Dizionario delle tipicità lucane
SALSICCIA LUCANICA DI PICERNO AREA DI PRODUZIONE: L'area geografica di produzione della Lucanica comprende alcuni comuni della Basilicata aventi per epicentro proprio il Comune di Picerno. MATERIA PRIMA: Carne suina, sale, aromi. STORIA E MITO: Questo tipo d’insaccato è molto probabilmente uno dei primi prodotti d’origine animale ad essere associato al territorio d’origine. È Marco Terenzio Varrone, vissuto nel I secolo a.C., che, in uno dei libri dedicati a Cicerone, nell’opera linguistica “De lingua latina” fa riferimento, per primo, a un tipo di salsiccia che è l’antenata della odierna salsiccia di Picerno. L’insaccato doveva essere davvero buono al palato dei soldati, se nello stesso periodo Cicerone ne parla con spirito nostalgico. Al tempo di Varrone il salame di origine lucana sembra però non andare oltre gli interessi degli scopritori. Il modo di conservare la carne di maiale dei lucani, infatti, non sconvolge la prelibata gastronomia romana dell’età imperiale che, come testimoniano il naturalista Plinio e i poeti Orazio e Marziale rimane fortemente legata, almeno per quanto riguarda il porco, alla carne fresca e alle parti intime della scrofa. Gli ingredienti usati dai lucani per preparare la Lucanica si trovano nel trattato d’arte culinaria, una pluralità di testi attribuiti al gastronomo romano Apicio vissuto un secolo dopo Varrone. Va sottolineato che la lucanica descritta nel ricettario apiciano ha poco a che vedere con l’analogo insaccato di oggi. Apicio descrive la preparazione dell’insaccato elencando i “condimenti” che assieme a della “carne ben macinata” e ad “abbondante quantità di grasso” riempiranno ”un budello lungo e molto sottile che si sospenderà così al fumo”. La rivoluzione in salumeria inizia sicuramente dopo il Cinquecento, quando arriva dall’America il peperone.
Ai tempi di Varrone, la Lucania, che nel suo significato tradizionale richiama l’esistenza di territori coperti da boschi, è già in buona parte caduta sotto l’impero Romano. Prima dell’avvento dei Romani le pianure costiere erano state colonizzate da coloni greci. È altamente probabile che la popolazione indigena abbia appreso proprio dai greci l’arte di conservare la carne di maiale nelle stesse budella dell’animale. Il territorio, con l’eccezione di limitate zone costiere, si presenta estesamente coperto di boschi in cui vagano, sorvegliate da schiavi, diverse specie animali. Tra questi boschi, particolarmente ricchi di specie quercine, il maiale, che per la presenza di setole spesse ed ispide ha l’aspetto del cinghiale, trova condizioni ideali per ingrassare e riprodursi. Le ghiande dei querceti lucani alimentano “morre” (branchi) di maiali che forniscono a buon mercato ai Romani, come tributo, oltre che carne e lardo di qualità, anche luganiche. La dipendenza alimentare del maiale dalle querce emerge anche altrove in Europa. Ed è proprio questo legame che spinge le genti europee ad utilizzare il porco come unità di misura dei boschi. La funzione di strumento di valutazione delle superfici forestali non ne ridimensiona però il ruolo sul versante alimentare. Va sottolineato, a questo proposito, che Grimod de la Reynière, uno dei padri della gastronomia francese, all’inizio dell’Ottocento definiva il maiale “animal encyclopédique”. Ciò porta l’immaginario collettivo a vedere ancora oggi nel maiale presente nelle campagne, non solo lucane, una sorta di status symbol di benessere delle famiglie che lo allevano. Questa aspettativa di benessere si manifesta apertamente a Calvello dove il 17 gennaio di ogni anno la popolazione ancora venera, sebbene con riti diversi da quelli del passato, Sant’Antonio Abate, il protettore dei maiali. A testimoniare l’importanza dell’allevamento suino in Basilicata rimangono tanti detti popolari, alcune poesie e numerosi toponomi che richiamano alla mente non solo lo stretto legame tra animale, bosco di querce e tradizioni, ma anche il maiale come fonte insostituibile di provviste alimentari. Come si è avuto modo di accennare, la Basilicata, rappresenta una parte, sia pure rilevante, dell’antico territorio lucano. Questa porzione di antica Lucania si estende, in provincia di Potenza, su quasi 500 mila ettari, gran parte dei quali coperti da pascoli e boschi. Sebbene non siano gli stessi boschi del tempo dei Romani, essi rivelano sempre, nonostante i feroci disboscamenti del passato, una grande ricchezza di querce. Fino a qualche decennio addietro questi boschi erano attraversati, nel periodo autunnale, da persone intente a raccogliere ghiande. Oggi l’operazione di raccolta rimane circoscritta alle piante vicine alle abitazioni di campagna. La tradizione di alimentare i maiali con le ghiande resiste negli ambienti in cui l’animale è allevato per l’autoconsumo. In genere le famiglie contadine allevano due o tre maiali di cui una metà è venduta a conoscenti per coprire le spese di gestione. Non mancano però anche allevamenti di certe dimensioni che caratterizzano vere e proprie filiere suinicole. Se si guarda all’allevamento suino senza perdere di vista quelle che sono le consuetudini locali, nella realtà montana della Basilicata è possibile individuare almeno cinque modelli territoriali. Per le loro specificità ambientali, organizzative e produttive essi sono da associare ad altrettanti “distretti del salume lucano”. Il primo distretto ha come centro rappresentativo Picerno; il secondo ruota attorno a Cancellara e Pietragalla; il terzo caratterizza l’Alta Val d’Agri; il quarto ha come punto di riferimento Latronico ed il quinto il Lagonegrese, in cui emerge Rivello come luogo storico di produzione di soppressate. Le cinque realtà produttive individuate appaiono diverse quando si sofferma l’attenzione sui caratteri dei prodotti che si ottengono dalla lavorazione delle carni suine. Quando, invece, l’attenzione si sposta sul significato della presenza del maiale e sul rito della sua uccisione, rito che nel mondo contadino rappresenta tuttora il principale momento di aggregazione sociale della famiglia e del vicinato, le cose sembrano cambiare davvero poco. Entrando nello specifico nel distretto della salsiccia che ha come luogo di denominazione Picerno, ci si imbatte in una piccola comunità della Montagna del Melandro che dista pochi
chilometri dal capoluogo di Regione. Esteso su circa 8 mila ettari esso conta poco più di 6 mila abitanti. Il territorio è in gran parte coltivato a cereali o utilizzato come pascolo da animali allevati allo stato semibrado. L’agricoltura è organizzata quasi esclusivamente sul lavoro della famiglia. La base aziendale è di sovente costituita da piccoli fazzoletti di terra ubicati anche a notevole distanza tra loro. Nelle zone più basse i minuscoli appezzamenti ospitano colture ortive di pregio i cui sottoprodotti sono utilizzati, assieme ai residui della cucina, per preparare gustosi pastoni per i maiali. In genere si tratta di aziende che vedono impegnate figure professionali non esclusivamente agricole. La situazione strutturale e produttiva dell’agricoltura di Picerno si ritrova non solo negli altri territori della Montagna del Melandro ma anche nei paesi della Montagna di Avigliano e Muro Lucano. Questi aspetti comuni contribuiscono a delimitare, nella parte occidentale dell’Appennino lucano, ai confini con la Campania, quasi nel cuore dell’antica Lucania, un vasto comprensorio appenninico che si caratterizza per la spinta omogeneità ambientale e sociale. Il clima della zona è quello tipico dell’Appennino lucano. Ad estati calde e siccitose seguono stagioni con precipitazioni abbondanti che assumono di sovente carattere nevoso nei mesi invernali. Le condizioni climatiche sono ritenute da tutti particolarmente adatte per stagionare salumi. Nel territorio appenninico considerato la lavorazione della carne di maiale si realizza in sette laboratori artigianali, di cui cinque, i più importanti, sono localizzati a Picerno. Da questi cinque laboratori, che vedono occupate una sessantina di persone, escono non solo salsicce ma anche tanti altri buoni salumi della tradizione lucana. Sulla base delle informazioni raccolte si può ritenere che i 4/5 degli occupati, di cui uno su tre è di genere femminile, sia da ricondurre alla catena produttiva della salsiccia. Sono in molti a ritenere che la presenza femminile sia importante nella fase di confezionamento del prodotto. Merita di essere sottolineato che, rispetto agli innumerevoli ingredienti tramandatici da Apicio, la tipica salsiccia di Picerno si ricava impreziosendo un impasto salato di carne e grasso con finocchietto selvatico (Foenicum vulgare) e piccole scaglie di peperoncino dolce o piccante rispettivamente nella misura massima di 1 g e 5 g per kg di prodotto. Il contenuto di grasso difficilmente arriva a superare il 30%. Va rilevato che a Picerno esiste, anche se ristretto, un vero e proprio mercato del finocchietto selvatico. In relazione alla quantità di grasso che viene utilizzata, la classica salsiccia di Picerno è da catalogare come “magra”. È, questa, la “salsiccia” per antonomasia. Le varianti sono individuate come “salsiccia grassa”, “pezzente” e “cervellata”. Quest’ultimo insaccato, ancora prodotto con successo a Paterno, nell’Alta Val d’Agri, sembra trovare, per gli ingredienti utilizzati, una sorta di antenato proprio nella lucanica di Apicio. Nelle altre realtà distrettuali individuate, alcuni usano speziare la salsiccia anche con l’aglio o, al posto del peperoncino, con pepe nero macinato. A Pietragalla non si usa il peperoncino frantumato ma salsa di peperone. Dalle informazioni acquisite direttamente dai produttori, a Picerno vengono annualmente prodotti, utilizzando carni provenienti prevalentemente dal Nord, non meno di 1,5 milioni di chilogrammi di salsicce stagionate. La versione piccante incide sulla produzione totale per un terzo. Il prezzo medio unitario si aggira attorno a 8,00 euro a kg. Di conseguenza, il valore complessivo si attesta sui 12 milioni di euro.. Per quanto riguarda i luoghi di destinazione, si valuta in oltre il 90% la quota di prodotto che varca i confini regionali. Un trend crescente mostra la domanda estera, attualmente attestata sul 5%. Di rilievo è il dato che vede, con oltre il 90%, il prodotto commercializzato sotto vuoto. La grande distribuzione, che appare sempre più attratta dalle porzioni monouso, assorbe la metà del prodotto. Qualche considerazione di natura diversa va fatta sulla salsiccia casalinga. Il caratteristico insediamento sparso delle montagne del Melandro e del Marmo Platano favorisce, un po’ dappertutto, l’allevamento tradizionale del maiale. Le fasi che portano alla sua uccisione contemplano il rispetto di regole a cui è difficile sottrarsi. Appaiono particolarmente dure a
scomparire il criterio con cui si sceglie la data dell’uccisione, che non deve trovarsi quando la luna è crescente, e la persona da impegnare nell’operazione di scannamento (capofamiglia) e di assaggio del grado di salatura dell’impasto (moglie del capofamiglia). Resta, ma con sempre meno convinzione, il divieto alle donne di manipolare la carne nei giorni di ciclo mestruale. È consuetudine scannare il maiale quando ha raggiunto il peso medio di 160 kg. I quantitativi di salsiccia prodotti variano in funzione dei tagli che si utilizzano. Dalle rilevazioni eseguite, risulta che da un maiale dal peso di 160 kg si ottengono mediamente 30 kg di impasto da cui escono le salsicce dalla classica forma ad “U”. Per farle asciugare si appendono al soffitto in locali anneriti dal fumo dei camini. Si può discutere quanto si vuole sulla validità o meno che ha oggi questa tecnica di affinamento del prodotto, ma la salsiccia casalinga della montagna lucana è e resta carne insaccata da mangiare cruda dopo l’essiccazione al fumo del camino. Dopo non meno di 22-25 giorni, le salsicce dalla classica forma ad “U”, che possono arrivare a perdere anche il 1/3 del peso originario, sono tagliate a pezzi e conservate sotto sugna in vasetti di creta. Una parte è conservata, sempre con la sugna, nella vescica del maiale e conservata per essere aperta in occasioni particolari come la mietitura. Nel passato la vescica rappresentava anche un espediente per far arrivare il prodotto nei Paesi che ne vietavano l’importazione. Pochi giorni prima di partire, l’emigrante portava la vescica in un caseificio e la faceva avvolgere con la pasta di caciocavallo fino a farle assumere la forma del latticino semistagionato. Ai controlli doganali la vescica risultava caciocavallo. Il mercato della salsiccia casalinga è comunque notevolmente limitato. In relazione a questo dato, non si va molto lontano dalla realtà se si afferma che le salsicce casalinghe prodotte annualmente nei 19 comuni considerati arrivano a 25 mila kg. Si ritiene, infatti, che mediamente vengano macellati in ambito famigliare un migliaio di capi suini. Il valore complessivo delle salsicce casalinghe dovrebbe, perciò, aggirarsi attorno ai 300 mila euro. Considerando assieme i dati produttivi aziendali e dei laboratori artigianali, compresi i due che non operano a Picerno, si ricava che in questa parte di Lucania antica vengono prodotti mediamente 1,6 milioni di kg di salsiccia (luganiga) l’anno, pari ad un valore commerciale di 13 milioni di euro. Oggi appare indiscutibile che la piccola cittadina del Melandro rappresenta, grazie anche alla facilità con cui la gente ha avuto accesso alla ferrovia, un importante centro di produzione dell’insaccato. Emerge, pertanto, la necessità di non porre in secondo piano le notizie storiche, che come si è avuto modo di rilevare risalgono ad oltre 2 mila anni fa, fino a trasferirle, adattandole alla realtà attuale della lingua e del mondo della salumeria. In particolare, occorre puntare ad individuare qualche segno distintivo che porti a caratterizzare la salsiccia (la Lucanica di Varrone) delle montagne del Melandro e del Marmo Platano come “Lucanica di Picerno”. In questo modo si manderebbe anche un messaggio chiaro a quanti continuano (veneti, greci, baschi) a chiamare, sebbene con piccole varianti di pronuncia e di scrittura, la salsiccia “lucanica” senza conoscerne l’origine. È del tutto evidente che un’operazione del genere sarebbe notevolmente rafforzata sotto il profilo dell’immagine riconoscendo la zona come “Distretto della salsiccia”. In questo modo i beneficiari non sarebbero solo i laboratori artigianali di Picerno ma anche le numerose famiglie contadine della zona che con le loro salsicce casalinghe si rivelano custodi attenti di antiche e nobili tradizioni.
LAVORAZIONE La materia prima utilizzata per la produzione della Lucanica di Picerno per la gran parte proviene dall’Emilia-Romagna ed è costituita essenzialmente da spalla, sottospalla e rifilatura di prosciutto.
Dai tagli, snervati e privati del grasso in eccesso, si ricava un impasto a grana non troppo fine che, dopo la salatura, si impreziosisce con 150-200 semi di finocchietto e, nella versione piccante, di piccole scaglie o polvere di peperoncino. Dopo qualche ora si procede a trasferire l’impasto in pezzi di intestini lunghi una quarantina di centimetri, fino a ricavarne cilindri dal peso unitario di 600 grammi. La quantità di grasso presente difficilmente arriva a superare il 30%. La forma caratteristica è a ferro di cavallo, simile alla lettera “U”. Dopo un periodo di permanenza di circa 20 giorni in locali a temperatura controllata in cui l’insaccato perde circa il 40% di acqua, la Lucanica di Picerno è pronta. Oltre alla salsiccia vengono anche preparate altre tipologie di insaccato: la soppressata (in cui si utilizza la carne più pregiata del maiale, si aggiungono acini di pepe, si insacca e dopo l'asciugatura si tiene sotto una pressa per eliminare i vuoti d'aria), il pezzente (in cui si usano gli scarti della lavorazione, molto aglio e peperoncino) ed il classico prosciutto. A livello domestico i singoli pezzi stagionati vengono sistemati in contenitori di terracotta, in cui si versa della sugna liquida per favorirne la conservazione e, al momento opportuno, vengono tirati fuori per essere utilizzati sia come affettato sia per preparare sughi o pietanze, magari in combinazione con legumi e prodotti dell’orto. CARATTERISTICHE PECULIARI. Nella Lucanica di Picerno ci sono due componenti che, determinano quell’unicità che conferisce all’insaccato un gusto speciale: nella variante dolce il finocchietto selvatico, una pianta che a Picerno e nelle aree limitrofe è parte integrante del paesaggio; in quella piccante, invece, essenziali sono il peperone e soprattutto il peperoncino. In questo caso raccolti e infilzati fino a ottenere delle piccole collane da essiccare all’aria, i peperoni e i peperoncini locali vengono polverizzati o frantumati in piccole scaglie. Non ci sono proporzioni standard nell’impasto di questo insaccato: è l’esperienza a guidare la mano di chi vuole ravvivare il colore e il grado di piccantezza che tanto piace ai consumatori.
PIRAMIDE UNIVERSALE DELLA DIETA MEDITERRANEA Nella Piramide Universale della Dieta Mediterranea la salsiccia di Picerno si colloca al V livello, assieme a carni rosse, salumi e insaccati.
GASTRONOMIA La Lucanica della Basilicata è la salsiccia, dolce o piccante, dalla caratteristica forma a ferro di cavallo, simile alla lettera “U” che può essere catalogata come “magra” perché la quantità di grasso difficilmente arriva al 30%. Infatti dai tagli snervati e privati dei grassi in eccesso si ricava un impasto a grana non troppo fine che dopo la salatura s’impreziosisce con semi di finocchietto e nella versione piccante con piccole scaglie o polvere di peperoncino. Il prodotto si compone esclusivamente a partire da tagli della spalla disossata e snervata, collo, sottospalla, pancetta, punta di filetto e triti di prosciutto. Gli ingredienti ammessi per la preparazione dell’impasto sono: sale, peperoncino dolce o piccante (per le due varianti), pepe frantumato, semi di finocchio selvatico. La lucanica di Picerno ha una caratteristica forma ad U determinata dalle modalità di porzionamento, asciugatura e stagionatura. La salsiccia di Picerno si gusta da sola, con formaggi decisi che ne accompagnano la sapidità ma è ingrediente di minestre, sughi, condimenti vari. Immancabile sulla tavola del contadino, il suo successo non accenna a diminuire, con abbinamenti nuovi ed insoliti. Chi adotta un regime vegetariano o vegano non può consumare la salsiccia di Picerno. La salsiccia di Picerno si può consumare da sola ma anche come ingrediente di numerosi piatti che sono qui elencati e molti dei quali appartengono alla tradizione culinaria lucana: Crostini salsiccia e stracchino; Focaccia alla salsiccia; Gnocchi di cime di rapa con salsiccia lucana;
Minestra “maritata”; Minestra di verza alla lucana; Pizza del viale (con salsiccia stagionata); Pizza rustica con salame; Risotto con salsiccia fresca e favette; Spiedini del pastore; Strascinati cu lu’ ntruppc’; Tortino di riso con sugo; Totani ripieni al profumo di salsiccia; Zuppa di ceci con pane abbrustolito e salsiccia.
SALUTE E BENESSERE La carne rossa non fa tanto male all`organismo come diversi studi negli ultimi anni hanno suggerito mentre la salsiccia, in particolare, aumenterebbe del 42% la probabilità di incorrere in malattie cardiache e circolatorie: a sostenerlo è uno studio condotto dall’ Università di Harvard e pubblicato su Circulation, una delle riviste dell`American Heart Association, che ha esaminato diverse ricerche raccogliendo i dati per un totale di oltre un milione di persone. Dalle ricerche analizzate gli studiosi hanno rilevato che solo 50 grammi di carne lavorata al giorno aumenta del 19% anche il rischio di sviluppare il diabete, mentre mangiare anche fino a 100 grammi al giorno di altri tipi di carni non trasformate - come agnello o maiale - non aumenta il rischio cardiovascolare nonostante l`analogo contenuto di grassi. Dato che le quantità di colesterolo e di grassi saturi simili contenuti nella salsiccia e in altre carni rosse esaminate nello studio non fanno la differenza, spiegano i ricercatori, potrebbero essere il sale e i conservanti aggiunti nella lavorazione le cause di questo fenomeno. Tra le carni sotto accusa, oltre alle salsicce, la pancetta e le carni affumicate o troppo salate. "La carne rossa deve ancora essere considerata come parte di una dieta equilibrata per un cuore sano - spiega Victoria Taylor, dietologa della British Heart Foundation -. Sono però da preferire tagli magri e cotture più sane, come quella al vapore o con la griglia. Per aggiungere sapore è meglio utilizzare spezie fresche o secche e peperoncino al posto del sale". La salsiccia rientra nella categoria degli "alimenti poco idonei all'alimentazione dell'uomo moderno". Si tratta di un prodotto povero d'acqua, ricco di lipidi, ipercalorico ed eccessivamente salato; basti pensare che 100g di salsiccia fresca apportano una quantità di sodio pari al doppio della quota minima necessaria per il mantenimento dello stato di salute, e fino al 60% del livello massimo di colesterolo alimentare consigliato. Non sono presenti i dati specifici riguardanti il rapporto degli acidi grassi ma, analizzando la composizione delle varie pezzature impiegate nella produzione di salsiccia, è assolutamente ipotizzabile che predominino quelli saturi. Come molti sapranno, il colesterolo alimentare e gli acidi grassi saturi sono responsabili (sinergicamente al sovrappeso) di un'alterazione metabolica delle lipoproteine che innalza il rischio di aterosclerosi; non a caso, nella dieta contro l'ipercolesterolemia, le salsicce costituiscono un alimento "tabù". La ridotta concentrazione d'acqua e l'elevato apporto di grassi e proteine conferiscono alla salsiccia un potere calorico molto elevato. Si tratta di una caratteristica decisamente negativa in quanto, in base al dispendio energetico imputabile alla media della popolazione adulta (circa 2000kcal), una porzione scarsa o media di salsiccia fresca cruda (150-200g) fornisce 450-600kcal, ovvero il 20-30% dell'energia quotidiana. L'eccesso di salsicce nella dieta (in
assenza di attività fisica motoria e auspicabile) è quindi correlabile all'aumento della massa grassa e del peso corporeo. Anche l'elevato contenuto di sodio nella salsiccia ne limita significativamente l'utilizzo; questo minerale, già presente in eccesso nella dieta occidentale, è verosimilmente responsabile (ancora una volta sinergicamente al sovrappeso e alla sedentarietà) dell'aumento pressorio del sangue (ipertensione) e del conseguente incremento del rischio cardio-vascolare. Fortunatamente, la salsiccia non è un alimento "vuoto"; essa contiene anche nutrienti apprezzabili, come le proteine, il ferro, la tiamina (vit. B1) e la niacina (vit. PP). Dal punto di vista nutrizionale si può affermare che la salsiccia lucanica: è ben rappresentata nelle frazioni degli acidi grassi cui sono generalmente attribuiti significati salutistici, l’aggiunta di peperone rosso contro il pepe dei normali salumi dà alla salsiccia lucanica un valore nutrizionale aggiunto, identificato negli specifici antiossidanti del peperone rosso; per il ridotto tenore di colesterolo, per porzione media, la salsiccia lucanica può rappresentare una eccellente alternativa di consumo, nella normale alimentazione, rispetto alle altre carni.
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FILMATI E CINEMA Altrimenti ci arrabbiamo! - Birra e salsicce: httpsTutti a casa – Polenta: https://www.youtube.com/watch?v=8g9fCRsCikM BIANCO, ROSSO E VERDONE - Pasquale Ametrano Colazione continentale: https://www.youtube.com/watch?v=KrGuDEqt_bg Totò - Miseria e nobiltà - La spesa: https://www.youtube.com/watch?v=uWDvcExGwsM Vinicio Capossela - Il ballo di San Vito (con testo): https://www.youtube.com/watch?v=OxXouG4IO0c (siti consultati il 24 Agosto 2016)
SERVIZI E REPORTAGE Alberto Sordi Le vacanze intelligenti: https://www.youtube.com/watch?v=21qju7zGi8E Covelli Salumi Lucanica Senza Conservanti, Senza Glutine e lattosio: https://www.youtube.com/watch?v=3ltKUQVSpfA://www.youtube.com/watch?v=MeSjL85f Dm0 Identitalucanamkt - SALSICCIA FESTIVAL VII _ Cancellara 12-13 settembre 2015 _ FILM: https://www.youtube.com/watch?v=rYdfLwz2mWY LaNuovaTv Basilicata - Milano 2015 - Verso Nuove Identità Rurali: https://www.youtube.com/watch?v=wFok4k_HLbk Sagra della salsiccia a catena - Cancellara (Pz) 3 e 7 febb. 2015: https://www.youtube.com/watch?v=-bPTUO0fi9w Salumi EmmeDue: https://www.youtube.com/watch?v=-igwkaGLdXc (siti consultati il 30 Agosto 2016)
VIDEO CANZONI SONORE PER BAMBINI Audiolibri italiani - Fratelli Grimm, Il topino, l'uccellino e la salsiccia: https://www.youtube.com/watch?v=DRAbMmzXphU Mamma gnam gnam - Canzoni per bambini di Coccole Sonore: https://www.youtube.com/watch?v=TWkQDz4_MLQ Pluto; Missione salsiccia: https://www.youtube.com/watch?v=a0m9N1XQPDE&index=15&list=PLD97584EBAFCC741 8 Topolino - Una salsiccia a piede libero: http://video.disney.it/video/topolino-una-salsiccia-apiede-libero-505d69d7b13012c30fa3a669 Tre Porcellini: https://www.youtube.com/watch?v=iRjeHrR2rK8&list=PLD97584EBAFCC7418&index=66 (siti consultati il 30 Agosto 2016)