La Dieta Mediterranea made in Basilicata
NELLE RICETTE DI UN TEMPO I sapori della storia
e-nutrition... ...consiste nella realizzazione di uno strumento «web based» di divulgazione scientifica in ambito nutrizione. Temi del progetto sono la nutraceutica (studio di alimenti che hanno una funzione benefica sulla salute umana), la valorizzazione dei beni culturali e commercializzazione dei prodotti enogastronomici, mediante l’utilizzo della dieta mediterranea quale filo conduttore. La Fondazione Eni Enrico Mattei, soggetto attuatore del progetto, è affiancata MedEatResearch - Centro di Ricerche Sociali sulla Dieta Mediterranea dell’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli, e da SAFE - Scuola di Scienze Agrarie, Forestali, Alimentari ed Ambientali dell’Università Degli Studi Della Basilicata.
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Indice 7
Che cosa sono i ricettari
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I primi ricettari
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Il Quattrocento e Martino de’Rossi
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Il Cinquecento e Cristoforo Messisbugo
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Il Seicento e la regionalizzazione della gastronomia
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Il settecento e Francois Pierre de la Varenne
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Pellegrino Artusi
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Il Novecento e i ricettari femminili
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I ricettari della Prima Guerra Mondiale
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Il Fascismo
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Dopo il 1945
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Le ricette
le ricette nella storia che cosa raccontano i ricettari? I ricettari, oltre alla funzione per la quale sono stati concepiti, ovvero dare suggerimenti per la preparazione degli alimenti, sono barometri della società che li ha generati: dimmi come mangi e ti dirò chi sei. Dai ricettari infatti veniamo a conoscenza degli usi e costumi di una data area geografica, delle sue vicende storiche, persino della sua evoluzione linguistica. Sappiamo come vivono gli uomini e le donne a cui sono rivolti e quali problemi possono avere. Ad esempio possiamo sapere se sono magri o grassi: quanti ricettari sono indirizzati a persone che devono perdere peso? Sani o malati, soprattutto negli ultimi anni sono stati pubblicati moltissime raccolte di ricette per coloro che soffrono di colesterolo alto, pressione arteriosa alta oppure di celiachia. Perché essi devono rinunciare ad una tavola ricca e variata quando è sufficiente che prendano alcuni semplici accorgimenti per avere una vita normale anche a tavola? Possiamo sapere qual è la loro religione: un buddista apprezzerà a pieno un menù a base di agnello? A quale filosofia si ispirano: se qualcuno si rifiuta di consumare qualsiasi proteina di origine animale compresi uova, latte e derivati, ci sono buone probabilità che egli sia un vegano. A quale area geografica appartengono: è difficile trovare nelle nostre librerie un manuale su come si cucinano le cavallette, mentre è probabile trovarlo in qualche paese africano dove questi insetti sono considerati una prelibatezza.
i primi ricettari
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Uno dei più antichi ricettari è quello scritto da Marco Gavio, detto Apicio, un ricco patrizio che vive sotto gli imperatori Augusto e Tiberio. Per la verità, presunto autore, perché la storia ci ricorda che a chiamarsi così sono ben tre personaggi, tutti in qualche misura interessati all’arte della gastronomia. Più correttamente diciamo che, intorno al 230 d.C., un cuoco di nome Celio compila una raccolta di ricette in dieci libri, il De re coquinaria 1 (L’arte culinaria), attribuendola ad Apicio. L’opera raccoglie 450 ricette che spaziano dalla preparazione delle carni tritate alla conservazione della verdura, della frutta, dei formaggi, fino ad arrivare ai farinacei, base dell’alimentazione dei romani; dai suggerimenti per cucinare la cacciagione (compresi struzzi, gru, fenicotteri, pavoni e pappagalli) a come cuocere il pesce. È con la fine del medioevo però che i ricettari iniziarono a comparire in modo più frequente 2. Il più celebre è il napoletano Liber de coquina, scritto fra il XII e il XIV secolo. I piatti che presenta hanno tre elementi in comune: abbondante uso di spezie, utilizzo di sapori apparentemente in contrasto tra loro come zucchero e aceto, iniziale bollitura delle carni e solo successivamente impiego di una diversa cottura. Il Liber ha la particolarità di essere stato utilizzato, ovviamente con alcune modifiche, fino al XV secolo anche oltre confine, in Francia e in Germania.
il quattrocento e martino de’ rossi Il primo ricettario ad avere un autore certo è il Libro de Arte Coquinaria 3, che Martino de’ Rossi, detto maestro Martino da Como, compila a Roma tra il 1464 ed il 1465. De’ Rossi, ticinese di nascita, lavora prima in Lombardia, alla corte di Francesco Sforza, poi a Roma, al servizio del patriarca di Aquileia, infine, di nuovo a Milano, per Gian Giacomo Trivulzio. Questo suo errare per la penisola, fa sì che la cucina da lui proposta si sia arricchita di influenze regionali, anche arabe, e abbia contribuito alla definizione del modello italiano di cucina. Le ricette presentate, scritte in volgare, si distinguono dalle precedenti per una più evidente cura nella descrizione dei procedimenti e per una maggiore precisione terminologica. Il successo e la divulgazione, sia in Italia che in tutta Europa, del testo di Martino, successo che durò fino alla metà del Cinqucento, è dovuto a Bartolomeo Sacchi, detto il Platina (14211480), prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana.
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il cinquecento e cristoforo messisbugo Ăˆ soprattutto nel Cinquecento che la gastronomia italiana, se cosĂŹ possiamo giĂ definirla geograficamente, raggiunge il suo apice coincidendo, in tal modo, con il fulgore raggiunto dalle corti.
Cristoforo Messisbugo, non un cuoco professionista, ma un economo dispensiere della corte estense di Ferrara, città in cui nacque alla fine del XV secolo, è l’autore di Banchetti, composizioni di vivande e apparecchio generale. L’opera è scritta nel 1539, ma viene pubblicata un anno dopo la sua morte avvenuta nel 1548. Il volume è suddiviso in tre parti. Nella prima sezione l’autore elenca le cose necessarie all’organizzazione dei banchetti, dai vari alimenti alle pentole e attrezzi; nella seconda descrive le portate di undici cene, tre desinari e una festa organizzati a corte tra il 1529 e il 1548; nell’ultima parte presenta 323 ricette raggruppate in sei paragrafi (paste, torte, minestre, salse, brodi, latticini). Tale suddivisione è molto apprezzata anche da altri cuochi-scrittori come Domenico Romoli detto il Panunto (1560), Bartolomeo Scappi (1570) e Bartolomeo Stefani (1662).
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il seicento e la regionalizzazione della gastronomia Il Seicento, per i ricettari, è il secolo della regionalizzazione come fattore qualificante. Questo elemento emerge soprattutto per quanto riguarda la produzione gastronomica napoletana. Tra gli autori di spicco si ricordano i partenopei Battista Crisci, il suo Lucerna de corteggiani (1634) e Antonio Latini, autore dello Scalco alla moderna, ovvero l’arte di ben disporre i conviti (1692-1694)
il settecento e francois pierre de la varenne Come la società del Settecento è conquistata dalla magnificenza d’oltralpe, anche la gastronomia, e di conseguenza le opere che la trattano, sono farcite – è il caso di dirlo – di francesismi. A segnare il passaggio da una cucina ricca di spezie, tanto amate nel Rinascimento e nell’età barocca, ad una più semplice, fatta di brodi e di salse a base di erbe aromatiche fresche, è François Pierre de La Varenne con il suo Il cuoco francese 4. L’opera, sebbene pubblicata a Parigi nel 1651, viene edita in Italia, a Bologna per l’esattezza, nel 1682. L’importanza di questo testo è da commisurare alle numerosissime ristampe e aggiornamenti che conosce fino al 1826. Più in generale la cucina del Settecento ripudia l’uso smodato delle spezie e degli accostamenti azzardati di salato e dolce e di dolce e aspro, e incomincia a preferire equilibrati dosaggi di sapori relegando, ad esempio, il dolce a fine pasto.
pellegrino artusi Alla base di una inconfutabile verità che vuole le donne ai fornelli e gli chef nei ristoranti, al di là della questione del lavoro femminile, da sempre considerato marginale, resta il fatto che per molto tempo i ricettari sono stati un’esclusiva dei cuochi professionisti, mentre alle massaie i segreti delle buona tavola, vengono trasmessi all’interno della cerchia domestica, tramandati oralmente di madre in figlia. D’altra parte il tasso di analfabetismo nel nostro paese è a lungo decisamente alto – ancora nel 1921 a non saper leggere sono il 33% degli uomini e il 38% circa delle donne – e quindi, anche solo scorrere una ricetta diventa un affare per pochi. Quella delle donne, comunque, è sempre stata una cucina popolare che ha come fine il nutrire, più legata, in generale, all’obbligo quotidiano, mentre quella degli uomini rasenta l’artistico, il professionale e ha come fine l’appagamento di tutti i sensi. A confermare quanto detto, il ricettario più conosciuto in Italia è La scienza in cucina e L’arte di mangiar bene 5 di Pellegrino Artusi, un uomo, appunto. Pellegrino Artusi 6 nasce a Forlimpopoli (Forlì) il 4 agosto 1820 da una famiglia di droghieri.
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Trasferitosi a Firenze, avvia una lucrosa attività commerciale che gli procura una ricchezza tale che, a soli 45 anni, può ritirarsi dagli affari e dedicarsi alla letteratura e alla gastronomia, i suoi maggiori interessi. La prima edizione de La scienza in cucina che, per inciso, dedicò ai suoi due gatti (Biancani e Sibillone), viene pubblicata nel 1891, a sue spese, dal tipografo Landi. Il volume raccoglie ben 790 ricette legate alla tradizione romagnola e toscana. Oltre ad esse, il libro contiene digressioni varie: norme d’igiene, aneddoti, spiegazioni di voci – ovvero la traduzione dal toscano all’italiano dei vocaboli usati –, commenti ai piatti. Una nota interessante del volume è anche il racconto che Artusi fa delle difficoltà incontrate per la pubblicazione del ricettario, a cominciare dal commento poco incoraggiante del suo amico Francesco Trevisan che, senza mezzi termini, gli preannuncia uno scarsissimo successo. È solo grazie alla critica benevola di Paolo Mantegazza – illustre fisiologo, antropologo e politico del periodo – che il volume “decolla”. Il merito di Artusi, sostiene Alberto Capatti, uno dei maggiori studiosi dell’argomento, è di aver dato una lingua, una didattica ed un ordine ai libri di casa delle famiglie italiane, fino ad allora – tra l’altro – orientate esclusivamente verso la cucina francese. Va ricordato che de La scienza in cucina sono state fatte 111 edizioni pari ad un milione di copie vendute. La fortuna di Artusi è determinata anche dal contesto socio-economico dal quale scaturisce. Nella seconda metà dell’Ottocento, con l’affermarsi di un ceto borghese cittadino, si assiste all’esplosione di tutta quella parte di editoria indirizzata a questa classe, diciamo di parvenu. Grazie a questi manuali, infatti, i “nuovi ricchi” imparano, in sostanza, a vivere in società, apprendono cioè il galateo con tutti gli annessi e connessi: da come si ricevono gli ospiti a come si apparecchia la tavola, da quale menù scegliere a come si preparano e si presentano le pietanze.
il novecento e i ricettari femminili Fino alla fine dell’Ottocento i ricettari, come si è visto, sono per lo più di competenza maschile. È con l’inizio del Novecento che prendono avvio quelli scritti da donne. La prima è Giulia Ferraris Tamburini che, con l’editore milanese Hoepli, presenta nel 1900, Come posso mangiare bene? 7. Tanto per dare un’idea di quello che propone si possono citare il pasticcio di piccione, il pavoncello cotto allo spiedo intartufato e il manzo in salsa di lepre. La casa editrice Sonzogno, sempre di Milano, è la più prolifica nel settore. Nel 1906 dà alle stampe la serie Le 100 maniere di al prezzo di 50 centesimi. Le raccolte sono monotematiche e contengono solo piatti di cui vengono elencati esclusivamente gli ingredienti, senza le dosi e il metodo di cottura, senza i tempi e senza alcuna illustrazione 8. Ad aprire la collana Le 100 maniere di è: Come si cucinano i legumi, seguono Come si cucina il manzo, poi le uova, le salse, le minestre, le zuppe, ecc., fino ad arrivare ai liquori e alle conserve. L’ultimo, sulle vivande di magro, è del 1934, ed è la riedizione di un opuscolo uscito per la prima volta nel 1906. Anche l’editrice fiorentina Salani pubblica manualetti molto simili, alla modicissima cifra di 15 centesimi. Il re dei cuochi, ad esempio, dopo la prima uscita del 1886, viene riedito fino al 1917, 14 volte. Inutile dire che questo genere rientra in quel filone che voleva essere di formazione delle donne, verso la cura della casa e della famiglia.
Questi ricettari conquistano fasce di pubblico sempre più numeroso e il loro successo è ribadito dalle continue ristampe, pubblicate solo con piccole varianti, fino agli anni trenta.
i ricettari della prima guerra mondiale Una perfetta padrona di casa è anche una donna che sa gestire al meglio i denari del proprio sposo. Se, in tempi normali, questo non implica generalmente un onere eccessivo, diventa un’impresa eroica in tempo di guerra. I primi libri di cucina per i “magri tempi di guerra” risalgono a poco dopo la Rivoluzione francese. In Italia appaiono invece solo verso la fine della prima guerra mondiale. In quegli anni escono Cucina buona in tempi cattivi, Cento ricette di cucina igienica senza carne, l’Orto di guerra 9, Cucina di guerra 10, e così via. L’arte dell’arrangiarsi a quel punto non riguarda più solo le donne, ma anche le istituzioni. Alcune di esse, come la Commissione provinciale per la propaganda patriottica e per la limitazione dei consumi di Bergamo, si sentono in dovere di “dare gli opportuni aiuti alla classe popolare, esposta alle più dure prove della guerra”, e lo fanno chiamando in soccorso l’Associazione nazionale cucinieri, perché mandi loro ricette economiche e pratiche, che vengono pubblicate nel volume Cucina di guerra del 1917. Si tratta di ricette dove, ovviamente, zuppe, minestre, polente, frattaglie, aringhe e baccalà la fanno da padrone.
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il fascismo Dopo le privazioni dovute alla guerra, è quindi inevitabile che tutti si immergano in quel bagno di follia che sono gli anni venti. Ad approfittarne furono soprattutto le donne che, con gli uomini al fronte, conoscono per la prima volta una breve stagione di autonomia 11. Purtroppo si tratta di una parentesi, il crollo della borsa di Wall Street nel 1929, obbliga tutti ad un brusco risveglio e le “maschiette” 12 degli anni venti sono costrette ad abbandonare l’indipendenza raggiunta. Con l’avvento del regime fascista, che impone un ritorno ai valori tradizionali, il tema del saper cucinare viene posto tra le virtù indispensabili delle future spose. L’editoria che, come la comunicazione in generale, durante il fascismo acquista nuovo slancio, è prodiga di pubblicazioni.
Lo stile adottato nei ricettari diviene confidenziale e le autrici non celavano il fatto che un buon piatto possa essere un ottimo mezzo per conquistare un fidanzato o un marito. In questo senso il titolo per eccellenza fu Il talismano della felicità di Ada Boni 13 che, dal 1927 ad oggi, non conosce tramonto. Tra le tante colleghe della Boni, vale la pena di ricordare Petronilla, al secolo Amalia Moretti Foggia della Rovere 14, nota anche con lo pseudonimo di dottor Amal, con il quale firma gli articoli sulla “Domenica del Corriere” e altri libretti tra lo scientifico (è stata la terza donna medico, specializzata in pediatria, in Italia) e il saggio consiglio della nonna. Nel 1935 la situazione economica del paese è già in tale regresso che l’uscita de Il nuovo ricettario domestico di Lidia Morelli, edito ancora da Hoepli, sembra quasi un’offesa. Il volume è di fatto una piccola enciclopedia che offre, oltre a 5.390 ricette, consigli di ogni genere, comprese indicazioni su come si catalogano le ricette stesse. Di fatto però tutte queste specialiste in “forni e fornelli”, a metà degli anni trenta, devono fare i conti, non in senso figurato, con le sanzioni 15. Come durante il primo conflitto, si rispolverarono e si aggiornarono tutti i trucchi necessari affinché la famiglia mangiasse senza mangiare. Vennero “sfornati” ricettari come Le massaie contro le sanzioni 1 6 a firma di Lidia Morelli, che suggerisce come utilizzare le bucce per fare le minestre o gli acini di uva tostati per fare il caffè e chiude il suo libro con un mussoliniano “credere obbedire combattere”. A questo seguirono: Sapersi nutrire, Come si cucina il riso, Vivere bene in tempi difficili, Cucina autarchica, tanto per elencare alcuni titoli. Dai piatti autarchici si ripassa in breve ai ricettari per il tempo di guerra, il secondo tempo di guerra. Escono: La cucina del tempo di guerra, Economia in tempo di guerra, Ricette di Petronilla per i tempi eccezionali, 200 suggerimenti per… questi tempi, Mangiar bene e spendere poco, ricettari che ovviamente pongono in primo piano il problema delle tessere annonarie e della borsa nera 17.
dopo il 1945 Ancora per diversi anni dopo la fine della seconda guerra mondiale gli italiani sono costretti a stringere la cinghia; il passaggio da un’economia di guerra ad una di pace è quasi inavvertito. È con gli anni sessanta che i consumi iniziano a risalire e la mitica bistecca arriva
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quotidianamente sulle nostre tavole. I ricettari comunque continuano ad essere “opere di valorizzazione delle massaie”. La trasformazione, il salto di qualità, dei libri di cucina avviene negli anni ottanta quando entra, anche tra le pentole, quella componente edonistica che caratterizza il decennio. Alla “cucina del fare”, come l’ha definita qualcuno, si contrappone la cucina-spettacolo, la cucina-evento, che prima che con il palato si assapora con la vista. L’oggi è noto a tutti. Da suor Germana a Sofia Loren è una costante fioritura di consigli e di condivisione di segreti tra star – e non star – e pubblico. Insomma, come si suol dire, ora ce n’è davvero per tutti i gusti!
BANANA
La ricetta
Tratta da..
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le ricette
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banane al cartoccio Ingredienti: 4 banane mature, 4 cucchiai di gelatina di albicocche, 1 bustina di vanillina, 4 cucchiai di liquore all’amaretto, 2 dl di panna montata, 4 cucchiai di zucchero. Preparazione: 1. Mettere sul fuoco una piccola casseruola con la gelatina di albicocche, il liquore, lo zucchero e la vanillina; mescolate fino a ottenere una salsa piuttosto densa. 2. Disponete su 4 fogli d’alluminio le banane tagliate a metà nel senso della lunghezza. 3. Rialzate i bordi dei fogli e irrorate le banane con la salsa di albicocche. 4. Chiudete i fogli a cartoccio e cuocetele a bagnomaria per 10 minuti nel forno già caldo a 180°. 5. Un volta tolti dal forno, deponete i cartocci sui singoli piatti e portateli subito in tavola, accompagnandoli con la panna montata servita in una ciotola a parte. Tratta da.. Enciclopedia della cucina italiana, XII vol., Dolci al cucchiaio e frutta, Mondadori, Milano 2007. L’opera è composta da 25 volumi con oltre 9.000 pagine e più di 7.000 ricette corredate da migliaia di fotografie. Ogni volume è monotematico. L’enciclopedia inizia con quello relativo agli antipasti e si conclude quello dedicato al caffè e alle grappe. Non mancano i volumi destinati ai menù classici, etnici e alla cucina dietetica. Ogni ricetta è accompagnata da suggerimenti utili, che comprendono piccoli trucchi (come ad esempio nel caso delle banane come conservarle al meglio) e consigli in relazione al tipo di vino da abbinare (sempre in questo caso è consigliato un “Friuli Isonzo Vendemmia Tardiva”, bianco friulano, oppure un “Contessa Entellina Ansonica Vendemmia Tardiva”, bianco siciliano).
caffè Preparazione: “Come diversi qualità di carne fanno il brodo migliore, così da diverse qualità di caffè, tostate separatamente, si ottiene un aroma più grato. A me sembra di ottenere una bibita gratissima con 250 grammi di Portorico, 100 di San Domingo e 150 di Moka. Con 15 grammi di questa polvere si può fare una tazza di caffè abbondante: ma quando si è in parecchi, possono bastare 10 grammi a testa per una piccola tazza usuale. Tostatene poco per volta e conservatelo in vaso di metallo ben chiuso, macinando via via quel tanto che solo abbisogna, perché perde facilmente il profumo.” Tratta da.. P. Artusi, La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, A. Barion , Sesto S. Giovanni 1926. Il nome di Pellegrino Artusi è strettamente unito al più celebre ricettario italiano che propone piatti legati perlopiù alla tradizione romagnola e toscana. Il volume, che contiene 790 ricette raccolte dall’autore durante numerosi viaggi d’affari, è ricco di digressioni che vanno dalle norme d’igiene agli aneddoti e alle spiegazioni di voci – ovvero la traduzione dal toscano all’italiano dei vocaboli usati in cucina. Lo stile utilizzato è volutamente semplice perché indirizzato ai principianti: «con questo manuale pratico – sottolinea Artusi – basta si sappia tenere un mestolo in mano». Inizialmente il ricettario non viene ben accolto, tanto che Artusi lo pubblica nel 1881 a proprie spese e chi vuole acquistarlo deve scrivere direttamente a lui per farselo spedire. In seguito, grazie alla critica positiva del celebre medico Paolo Mantegazza, La scienza in cucina godrà di un successo travolgente che dura tuttora, quantificabile in 111 edizioni. Alla morte di Artusi, nel 1911, ogni bene acquisito con i proventi dell’opera venne ereditato da due cuochi di casa, Francesco Ruffilli e sua moglie Marietta Sabatini che continuano con dedizione l’opera intrapresa dal maestro. Forlimpopoli ogni anno rende omaggio alla fedele domestica Marietta, premiando tutte “le Mariette” di oggi che, nella cerchia privatissima della loro vita e dei loro affetti, esercitano con amore e abilità La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene.
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farina - pane comune o pane di frumento Ingredienti: 500 gr di farina bianca (farina di grano tenero), 15 gr di lievito di birra, ½ - 1 cucchiaino di sale, 250-300 ml di acqua tiepida. Preparazione: 45 minuti Lievitazione 1 notte + 60 minuti ca. + 20 minuti Preparazione: 1. in una terrina preparate una pasta abbastanza molle con acqua, 100 gr di farina e il lievito sbriciolato. Coprite con un canovaccio e lasciate lievitare per una notte in ambiente tiepido. 2. disponete a fontana la farina rimasta, il sale e la pasta lievitata. Aggiungete acqua quanto basta. 3. lavorate a lungo; quando sulla superficie compariranno le bollicine, raccogliete l’impasto e formate una palla. 4. coprite l’impasto e lasciatelo lievitare per circa 60 minuti. 5. trascorso questo tempo la pasta avrà raddoppiato il suo volume: sgonfiatela con le dita e lavoratela ancora per qualche minuto. 6. ricavate dalla pasta delle porzioni da 70 gr circa e imprimete a queste una forma a vostro piacimento. Se preferite, potete ricavare dalla pasta una sola micca dalla forma allungata o rotondeggiante. 7. disponete il pane su una placca foderata con carta da forno o con fogli di alluminio leggermente unti. Lasciatelo lievitare ancora per circa 20 minuti prima di cuocerlo in forno già caldo a 200 gradi (circa 50-60 minuti per la micca e 30 minuti per i panini). Tratta da.. A. Bisio, Come fare il pane in casa, De Vecchi, Milano 1997. Se da un lato il ritmo frenetico della vita, soprattutto in città, ci porta a consumare pasti sempre meno salutari (spesso si mangia, in piedi e di fretta, piatti poco curati e di cui non si conosce bene la natura degli ingredienti), dall’altro si assiste ad una maggiore richiesta di prodotti naturali, biologici, di cui si vuol conosce con esattezza la filiera – dal seme al nome del contadino. Il successo riscosso negli ultimi tempi dalle macchine per fare il pane è l’esempio lampante di questa nuova tendenza. Questo è uno dei motivi della diffusione di manuali come questo dedicati esclusivamente a come si prepara il pane in casa. L’autrice insegna a fare da sé il pane tradizionale e le sue tante varianti, come pure i pani speciali, le focacce, le piadine, i grissini, i taralli, ecc. Spiega anche come scegliere le farine e gli altri ingredienti, l’impasto, la lievitazione, la cottura.
mozzarella in carrozza Ingredienti per 4 persone: 8 fette di pancarrè, 150 gr di mozzarella, possibilmente di bufala, 3 uova, 2 cucchiai di latte, sale, pepe, farina, olio di semi per friggere. Preparazione: 1. Pareggiate i bordi delle fette di pane per eliminare la crosta ma soprattutto per renderle regolari. Potete anche utilizzare un altro tipo di pane, per esempio del pane casereccio a grandi fette come il toscano o il pugliese. Il piatto guadagnerà senz’altro in sapore. 2. Tagliate la mozzarella a fette sottili. Se il formaggio vi sembra molto acquoso, stendete le fette su un foglio di carta assorbente da cucina per qualche minuto. 3. Distribuite le fettine su metà delle fette di pane lasciando mezzo cm libero sui bordi e chiudete con le altre fette di pane, premendo bene sui bordi. 4. Inumidite leggermente i 4 lati di ogni tramezzino, per esempio intingendoli di taglio per pochissimo tempo in un piattino di acqua e passate successivamente in un piatto di farina. Questo aiuta a sigillare i lati dei tramezzini. 5. Sbattete le uova intere con il latte, sale e pepe. A piacere, potete aggiungere delle erbe (per esempio erba cipollina tagliuzzata) o del parmigiano grattugiato. 6. Inzuppate bene i tramezzini nell’uovo. Conviene lasciarli per 5 minuti nell’uovo finché saranno ben imbevuti da un lato, quindi girarli e lasciarli 5 minuti anche dall’altro lato. Abbiate cura di inzuppare con l’uovo anche i 4 lati di ogni tramezzino. 7. Friggete in una padella con olio ben caldo. Lasciate cuocere per circa 2 o 3 minuti, quindi voltate i tramezzini e cuoceteli finché saranno dorati dall’altro lato. 8. Deponeteli su carta assorbente per eliminare l’olio in eccesso. Servite subito le mozzarelle in carrozza, da sole oppure accompagnate con insalata verde o mista a piacere. Tratta da.. Solo una piccola parte del volume redatto da Lambertini, Volpe e Guizzato è dedicata alle ricette vere e proprie che vengono trattate in modo discorsivo e non scientifico come fanno i ricettari classici. Per lo più il volume è dedicato alla storia della cucina napoletana, come tengono a precisare i tre autori, dalla Magna Grecia agli inizi del Novecento, inframmezzata di ricordi e di belle riproduzioni di stampe d’epoca. A proposito della mozzarella in carrozza, ecco cosa scrivono i tre autori: “Eccoci arrivati infine ad un altro pilastro della nostra cucina, onore e vanto tutte quelle massaie napolitane che posseggono l’innata”, come dice Brillant Savarin, “abilità di saper friggere: la mozzarella in carrozza. Quando arrivano in tavola questi fagottini ancora bollenti in cui mozzarella filante si adagia sulla dorata carrozza dei doratissimi dischetti di morbido pane che insieme a quello dell’uovo ne esaltano il sapore, un brivido di golosità passa sui volti di tutti i commensali.” (Jean Anthelme Brillat-Savarin (1755-1826) politico e gastronomo francese).
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manzo all’olio Ingredienti: 1 kg di polpa di manzo, 2 cucchiai di olio, sugo di mezzo limone, sale. Preparazione: 1. Metterla a freddo, coperta, e far cuocere lentamente per almeno 3 ore. 2. Quando è colorita e cinque minuti prima di toglierla dal fuoco, aggiungere il sugo di limone e spegnere, mettendo il coperchio in modo che l’umidità sciolga il sugo che si versa poi sulla carne affettata. Tratta da.. O. Perna Bozzi, Vecchia Milano in cucina, Martello, Milano 1965. Un piatto semplice della tradizione milanese perché, come ricorda l’autrice: “la borghesia agiata non aveva l’abitudine di pranzare fuori. Preferiva restarsene in casa propria, un po’ perché il clima non invitava a uscire, e un po’ perché non si vedeva nessuna difficoltà ad aprire la casa agli ospiti, anche di passaggio. Trattandosi, poi, di parenti o amici, si tagliava corto a le ultime resistenze complimentose con un allegro: “Mett giò un piatt!” del padrone di casa alla persona di servizio”. Pubblicato per la prima volta dalla casa editrice Martello nel 1965, il volume ha conosciuto altre 7 edizioni. Tale successo è forse da ricercare nel suo essere una godibilissima miniera, oltre che di ricette, di storie che aiutano a riscoprire – o addirittura scoprire – le tradizioni popolari legate all’arte culinaria come espressione della storia sociale, politica e culturale di un paese. Indagando fra l’abbondante varietà di questi piatti, ricchi e dai sapori pieni, si scopre ad esempio la discussione che vuole avvicinare la costoletta alla milanese alla Wiener Schnitzel: due preparazioni che non hanno alcuna analogia salvo quella di presentare una certa rassomiglianza all’occhio dei più sprovveduti. Questi citano un fantomatico documento nel quale il maresciallo Radetzky avrebbe descritto la costoletta di vitello intinta nell’uovo, impanata e fritta nel burro a Francesco Giuseppe, noto per la frugalità dei suoi pranzi. La specialità milanese deriva invece, secondo l’autrice, dai lombulos cum panitio del dodicesimo secolo, ricetta che precede quella viennese.
pomodoro - spaghetti primavera Preparazione: 1. Si prendano dei pomodori da insalata ben maturi. Si taglino a pezzetti di un centimetro buco l’uno. 2. Si pongano in un piatto fondo con spicchi d’aglio, foglie di basilico, foglie di prezzemolo, olio purissimo di oliva e sale. 3. Si mescoli bene bene il tutto e con esso si condiscano degli spaghetti cotti al dente. 4. Rimescolata la pasta, si tolgano gli spicchi d’aglio e si aggiunga una ombra di pepe nero.
Tratta da.. A. Consiglio, La storia dei maccheroni con cento ricette e con Pulcinella mangiamaccheroni, Edizioni Moderne, Napoli 1959. Con questo libro Alberto Consiglio, tributa un vero e proprio omaggio ai maccheroni. Della pasta ripercorre la storia, ma soprattutto riporta aneddoti che la riguardano ricorrendo alle memorie scritte di personaggi come Benedetto Croce, Sibilla Aleramo e di altri napoletani, talvolta illustri e talvolta ignoti. Se le ricette mancano di dosi e di tempi di cottura, sono però corredate di episodi curiosi che le riguardano, come la ricetta, qui riportata, degli spaghetti primavera, noti anche come “maccheroni in insalata”, che pare siano stati inventati da Beppino, il giovane padrone dell’antica trattoria toscana del Buco, a Roma, in piazza del Collegio Romano, condannato dai medici, a causa del mal di fegato, a utilizzare solo olio crudo. Risulta particolare anche l’organizzazione delle ricette. A parte l’ovvia distinzione tra minestre, pasticci, cannelloni, ecc., vi sono altre ripartizioni singolari: una denominata antiquariato, perché si riferisce agli “antichi” maccheroni arabosiculi preparati con farina di grano duro, acqua e lievito, un’altra “per quaresima” perché riporta ricette da condire con sugo di pesce e quindi da consumare durante il periodo prepasquale; e una terza, non ben specificata categoria, definita “romantica”. Il volume è riccamente illustrato con tavole a colori tratte da periodici, litografie e acquerelli dell’Ottocento che riproducono, in genere, popolani che banchettano con pastasciutta.
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frittata economica al prosciutto Preparazione: 1. Si calcoli un uovo per ogni persona. 2. Si lavorino bene i tuorli, aggiungendo per ogni tuorlo una punta di coltello di farina e due cucchiate di latte (si badi bene di mettere prima la farina perché altrimenti nel latte si formerebbero grumi!), del sale e i bianchi battuti a neve. 3. La si ponga in padella con abbondante burro caldissimo e quando anche la parte superiore comincerà ad addensarsi vi si metta nel mezzo una discreta quantità di prosciutto tritato, ripiegando poi su questo prima un orlo e poi l’altro, in modo da formare come un salamino. 4. Si abbia cura che la frittata, un po’ colorita all’esterno, resti morbida, o meglio un po’ molle, all’interno. Tratta da.. E. Zamara, La cucina italiana della resistenza, Barion, Sesto S. Giovanni 1936. Quando nel 1935 l’Italia viene colpita dalla Società delle Nazioni con restrizioni di carattere economico per aver invaso l’Etiopia, il regime fascista risponde lanciando un forte appello, soprattutto alle donne, perché essi acquistino prodotti italiani. Le «inique sanzioni», così sono definite, vengono dunque combattute con l’arma dell’autarchica, del “far da sé”, in ogni ambito della vita italiana, quindi anche in cucina. Questo di Zamara è uno dei tanti ricettari che cercano di aiutare le massaie nella difficile impresa di imbandire la tavola, utilizzando solo pochi prodotti e di scarsa qualità. Al grido di «difendiamoci contro l’iniquo assedio economico», stampato sulla copertina, l’autrice propone ben 194 piatti, che per la verità, tranne poche ricette come quella qui riportata, che rientra nel capitolo Piatti che sostituiscono la carne composti di ortaggi e uova, non sembrano prevedere grandi restrizioni dato che burro, olio, zucchero, cioccolato e persino ostriche sono citati in abbondanza. In sintesi, rispetto ad un normale ricettario, qui non sono contemplate le carni, neppure quelle di pollo o di coniglio a cui le massaie fanno massiccio ricorso negli anni successivi al 1936. Come molti altri volumi di questo genere, le ricette sono descritte in modo discorsivo; ad esempio vengono fornite in termini approssimativi le dosi necessarie, non sempre sono dichiarati i tempi di cottura e neppure per quanti commensali sono previsti. Il ricettario inoltre è privo di qualsiasi illustrazione.
capperi sotto sale Ingredienti: 2 kg di capperi, 2 kg di sale grosso. Preparazione: 1. Se si colgono direttamente, badare di staccarli dalla pianta quando i boccioli non sono ancora aperti e con 2 millimetri di gambo. Lavarli. Scolarli e metterli ad asciugare al sole per due ore circa. 2. Mettere nel vaso uno strato di sale grosso e uno di capperi, poi uno di sale e così via fino a completare il vaso. 3. Chiudere il vaso e conservare in luogo fresco e asciutto. 4. Al momento di usarli, porli a bagno in abbondante acqua fredda, cambiandola più volte perché perdano un po’ il sale e fare attenzione a non salare troppo le vivande alle quali eventualmente di uniranno. Tratta da.. A. Sorzio, Verdure sottovetro: al naturale, sott’olio, sott’aceto, marinate, sotto sale, salse, Gruppo editoriale Fabbri-Bompiani-Sonzogno-ETAS, Milano 1992. In un’epoca in cui mangiar sano è diventata un’esigenza irrinunciabile le conserve sottovetro, specie se fatte da noi, sono parte fondamentale della nostra alimentazione per poter gustare tutto l’anno frutta e verdura nella pienezza del loro sapore e al meglio del loro valore nutritivo. Una volta scelto che cosa conservare, non rimane che decidere come: al naturale, sott’olio, sott’aceto, sotto sale, marinate, in marmellata, gelatina, sciroppo, sotto alcol. Utilizzare il sale come metodo di conservazione degli alimenti risale alla notte dei tempi, all’epoca in cui gli esseri umani non avevano ancora inventato la terracotta e non potevano conservare i cibi entro contenitori stagni. Questo tipo di conservazione mira ad avvolgere l’alimento di uno strato cristallizzato di sale in modo che questo impedisca agli agenti degradanti di assalire l’alimento in questione. Il sale per la conservazione dei cibi è stato in passato una parte del compenso dato ai lavoratori, e proprio da questa pratica è derivato il termine “salario”.
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pesto con spezie Ingredienti 40 foglie di basilico fresco, una cucchiaiata di pecorino sardo, 4 cucchiai di grana, una manciata di pinoli, olio, aglio, sale. Preparazione: 1. Lavare delicatamente le foglie di basilico e asciugarle fra due tovaglioli senza premerle. 2. Introdurle nel frullatore con i pinoli, un po’ d’olio, aglio e sale. Frullare brevemente. 3. Aggiungere i due formaggi e finire di frullare. 4. Versare nella terrina e amalgamare la salsa ottenuta con il rimanente olio mescolando con il cucchiaio di legno. 5. Qualche istante prima di condire la pasta diluire leggermente il pesto con una cucchiaiata di acqua di cottura della pasta stessa.
Tratta da.. N. Boccalatte Bagnasco, R. Bagnasco, La tavola ligure ovvero Le ricette tradizionali per la cucina d’oggi, Edi.Artes, Milano 1991. “L’intento di questa raccolta – scrivono gli autori nell’introduzione – non è di riportare tutte le ricette della cucina ligure, ma quelle che, spesso dimenticate da altri autori ma da sempre praticate dalla gente comune, risultano compatibili con i ritmi della vita di oggi, e tuttavia conservano intatti i sapori della grande tradizione.” In realtà i Bagnasco vanno ben oltre proponendo anche un capitolo dedicato a che cosa si mangiava a Genova ai tempi di Colombo, curiosità e segreti gastronomici, i vini liguri, è presente persino una riproduzione anastatica del Vocabolario domestico genovese-italiano del sacerdote Angelo Paganini pubblicato nel 1857. Talvolta le ricette sono seguite anche da argute annotazioni come questa «a proposito di pesto: la più antica ricetta a stampa che si conosca potrebbe essere quella riportata nel Cuciniere italiano, edizione 1848».
tonno brasato in salsa legata Preparazione: 1. Vuota un tonnetto di almeno 1 kg. 2. Polverizza 10 grani di pepe, altrettanto di cumino e timo,1 cucchiaio di coriandolo, 1 cipolla fresca e 25 gr. di uva passa. 3. Trasferisci in un casseruolino, aggiungi 2 cucchiaini di miele, 1 cucchiaio di aceto, 2 cucchiai di salsa di soia e 2 cucchiaini di pasta d’acciughe, 3 cucchiai d’olio e 4 cucchiai di Marsala secco. 4. Cuoci fino a che la cipolla si disfa e la salsa diventa omogenea. 5. Aggiungi 1 cucchiaio colmo di amido di frumento, batti per disperdere gli eventuali grumi. 6. Scalda senza far bollire, mescolando bene fino a che si rapprende; aggiungi mezzo bicchiere d’acqua e continua a scaldare mescolando finché si rapprende di nuovo. 7. Spalma con qualche cucchiaio di salsa il fondo di una grande pirofila di portata. 8. Apri in due il pesce dalla parte del ventre, togli la spina dorsale e le altre spine. 9. Disponi il pesce pulito nella pirofila con la pelle sotto. 10. Spalma la salsa sulla polpa del pesce e con la salsa in più copri il di sotto del pesce, in modo che tutta la pelle sia protetta. 11. Cuoci in forno medio (140°) per tre quarti d’ora. Servi caldo, ma non troppo. 12. Salsa per il pesce: pepe, lingustico, timo, coriandolo verde, aceto, miele, vino, “liquame”, defrito, olio. Scalda e agiterai con un rametto di ruta e legherai con amido*. * Il liquame è la salsa base della cucina apiciana; è un prodotto liquido che si ottiene dalla filtrazione del garo (o garum), ovvero di una salsa risultato della macerazione per 65 giorni delle interiora di pesce a cui si uniscono sale e spezie (fino a 16 spezie diverse). Ai giorni nostri potrebbe assomigliare ad una miscela di pasta d’acciuga e salsa di soia. Il ligustico invece è una comune pianta perenne della famiglia delle ombrellifere, che dona un aroma piccante; non viene più coltivata in Italia. Il defrito é un mosto concentrato a caldo.
Tratta da.. Marco Gavio Apicio, De Re coquinaria, libro X, Il libro del pesce, a cura di A. Del Re, Viennepierre edizioni, Milano 2002. Questa ricetta è una versione moderna di un piatto proposto nell’unico testo, giunto a noi, di gastronomia dell’antica Roma, il De re coquinaria (L’arte culinaria) attribuito a Marco Gavio, detto Apicio, un ricco patrizio che visse sotto gli imperatori Augusto e Tiberio. L’opera raccoglie 450 ricette che spaziano dalla preparazione delle carni tritate alla conservazione della verdura, della frutta, dei formaggi, fino ad arrivare ai farinacei, base dell’alimentazione dei romani; dai suggerimenti per cucinare la cacciagione (compresi struzzi, gru, fenicotteri, pavoni e pappagalli) a come cuocere il pesce.
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cassatine siciliane Ingredienti 100 gr di mandorle sbollentate e pelate, un poco di mandorle tritate, 100 gr di zucchero fine, qualche goccia di verde vegetale, qualche cucchiaio d’acqua di fiori d’arancio, 3 bianchi d’uova, zucchero a velo. Preparazione: 1. Pestare le mandorle con lo zucchero fine in un mortaio; 2. Ridotto l’insieme in poltiglia versatevi qualche goccia di verde vegetale e qualche cucchiaio di acqua di fiori d’arancio; 3. Farne un impasto piuttosto molle e completarlo coi bianchi d’uova montati a neve ferma; 4. Riempire delle cassettine di carta con l’impasto, ricoprirne le superfici con poche mandorle tritate e cospargetele di zucchero velo; 5. Fare cuocere in forno per 10 minuti a calore moderato. Tratta da.. L. Carnacina, L. Veronelli, La cucina rustica regionale. Puglia, Basilicata, Sicilia, Sardegna, Rizzoli, Milano 1979. Questo ricettario che comprende quattro volumi, è stato scritto da due dei più grandi gastronomi italiani: Luigi Carnacina e Luigi Veronelli. Luigi Carnacina (Roma, 1888 – Roma, 1981) comincia a lavorare a soli dodici anni come cameriere e sguattero in una osteria. A quattordici lascia l’Italia, iniziando così la sua ascesa nella gerarchia alberghiera. A Montecarlo conosce il maestro Auguste Escoffier, tra i maggiori cuochi francesi, con cui lavora al Savoy di Londra, e che nel 1920, lo assume come direttore nel suo Restaurant de l’Ocean di Ostenda. Da allora fino al 1956, anno in cui si ritira e inizia a scrivere libri mettendo a frutto le sue esperienze nel campo della gastronomia, i successi di Carnacina non si contano. Tra i suoi ricettari più celebri ricordiamo La grande cucina (1960), sulla gastronomia europea, e Il Carnacina (1961), un dettagliatissimo manuale gastronomico in cui vengono descritte anche le più importanti ricette italiane e francesi, con particolare considerazione per le salse di Escoffier. Luigi Veronelli (Milano, 2 febbraio 1926 – Bergamo, 29 novembre 2004) è enologo, cuoco e gastronomo. La sua iniziale passione non è però la gastronomia, ma la filosofia. In collaborazione con Giovanni Emanuele Bariè pubblica la rivista “Il Pensiero” e collabora con Lelio Basso alla rivista “I problemi del socialismo”. È una delle figure centrali della valorizzazione e della diffusione del patrimonio enogastronomico italiano. Una delle sue celebri battaglie è per la preservazione delle diversità nel campo della produzione agricola e alimentare, attraverso la creazione delle denominazioni di origine, ovvero del marchio DOC (Denominazione Origine Controllata).
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Note: 1 Di questo volume esistono diverse edizioni moderne, eccone alcune: Apicio, L’arte culinaria : manuale di gastronomia classica, a cura di G. Carazzali, Bompiani, Milano 2003; Apicio, De re coquinaria : antologia di ricette, a cura di A. Del Re, Viennepierre, Milano2004; G. Gentilini, I cibi di Roma imperiale: vita, filosofia e ricette del gastronomo Apicio. Con l’edizione critica del De re coquinaria, Medusa, Milano [2004]. 2 Atlante dell’alimentazione e della gastronomia, II vol., Cucine, pasti, convivialità, UTET, Torino 2004. 3 Cfr. C. Benporat, Cucina italiana del Quattrocento, Olschki, Firenze 1996. 4 François Pierre de la Varenne, (1615 circa- 1678) nonostante la diffusione del suo ricettario e la fama acquisita, muore in estrema povertà. F.P. de La Varenne, Il cuoco francese oue e insegnata la maniera di condire ogni sorte di viuande, e di fare ogni sorte di pasticcierie, e di confetti, conforme le quattro stagioni dell’anno. Per il signor De La Varenne cuoco maggiore del sig. marchese d’Vxelles. Trasportato nuouamente dal francese all’italiana fauella, Davico, Bologna 1682. 5 P. Artusi, La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene. Manuale pratico per le famiglie, Tip. Di Salvadore Landi, Firenze 1891. 6 P. Artusi, Autobiografia, a cura di A. Capatti, A. Pollarini, Il Saggiatore, Milano 1993; A. Roncuzzi, Profilo biografico di Pellegrino Artusi e osservazioni su La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, Cassa rurale ed artigiana, Forlimpopoli 1990. 7 G. Ferraris Tamburini, Come posso mangiar bene? Libro di cucina, con oltre 100 ricette di vivande comuni, facili ed economiche per gli stomachi sani e per quelli delicati, Hoepli, Milano 1900. 8 Sarà solo dopo il 1945 che, con lo sviluppo della tecnologia e la riduzione dei costi di produzione, i volumi si arricchiranno di immagini, elemento oggi per noi fondamentale per i libri di cucina. 9 L’orto di guerra, espediente tipico di un’economia di sopravvivenza, è un minuscolo appezzamento di terreno ricavato in un giardino o addirittura nella vasca da bagno o dentro scatole di scarpe dove potervi coltivare ortaggi, verdure, legumi e sfamare la popolazione. 10 Commissione provinciale per la propaganda patriottica e per la limitazione dei consumi, Cucina di guerra, Tip. Fratelli Bolis, Bergamo 1917 11 La prima guerra mondiale ha significato, per milioni di donne, sperimentare un livello di autonomia fino ad allora impensabile, vivendo sole e sostituendo i propri uomini – fratelli, mariti, padri, figli – ovunque ce ne fosse bisogno, non solo come capofamiglia, ma anche in fabbrica. Anche se solo apparente e momentaneo, il grado di indipendenza da loro conquistato in quel periodo è comunque di tutto rispetto e il conflitto rappresenta per molte davvero uno spartiacque. 12 L’indipendenza femminile in quegli anni si manifesta anche nell’abbigliamento – le donne iniziano, ad esempio, ad indossare i pantaloni – e nel taglio corto dei capelli, alla “maschietta” appunto. Una conseguenza del crollo della borsa americana, avvenuto nell’ottobre 1929, e della depressione economica che ne segue, è l’estromissione delle donne dal mondo del lavoro in favore degli uomini. 13 A. Boni, Il talismano della felicita: [trattato di gastronomia]. Opera premiata alla Mostra Internazionale dell’economia domestica, Edizioni della Rivista Preziosa, Roma [1928]. 14 Amalia Moretti Foggia della Rovere (Mantova 1872 – Milano 1947) per approfondire la figura cfr. R. Dall’Ara, Petronilla e le altre: il mestolo dalla parte di lei, Tre lune, Mantova 1998. 15 La Società delle Nazioni, nel novembre 1935, condanna l’Italia per aver invaso l’Etiopia infliggendole pesanti sanzioni economiche, cioè vieta il commercio con l’Italia a tutti gli stati membri della Società stessa. 16 L. Morelli, Le massaie contro le sanzioni, S. Lattes e C., Torino 1935. 17 La tessera annonaria è una tessera nominale consegnata ad ogni cittadino per ottenere i viveri previsti dal razionamento, mentre la borsa nera è un mercato illegale e clandestino di prodotti resi irreperibili dal razionamento.
Crediti immagini : 01 - Nimmatnama-i Nasiruddin-Shahi (libro di ricette), scritto intorno all’anno 1500, documenta l’arte di preparazione del Kheer, un dessert indiano a base di latte: selezionare con cura la mucca; per avere un latte di qualità, porre attenzione a ciò che mangia; dargli da mangiare canne da zucchero; usare il suo latte per fare il migliore Kheer. Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=608890 02 - Tacuinum sanitanis, B. Casanatense à Rome (TSC) – Carré de sauge 03 - Raccolta dell’aglio, Tacuinum Sanitatis Casanatense (XIV secolo). Di unknown master - book scan, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1638801 04 - Apicio ritratto da Lister nel 1709. Di Kansas State University - Apicius, De Opsoniis et Condimentis (Amsterdam: J. Waesbergios), 1709. http://www.lib.k-state.edu/depts/spec/rarebooks/cookery/apicius1709.html, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=6374179 05 - Il Platina, De honesta voluptate et valetudine (Da BEIC, biblioteca digitale.), nel anno del signore MCCCCLXXXXIIII adi XXV de agusto AD. By Il Platina - Available in the BEIC digital library and uploaded in partnership with BEIC Foundation., Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=38722931 06 - Il trattato di Scappi in una ristampa del 1622. Di http://www.clements.umich.edu/culinary/index.html - http://www.clements.umich. edu/culinary/books.html, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=5668959 07 - “Lucerna de Corteggiani” by Giovanni Battista Crisci - Naples 1634 - Naples, National Library, Dominio Pubblico 08 - The first page of Le cuisinier françois by La Varenne. By François Pierre de La Varenne - François Pierre de La Varenne, Le cuisinier françois, Lyons, Canier, 1680, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1523689 09 - Pellegrino Artusi-La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene (1891). Di Salvatore Landi Editore - http://www.pellegrinoartusi.it/wpcontent/uploads/2011/02/CopArtusi2.jpg, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=30868938 10 - Ricettari Femminili. Pubblico Dominio 11 - Raffaele Viviani nell’atto unico ‘O vico del 1917. Di Giuliano Longone - Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=24067986 12 -Laboratorio Lapsus. #WW1 | Alimentazione | Nutrire il Fronte Interno | Marco Cuzzi 13 - Photo of Sophia Loren eating spaghetti. By Minneapolis Star-Tribune-photo by David Seymour of Magnum Studios, New York eBayfrontback, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=37849452 14 – Banane, Chicchi di Caffè, Farina, Mozzarella, Manzo, Sale e Pomodori. Pubblico Dominio
Tra i ricettari citati nel testo: Il re dei cuochi ovvero la maniera di fare una buona cucina con poca spesa, Salani, Firenze 1874 100 maniere di cucinare i legumi, Sonzogno, Milano 1906 Manuale di 150 ricette di cucina di guerra, Tipografia sociale, Cremona 1916 G.C. Monti, Cucina buona in tempi cattivi : norme pratiche e raccolta di ricette per una sana alimentazione del bambino e dell’adulto, Treves, Milano 1917 N. Ferrari, L’orto di guerra : come si coltivano e si cucinano gli ortaggi, Soc. Ed. Commerciale, Bergamo 1917 G. Galleani, Come si cucina il riso? Tutti i modi di accomodarlo, dagli antipasti ai dolci, ad uso della cucina casalinga e professionale, Hoepli, Milano 1929 F. Momigliano, Vivere bene in tempi difficili: come le donne affrontano le crisi economiche, Hoepli, Milano 1933 L. Morelli, Nuovo ricettario domestico: enciclopedia moderna per la casa, Hoepli, Milano 1935 A. Moretti Foggia della Rovere, Ricette di Petronilla, Olivini, Milano 1935 Sapersi nutrire, a cura di Cesare Alimenti per l’ufficio propaganda del PNF, Editoriale Arte e Storia, Roma [19..] Cucina in tempo di guerra: 250 ricette di cucina e vari consigli pratici per preparare una buona mensa, a cura di R. Petrali Cicognara e A. Zuccardi Merli, Unione Editoriale d’Italia, Roma 1941 A. Moretti Foggia della Rovere, Petronilla: ricette per tempi difficili, [Cecotti, Massa] 1997; Ristampa anastatica di: Ricette di Petronilla per i tempi eccezionali, Sonzogno, Milano 1941 E. Valvassori Baldassarre, Economia in tempo di guerra: consigli di cucina e di economia domestica, IDEA, Udine 1941 E. Randi, La cucina autarchica: nozioni teoriche e pratiche di autarchia alimentare, Cionini, Firenze 1942 A. Moretti Foggia della Rovere, 200 suggerimenti per... questi tempi, Sonzogno, Milano 1943 S. Loren, In cucina con amore, Rizzoli, Milano [1971] Suor Germana, Quando cucinano gli angeli, Piemme, Casale Monferrato 1983
bibliografia Occhio al cibo: immagini per un secolo di consumi alimentari in Italia, a cura di A.Capatti, C. Colombo, Coop, Milano 1992 Biblioteca Nazionale Braidense, La cucina della biblioteca : libri e immagini del territorio milanese e lombardo-veneto, a cura di S. Baldelli Capasso, G. Baretta, P. Ferro, Viennepierre, Milano 1994 A. Capatti, A. De Bernardi, A. Varni, Storia d’Italia, Annali XIII, L’alimentazione, Einaudi, Torino 1998, A. Capatti, M. Montanari, La cucina italiana: storia di una cultura, Laterza, Roma 1999 TaccuiniStorici.it, rivista multimediale di alimentazione e tradizioni (http://www.taccuinistorici.it)