I N R O S A D Ö R A / MAGAZINE DELLE DOLOMITI
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Anno III - numero 5 - COPIA OMAGGIO
I N R O S A D Ö R A / MAGAZINE DELLE DOLOMITI
LE ORIGINI DEL MITO Erich Kostner: «Così è nata l’Alta Badia» IL FUTURO DELLO SCI Sempre più Gran Risa alla Coppa del Mondo QUANDO LA NEVE CONQUISTA La love story tra Massimiliano Ossini e la valle UN PASSATO SENZA ROGHI La caccia alle streghe nelle Dolomiti LE NINFE DEL POP Le Ganes si raccontano English version inside
inverno 2011/12
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CORVARA DOLOMITES
SaûS dl invern
SCiare COn GUSTO
SKiFaHren MiT GenUSS
a TaSTe FOr SKiinG
In Alta Badia, nel cuore delle Dolomiti, Patrimonio Naturale dell’Umanità Unesco, la vacanza invernale è più di una semplice discesa sugli sci. “Sciare con gusto”, all’insegna dei prodotti tipici dell’Alto Adige-Südtirol, valorizza il connubio tra lo sport sulla neve e la gastronomia, i punti forti della località. Piatti gourmet, creati dai Dolomitici e da altri chef stellati europei, saranno proposti in undici rifugi locali. La settima edizione della Chef’s Cup Südtirol propone appuntamenti durante un’intera settimana, che spaziano dallo ski-safari, a corsi di cucina, fino alle gare di sci. Da non perdere la colazione tra le vette e lo Skitour Santa Croce – Rifugi e sapori antichi. Inoltre, il progetto è accompagnato dai corsi di cucina ladina e di sci di fondo con Maria Canins, dal piatto del fondista e dal “Dé dl vin”, il vino sci safari dedicato ai vini altoatesini.
Winterurlaub in Alta Badia mitten in den Dolomiten, dem UNESCO Weltnaturerbe, ist mehr als nur Skifahren. „Skifahren mit Genuss“ basiert auf echten Südtiroler Produkten und stellt eine faszinierende Verbindung zwischen Wintersport und Gastronomie her. Elf authentische Skihütten bieten jeweils ein spezielles Gourmetgericht an. Die Rezepte wurden von den Dolomitici, den Sterneköchen von Alta Badia zusammen mit internationalen Spitzenköchen kreiert. Die siebte Auflage des Chef‘s Cup Südtirol begeistert wiederum mit kulinarischen Highlights. Das Frühstück mit Pulverschnee, die Skitour Heilig Kreuz – Genüsse aus der Vergangenheit, der Kurs zur ladinischen Küche und zum Langlaufen mit Maria Canins sowie die Wein Ski Safari zu Ehren des Südtiroler Weins, runden dieses einzigartige Angebot ab.
In Alta Badia, in the very heart of the Dolomites Unesco World Heritage Site, a winter holiday offers much more than skiing downhill. A Taste for Skiing, the showcase for typical South Tyrol produce, adds that little bit extra to the blend of snow sports and great food for which the resort is famous. Gourmet dishes, created by the Dolomitici and European Michelin-starred chefs, will be on the menu at eleven local mountain refuges. This seventh Chef’s Cup Südtirol has a whole week of gastronomic events. Make absolutely sure you don’t miss Breakfast with Powder Snow and the Santa Croce Skitour. The whole experience also has some other delicious side dishes: courses in Ladin cookery and cross-country skiing with Maria Canins, the mouthwatering cross-country skier’s dish and the “Wine Ski Safari – Dé dl vin”, a day of skiing devoted to
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South Tyrol wines.
dÉ dl vin
vinO SCi SaFari
SÜdTirOler Wein SKi SaFari
SOUTH TYrOl Wine SKi SaFari
Il clima favorevole, il terreno fertile e l’amore dei viticoltori rendono i vini dell’Alto Adige di eccellente qualità. Il 18 marzo, l’Alta Badia porta i migliori vini altoatesini a 2000 m per una degustazione, accompagnata da speck, pane e formaggi targati Südtirol. A quattro baite sarà assegnata una zona produttiva: Valle Isarco, Merano-Valle dell’AdigeVal Venosta, Bolzano e Bassa Atesina-Oltradige. I biglietti a € 20,– sono acquistabili presso i quattro rifugi. Sciate con prudenza. Dépliant disponibile negli uffici turistici.
Das milde Klima, die fruchtbaren Böden und die Leidenschaft der Winzer sind die Basis für die exzellente Qualität des Südtiroler Weins. Am 18. März werden in Alta Badia in vier Hütten auf 2000 m Höhe die besten Weine verkostet, aufgeteilt nach Anbaugebieten und begleitet von Südtiroler Speck, Käse und Brot. Es wird empfohlen, in jedem Fall mit Vorsicht Ski zu fahren. Tickets zum Preis von € 20,– gibt es bei den Hütten, Broschüren bei den Tourismusbüros.
A favourable climate, fertile soil and love of wine making are responsible for South Tyrol’s excellent wines. On the 18th March Alta Badia brings the best regional wines to 2000 m for a tasting accompanied by speck ham, bread and cheese from South Tyrol. Four refuges will each focus on a local wine-producing area. Be careful when skiing. Tickets: € 20,– from the refuges. Brochures from tourist offices.
Corvara 1.568 m Str. Col Alt, 36 | I-39033 Corvara Tel. 0471 836176 | Fax 0471 836540 corvara@altabadia.org
La Villa 1.433 m Str. Colz, 75 | I-39030 La Villa Tel. 0471 847037 | Fax 0471 847277 lavilla@altabadia.org
San Cassiano 1.537 m Str. Micurà de Rü, 26 | I-39030 San Cassiano Tel. 0471 849422 | Fax 0471 849249 s.cassiano@altabadia.org
Colfosco 1.645 m Str. Pecëj, 2 | I-39033 Colfosco Tel. 0471 836145 | Fax 0471 836744 colfosco@altabadia.org
Badia 1.324 m Str. Pedraces, 29/A | I-39036 Badia Tel. 0471 839695 | Fax 0471 839573 badia@altabadia.org
La Val 1.348 m San Senese, 1 | I-39030 La Val Tel. 0471 843072 | Fax 0471 843277 laval@altabadia.org
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i pionieri dello sci
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Massimiliano ossini
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STREGHE Al ROGO
GRAN RISA SEMPRE PIÙ MONDIALE
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la dolce vita ladina
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SEMPRE PIù URSUS
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SCI “ESTREMO”
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ROBERTA DAPUNT
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SCIENZA E MONTAGNA
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LA Ricetta I Canederli
Erich Kostner racconta le origini del comprensorio più bello del Mondo
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Confermati fino al 2016 il Gigante e lo Speciale
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IL FONDO SI RINNOVA
Un anno di pausa per la Coppa Europa. Il Centro di San Cassiano si prepara ai mondiali
MAESTRI DI SCI
La scuola di La Villa compie 50 anni e punta tutto sull’innovazione
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Moritz Craffonara racconta i ruggenti Sessanta
Impianti di risalita in Iran, snowboard nell’Himalaya, discese con vista sul fiordo. Piccola guida alle mete invernali più strane
quando stallone fece la valanga
Il set dolomitico di Cliffhanger, action movie degli anni Novanta, raccontato da chi ha partecipato alle riprese
il pop delle GANES
Il trio femminile conquista l’Europa con un mix di ladinità e cosmopolitismo
Il presentatore Tv, approdato in valle con Linea Verde dichiara il suo amore per i Monti pallidi
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LE MACRO ARTISTICHE DI CARLO DAPOZ
Gli scatti naturalistici del fotografo ladino, raccontano il lato nascosto delle Dolomiti
Anche nelle Dolomiti c’è stata la caccia alle “strie”. Ma in Ladinia i processi finivano con assoluzioni Boom per il museo di San Cassiano, nuova casa dell’orso delle Conturines Una poesia della scrittrice ladina
Rane, alberi, marmotte e uomini. Tutti hanno un trucco per combattere il freddo
RUBRICHE
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Nature di Gustav Willeit BadiaNews Curiosità: l’origine dei nomi ladini Alta Badia 2.0 Letture e spettacoli BADIA STYLE
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Enrosadira www.enrosadira.info, Strada Pedraces, 42, 39036 Badia (BZ), Direttore Antonio Signorini Art director Gustav Willeit Coordinamento della redazione e fotografia Daniel Töchterle Coordinamento e pubblicità locale Roberto Pallestrong Grafica parterre3.com, Zh/CH Hanno scritto, collaborato, dato idee Concetta Bonaldi, Elmar Burchia, Rossella Castelnuovo, Graham Cotter, Marcello Cominetti, Matthias Crepaz, Alessandro Fregni, Chiara Maltagliati, Ulderico Piernoli, Katia Pizzinini, Freddy Planinschek, Emanuela Rossini, Carlo Sala, Laura Villoresi Editore Antonio Signorini, via Cesio Basso 16, 00136 Roma, info@enrosadira.info, Telefono e fax 06 35346959 Periodico semestrale Anno III - N. 5 INVERNO 2011/12 Stampatore Union Printing, SS Cassia Nord, Km 87, 01100 Viterbo Pubblicità commerciale@enrosadira.info Enrosadira – Inrosadöra, Magazine delle Dolomiti Autorizzazione 15/09 Registro Stampa Tribunale di Bolzano
BËGNODÜS Un collega giornalista mi chiede perché ha l’impressione che la crisi non abbia fatto capolino in Val Badia. Capisco che non si riferisce all’economia visto che i rovesci delle bufere finanziarie e delle manovre colpiscono tutti. È vero che nelle Dolomiti c’è un benessere diffuso e che in Sud Tirolo anche le questioni di soldi finiscono per essere amministrate con spirito comunitario: si cerca di non lasciare indietro nessuno. Ma non è solo questo. Il fatto è l’aria di crisi resta proprio fuori dai passi dolomitici. Lo sa bene chi ha un appuntamento fisso con i Monti pallidi: qui si viene per staccare la spina, fare evaporare i grattacapo urbani e cercare quel mix di amicizia, intimità, benessere senza ostentazioni (ce ne parla Massimiliano Ossini) che in tedesco è efficacemente fotografato con il termine Gemütlichkeit. Parola intraducibile in altre lingue tanto che la regina Vittoria nel XIX secolo la fece adottare nell’inglese ufficiale. È uno dei plus delle Dolomiti, patrimonio umano da mantenere e proteggere, quanto le bellezze naturali. Ma anche la cultura ladina è un antidoto alla crisi. Un saggio lo trovate in questo numero di Enrosadira, che ospita una poesia di Roberta Dapunt. Poi le leggende. Con i “mostri”, il popolo delle montagne ha sempre saputo trattare. Nel passato ci ha convissuto, grazie a storie che rendevano accettabile quello che non si riusciva a spiegare con la ragione. Poi serve una buona dose di tolleranza, come con le streghe. Nelle altre zone alpine finivano al rogo, da queste parti invece, quando attiravano le attenzioni degli inquisitori, finivano per essere assolte. Restano le ninfe d’acqua, come le Ganes, gruppo pop ladino che prende il nome dalle leggendarie creature dei boschi, buone ma pericolose se non si prendono dal verso giusto. L’antidoto alla crisi viene anche dall’esempio dei pionieri. Chi si è inventato la vita notturna di montagna, come Moritz Craffonara. O chi, come Erich Kostner, ha creato dal nulla uno dei caroselli invernali più famosi al mondo. Impresa iniziata in tempi molto più duri di questi. Segno di tenacia e passione, che sono i migliori antidoti a tutti i problemi. Antonio Signorini
In copertina: MATHMAR Foto Gustav Willeit
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NEFLA
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VINED - SONEA ELUSS
(dalla serie BLAIN)
BadiaNews Al Tour de Sas motori vietati
Grande attesa per la quarta edizione della gara di scialpinismo Tour de Sas che si svolgerà il 5 febbraio con partenza e arrivo a Badia e per la quale sono attesi nomi di spicco a livello nazionale ed internazionale. Gli atleti dovranno affrontare il circuito intorno al Sasso della Croce lungo un percorso di 26 chilometri con un dislivello di 2.100 metri. La manifestazione si svolgerà nuovamente nel pieno rispetto dell’ambiente e della natura circostanti. Vietate le motoslitte e altri veicoli per portare il materiale necessario per la segnaletica sul percorso. Tutto verrà trasportato dagli aiutanti, sci ai piedi. Anche il giorno della gara i veicoli a motore saranno a disposizione esclusivamente per garantire la sicurezza degli atleti. L’obiettivo della competizione è fare conoscere anche i luoghi dell’Alta Badia dove non arrivano gli impianti di risalita. Alcuni fortunati concorrenti parteciperanno alla Maratona dles Dolomites. (Foto DT)
A cavallo da 23 anni
Unesco con gli sci
Tre itinerari sciistici ispirati ai principi che hanno fatto includere le Dolomiti nella lista Unesco dei patrimoni dell’umanità. Tre proposte per far conoscere altrettante perle dello sci ladino apprezzate dagli insider. C’è lo Skitour Santa Croce collegato direttamente dal centro di La Villa attraverso l’impianto Colz. Un piccolo comprensorio al sole ed è servito da otto modernissimi impianti di risalita, dei quali sette seggiovie ed uno skilift, che permettono di godere del panorama mozzafiato sul paesaggio rurale di Badia e sulle vette circostanti del Parco Naturale di Puez e di Fanes. Poi la Val Stella Alpina. Uno degli angoli più nascosti e anche uno dei più panoramici. Si raggiunge dal centro di Colfosco con una modernissima cabinovia . Infine il tour della Prima Guerra Mondiale. Dall’Armentarola con i taxi e i mezzi pubblici alla volta del Passo Falzarego e del Lagazuoi, il panorama più bello delle Dolomiti. Info negli uffici turistici dell’Alta Badia.
È una tradizione antica, ma la versione addomesticata è arrivata al 23esimo anno. La tradizionale gara di cavalli con slitta, anticamente si svolgeva solamente la domenica di Carnevale, ma oggi viene riproposta nell’areale sportivo ai piedi della pista di Coppa del Mondo. Per tali competizioni si impiegano le tradizionali slitte contadine, trainate da un cavallo singolo di razza avelignese o norica. Terminata tale specialità si passa ad un’altra curiosa disciplina, proveniente dai paesi scandinavi e da qualche anno proposta anche in alcune selezionate località dell’arco alpino. È lo skikjöring, consistente nel traino di uno sciatore, allacciato al cavallo tramite una corda. Una disciplina sportiva carica di adrenalina e di suspance, che riesce a catturare la massima attenzione da parte del pubblico presente. Per corredare il programma competitivo non manca una romantica fiaccolata proposta dalle scuole di sci e dagli alpini e un ballo dei gatti delle nevi lungo i pendii della Gran Risa. Occhio ai calendari. Appuntamenti tra gennaio e febbraio.
Torna il Bmw xDrive ai piedi della Gran Risa
Cresce la collaborazione tra l’Alta Badia e la Bmw. Dal 26 febbraio all’ 11 marzo, La Villa in Alta Badia ospiterà di nuovo Bmw xDrive Live, una manifestazione organizzata, in collaborazione con il Consorzio turistico, che consentirà agli amatori ed ai curiosi di testare le qualità dinamiche della gamma Bmw, equipaggiata con il sistema di trazione integrale xDrive, su un percorso appositamente attrezzato. L’evento verrà inaugurato domenica 26 febbraio presso l’xDome posizionato a La Villa, ai piedi della Gran Risa. Tutta la gamma Bmw xDrive è disponibile per le prove, tutti i giorni, dal 26 febbraio all’11 marzo dalle ore 9,30 alle ore 18,30. I piloti istruttori di Bmw accompagneranno gli ospiti anche sulle strade dell’Alta Badia, per fare assaporare il piacere di guidare, tipico delle auto della casa bavarese. È sufficiente
Slittino con vista sul Piz Sorega
presentarsi presso l’xDome, sul piazzale di arrivo della gara di Coppa del Mondo di Sci a La Villa, muniti di patente B. Questa è la terza edizione dell’XDrive in Alta Badia (la nona in generale). La conferma del percorso ai piedi della nera più famosa d’Italia è il frutto di un successo di pubblico. Nel corso della scorsa edizione, sono state effettuate 32 giornate di test, 1.810 prove su strada di cui 244 durante gli Snow Day. XDrive è il sistema di trazione integrale di Bmw che, in condizioni di guida normali, lavora con una distribuzione base delle coppie del 40 per cento e 60 per cento tra l’asse anteriore e quello posteriore. Quando cambiano le condizioni di attrito e la situazione di guida, la distribuzione della potenza tra gli assi diventa variabile. Doti tecniche che gli appassionati di auto conoscono e che i turisti dell’Alta Badia potranno testare in prima persona. (Foto Daniel Töchterle)
“Dé dl Vin” e i corsi di Maria Canins
Anche le piste da slittino possono essere dotate di innevamento artificiale. E in Alta Badia ce n’è una In Alta Badia non ci sono viti, ma il 18 marzo superlativa per divertimento e panorama. Si trova sul arrivano i migliori vini altoatesini a 2.000 metri per una Piz Sorega, raggiungibile in cabinovia con partenza degustazione, accompagnata da speck, pane e formaggi da San Cassiano. La pista «Trù Liösa Foram» è targati Südtirol. Alle baite Club Moritzino, Bioch, I Tablá e facilmente raggiungibile dalla stazione a monte Piz Arlara saranno assegnate delle zone produttive vinicole: a quota 2.003 e scende lungo pascoli Valle Isarco, Merano-Valle dell’Adige-Val Venosta, e abetaie per una lunghezza totale di Bolzano e Bassa Atesina-Oltradige. Gli ex atleti 3,5 chilometri e un dislivello di 450 della squadra azzurra di sci alpino, targati metri. Lungo tutto il tracciato Bmw, accompagneranno gli sciatori da sono state create protezioni in una baita all’altra per degustare insieme legno a norma, per garantire a loro gli eccellenti vini altoatesini. la massima sicurezza e un Se invece la passione è la cucina, sano divertimento a tutta Maria Canins, l’ex-campionessa la famiglia. Per coloro che si nazionale è il filo conduttore della avvicinano per la prima volta novità che lega i corsi di cucina allo slittino si raccomanda un allo sci di fondo. Il martedì mattina abbigliamento adeguato, tipo Canins insegna a preparare lo tuta da sci invernale calda e che strudel presso il Camping Sass protegga contro il bagnato della Dlacia. Il corso continua di mercoledì, neve fresca, scarpe doposci stavolta però sugli sci di fondo, presso possibilmente alte e occhiali il Centro Fondo Alta Badia. Prenotazione da sci. Buona discesa! obbligatoria negli uffici turistici.
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Noleggi sci: c’è il marchio di qualità
ll nuovo marchio Leading Ski Service certifica i tecnici che garantiscono un servizio di qualità. «Visitiamo le aziende di servizio e noleggio di attrezzature sciistiche e ne controlliamo la presentazione, la qualità del materiale a noleggio, la preparazione dei dipendenti, le dotazioni tecniche. A quelle che possiedono gli standard prefissati rilasciamo il marchio di qualità», spiega il presidente dei tecnici Ernst Messner. Una commissione appositamente formata ha stabilito i criteri che vengono controllati annualmente con un’ispezione in loco. Questo marchio di qualità è utile sotto molti aspetti. «Innanzitutto aiutiamo il consumatore ad orientarsi nella scelta del negozio cui rivolgersi, inoltre valorizziamo l’intero settore definendo con chiarezza il profilo professionale». Il marchio Leading Ski Service è stato rilasciato a dodici aziende in Alto Adige. Ben sei sono le aziende nella Val Badia che hanno avuto l´onore di ricevere questo prestigioso marchio. Sport Posch di Colfosco, Ski Service Peppi di San Cassiano, Skiland e Ski Top di Badia, Ski Service Pic.Ant. e Skiservice Klaus di San Martino in Badia.
La nuova moda: l’alba sulle piste
Assapora le piste in anteprima nel silenzio delle cime dolomitiche. di Corvara con partenza alle Hai mai provato l’emozione di 6.50 e alle 07.20. Presso percorrere una pista da sci prima il rifugio si inizia la giornata dell’apertura degli impianti di con un’energetica colazione risalita, mentre i primi raggi del a base di prodotti altoatesini sole illuminano di rosso fuoco le a 2.000 metri (latticini, cime del gruppo del Sella e del formaggi e marmellate dei Sassongher? Da quest’inverno è masi locali, miele, pane, possibile sul Col Alto, la storica speck, uova, mele e succhi. montagna sciistica di Corvara, Tutti prodotti qualità Alto dove nel 1947 il pioniere del Adige/Südtirol.), per godersi Dolomiti Superski Erich Kostner il panorama e il silenzio delle costruì la prima seggiovia d’Italia. cime circostanti. Poi tutti Ogni martedì e giovedì mattina in pista per raggiungere il il rifugio Col Alt propone la salita fondovalle prima dell’apertura con il gatto delle nevi dal centro degli impianti di risalita. Un’esperienza unica, che rimarrà nei tuoi ricordi per il resto della vita!
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È tempo di pensare alle due ruote estive
Anche se sulle Dolomiti c’è la neve, è già tempo di preparativi per le due ruote. Per l’estate, l’offerta turistica per i ciclisti dell’Alta Badia si chiama Bike Friendly e si rivolge indistintamente a chi pratica percorsi su strada e Mtb. Il Consorzio Turistico mette a disposizione cartine stradali e percorsi, in collaborazione con specialisti che permettono di organizzare escursioni di gruppo ogni giorno. Numerose anche le convenzioni con esercizi ricettivi, negozi per il noleggio bici la vendita di ricambi e l’abbigliamento, ristoranti, rifugi specializzati per le esigenze di tutti coloro che si dilettano a praticare questo sport. Le strutture alberghiere Bike Friendly mettono a disposizione tutto quanto necessita al ciclista: deposito con possibilità di lavare e riparare le bici, cassetta specifica di attrezzi per le bici, lavanderia (a pagamento), ricca colazione equilibrata e piatto freddo o torte al pomeriggio, per un pieno di energia. Anche gli impianti di risalita trasportano le bici gratuitamente senza supplementi. Il tutto, in attesa della Maratona dles Dolomites. Le liste dei partecipanti sono già online e il 22 marzo ci sarà la possibilità di acquistare le iscrizione di beneficienza a prezzo maggiorato.
Ai maestri dell’ Alta Badia tute firmate Armani
Maestri di sci in tenuta Armani. La novità non è di poco conto. Dopo Bmw, Warsteiner, Colmar e altri, l’Alta Badia associa il suo nome a quello del principe degli stilisti italiani. A partire da quest’anno troverete il logo dell’aquilotto sulle piste e, soprattutto, nell’abbigliamento tecnico delle scuole di sci di ogni specialità, fondo e snowboard compresi.
Le sette vite della Chef’s cup
Sette anni di coppa dei cuochi. Era il 2004 quando prese corpo un’idea di Norbert Niederkofler, lo chef altoatesino con due stelle Michelin: organizzare una gara tra i principali cuochi europei. Non una gara di cucina. Più interessante vedere come i maestri del gusto se la sarebbero cavata sugli sci. Da allora è stato un successo dietro l’altro. Quest’anno la coppa si terrà dal 22 al 27 gennaio 2012. Padroni di casa, ancora una volta, i Dolo-Mitici, gli stellati dell’Alta Badia: ristorante St. Hubertus, La Siriola e La Stüa de Michil. L’evento clou è appunto la gara, ma per sei giorni gli ospiti avranno la possibilità di
partecipare a tante attività. Compresa una cena di gala i cui proventi andranno in beneficienza a Dynamo Camp, terapia ricreativa, destinata a bambini affetti da patologie gravi. Anche quest’anno verrà proposto Sciare con gusto. In diversi rifugi si potrà gustare, il piatto ideato da uno chef stellato internazionale. Tra i big Josean Martìnez Alija al rifugio Las Vegas. Al Pralongià troveremo Bobby Bräuer. Il tedesco Martin Fauster all’Ütia Lée. Presso l’Ütia Mesoles troveremo il piatto di Andrea Aprea, il nuovo chef del ristorante milanese Vun. Sergio Mei del Four Seasons di Milano verrà associato al rifugio Col Alt e Alberto Faccani del Magnolia di Cesenatico all’Ütia Jimmy. Dall’Inghilterra Hywel Jones, associato al Club Moritzino, il piatto di Giancarlo Morelli al rifugio Ütia Piz Arlara. E per finire i tre dolomitici dell’Alta Badia: Norbert Niederkofler del St. Hubertus presso la Ütia Bioch, Arturo Spicocchi della Stüa de Michil presso la Ütia I Tablà e Fabio Cucchelli del Siriola presso Ütia Bambi. (Foto Daniel Töchterle)
Lo specialista in vini e liquori
Der Wein- und Likörspezialist
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Lieti di consigliarVi, attendiamo con piacere una Vostra visita.
Wir freuen uns auf Ihren Besuch und beraten sie gerne.
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Aperto: lunedì a venerdì 15.30-18.30 sabato 8.00-12.00
Geöffnet: Montag bis Freitag 15.30-18.30 Samstag 8.00-12.00
Open: Monday to Friday 15.30-18.30 Saturday 8.00-12.00
I-39036 Badia (BZ) | Str. Damez 19 | Tel. 0471 839850 | www.graus.bz.it | info@graus.bz.it
I toponimi sono una parte importante del patrimonio storico e culturale di una comunità. Spesso descrivono i luoghi geografici nelle loro caratteristiche geomorfologiche, floristiche e faunistiche. Inoltre sono testimoni della storia insediativa e linguistica di una regione geografica. I nomi della Ladinia hanno origine prevalentemente latina o già ladina, ma sono frequenti anche quelli con etimologia preromana e incerta, come Gherdëina/Gardena, Ampëz/Ampezzo, Börz/Passo delle Erbe, Mareo/Marebbe. Di seguito sono spiegati i nomi dei paesi e di alcuni luoghi dell’Alta Badia:
rac
Matthias Crepaz
Ped
Pascoli, pietre ecco i nomi dei
Boà
a Piz Badia r o S Corvara e corvi, o r r Pescost aega paesi ladini Lanti I la e r m Pid r e A Ju d
Armentarora/Armentarola ------ Anticamente veniva chiamata con questo nome tutta la località di San Ćiascian/San Cassiano, dal latino armentum + area + eola: piccolo pascolo.
Si riferisce all’abbazia di Sonnenburg/Castel Badia a San Lorenzo di Sebato, dalla quale
Badia ----------------------------------- dipendeva gran parte della valle. In realtà fino a pochi anni fa il paese era sempre stato diviso tra le due località distinte di Pedraces e San Linêrt/San Leonardo.
Pedraces ------------------------------
Dal latino petra + acea al plurale, in riferimento alla presenza di grossi massi in riva al fiume Gran Ega/Gadera.
La Ila/La Villa -----------------------
Indica la presenza di una vila. Les viles sono l’antica forma insediativa tipica della Val Badia.
Pidrô/Pederoa ----------------------
Deriva da una costruzione mista latina e prelatina pes de rova che significa «ai piedi della frana». Il nome ladino locale per frana è tuttora rô (roa nel ladino standard). La Val/La Valle è ancora trasparente e non ha bisogno di spiegazioni.
Corvara -------------------------------- Dal latino corvus + area, luogo frequentato dai corvi. Calfosch/Colfosco ------------------
Dal latino collis fuscus, colle nero o colle scuro. Fosch significa tuttora nero in ladino.
Pescosta ------------------------------- Da post + costa, frequente nella toponomastica ladina, designa masi o prati che si trovano sotto o dietro pendii.
Piz Sorega ----------------------------
Piz è il nome ladino per cima, mentre si chiama Sorega il maso che ha dato il nome alla collina e all’impianto di risalita a San Ćiascian/San Cassiano. Deriva dal ladino sura+ ega (a sua volta dal latino supra + aqua), sopra l’acqua, nel senso di sopra il fiume, dalla prospettiva del centro. Probabilmente dal latino pasculu bovariu, pascolo dei buoi, dal nome dei prati sotto la
Boà/Boè ------------------------------- montagna nella zona di Rèba/Arabba. Successivamente il nome è stato esteso anche alla montagna nella forma originaria di chi crëp de Boà, le montange di Boè.
Il nome dell’antico maso deriva dal latino runcu, derivato deverbale di runcare (disboscare
Runch o Rungg ---------------------- e mettere a coltura), dunque area disboscata e dissodata per essere sfruttata a fini abitativi e soprattutto agricoli.
Ju de Frara/Passo Gardena ------ Ju, dal latino iugum, significa passo in ladino. Frara deriva forse dal latino Ferrum + area, terreno contenente ferro.
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«Il mio cielo è il Col Alt» Elmar Burchia Daniel Töchterle
Qui lo conoscono tutti. E non parlo solo della Val Badia: Erich Kostner, classe 1921, è un nome noto anche oltre i confini sudtirolesi. Da quasi settant’anni quest’uomo minuto porta con orgoglio il titolo di «pioniere». Già, perché è merito di una semplice idea balenatagli in testa sessantaquattro anni fa se il turismo invernale in queste vallate si è trasformato in quell’esperienza incredibile che conosciamo oggi. Come? «Portando i turisti in aria», lo schietto commento del novantenne Cavaliere al Lavoro. Infatti, con la costruzione del Col Alt nel 1947 - la prima seggiovia d’Italia, iscritta col numero uno sul registro nazionale degli impianti a fune - ha fatto la storia di questo comprensorio. Siamo andati a trovarlo. L’intervista si svolge in una mattinata soleggiata nell’ufficio dello Skicarosello a Corvara. Sulla porta in fondo al corridoio c’è la targhetta «Presidente», anche se Kostner da quasi un lustro ha passato al nipote Andy Varallo il testimone alla guida della società. Gentile, elegante, in ottima forma, nonostante qualche comprensibile acciacco dato dall’età, «Herr Kostner» come lo chiamano i suoi dipendenti - non ha mai potuto contare su un fisico imponente e massiccio. Ha riposto tutte le forze e le energie nelle capacità intellettive, nell’innata furbizia, nell’acutezza e nell’ingegno. Gli occhi verdi-grigi e curiosi si illuminano quando iniziamo a parlare della sua prima creatura, il Col Alt.
Erich Kostner ha iniziato l’attività di trasporto a fune nell’anno 1947 con la costruzione dell’impianto di collegamento del paese di Corvara (1.558 metri) con il Col Alto (1.982 metri), la prima seggiovia collaudata in Italia dal Ministero dei Trasporti. Ha continuato a operare nello stesso settore e, per sua iniziativa, sono sorti fino a oggi una settantina di impianti a fune. Nel 1972 è stato ideatore e promotore del più grande complesso di impianti a fune esistente al mondo, il Dolomiti Superski. Comprende gran parte delle piste da sci invernali delle Dolomiti, per un totale di 1.220 chilometri di piste divise in 12 zone sciistiche. È situato nelle province di Trento, Bolzano e Belluno ed è godibile con un unico skipass. Kostner ha inoltre costruito il rifugio in zona Vallon per ricordare il padre Franz, nota guida con vasta esperienza sull’arco alpino, ma anche sul Thien Chan (Cina) e sulla catena dell’Himalaya. Il rifugio è stato donato al Cai di Bolzano. Nel 1953 ha fondato l’Azienda di soggiorno di Corvara e nel 1978 l’Associazione Nazionale Esercenti Impianti a Fune (Anef), di cui è stato presidente fino al 1987. Ha promosso la costituzione di numerosi consorzi, tra cui il Consorzio Esercenti Impianti a Fune Alta Badia nel 1974 e il Consorzio Skicarosello Corvara-La Villa-San Cassiano nel 1983. Vive a Corvara, ha una figlia, Roberta, e due nipoti: i gemelli oggi 31enni Niky, gestore di una tabaccheria a La Villa, e Andy, che ha preso le redini del nonno.
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Da seggiovia a moderna cabinovia con otto posti. Ma quanto veloce deve andare oggi un impianto di risalita per soddisfare il cliente? «Quattro-cinque metri al secondo». Come mai tanta fretta per arrivare in vetta? «È il progresso, le nuove tecnologie. Ogni stagione riponiamo molte forze e tanto denaro per ammodernare gli impianti. Un tempo in seggiovia, in sciovia o funivia ci si godeva anche la salita. Ci si fermava un attimo a riposare e si ammirava il panorama tutto intorno». Oggi non è più così? «È diverso, cerchiamo di soddisfare al meglio le esigenze dell’ospite». Quanto ci mettevano le prime corse sul Col Alt? «Sicuramente più di adesso». Le cronache raccontano di quello strano progetto
di impianto a fune non visto di buon occhio dalla popolazione di allora. Ci racconti com’è andata, come ha convinto gli abitanti di Corvara? «Ero appena tornato in valle dalla prigionia, mi sono reso conto che c’era la possibilità di potenziare il settore turistico proprio realizzando un impianto a fune che portasse gli ospiti fino sul Col Alt. In quel periodo i nostri clienti erano soprattutto triestini, pochi tedeschi. C’era bisogno di spendere il meno possibile perché di quattrini ce n’erano davvero pochi. Ma in famiglia c’erano un’officina e una falegnameria. Fu così che ogni particolare della seggiovia venne realizzato in maniera artigianale. Sono stati proprio i contadini i primi a capire che c’era necessità di uno sviluppo in un’altra direzione, l’unico modo per sopravvivere». Lei sapeva che quell’idea avrebbe rivoluzionato il settore del turismo invernale? «Sapevo una cosa: che il trasporto doveva avvenire sulle funi, non più sulle sciovie. Sapevo che sui pilastri dovevo appoggiare una corda e che su quella corda volevo
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appendere delle sedie con delle catene». Ci spieghi meglio... «Dovevamo escogitare un modo per collegare Corvara con il Col Alt, dovevamo portare gli sciatori e i turisti in aria. È stato il cielo la mia fortuna, il mio cielo è stato il Col Alt». È vero che lei era un giovane molto curioso? «È vero». Ci racconti come «Ho sempre avuto voglia di lavorare, di creare. Pensare a mettere mano alle cose quando non vanno per il verso giusto non è un merito, è una necessità. Mi sentivo debitore verso questa valle. Il resto è stata una logica conseguenza». Che studi ha fatto? «Dopo la scuola dell’obbligo ho frequentato l’Istituto per l’avviamento industriale, dapprima a Trento e poi a Bolzano.
Ho conseguito un diploma alla Scuola alberghiera di Merano. Poi, una volta conclusi gli studi, ho cominciato un periodo di tirocinio in alcuni grandi hotel nei quali mi sono occupato dell’accoglienza e dell’amministrazione». Il primo lavoro? «Nel Grand Hotel di Kitzbühel. Non mi davano uno stipendio, ma terminata la stagione invernale sono riuscito a mettere insieme un piccolo capitale in mance». Ritorniamo ad oggi. Un ventenne può ancora permettersi di scommettere come a fatto lei oltre mezzo secolo fa? «Certamente! Deve però essere convinto di ciò che fa, sempre. L’esperienza ci insegna che i limiti non esistono, soprattutto nella tecnica. Oggi come allora tutto è possibile». Un’Alta Badia senza impianti, se la immagina? «Non ci sarebbe nessuna Alta Badia. Probabilmente la popolazione della valle sarebbe emigrata da tempo verso le grandi città». Si parla tanto di cambiamento climatico, degli inverni che tendono a diventare più caldi, della neve che a valle può mancare. La domanda è: seggiovie e ovovie dovranno essere costruite sempre più in alto? «Solo fin dove arriva la montagna e solo se poi è anche possibile riscendere. Un impianto sul Sassongher, per esempio, è impensabile. Le pareti nude e ripide non permettono una discesa sugli sci». Potendo riportare le lancette indietro, avrebbe voluto fare altro? «È una domanda che mi pongono in molti. La risposta è sempre la stessa: tutti i lavori mi sarebbero andati a genio. Ero contento quando potevo lavorare, rimboccarmi le maniche ed avere un obiettivo da raggiungere».
Foto Famiglia Kostner
Lei mi sa dire quanto costa uno skipass Dolomiti Superski? «Uhm. A dire il vero no, dovrei andare a controllare».
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Lo sci è divertimento. Ma le pare giusto pensare al divertimento in un momento drammatico di crisi? «Certo, noi lavoriamo col divertimento e la crisi condiziona pure questo nostro settore. Dobbiamo sempre stare in allerta». Perchè non è mai entrato in politica? «Non mi interessava. Sono un uomo
del fare, concreto, desideroso di produrre, di creare. Il contrario di ciò che è la politica». La pista preferita? «Col Alt e ovviamente la Gran Risa. Pensi, il Col Alt avrebbe potuto essermi persino fatale». Si spieghi, la prego. «Ero un giovanotto. Ai piedi avevo degli sci di due metri e 25. C’era la nazionale femminile che si allenava e, colpa di uno spericolato salto, ho fatto una rovinosa caduta. Sono rimasto bloccato a letto per mesi a pancia in giù, non potevo muovermi». Come ha sopportato la lunga degenza? «Nel soffitto del Posta ho scoperto un bandoneón (strumento ad ancia simile alla fisarmonica, ndr.). Ho cominciato a suonare e perfezionarmi. Le confesso, ero diventato anche relativamente bravo. In paese mi pregavano di suonare alla sagre». Grazie al Col Alt, a quella visione e al suo impegno, l’Alta Badia è diventata una delle più rinomate località sciistiche dell’arco alpino. Diciamoci la verità, forse i badioti le dovrebbero erigere una statua? «(Ride) Di una statua non so proprio che farne, nemmeno si muove!»
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Alta Badia un futuro mondiale La Federazione internazionale dello sci ha confermato fino al 2016 lo slalom gigante e lo speciale sulla Gran Risa. Marcello Varallo spiega perché lo sci non può fare a meno della Ladinia Alessandro Fregni
a neve che scende si pone glaciale sul terreno alpino, il lavoro degli uomini la rende compatta e liscia. La consistenza perfetta del manto è davanti agli occhi dell’atleta che per primo affronterà il muro. Lucidità e audacia devono caratterizzare la discesa che in pochi secondi determina l’esito di mesi di lavoro. L’atleta da una parte, la pista dall’altra. Quello che qui vi racconto appare come il backstage della gara più famosa delle Dolomiti, uno scorcio su come nasce la leggenda della Gran Risa.
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Foto Daniel Töchterle
La Fis, federazione internazionale dello sci, ha riconosciuto il circuito che ha associato il nome della gara alla storia dello slalom. Il grande Slam dello sci si chiama Club 5, raccoglie i luoghi dove tutti gli atleti vorrebbero lasciare scritto il proprio nome, vicino a blasoni come Kitzbühel e Wengen ha meritato il suo posto d’onore l’Alta Badia. Entrare nel Club 5 significa il riconoscimento di decenni di lavoro per un Comitato di Coppa che negli anni ha concretizzato un sogno, costruendo una delle gran classiche, la più selettiva fra le gare di slalom gigante. Abbiamo intervistato Marcello Varallo, presidente del Comitato, il quale ci ha fornito molti spunti per questa ricostruzione. Egli stesso ex atleta nella Valanga Azzurra fra il ’68 e il ’74, personifica la storia degli ultimi 26 anni. Così ricorda l’ex atleta: «Abbiamo iniziato nel 1980, per quattro anni abbiamo ospitato gare internazionali come la coppa Europa. Nel 1985 il grande salto alla Coppa del
Mondo, è stato subito il boom, a vincere fu Ingemar Stenmark». Come il fuoriclasse svedese nessuno ha vinto mai in gare mondiali, per cui spiega Varallo il primo anno ha indicato quella che sarebbe stata la regola: «la Gran Risa seleziona i migliori».
cresciute parallelamente: nel 2010/11 ben 199 milioni di telespettatori hanno sentito il nome Alta Badia associato allo sci tramite dirette e differite della gara, ma anche notiziari sportivi e telegiornali».
Cosa rimane oltre ad ogni gara, La sfida della pista più tecnica fra oltre alla gloria del migliore atleta? le discese dello slalom gigante, «Il più grande risultato come mette in evidenza alcuni dei Comitato, in parte attestato dalla presenza nel Club nomi più «È qui che 5, per cui siamo importanti dell’ultimo si selezionano riconosciuti come una classica fra quarto di i migliori» le gare dello sci secolo. Il re incontrastato della Gran Risa alpino, è dato dalla fiducia che rimane un italiano doc, colui che nel mondo ci è riconosciuta. Per rilevo lo scettro di Stenmark e ottenere ciò abbiamo faticato portò lo sci nel cuore del nostro molto, enormemente supportati paese: Alberto Tomba. La Bomba da uno straordinario gruppo di nazionale si impose sul gradino volontari legati alla nostra valle. più alto quattro volte. Il feeling Non riuscirei a pensare alla gara fra nazionale azzurra e Gran della Gran Risa senza le 850 – Risa trova conferma nelle parole 900 persone che collaborano per di Varallo: «Gli italiani sono quelli una realizzazione eccellente della che da sempre portano i migliori manifestazione, oppure senza risultati, una sensazione di affinità le organizzazioni pubbliche e fra l’Alta Badia e gli azzurri che ci private che contribuiscono al nostro sforzo». rende fieri». Da qui il presidente del comitato organizzatore passa a descrivere alcuni aspetti che hanno deciso il rapporto fra l’Alta Badia e la Fis: «Negli anni Settanta avevamo capito di avere un grande potenziale a disposizione, negli anni successivi avremmo imparato a competere con i migliori». Oggi siamo al 26esimo anno e alla 34esima gara mondiale: «Il grande sci e la fama dell’Alta Badia come destinazione invernale sono
come per concludere annuncia il degno esito di questo lungo percorso: «anche a fronte di numerose discussioni, il lavoro incrollabile e la stima maturata, parallelamente allo sforzo d’investimenti per creare le migliori condizioni possibili alla gara, hanno premiato il Comitato Organizzatore dell’Alta Badia. La Fis ha confermato fino al 2016 le gare di Slalom Gigante sulla Gran Risa, con la possibilità di continuare a disputare anche lo Speciale come negli ultimi anni». Coronano questo processo, alla specifica luce del tempo che viviamo, le parole del presidente Fisi, come riportateci dallo stesso Varallo: «La gara della Gran Risa da lustro allo sci nazionale e presenta il nostro paese nel modo migliore all’estero, elevando l’immagine dell’Italia nel mondo».
Varallo descrive con molta energia l’impegno necessario per raggiungere i vertici fra le manifestazioni agonistiche,
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Matthias Crepaz
Foto: Daniel Töchterle
Le gare all’Armentarola già a partire dalle prossime stagioni Prove tecniche di Coppa del Mondo al Centro fondo Alta Badia. Infatti, dopo la Gran Risa, ormai da ventisei anni teatro delle gare di Coppa del Mondo di sci alpino, sarà presto il turno del centro in località Armentarola/Sarè. Collocato a tre chilometri dal paese di San Cassiano, ha già ospitato per tre anni consecutivi gare valide per la FIS Opa Continental Cup, la Coppa Europa dello sci di fondo. Quest’anno il circolo europeo non passerà più dall’Alta Badia (tornerà l’anno prossimo, con la stagione 2012/13), anche perché il Comitato organizzatore Alta Badia Nordic Ski, con il supporto finanziario del Comune e dell’Associazione Turistica di Badia, è stato impegnato su un fronte più ambizioso: la realizzazione di una pista adatta ad ospitare gare di Coppa del Mondo. Il presidente del Comitato, Carlo Mellauner, e il Geom. Rinaldo Crepaz hanno diretto i lavori, svoltisi durante la primavera e l’autunno di quest’anno. Si è trattato di miglioramenti qualitativi quali drenaggi, ampliamenti della pista (che secondo il regolamento Fis deve misurare ovunque 9 metri in larghezza), livellamenti del terreno nei tratti più irregolari e modifiche al tracciato per rispondere meglio alle esigenze di una pista altamente agonistica. Il lavoro più imponente ha però riguardato il parterre di arrivo e partenza, collocato nel campo scuola del Centro fondo: il regolamento Fis prevede che la sua superficie debba essere perfettamente piana in tutta la sua estensione. L’operazione di spianamento ha richiesto l’impiego di 20.000 m³ di terra. In seguito ai lavori e a diversi sopralluoghi la Fis ha rilasciato l’omologazione per la Coppa del Mondo per undici diversi tracciati. Il race director Fis Jürg Capol è rimasto molto soddisfatto dalla spettacolarità e tecnicità dei percorsi, peraltro già dimostrata negli eventi europei degli ultimi tre anni, ed ha garantito l’inserimento della gara a partire dalla stagione 2013/14. Gli appassionati di sci di fondo hanno dunque buoni motivi per essere ottimisti: tra poco anche la Coppa del Mondo di sci di fondo passerà per l’Alta Badia.
Foto: Egon Pescollderungg
Ciaspolando per prati e boschi
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La zona del Centro fondo non è solamente un paradiso per praticare l’antico sport nordico, ma anche per fare lunghe camminate sul manto nevoso immacolato. Come? Con l’aiuto delle racchette da neve. Le ciaspole, come vengono comunemente chiamate, sono uno strumento indispensabile per spostarsi facilmente a piedi sulla neve, senza sprofondare né scivolare. Gli ampi prati circondati da boschi agevolmente attraversabili fanno delle zone dell’Armentarola e di Sarè il luogo ideale per le ciaspolate più facili. I vicini pendii che risalgono verso il Pralongià, il Valparola e l’altipiano di Fanes sono invece perfetti per escursioni più lunghe e impegnative. In questi casi sono consigliabili le escursioni accompagnate, organizzate anche dalla Scuola sci di fondo Alta Badia, situata proprio nel Centro fondo.
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Foto Freddy Planinschek
CINQUANTA CANDELINE PER I MAESTRI DI LA VILLA Il noto centro nel cuore dell’ Alta Badia vanta una scuola di sci dalla storia prestigiosa e all’ avanguardia per innovazione e completezza dei servizi Alessandro Dapunt
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er una scuola di sci, festeggiare il giubileo dei primi cinquant’ anni di storia, significa aver raggiunto una età ragguardevole. Ma qui non ci sono rughe che preoccupano, anzi. Una storia come quella della Scuola Sci & Snowboard di La Villa testimonia di grande tradizione unita a forte coesione e competenza, con l’impegno realizzato di essere sempre in prima fila nell’offrire i servizi più innovativi e ad ampio raggio. E che il mestiere di maestro di sci è davvero una passione e mantiene giovani, lo testimonia il fatto che ben tre fra i cinque maestri fondatori della scuola nel 1961, sono ancora in attività a pieno titolo, accanto a molte maestre e maestri di sci giovani. Oggi nella scuola di sci e snowboard di La Villa operano una sessantina di maestri, di questi una quarantina in pianta stabile con attività continuativa durante tutta la stagione invernale. La Villa è un centro sciistico molto frequentato e ambito. Lo sci dei pionieri. Tracciare percorsi su pendii immacolati avvalendosi di attrezzi rudimentali La scuola di sci raccoglie idealmente una tradizione assai antica, che risale ai primordi della storia della sci nelle Dolomiti e che consacra La Villa assieme alla vicina Corvara, come uno dei centri sciistici in Italia dove è documentata l’attività dei primi maestri di sci. Infatti Giustino Sorarù di La
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Villa e Cesco Kostner di Corvara sono stati fra i primi dieci ad essere insigniti dalla Fisi (neo costituita nel 1933) del titolo di maestro di sci nazionale. All’epoca non esistevano impianti di risalita, gli sci erano delle tavole di legno affusolate, e per l’ abbigliamento ci si arrangiava. I percorsi erano limitati per lo più dalla fantasia e dalla tempra del fisico. Magari con qualche cliente si faceva il giro del Sella prendendosi tranquillamente due giorni di tempo. I maestri poi non disdegnavano gli itinerari più avventurosi con clienti certamente esigenti: Cortina, la Marmolada, l’altopiano del Pralongià, i pendii sotto il Sas dla Crusc. Una fotografia ritrae il maestro di sci Pire Costa di La Villa. È datata 1935. Alternava il mestiere di maestro di sci con quello di guida alpina e, dal 1940, anche di gestore del noto rifugio alpino Puez del Cai, sull’altopiano del Gardenaccia, che la famiglia Costa mantiene in gestione ancora oggi. La neo fondata scuola di sci e gi impianti sciistici del Gardenaccia e del Piz La Ila fanno decollare negli anni Sessanta il turismo invernale. Ma l’anima segreta di La Villa è la Gran Risa. Quando Pire Costa fonda a La Villa la scuola di sci con due maestri e tre aspiranti maestri, La Villa segue la scia di Corvara. Già nel 1947, Erich Kostner costruisce sul Col Alto la prima seggiovia. Pochi anni dopo a Corvara apre una delle prime scuole di sci dell’ Alto Adige. Di impianti importanti a La Villa ancora non ce ne sono. Arrivano a metà anni 60, con quello sul Gardenaccia e soprattutto la bidonvia del Piz La ILa, che spiana la strada al polo sciistico integrato dell’ Alta Badia. Da lì, dal colle boscoso che sovrasta La Villa, parte il tracciato della Gran Risa. La sfida gigante di coppa del mondo che vi si svolge
Una scuola di sci a misura dei bambini. E per scoprire le molteplici possibilità degli sport sulla neve. Si può svolgere la professione di maestro di sci anche come libero professionista. Ma ciò che caratterizza la forza di una scuola di sci è l’ idea di associarsi per offrire una gamma completa, continuativa e costantemente aggiornata di servizi innovativi. Non solo lo sci alpino, ma anche snowboard, carving, telemark, freeriding, sci alpinismo, gite sugli sci, preparazione all’agonismo, organizzazione di eventi di animazione. Perché lo sci è un avventura che anela alla libertà. È importante che una scuola di sci sia gestita con una certa continuità, coesione e soprattutto con una visione rivolta al futuro. Dal 1989 la direzione, un incarico elettivo rinnovato ogni tre anni, è affidata al maestro di sci Klaus Planinschek. Grande impegno è stato rivolto a completare un’offerta adatta soprattutto alle famiglie con bambini. Per questo la Scuola Sci di La Villa dispone di un asilo-neve skiminiclub, nel quale i bambini da zero anni
BY SKI & SNOWBOARD SCHOOL LA VILLA
in poi vengono assistiti da personale specializzato dalle 9.30 alle 16.30, pranzo incluso. Altro fiore all’occhiello è il moderno noleggio-ski-service, dove scegliere tra gli ultimi modelli di sci e snowboard o semplicemente fare preparare a puntino l’attrezzatura, approfittando degli sconti per l’offerta integrata. Sciare rimane il centro della vacanza sulla neve, un sogno moderno che a La Villa poggia su una storia ricca di tradizione. Buon compleanno! Foto Freddy Planinschek
ogni anno a ridosso di Natale pone l’Alta Badia in un ambito di prestigio fra le stazioni invernali internazionali, cui corrisponde senza dubbio il corrispettivo di qualità. La Gran Risa è un biglietto da visita. Ecco perché quasi la totalità degli oltre 200 maestri di sci dell’ Alta Badia, lavorano alla preparazione della pista. Li coordina come direttore di pista Hermann Sorarù, classe 1942, uno dei cinque fondatori, e dal 1974 al 1989 direttore della scuola di sci di la Villa. È un esempio di dedizione e passione per una professione che mantiene un fascino immutato.
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Enrosadira SMG, Max Lautenschlaeger
Il pop ladino al femminile ha già conquistato Austria e Germania. Ora tocca all’Italia cedere al fascino del trio di La Valle che mescola ritmi etnici ed elettronica alle tre voci, tradizione musicale delle Dolomiti
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almente ladine che nei testi delle canzoni non sentono il bisogno di dire chi sono né da dove vengono. Niente richiami identitari o temi troppo culturali. Preferiscono parlare, attraverso la lingua delle Dolomiti, della vita di tutti i giorni, di maestre troppo severe che poi diventano simbolo di un’autorità difficile da digerire. E di lacrime d’amore. Per nome hanno scelto una figura delle leggende ladine. Ninfe, fate, spesso confuse per streghe, comunque creature legate all’acqua e al bel canto. Le Ganes dei giorni nostri fanno pop. Influenze latino americane, percussioni etniche, tanto Jazz, arrangiamenti e ritmi R’n B che potrebbero
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benissimo trovare ospitalità nei cataloghi delle major statunitensi. Canzoni originalissime e concerti trascinanti. Difficile restare fermi durante le loro performance live. Quindi pop internazionale e di qualità, made in Ladinia al 100 per cento. Non solo per il nome o perché le sorelle Elisabeth e Marlene Schuen e la cugina Maria Moling sono di La Valle. Il fatto è che la scommessa che le ha portate a diventare una delle band più conosciute dell’Alto Adige è quella rendere attuale una tradizione delle Dolomiti, quella del canto a tre voci, quindi di rinnovare una tecnica musicale antica che hanno imparato in famiglia. «Adesso è il nostro marchio», ci spiega Marlene, che oggi vive prevalentemente a Monaco di Baviera, ma torna spesso in Val Badia. Tradizione, innovazione e apertura al mondo.
La storia, racconta ancora Marlene, è iniziata quando sorelle e cugina erano bambine e giocavano con la musica, che nella famiglia Schuen è pane quotidiano. «Cantavamo insieme fin da piccole». Naturale il passaggio agli strumenti. Prima c’è il flauto, poi il violino imparato anche a costo di trasferte fuori dalla valle. «A un certo punto, tutte e tre abbiamo scelto il canto e di cantare insieme». Un hobby fino all’incontro con Hubert von Goisern, musicista folk pop austriaco, che le sceglie come coriste e poi le incoraggia a scrivere canzoni e buttarsi nella mischia. Il progetto riesce in pieno. Nel 2010 arriva Rai de sorëdl, il primo album, i concerti e i riconoscimenti, in Austria e in Germania, che restano i due paesi dove le Ganes si affermano di più, nonostante cantino in ladino «In Germania sono aperti verso lingue diverse e piace molto la world music. Siamo sempre accolti molto bene dal pubblico, anche se non capisce cosa diciamo. Certo ai concerti noi spieghiamo il significato delle canzoni e nel sito, insieme alle anticipazioni, ci sono le traduzioni in tedesco». Le Ganes hanno anche guadagnato l’attenzione delle radio tedesche, soprattutto quelle con un taglio culturale. Anche se a loro non interessa parlare esclusivamente a un pubblico colto. «Noi raccontiamo la vita di tutti i giorni. Usiamo la lingua ladina, è vero, ma lo facciamo in modo semplice. Ci sono cantanti ladini che fanno poesia con i testi, per noi invece è importante usare la lingua di tutti i giorni».
Il nuovo album Mai Guai (in vendita anche su Internet nelle principali piattaforme) arriva a solo un anno dal primo. Suoni urbani, cosmopoliti. Elettronica dal sapore brasiliano nella prima traccia, Au Au, Tabla indiana e voci eteree per Maestra, pianoforte contrabbasso e toni soft di Recordete, il Folk alternativo di Vijin. Ricominciano i concerti, al ritmo di 100 all’anno, sempre prevalentemente nella Mitteleuropa e anche più a Nord, fino in Danimarca. Solo qualche tappa in Italia, mercato difficilissimo per il folk pop. Ma le Ganes hanno tutte le carte in regola per farsi capire e sfondare anche sotto l’Adige.
Massimiliano, quando hai visitato per la prima volta l’Alta Badia? «Durante le riprese di una puntata di Linea Verde che è stata girata nel 2006. Non solo era una delle mie primissime puntate come conduttore di Linea Verde, ma era anche una delle mie prime trasferte in montagna per la trasmissione». Che ricordo «Mi piace sciare, ma hai di quella anche andare puntata? in bici d’estate. «É stato Mi piacerebbe tutto davvero partecipare emozionante alla Maratona ed era dles Dolomites» organizzato d a v v e r o molto bene. Si trattava della puntata natalizia e oltre ad aver avuto una grande fortuna con il tempo, visitare e girare la puntata in quei posti è stata un’esperienza unica che mi ha avvicinato a un luogo dove cerco sempre di tornare. L’Alta Badia è di sicuro uno dei fiori all’occhiello dell’Italia e potrebbe fungere da punto di riferimento per altre zone per la gestione del turismo». Torni spesso in Alta Badia? «Dopo aver conosciuto la valle ladina per lavoro, ci ritorno con piacere spesso ogni inverno e anche d’estate. Quindi una trasferta di tanto in tanto è d’obbligo e non può mancare».
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MI ha conquistato lo sci in notturna-II Massimiliano Ossini è arrivato in Val Badia per lavoro con Linea Verde. Poi si è fatto conquistare dalle Dolomiti, dal calore dei ladini. E anche da una discesa fuori orario nella nera più famosa d’Italia
Concetta Bonaldi
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Alta Badia in estate o in inverno? «Sono due modi diversi di vivere la montagna, in estate mi piace andare in bicicletta e fare diverse attività a contatto con la natura, ma anche solo passeggiare ti fa stare bene. È una zona ideale anche per le famiglie, ci sono svariate attività per i bambini come il parco avventura ad esempio. D’estate mi piace la Maratona dles Dolomites; sicuramente è una manifestazione a cui vorrei partecipare almeno una volta». Quali attività prediligi in inverno? «Sciare mi piace moltissimo. Ho iniziato da circa otto anni, dopo molti anni di snowboard, e in Alta Badia la mia pista preferita è sicuramente la Gran Risa. Ogni volta che vengo non può mancare una discesa sulla nera di La Villa. Quest’anno ho potuto provare l’emozione di farla in notturna ed è stata davvero un’esperienza unica, poter cenare in alta quota e poi scendere con gli sci sulla pista che prediligo. Un’esperienza assolutamente da rifare. Anche lo sci da fondo è uno sport da provare: immerso nel silenzio puoi ammirare la natura, oltre ai benefici di questo sport faticoso ma bello. È uno sport utile per il coordinamento e lo consiglierei proprio ai bambini».
grande cura nell’accogliere il turista, ti C’è qualcosa che ti ha affascinato cattura e ti fa venir voglia di tornare». particolarmente? «Ci sono due particolari. Primo: il C’è una cosa che ti piacerebbe fare Conturines e il fatto che ci fossero dei resti in Alta Badia? di orso in alta quota. La grotta - che ho «La cucina è davvero ottima, tra l’altro avuto il piacere di visitare - mi ha colpito a confermarlo ci sono le diverse stelle molto. Poi l’altro particolare è la cultura Michelin in zona. Ecco mi piacerebbe ladina. È meraviglioso vedere come poter cucinare con Norbert Niederkofler. una cultura possa essere tramandata Un’altra cosa che vorrei fare è una in maniera integra negli anni e lo si vede cavalcata in mezzo alla neve proprio tra i «Quando vengo qui con un cavallo Haflinger, bambini piccoli mi faccio raccontare mentre una cosa che rifarò nelle scuole. storie dalla gente sicuramente è la sciata in Dare importanza notturna». del posto. a una tradizione è un grande È meraviglioso vedere valore, poiché come la cultura ladina Qual è il tuo piatto preferito l’Italia è fatta di si tramandi negli anni» della cucina ladina? «I sapori come si sentono tante realtà ed in montagna si sentono in è un’estrema pochi luoghi. Mi piacciono ricchezza moltissimo i canederli con lo conservarle e speck, ma anche al formaggio tramandarle o agli spinaci. Diciamo che alle generazioni scegliere uno sarebbe difficile, future. quindi preferirei assaggiarne uno diverso Poi gli alberghi sono davvero al giorno come giusta soluzione.». estremamente belli. La cosa che ti colpisce è che anche un tre stelle è un Perché la montagna? albergo di lusso, come in altre zone un «Consiglio la montagna perché è un cinque stelle. La gente del luogo ha una
modo per staccare dalla città e per respirare aria sana, un modo per riattivare circolazione e fare un po’ di sport. Poi a me piace il rapporto tra le persone in montagna: ci si saluta tutti e sempre anche se non ci si conosce. Ed è una cosa che non si fa in nessun altra parte. Poi poter essere immersi nella natura è davvero fondamentale, quando torni a casa rispetti di più la natura e diventi più attento a quei piccoli gesti che possono essere di gran aiuto alla tutela dell’ambiente». Qual è il tuo rapporto con la gente del posto? «Ho uno spirito curioso e mi piace imparare cose nuove. Le tradizioni mi affascinano e ogni volta che mi trovo nella valle ladina, mi faccio trascinare. Le persone del posto diventano protagoniste quando mi raccontano le loro storie e mi mostrano la loro attività. Anche quando cercano di sponsorizzare la loro attività facendomi vedere cose particolari. Poi in Alta Badia si è instaurato un bel rapporto con molte persone che ho conosciuto. Anche se non ci si vede spesso, è un rapporto destinato a durare».
Cra cra cra. Il gracchiare del corvo risuona sotto alle nubi sospese e copre il rumore dei miei passi che affondano appena nella neve soffice. Con lo sguardo seguo i fiocchi che si posano su vecchi cirmoli, sui larici spogli. Nella mia solitudine mi sento in buona compagnia. Appoggio le ciaspole all’entrata dell’osteria. La padrona mi accoglie con un “bun dé”. In questa calda e accogliente stube dal grande crocefisso sono in famiglia. I compaesani giocano a carte; Rosa mi serve lo Jägertee, il tè del cacciatore e lo strudel con la salsa di vaniglia calda. “Con panna e coccole” mi dice; sì, sono tornato a casa. Nel mio ufficio a Milano ho appeso le foto delle viles
di Miscì e Seres, penso alla valle dei Mulini, all’acqua limpida e allo speck mentre ero seduto davanti alla baita con Elisa, mia moglie e i due piccoli. È primavera. Ormai si sarà già sciolta la neve; ho voglia di sentire il cuculo cantare, di perdermi nell’osservare i galli cedroni che ballano all’amore. Ho voglia di annusare e toccare, delicatamente, i germogli rosa di uno dei lariceti più belli nelle Alpi: quello in fondo a Longiarü. Sogno ad occhi aperti, ma ecco che è già estate. Tutti in carrozza, si riparte. Qui, anche in agosto, la pace regna sovrana. Vado a trovare Hildegard del Maso Ostì Vedl. Mi serve le tutres, domani sarà giorno di festa, ha appena fritto le fortaies. Rainer mi porterà a vedere
l’alba sul Pütia; poi starò insieme ai paesani a godermi la vita semplice e autentica di Antermëia. È qui, ma non ditelo a nessuno, che ho trovato quel maestoso porcino. I miei colleghi d’ufficio sono quasi morti d’invidia. Andrò a San Martino, c’è la grande messa cantata, non voglio perdermela; e poi tutti in piazza a seguire il concerto della banda. Metterò anch’io i Lederhosen e il cappello con la piuma d’aquila. Dopodomani porterò mio figlio Luca, 7 anni, nel capoluogo della cultura ladina, al Museo Ladino. Nel grande video si vede la nascita delle Alpi, nel castello s’incontrano le streghe, la badessa di Castel Badia e il Gran Bracun. Con mia moglie invece andremo in biblioteca all’Istituto Ladino a sfogliare l’ultima pubblicazione dedicata agli artisti della Val Badia. Alcuni di loro hanno esposto alla biennale. E poi, e poi ci verrò anche d’autunno. Natura e cultura dei paesini hanno un’attrazione fatale su di me. Questi
sono luoghi unici, magici, luoghi dell’anima. Qui ti chiamano ospite, non cliente. I miei bimbi hanno voglia di entrare in stalla e toccare il vitellino da Roman. Chissà, se come l’anno scorso, ci inviterà a sfornare le pagnotte nel forno di Vanc. I larici rossi, le giornate limpide, con quell’incredibile cielo terso. Le lunghe passeggiate, un bicchiere di rosso, un pezzo di formaggio servito con i pani a lievitazione naturale e farine biologiche. Arrivano in volo le ultime foglie autunnali.
Cra cra cra. Su un ramo secco si è posato il corvo. L’inverno si è aggrappato alla finestra ed è un invito a me: dove avrò messo le ciaspole?
San Martin
de Tor
r (BZ) Tor, 18/C rtin de To a M n a S I-39030 4 523 175 T +39 047 23 474 45 F +39 047 nmartin.it a s E info@
martin.it
www.san
Vacanze lunghe, dolce vita e poche regole. Erano così i ruggenti Sessanta nella valle Locali affollati dal lunedì alla domenica e festa assicurata ogni sera. Questa era l’Alta Badia cinquant’anni fa. Moritz Craffonara c’era e, a distanza di tanto tempo, ha deciso di ripercorrere quei tempi insieme a noi Katia Pizzinini aliani le gli cui gli it o in n cose sono ca i o n s n a a ta z , n n m o a pa bi e ic s ate re s s cc e hio. La vita no nom fuso tturna nei loca mitici S olo eco sere dif p e rock, c s a e ir de n li ll’ m e Al l ta b Badia non é pi po anni de godere di un ù la stessa, musica racconta Mor ni della no a n ro itz Craffonara, a li ia g iz in o n gestore o S de . l Club Moritzin enti de, pass o: o. Moritz in i preced k ove mo s u n qu o o , eg n l a li anni c’era e re i cambiamenti impazz o nuove cultu Oggi re sfruttate li ha vissuti su n lla la u o s e p t e o s lla sua pelle. Lo s d p s s ie o p e s e e tt e incontriamo un de me dev te lungh sono a sera invernal to acca l’uomo o ques , nelle i e n tt c in un bar. Sors u e T i . a a n o M d lun eggiando una n . o i m g l e u n f , i ta zza di té caldo in Italia tà. E in Alta ci racconta gl nei ri li aprés sk cit i anni della sua i anni il g b grandi ra o gioventù. Anni m e m I sp ? en i ia si n er d n at i, quando il su Ba oa non c’era anco o rifugio ta furon he per ra. Parla con gi c Sessan n a li pa oia di quel ss ta at n o, e m a m no a n ne parla con no fond er lo essere più felic stalgia, dice di i adia e p e oggi, perché o stile d ll e l’Alta B del turismo. d to «una volta la vi n er e a e m tr m ol o to s ra p pi o ta ù dura». I loca svilup il miglio i turisti nelle n li notturni in Al - ci racconta M sere e ca. ta Badia oritz - «iniziaro Il benes rono masse d ionalità tedes no a diffonder a partire dai pr alle az rta si imi anni Sessan vita, po oprattutto di n o per far fronte i. ta. Furono anni d’ s it n or , p o o. s ir I tà tu o d ris n ti, ro so ra pr lo locali g at i tuto tedeschi, e in massa e po rghi si in arrivavano giori, d questione rtarono il bene Gli albe sempre mag a n e u n r e ssere nella no , e n v e va n z lle e ta n ». iv Er e r, d a stra a ig un b s momento felic e nto ni e per l’econom ust. ski, pia ivertime tedesca, la loro ia Il loro d ntale e aprés entarono un m va luta, il marco, e iv era forte e i tedeschi ne ap Badia, fondam cali notturni d a lt ro A fit ta rono. Arrivavan in e lo autobus e si fe i locali li anni, o con gli rmavano per tre di venti In queg ti s iù ri p tu o n i, settimane, un m n es a era e; v il ra io pp g or to con il client dove i no e era molto pi stretto, tanto ù andava che diventavan e non, o quasi parte de fa m In ig lia i. . «E s ir ra lla no rt si e m patici i tedesc a div ano divertirsi e trasc hi, amavano riempiv i s or o re n va r no più tempo inve nelle taverne ch ggio; nei locali e pomeri e sulle piste, in il già nel sieme ai giovan r de e l po p st o a e v ai a i m v aestri di sci», o te. ricorda Moritz ci si ritr Le cose anda danzan té il . , ro e no e avanti di ques rt to passo per un decennio o Fünfuh ontinuava fino poco più. Poi, ta c sti s e u fe q la prima crisi. la «I i, ni g E zi ò g ve O rs o . la fine degli an fonda ni Settanta - af , sono Moritz - Entra a notte ferma ancora rono in vigore o ro n e o s m i u leggi restrittive c n li ch a ro e c im lo po lo il ne va a no M pa rticolari licenze delle s ski. di sicurezza a e impianti gli apré , come quello Gli norma. Inoltre . o it o , i costi della Si ll u a diventarono ec ae é dimin ei locali da b cessivi per mol ti alberghi, ch ed ali più in furono costretti e taverne mangono i loc gia e si a chiudere la ta verna». In queg anni ci fu anch ki ri festeg i s li e li a e p aprés s un u a crisi econom q rap l’ondata dei te ica che frenò cali nei irra e g deschi che lasc voga, lo n di musica, b Poi, la festa iarono così il posto ai turisti suo sera. e italiani, che gi balla a dieci di rni e nei loung , e à v popolavano o l’A n lta Badia nei m esi estivi. fino alle nei locali nottu uant’anni q a in u ic contin però, ll’arco d bar. Ne
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nero ne diven he Cambiò mbiò anc e due, tre settima biamento é a c a m , la L am la cliente vacanza. grosso c ice Moritz i vivere la giorni. «Il ipass. - d d k e o S tr d o o llo e e m u d il ad gi invece ione a ridursi erati. Og all’evoluz rp e e rr p u s d una, fino n o n o lunghe nte da ric ti, che non veniva iente più n : to sicurame n a u tt p u austo e re sfr lta era a rista é es eve esse d tu - Una vo il ro osto ta lie a a e giorn s giorn ergo piutt lo skipas que. A fin enessere dell’alb n u llo d e i, d g i rifu lax e ob soste ne nel centr é gna del re rilassarsi e all’inse z e ella salute n c d s a ri c ra a fe u V c . » pre la i re u lla c a pi in re a b nd in tem che anda a uindi il tre q o n o come un . s a sport le di vit più tanti ti o s n i o o d n s u o n d o iù o sempre p rni in Alta Badia n , é cambiato il m i ttu a in poch ose o tr c n n e e li lt c a o n c o m lo c I i te s ia o r b tt e m u p rne to. T no ca ivertimen ski e tave ece volta, so ti: aprés a non il d inv lla m o i, ra ff s e a ir id rt o dive chi des erò molt r e p p re r i turisti a p b m a o giov n lounge tt e locali, se u i tt rs ra a p n o scate Badia, ono s dell’Alta chi vuole ante. E s ” s n s “i la ri iù p iù i ta p s sk spagnoli una sera re gli apré izzeri, ma anche ta n e u q e fr a Badia chi, sv italiani a fa dell’Alt zzi tedes a rò g e p ra e a h ate non ello c accanto russi. Qu più rinom ra, con e iù p in lp re a p e e sem ristich la natu località tu ro divertimento é rnice e una delle v e: una co Il n g li. a ta c n o lo i m lo sono so oschi e le dei più ri, i suoi b ogo uno i suoi colo rendere questo lu er . perfetta p e unici al mondo ri la o c a tt e p s
From the 1960’s to today : how nightlife has evolved in Alta Badia The mythical sixties were the years of the economic miracle in which Italians began to enjoy a new found prosperity. It was the period of rock and pop, news fashions emerged and blossomed. This was also a memorable period for Alta Badia. In those years, there were more than twenty bars and venues where young people, both visitors and locals, went to enjoy themselves. In winter they would often be crowed even in the afternoon; as young people would often meet for Funfuhrtee or afternoon tea. Today, these venues and bars still exist and they are called the après ski. Over the last fifty years however things have changed radically. «The biggest change was due to the Ski pass system - says Moritz Craffonara, manager of Club Moritzino and somebody who has experienced these changes in person – once it was based on a points system which was never wasted. Today however a daily Ski pass exists so it’s no longer possible to spend a long time in the refuges». The nightspots are no longer as numerous as they once were. There are now pubs and après ski for those who want to party and lounge bars for those who want to have a more relaxing evening. More than anyone else these are frequented by young Italians together with Germans, Swiss, but also Spaniards and an increasing number of Russians.
+ SALE LA FEBBRE DA SCI “ESOTICO” Rinunciare alle Dolomiti? Solo per le mete più strane: Asia, Iran, Australia
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3 1 - Foto Amir: Koloon Bastak Peak, Iran 2 - Foto Dynamical: Ohau, New Zeland 3 - Foto Andrew: Bariloche, Argentina
Carlo Sala
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ifficile se non impossibile trovare località più belle delle Alpi dove sciare. Ma per chi proprio vuole provare l’impresa, è possibile farlo su pendii posti a un’altezza superiore a quella della cima del Monte Bianco. Così come si può sciare con vista mare o, se si preferisce, col volto velato oltre che da un passamontagna, da un burqua islamico. Tanto dal Nepal quanto dalle regioni settentrionali dell’India – muovendo dalla capitale federale Nuova Dehli verso il Kashmir, è possibile sciare sui pendii dell’Himalaya, la catena montuosa più alta del mondo, che comprende l’Everest (8.848 metri) e che, nel solo Nepal, conta circa la metà delle 14 vette sopra gli 8mila metri del pianeta. Guidati da sherpa dotati di sci o snowboard, si può scendere lungo pendii di abbondantissima neve vergine, circondati dal panorama dell’Annapurna,
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una delle mete più gettonate anche per il trekking e le scalate, o dello stesso Everest (che di per sé non è però sciabile). Le discese partono da un’altezza di 5mila metri, ma per chi ha più fiato, coraggio e denaro è possibile partire anche da altezze maggiori. Non ci sono ovviamente né piste battute né impianti di risalita. Basterebbe una folata di vento a sommergere di bianco le une e gli altri. Una volta completata la discesa del pendio – con dislivelli fino a 2000 metri e punto di arrivo alla bellezza di 3000 metri di altezza – si riprende l’elicottero e si riparte per un’altra discesa. Più ancora di una certa dimestichezza con gli sci e le discese fuori pista occorrono soprattutto fiato e resistenza fisica. Se non si ha un giorno di tempo per adattarsi alle altitudini himalayane, una sciata spettacolare è quella che offrono i fiordi della Nuova Zelanda. Nella parte sud dell’isola meridionale, l’aeroporto di arrivo (previo scalo dall’Europa) è quello di Queenstown, le vette che affacciano sul fiordo consentono, da giugno a novembre, di godersi una panoramica mozzafiato: l’Oceano Pacifico che si
insinua in profondità tra le terre emerse e ricoperte di neve. Fossero troppe 30 e passa ore di volo dall’Italia per arrivare alle 4 cime nei dintorni di Queenstown - tutte dotate di piste regolarmente battute, dotate di impianti di risalita e sciabili dal principiante come dallo slalomista – da cui godersi questo panorama, ci si può anche fermare a Melbourne. Non ci sono fiordi – i canguri e la famosa montagna rossa sacra agli indigeni distano un paio di ore di volo – ma le piste da sci non mancano. Troppo lontana anche l’Australia? Non volete comunque rinunciare alla vista mare mentre sciate? Benissimo. Le isole Canarie, territorio spagnolo al largo del Marocco, sono poco più lontane di Madrid dall’Italia. Con i suoi 3.718 metri, il monte Teide, sull’isola di Tenerife, è la montagna più alta di Spagna e il terzo vulcano del pianeta. Sciabile d’inverno, non è però dotato di impianti di risalita. E allora? Beh, il suggerimento non può che essere Whistler, in Canada, a un paio d’ore di autobus da Vancouver, considerata una delle città più vivibili del
mondo (se non la più vivibile in assoluto). Neve in Canada ce n’è in abbondanza e non solo a Whistler. Il panorama forse non è bello come quello delle Dolomiti, ma la quantità di neve da queste parti è qualcosa che in Italia non si vede spesso. E infatti molte delle piste delle due cime che circondano il graziosissimo paesino di Whistler - un piccolo centro tutto turistico, al cui interno non si può girare in auto – non sono battute. Se invece si resta a Vancouver è possibile prendere i bastoncini per sciare la mattina e i remi per fare un giro in canoa nelle acque della baia sul Pacifico il pomeriggio. E benché il cambio al vertice a Washington l’abbia un po’ fatta cadere da metà à là pàge qual’era quando svariati pensatori neo-con dell’era Bush vi andavano a rilassarsi, il cambio eurodollaro suggerisce d’altronde di fare un salto ad Aspen, la Sainkt Moritz del Colorado. Se invece vi piace coprirvi di tutto punto, non solo per il freddo, quello che fa al caso vosto è l’Iran. Sì, si può sciare perfino lì: per l’esattezza ad Ab Alì: ski resort a 2500 metri d’altezza a metà
strada tra il Golfo Persico (e Dubai) e il Mar Caspio con 9 ski lift per altrettante piste. Il suggerimento, quasi d’obbligo per le signore, è di non dimenticarsi il burqa anche quando ci si toglie il passamontagna. Nessuna possibilità di sci in Africa se non alle Canarie, il Kilimangiaro coi suoi seimila metri può essere raggiunto solo facendo trekking per quasi una settimana, il Sud America offre invece un’ampia gamma di possibilità: la graziosissima Bariloche in Argentina, col suo lago e il suo paesaggio quasi germanico; le Tres Valles a poca distanza da Santiago del Cile, per chi magari dopo un paio di giorni sulla neve vuole attraversare mezzo Pacifico e vedere le misteriose statue dell’Isola di Pasqua; la gelida e impervia Ushuaia, nella Terra del Fuoco, praticamente ai confini del mondo, nel posto più a sud del pianeta ove esista uno stabile insediamento umano. O infine sulla vetta del Chacaltaya, a 36 chilometri dalla capitale della Bolivia La Paz, su quella che era ufficialmente la pista battuta più alta del mondo: 5.580 metri sopra il livello del mare. È scomparsa insieme al ghiacciaio dove era stata costruita.
THE CRAZIEST PLACES IN THE WORLD TO GO SKIING From the Himalayan summits to the peaks of New Zealand and their astonishing sea views It’s difficult if not impossible to find places more beautiful than the those in the Dolomites for skiing. However for those of us who want to attempt the incredible there are many different exotic destinations all around the globe. It’s possible to ski on the slopes of the Himalayas surrounded by the wonderful sight of the Annapurna or go to Milford sound, the most popular and famous fjord in New Zealand where one can ski on snow covered slopes with the amazing backdrop of the Pacific Ocean. One could also choose the less exotic destination of Whistler in Canada where there are kilometres of slopes some of which require great technical ability and fitness. It’s even possible to ski in Iran in Ab Alì which is 2,500 metres above sea level and half way between the Persian Golf (and Dubai) and the Caspian Sea. Apart from the Canaries it’s not possible to ski in Africa. South America on the other hand offers a wide variety of skiing destinations like the graceful heights of Bariloche in Argentina. One could also venture to the summit of Chacaltaya 36 kilometres from La Paz, the capital of Bolivia, where one can ski on what is officially the highest ski slope in the world at 5,580 metres above sea level.
La valanga, l’esplosivo e gli aerei della guerra nel Vietnam che volavano sopra Corvara. L’action movie con Sylvester Stallone girato sulle Dolomiti, raccontato da chi partecipò alle riprese. Marcello Cominetti
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Harlin dirigeva quello che poi risultò nelle sale come un polpettone avventuroso in salsa hollywoodiana che per gli alpinisti non riusciva ad essere neppure un film comico, ricopiando nella trama una storia realmente accaduta negli anni Settanta. Sui monti di Yosemite negli Usa precipitò un piccolo aereo carico di droga e dollari. Era inverno e alcuni scalatori della zona scoprirono per primi i rottami e vissero qualche anno di rendita. Anni dopo uscì anche un libro che raccontava la storia che nella traduzione italiana si chiamava Angeli di luce.
lle nostre spalle, la turbina del Bell 205 ronzava rassicurante nell’abitacolo mentre lo Huey imboccava la Val Mesdì avvolto dalle nuvole con noi e mezza tonnellata di attrezzatura cinematografica dentro. Praticamente solo io, guida di montagna Per tirarci fuori un colossal la regia si del posto, sapevo dove eravamo e Marc inventò una storia gonfiata da agenti Wolff, il navigato pilota inglese ai comandi, dell’Fbi corrotti, eroi del soccorso di si fidava di me in maniera preoccupante. montagna (stavo per Il vecchio elicottero di dire “alpino” ma nelle scena e trasporto su «La produzione montagne rocciose cui ci trovavamo era un dove il film è ambientato, cigolante catorcio reduce cercava delle guide bisognerebbe dire dalla guerra del Vietnam alpine e mi ritrovai “roccioso” e non e si era beccato diverse fianco a fianco con suonerebbe eroico raffiche di mitragliatrice, Jim Bridwell e altre cattivi tanto che i sei fori mal star della montagna» abbastanza), senza scrupoli e stuccati sul montante donnette innamorate destro del portellone che precipitano dalle rocce e quelle facevano spesso da sfondo alle foto cose lì, tanto care agli estimatori del ricordo che in molti di noi si facevano. cinepanettone in versione alpinistica. Il velivolo, assieme a un suo gemello, Per realizzare il film la produzione era stato noleggiato nel 1993 presso miliardaria aveva cercato il fior fiore una ditta tedesca dalla Carolco Pictures, dell’alpinismo (cosa ci facessi io, la casa di produzione americana a cui modesta guida alpina da Corvara, quindi faceva capo una variegata troupe, e di non l’ho mai saputo) e quel giorno delle cui anch’io facevo rocambolescamente nuvole in Val Mesdì sui tre elicotteri parte, che girava Cliffhanger, un film con diretti alla cima dell’Antersass c’erano Sylvester Stallone come protagonista assieme al sottoscritto: Jim Bridwell nelle vesti di un improbabile alpinista alle “the bird”, se mettete il suo nome su prese con dei criminali. Il regista Renny
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Perplessi, i due “fuochini” osservavano il nostro gruppo di gente un po’ fuori di testa (avete mai visto dal di dentro una troupe cinematografica?) che tra un “wow” e un “killer” (= figata in slang californiano) si aggirava pericolosamente sull’enorme cornice di neve nell’eccitazione che precede qualcosa di clamoroso. A me ‘stavolta toccava il ruolo di mediazione e traduzione tra gli addetti all’esplosivo e i pazzi con le cineprese e altre diavolerie elettroniche: tralicci, binari, torrette, cavalletti, batterie, pellicole e computers. Il tempo era orribile e si prospettava una notte nel locale invernale del Rifugio Boé, perché gli elicotteri non si fidavano a venirci a riprendere, e io avevo già detto che con i due fuochini ci saremmo fatti scivolare sul sedere fino a Colfosco andandocene a casa nostra, sotto gli sguardi sbigottiti degli yankees che forse si credevano in cima al Denali.Grazie a un buco tra le nuvole neve precipitò gli elicotteri per 400 metri lungo l’Antersass arrivarono e il giorno U n ’ e n o r m e Una nuvola bianca ci sommerse, dopo, che il cornice di neve si finì con una risata di ore» tempo era protendeva verso bello, tornammo lassù per finire il lavoro. il versante settentrionale sporgendo Mentre gli alpinisti posizionavano le per una decina di metri sulla parte ultime cariche esplosive sulla cima, gli superiore della Val Mesdì. Era quello che operatori prendevano posizione. ci serviva perché dovevamo riprendere una valanga mentre precipitava da ogni Tutto era pronto e via radio si diede angolazione, compreso il suo interno, il via all’esplosione che fu di potenza con due cineprese infilate in altrettanti eccessiva e provocò un’enorme massa robusti cassoni d’acciaio muniti di oblò di neve che precipitò verticalmente ancorati sulla parete da dove la valanga per circa 400m lungo la parete nord sarebbe precipitata. Come farla cadere? dell’Antersass. Quando i blocchi di Erano venuti con noi due esperti di neve grandi come case toccarono il esplosivi della Val Badia che ci aveva suolo si levò in aria una nuvola bianca mandato Heinz Kostner, allora sindaco che avanzava minacciosamente verso di Corvara e membro del soccorso di noi, che eravamo una trentina di alpino. Uno era Giuseppe “di Costa” persone. In preda al panico e urlando Pizzinini di Badia, accompagnato da un imprecazioni come si sentono nei film suo collega. Una delle mie mansioni era di guerra americani quando gli Zero individuare posti adatti che in gergo si giapponesi si immolano sul nemico chiamano locations. Google non vi basterà una settimana per conoscere le sue avventure leggendarie, David Brasheras, che girerà nel ’96 il suo celeberrimo Everest portandosi sul tetto del mondo una cinepresa Imax 3D, Robert Shauer, himalaysta da primato, Mike Weiss mitico alpinista patagonico prestato al cinema di Hollywood, Paul Sibley e Bob McDougal, inventori - tra gli altri - di una certa marca californiana detta Patagonia, Ron Kauk il nero navajo eroe di Moonlight Lightning e altre storie incredibili, David Schultz recordman de El Capitan e Wolfgang Gullich senza dubbio lo scalatore ad oggi più bravo e poliedrico mai esistito! Nessuno di loro, quel giorno di fine marzo, era mai stato dove ci trovavamo e la visibilità vicina allo zero non metteva allegria in nessuno, me compreso, nonostante avessi percorso quella valle decine e decine di volte e solo per questo posammo fortunosamente ad un certo punto i pattini sulla cima «Una massa di che cercavamo.
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con i loro kamikaze ai comandi, tutti si misero a correre verso valle per mettersi in salvo. Io cercavo di urlare che era solo polvere e non c’era nessun pericolo ma ormai la situazione era fuori controllo e tutti correvano, inciampavano nella neve fonda e ruzzolavano fino a quando, tutti avvolti dal pulviscolo bianco, si resero conto che non c’era pericolo e semmai ci saremmo solo un po’ infreddoliti.Finì tutto in una risata che durò ore! Le cineprese erano restate in funzione. Buona la prima! Anche perché una seconda non ci sarebbe potuta essere. Nel montaggio, assieme ad altre due valanghe girate su una pista di Ra Valles a Cortina e alle Cinque Torri, la scena sembra apocalittica. Stallone/Gabe nella stessa si toglie la giacca restando in canottiera per mettere in bellavista i bicipiti. La fiction è proprio il bello del cinema e Rambo-Rocky, in questo caso, la sua apoteosi.
Cliffhanger - L’ultima sfida Titolo originale: Cliffhanger Paese: USA/Italia Anno: 1993 Durata: 113 min Colore: colore Audio: Dolby Stereo Spectral Recording Genere: azione, thriller Regia: Renny Harlin Soggetto: John Long Sceneggiatura: Michael France, Sylvester Stallone Fotografia: Alex Thomson Bruno Corbucci, Sergio Corbucci, Vittoriano Petrilli Montaggio: Frank J. Urioste Musiche: Trevor Jones Scenografia: John Vallone Interpreti: Sylvester Stallone: Gabe Walker John Lithgow: Eric Qualen Michael Rooker: Hal Tucker Janine Turner: Jessie Deighan Rex Linn: Richard Travers Caroline Goodall: Kristel Premi 3 nomination ai Premi Oscar 1994: migliori effetti speciali miglior sonoro miglior montaggio sonoro MTV Movie Awards 1994: nomination alla miglior sequenza d’azione
CLIFFHANGER Avalanches, stories and fear in the Dolomites of Alta Badia where Hollywood arrived to shoot the most spectacular scenes of an old film. Behind us the turbine of a Bell 205 made it’s reassuring sound in the cockpit as the Huey flew into Val Mesdì shrouded in cloud carrying us and half a ton of film and camera equipment. It was 1993. The old transport helicopter in which we were flying was an noisy old wreck from the Vietnam war, it had been hired from the American production company which had employed me and my daring group to help shoot Cliffhanger, a film starring Sylvester Stallone, as an unlikely mountaineer at odds with a band of criminals. I was just a modest mountain guide for Corvara. An enormous cliff of snow faced towards the north and hung out over the Val Mesdì. It was perfect as we had to film an avalanche from many angles as well as internally. How would we make this happen? Two explosive experts had come with us from Val Badia. While the mountaineers were positioning the last explosives the camera crews were taking up their position some distance away. The explosion was of such strength that it caused an enormous quantity of snow to fall vertically for about 400 metres down the north wall of the Antersass. Once the snow hit the ground below in the valley this caused a huge white mist to rise and it moved quickly towards us. In complete panic and with much swearing and shouting everyone ran down the valley to safety. I tried to tell everyone that it wasn’t dangerous but by now the situation was out of control. We all laughed for about two hours. The cameras had filmed everything . The first cut was perfect and just as well because a second take would not have been possible. mc
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I MICROCOSMI DI DAPOZ
Il fotografo ladino alla continua ricerca della natura e della bellezza invisibile
Carlo Dapoz nato nel 1959 a Badia, dove abita ancora. Affascinato fin da bambino dalla fotografia naturalistica, dagli animali e dalle “macroâ€?. Oggi rappresenta in numerosi libri e calendari, la bellezza delle sue Dolomiti. Qui alcuni esempi del suo lavoro, a metĂ strada tra indagine scientifica e arte.
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Alta Badia 2.0 Blog, applicazioni e Google+. Le Dolomiti continuano a invadere la rete, i social network e gli apparecchi mobili. E se anche Enrosadira facesse la sua app?
Sempre più utenti cercano informazioni, intrattenimento e acquisti sul web. Di conseguenza, sempre più informazione, intrattenimento e acquisti, sono a disposizione sul web. Mountain Blog (www.mountainblog. it) nasce su questa premessa e con la scommessa di puntare sul web 2.0 e, in particolare, sul blog. Inteso, spiega il responsabile editoriale Andrea Bianchi, come sito professionale per la diffusione di notizie commentabili sul mondo della montagna. Poi c’è il lato commerciale. E mountain blog è anche una piattafoma di servizi per chi della montagna ne ha fatto una professione. Nel blog si trovano informazioni giornaliere legate al territorio, su gusto, tradizione, wellness e, soprattutto, sugli sport. Climbing, Ice Climbing, Alpinismo e sci in tutte le versioni. Poi i migliori video, gli eBook e il top dell’editoria di montagna. Compresa Enrosadira. Tra le altre novità della stagione, una vecchia conoscenza dei turisti della ladinia. Il sito www.miaaltabadia.it, che si è ormai consolidata come uno dei punti di riferimento locali, anche per la prenotazione degli alberghi. Sempre più ricco il sito ufficiale dell’associazione,
www.altabadia.org, con informazioni in tempo reale (compresi webcam e meteo) e l’agenda aggiornata degli appuntamenti, oltre ai classici servizi di prenotazione. La pagina Facebook ha ragginto i 3.000 “like” e ora la valle ladina sbarca anche su Google+, ultima frontiera dei social network. Anche il Dolomiti Superski si rinnova e punta sulle applicazioni mobili. In particolare sulla AR, Augmented reality, che permette, attraverso la localizzazione del device, di fornire informazioni sull’ambiente nel quale si trova lo sciatore. Ad esempio il nome delle montagne. Continua intanto il successo di www.ladinia.it e di Passione montagna, la pagina Facebook di Gabriella Berlanda, che ha letteralmente spopolato sul principale social network condividendo con tutti il suo amore per le Dolomiti e l’Alta Badia. In crescita anche Dolomitichannel su youtube, che offre informazioni via video sui Monti pallidi, con particolare attenzione per il versante bellunese. Altre novità in arrivo? Sì la versione sfogliabile di Enrosadira. Prossimamente sui vostri Ipad e Iphone.
LA GARANZIA DELL’ESPERIENZA MARCELLO COMINETTI Guida Alpina in Alta Badia "dal 1984" SCI FUORIPISTA - Discesa Val de Mesdì, Marmolada, Cristallo e altri - Stage freeride, 4 gg. 2-5 febbraio SCIALPINISMO - Tour de Sas, 2 gg. Facile - Anello del Fanes, 3 gg. Facile - Da Passo S.Pellegrino al Pordoi, 3 gg. Medio/Difficile - Dal Pordoi a Cortina, 3 gg. Difficile - Hoch Tirol, 6 gg. Aprile info@marcellocominetti.com - Oberland Bernese, 4 gg. Aprile www.marcellocominetti.com SPEDIZIONE SCIALPINISTICA Tel.+39.327.7105289 - Nepal, 2x6000 Mera e Nauleh Pk., 20gg. 28 apr-18 mag CIASPE - Gite giornaliere - Traversata a Fanes 11-12 febbrio - Cima Col di Lana 18-19 febbraio ICE CLIMBING Colfosco,Scotoni e Sottoguda SKISAFARI PER RAGAZZI (8-12 anni) con notti in rifugio sulle piste. Canazei, Marmolada, Civetta, Cortina, Alta Badia, Canazei. 25 febbraio - 3marzo www.nodoinfinito.com TREKKING info@nodoinfinito.com - Nepal, Campo Base Annapurna 13gg. Aprile +39.329.9127628
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Un eBook racconta la montagna perfetta
LETTURE
«Il punto di ascolto perfetto» è un racconto di Andrea Bianchi e si è aggiudicato il primo premio nella sezione “Inediti” alla nona edizione del Concorso Letterario Leggimontagna 2011. Ecco un brano tratto dal racconto. La versione integrale è disponibile in formato digitale sul sito web MountainBlog al seguente indirizzo: www.mountainblog.it/ mbook. «Finché un giorno decisi di lasciare il piano per raggiungere le Terre Alte: in alto, più in alto del limite oltre il quale si ritiene non sia più possibile la vita. Decisi di partire, di salire, per trovare una risposta alla mia ricerca. Qual è il punto migliore in cui mettersi in ascolto? Il punto a cui tutte le armonie dello spazio convergono, le une dopo le altre le une sopra le altre, si accordano e intrecciano tra
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loro formando l’immagine totale, come i fili di distinti colori in un arazzo? Qual è il punto in cui quell’abile tessitura può dirsi perfetta? Perfetta negli accostamenti dei colori – i toni, i timbri – e delle forme – geometrie assolute di un assoluto pensiero? Finché un giorno decisi di lasciare il piano per raggiungere le Terre Alte, per trovare infine una risposta alla mia ricerca. Prima di quella partenza, molte altre volte ero partito, ma sempre per percorrere la pianura, mai per raggiungere le vette solitarie.Molti anni e molte strade avevano attraversato le mie vene, e c’erano stati giorni e luoghi in cui avevo creduto di raggiungere la mèta. Luoghi speciali, dove l’anima sentiva di potere finalmente riposare: luoghi vasti e ordinati secondo leggi precise, di forme e di geometrie, di proporzioni.Navate centrali e laterali, ampi spazi absidali, dalla loro base vertiginosamente proiettati in altezza. E in alto finestre, da cui pioveva lateralmente la luce solare, separata, come in un prisma, in fasci di colori fondamentali....».
I fiori delle Dolomiti a misura di bambini
Nuova avventura per Dò, gattino dolomitico, già noto ai piccoli lettori quale divertente compagno di viaggio nella scoperta della nascita delle Dolomiti. Questa volta, spronato dall’entusiasmo e dalla competenza dell’amica marmotta Marì, esplora altitudini e identifica tanti fiori diversi, sfruttando cunicoli e varcando misteriose porte colorate. Le pagine bianche inserite nel libro offrono la possibilità di interagire con la storia attraverso il disegno, la scrittura o il collage, liberi o guidati. Tavole riassuntive e descrizioni dei fiori tramite testi e illustrazioni, queste ultime proposte sotto forma di adesivi, consentono una ricollocazione dei contenuti e favoriscono un piacevole apprendimento, scientificamente corretto. Uno strumento didattico prezioso per un avvicinamento ai segreti della botanica e un’educazione al rispetto dell’ambiente. Gli autori sono Peter Paul Scoz e Sofia Andraz. Consulenza scientifica: Museo delle Scienze di Trento.
«4 Passi» in quattro lingue
Questo libro è scritto nelle tre lingue ufficiali dell’Alto Adige: tedesco – ladino, italiano e in inglese. Questo perché «da tempo ci siamo aperti ad altre culture», spiega l’autrice Sara Bassot. «Con questo progetto voglio incoraggiare in modo giocoso a leggere questi racconti corti e semplici anche in una o in tutte le lingue straniere (nel caso che lo fossero ancora) e quindi ad immergersi nelle relative culture. Spero così di aver estratto un mattone dal muro ormai vecchio e decrepito che divide i nostri gruppi linguistici».
«Aiuto, imparo a sciare!». Con un libro
«Aiuto, imparo a sciare!» è un piccolo manuale, sapientemente e deliziosamente illustrato, dedicato ai bambini che muovono i primi passi sulla neve. Il libro di Sara Bassot, racconta attraverso una fiaba straordinaria come superare la paura di mettere gli sci la prima volta, insieme all’abbandono momentaneo dei genitori, all’inserimento in un nuovo ambiente a contatto con tanti estranei e altri piccoli ostacoli. Il libro inoltre è integrato di utili consigli per i genitori. L’autrice, sociologa e psicologa, si occupa di formazione e crescita personale e di educazione amorevole e consapevole, con particolare attenzione alle tematiche relative ai piccoli e grandi disagi dei bambini. «Può bastare questo piccolo impulso per rendere ancora più piacevole l’affascinante avventura di imparare a sciare».
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si è arrivati ad un libro completamente nuovo, soprattutto per quanto riguarda le informazioni degli ultimi due secoli. Ritengo il libro, uno strumento di fondamentale importanza per la conservazione dell’unità dei ladini delle Dolomiti, divisi politicamente e amministrativamente dal 1923 ad oggi
È un successo la Storia dei ladini Vignette illustrative, grafici, carte storiche, fotografie e documenti per un totale di 760 pagine. E’ il libro Storia dei ladini delle dolomiti, edito dall’istituto ladino Micurà de Rü, uscito qualche mese fa a cura di Werner Pescosta al quale rivolgiamo qualche domanda sul suo intenso lavoro di ricerca e documentazione, durato quasi cinque anni Quale è stata la motivazione storica della elaborazione di questo volume da parte dell’Istituto? L’idea iniziale era di rivedere e aggiornare in tempi brevi l’ormai nota “Breve storia dei ladini delle Dolomiti” del Richebuono, ormai esaurito. Alla fine, proseguendo con le integrazioni e le aggiunte di capitoli importanti per la storia dei ladini,
Da autore, quale considera essere il punto di forza della trattazione? Il volume offre la possibilità di trovare numerose informazioni a partire dalla preistoria fino ai giorni nostri. È molto importante la trattazione degli ultimi due secoli, che sono quelli in cui è avvenuta la presa di coscienza dei ladini della propria identità particolare, distinta da quella italiana e da quella tedesca. Che ne ha pensato la gente ladina? Il libro è stato accolto con favore sia dai ladini che hanno trovato uno strumento di consultazione importante per conoscere e approfondire la propria storia, sia da molti villeggianti che hanno dimostrato interesse per la cultura e la storia dei ladini. Laura Villoresi
Werner Pescosta Autore
SPETTACOLI
Bela a l i V üs a d o n g ë B
I Fane in un ps oema
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Daniel Töchterle
Durante le prime due settimane di novembre l’Uniun Teater La Ila, l’associazione teatrale amatoriale di La Villa, ha portato in scena la commedia Bëgnodüs a Vila Bela, commedia realizzata da Erika Caslunger ambientata in un paese turistico, che racconta in modo ironico il rapporto tra la gente del posto e i turisti. Durante la prima parte dello spettacolo, veniva mostrato una sequenza di scene sulla vita del turista, dell’albergatore, del maestro di sci, della guida alpina, e tutto questo ambientato negli anni Ottanta. La seconda parte, invece, era ambientata nel futuro, dove ormai tutto era diventato finto: la natura era di plastica, la gente del posto, in costume tirolese e parrucche bionde, ripeteva sempre le stesse frasi, con una musica tirolese di sottofondo, sottolineando i vari cliché della vita in montagna. «Tutto questo spiega la regista - per mostrare a noi gente di montagna come potremmo diventare o forse come siamo già diventati».
Dopo i successi internazionali al Renderyard Festival di Londra e al Garden State Festival negli Stati Uniti, unitamente all’ inclusione nella categoria “Best album of the year” ai 53. Grammy Awards, la musica originale di Susy Rottonara del Poema Musicale “Fanes” è stato la colonna portante della prima assoluta del Poema Musicale omonimo, il 23 settembre scorso. Lo spettacolo si è articolato in momenti musicali a cura dell’ Orchestra Filarmonica Italiana sotto la direzione del Maestro Alessandro Arigoni e del Coro Concentus Clivi ed in coreografie espressive e simboliche, presentate dal gruppo di ballo di Abc Danza Bolzano di Patrizia Binco. I testi lirici in ladino e in italiano, sottotitolati in italiano e tedesco, sono di Roland Verra, uno dei maggiori scrittori ladini contemporanei. Le parti cantate dal coro, dialogano colla voce del soprano Susy Rottonara, che nel ruolo della principessa Dolasilla svolge la parte centrale degli eventi drammatici che conducono alla fine dell’ antico regno dolomitico di Fanes.
Dallo Sciliar a Plan de Corones fra leggende, processi e roghi
Ulderico Piernoli
donne piegate dalle fatiche, rese stortignaccole dall’artrosi. Nella conca della Val Badia la popolazione convisse per secoli tranquillamente con la verità, poca, e le leggende, molte. Ancora oggi, come esorcismo contro il malocchio e le fatture, sui balconi e dietro le porte delle case sono appesi fantocci vestiti da strega, a cavallo di una scopa. Improvvisamente, ma non tanto, i roghi dell’Inquisizione cominciarono a illuminare le cime delle Dolomiti.
e valli e i monti che fanno corona alla Val Badia sono luoghi di leggende spaventose: a Plan de Corones c’è la pietra delle streghe; stregato è il Passo delle Erbe, tra Val Badia e Valle Isarco; sullo Sciliar sono ancora ben visibili quelle che vengono chiamate «le sedie e le panche delle streghe». Salendo poi da Cortina, superato il passo Falzarego, si incontra il Sass de Stria, Sasso della Strega, nome che deriverebbe da una leggenda che lo faceva residenza di una strega, appunto stria, in ladino. Nome però attribuito a quella cima soltanto verso la metà del 1700. Le stries, le streghe badiote, raramente erano descritte come belle donne, anzi, si diceva fossero vecchie e brutte, spiriti cattivi e pericolosi, dai quali stare alla larga. Abitavano il Colalt, il Col Malàdat, e il Gardenacia. Il corrispettivo maschile erano gli orc, gli orchi, uomini brutti, sporchi, forzuti, generalmente violenti e dispettosi, abitanti prevalentemente dalle
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parti di Colfosco, nei Crap del Sela e del Bec del Mezdi. Era sul Colalt che le streghe e le salvarie (donne selvatiche) della valle si riunivano di notte per i loro riti Nelle diocesi di Bolzano e Bressanone magici. Nessun viandante si azzardava si svolsero nell’arco di diversi anni di notte lungo i sentieri di montagna. Si ben 44 processi per stregoneria. Le sussurrano ancora storie di uomini e di Dolomiti furono uno dei territori in donne uccisi nella notte da streghe che cui la persecuzione delle streghe fu si trasformavano in valanghe o in bestie particolarmente intensa. Caratteristica feroci, bellissime salvarie velate che dei processi dolomitici è la loro accendevano il desiderio degli uomini dimensione di massa, cioè il fatto che e si facevano inseguire fino a che lo frequentemente questi processi venivano sventurato non intentati a interi gruppi precipitava sociali, interi paesi o in burrone o «Nei villaggi prima o poi addirittura vallate furono in una forra. ogni donna si vedeva ripetutamente inquisite, Intorno ai appioppare la qualità di come testimoniano focolari nelle “stria”. A volte interi paesi le tornate processuali lunghe e gelide sull’altopiano dello erano accusati» sere d’inverno, Sciliar, in Val di Fassa e si facevano in Val di Fiemme. Basti i nomi delle vittime, si indicavano i pensare che in Val Pusteria nell’arco di un testimoni, i luoghi. E le storie passavano anno vengono eseguite tredici condanne di bocca in bocca, arricchendosi di nuovi a morte per decapitazione nei confronti particolari. Nei villaggi di montagna, di uomini, compresi ragazzi di 14 e 15 prima o poi arrivava il momento in cui una anni, tutti accusati di stregoneria. donna si vedeva appioppare la qualità di stria. Voci che servivano a spiegare e Un libretto a cura di Luigino Mattei, giustificare le disgrazie. Per anni furono intitolato Dolomiti patrimonio dell’umanità ignorate, come furono ignorate, anzi – Terra di streghe, Panorama editrice, oggetto di commiserazione, povere Trento, s’è preso la briga di elencare i
voce di streghe oggi sono sopravvissute nelle leggende. Ogni anno, verso metà luglio, a S. Martino, quando c’è luna piena, un’atmosfera magica sembra trasformare il Passo delle Erbe e le streghe conquistano il paese. Accompagnati da stregoni, spettatori e visitatori visitano baite e malghe. Durante il percorso si raccontano leggende e miti tradizionali, fino ad arrivare, verso mezzanotte, sotto il Sasso Pütia, dove le streghe ballano e cantano intorno a un fuoco e sotto le mille stelle della Val Badia.
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streghe. Un museo degli orrori, eppure processi per stregoneria e di tracciarne questa era la base di tutti gli interrogatori, la storia. Ebbene, i primi processi dei era a queste domande che torture quali si ha memoria, risalgono uno al indicibili volevano risposte e conferme. 1296, in Val d’Adige, dove il tribunale di E a ogni proclamazione di innocenza, Montagna (Egna) condanna al rogo due le torture diventavano più feroci. donne accusate di avvelenamento; l’altro 75 anni dopo, si svolge al tribunale di Non mancavano le assoluzioni, Bressanone che condanna una donna, anche se i prosciolti uscivano accusata di complicità con un religioso di segnati e sconvolti dai processi. aver tentato di uccidere con arti magiche Il “grande inquisitore” Heinrich il priore di Novacella. Fra il 1506 e il Kramer vantava un curriculum 1510 si svolgono i processi alle streghe da macellaio, dello Sciliar. Nel 1506 il «In Ladinia non si ricordano sialle lasciava spalle tribunale di Fiè condanna condanne e torture. La magia una scia di al rogo due era accettata come elemento sangue e di ceneri donne per utile alla comunità» fumanti magia sul dei roghi delle streghe. Il tempo, voli, sortilegi, furto magico di vino vescovo di Bressanone delle cantine, patto e rapporti sessuali Georg Golser scrive di col diavolo, uccisione di bambini, uomini lui: “è un visionario che e animali e loro consumazione al sabba. soffre di allucinazioni deliranti”, ottiene Trent’anni dopo, al termine di dall’arciduca un’istruttoria durata ben sette anni, fra S i g i s m o n d o il 1546 e il 1553 il tribunale di Marebbe d’Asburgo la conclude invece con l’assoluzione il liberazione di sette donne processo contro una strega badiota: ancora in carcere, delle Maria De Pompej. Era accusata di cinquanta che Kramer aveva fatto magia “conservata” in una vecchia arrestare. scatola. Contemporaneamente, sempre davanti al tribunale di Marebbe compare In Val Badia non si ricordano roghi, un’altra donna accusata di stregoneria, torture. Forse è una questione di tale Catzina. E di nuovo il tribunale si tolleranza, forse è accettazione della pronuncia per un proscioglimento. presenza di stries e striuns come elementi funzionali alla comunità, capaci Le accuse sono talmente fantasiose di combinare matrimoni, mediare nelle che non reggono neanche alla luce delle questioni di affari, nelle controversie per indicazioni del Malleus Maleficarum, (Il i confini delle proprietà, uso delle acque martello delle streghe), manuale degli e dei pascoli. Ma alcuni anche depositari inquisitori nei processi per stregoneria, dei segreti delle erbe, capaci di creare scritto dal grande inquisitore Heinrich unguenti, di rimettere slogature. Kramer e dal suo aiutante Jacob Sprenger. Nel manuale, i due inquisitori Tanti racconti che nelle valli spargevano la elencano nel dettaglio l’attività delle
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DA PARIGI A SAN CASSIANO, DAL POMPIDOU AL MUSEUM LADIN URSUS LADINICUS Una nuova tana per l’ursus ladinicus: dalle caverne alle linee minimaliste dell’architettura contemporanea
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sistevano circa 50 mila anni fa gli orsi cui è stato dedicato un intero spazio espositivo in Alta Badia, a San Cassiano: una struttura nuova, inaugurata a luglio 2011, dalle linee pulite e minimaliste, dove predomina il vetro e la pietra. L’orso ha trovato una nuova, elegante dimora, che permette ai visitatori di conoscere, attraverso un percorso diviso per argomenti e datazioni geologiche, la vita preistorica. Progettista generale dell’edificio è l’architetto Osvald Valentini di Badia che ha anche progettato la parte dell’edificio nuovo del Museum Ladin Ćiastel de Tor a San Martino in Badia, con le sue spaziose sale espositive, foyer, bar e shop. A realizzare gli interni è stato l’architetto austriaco Rainer Verbizh, che collaborò alla progettazione del Centre Georges Pompidou a Parigi e che attualmente segue la direzione dei lavori per due nuove sezioni della “Cité des Sciences et de l’Industrie” (Città delle scienze e dell’industria), sempre a Parigi.
Rainer Verbizh aveva già curato l’allestimento nel 2001 del Museum Ladin Ćiastel de Tor a San Martino in Badia, un castello adibito a museo interattivo, tecnologicamente avanzato, con sistemi audio che ricostruiscono la storia della cultura ladina attraverso conversazioni dell’epoca, mettendo in risalto le problematiche della vita in montagna e la ricchezza culturale dei ladini. Molte stanze sono state ricostruite come fossero ambienti originali dei secoli scorsi, con mobili e suppellettili tipici della realtà contadina ed originali dell’epoca e la classica stube in legno con il “mogun” (una tipica stufa in muratura). La storia delle vallate ladine dolomitiche viene curiosamente presentata attraverso dei quadri parlanti, raffiguranti le personalità storiche dell’epoca. Altre stanze sono allestite in modo originale e interattivo, come quella della geologia, che oltre alle classiche vetrine, mette a disposizione un filmato e un microscopio per osservare, vedere da vicino i fossili.
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l Museum Ladin Ursus ladinicus di San Cassiano si compone di tre piani, nei quali il grigio, il marrone e il blu sono i colori predominanti: i primi due ricordano le Dolomiti, con le sfumature delle varie rocce, il blu rimanda al mare e al cielo. Anche il vetro ha avuto un ruolo importante: il suo utilizzo ha permesso di dare luminosità agli ambienti e di creare un’interazione con gli spazi esterni: una foto panoramica collocata sul davanzale permette anche di riconoscere il profilo delle montagne visibili dal museo, tra cui il gruppo delle Conturines, dove è situata la grotta del ritrovamento. L’ingresso è un open space circondato da grandi vetrate, un filmato che illustra il luogo del ritrovamento delle ossa dell’orso dà il benvenuto ai visitatori. Al piano superiore una grande sala presenta la formazione geologica delle Dolomiti, con splendidi fossili, fino ad arrivare alla storia della scoperta dell’orso. Reperti originali – come denti e crani –, installazioni video e un intero scheletro di
orso delle caverne accompagnano la descrizione di ambiente e condizioni di vita dell’Ursus ladinicus. I pannelli illustrano gli aspetti scientifici legati al ritrovamento, ad esempio quello della datazione, e il suo rilievo per lo studio della preistoria. Il piano inferiore è scenografico: qui è stata ricostruita la grotta dell’orso, uno spazio che ospita “l’orso che dorme”. L’orso pare vivo: la pelliccia, le zampe, il muso sono stati realizzati con grande attenzione ai dettagli; anche la posizione ricalca quella assunta dagli orsi durante il riposo. La grande sala rappresenta la continuità tra natura ed architettura, dall’effetto camaleontico: le pareti dell’edificio sono pareti di una grotta.
Foto: Museo di San Martino
Il nuovo Museum Ladin Ursus ladinicus è situato nel centro di San Cassiano, in Strada Micurà de Rü 26, a San Cassiano e dista circa 20 km dal Museum Ladin Ćiastel de Tor a San Martino in Badia. L’acquisto del biglietto d’ingresso ad uno dei due musei fornirà il diritto ad accedere gratuitamente all’altro museo. Info: Museum Ladin Strada Tor 65 39030 San Martin de Tor/San Martino in Badia Tel. 0474/524020 info@museumladin.it www.museumladin.it
Orari: Inverno Dal 26 dicembre al 7 gennaio 2012 tutti i giorni dalle 15 alle 19 Dal 7 gennaio – Pasqua Mercoledì, giovedì, venerdì e sabato 14 – 18
del vivere consueto L’ amo così, profumata di ultime erbe incolte, respinte per indifferenza sulle chine contorte, difficile comprendere il silenzioso novembre e i luoghi, che ogni anno di più reclamano il fischio sommesso della falce e una verde urgenza servita a niente. Io ti parlo da semplice condizione, senza narrazioni sacre di avvenimenti, senza i racconti in dottrine di imprese e di gesta, senza le origini di dei e di eroi. Riservato campo il mio, in cerca solamente di zitte presenze e del comune esistere, poiché il tempo in questo luogo è morsa di accadimento sempre uguale. Casa mia è il maso, dentro al quale fluiscono anni e coscienza, cadenza che non chiede il permesso di denunciare ad ogni sguardo, in ogni angolo il suo passato, epifania presuntuosa di generazioni avvenute. Misurata vita la nostra, durata giusta che ha da spartire i mesi tra i pochi fieni raccolti al sole e il loro fruscio ruminato al buio. Il resto, passante, è silenzioso rimanere quando il tuo è ritorno. L’ amo così, lungo il colmo di abeti in pastura di quiete, quando si fanno orlo i freddi campi e le nutrite nubi e si leva una conversazione muta tra libertà e misericordia. È congiuntura, che accade una volta soltanto dentro l’ anno, chi torna da greppie riempite lo sa e sa che il momento prima della neve ha un odore. Ma soprattutto l’ amo nella misura di chi sa scernere un’erba dall’ altra e condividere due silenzi di dovere, differenti soltanto per un gesto tracciato da un segno di croce. Civiltà contadina contata ormai in poche mani, mentalità imprescindibile, semente nostra da salvare, possidente di manualità che non conosce giorno di riposo e tiene il merito a fronte alta di abitare la montagna. E dunque, espongo in questi versi, a te che passi un punto di vista, che una stalla non è il volto della modestia, bensì il tornaconto dei concimi versati. È traccia immutabile di rinnovamento, il beneficio di un vivere consueto lasciato in abbandono dai tanti. Ciò che conosciamo da sempre, ora ci succede di riconoscere soltanto.
Roberta Dapunt
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UNA MONTAGNA DI SCIENZA tenersi caldi. E che fatica! Mantenere la temperatura del corpo costante è uno dei lavori più impegnativi che deve svolgere l’organismo. Servono tante energie, tante attenzioni e tanto cibo: non a caso misuriamo gli alimenti in “calorie” , d’inverno abbiamo più fame e mangiamo soprattutto per metter combustibile nella nostra caldaia interna. La centrale di questa caldaia si trova alla base cervello (nell’ipotalamo) e funziona come un vero e proprio termostato. Le persone calorose e freddolose hanno forse regolazioni un po’ diverse – scritte nel solito Dna - ed è vero che le donne sentono più freddo degli uomini. Ma sotto i 20° gradi tutti cominciamo a sentir freddo.
CHE FREDDO
Ma la vita continua… Vegetali e animali hanno una unica priorità: combattere le basse temperature. E, più o meno, tutti ci riescono
Rossella Castelnuovo Carlo Dapoz
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ice un proverbio svedese che «Non esiste cattivo tempo, ma cattivi vestiti». Coprirsi bene è un’arte. Un’astuzia che abbiamo dovuto perfezionare nei secoli, anche a costo di errori clamorosi come la mitica “maglia di lana” che fa male (altro che “maglia della salute”!) perché fa sudare e mantiene l’umido addosso. Oggi i nuovi tessuti tecnologici respirano con noi. Patire vento, freddo e umidità è un ricordo lontano.
Senza che ce ne accorgiamo ogni cellula del nostro corpo entra allora in uno stato di allarme. I muscoli si tendono e iniziano a tremare per produrre calore. Quelli della faccia ci fanno sbattere i denti e quelli della pelle ci fanno rizzare i peli. I vasi sanguigni più periferici si contraggono per evitare dispersione di calore: le mani e i piedi diventano gelati, la pelle si secca e si screpola. Cerchiamo allora di rannicchiarci su noi stessi, di ridurre al minimo la superficie esposta al raffreddamento, nel disperato tentativo di imitare quei gatti acciambellati che riescono a mantenersi caldi.
Nessuno vuol sentir freddo. Non si resiste. Ogni specie reagisce a suo E non è solo questione di moda o voglia di modo, sopra o sotto la coperta di neve. shopping. Tutti i viventi temono il gelo e, C’è chi fugge proprio. anche se le cronache di qualche scientifiche ci dicono È più facile morire di caldo... Migrazioni chilometro, come che è più facile morir fanno i caprioli o di caldo che di freddo, Gli alberi si difendono i gracchi che si la stagione della con le foglie. Gli animali spostano dai monti neve costringe ogni con il letargo a valle. Ma anche pianta e ogni animale esodi di miglia e a mettere in atto la miglia fino al record dei 40 mila chilometri propria strategia di sopravvivenza. della starna artica che ogni anno si fa il suo viaggetto su e giù, da un polo Gli alberi si liberano delle foglie per all’altro. ridurre la superficie esposta all’aria e alla traspirazione. Per la stessa ragione pini, Anche le lunghe dormite degli scoiattoli e abeti e larici hanno foglie ridotte a sottili dei tassi sono in un certo senso “fughe” aghi capaci di resistere sotto zero. Il prato dal freddo. Alla fine della stagione calda scompare e la vita vegetale aspetta che – come ci hanno insegnato i Cip e Ciop l’inverno passi, nascondendosi per mesi di Walt Disney – questi animali possono sotto terra. contare su ottime scorte di ghiande e nocciole e su tane morbide e protette. Gli animali hanno dovuto inventare Sonni profondi, lunghi riposi e poco o qualcosa di più. Mammiferi e uccelli, nulla da fare. L’inverno ha il ritmo lento. soprattutto, abituati al loro teporino Qualcuno sembra fermarsi del tutto. I corporeo di 37°-38° gradi, hanno rospi, che non hanno “sangue caldo” dovuto escogitare varie strategie per
e che assumono la stessa temperatura dell’ambiente, si ibernano e assomigliano a ghiaccioli sepolti nel fango. Molti altri - soprattutto mammiferi, ma anche colonie di api e di formiche - vanno in letargo. Uno stato di sospensione della vita che dura mesi e che presuppone una buona preparazione: ingrassare e trovare un buon rifugio. Lì ci si ferma fino a sembrare morti: il cuore batte molto lentamente; le membra si raffreddano fino a raggiungere i 30° sotto la norma; la pausa tra un respiro e l’altro sfiora il minuto. Si dorme, non si mangia e non si beve per mesi. E al momento del risveglio nessun dolore alle ossa! Magari potessimo imitare l’efficienza di ghiri, marmotte e pipistrelli nella resistenza al freddo, al digiuno e all’immobilità! Capire come funziona il loro tessuto grasso (“bruno” e non “bianco” come quello delle persone adulte) e la loro manutenzione di ossa e muscoli nelle lunghe settimane di inattività potrebbe servire molto alla nostra salute. Alla regolazione dell’obesità, per esempio, e alle terapie del sistema muscolare e scheletrico. Imitare gli orsi è oggi un
sogno per gli astronauti: tra i problemi più gravi per chi viaggia nello spazio c’è infatti proprio quel deterioramento delle ossa – per carenza di movimento e gravità - che nel letargo non si Ötzi già sapeva presentano mai.
Bolzano - ci mostra come quell’uomo vissuto 5.300 anni fa avesse già capito tutto.Portava a pelle un perizoma e una sorta di calzamaglia - senza piedi e senza mutanda – di morbida pelle di capra. Sopra aveva come una veste fatta di strisce coprirsi. E i suoi abiti di pelliccia di capra cucite Nel frattempo noi sono durati millenni. assieme. Ai piedi calzature umani, povere Noi ci affidiamo imbottite di erba con tomaia scimmie nude alla tecnologia e il gelo in pelle di cervo e suola in sprovviste di è diventato un ricordo pelle di orso. Sopra a tutto pelliccia, piume e un gran mantello di erbe del passato grassi protettivi, intrecciate con funzione non abbiamo di protezione dal vento avuto altra scelta che inventarci i e dalla pioggia. Ineccepibile. Ötzi già vestiti. Migliaia di anni di spostamenti conosceva la regola d’oro: molti strati e migrazioni in ogni angolo della Terra sottili sovrapposti, meglio che pochi ci hanno permesso di sperimentare strati pesanti. temperature estreme: dal record di caldo a + 53°C (in Pakistan e negli Usa) e Microfibre, piumini, tessuti creati con quello più freddo di – 88°C (in Antartide). nanotecnologie, pile e filati di ultima Vestiti per il grande caldo in realtà non generazione non fanno che riproporre in sono stati ancora inventati. Per il gran modo sempre più efficiente ed estetico freddo sì. E non da poco tempo. questo principio dell’abbigliamento “a cipolla”. Affiancate una foto di sciatori Una visita a Ötzi, la mummia del degli anni Cinquanta e una di oggi: ecco Similaun - conservata ed esposta al la differenza. Questione di vestiti, proprio Museo archeologico dell’Alto Adige a come dicono gli svedesi.
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4 Bun apetit Nuovo appuntamento con le ricette ladine e tirolesi. Un altro classico amatissimo: Canederli di Speck
Roberto Pallestrong Daniel Töchterle
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canederli, o Knödel, sono un piatto tipico della gastronomia tirolese. In Italia sono diffusi in Trentino Alto Adige e si trovano anche nel Tirolo austriaco. Piatto calorico e, proprio per questo, povero. Tipica ricetta contadina, nata dal riutilizzo degli avanzi di pane raffermo, insieme ai prodotti del maso: speck e formaggio soprattutto. Capisaldi della gastronomia tirolese anche ai giorni nostri (dalla ricetta base – pane formaggio e insaccati appunto – i canederli sono cambiati e si sono evoluti, in particolare verso varianti vegetariane, con spinaci o erbe). Come spesso accade da queste parti, anche sulla nascita degli Knödel è nata una leggenda. Si dice che un gruppo di Lanzichenecchi saccheggiatori arrivarono in un maso e il comandante pretese dalla proprietaria cibo per sé e per i suoi soldati, altrimenti avrebbe appiccato il fuoco alla casa. La contadina chiamò le figlie e gli chiese di radunare tutto quello che era rimasto nel maso. Erano gli ingredienti, pochi, poveri, ma gustosi e nutrienti dei canederli. Improvvisò e ne vennero fuori le famose palle di pane che “stesero” i soldati. Che alla fine premiarono la contadina con una moneta d’oro.
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Ecco come si fa: Portata: primo Livello di difficoltà: facile Tempo di preparazione: 30 min Ricetta tradizionale Ingredienti per otto canederli: 100 g di Speck Alto Adige IGP a cubetti 200 g di pane bianco tagliato a cubetti 80 g di farina, sale, cipolle brasate, 2 cucchiaini di erba cipollina o prezzemolo tagliato finemente, 6 uova, 1 cucchiaio di burro, 1 bicchierino di latte o acqua, un po’ di olio
Tagliare il pane a dadini e metterlo in una terrina. Tagliare lo speck, sempre a dadini, e aggiungerlo al pane. Friggere la cipolla nel burro. Mettere il pane a cubetti in un contenitore, aggiungere le uova e un po’ di latte, prezzemolo o erba cipollina. Aggiungere la farina, il sale e se occorre ancora un po’ di latte. Amalgamare bene il tutto nella ciotola e lasciare riposare per 10 minuti. Con le mani bagnate appallottolate l’impasto fino a dargli la forma sferica tipica dei canederli, metteteli nell’acqua bollente precedentemente salata. Fateli bollire a fuoco moderato per 10-15 minuti circa. Per evitare che non tengano la cottura, si può cuocerne uno per prova: se dovesse disfarsi, si dovrà aggiungere ancora un po’ di farina alla pasta). Servire in un buon brodo di carne cosparso di erba cipollina. Dalle quantità di cui sopra si ricaveranno otto canederli.
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