore in frac (!) nel tentativo di ripetere l’exploit di Messner è costretto ad aggirare la difficile placca con una variante che ancor oggi è valutata di VII grado. Il passaggio originale di Messner venne poi superato da Markus Lutz negli anni Ottanta ma con la corda dall’alto e pare che un minuscolo appiglio si ruppe così da renderlo irripetibile e rafforzandone il mito. Quando uno scalatore raggiunge l’altipiano di Fanes è spesso pomeriggio e il sole si trova appoggiato sull’orizzonte scuro della Gardenaccia illuminando l’intorno di una luce che ogni volta è mutevole a seconda delle nuvole e della trasparenza dell’ aria. Non è mai uguale ma è sempre magica.Mentre i turisti estivi siedono a tavola, lassù c’è qualcuno con le dita spellate e la gola riarsa dal sole e dalla fatica che si affaccia su quell’ altipiano solcato dalle rughe della terra. Sono gli alpinisti, i geologi, i botanici e tutti i curiosi incontentabili di un tempo, quelli che hanno fatto scoprire le Dolomiti a voi che leggete queste pagine. Non dimenticatelo mai.
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Il Pilastro di Mezzo del Sas dla Crusc, «una via all’avanguardia», spiega una pubblicazione dell’editrice Versante Sud dalla quale è stata tratta l’immagine qui a fianco (Ivo Rabanser, Orietta Bonaldo “Vie e vicende in Dolomiti”, edizioni Versante Sud).«Provate a immaginare - scrivono gli autori - gli irriducibili fratelli Messner con gli scarponi su quelle placche e con quella esposizione. Con questo percorso, una volta in più, il fuoriclasse sudtirolese dimostrò in modo palese che l’evoluzione dell’arrampicata stava nella rinuncia a un massiccio supporto di materiale. Dunque la via riveste anche una funzione formativa».
G
EN
Grade Seven on Sas dla Crusc, the ‘68 of mountain climbing “Up to here everything had gone according to plan. Nature had shown us the way and we had followed. But what to do now was the question”*. Reinhold e Günther Messner were 24 and 22 years old in 1968 when they did their first ascent of the central rockface of the Piz dl Ciaval on the western face of the Sas dla Crusc. As climbers the two brothers were able to overcome obstacles while scaling the rock face which no other climbers had been able to do. This was an era characterised by great change in every sense of the word and mountain climbing was also about being daring, rebellious and free in spirit in a similar way that rock at the time was a psychedelic experience otherwise how boring life would have been! Up to then only the upper grade six was thought to have been the most difficult one to climb while 7 or 8 were believed to be impossible to climb. Departure on 6 July. The Messner brothers spent the night in a damp cave at the bottom of this amazing mountain. At 8 a.m. it’s still cold but the first few metres of the climb aren’t difficult and some fissures are followed by parts which break away under their feet until they finally reach a smooth plate of overhanging rock. From here on “the dancing” began. The hours pass by and the few nails necessary to move onwards
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are not always as firm as one would like. The drop below their feet is nauseating but the two climbers are very strong and they push on until their way is blocked by a jagged outcrop (which is still there today).They immediately realize that going down is not an option and the fear of falling blocks them on a tiny ledge with room only for the tops of their boots. Their hands keep their bodies balanced as they scrutinize every possible way out. Going back down now means falling for sure so they decide that they might as well try to continue upwards. Reinhold manages to climb less than 2 metres with huge difficulty and with two awkward but effective movements he manages to catch hold of a ledge above him which saves his life. “….my thoughts were perfectly focused and in that moment in which I managed to pull myself up nothing else existed”*. Ten years later Heinz Mariacher, Luisa Covane and Liuggi Rieser (the famous climber with coat-tails) were forced to go around that difficult plate of rock using a variant which today is still judged to be grade seven in difficulty. Messner’s original route was eventually passed by Markus Lutz in the 1980’s but by means of an overhanging rope and apparently a small climbing hold broke away thereby making it impossible to follow the route of the climb thereby reinforcing it’s mythical status even further. *From Grade Seven by Reinhold Messner ed. De Agostini 1982.
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e Dolomiti non offrono solo paesaggi mozzafiato, natura, sport. I monti Pallidi e in generale le Alpi sono anche la culla di un modo di produrre, risparmiare e lavorare che prospera da un secolo e mezzo. Quando i turisti rimangono colpiti per il mix di modernità e tradizione, apertura al mondo e spirito comunitario che si respira in Val Badia, non sempre sanno che il merito va soprattutto alla cooperazione. Quella che si è sviluppata in Val Badia, e nel Tirolo, in generale, è caratterizzata da forte legame con le comunità locali (gli investimenti restano in loco) una visione etica dell’economia, di ispirazione cristiana, non confessionale né politica (mutualità e solidarietà, educazione al risparmio e al lavoro, sostegno alle piccole attività) e si incarna soprattutto nel credito cooperativo. Invenzione che è nata in Germania per iniziativa di Federico Guglielmo Raiffeisen, ma che si è sviluppata soprattutto in montagna. Austria, Svizzera e quindi anche in Italia. Le banche di credito cooperativo, comprese quelle che sono nate nei primi anni del novecento in Italia, si ispirano a quel modello che nelle Dolomiti era già presente e radicato.
anni cultura imprenditoriale, impegno per l’innovazione e per il territorio sviluppando servizi adeguati per soci e clientela. Una chiave di successo, come dimostrano le cifre: alla fine del 2011 sono stati raccolti depositi per oltre 349 milioni di Euro redistribuiti sotto forma di finanziamenti per 300 milioni destinati allo sviluppo del territorio. Da sempre la raccolta di denaro avviene sul territorio in cui la cassa opera e anche la messa a disposizione dei mezzi finanziari è vincolata al territorio. Un metodo che ha ridotto in minima parte i rischi ed ha contribuito in maniera determinante a creare valore, sviluppo e successo economico per il territorio della Val Badia e Fodom.
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Le casse della Val Badia si sono unite 40 anni fa proprio su questa idea di cooperazione. All’inizio erano la Cassa Raiffeisen Ladinia, Badia, La Valle e San Martino, insieme diedero vita alla Cassa Raiffeisen Val Badia. L’obiettivo primario era quello di rafforzarsi a vicenda sostenendo l’economia locale. Fin da subito la Cassa Raiffeisen Val Badia ha dimostrato oltre all’abilità di adeguarsi ai tempi, l’attenzione per il sociale, per il volontariato e tutto ciò che ruota attorno alla vita sociale educativa e valori tradizione ladina. Successivamente vennero filiali di dala agn agn daladidala agn agndala agn dala agn dala agn dala agn dala agn agn daladala agn dala agn dala dala agnaperte dala agnle dala agn San Vigilio di Marebbe, Corvara, La Villa, Arabba e Pederoa.
È una missione della Cassa anche quella di “garantire” i patrimoni creati e per questo da oltre 20 anni uno dei compiti è diffondere cultura assicurativa, intrattenendo e gestendo ben oltre 13.000 polizze. Al territorio durante il 2011 sono stati redistribuiti oltre 600.000 euro sotto forma di sostegno alle associazioni che operano nei vari settori del volontariato, spaziando dalle attività sportive, sociali, culturali, eventi e non per ultimo sostegno ad associazioni che promuovono il territorio come le associazioni turistiche.La Cassa Raiffeisen Val Badia anche in questi anni di congiuntura economica debole farà del proprio meglio per sostenere in questo particolare periodo al meglio l’economia locale e le esigenze specifiche.
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Per informazioni e/o domande: 012 1972–2012 –2012 1972–2012 1972–2012 1972–2012 1972–2012 1972–2012 1972–2012 1972–2012 1972–2012 1972–2012 1972–2012 1972–2012 1972–2012 1972–2012 1972–2012 1972–2012 1972–2012 1972–2012 1972–2012 1972–2012 Cassa Raiffeisen Val Badia – cooperativa dala agn dala Ufficio Marketing nCassa eisen adia aiffeisen Badia Raiffeisen Cassa Cassa Val Raiffeisen Cassa Val Badia Raiffeisen Raiffeisen Cassa Badia Val Cassa Raiffeisen Badia Val Cassa Cassa Val Badia Val Raiffeisen Cassa Badia Cassa Badia Val Raiffeisen Cassa Raiffeisen Cassa Val Badia Raiffeisen Cassa Cassa Raiffeisen Val Badia Raiffeisen Cassa Raiffeisen Cassa Badia Val Val Raiffeisen Raiffeisen Cassa Val Badia Badia Raiffeisen Val Raiffeisen Cassa Badia Val Val Badia Raiffeisen Badia Val Val Badia Raiffeisen Cassa Val Badia Badia Val Raiffeisen Badia Val Badia Raiffeisen Val Val Val Badia Badia un fujiun fujiun fujiun fujiun fujiun fujiun fujiun fujiun fujiun fujiun fujiun fujiun fujiun fujiun fujiun fujiun Dal 9 Badia 1889 889 dia Val llaia tla Val Badia tla Dal 1889 Badia Val Val tla Badia tla 1889 Dal Val Badia Badia Val tla Dal Badia 1889 Val Badia tla 1889 Badia Val tlaRaiffeisen Badia Val tla Val Badia Badia Str. Col AltCassa nr. 16 – 39033 Corvara inBadia Badia Badia (BZ) I soci di questa realtà partiti da 346 sono arrivati a 1.876 alla fine del 2011. I clienti della banca sono oltre 10 mila. La Cassa Raiffeisen Val Badia ha promosso in tutti questi
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L ’ambasciata dei sapori mitteleuropei
L’unico Sacher shop al mondo fuori dai confini austriaci si trova nel capoluogo sudtirolese. Nel negozio di piazza Walther, aperto da Francesco D’Onofrio nel 2004, si può assaggare il dolce più famoso del mondo nella versione originale e fare un tuffo in un’atmosfera mitteleuropea. Enrosadira
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U
n’ ambasciata di sapori e di cultura viennese nel incontro tra culture che i visitatori hanno apprezzato da cuore di Bolzano, che è una città mitteleuropea subito. per vocazione, ma che da dieci anni può anche Quanto la prudenza della famiglia Gürtel non sia un fregiarsi di essere l’unica a ospitare il marchio austriaco semplice capriccio lo si capisce varcando la soglia più conosciuto e prestigioso. Sicuramente quello che del Sacher Shop di Bolzano. Stile, cura dei particolari, gli italiani apprezzano di più, tanto che, quando si tratta atmosfera elegante, ma allo stesso tempo calda e di Sacher, abbandonano volentieri il campanilismo accogliente. Che è un po’ la cifra dei caffè dell’impero enogastronomico e riconoscono il primato di dolce più austroungarico. buono alla torta inventata nel 1832 da Franz Sacher. I prodotti sono quelli Sacher doc. Le torte nelle quattro Uno dei punti di forza della ditta, fin dalle origini, sono misure classiche, le monodosi, le varianti come quella le radici ben piantate in Austria, con un’unica eccezione dolce-amara, la piccola torta con leggero sapore che è appunto il negozio di piazza Walther 21, accanto di punch, la composizione di cioccolato e nocciole. all’Hotel Città, unico shop autorizzato fuori dai confini. Oppure il tortino Anna Sacher con farcitura alle nocciole A portare la Sacher in Italia è stato il gestore dello e arance e una nota di Cointreau. Poi i cioccolatini, Stadthotel, Francesco D’Onofrio le tavolette e il liquore. Il tutto nelle (nella foto in basso a sinistra). classiche confezioni Sacher, come la In vendita solo prodotti «Quando abbiamo rilevato l’hotel scatola di legno delle torte. doc: torte in quattro abbiamo scelto di non legarci a misure, la versione dolce- Il segreto del successo sta negli nessuna catena internazionale. Ma amara con un po’ di punch ingredienti e nella cura artigianale quando leggemmo che la Sacher e quella alle mandorle. E che è testimoniata dalle piccole stava pensando di aprire al franchising imperfezioni nella glassa di fondente adesso anche il caffè non abbiamo avuto dubbi. Abbiamo che copre i due strati di cioccolato contattato uno dei dirigenti e da lì è nato un rapporto e marmellata alle albicocche della torta più famosa di fiducia e amicizia con la famiglia Gürtler (proprietari del mondo. Un lusso, di questi tempi. Anche perché i dell’hotel viennese e dei diritti sulla torta originale dal numeri non sono da pasticceria a conduzione familiare: 1934) che è continuato anche quando da Vienna hanno tra le 350 mila e le 400 mila torte all’anno. Di queste deciso di abbandonare l’idea del franchising». circa 20 mila vengono vendute nello shop di piazza Onore raggiunto con fatica e determinazione. «Non è Walther. Da poco a Bolzano è anche possibile prendere stato facile; abbiamo dovuto capire quello che Sacher una cioccolata con panna o il caffè che, come sanno voleva, abbiamo subito compreso che erano gelosi del i veri appassionati, è un’altra specialità degli hotel marchio e che non lo avrebbero mai consegnato a degli Sacher. Capace, dicono gli esperti, di fare dimenticare sconosciuti. Ma a noi piaceva l’idea di portare un pezzo l’espresso italiano. di Vienna a Bolzano e attraverso vari colloqui abbiamo Gli italiani sono da sempre i migliori clienti della Sacher. conquistato la fiducia dei proprietari. Oggi gestiamo il A Vienna, spiega D’Onofrio, il picco di vendite dopo prodotto esattamente come loro desiderano, come se Natale è agosto, quando nella capitale austriaca il negozio fosse a Vienna». A pochi metri dallo shop, arrivano i turisti del Belpaese. A chi non vuole varcare il la pasticceria dell’Hotel Città. Specialità: pastiera confine, basta andare nella piazza principale di Bolzano. napoletana. Un omaggio alle origini di D’Onofrio e un La Sacher è quella Doc. E l’esperienza è assicurata.
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Si fa presto a dire Ciasa
Laura Villoresi
Dalla classica «a fungo» fino a quella gotica, tutta in muratura. La Ladinia ha lasciato il segno anche nell’architettura. Abbiamo chiesto a Sigrid Piccolruaz di spiegarci i segreti delle case nelle Dolomiti
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forma originaria della casa rurale ladina e risale ono anche le architetture ad offrire la forma al all’epoca della colonizzazione medievale».Casa paesaggio di Val Badia. Il Paesaggio costruito e rustico sono entrambi su due volumi ma hanno è definito dall’opera del suo civilizzatore, la gens di differenti destinazioni di uso. La casa presenta il montagna che gestiva ad uso, le sue architetture tipico zoccolo in pietra squadrata (cantina/granaio), abitative. Risalire agli insediamenti più antichi vuol alto anche fino a cinque metri nella sua parte dire riferirsi all’epoca dei Reti; man mano che inferiore seminterrata con una porta di accesso la popolazione diventava più stanziale, la baita con arco romanico a tutto prendeva la forma di sesto (l’atrio retico), un primo un insediamento rurale Lo sviluppo delle viles ha piano con aggetto in legno stabile. Abbiamo pensato seguito il lavoro dell’uomo. (sorà) e un piano superiore, di condividere la storia La ricerca di un riparo, delle abitabile, integralmente in legno degli ambienti rurali della migliori esposizioni, di un valle insieme all’architetto habitat funzionale al paesaggio sporgente e con pochi spazi in muratura intorno alla cucina Sigrid Piccolruaz che che vanno a costituire lo spazio ha offerto contributi alla primario. Spazio che nel rustico è riservato alla conservazione dell’architettura tradizionale storica stalla con il fienile e il ballatoio come successivi. dei nuclei rurali posti sotto tutela e ha ricoperto il ruolo Pur nelle differenti declinazioni (per esempio, due di coordinatore locale per i piani di conservazione volumi in muratura e legno o completamente delle viles, redatti dall’ufficio Tutela del Paesaggio in muratura) il «paraahof» (la casa a fungo) ha per i comuni della Valle, San Martino e Marebbe. costituito la principale forma abitativa della Val «La tipica casa badiota è la cosidetta casa a Badia, riconducibile al sistema insediativo rurale fungo - precisa l’architetto - dalla caratteristica tipico delle viles: le aggregazioni di aziende agricole forma con zoccolo in muratura, sopraelevazione che variano nel numero e nei terreni, soggette ai in legno e sovrastruttura lignea aggettante, con diritti di uso e di pascolo che ciascun contadino ballatoio-solarium. Questa tipologia di edificio che aveva (e ancora ha) in base alle regole comunitarie, presenta caratteristiche assai costanti, e si ritrova frazionati in maniera proporzionale ed su tutte le zone dell’intera valle, risulta essere egualitaria. Gli avanzamenti un’evidente derivazione della casa romanica. delle viles hanno Quest’ultima, molto più antica (alcuni esempi come Pransarores e Alfarëi risalgono probabilmente al XIII secolo) può essere considerata come la
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evidentemente seguito il lavoro dell’uomo, la sua ricerca di riparo e delle migliori esposizioni solari, coincidendo con la ricerca di habitat funzionali al paesaggio e alla sua stessa antropizzazione nel corso dei secoli e che, ancora adesso, caratterizzano l’architettura rurale della Val Badia. In un periodo successivo, si diffuse in valle la «casa gotica» in muratura come tipologia abitativa di stile signorile e nobiliare.«Essendo completamente in muratura - spiega ancora Picolruaz - ha gettato le basi per le tipiche case ottocentesche costituite da semplici parallelepipedi in muratura con tetto a due falde provvisto di smussatura a valle e la tipica veranda laterale in legno che costituisce l’ ingresso dell’edificio. Questa tipologia si è sviluppata con il consolidamento delle signorie feudali e delle loro rappresentanze territoriali, giunto a maturità tra il XV e XVI secolo. Si tratta di un edificio residenziale che diventa il tipo edilizio fondamentale del Mayrhof».Un bell’esempio di casa nobiliare rimane Colz a Badia, la cui struttura (come si vede adesso), risale al 1500 ma, fra i più tipici, anche Curt a Pieve di Marebbe, Runch a La Valle o Ciancei in Alta Badia. In epoca moderna, oltre alla conservazione architettonica si fa sempre più spazio l’innovazione con le sue tendenze, dettate, per esempio, da tipologie quali la casa clima nelle sue molteplici varianti, e da nuove metodologie costruttive (è quasi scomparso, per esempio, il sistema del Blockbou che utilizzava tronchi squadrati) e l’impiego di materiali diversi; ma, secondo l’architetto Piccoluraz, «ancora manca una vera e propria interpretazione moderna dell’architettura ladina e proprio per questo, sarebbe doppiamente importante almeno conservare quella che ancora resta, ristrutturando almeno le case vecchie. Ma nemmeno questa, sembra purtroppo essere la tendenza».
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Non costruire in modo pittoresco ma lascia che questo effetto scaturisca dai muri, dalle montagne e dal sole Adolf Loos, architetto austriaco
Ladini Architecture Architecture also forms the landscape in Val Badia. We reconstructed the history of the rural environment of the valley together with an architect Sigrid Piccoluraz. “The typical dwelling in Val Badia is the so-called “mushroom house”- the architect points out- characterized by stone wainscot, timber roofs and balconies. This type of building is found throughout the valley and is of obvious Roman origin. Examples found in Pransarores and Alfarei were probably built in the 13th century and can be seen as perfect examples of the rural Ladini house and stretch back to the medieval colonization period”. It is also the typical dwelling found in the viles : the cluster of agricultural farmland whose rights of use and pasture are still regulated today by ancient community rules which also determine how the land is divided among the farmers in a fair and proportionate manner.
La casa gotica, ha gettato le basi per le tipiche case ottocentesche costituite da semplici parallelepipedi in muratura con tetto a due falde provvisto di smussatura a valle e la tipica veranda laterale in legno, che serve da ingresso.
La tipica casa della Val Badia risulta essere un’evidente derivazione della casa romanica. Quest’ultima, è però molto più antica. Alcuni esempi come Pransarores e Alfarëi risalgono probabilmente al XIII secolo.
Un bell’esempio di casa nobiliare rimane Colz a Badia, la cui struttura attuale risale al 1500 ma, fra i più tipici, anche Curt a Pieve di Marebbe, Runch a La Valle o Ciancei in Alta Badia (nella foto).
At a later date the typical “gothic” house became common in the valley with it’s noble and elegant style. “As it was built completely in stone– Piccoluruaz continues- it formed the basis for the typical houses of the 19th century with their simple stone parallelepipeds, double-pitch roofs and the typical lateral wooden veranda where we also find the entrance into the dwelling. This type of building developed in the 15th and 16th centuries with the consolidation of the feudal system and the effect it had on the division of territories”. Coz a Badia is a beautiful example of a noble house whose structure, as we can see, dates back to the 1500. Other fine examples are: Curt in Pieve di Marebbe, Runch in La Valle or Ciancei in Alta Badia. In the modern era innovative designs have become common with their new construction methods; yet according to Piccoluraz, “a faithful modern interpretation of the traditional Ladini architecture has yet to be achieved”.
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Marcello Cominetti
Guido Pompanin
Una funivia e, in cima, il famoso rifugio del Piccolo Lagazuoi. Meta turistica conosciutissima, con i suoi panorami mozzafiato e i ricordi della Grande Guerra. Pochi sanno che è anche il teatro di un libro e di un film di Luis Trenker. Due dei lavori più riusciti dello scrittore e cineasta di Ortisei, storia di soldati e di fratellanza
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vicini Passi di Falzarego e Valparola, alla testata delle tre valli che digradano verso la conca Ampezzana, Livinallongo e la Val Badia, sono sormontati da cime eccezionali e da un orizzonte panoramico decisamente emozionante. Oltre la mastodontica Tofana di Rozes e l’affilato Sas de Stria, la cima che maggiormente richiama lo sguardo è quella del Piccolo Lagazuoi, dove un’impressionante funivia si inerpica fino alla sua anticima. Poco distante, appena percorsa una breve scalinata, si trova il rifugio omonimo e la vista si espande verso nord sulle altre cime di Lagazuoi e sul gruppo di Fanis, dove la Cima Scotoni mostra la sua parete sudovest che strapiomba per 600m di vertigine rocciosa sul piccolo lago verde in cui bagna i suoi piedi ghiaiosi. Questo panorama, che si estende fino all’arco alpino di confine e oltre, lascia vedere un’infinità di altre cime ricoperte di ghiacciai, le più alte delle Alpi Orientali come il Gross Venediger e il Gross Glockner, il tutto visibile standosene comodamente seduti in una elegante stube gustando le prelibatezze della cucina di casa Pompanin. La Famiglia Pompanin, infatti gestisce dalla costruzione avvenuta nel 1965 il rifugio Lagazuoi. È una famiglia di Guide Alpine e mi viene da pensare ogni volta che salgo lassù, io che pure sono guida, che difficilmente un amante delle Dolomiti avrebbe trovato un luogo migliore dove ospitare alpinisti, escursionisti e turisti. Oggi arrivare sul Lagazuoi è comodo e facile ma quegli stessi strepitosi panorami che dalla Marmolada abbracciano Civetta, Pelmo, Antelao, Sella e Tofane, mi perdonino tutte le altre cime che per necessità di sintesi non nomino, negli anni duri della Grande Guerra facevano da sfondo a ben altre vicissitudini. Per la sua posizione il Monte Lagazuoi, assieme ai vicini Castelletto di Tofana, Col di Lana e Sas de Stria, dominava uno dei nodi geopolitici più importanti delle Alpi, trovandosi sul confine tra i Regni d’ Italia e di Austria-Ungheria fu teatro di incredibili combattimenti e opere di sbarramento unici nella storia. Nelle viscere di questa montagna furono scavati chilometri di
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gallerie, costruite migliaia di abitazioni per i soldati che vi vissero per anni, serpeggianti trincee, posti di vedetta, vie ferrate (che qui e per questo motivo nacquero) sulle pareti più verticali. Decine di libri raccontano di innumerevoli vicende umane, tattiche e pure di assurdità allora necessarie ma su tutti vorrei consigliarne uno, che pur essendo un romanzo, rappresenta secondo il mio modesto parere una vera perla letteraria e storica. Si tratta di Dolomiti in Fiamme di Luis Trenker (ed. Praxis3 Bolzano, titolo orig. Berge in Flammen). Luis Trenker, per chi non lo sapesse, fu una guida alpina uno scrittore e un celeberrimo cineasta che nacque nell’allora Austriaca Ortisei nel 1892 (morì a Bolzano nel 1990), ebbe la sventura di vivere e combattere la Grande Guerra come ufficiale proprio sulle sue montagne che sempre furono fonte di ispirazione per le sue opere artistiche. Dotato di raro senso estetico, poetico e comunicativo ci ha lasciato dei capolavori cinematografici di ineguagliabile portata. Prediligeva come scenario dei suoi film le Dolomiti, ma il suo talento lo portò a lavorare anche oltre oceano dove è più conosciuto che da noi. Iniziò a lavorare nel cinema come controfigura in scene alpinistiche e di sci con Leni Riefenstahl e Arnold Fanck e ben presto divenne attore e poi subito regista. Il suo libro ambientato sul Lagazuoi racconta dell’assurdità della guerra e di una guida alpina di Cortina, Florian Dimai, amica di un nobile fiorentino il Conte Franchini suo cliente, che li vede poco dopo impegnati a fronteggiarsi da nemici, l’uno sulla cima della montagna in veste di Kaiserjaeger e l’altro come comandante di una Compagnia Alpina di minatori italiani che scavavano il
tunnel, che ancora oggi raggiunge l’anticima, che venne poi riempito di esplosivo e fatto saltare il 20 giugno del 1917. Dimai fuggiva nella notte per andare a trovare sua moglie incinta a Cortina, occupata dagli italiani, tra mille avventure e pericoli e alla fine della guerra il Conte Franchini e la sua guida si rincontrano da amici sul Lagazuoi dove le montagne sono rimaste le stesse ma non più gli uomini. Se vi verrà voglia di visitare le trincee e le gallerie del Lagazuoi, oggi ripristinate e arricchite di informazioni per il visitatore a mo’ di museo a cielo aperto, fatelo con in mano Montagne in Fiamme. Ritroverete nelle minuziose descrizioni di Trenker la baracca del tenente Kall, il posto di vedetta dell’alfiere Schneeberger, la scrivania del Capitano Martini e il binocolo del fante Usai, si proprio un sardo! Anni fa mi ero perso nei vicoli di Cagliari e a un certo punto in una piazzetta un monumento che attirò la mia attenzione diceva «Ai caduti delle Tofane» e la lista era lunghissima. Immediatamente con la mente fui a Trenker che era uno, ma non il solo, che si batteva per la fratellanza tra popoli delle montagne di etnia e lingue diverse, quante cose, pensai. Nel 1931 Berge in Flammen diventa un film sotto la regia dello stesso Trenker (DVD sottotitolato in italiano di Vivalda Editori-Torino) e ambientato tra Corvara, Cortina e ovviamente il Lagazuoi Quando vedrete la scena in cui un gruppo di soldati vestiti di bianco si lascia scivolare sugli sci di notte nella neve vergine per compiere un’azione contro delle sentinelle nemiche sulle note dei violini diretti da Giuseppe Beccè, un brivido vi percorrerà la schiena, ne sono certo.
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Tre lingue, cultura e sport
La scuola ladina funziona Katia Pizzinini
La vita tra i banchi nelle Dolomiti incuriosisce e affascina i visitatori. Il suo successo? Radici nel passato, apertura a tutte le culture, senza trascurare la vita all’aria aperta
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Il bambino che parla più lingue è un piccolo linguista. Prende la lingua in mano per sentire che suono ha, per pronunciare le parole, per costruire le frasi che gli servono per comunicare agli altri quello che pensa, quello che sente». È così che Franz Vittur, insegnante e primo intendente scolastico ladino, dal 1975 al 1992, definisce il plurilinguismo che caratterizza la popolazione ladina; Vittur ne parla nel suo libro, «Sön les pedies y i fostüs dla scola ladina» (Sulle orme e
le tracce della scuola ladina). Le lingue sono una grande ricchezza e i ladini possono essere fieri di averne una propria. Trovandosi fra due grandi culture europee, hanno sempre dovuto lottare per la preservazione della loro lingua, ma dall’altra parte ha anche dovuto far fronte all’esigenza di aprirsi verso il mondo esterno, verso i popoli e le lingue vicine. In questo modo, i ladini hanno imparato a muoversi con naturalezza in un ambiente multiculturale; uno
La Villa, 1955, la maestra con gli scolari di terza elementari. Dietro i banchi una stufa a legna.
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Durante gli anni Trenta le alunne della scuola elementare fanno ginnastica con i cerchi.
dei meriti è sicuramente da attribuire alla scuola, al modello scolastico paritetico, entrato in vigore nel 1948. La storia della scuola ladina è molto complessa ed intricata. Nell’arco di due secoli, a partire dal 1800, ha subito continue trasformazioni. Infatti, anche se nel XVII secolo le lezioni venivano già impartite in parte in italiano, in parte in tedesco, con la possibilità di utilizzare il ladino come lingua d’appoggio, nel corso degli anni è stata tedeschizzata e italianizzata più di una volta, generando contestazioni da parte della popolazione. Nel 1945 venne istituita in Val Badia una commissione formata dai sindaci, dal decano e dai parroci con lo scopo di gettare le basi per una scuola trilingue. L’anno successivo venne mandato da Roma un ispettore per valutare la situazione e il modello scolastico ladino. L’ispettore Nencioni si convinse dell’idea che questo popolo doveva essere aiutato a trovare una sua identità. Ma solamente con l’approvazione del Primo Statuto d’Autonomia, nel 1948, entrò in vigore il sistema scolastico paritario. La scuola paritetica prevede l’uso perfettamente uguale delle lingue italiano e tedesco per l’insegnamento e la possibilità di utilizzare il ladino come lingua veicolare, di spiegazione. Ma la grande novità fu rappresentata dal fatto che il ladino divenne lingua didattica, anche se per un numero di ore limitato. Non mancarono le polemiche da parte di quelle persone
che erano convinte che i bambini, chiamati ad apprendere contemporaneamente tre lingue, potessero fare confusione. Ma in realtà la scuola ladina si aprì ad un modello nuovo e rivoluzionario, un modello i cui risultati non si fecero attendere. «Era il suono di una campana che risvegliava dal sonno un popolo che fino ad allora non aveva mai potuto vivere con baldanza la sua identità», scrive Vittur. Una amministrazione e un intendente ladino vennero garantiti solo con il II Statuto d’Autonomia, nel 1972. «Sono previste tre intendenze scolastiche: quella italiana, quella tedesca e quella ladina; queste sono un vero e proprio baluardo per la preservazione delle minoranze», spiega Roland Verra, intendente delle scuole ladine. «I risultati raggiunti da questo sistema sono più che positivi, gli esiti dell’esame di trilinguismo raggiunti dai ladini ne sono la prova», assicura Verra. Il ladino viene utilizzato come lingua di insegnamento nelle scuole dell’infanzia. Nella scuola primaria la lingua locale diventa lingua veicolare. Le materie vengono insegnate in una quantità di ore perfettamente uguale in italiano e in tedesco. A seguito della riforma scolastica, promossa dal ministro Gelmini, dalla quarta classe della scuola primaria sono previste inoltre anche due ore settimanali di inglese. «Nelle prime classi vengono insegnate le regole fondamentali d’ortografia, nelle classi più avanzate sono la geografia e la storia delle popolazioni ladine ad essere al centro del programma didattico», spiega Nicole, maestra
Con il modello paritario c’è un’unica scuola per tutti. Gli insegnamenti sono in italiano e tedesco. La lingua locale è “veicolare”, serve a spiegare, ed è essa stessa una materia
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1947/48 a San Cassiano scolari e scolare della scuola elementare con i maestri Stachio Costa e Paolina Ceschi.
15.06.1937, gita della scuola di Badia sulla via crucis che porta al Sasso Santa Croce.
di ladino e italiano nella seconda e quinta classe della scuola elementare di La Villa. Durante le ore di italiano, ma anche durante le altre ore di lezione, le maestre parlano italiano e tedesco con i bambini. La lingua ladina potrebbe essere usata come lingua veicolare, ma nella maggior parte dei casi non ve n’è bisogno, ci spiega Nicole. Fuori dalle aule scolastiche invece, durante le gite ad esempio, le insegnanti parlano nella loro madrelingua con i bambini. Ma non c’è solo il plurilinguismo, tra le possibilità offerte ai bambini ladini. La vita nel territorio montano offre la possibilità ai ragazzini di iniziare a praticare sport all’aria aperta fin da piccoli. Già all’asilo vengono proposti loro corsi per imparare a sciare, organizzati dalle scuole di sci. Molto in voga sono poi anche il fondo, lo snowboard, l’hockey e fra le bambine il pattinaggio artistico. Anche le istituzioni scolastiche sono promotrici di attività sportive, attraverso il servizio sportivo scolastico che, ci spiega l’intendente Roland Verra, organizza campionati interstudenteschi di calcio, atletica, sci, snowboard e hockey. Poi offre la possibilità alle scuole di organizzare delle «Settimane dello sport». Le prime classi
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delle scuole superiori di La Villa hanno partecipato ad una settimana sportiva a Lignano, durante la quale hanno potuto praticare sia nuoto che windsurf, spiega Verra. «Per le quarte e quinte classi elementari – ci racconta invece la maestra Nicole – sono stati organizzati quest’anno dei corsi di sci di fondo». Nelle scuole primarie sono inoltre previste le giornate della neve e dello sport, durante le quali vengono organizzate gite con lo slittino o escursioni. Per quanto riguarda le scuole superiori, il liceo linguistico di La Villa offre la possibilità ai suoi studenti di scegliere l’attività fisica per quanto riguarda le ore opzionali, due ore in più in cui gli alunni imparano a praticare lo sci di fondo, lo snowboard, l’arrampicata o il golf in estate. L’Istituto Tecnico Commerciale di Ortisei, in Val Gardena, prevede invece, fra i tre indirizzi, uno sportivo, incentrato sullo sci alpino e nordico a livello agonistico. La scuola si deve adattare ai mutamenti della società e quella ladina si è rivelata perfettamente in grado di accompagnare lo sviluppo del turismo anche in questi anni di trasformazioni tumultuose. Ed è riuscita a farlo, senza rinunciare alla lingua madre.
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Buona, perché ha sempre vissuto qui Lo slogan della Forst spiega un dato di fatto: la birra altoatesina più famosa è ancora prodotta nello stesso luogo dove, più di 150 anni fa, nacque il primo stabilimento Birra Forst fu fondata nel 1857 nello stesso luogo dove ancora oggi é situato lo stabilimento. Infatti, i fondatori hanno avuto la felice intuizione che la zona è semplicemente perfetta: superba acqua di sorgente, ampi spazi di fondo valle, aria pura in una natura incontaminata, con le maestose montagne a fare cornice. Nel corso degli anni, Forst si sviluppa sino a divenire una delle più grandi birrerie d’Italia. La perfetta armonia fra un rispetto assoluto della natura nelle sue manifestazioni e una tecnica allo stato dell’arte, fa di Forst la depositaria di un’arte birraia senza eguali. Oggi vengono prodotti con la più recente tecnologia e in armonia con la natura 700.000 ettolitri di birra. Nella sede di Forst/Lagundo lavorano 180 dipendenti, i quali con amore e dedizione si impegnano a brasare un prodotto di alta qualità ed a garantire ai clienti sempre il miglior supporto possibile. Il nome FORST è sinonimo di tradizione e amore per la natura, non per nulla il motto della famiglia Fuchs è: «massima qualità dei prodotti in armonia con la natura, perché la qualità rispetta la natura e la birra è natura». Forst presta sempre assoluta attenzione alla qualità, sia nella selezione delle materie prime, durante il processo di produzione nella nuova sala di cottura ad alta efficienza energetica, o nella lavorazione accurata nella cantine di fermentazione e maturazione. Così nascono le specialità birraie Forst, le quali garantiscono a tutti gli amanti della birra sempre il massimo piacere.
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UNA MONTAGNA DI SCIENZA
Gli alieni sono già qui
Le specie migrano, cercano condizioni climatiche ideali lontano dai luoghi di origine. È stato così per rododendri, papaveri e pomodori, prodotti esotici fino a pochi secoli fa. E anche la stella alpina è migrata. Viene dalla Mongolia. Da noi è rara, lì ce ne sono intere praterie
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rovare un giorno palme sul corso di San Cassiano o veder saltare canguri nella piazza di Corvara sarebbe una vera sorpresa. Flora e fauna – lo impariamo dalle scuole elementari – sono tipiche di ogni area geografica. Lì hanno trovato il meglio quanto a cibo, clima, rapporti con le altre specie, storie di discendenze familiari, proprio come noi umani. Spostarsi è una fatica. Ma basta ridurre il grande viaggio a una serie di piccoli passi per scoprire che in realtà nessuno sta fermo. E che anche le stelle alpine, una volta, non vivevano qui e sono arrivate da molto lontano. Come i rododendri, i fiordalisi, le robinie e i papaveri, oggi così «nostri», ma esotici e sconosciuti in Italia almeno fino a due-tre secoli fa (tempi lunghi per la memoria umana, ma cortissimi per la natura). Gli sconfinamenti, le esplorazioni e la spinta a
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Rossella Castelnuovo
invadere nuovi spazi fanno parte di un istinto dei viventi pari e contrario a quello della stabilità. I più arditi migrano e, anche tra i fiori e le bestie, questi spostamenti sono diventati oggi molto più frequenti e molto più veloci. Qualcuno arriva al seguito di turisti al ritorno da luoghi esotici, come le tartarughe e i pappagallini ormai di casa nei parchi romani. Altri sono scappati da qualche gabbia, come l’alga Caulerpa dell’acquario di Montecarlo evasa nel Tirreno. Altri ancora si sono infilati come clandestini in camion e aerei, come ha fatto la zanzara tigre insieme a tanti insetti. Mentre le piante, senza bisogno di tante astuzie, viaggiano in lungo e in largo per il pianeta attraverso i normali scambi tra agricoltori e vivaisti. Se poi a queste specie aiutate dagli umani aggiungiamo quelle che si muovono per proprio conto, ci accorgiamo di vivere in una sorta di stazione affollata di continui arrivi e partenze. Un viavai normale, in natura, ma fino a un certo punto. La velocità e la quantità degli spostamenti si è fatta critica. A chi arriva da lontano i biologi hanno dato il nome di «alieni», spesso con l’attributo «invasivi», e i loro spostamenti sono oggi sotto stretta osservazione. L’arrivo dello «straniero» crea comunque scompiglio. Cibo, rifugi, parassiti, predatori, la competizione nella lotta per la vita si fa più dura. Accade spesso che il nuovo arrivato si adatti e prolifichi,
ma in tono minore e non al punto da prevalere o solo gli intrusi. Sanno che oggi nel lago di Caldonazzo è in recare disturbo agli indigeni. Come accaduto alla stella corso una lotta tra le tartarughe locali e le immigrate dalle alpina che sulle nostre montagne è la rarità da proteggere, orecchie rosse. Sulle rive dei corsi d’acqua crescono le mentre in Mongolia, loro terra natale, copre intere praterie. colonie di nutrie e nei fiumi sono arrivati gamberi assai Ma accade anche il contrario. Il nuovo arrivato fastidiosi per i loro simili locali. fa piazza pulita, come nel caso famoso dei Tutte le specie tendono a migrare e mai Sulle Alpi c’è la flora più conigli portati da un allevatore in Australia nella capitolo della biologia aveva vissuto ricca d’Europa: 500 specie metà dell’800. Erano 13 all’arrivo e trovarono fino ad oggi tanta popolarità tra tutti i endemiche. Tra cento anni l’ambiente così piacevole da crescere fino a viventi. E chissà che un giorno palme e saranno la metà e lasceranno canguri… più di un miliardo di individui in un centinaio di anni. Forti e famelici da far paura: agli altri spazio ad altri animali e agli agricoltori. Per questo la minaccia degli «alieni invasivi» è oggi nell’agenda delle maggiori organizzazioni ambientaliste internazionali: si stilano liste nere, si studiano interventi, si finanziano progetti di ricerca, si cerca di creare barriere per evitare che i nuovi abitanti non facciano fuori i vecchi. «Dagli all’invasore» dunque? Dipende. Per ogni pesce, albero o mollusco cattivo non è difficile trovarne uno buono. E la storia ce lo ha mostrato tante volte. Come faremmo oggi senza i pomodori e le patate importate dall’America centromeridionale appena 400 anni fa? Niente pizza, niente pasta al ragù, niente menu tirolesi. Mentre arriva in tavola il kiwi, alieno fino a un centinaio di anni fa, e diventato quasi un frutto tipico nostrano dato che l’Italia è il secondo produttore al mondo dopo la Cina, loro terra di origine. Tornando a noi, alle Dolomiti e alle montagne, se è vero che palme e canguri non sembrano essere dietro la G porta, è vero anche che altri alieni sono arrivati o stanno EN The Aliens are coming arrivando. Per la gioia dei turisti e, a volte, la disperazione dei naturalisti. Finding palm trees on the main street of San Cassiano or L’attenzione si è alzata da una ventina d’anni quando, nel seeing kangaroos in the main square in Corvara would be 1991, i paesi della Comunità Europea si sono riuniti per astonishing but all we have to do is reduce the long journey to firmare una Convenzione internazionale per la protezione a series of little steps to discover that in reality no one stands delle Alpi successivamente rinforzata delle azioni previste still. Once the edelweiss was not part of this land but came nel 2010 Anno della biodiversità. from one far away as did the rhododendron, the cornflower, Su queste montagne vive la flora più ricca d’Europa. Le the black locust plant and poppies. In fact things which today 500 specie endemiche che ne segnano il paesaggio e we call “ours” were unknown and seen to be exotic two or la varietà sono però minacciate al punto da temere che three centuries ago which to us may seems like ages but in tra cent’anni ne saranno rimaste appena la metà. Nel botanical terms is really a short period of time. frattempo molte altre specie son pronte a occupare il loro posto, creando un problema forse più grande rispetto alle Travel to new lands has always been part of man’s instinct estinzioni. Invasioni ed estinzioni sono infatti due facce and as a consequence tortoises and little parrots have della stessa medaglia. become permanent inhabitants of the parks of Rome having È dal 1500 che le invasioni di piante superano le estinzioni been brought back to Italy from exotic climes. Others have e rischiamo di non avere più ambienti unici per l’insieme di escaped from cages like the yellow leaf scorpion fish which fiori e animali che li popolano. Una sorta di globalizzazione escaped from the aquarium in Montecarlo and ended up in del paesaggio che ci farà perdere il gusto del tipico e del the Tyrrhenian Sea. Many insects have arrived here in trucks diverso, un po’ come è avvenuto con le botteghe dei or aeroplanes like the tiger-mosquito. paesi più turistici requisite dalle grandi firme internazionali. Animali e piante arrivano da ogni parte del mondo e due Getting back to the Dolomites, if it’s true that kangaroos and sono le ragioni principali di queste migrazioni: il caldo e palm trees will never become part of our landscape then other l’occasione di sfruttare nuove vie di comunicazione. Uno “alien” species have arrived or will do so in the future. On the studio condotto in Svizzera ha registrato la presenza other hand our mountains have the richest variety of flora in the di 155 specie invasive nelle stazioni ferroviarie e 125 whole of Europe . There are more than five hundred species sulle scarpate delle strade di montagna. Mentre le vette which colour the landscape but many are at risk so much diventano sempre più ambite per il fresco: l’aumento delle so that within 100 years we risk loosing almost half of them. temperature spinge le piante a salire a una media di circa Almost all species tend to migrate and never has biology ever tre metri all’anno. been so popular. And who knows maybe one day a kangaroo Gli ambientalisti sanno dunque dove andare a cercare and some palm trees…
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LA NUOVA VITA DELLE LEGGENDE Nicola Dal Falco, in collaborazione con l’Istitut Ladin riprende, dopo un secolo, il lavoro di Karl Felix Wolff
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Miti Ladini delle Dolomiti Ey de Net e Dolasíla di Nicola Dal Falco con il saggio Raccontare le origini e le glosse di Ulrike Kindl foto di Markus Delago Palombi Editori www.palombieditori.it Roma - 2012 15 euro
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n nuovo libro, edito da Palombi Editori in collaborazione con l’Istitut Ladin Micurà de Rü, intitolato Miti ladini delle Dolomiti Ey de Net e Dolasíla, narra attraverso il doppio linguaggio del racconto e del saggio il destino del regno di Fanes, grazie alla stretta collaborazione tra lo scrittore Nicola Dal Falco e Ulrike Kindl, docente di germanistica all’Università Ca’Foscari di Venezia. Lo fa, rileggendo e riscrivendo i temi, elaborati quasi un secolo fa da Karl Felix Wolff. Sforzo, iniziato due anni fa, che ha permesso di ritrovare il filo nascosto di una tradizione d’origine mediterranea, risalente verosimilmente all’Età del bronzo. Le vicende di Occhio di Notte e di Dolasíla come di Tsicuta e Spina de Mul vanno, per ragioni antropologiche, iconologiche e poetiche, inserite nell’abito di una mitologia dove le Dolomiti, i cosiddetti Monti Pallidi, sono il luogo in cui si colloca la scena divina che ha per protagonista assoluta la Dea lunare nei suoi tre aspetti di luna crescente, luna piena e luna nera. Non si tratta, quindi, di vicende storiche per quanto antichissime; il regno non è un regno qualsiasi e i personaggi in gioco parlano e agiscono in nome e per conto del fato. Offrono una visione del mondo e, se vogliamo, una «fede» che aiuti a spiegare l’alternarsi dei cicli, l’innalzarsi e il declinare delle fortune terrene. «Scrivere, prendendo spunto da un altro testo – sottolinea Nicola Dal Falco – fortemente caratterizzato da un punto di vista romantico come quello di Wolff non è stato facile. Ha imposto la ricerca di un nuovo linguaggio che non concedesse nulla all’immaginario medievaleggiante e che potesse andare al cuore del mito, di una storia senza tempo. «Il libro inizia dalla nascita geologic a delle Dolomiti, cresciute come atolli nel bel mezzo della Tetide e poi innalzate per effetto dell’attività vulcanica. Prosegue con la leggenda più recente, quella di Lisdanél e del mito primevo, legato alla Croda rossa, colore della dea all’apice del suo splendore. «Tocca poi al racconto della caduta del regno di Fanes spiegare come l’abbandono
del rapporto privilegiato con gli antenati marmotte e il ricorso eccessivo alla potenza di armi magiche affretti il cammino verso l’inevitabile fine». «La dea ha deciso e l’attesa di un tempo promesso resterà sospesa e affidata a misteriosi segni soprannaturali. Il libro ha ancora qualcosa da dire, inserendo in chiusura il racconto de I figli del Sole, legato all’eterna lotta tra luce ed ombra». Ad occuparsi della stampa e della divulgazione del libro è la Palombi Editori, la più antica Casa Editrice romana. Sin dal 1914, anno della sua fondazione, Palombi Editori ha rivolto la sua attenzione alla progettazione e alla realizzazione di volumi, consacrati allo studio, alla conoscenza e alla valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici dell’Italia e di Roma, con particolare cura nei confronti della veste tipografica ed editoriale. Da sempre è un punto di riferimento per le più importanti Istituzioni culturali italiane ed internazionali, presenti nel nostro Paese. «Le Dolomiti – sottolinea Francesco Palombi, amministratore unico della Casa Editrice Palombi - sia in estate sia d’inverno, sono state il luogo delle mie vacanze a stretto contatto con la natura. Osservare le marmotte ed i camosci nel parco delle Dolomiti di Fanes o i caprioli dei boschi del Gardenese così come gli straordinari paesaggi invernali del più bel comprensorio sciistico del mondo accompagnano la mia vita sin dall’infanzia».
Nicola Dal Falco
Le frecce d’argento di Nicola Dal Falco
Il re non capì subito, perché la figlia avesse gettato la polvere grigia nel lago, glielo aveva annunciato come se fosse una cosa solenne, una cosa giusta da fare. Cercò, quindi, di controllare il proprio disagio, aspettando che il racconto proseguisse e quando Dolasíla disse a tutti che il lago sarebbe fiorito, la osservò soddisfatto, credendo di vedere in lei un parte di sé.La semina lo avrebbe reso potente, ma intanto occorreva fare la corazza. La pelle di marmotta venne tirata e sagomata sul corpo della principessa. Le calzava come la sua stessa pelle. Da bianca era diventata lattea, quasi trasparente. In realtà, pareva che Dolasíla camminasse nella luce, rivestita e armata di raggi. Lo si notava meglio ad una certa distanza e l’effetto finiva per ingraziosirla, pur rendendola estranea. La forza del bianco, la magia della corazza, leggera e indistruttibile, attirava e confondeva chi la ammirasse. Il lavoro proseguì con il vaso che, messo sul crogiolo, dette abbastanza argento per forgiare un arco scattante, capace di flettersi al minimo tocco, mentre le gocce cadute sopra la pietra più venivano raschiate e più parevano spesse. Alla fine, con la sola limatura furono fatte le trombe per l’esercito. Il loro suono non aveva paragoni, spandendosi come l’azzurro. Passarono i giorni e la luna gonfiò l’intero profilo, tornando immensa e soccorrevole, lassù pura come pietra, quaggiù insinuante, serpentina, a sillabare tra i rami e sull’acqua. Dal cielo si rovesciava un fiume intatto che scorrendo in vortici silenziosi, levigava e colmava le asperità del mondo.
Un occhio potente, senza ciglia, ne fissava i contorni e la nera materia, soppesando per ogni cosa necessità e azzardo. Il re vide che era tempo di recarsi in riva al lago, dove l’accolse una musica fine. Il lago nascondeva le sponde sotto un siepe di canne d’argento che, muovendosi alla brezza del mattino, ritmavano un suono di sistri: quel suono imprecisabile dello strumento che ha la forma della Dea e un’anima metallica. Al centro dello specchio d’acqua, si era come rotto il guscio e la superficie vibrava di fiori simili a gemme, a ghirlande di onice e diaspro, d’ambra e calcedonio… tutti i frutti che la terra serra in grembo galleggiavano ai primi raggi di sole. Il re si affrettò a far tagliare le canne, offrendo all’arco di Dolasíla le migliori frecce possibili. Bastava, infatti, incoccarle e tendere il filo, perché queste colpissero qualsiasi bersaglio, anche senza mirare, attraversando da parte a parte tronchi e rocce. Ora, la principessa era pronta per la guerra.
Tratto da Miti Ladini delle Dolomiti Ey de Net e Dolasíla di Nicola Dal Falco con il saggio Raccontare le origini e le glosse di Ulrike Kindl Palombi Editori 2012 Roma
«Quei miti ladini, con le radici nell’immaginario mediterraneo» Le leggende continuano a riservare sorprese, spiega Leander Moroder, direttore dell’Istitut Ladin Micurà de Rü. A partire dalla loro origine Come è nata e cosa rappresenta per l’Istitut Ladin Micurà de Rü la pubblicazione di Miti ladini delle Dolomiti Ey de Net e Dolasíla in collaborazione con l’editore Palombi di Roma? «Direi che rappresenta una tappa fondamentale per far conoscere la mitologia ladina in ambito nazionale ed anche una bella occasione per presentare un aspetto dell’attività del nostro Istituto forse meno noto». Il libro è una singola iniziativa dell’Istitut Ladin Micurà de Rü o fa parte di un più ampio progetto? «Già l’anno scorso avevamo presentato il progetto a Bolzano, ottenendo la preziosa collaborazione della Dante Alighieri. Allora, era stata letta Aurona, una delle leggende ladine, sia nella “nuova” versione italiana di Nicola Dal Falco sia in una traduzione ladina. L’interesse del pubblico è stato notevole. La manifestazione ci ha spinti ancora di più a elaborare questo progetto editoriale, a nostro parere molto importante per il mondo culturale italiano. Il progetto è poi stato proposto anche a Bologna, in collaborazione con l’Associazione culturale Hispania e non è escluso che si verificheranno altre occasioni in ambito catalano».
Infine, in occasione della Maratona delle Dolomiti il primo di luglio, questo progetto verrà presentato, inserendolo nella diretta su Rai 2. È stato il patron Michil Costa che ci ha voluto offrire questa opportunità fondamentale per la divulgazione del libro». Riscrivere le storie di Fanes secondo una diversa prospettiva può cambiare anche l’idea che i ladini hanno del proprio passato e del proprio presente? «Apprendere, grazie anche alla sapiente opera filologica della professoressa Ulrike Kindl, che i miti ladini hanno radici lontane non solo nel tempo ma anche dal punto di vista geografico, rappresenta una novità molto interessante. Vuol dire che questo piccolo popolo alpino, ha elaborato influenze culturali di matrice mediterranea ed è riuscito a inglobarle in una realtà prettamente alpina, arricchita anche dai molti apporti continentali». Con gli stessi autori di Miti ladini delle Dolomiti, l’Istitut Ladin ha pubblicato un pieghevole con un racconto tradotto in ladino gardenese, friulano, romancio sursilvan, provenzale e catalano. Vuol dire che questi miti potrebbero avere un retroterra culturale più
ampio? «Si è trattato di un’occasione più unica che rara di confrontare un testo nella trascrizione in vari idiomi neolatini, potendo osservare affinità e divergenze, talvolta del tutto inaspettate. È singolare, ad esempio, constatare che il testo ladino dolomitico presenta assonanze maggiori con la Catalogna piuttosto che con i Grigioni, oltre al fatto, a non tutti noto, che alcune figure contenute nelle leggende ladine, sono riferibili all’immaginario mediterraneo. Ma ciò che più intriga è il rendersi conto che i movimenti dei popoli si siano svolti nei secoli o nei millenni non solo da Sud a Nord e viceversa, ma anche da Ovest a Est, facendo di questa terra dolomitica un crocevia di idee che proprio oggi sembrano indicare il futuro».
Leander Moroder
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Museo provinciale Ladino · —iastel de Tor
Un’estate di cultura e divertimento
Iniziative del Museum Ladin Ursus ladinicus a San Cassiano
Iniziative del Museum Ladin Ćiastel de Tor a San Martino in Badia
Dal 2 luglio al 6 settembre, ogni lunedì dalle 17.30 alle 18.30 e ogni giovedì dalle 18.00 alle 19.00
Dal 2 luglio al 31 agosto, ogni lunedì dalle 16.00 alle 17.30 e ogni venerdì dalle 10.30 alle 12.00
Visita guidata al museo dell’orso. Un paleontologo illustra il mondo dell’orso delle caverne. Si possono scoprire gli aspetti salienti della geologia delle Dolomiti, delle glaciazioni e soprattutto le peculiarità dell’Ursus ladinicus, scoperto nella Grotta delle Conturines. La visita del lunedì è propedeutica per l’escursione alla grotta del giovedì. Pantone 492 U 100m / 53y / 53k Pantone 4545 C € 10,00, con Prezzo: riduzione per0c /l’escursione alla Grotta delle Conturines (massimo 20 partecipanti).
Scoprire storia e curiosità della lingua ladina e della cultura delle valli ladine, con giochi e conversazioni (in collaborazione con l’Istituto Ladino Micurà de Rü). Prezzo: € 5,00; corso con visita al museo € 10,00.
L’orso delle caverne
Dal 4 luglio al 5 settembre, ogni mercoledì dalle 17.30 alle 19.30 (esclusi il 25/07 e il 15/08)
Sulle tracce dell’orso preistorico
Pomeriggio ludico ricreativo per bambini dai 4 agli 8 anni e dai 9 ai 14 anni con visita al Museum Ladin Ursus ladinicus, proiezione di film su tematiche inerenti al percorso espositivo, facepainting e attività manuali (in collaborazione con le Associazioni Turistiche dell’Alta Badia). Prezzo: € 5,00 Dal 28 giugno al 6 settembre, ogni giovedì dalle 8.30 alle 16.00 (partenza presso la Capanna Alpina, durata percorso: 7 ore)
Sulle orme dell’orso
Escursione guidata alla Grotta delle Conturines con gli accompagnatori dell’Ufficio Parchi naturali. Dopo circa quattro ore di cammino in un’area priva di sentieri e attraversando dei ghiaioni, si giunge alla Grotta delle Conturines (2.800 m), la caverna dell’Ursus ladinicus. Dislivello: ca. 1000 m. Difficoltà: difficile. Prezzo: € 7,00, in combinazione con la visita guidata al museo € 5,00. Informazioni presso il Museum Ladin. Prenotazione presso tutte le Associazioni Turistiche della Val Badia Per tutte le iniziative è obbligatoria la prenotazione presso il Museum Ladin - tel. 0474 524020 www.museumladin.it
Corso di ladino per ospiti
Dal 3 luglio al 4 settembre, ogni martedì
La geologia delle Dolomiti, Patrimonio Naturale dell’Unesco
Escursione guidata al Parco Naturale Puez-Odle, in Val Badia; dalle 10.00 alle 11.00, presso il Museum Ladin Ćiastel de Tor un paleontologo illustra la storia geologica delle Dolomiti, analizzando fossili e rocce tipiche della zona; dalle 14.30 alle 17.30 (partenza presso il parcheggio del Passo delle Erbe) visita accompagnata lungo il percorso geologico del Sasso Putia, in collaborazione con l’Ufficio Parchi naturali. Prezzo per entrambe le iniziative: € 7,00. Prenotazione anche presso le Associazioni Turistiche della Val Badia. Dal 6 luglio al 31 agosto, ogni venerdì, dalle 15.00 alle 18.00 (partenza presso l’Associazione Turistica Ortisei)
Geotrail Bulla
Escursione guidata in Val Gardena. Un paleontologo Vi accompagna lungo il percorso geologico di Bulla, dove si può vedere il limite Permiano-Triassico che documenta la più grande estinzione di massa di tutti i tempi, avvenuta 252 milioni di anni fa. Prezzo: € 15,00, informazioni presso il Museum Ladin. Prenotazioni presso l’Associazione Turistica Ortisei tel. 0471 777600. Dal 27 giugno al 5 settembre, ogni mercoledì
Natura e cultura nelle Dolomiti
Escursione guidata alla Valle dei Mulini a Longiarù. Alle 10.00 visita al Museum Ladin Ćiastel de Tor, alle 14.30 visita guidata alla Valle dei Mulini della durata di circa 90 minuti, dove si possono ammirare 8 mulini di cui uno con percussori a pile per la frantumazione dell’orzo, ed una presa di forza per una segheria. Prezzo per entrambe le iniziative: € 10,00, solo visita guidata nel pomeriggio € 5,00 Dal 5 luglio al 30 agosto, ogni giovedì dalle 14.30 alle 17.00
Il museo amico delle famiglie
Un pomeriggio per bambini. I genitori visitano il museo, mentre i bambini tra i 4 e 10 anni trascorrono un pomeriggio con l’artista Irina Tavella lavorando la creta ispirandosi agli oggetti che si trovano lungo il percorso museale. Prezzo: € 5,00
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Pizzinini: vivere il mondo come bambini nel bosco
Orietta Berlanda
Artista internazionale con le radici in Val Badia, Helmut Pizzinini si esprime con un linguaggio affine all’architettura minimalista e prende spunto dalla natura, che è materia ed elemento simbolico
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Foto Ugo Visciani
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n arte si dice che la tecnica si può apprendere, ma il talento no, quello è innato. Si può diplomarsi alla Scuola d’Arte senza mai fare l’artista, come è accaduto al padre Alfonso Pizzinini, oppure incontrare l’arte sulla propria strada a dieci anni, come ha fatto il figlio Helmut Pizzinini, complice un mentore, Rebo, un cliente dell’albergo di famiglia, lo storico Hotel La Villa a La Villa, che ha acceso una passione. Insoliti sono gli interessi per un ragazzino di quest’età, lontani tanto dalle spirali dorate di Klimt quanto dai graffi di Schiele, rivolti piuttosto all’essenzialità smunta di Amedeo Modigliani, alle sfuggenti sagome di Henry Moore, o alle inquietanti sculture dell’Africa Nera. In modo altrettanto anomalo, mentre custodiva i libri d’arte che riceveva in dono, spediva i vari Batman o Lego in plastica dritti nel cestino. Risale a qualche anno dopo la scelta definitiva di fare lo scultore, quando, come San Paolo sulla via di Damasco, d’un colpo abbandona l’attività iniziata nel frattempo nel settore alberghiero. Per alcuni anni opera a Castel Colz di La Villa, in uno studio messo a disposizione da Valtraud Pizzinini, un bellissimo spazio d’altri tempi e perfettamente in sintonia con il suo modo di essere. Arroccato e lontano dai circuiti tradizionali La valle rappresenta un contesto dell’arte che non congeniale per il suo lavoro. lo hanno mai Da qui nasce l’ispirazione attirato. e la pace delle sue sculture, Sebbene Helmut ovunque siano realizzate si consideri un cittadino del mondo in viaggio perenne, la Val Badia rappresenta un contesto congeniale per il suo lavoro. Da qui nasce l’ispirazione e la pace delle sue sculture, ovunque vengano realizzate. Un’infanzia vissuta intensamente tra le asprezze delle Dolomiti è stata fondamentale anche per affrontare la vita e il mondo, come lui stesso ha dichiarato in un’intervista per Rai International: «Ho trascorso la mia infanzia qui, anche se per il resto dei mei quarant’anni ho viaggiato, ogni tanto torno nel mio piccolo studio e tra queste montagne mi sento a casa. Qui nei boschi siamo cresciuti liberi e questo fa sì che viviamo a New York come fossimo in un bosco». È quindi la natura, nella sua doppia valenza di elemento essenziale e simbolico, a rivelarsi una fonte di idee inesauribile. Da una parte i Fundstücke (come Pizzinini
Foto Daniel Tรถchterle
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un’impellenza di rigore, ve ne sono altre giocate su un registro ironico che si esprime nel reimpiego di paramenti sacri, nel posizionare un paio corna di camoscio sopra un cuore, nell’uso di fiori di plastica irridenti l’estetica kitsch del nostro tempo, nelle maschere formate dai nodi del cirmolo, o ancora nella cornice formata da zampe di gallina. Il percorso artistico di Helmut Pizzinini, fortemente radicato nelle sue Dolomiti, si dipana quindi lungo una linea tendente verso due limiti: da un lato quello che testimonia la ricerca del bello nell’epoca contemporanea, dall’altro quello che ci mette in guardia sulle sue intrinseche idiosincrasie
In art they say you can learn the techniques but you can’t learn talent which you’re either born with or without. You can graduate from art school without being an artist as Pizzinini’s father Alfonso did or “embrace” art completely as his son Helmut did at the age of ten under the influence of his mentor Rebo a frequent guest of the family at their famous hotel “La Vila” in La Villa Val Badia. Helmut Pizzinini’s preferred artists and genres were most unusual for a 10 year old boy and were far removed from the golden spirals of Klint or etchings of Schiele. Instead his influences were the essential bareness of Modigliani, the evasive silhouettes of Henry Moore or the dark sculptures of Black Africa. While he took great care of the art books he was lent he was quick to dump the various Batmans or Lego straight in the bin which was very strange for a young boy of his age. A few years later he finally made the decision to abandon the
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Foto Ugo Visciani
definisce i suoi oggetti trovati) che offre il sottobosco: rami, pigne, radici; dall’altra il recupero di una tradizione popolare che rischia l’oblio: assi in larice colorate dal sole, vecchi trofei di caccia, raffinate decorazioni romance per parapetti di fine Ottocento. Partendo da questi presupposti la poetica nell’opera scultorea di Pizzinini gioca su equilibri, talvolta lineari, talaltra complessi, che rivela un’affinità empatica con il linguaggio architettonico minimalista (dal Bauhaus, a Zumtor). In questo ambiente incontra personalità fondamentali per la sua formazione, l’architetto tedesco Beck von Erlang (con il quale ha lavorato dal ’91 al ’96 alla realizzazione delle terme di Bad Kanstatt di Stoccarda), Frei Otto (maestro delle tensostrutture e autore dello Stadio Olimpico di Monaco), e diviene membro della Weissenhofsiedlung (1927), esperimento edilizio di Stoccarda divenuto vetrina internazionale delle innovazioni architettoniche, promuovendolo in varie Facoltà di Architettura italiane e straniere. Entro queste esperienze si delinea la predilezione per l’equilibrio delle forme, dei rapporti spaziali e ritmici, l’attenzione alla relazione uomoambiente, al loro silenzioso dialogo. In Val Badia ne sono nati vari interventi artistici come la cantina del Sassicaia per l’Hotel La Perla commissionata da Michil Costa, o la stretta collaborazione con Wilma Wieser per l’Hotel Salares. Tra le ulteriori esperienze formative va ricordato l’invito nel 1994 da parte del Goethe Institut per una residenza artistica presso Villa Romana a Firenze. Quando si parla di scultura, va intesa oggi, e quindi anche per Pizzinini, non esclusivamente in termini di lavorazione manuale del materiale (sebbene abbia approfondito le tecniche della lavorazione tanto della pietra a Pietrasanta, quanto dell’acciaio e del ferro, le tecniche di restauro nelle botteghe fiorentine), ma nel senso più ampio di opera spaziale, e in effetti la maggior parte dei suoi lavori si situa a metà strada tra scultura e assemblaggio, senza per questo precludersi una ricerca sul piano bidimensionale. Tra le serie di opere realizzate in quarant’anni di carriera ci sono quelle formate da lance affusolate, che giocano su equilibri vibranti, ma anche le bruciature su carta che rivelano un tratto del lavoro di Pizzinini artista, laddove non è tanto un segno diretto, ma una fiammata a farsi segno. Se la maggior parte delle opere nascono da
hotel business and commit himself totally to sculpture. While he considered himself a perennial traveller or a citizen of the world Val Badia offered him a natural context which suited his work very well. It’s the valley which gives his work that sense of peace and inspiration no matter where his sculptures are actually created. The effect of a childhood lived intensely in a valley dominated by the jagged Dolomites shapes his work. Pizzinini’s work is based on a fine relationship with balance which is sometimes linear but sometimes also highly complex. It reveals an close affinity with the architectural language of minimalism (from Bauhaus to Zumtor). In Val Badia he has worked on many artistic creations like the wine cellar Sassicaia at the Hotel La Perla commissioned by Michil Costa. He has also collaborated with Wilma Wieser for Hotel Salares. Also of importance was the invitation he received from the Goethe Institut to be resident artist at Villa Romana in Florence in 1994.
Foto Daniel Töchterle
Biografia - Helmut Pizzinini Dal 1991 al 1995 ottiene la collaborazione artistica per il progetto dell’impianto termale di Bad Cannstatt (Stoccarda) per il quale fornisce una consulenza sui colori delle vasche e realizza quindici fontane in acciaio, vetro e travertino. Nel 1994 è invitato dal Goethe Institut per una permanenza artistica presso Villa Romana a Firenze. Nel 1996-97 progetta il giardino per una villa sul lago di Zurigo. Dal 1995 al 2000 per la EsArt di Brescia fonde 12 sculture in bronzo, con tiratura a cento esemplari, distribuiti negli Stati Uniti e Giappone. Dal 2000 al 2001 realizza una serie di sculture in marmo di Carrara, Statuario e Rosa del Portogallo presso le cave di Carrara. Nel 2002 realizza un francobollo per la Deutsche Bundespost. Nel 2003 progetta la cantina dell’Hotel la Perla di Corvara (Bolzano) premiata con il premio “Cantina piu bella d’Italia” nel 2006. Nel 2007 progetta la ristrutturazione di una cappella nel Parco Nazionale del Fanes (Bolzano). Vince il concorso e realizza una fontana per il Comune di Levico (Trento). Collabora con vari studi di architettura in Italia e in Germania.
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Un libro un rifugio, nono atto Infanzia e introspezione di personaggi cari alla Val Badia come Erri De Luca e Red Canzian. La storia vissuta in diretta con Emilio Barbarani, testimone del dramma dei profughi cileni negli anni Settanta. Sergio Romano e il figlio Beda, che indagano sui rapporti tra lo Stato e la Chiesa. Poi la narrativa di Gianrico Carofiglio, le confessoni di Veronica Pivetti e le sfide dell’ambiente. Un libro, un rifugio, appuntamento culturale estivo dell’Alta Badia, è arrivato alla nona edizione in un crescendo di pubblico e interesse. Ecco una breve guida ai libri che saranno presentati tra luglio e agosto alla rassegna curata da Gianna Schelotto.
27 luglio Erri De Luca I pesci non chiudono gli occhi Un uomo, cinquant’anni dopo, torna coi pensieri sulla spiaggia dei suoi dieci anni. «Dieci anni», spiega lo scrittore napoletano, di casa sulle Dolomiti. «è l’età che si scrive per la prima volta con due cifre e resterà così fino ai 100». Il protagonista impara che la parola amore è una forza misteriosa che permette alle persone di fare cose impensabili. Feltrinelli, 112 pagine, 12 euro
31 luglio EMILIO BARBARANI Chi ha ucciso Lumi Videla Nel Cile di Pinochet l’Ambasciata italiana a Santiago diventò il rifugio di centinaia di uomini e donne in fuga dalla polizia segreta. Il loro destino fu, per due anni, nelle mani di un giovane diplomatico italiano, Emilio Barbarani, che tra delitti, sparatorie e intrighi di ogni genere riuscì a difendere quello spazio di libertà. Una storia vera e inedita raccontata dal protagonista. Mursia, 312 pagine, 17,10 euro
4 agosto GIANCARLO DE CATALDO In giustizia La storia di un giudice che crede ancora nella giustizia, raccontata in prima persona. «È il libro della mia vita da magistrato e di un po’ di storia d’Italia vissuta da dentro i tribunali, raccontata attraverso le vicende esemplari di chi ha sbagliato, di chi ha lottato, di chi si è difeso e di chi è stato condannato». E di chi tutti costoro ha dovuto giudicare. Rizzoli, 240 pagine, 15 euro
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30 luglio Red Canzian Ho visto sessanta volte fiorire il calicanto «Nel calicanto, riconosco un po’ di me, del mio modo di vivere. È un fiore coraggioso e pioniere, ed è il primo ad aprirsi a gennaio, molto spesso sui rami ancora ricoperti di ghiaccio, quando gli altri fiori non sono che una promessa». Red Canzian, bassista dei Pooh e ladino d’adozione racconta il suo rapporto con la natura, prendendo spunto dal “fiore d’inverno”. Mondadori, 228 pagine, 17 euro
1 agosto GIULIO GIORELLO Il tradimento «Ma chi è, dunque, il traditore? È chi illude gli altri e magari se stesso grazie alla capacità di varcare ogni limite sfidando natura e fortuna, o addirittura la volontà divina». Giorello affronta un tema tornato “di moda”, anche se oggi manca la dimensione epica del tradimento, come sfida a Dio e agli uomini insieme, intreccio indissolubile di malafede e di orgoglio, di invidia. Longanesi, 272 pagine, 14,9 euro
7 agosto SERGIO ROMANO La chiesa contro Sergio Romano e il figlio Beda ripercorrono la storia dei rapporti tra Chiesa e stati europei, individuando gli attuali argomenti di frizione sia di quei paesi in cui la Chiesa, travalicando, esonda, sia di quelli in cui governi fermamente laici riescono a porle solidi e invalicabili argini. Longanesi, 252 pagine, 16 euro
8 agosto GIANRICO CAROFIGLIO Il silenzio dell’onda Da mesi, il lunedì e il giovedì, Roberto Marías attraversa a piedi il centro di Roma per raggiungere lo studio di uno psichiatra. Talvolta i ricordi affiorano. E lo riportano al tempo in cui lui e suo padre affrontavano le onde sulla tavola da surf. Lo riportano agli anni rischiosi del suo lavoro di agente sotto copertura. Gianrico Carofiglio regala ai lettori un nuovo, indimenticabile personaggio. Rizzoli, 304 pagine, 19 euro
12 agosto VERONICA PIVETTI Ho smesso di piangere Veronica Pivetti ha deciso di condividere con noi il suo momento buio. E lo fa con toccante onestà, senza censurare i momenti dolorosi che, come spesso accade nella vita, finiscono per diventare involontariamente molto comici. Una odissea medica finita nel 2008, quando Veronica ha incominciato a rivedere la luce e a uscire da questo micidiale periodo nero. Mondadori, 160, 17 euro
16 agosto CHIARA SARACENO Cittadini a metà. Come hanno rubato i diritti agli italiani In Italia i divari salariali tra uomini e donne sono più elevati che nella maggior parte dei Paesi europei, e le donne sono di fatto escluse dai ruoli di potere. I giovani scontano a caro prezzo la flessibilità di un mercato del lavoro privo di un adeguato sistema di protezione sociale. La sociologa Saraceno racconta il paese dove le diseguaglianze non cambiano e si cristallizzano. Rizzoli, 250 pagine, 17 euro
18 agosto GIAN ENRICO RUSCONI Cosa resta dell’Occidente - Laterza Gian Enrico Rusconi riesamina i criteri della razionalità occidentale ripercorrendone i passaggi essenziali – dalla ridefinizione della modernità al confronto con le altre culture, sino all’elaborazione della scienza dell’uomo-natura. Soltanto affrontando questi problemi possiamo recuperare quella razionalità senza la quale l’Occidente perde se stesso. Laterza, 190 pagine, 19 euro
9 agosto GHERARDO COLOMBO Farla franca. La legge è uguale per tutti A vent’anni da Mani Pulite, attraverso un dialogo serrato con Franco Marzoli, Gherardo Colombo svela i retroscena delle indagini del pool sottolineandone effetti, limiti e aspettative mancate. Racconta le inchieste sulla P2 e sui “fondi neri” dell’Iri, prime avvisaglie di quell’intreccio tra poteri che Mani Pulite avrebbe portato allo scoperto senza riuscire però a mettervi fine. Longanesi , 286 pagine, 13,90 euro
14 agosto DEDICATA AI BEATLES Serata Speciale curata da Ferdinando Fasce e Riccardo Bertoncelli
17 agosto FRANCESCA MELANDRI Più alto del mare Luisa, gambe da contadina e sguardo tenace, e Paolo, ex professore di filosofia con un peso nel cuore. Scendono da una motonave sull’isola, senza smettere di fissare le onde. Quella bellezza però non li culla, li stordisce. Non sono in vacanza. Sono diretti al carcere di massima sicurezza: lei, oltre il vetro del parlatorio, vedrà un marito assassino, lui un figlio terrorista. Rizzoli, 240 pagine, 17 euro
20 agosto DAVIDE SAPIENZA I diritti della natura (di Cormac Cullinan) Opera inedita, classico dell’ambientalismo, il testo di Cormac Cullinan esce in Italia con la traduzione di Davide Sapienza, che presenta il libro in Alta Badia. Nel 2010 Cullinan, ambientalista e avvocato sudafricano, ha presentato all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite la Dichiarazione Universale per i Diritti della Terra, da lui redatta e inclusa nel libro. Piano B edizioni, 264 pagine, 15 euro
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La vita del maso si fa poesia
Foto Daniel Töchterle
È uscito Nauz, l’ultimo libro della poetessa della Val Badia, Roberta Dapunt. In ladino, tradotto in tedesco, è edito dall’editore Folio di Bolzano. La preziosa raccolta di poesie, scandisce, come una liturgia, i tempi e la vita del maso nel contesto del rito della maialatura, ed è corredata da intense fotografie in bianco e nero (sempre dell’autrice). La ricerca linguistica compiuta dalla poetessa (che scrive in italiano, ladino e tedesco), non è differente dalle altre sue opere (l’ultima per Einaudi nel 2008, La terra più del paradiso).Qui la matrice comune delle parole usate, o meglio, prestate dal mondo rurale, si fonde fra i silenzi stessi di quel mondo e si fanno poesia. Il suono della lingua, che è idioma di appartenenza e parole della comunità ladina, restituisce sguardi precisi sul divenire del lavoro nel maso. Come in un ritmo incessante di natura, essere e solitudine. Che da qui si diparte ma sa tornare e comprendere tutta la gente ladina: «gregge minore in affittanza sul mondo».
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Il gattino dolomitico Dò continua la sua avventura alla scoperta delle Dolomiti. Dopo aver appreso l’evoluzione geologica nel volume “Le Dolomiti, Ecco come sono nate!”, adesso si accompagna alla marmotta Marì per conoscere il mondo floreale alle varie altitudini nel nuovo libro “Le Dolomiti, Fiori delle Dolomiti”. Scritto e illustrato da Peter Paul Scoz con la consulenza scientifica dei dott. Marco Avanzini e dott. Francesco Rigobello del Museo delle Scienze di Trento, questo libro didattico per bambini di 4-7 anni è arricchito dagli adesivi di tutti i fiori che i protagonisti incontrano e stimola i giovani lettori a completarlo con disegni, ritagli, foto etc., come un personale carnet di esplorazione. I libri sono utilizzati negli asili della Val Badia e Val Gardena a completamento dei programmi didattici. Disegni di Tati & Tate World, Le do editore fuoricittà edizioni, Lomit i Prezzo di copertina € 8,00. www.fuoricittaedizioni.com edizioni@fuoricitta.com libr o
LETTURE
Dò a passeggio esplora i fiori
Peter Paul Scoz Sofia Andra z
sono
nate!
Le Dolomiti in 45 escursioni
Le Dolomiti sono segnate da migliaia e migliaia di chilometri di sentieri, mulattiere e percorsi attrezzati di varia difficoltà e lunghezza. Molti di loro, oltre allo straordinario fascino dei luoghi che attraversano, hanno un valore aggiunto: un nome e una storia. Ci sono sentieri dedicati a pionieri o grandi alpinisti, e altri dedicati a figure di spicco in ambiti estranei alla montagna, ma che la montagna hanno amato. Qualche dedica riguarda personalità della cultura che hanno radici montanare o anche di artisti che hanno lasciato traccia del loro passaggio. Numerosi sono i sentieri “degli Alpini” o “dei Kaiserjäger”, realizzati dai soldati italiani e austriaci in condizioni ambientali durissime sulla linea del fronte nell’imminenza e durante la Grande Guerra. Diffusi sono anche i sentieri che ricordano le leggende delle Dolomiti. In questo libro di Paolo Bonetti e Paolo Lazzarin, edizioni versante Sud, vengono descritti 45 itinerari tra i più interessanti. Info e acquisti online: www. versantesud.it
La letteratura ladina incontra l’amore e le passioni
Oltre a Moscedoz striné, Daria Valentin, linguista di professione, ha pubblicato la raccolta di poesie Lüch d’arjënt e il suo primo racconto Niza.
Foto Karin Pizzinini
Moscedoz Striné (Intreccio fatato) è un racconto, in ladino, lungo che narra la vita sentimentale di una donna attraente, ricca e intelligente. Al centro della storia troviamo due uomini: uno, da lontano, cerca di viziarla e conquistarla, mentre l’altro, più vicino, le volta le spalle attirando maggiormente la sua attenzione. In prima persona, la protagonista principale riflette sulla sua situazione, descrive le sue esperienze e condivide con il lettore il proprio mondo interiore. Il libro è suddiviso in due parti: mentre i capitoli dispari riportano la storia vera e propria, quelli pari presentano delle riflessioni teorico-filosofiche relative ai sentimenti e alle emozioni tipiche della natura umana.
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L’Istitut Ladin Micurà de Rü pubblica la carta dei toponimi di Corvara
Silvia Liotto
Sono circa 750 i nomi di luogo del comune. Per la maggior parte “microtoponimi” che nessun documento ufficiale riporta, e che rischiavano di scomparire, conosciuti solo da anziani, rocciatori e cacciatori.
C
on la pubblicazione delle carte ortofoto e topografica del Comune di Corvara l’Istituto Ladino si avvicina sempre più al completamento della raccolta dei toponimi ladini della Val Badia. A Corvara sono stati registrati circa 750 nomi di luogo; sommati a quelli degli altri comuni si arriva a un totale di circa 5.500 macro e microtoponimi ladini. Al momento si sta elaborando la carta del Comune di Marebbe.
I microtoponimi, ovvero i nomi che di solito non si trovano sulle altre cartine geografiche, rappresentano la particolarità di questo progetto. Molti di essi raccontano storie semplici, ma curiose, come ad esempio il “Col dala Bandira” a Corvara, chiamato così perché in quel luogo c’era una volta un poligono e quando si sparava si esponeva una bandiera rossa in segno di pericolo. Oggi il poligono non c’è più, ma il toponimo ne ricorda l’esistenza.
Per la raccolta dei nomi, anche nel caso di Corvara si sono intervistate persone anziane, cacciatori e rocciatori. Importante è stata la collaborazione con le guardie forestali, il Comune di Corvara e il guardiacaccia, che hanno seguito con grande passione la realizzazione delle carte. I toponimi sono stati riportati in una banca dati, registrati a seconda della categoria e con le possibili varianti della denominazione. La banca dati permette di aggiungere informazioni o fare correzioni in qualsiasi momento; in futuro si potranno allegare fotografie, registrazioni audio, informazioni riguardanti la storia e l’etimologia del nome.
Mettendo a confronto i dati raccolti nei Comuni di Badia, La Valle, San Martino in Badia e Corvara si notano molte caratteristiche comuni. Generalmente si riscontrano parole legate alla vita contadina di montagna, ai mestieri di un tempo e alla descrizione della natura. Tuttavia, nel Comune di Corvara si sono evidenziate delle particolarità interessanti legate alla pronuncia dei nomi: nella zona di Colfosco, per esempio, i toponimi presentano delle caratteristiche che hanno evidentemente subito l’influenza della vicina Val Gardena, come nei toponimi “Anteriul”, “Ćianea”, “Les Cucenes”.
Qui di seguito un quadro rappresentativo di alcuni esempi e curiosità:
Comune di Corvara
Toponimo
Descrizione
Nomi che descrivono il territorio
Majarëi
fascia detritica
Bosch di Pantans
bosco dei fanghi
Lêch dai Cerfs
lago dei cervi
I Ciers
i cembri
Büja da Gramorè
buca per gramolare il lino
La Ćiajara
malga, caseificio
Fontana dl Salvan
fontana del “salvan”
Plan dles Stries
piano delle streghe
Morin dl Jocer
mulino del suocero
Pre dla Mariandla
prato di Mariandla
Toponimi legati alla fauna e alla flora
I mestieri di un tempo
Credenze popolari e leggende
Nomi e soprannomi personali
Le carte sono reperibili presso l’Istituto Ladino “Micurà de Rü” a San Martino in Badia e si possono acquistare anche on-line all’indirizzo www.micura.it.
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Molto interessanti sono poi quei toponimi che presentano una forma scritta particolare, derivata probabilmente dalla trasformazione della parola nel tempo e dall’alta frequenza d’uso, come ad esempio “Ćiandadeghes”, che potrebbe derivare da “ćiamp da eghes” = campo ricco di acque.
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