Liceo Scientifico ‛G. Galilei’ Manfredonia Corso PON di Scrittura Creativa a.s.201011
Era una notte buia e tempestosa... Docente: Prof.ssa Maria Mondelli Tutor: Prof.ssa Loredana Catalano
Writers: Edoardo Del Nobile Marcello Di Candia Luca Ferri Marika Fortunato Francesco Marcolongo – Fabio Palmieri Giuliano Petrangelo – Liberiana Prencipe Federico Ristori Chiara Triventi Giacomo Trotta 1
Indice Prefazione di Maria Mondelli
3
Il raggio verde di Giacomo Trotta
5
Leonida, un traditore della patria di Giuliano Petrangelo 9 Nemmeno la morte di Edoardo Del Nobile
12
Restart di Luca Ferri
17
Il mio sogno eretico di Fabio Palmieri
20
La casa maledetta di Marika Fortunato
23
Storia di un cucciolo di Fabio Palmieri
26
Avventura al pc di Liberiana Prencipe
30
Il bunker di Giacomo Trotta
32
Elena e Simon di Chiara Triventi
35
Anestesia, vattene via! Di Francesco Marcolongo
38
The Truth di Federico Ristori
40
LibertĂ di scelta di Marcello di Candia
45
Sentivo la vita scivolarmi addosso di Fabio Palmieri
54
Quelli che...
56
‌ e quelli se...
59
Haiku
61
Limeriks
64
2
Prefazione
L'idea di tenere un corso di scrittura creativa - per chi come me
si
è
sempre
dichiarata
priva
di
fantasia
e
che
per
esemplificare i costrutti latini continua a propinare il solito Caesar
che
strapazza
grammaticale
del
i
suoi
momento
milites
-
mi
in
base
sembrava
alla
regola
inizialmente
un
controsenso. La convinzione che solo andando contro-senso (il senso comune, il senso vietato, il senso di marcia, il senso di sĂŠ) si possono seguire 'virtute e canoscenza' ha trasformato l'iniziale titubanza in una sfida. Memore sentiero
di
da
antichi me
mai
versi, prima
ho
preso
battuto
e
quindi vi
ho
a
percorrere
trovato
un
ricchezze
inimmaginabili e straordinarie: i miei compagni di viaggio. A
noi
constatare,
insegnanti talora
di
capita far
sempre
timidamente
di
intuire,
affiorare
gli
spesso
di
orizzonti
infiniti ed affascinanti che si celano dentro quegli adolescenti inquieti e problematici con cui condividiamo parte della nostra vita, quegli spiriti ancora informi che, affabulatori di storie strampalate
ed
ammutoliscono
inverosimili
per
stendhalianamente
giustificare dinanzi
alla
un'impreparazione, bellezza
di
un
distico o di un quadro; ma il vincolo dei programmi, l'ossessione 3
dei quadrimestri in fuga, lo spauracchio del registro semivuoto di frequente
ci
impediscono
di
calarci
in
quegli
abissi
e
di
ammirarne la vastità. Ecco, a me questo corso ha dato la possibilità di stupirmi ancora una volta dinanzi ai miei studenti, di imparare da loro, di farmi avvolgere e coinvolgere dalla loro creatività e profondità, di provare ‛la limpida meraviglia / di un delirante fermento’, direbbe il poeta. Ho cercato di fare la mia parte dando loro degli strumenti tecnici
che
li
aiutassero
a
far
emergere
ciò
che,
verborum
egestate, molte volte rimane celato, ho dato un nome ad attitudini espressive
che
suggerito
metodi
essi,
forse
pratici
per
ignorandole, superare
la
già
possedevano,
sindrome
del
ho
foglio
bianco o per elaborare incipit un po' più originali del trito snoopyiano 'Era una notte buia e tempestosa...' (ma non è proprio 'la rima fiore amore / la più antica difficile del mondo'?). Nulla di più. Nell'annosa querelle se valga più la techne o la physis ancora una volta – credo - ha prevalso quest'ultima. Il risultato sono i lavori contenuti in questo e-book: forse essi non saranno più duraturi del bronzo come i carmi oraziani, di certo ne condividono l'essenza: la sacralità della parola e di chi se ne fa interprete.
Maria Mondelli
4
Il raggio verde di Giacomo Trotta
M
ancava
poco
all’orizzonte,
al
tramonto.
sembravano
I non
raggi
del
volersene
sole,
bassi
andare
piĂš,
aggrappati con un riflesso ai mille spruzzi d’acqua che il mare 5
innalzava
sbattendo
contro
gli
scogli.
Tra
un
po’
quel
disco
luminoso che aveva accompagnato l’intera giornata di Jack e Rose avrebbe abbandonato la proiezione del loro film d’amore e avrebbe fatto da sfondo per la storia d’amore di qualche altra coppia che a lui affidava le sue speranze. Jack, rosso in viso per il sole dell’intera mattinata e per la timidezza, con un bastone di legno giocherellava con il suo cane, mentre avanzava sul bagnasciuga della spiaggia deserta con Rose, la ragazza che da qualche giorno lo faceva andare su di giri. Jack e Rose si erano conosciuti solo qualche giorno prima, per caso;
entrambi
si
erano
ritrovati
sulla
stessa
panchina
ad
aspettare un autobus che sembrava non arrivare più. Rose, seduta in disparte e rannicchiata su se stessa, aveva gli occhi lucidi, bagnati dalle lacrime che scendendo sulle sue gote le rigavano il viso quasi come sfregi. Racchiusa in se stessa suscitava un senso di
compassione
intorno.
Una
che
non
cappa
di
lasciava
indifferente
malinconia
la
chi
si
circondava
e
trovava sembrava
ingrigire il cielo terso che invece rendeva quegli alberi intorno alla pensilina molto più colorati, anche grazie alla primavera che ormai era alle porte e iniziava a far germogliare i primi fiori. Jack
aveva
appena
terminato
di
lavorare
e,
seduto
con
un
giornale in mano, ammazzava il tempo facendo il sudoku dell'ultima pagina.
Immerso
in
quei
numeri,
ripensava
alla
storia
appena
conclusa con colei che era stata il suo primo e unico amore. Si era
rotto
avvenente
tutto signora
a
causa sulla
della
nuova
quarantina,
segretaria
molto
procace
di e
Jack,
una
seducente.
”Chissà cosa è successo a questa povera ragazza, chi mai ha potuto far del male a una ragazza così bella, semplice e indifesa?” Jack abbassò il giornale e tentò di rivolgere un sorriso alla ragazza seduta dall’altra parte della panchina, nella speranza che un sorriso potesse rompere quella cappa di tristezza. La ragazza sembrò captare quel sorriso volante e ricambiò con uno sguardo che magicamente sembrò infrangere la tristezza che la
6
circondava; Jack allora si fece coraggio e iniziò a parlarle di come girasse il mondo, della sua brillante carriera nel campo economico, della sua storia d’amore appena conclusa. Anche Rose aveva appena posto fine ad una storia d’amore, un amore a distanza però, che l’aveva presa con tutti i sensi. Era stato traumatico
dover
terminare
lontananza
anziché
una
rafforzarla
relazione
le
aveva
del
genere,
creato
una
ma
la
grandissima
malinconia e una angoscia che giorno dopo giorno l’avevano resa sempre più sola al mondo. Era il primo passo per la storia che stava nascendo, in fondo tutte le storie iniziano con un passo. E ora eccoli là, mano nella mano, impacciati come due innamorati alle prime armi che per la prima volta si affacciano all’amore. Jack
aspettava
che
il
sole
tramontasse
definitivamente
per
poter scorgere il misterioso raggio di luce verde che si diceva riuscisse a far vedere nel cuore dell’altro. Jack sperava che con questo misterioso raggio avrebbe potuto rivelare tutto alla sua Rose, senza temere di sbagliare le parole o di essere tradito dall'l’emozione. Mancavano pochi minuti ormai al tramonto: Jack rifletté ancora una volta sulla bontà della relazione che stava intraprendendo con quella ragazza di venti anni più piccola di lui. Mentre continuavano a camminare, si ritrovarono nei pressi di un
chioschetto ai bordi della spiaggia. Era una piccola baracca
con
il
cartone
persiane
dei
gelati
ingiallito
dal
sole
battente
e
le
screpolate dalle continue raffiche di brezza marina;
nonostante non ci fossero clienti degli altoparlanti trasmettevano una tenue musica di sottofondo. Jack era impaziente, tra pochi secondi si sarebbe verificato l’evento
che
lui
stava
aspettando
da
tutto
il
pomeriggio:
Il
raggio verde. Proprio quando stava per arrivare agli occhi di Jack quel fascio luminoso, quasi leggendario, dalla baracca iniziarono a
vibrare
nell’aria
le
dolci
7
melodie
del
film
'Ufficiale
Gentiluomo'. Era il film preferito di Jack, quello che più lO aveva fatto sognare da piccolo. Ora era diventato lui il pilota di aerei che conquistava la sua donna. Jack lanciò il bastone per il cane lontano per non essere disturbati, prese Rose in braccio, la baciò e chiudendo gli occhi si fece avvolgere dalle dolci note e della luce: un'alchimia d’amore che mai nessuno avrebbe potuto sconfiggere.
8
Leonida, un traditore della patria di Giuliano Petrangelo
E
ra
l’aurora,
una
tiepida
aurora,
per
terra
i
cadaveri
persiani, uno sull’altro a formare una scala, emanavano un
odore
insopportabile,
quasi
simile
a
quello
di
un
bisonte
sgozzato. Leonida era seduto sul comandante della truppa inviata dal grande re dio Serse e brindava fiero con i suoi compagni per la
vittoria
Pertanto
appena
decise
di
ottenuta voler
sugli
parlare
incapaci
fanti
direttamente
con
persiani. Serse
per
convincerlo a partire dalla Grecia e ad abbandonare i suoi loschi piani
di
distruzione
e
di
traffico
di
prostituzione.
Così,
lasciati dietro a sé i suoi compagni, s’incamminò verso la collina 9
che vedeva in lontananza percorrendo la lunga spiaggia di fronte al passo delle Termopili. A
questo
punto
giunse
il
re
persiano
su
un
carro
dorato,
seduto su un trono ricoperto di mimose, vicino a lui servi che pulivano
i
suoi
orridi
piedi
e
donne
dal
corpo
divino
che
porgevano nella sua bocca una dolce ciliegia. Fermato il carro, Serse si alzò in piedi colpito da un’accecante bagliore che lo costrinse
a
spostarsi
di
un
passo
avanti,
e
cominciò
a
dire:
“Leonida, sei un forte guerriero, scaltro e coraggioso e ti ammiro per
questo!
Ma
come
osi
schierarti
contro
il
grande
re
dio
Serse!”. Dicendo questo accennò un forte colpo di tosse causato da un’improvvisa folata di vento che gli aveva gettato polvere in faccia.
“Io
posso
renderti
comandante
delle
truppe
persiane,
questo mio vasto esercito, ti ricoprirò di donne e di oro, avrai una tua spiaggia personale nell’isola di Creta appena la conquisto e potrai alloggiare in uno dei palazzi più sfarzosi dell’Oriente. Se rifiuterai tale offerta, sarai davvero sciocco e ne pagherai le conseguenze con la vita: è un’offerta che non puoi rifiutare”. Leonida, a quel punto, per qualche secondo rimase fermo a meditare su questa generosa offerta di Serse, che, nel frattempo, si ammirava allo specchio tentando di spremersi un brufolo non gradito
sul
mento,
finché
prese
una
decisione
degna
di
un
re
spartano: “Sei un mio nemico Serse, sei venuto ad invadere le nostre terre, a schiavizzare le nostre famiglie, a bruciare i nostri campi, ad utilizzare le nostre donne come prostitute per i tuoi mercanti. Ad essere sincero sono stanco di combattere per questi poveri perdenti spartani. Inoltre mia moglie mi dà fastidio ogni giorno, dice sempre 'sposta i mobili, porta questo, porta quello, accompagna i ragazzi a scuola...'; ma andasse al diavolo! Questa vita mi annoia, voglio divertirmi e la tua offerta, mio caro Serse, è allettante, quindi accetto volentieri. Difendessero i
miei
soldati
divertimento!”.
le Lo
terre, stesso
mi
ritiro
Serse,
dal
campo,
esterrefatto
e
ho con
voglia la
di
bocca
aperta per una simile risposta replicò: “Non potevi fare migliore scelta!”. 10
I due se ne andarono passeggiando a braccetto e ammirando il mare
di
fronte
a
loro
finché
Leonida
disse:
“Solo
una
cosa,
Serse!” - “Dimmi!” - “Pulisciti quegli orridi piedi”. E i due risero
a
crepapelle
immaginando
piscina.
11
il
divertimento
in
una
calda
Nemmeno la morte di Edoardo del Nobile
C
hristopher
è
un
simpatico
ultra
sessantenne, terminale
malato
per
un
tumore
al polmone destro. Non ci stava
a
restare
in
ospedale, quindi, dopo la notizia,
decise
di
trascorrere l’ultimo anno di vita nella sua casa di periferia.
Era
un
po’
lontana dal centro, dove si
trovava
cui
il
parco
Chris
trascorrere
adorava
le
all’ombra
in
mattinate
dei
faggi
leggendo un giallo. Ogni giorno prendeva il treno delle 13:21 per tornare nel suo “rifugio”. Ormai
credeva
che
non
ci
potessero
essere
più
motivi
per
andare avanti, per lottare, per contrastare quella bestia che da dentro gli stava strappando via la vita morso dopo morso. Chris era così, preferiva restare da solo, nel suo dolore, per evitare di
recarne
a
chi
gli
era
accanto.
Da
quando
aveva
avuto
la
notizia, iniziò a troncare ogni legame ed ora evitava di crearne di nuovi. Sua sorella lo chiamava spesso. Quasi ogni giorno, ma da un
po’
di
tempo
a
questa
parte
aveva
smesso
di
farlo.
Era
insopportabile per lui dire “si va tutto bene” senza pensare che la sua vita ormai avesse una sorta di data di scadenza.
12
I giorni passavano, tutti uguali, uno dopo l’altro. La solita routine. I soliti volti. Il solito treno. Ecco diciamo che non era proprio il solito treno quel giorno. 3 marzo, ora 13:03. Come al solito Chris arrivava sempre in anticipo in stazione, ma quel giorno, nsomma quel giorno aveva deciso che non sarebbe stato il solito giorno. La voce annuncia un ritardo del treno. Niente di particolare. Sarebbe arrivato alle 13:30. Eccola. Sì, insomma in qualità
di
narratore
so
come
vanno
le
cose
della
storia
che
racconto. Sì. Eccola. Azzurra. Chris non era un tipo da “ti amo” o meglio, non ha mai trovato nessuno che meritasse di sentire certe parole dette da lui. Okay. Torniamo alla parte che ancora non conoscete.
Azzurra.
Mai
nome
più
giusto.
Aveva
degli
occhi
fantastici. Azzurri, come il mare, con una corona nera che cingeva l’iride e una corona castana che circondava le pupille. È la donna che farà perdere la testa al nostro fortunato. Insomma, aveva buon gusto in nostro anziano. Nonostante i suoi sessanta anni, Azzurra conservava ancora il fisico di una donna giovane e nel pieno della sua bellezza. Sarà stato il suo non usare troppo trucco o il suo non esagerare con l’esercizio fisico. Odia le palestre. Come Chris c’era una cosa che non aveva trovato. Una persona che la rendesse felice. Eccola. E il nostro caro anziano non riesce toglierle gli occhi di dosso. Ora sono nel treno. Lei è seduta. Lui è appena entrato. Si è detto tra sé “oggi ti siedi accanto a lei e le dici “salve”. Fa spesso questo tragitto in treno?’ ”Sì”. I due non era la prima volta che s’incrociavano su quel treno. Solo che lui non aveva mai avuto il coraggio di parlarle. -Salve.-Salve.-Fa spesso questo tragitto in treno?- bravo Chris. -Si, quasi ogni giorno. Svantaggi di abitare in periferia.-Svantaggi?
Insomma.
Abito
anche
io
in
periferia.-
sorridendo. -Ah, sì? L’avevo notata già altre volte.- sorridendo.
13
disse
-Beh. Diciamo che vale lo stesso per me.- la guardò e sorridendo le porse la mano –Mi chiamo Christopher. Chris per gli amici. Molto lieto.-Azzurra. Piacere mio.- . Così inizio la storia di Chris ed Azzurra, ma vi avviso. Non andrà
a
finire
spariscono
da
bene.
un
Avanti.
giorno
I
tumori,
all’altro
come
a il
quanto
ne
so,
raffreddore.
I
non due
iniziarono a frequentarsi. Sempre più spesso uscivano insieme, per parlare di come la vita fosse stata ingiusta con loro. Di come dopo tanto tempo, due persone potessero ancora comportarsi come se fossero degli adolescenti. Adoravano le stelle e la pioggia. La musica e sapere che si sarebbero sempre voluti bene. Già sempre. Dicono che non esista “per sempre” e che chi crede che una cosa possa durare per sempre sia un idiota. Erano passati già cinque mesi dal 3 marzo. Chris sapeva che tutto sarebbe finito. Non aveva mai detto ad Azzurra che era un malato terminale, ma voleva farlo. Si erano seduti sulla panchina che Chris adorava. -Ho un tumore.- disse. -Cosa hai detto?-È terminale.-Da quando lo sai?-Da prima che ti conoscessi.-Quindi mi hai sempre tenuto all’oscuro di tutto?-Sì.-Perché?-Non
lo
so.
Sapevo
solo
che
dicendolo
non
mi
avresti
mai
conosciuto.-Vai via.- disse Azzurra. La sua voce era rotta, come se facesse fatica a parlare. I suoi splendidi occhi erano lucidi. -Davvero lo vuoi?- disse Chris. Fissava Azzurra coma se le volesse dire “ti prego dimmi che non vuoi davvero che vada via”. -Davvero vuoi che vada via?-
14
Azzurra si alzò. Le lacrime rigavano il suo volto. Chris la fermò e la strinse forte a sé, per non lasciare che andasse via. La donna all’inizio tentò di allontanarlo, e dopo lo strinse a lei. -Prima di te credevo che la mia vita meritasse solo di finire in fretta. Da quel giorno. Da quel giorno ho desiderato essere una persona come le altre. Avevo finalmente trovato un motivo per vivere.Azzurra si asciugò le lacrime. -Vai via.-Ti prego Azzurra.-Ho detto vai via!E qui le strade si divisero. Ma non a lungo. I due continuavano a parlarsi. Anche se non era come prima. -Ciao.-Ciao.-Domani
mi
operano.
Dicono
che
sarà
rischioso.
E
forse
non
sopravviverò.-Ah. Okay. Perché me lo stai dicendo?-Non lo so. Forse spero. Sì. Spero di sopravvivere per poterti dimostrare che tengo a te più di quanto tenga a me.-Così dimostri solo di essere un’idiota. Non puoi tenere più a me che a te.-Si che posso. La vita è la mia in fondo.-Tutto qui?-Si.-In bocca al lupo.-Tu. Non. Tu non verrai a vedere come starò vero?-Vero.Ormai
è
arrivato
il
grande
giorno.
Vi
avviso
non
abbiate
speranze. Il nostro amico è spacciato. Sì. Non si salverà. Eccolo li. In sala operatoria. I medici che hanno asportato il tumore. E’
ora.
sopravvissuto.
Ecco Un
l’arresto
momento.
Che
cardiaco. ci
fa
qui?
Già, Perché
non è
sarebbe qui?
Non
dovrebbe essere qui. Non ha senso. Okay. Adesso non so più che dire. Cioè. Vado a braccio. È arrivata Azzurra. Le stanno dicendo 15
che non c’è più niente da fare. Vuole entrare in sala operatoria. Il cardiogramma non indica presenza di battito. È morto. Perché ti stai avvicinando a lui? Andiamo. Non lo fare. Che cosa vorresti dirgli? Su è morto. -Ascoltami idiota. Tu devi tornare. Devi venire qui. E devi farlo ora. Ricordi quel giorno sotto la pioggia o quando mi hai fatto vedere la luna? Beh. Ero felice. Sì. Felice. Tu devi tornare, perché c’è ancora molto da fare. Parole che non sono state dette. Momenti che non abbiamo ancora vissuto. Devi tornare indietro. Hai detto che tieni più a me che a te. Dimostramelo ora. Svegliati. Ti prego.-Sei sul mio braccio. -Cavolo eri morto non puoi farmi questo. -Tu.-Sì, a quanto pare ti ho preso alla lettera quando mi hai detto vai via.- Sìi sta parlando. -Tu sei pazzo!- certo che dare uno schiaffo ad una persona in quelle condizioni. -Ehi. Mi hai fatto male. Sai, ti ho sentito prima. Hai ragione ci sono tante cose che non sono state ancora dette. Io. Io sono tornato per rimediare. Prima non te l’ho detto. Ricordi quando mi hai detto di andare? Beh. Quando eri vicina a me. Volevo dire una cosa. In fondo la pensavo da un po’, ma non ho ami avuto il coraggio di dirlo.-Promettimi che non andrai mai più via.-Non ho deciso io di andare. Me l’hai detto tu. E poi non vuoi sapere cosa voglio dire?-Non m’importa sai?-Sul serio?-Si. In fondo so cosa vuoi dire.Okay.
Faccio
schifo
come
narratore.
Però,
dopo
tutto,
ho
imparato anche io una lezione importante. Non importa quello che si dice, se due persone si vogliono bene nemmeno la morte può mettersi di mezzo.
16
Restart di Luca Ferri
E'
mezzogiorno e il sole splende sulla città già sconvolta dalla
giornata.
confusione
Al
che
frastuono
regna
sovrana
assordante
dei
in
questo
clacson
si
arco
della
contrappone
quello piacevole delle decine di campanelle che scandiscono in tutte le scuole la fine delle lezioni. Da una di queste esce Luca, che,
dopo
aver
salutato
i
compagni
con
le
ultime
battute,
si
dirige verso casa contento per la fine di un’altra giornata di scuola. Mentre sale le scale, Luca riflette sul lungo programma pomeridiano che lo attende; non ha un momento da perdere e così, dopo aver mangiato un po' di pasta e di frutta che la mamma gli ha preparato, va in camera sua per cominciare a studiare.
17
D’un tratto entra la mamma: Luca pensa che gli voglia chiedere come sia andata a scuola ed è già pronto a rispondere “bene”, che era ciò che diceva sempre; invece lei gli si siede accanto ed inizia a parlare con un tono serio, tanto serio che l’ultima volta che Luca aveva sentito sua madre parlargli così era stata quando lo aveva incoraggiato ad essere forte dopo che il padre li aveva lasciati e se ne era andato. Luca capisce subito che riguarda il lavoro della mamma, la quale infatti, dopo vari giri di parole, arriva al punto: è stata trasferita, trasferita lontano, molto lontano. Luca è disorientato e non sa che dire: in un istante tutto perde valore e il suo piccolo mondo crolla sotto quella odiata parola, “trasferimento”. Sa che sarà dura ricominciare tutto d’accapo, ma ancora più dura sarà lasciare i suoi amici e abbandonare tutto. Così, dopo essersi fatto forza, annulla il programma che aveva da fare e aiuta la madre a sistemare le valigie. L’indomani a scuola saluta gli amici, increduli e rattristati, e nel pomeriggio passa dai nonni, dagli zii e dai cugini che spera di rivedere a breve. In
stazione,
mentre
raggiunge
il
suo
binario,
si
guarda
intorno e respira ancora per poco il sapore di casa sua, poi, in treno, si gode le ultime immagini del suo paese, che si fa via via più
piccolo,
finché,
dopo
essersi
offuscato
nella
nebbia
del
tramonto, si dissolve all’orizzonte. Arrivati temporale dall’altra
in
che
li
parte
paese,
vengono
accompagna della
fino
città.
accolti al
loro
Inzuppati
da
uno
nuovo
scrosciante appartamento,
fradici,
giungono
esasperati alla loro nuova casa, che con loro grande sorpresa ha la stessa pianta di quella vecchia. Luca subito si sistema in cameretta, come se si trovasse a casa sua e non avesse viaggiato affatto. Il giorno dopo a scuola, conosce i suoi nuovi compagnie e viene a sapere che alcuni di loro sono originari del suo paese; ma soprattutto trova un bidello, che scopre essere suo compaesano e che lo saluta nel loro dialetto.
18
Mentre esce da scuola, Luca pensa ai suoi nuovi programmi per il pomeriggio e si lascia scappare un sorriso ironico: in fondo è come se non fosse mai partito.
19
Il mio sogno eretico di Fabio Palmieri
C
amminavo lungo il viale che portava dritto a casa, ascoltando l'ultimo pezzo del mio cantautore preferito e, proprio quando
stavo per intonare l'amato ritornello, fui destato improvvisamente da un auto, accostatasi bruscamente al mio fianco. Dal finestrino spuntò il viso di una donna, che, con accento straniero, mi chiese indicazioni per il supermercato piÚ vicino. Scrutando bene il suo viso vi notai i tratti tipici dell'est europeo ; i suoi capelli erano alquanto sporchi e grassi, il suo sorriso riprovevole con tutti quei denti gialli e storti e la sua pelle sembrava essere piena di croste e macchie. Notai che era accompagnata da un uomo robusto con degli occhi infossati e scuri e da dei bambini, che giocavano spintonandosi e gridando l'uno contro l'altro; l'auto poteva considerarsi di terza o quarta mano se
non
addirittura
un
ferro
vecchio
appena
rubato
da
qualche
sfasciacarrozze; il motore inoltre faceva un rumore terribile che con
irruenza
rumorosi macchia
e nel
sconquassava
fuori
contesto
quadro
del
la che
quiete
della
apparivano
tranquillo,
pomeriggio.
20
fresco
strada. come e
una
Erano
cosĂŹ
fastidiosa
soleggiato
primo
Tuttavia compassione
rimasi mi
basito
colse
da
per
tanta
quei
grettezza
poveri
a
e
un
loro;
senso
così
di
molto
gentilmente indicai alla donna la direzione per il supermarket; ma mentre quelli, nel loro clangore, si allontanavano una voce nella mia testa incominciò a prender vita. 'Vengono
qui
solo
per
rubare,
portare
paura,
terrore
e
sporcizia nelle nostre città; molti di loro si buttano lì ad un angolo
della
strada
senza
far
niente,
troppo
impegnati
a
barboneggiare e a commiserarsi addosso, e poi sono così luridi, angoscianti, tanto lordi che il loro cattivo odore si può sentire a centinaia di metri di distanza'. Questo quella sinuosa voce continuava a ripetere nella mia testa; ma d’improvviso, come per inerzia, un senso di rammarico e di tristezza mi assalì: 'Perché penso queste cose così orrende? Perché faccio ragionamenti degni di un gerarca nazista? Sono malato? Del resto cosa mai avranno fatto di male quelle persone che così tanta poca fortuna hanno avuto?'. Proseguii nel mio cammino solitario cercando di soffocare quei pensieri con la musica del mio mp3, ma , nell’intervallo fra una canzone
e
l’altra,
il
mio
pensiero
ritornava
sempre
a
quella
famigliastra e la rabbia e l’indignazione - seguiti subito da un feroce senso di colpa - ritornavano. Il giorno seguente invece mi imbattei in un anziano barbone, che,
oscenamente
insensate,
forse
bottiglietta
di
stravaccato il
testo
plastica
sul
di
marciapiede,
una
vuota,
con
canzone; ogni
delirava
aveva
parole
accanto
probabilità
la
una
causa
della sua sbornia, e un giornale vecchio e strappato sotto le natiche, la cui funzione non mi risultava chiara. Una persona normale lo avrebbe utilizzato per non sporcarsi, ma lui era un barbone cosa vuoi che si dovesse sporcare. Anzi forse una sua utilità quel giornale ce l’aveva: non permetteva al barbone di imbrattare il pavimento con il suo sudiciume. 'Ecco ci risiamo con il mio humour nazista' e in quel momento avrei voluto mordermi la lingua, benché non avessi pronunciato neppure una parola. 'Ma se mi pento e mi vergogno di questi miei pensieri perché continuo a farli? Perché mi vengono così spontanei e inizialmente mi sembrano
21
anche divertenti? Bah! Eppure i miei parenti non discendono dalle SS e non credo fossero mai stati fascisti sfegatati'. Col passare dei giorni questo mio particolare humour continuò a perseguitarmi e in non poche occasioni mi sfuggirono battute poco
felici
sulla
differenza
razziale
e
sull’inutilità
dei
barboni, degli zingari, ecc.ecc. Fondamentalmente non credevo a quello che dicevo, ma poi capii che lo dicevo perché mi faceva sentire forte, perché mi dava un aria di superiorità, perché mi piaceva vedere la faccia sconvolta di quei perbenisti ben pensanti la cui unica preoccupazione a sentirli parlare sembra essere la pace nel mondo, insomma per sentirmi fuori dal coro delle solite cantilene
buoniste
ripetute
dalla
progresso.
22
televisione
nelle
pubblicità
La casa maledetta di Marika Fortunato
L
a sera del 28 marzo Paolo per la prima volta si trovava nella sua nuova casa e accanto al camino leggeva un libro di Ken
Follet.
Dopo
aver
finito
di
leggere
e
guardato
un
po’
di
televisione, si sentì stanco e decise di andare a dormire. Indossò il pigiama, si lavò i denti e si infilò sotto le coperte chiudendo gli occhi. A mezzanotte iniziò un terribile temporale. Paolo si svegliò di colpo a causa di passi rumorosi che provenivano dalla sala da pranzo. Spaventatissimo, all’inizio pensò di rimanere a letto ed aspettare, chiunque fosse se ne sarebbe andato; poi ci ripensò e decise di tirare fuori quel suo po’ di coraggio per vedere chi fosse.
23
Mentre lentamente
scendeva le scale, sentì altri passi che
provenivano dalla cucina. Arrivato nella sala senza fare rumore, si diresse verso l’interruttore della luce, ma quando la accese non vide nessuno e tutti quei rumori che prima aveva sentito si erano
calmati.
Si
calmò
e
pensò
che
forse
era
solo
la
sua
immaginazione. Salì le scale e si rimise a letto, ma non riuscì a dormire, perché continuava a pensare a quei passi. Dopo qualche minuto ne sentì altri che provenivano dalle scale. Li sentiva sempre più vicini e, impaurito, pensò a come difendersi. Si alzò velocemente e, agitato, si mise alla ricerca di qualcosa con cui potesse difendersi. Aprì l’armadio e trovò un bastone. Si domandò di chi fosse l’intruso, ma non ci pensò tanto e scese di nuovo le scale. Tenne alzato il bastone pronto per colpire, ma, quando accese la luce, non vide di nuovo nessuno. Non volle più tornare nel suo letto e si sedette sul divano per aspettare i prossimi passi. Abbassò la testa e guardando il bastone che aveva tra le mani notò che era inciso un nome, Tom Lane. Per saperne di più su, Paolo si diresse verso il computer e fece delle ricerche. Scoprì che c’era una storia legata a questa persona e alla casa in cui si lui
trovava.
Iniziò
a
leggere:
“Tom
Lane,
un
signore
di
cinquant’anni, stava cercando casa nella città di Cambridge. Dopo qualche giorno ricevette una telefonata
anonima che gli disse di
visitare una casa che si trovava a pochi chilometri distante da Cambridge. Tom il mattino dopo si diresse verso questa casa, la visitò e decise di comprarla”. Paolo si accorse che era la sua nuova casa e fece un sospiro profondo prima di continuare a leggere, poi proseguì: “La mattina del 29 marzo 2009 il corpo di Tom fu trovato nella sala da pranzo pieno di sangue e la polizia dedusse che l’uomo era stato ucciso con cinque colpi di coltello”. Paolo rimase colpito da quella storia e avendo paura non sapeva cosa fare, se scappare o chiamare qualcuno. Infine decise di chiamare subito la polizia e, mentre correva in cucina per prendere il telefono, sentì di nuovo quei passi,
ma
questa
volta
più
vicini. 24
Lentamente
si
girò
e
vide
qualcuno nel buio. Paolo gridò: “Chi sei?“. Quella persona non rispondeva, ma rimaneva immobile. Paolo, con il telefono nella mano
sinistra,
digitò
il
numero
della
polizia.
Un
poliziotto
rispose alla chiamata e disse: “Pronto polizia chi parla?”, ma Paolo rimase fermo alla vista di quella persona sconosciuta e non rispose.
Il
rispondesse. disse:
poliziotto Paolo
si
“Aiutatemi”,
chiedere
spiegazioni
insistette mise
ma
il
che
il
nel
speranza
telefono
poliziotto sentì
un
vicino
non grido
che
all’orecchio
fece e
qualcuno
il
in
tempo
telefono
e
per fu
riattaccato. Il giorno dopo Paolo fu trovato morto con cinque colpi di coltello nella sua nuova casa. Essa fu chiamata da tutti “La Casa Maledetta”.
25
Storia di un cucciolo di Fabio Palmieri
T
ommy, un lattonzolo di cane. Si era appena svegliato e, fatta la poppata, osservò per la prima volta nella sua breve vita il
blu
del
cielo
dorarsi
all’orizzonte
quando
nasce
il
sole.
Fu
talmente colpito dalla bellezza dell’evento che rimase per lungo tempo quasi come incantato a fissarlo, finché non venne distratto dall’aprirsi della porta e dall’entrata dell’anziano custode e di altri due signori dall’aria contrita e spaesata, riluttanti nel trovarsi in uno sporco canile di periferia. Non era la prima volta che il custode faceva visita ai cuccioli, già qualche giorno prima si era presentato con altri due umani, che ne avevano portato via uno. Tommy era rimasto spaventato dall’accaduto e non riusciva a capire che fine facessero i cuccioli scelti; cosi, nel dubbio e nella paura di cosa ci fosse al di là di quella porta, cercò di nascondersi. D’un tratto annusò un’essenza che per un istante cancellò quel fetore di feci a cui si era abituato; così, incuriosito, si sporse dalla
gabbietta
osservare umani
e
meglio si
per i
due
accorse
che
non erano soli, ma erano accompagnati essere
più
grazioso
da piccolo
.'A.'
chiamò
un -
l’uomo
destra
del
subito
la
rivolse 'Sbrigati
lo
e la
alla
custode bambina sguardo
e gli -
dobbiamo
andarcene. Incomincio ad 26
avere la nausea di questo posto'. A. squadrò velocemente con il suo
occhio
attento
tutti
i
cuccioli
presenti
senza
molta
soddisfazione e, proprio quando stava per rassegnarsi, vide in alto, raggomitolato come una palla di peluche, Tommy. Il piccolo cucciolo si sentì scoperto e un senso di paura gli rizzò il pelo, ma
quando
risentì
il
suo
candido
odore,
tutti
quei
sinistri
pensieri svanirono e fu contento d’esser stato scelto. Ben presto però fu riportarono alla realtà dalle grosse e ruvide mani del custode che lo afferrarono e lo misero in una fredda e buia gabbia di plastica. ANNI DOPO… Marco
si
è
appena
svegliato.
Ha
passato
un’altra
notte
insonne, la luce a stento penetra dalla finestra e lei non è ancora tornata; spesso la cerca, ma ogni tentativo fallisce; è già stato essere
in
parecchi
sollecitata,
posti ma
dove
nulla
l’ispirazione di
fatto;
di
ogni
un
volta
artista si
può
trova
a
rielaborare le solite banalità. Un tempo sì che era un artista, uno di quegli stimati, apprezzati, uno di quegli il cui nome è diventato ormai un marchio di fabbrica. Ma ora questa crisi lo ha fatto dimenticare, lo ha portato a spingersi in luoghi lontani in completa solitudine per trovarvi una qualsiasi musa, un qualsiasi elemento
che
potesse
nuovamente
illuminarlo.
Oggi
però
si
è
svegliato speranzoso e con un intrigante interrogativo. E se la soluzione al problema fosse più vicina di quanto pensasse? Il
piccolo
Tommy
e
la
piccola
A.
sono
cresciuti,
hanno
trascorso insieme momenti indimenticabili, ma qualcosa negli anni è cambiato. A. non è più la dolce bambina, ora è una donna, una donna troppo impegnata a diventare qualcuno, a guardare avanti e ad affermarsi nella società adulta , che non ha più tempo di pensare a Tommy. Così ora A. va sempre di fretta e la sue uniche preoccupazione sembrano essere solo lo studio e Frank, il suo
27
nuovo fidanzato. Il cane anno dopo anno si era accorto che più la bambina cresceva più quella sua innocenza e quell’odore candido che
lo
avevano
conquistato
svanivano;
sembrava
che
qualcosa
o
qualcuno ogni giorno che passava la corrompesse e le togliesse la sua capacità di stupirsi. Ormai si era abituato a essere trattato con indifferenza e rimase contrariato quando un giorno A. lo portò con sé in macchina a fare un giro per le campagne. Trascorsero diverse ore insieme a correre e a giocare per i prati estesi e quando l’ora si fece tarda e il sole era ormai quasi del tutto tramontato A. incominciò ad avviarsi verso l’auto senza richiamare Tommy con il solito fischio
e
senza
impietrito,
nemmeno
presto
mai
capì
voltarsi
che
non
a
guardarlo.
l’avrebbe
mai
Il
più
cane,
rivista,
d'altronde doveva immaginarselo, ormai era diventato un peso per la famiglia e i pesi vanno eliminati. Quando A. salì in macchina incrociò
per
l’ultima
volta
il
suo
sguardo
con
quello
della
bestia: in quell’istante Tommy si risentì un cucciolo e rivide in quell'ultimo fugace sguardo gli occhi della bambina che lo aveva allevato e amato come una mamma, quella mamma che non aveva mai conosciuto. Rimase
lungamente
a
fissare
l’auto
allontanarsi
e
svanire
all’orizzonte mentre il rombo veniva pian piano sovrastato dal fruscio
delle
foglie.
Si
ritrovò
così
a
vagabondare
per
le
desolate campagne; vagò per giorni senza una meta finché un dì non avvertì un profumo diverso da quello del grano e del terriccio umido, un odore che gli ricordava la città, un odore umano. Notò che poco distante da lui era appollaiato sotto un albero un tale con
lo
sguardo
Improvvisamente
perso l’uomo,
tra
le
spighe
accortosi
della
in
cerca
di
presenza
del
qualcosa. cane,
si
volse di scatto; prima lo guardò attentamente come per studiarlo, poi, entusiasta, gli si avvicinò e lo accarezzò. Contento per aver trovato un nuovo compagno, Marco decise di portarlo con sé, magari di lavarlo, sistemarlo ed accudirlo; così
28
si
avviò
all’auto
dove
aveva
una
coperta
vecchia
che
poteva
utilizzare per riscaldarlo, ma al suo ritorno si accorse che Tommy era
accasciato
sfinito
sul
prato
e
che
i
aperti, miravano il cielo dorato all’orizzonte.
29
suoi
occhi,
ancora
Avventura al pc di Liberiana Prencipe
U
na
bella
navigata
al
pc. Così iniziò la tranquilla giornata
di
Elizabeth.
Lo
accese,
inserendo
l’apposita password,
controllò
che i suoi documenti d’ufficio
fossero
ancora al loro posto ed aprì il browser web per effettuare ricerche utili al suo articolo. Ma, anziché
connettersi
alla
homepage
del
The
Reporter,
il
suo
computer iniziò a dare strani segnali, quasi fosse sul punto di spegnersi… E invece comparve sullo schermo un sito che sarebbe stato riduttivo definire inquietante: ‘Sei stato selezionato come amante del pericolo e dell’avventura segreta. Sei pronto a correre questo rischio?’ Non
era
una
delle
solite
pagine
pubblicitarie,
pensò
la
ragazza. E così, incuriosita da questa frase e allo stesso tempo desiderosa di riuscire finalmente a scrivere una storia originale per il suo giornale, vi cliccò. Sgranò gli occhi, intimorita da ciò che aveva visto: era la pagina di un’organizzazione criminale finalizzata a scegliere tra la gente comune nuovi proseliti i quali, dopo l’adesione, non sarebbero più potuti tornare indietro.
30
Incredula
per
ciò
che
aveva
letto,
si
fermò
un
attimo
a
pensare alla prossima azione da fare. Si convinse che prima era stata
troppo
impulsiva
e
ingenua
e
che
doveva
cambiare
atteggiamento. Sarebbe stato troppo semplice chiudere la pagina oppure spegnere il pc. E infatti non fu così. Il computer restava acceso, davanti ai suoi occhi, con queste parole terribili. Si domandò che cosa potesse fare. Chiamare il suo collega Andrew per informarlo di tutto? Mmm, no, non poteva perché lì era scritto che questa società criminale virtuale doveva restare segreta o lei avrebbe passato dei guai, almeno fino a quando non vi avesse aderito. Ed
ora,
che
un’interminabile
ed
cosa
poteva
avventurosa
fare?
Per
giornata.
Elizabeth
Dopo
quel
cominciò
momento
di
riflessione, decisa, ricontrollò nuovamente il sito e si accorse di una piccolissima scritta posta in basso a destra, proprio come le
minuscole
diciture
contenenti
le
controindicazioni
delle
pubblicità commerciali. “Postato da Facebook ©”. Facebook? Cosa c’entrava quel social network in questa storia? Elizabeth non aveva mai voluto iscriversi, non era per lei di grande
utilità,
contagiosa’. collega
anzi,
lo
riteneva
D’improvviso
Andrew.
Le
‘una
ricevette
chiese
se
avesse
una
malattia
potenzialmente
chiamata:
ricevuto
la
era
il
richiesta
suo di
iscrizione a face book… Elizabeth capì tutto, rifiutò la richiesta e spense il pc. Sì,
Elizabeth
non
era
un’appassionata
di
questi
social
network; e ne era fiera, perché era cosciente che l’eccessivo utilizzo del fenomeno maniacale facebookiano porterebbe solo a una degenerazione
della
mentalità
universale.
voleva restare sana di mente.
31
Almeno
lei,
invece,
Il bunker di Giacomo Trotta
C
he
caldo!!!
Non
ce
la
faccio più a stare qui! Sta diventando estenuante vita
in
questa cui
ogni
giorno devo essere in balia del vento che
non
fa
altro
che costringermi a cambiare
posizione
e del terreno sotto di me che non sta un
attimo
un’area
a
fermo: elevato
rischio sismico. Dall’alto della montagna me
sotto
riesco
di a
scorgere con molte difficoltà il campo nemico che si staglia davanti: un luogo tetro con quattro pareti di gesso bianco con vistosi buchi frutto di antichi combattimenti, la luce che lo inonda da ovest non fa altro che accecare la mia vista abituata a numerosi mesi di buio prima di venire al mondo; per fortuna riesco a trovare ristoro per i miei occhi nella parte di montagna che vedo proprio davanti a me: nel bel mezzo della parete di gesso c’è una zona con materiale diverso, dalle informazioni che abbiamo essa si è rivelata essere ardesia
nera,
spesso
è
ricoperta 32
da
polvere
di
gesso
che
è
disposta in maniera molto geometrica e matematica e ogni segno sulla lavagna sembra suscitare terrore nei nostri nemici: stiamo cercando di capire anche noi come funziona questa scrittura per assoggettarli
definitivamente.
A
volte
il
teatro
della
nostra
battaglia è invaso da sconosciuti che non siamo ancora riusciti a identificare, loro entrano da un albero sottilissimo che divide le montagne intorno a noi, stanno qualche secondo portando dispacci dal capo supremo della caserma e subito scappano via. Questo è un luogo teatro di tantissime battaglie, spesso dai contorni grotteschi e ridicoli contemporaneamente: una volta nel bel mezzo della notte una ragazza chiamata a rapporto dal suo sergente sbagliò a decifrare i simboli matematici sull’ardesia e il comandante del reggimento iniziò a
sbraitare, mentre la povera
come una fontana iniziava a far fuoriuscire dai suoi occhi acqua. La nostra intelligence ci aveva informato, prima di partire per questa missione, che questa strettoia è un luogo fondamentale per l’evoluzione dei futuri soldati: qui si deve rimanere in ferma per 5 anni prima di specializzarsi. Racchiusi da queste montagne di gesso, i nostri nemici devono rimanere ad allenarsi e addestrarsi alla battaglia che è la vita di tutti giorni; i loro ritmi e le loro giornate sono molto serrati e scanditi a intervalli regolari da
una
vecchia
campanella
dal
rumore
metallico
che
in
questo
bunker giunge sempre molto attenuata – sicuramente, dopo anni e anni di attività ininterrotta, sarà stanca anche di dare ordini a tutti. Sembra che lei sia il codice a cui tutti nella caserma devono sottostare, altri studiosi di teologia invece suppongono che sia il Dio che richiama tutti per ricordare che il tempo passa e non ritorna più; per ora si stanno ancora facendo le opportune ricerche per spiegare meglio cosa sia. Anche i capitani di reggimento sembrano temerla: poco prima che stia per ricordare a tutti la sua presenza loro si affrettano nella
spiegazione
e
iniziano
a
dare
numeri
agli
studenti
che
diligentemente appuntano sui loro diari di bordo; alcuni capitani invece sembrano ignorare completamente la sacralità di quel suono, molto probabilmente sono menti deviate che credono di essere essi 33
stessi degli dei. Non siamo ancora riusciti a spiegare come mai i giovani
discepoli
siano
così
fedeli
nei
confronti
della
campanella: ogni volta che squilla esultano come dei forsennati e iniziano a innalzare strane litanie come “Evviva! Finalmente è finita”. Con una cadenza di 365 anni si avvicendano nuove popolazioni che sono costrette a ripetere le avventure e le esercitazioni delle generazioni precedenti. Per fortuna io sono sopra ai miei compagni di battaglia e riesco a vedere ed esplorare questo mondo stranissimo; gli altri commilitoni sono più in basso di me e rimangono tutto il giorno intrecciati e inviluppati tra di loro con un caldo asfissiante che proviene dalla base operativa a cui noi tutti siamo legati. Spesso andando in palla i meccanismi che la regolano va in ebollizione ed emana un caldo asfissiante. Di certo questa missione che stiamo portando avanti in questa base di addestramento non è la più pericolosa, anzi forse si può considerare una missione di pace. I più sfortunati sono i miei colleghi connessi ad altre basi operative che sono costretti ogni mese all’incirca a resistere agli attacchi di altri umanoidi in saloni molto ampi con specchi e riviste da quattro soldi. Questi umanoidi sono gli addetti al pettine e alle forbici!
34
Elena e Simon di Chiara Triventi
E
ra
una
calda
giornata
di
luglio
quando
Elena
e
Simon
si
incontrarono per la prima volta, da soli in una bella spiaggia
deserta delle Hawaii. Era il tramonto e il cielo e il mare avevano dolci sfumature rosse e arancione. Il mare era calmo e i delfini nuotavano illuminati dal sole. C’era solo un pescatore in mare e un bar era deserto. Simon era un uomo di mezza età, Elena una ragazza
trentenne.
Simon
quel
giorno
decise
di
dichiararsi
a
Elena. Appena Elena arrivò, i due iniziarono la loro passeggiata lungo la riva. Lei indossava un vestito bianco con un cappello lilla, lui la guardò e pensò: ”Com’è bella sotto la luce del tramonto”. Lei si girò verso il mare e disse: ”Simon, vedi come sono
belli
delfini
quei
che
due
nuotano
felici insieme.” Simon pensava
annuì che
momento
mentre era
il
giusto
per
dichiararsi.
Doveva
prenderle la mano e dirle ciò lo
che so
prima
sentiva.
che volta
“Elena
questa che
è
la
usciamo
da soli insieme e che la mia
dichiarazione
sembrerà
affrettata,
ti ma
ciò che sento non posso più perciò
tenermelo ti
ascoltarmi.
dentro,
prego Io
so
di di
essere più grande di te, 35
ma con te sono tornato ad essere bambino. Ho girato il mondo con il mio lavoro ho fatto un po’ di tutto, potrei essermi innamorato, ma proprio non lo so, tesoro; una cosa è certa, qualunque cosa tu faccia sta funzionando Tutte le altre ragazze non mi interessano, non possono fare quello che fai tu Ci sono milioni di ragazze in giro, ma io non vedo nessun'altra a parte te. Potremmo avere un futuro insieme e io spero che questo accada”. Allo specchio era tutto semplice e questo Simon lo sapeva, tuttavia non credeva che sarebbe stata una missione quasi impossibile. Lei girò la testa verso di lui. “Che stai pensando?” - gli chiese. Lui la guardò e divenne rosso. Le prese delicatamente la mano, la guardò e iniziò a parlarle. - ”Io ti devo dire una cosa importante.
Beh,
ecco,
si
tratta
di
noi
due.
Sì,
cioè,
praticamente...”. Le parole non gli uscivano dalla bocca, tutto il discorso che aveva provato per ore intere davanti allo specchio, tanto
che
dopo
un
po’
si
sentiva
uno
stupido
adolescente
che
doveva dichiararsi per la prima volta, si era volatilizzato. Elena lo
fissava
con
quei
suoi
grandi
occhi
celeste
che
ti
ipnotizzavano. Notando il suo imbarazzo lei gli prese la mano gli fece un sorriso e lo invitò a continuare la loro passeggiata. D’un tratto si sentì una canzone proveniente dal bar. Il caso o il destino vennero in aiuto a Simon: era una canzone d'amore, Your Song.
In
quel
momento
Simon
capì
che
doveva
parlare
adesso
o
tacere per sempre perché non ci sarebbero state altre occasioni simili. La prese per i fianchi e iniziò a ballare sulle note della canzone. Elena non se l’aspettava e rimase sbalordita, ma in quel momento si sentì una principessa ad gran ballo tra le braccia del suo
principe.
Simon
iniziò
a
parlarle
dei
suoi
sentimenti
concludendo con la frase della canzone: Come è bella la vita ora che
il
mondo
mi
ha
dato
te.
Elena
si
fermò,
lo
guardò
e
tristemente gli disse: ”Non sono pronta per avere un’altra storia. Quella precedente è finita male e non voglio farti soffrire. Sei una bella persona, ma...”. Elena non fece in tempo a finire la frase
che
Simon
replicò:
”Preferisco
soffrire
e
aver
provato,
piuttosto che non aver mai provato”. Elena lo guardò e capi che 36
poteva anche funzionare, se non fosse andata per il verso giusto, almeno avrebbe vissuto una bella storia d’amore. Dopo qualche anno Elena e Simon stavano ancora insieme, si amavano
sempre
di
piĂš
e
avevano
di
coronare
il
loro
amore
sposandosi proprio su quella spiaggia dove era iniziata la loro bellissima storia.
37
Anestesia, vattene via! Di Francesco Marcolongo
E
dai spegnete questa luce mannaggia dà un fastidio tremendo un momento cosa succede non capisco nulla sono morto noooo no per
favore no ecco lo sapevo che doveva succedere e poi dicono che non capita mai poi mi sente il dottore ah no è vero non posso più dirgli nulla però non è giusto sono così buoni i biscotti con il latte bianco tutto bianco vedo ma vedo ah forse non sono morto evviva sìììì o no aspetta ahh non capisco più niente che male la ferita fa già male buongiorno mondo meno male sembra tutto ok però che male ecco pure il sangue ci mancava hihi che forte sembra una scena
di
quel
film
no
telefilm
aspetta
come
si
chiama
dottor
dottor vabbè non me lo ricordo si è svegliato dottore ma va non me 38
ne ero accorto infermiera dei miei stivali perchè guardi e non ti dai una mossa muoviti aiutami e forza non vedi come sto male ahi! che nausea adesso mi alzo e vedi brutto cattivo di un cane che sonno ma mi sono di nuovo addormentato mamma mia che anestesia terribile ma scusa cinque minuti fa stavo aspettando fuori alla sala per essere operato e ora già qui i misteri della vita ma che fai ho detto il bisturi non la chiave inglese ma cosa ci fanno con la chiave inglese quanta luce mi saluti l'idraulico che idraulico e idraulico volevo dire notte ci vediamo domani aspetta sveglia francesco dai è tutto a posto ciao mamma ciao papà non posso parlare nooo è terribile se sorrido è uguale ahia che dolore come sono scomodo c'è la tv in camera non ricordo vabbè arrivederci sarà per la prossima volta zun zun zun ehiiiiiiiiiii zun zun zun zun anche io voglio quella macchina della pubblicità naa fa pietà ma per favore pensa un po' alle cose importanti un bel gelato ci vorrebbe carina quella infermiera avrà vent'anni sì e no scusa come ti chiami ah già non posso parlare che pizza vabbè rimandiamo ahiaaaa
che
dolore
speriamo
che
in
poco
tempo
passa
tutto
io
voglio fare la pasquetta non è giusto uffa uffa uffa sembro un bambino sto pensando cose senza senso ma no dai ehi ma non ricordo niente aspetta che è successo che stavo dicendo boh come è duro il letto ah ma è tre fiammelle tre solo tre e perchè dammi tre parole sole cuore amore dammi un bacio che non fa parlare che non fa un attimo
che
professoressa
non
fa
chissà
operare
naa
non
quando
torno
mi
come
ricordo faccio
a
buongiorno recuperare
marcolongo interrogato e vai a posto ma non ho ancora parlato due no due no ciao roberto ma non rompere non ti ho fatto niente perchè dobbiamo sempre litigare ma proprio lì dovevano operarmi si farà
sentire
qualcuno
amici
del
cavolo
è
impossibile
mi
sono
addormentato di nuovo o forse no boh ecco i miei tutto ok zan zan.
39
The Truth di Federico Ristori
I A New York, durante il periodo natalizio, la gente avrebbe dovuto essere contenta e allegra, ma da quando il killer delle commesse, come ormai lo chiamavano i mass media, si aggirava per la città, il clima era cambiato, ormai tutti avevano paura di uscire di casa e non c'era più nessun luogo sicuro. Il telefono di Harry squillò. "Ispettore Clark, c'è qualche novità?". "Sì, ispettore, siamo della Guardia Forestale. E' stato trovato un cadavere a circa 10 km dalla città, venga con la sua squadra".
40
Harry uscì dal suo studio e andò nella sala dove tutta la squadra si riuniva. "James, Lisa, John - disse Harry - dovete venire con me, hanno trovato un altro corpo a 10 km da qui". "Andiamo". Ordinò John a tutta la squadra. Arrivarono sul posto dopo circa 10 minuti. Le macchine della polizia erano ferme, più avanti vi era l'ambulanza. Un uomo con una coperta sulle spalle parlava con dei poliziotti. Harry scese dalla macchina e disse: "Vado a parlare con il capo della polizia. Tu, James, va’ dall'uomo che ha ritrovato il cadavere. Lisa, vai a fare delle foto al corpo, con te verrà anche John". James arrivò vicino al testimone e, mostrando il caffè che aveva in mano, disse: "Ne vuole un po'? Lo abbiamo preso prima di venire qui". L'uomo alzò il viso, sul quale si poteva riconoscere lo sguardo della paura. Tremante prese il caffè e ne bevve un sorso, poi disse: "Lei chi è? Io mi chiamo Fred Wright". "Sono James Smith e lavoro per la squadra anti crimine qui a New York. Posso farle qualche domanda?". "Certo". Disse. "Perchè si trovava qui e come ha trovato il cadavere?". "Io lavoro a New York, ma non abito in città e, come ogni mattina, mi stavo recando al lavoro, quando ho forato. Allora mi sono fermato e ho cambiato la gomma, ma quando mi sono avvicinato a quel cespuglio ho visto una mano. Ho chiamato subito la polizia e la Guardia Forestale.". "Conosceva la vittima?". "No, assolutamente, non l'avevo mai vista prima d'ora". "Ok, Fred, i nostri amici della polizia hanno il suo numero, la chiameremo appena avremo bisogno di lei. Resti in città". "Va bene". Disse Fred. James si allontanò e raggiunse Harry. "Cosa ti ha detto ?". Gli chiese. "Era qui di passaggio, si era forato un pneumatico e, mentre lo sostituiva, ha trovato il cadavere. Non mi sembra uno che mente e non sembra essere un serial killer, considerando che questa è già la quarta vittima in un mese". "James, fai questo lavoro da dieci anni, avresti dovuto imparare che chiunque può commettere degli omicidi, quindi non fidarti mai di nessuno. Comunque se il killer è lo stesso, lo vedremo da come è avvenuta la morte". Nel frattempo Lisa e John avevano raggiunto il cadavere, che non era molto distante dalla strada. La donna era distesa con le braccia allargate, era stata strangolata, il collo era ricoperto da numerosi lividi e i vestiti erano alquanto malconci. "Siamo a cinque vittime - disse Lisa - è sempre lui, il metodo di esecuzione è sempre lo stesso. Sembra che non sia stata uccisa qui, probabilmente è stata trasportata qui dopo l'omicidio". John si mise i guanti e misurò la temperatura corporea del cadavere. "Molto bassa, deve essere qui da almeno dodici ore. Sappiamo nome e cognome della vittima?". "Sì, Emma Young, i genitori sono stati già avvisati".
41
II Nella centrale fa il suo ingresso un uomo. "Lei è il sig.Young?" disse Harry "Sì" rispose il padre della giovane vittima in lacrime. "Mi dispiace per la morte di sua figlia, so che è un brutto momento, ma dovrei farle qualche domanda. Prego, si sieda". "Che tipo di gente frequentava sua figlia?". "Mia figlia era una brava ragazza, lavorava in un negozio nel centro come commessa e di solito alla chiusura tornava a casa. Quando ieri non è rientrata, ho subito capito che era successo qualcosa e stamattina la chiamata della polizia me lo ha confermato. La mia povera bambina! Chi può essere stato?". "Non abbiamo sospettati ancora, analizzeremo il corpo e cercheremo di trovar più indizi possibili, non appena sapremo qualcosa la chiameremo". Il signor Young si alzò dalla sedia e andò via. Harry con il fascicolo e le foto delle vittime andò nella sala e richiamò tutta la squadra, James specializzato nel riconoscere la psicologia dell'assassino pose su una lavagna le foto delle cinque vittime e disse: "Tutte erano donne, l'età compresa dai 22 ai 26 anni, quindi abbastanza giovani, nella vita lavoravano tutte presso dei negozi. Ho indicato le zone di ritrovamento dei corpi e non mi danno nessun indizio, poiché ogni corpo sembra essere stato portato in zone differenti; chiaramente non vuole che riusciamo a trovare le sue tracce. Probabilmente l'assassino è un trentenne, riesce a convincerle ad andare con lui e poi le uccide. Anche su questa vittima non vi sono tracce di alcun tipo di rapporto con l'assassino, il suo scopo principale è ucciderle".
III Era notte e pioveva. Il serial killer uscì dalla sua auto, individuò la sua prossima vittima e la raggiunse. "Sta chiudendo?" le chiese. "Sì, adesso è orario di chiusura e devo andar via" rispose la ragazza. "Oh no! Mio figlio ci teneva così tanto a quel diavolo di giocattolo, ma ho fatto tardi a lavoro! Dannazione!". La ragazza si girò verso l uomo e disse: "Va bene, mi dispiace per suo figlio; un minuto, riapro". Mise le chiavi nella serratura, aprì il negozio e invitò l'uomo ad entrare. "Sa dirmi il nome del giocattolo che vuole suo figlio?". "Sì, quello". E ne indicò uno alle spalle della commessa. Non appena la ragazza si girò, egli le afferrò il collo e iniziò a stringere più forte che poteva. La donna non riusciva a respirare, prese un vaso che aveva vicino a lei e colpì l’uomo sulla fronte. Il seria killer lasciò la presa e il sangue iniziò a 42
colare dalla sua testa. La ragazza tentò di fuggire, ma lui le prese una gamba, la fece cadere e le assestò un colpo sul volto che la lasciò senza sensi, dopo iniziò ad accoltellarla così violentemente che la sua giacca si riempì di sangue. "Muori!". Continuava ad urlare. Dopo lasciò cadere il coltello, ma respirando in maniera affannosa lo riprese e fuggì.
IV Harry venne chiamato il giorno dopo e si recò sulla scena del crimine. "L'hanno trovata qui stamattina presto, il negozio era aperto e lei era stesa sul pavimento ricoperta da una pozza di sangue" gli disse James. "E' molto strano, il nostro serial killer non agisce in questo modo, qualcosa sarà andato storto, fate controllare il sangue, potrebbe non essere solo della vittima". "Certo signore - disse James - Lisa ha detto che ci sono evidenti segni di colluttazione e sotto le unghie della vittima vi erano cellule epiteliali, le ha portate nel laboratorio per vedere se vi è un riscontro nel database". Harry salutò James e andò nel laboratorio di analisi. "Lisa, hai trovato qualcosa?". Sul suo viso apparve un grandissimo sorriso ed euforica si diresse verso il capo. "Sì, le cellule appartengono a Luiz Romero. E' stato in carcere già due volte, una per aggressione a pubblico ufficiale, l'altra per rapina a mano armata, ma di omicidi non c'è traccia, ho mandato una pattuglia a prelevarlo". John e altri uomini entrarono nella casa di Luiz Romero e lo trovarono disteso sul suo divano con una vistosa fascia sulla fronte. Egli si alzò e tentò la fuga, ma era bloccato. "Ti dichiaro in arresto per l'omicidio di Sarah Jones, Amanda Williams, Nicole Jackson, Rose Scott, Emma Young e Julia Samuels". "Io non ho fatto niente vi dico! Sono innocente!". "Questo lo vedremo...".
V Luiz venne portato in centrale, nella stanza dell'interrogatorio. Harry lo fissò negli occhi e disse: "Dov'eri ieri sera verso le nove?". "Ero al club con i miei amici a bere una birra, è forse un reato?" "Smettila di fare lo spiritoso - disse James - l'hai mai vista questa ragazza?" e gli mostrò la foto dell'ultima vittima. "No". "Cosa ti sei fatto sulla testa?" "Mi sono fatto male mentre lavoravo, posso andare?" "No, te lo dico io come è successo, hai tentato di ucciderla, lei si è opposta e per difendersi ha usato il vaso, che noi abbiamo 43
trovato sulla scena del crimine. Stiamo perquisendo la tua casa per trovare il coltello che l'ha uccisa, così, oltre a ciò che abbiamo, potremo incastrarti!". "Io non ho fato niente. Lasciatemi andare!". James sorrise, poi lo prese per la camicia e lo fece sbattere contro il muro: "Confessa subito,perchè sappiamo che sei stato tu!". Il cellulare di Harry squillò, parlò con Lisa, dopo si rivolse al sospettato e disse: "Luiz abbiamo trovato il coltello a casa tua, era ancora sporco di sangue e sono quasi sicuro che, se lo confronteremo, vedremo che è quello di Julia Samuels. Confessa, stai solo peggiorando la situazione". Luiz perse la pazienza e urlò: "Sì, sono stato io! Le ho uccise tutte io! Loro con quella vita perfetta avevano un lavoro, una casa, una famiglia che le aspettava a braccia aperte ogni giorno!!! Mi rendeva felice l'idea che la pace e la serenità delle famiglie era stata rotta da me, ero felice nel sentire al notiziario le mie imprese o sentire i familiari sconvolti!". Si calmò e dopo pochi secondi iniziò a ridere nervosamente e a sbattere le mani sulla parete, poi si lasciò cadere e inizio a piangere. "Portate via questo pazzo!" disse Harry. Nel corridoio erano fermi molti familiari che avevano saputo della sua cattura, il signor Young tentò di aggredirlo: "Bastardo! Vai all'inferno! Hai ucciso mia figlia!!!". Le guardie lo bloccarono ed Harry gli si avvicinò: "Nessuno sa mai il motivo per cui uccidono, spesso per vendetta,spesso perchè vengono pagati per farlo, spesso solo perché ne hanno voglia".
44
LibertĂ di scelta di Marcello Di Candia
S
tazione dei treni di F*** una mattina presto di novembre. Un po' di foschia.
'Andata per M*** sull'intercity delle 8 e 30, per favore’. 'Fumatori o non fumatori?'. 'Non fumatori, grazie'. 'Ecco a lei’.
45
Il
signor
Pini
si
allontana
dallo
sportello.
Un'occhiata
all'orologio. Le 7 e 20. Ci vuole ancora tempo. Il signor Pini, sulla mezza eta', commercialista, sposato, due figlie, entrambe sistemate. Moglie casalinga, ex insegnante nelle scuole private. Entrambi si recano a messa tutte le domeniche. La signora Pini fa i dolci per le feste parrocchiali. Il signor Pini versa soldi in beneficenza su ben tre conti: uno per la ricerca contro il cancro, uno per la Chiesa, uno per l'Unicef. Compiaciuto signor
Pini
d'essersi
si
guarda
tolto
il
intorno.
pensiero In
fondo
del a
biglietto, destra
c'è
il il
giornalaio. Il bar è sulla sinistra, attrezzato di tavolini. Si dirige verso il giornalaio. Un uomo con cappotto nero lungo e cappello, sulla quarantina, aspetto curato, sta studiando i libri esposti senza apparente voglia di comprare. 'La Repubblica per favore'. 'Ecco a lei, due euro'. 'A lei, grazie'. Con la ventiquattr'ore a destra e il giornale a sinistra, il signor Pini si incammina al bar. 'Un caffè ristretto per favore’. Un tavolino si è appena liberato. Il signor Pinii siede a bere il caffè e a sfogliare il giornale. L'uomo dal lungo cappotto nero è ora al bancone e chiede pure lui un caffè. Guarda il signor Pini e
lo
saluta
spontaneamente
con
un
mentre,
cenno tra
del le
capo. righe
Il
signor
delle
pagine
Pini
ricambia
finanziarie,
cerca il flash di un ricordo. 'Dov’è che l'ho già visto? Mah!'. Torna assorto nella sua lettura. Ai binari. La foschia comincia a diradarsi. Non c'è molta gente su questo treno. Non è periodo di punta. 'Intercity 999 per M*** è in arrivo al binario nove'. Risuona l'annuncio. 46
Il
treno
arriva,
rumoroso
e
semi-minaccioso
da
lontano,
approda in stazione sfinito come un grosso animale sedato. Senza fretta il signor Pini attende che la carrozza giusta si fermi davanti a lui. Poi raggiunge la porta più vicina e sale. Controlla i
numeri
dei
posti
fuori
ad
ogni
scompartimento
e
finalmente
prende posto nel terzo scompartimento. Appoggia la ventiquattr'ore sul posto vicino al finestrino nel senso di marcia del treno, controlla
che
sia
una
carrozza
per
non-fumatori,
esce
sul
corridoio e apre il finestrino. Fuori c'è solo una famiglia che sta ancora caricando i bagagli. Il capostazione sta chiudendo le porte. Fischia. Si parte. Il treno comincia a muoversi lentamente. In cima alle scale compare un uomo di corsa, che si ferma a guardare il treno partire. Il signor Pini riconosce l'uomo che era dal giornalaio. Deve aver perso il treno. Il signor Pini chiude il finestrino e va a sedersi. Prende il giornale e si immerge nella lettura. Ogni tanto alza lo sguardo. Fuori dal finestrino i campi corrono
via
assieme
alle
case
contadine.
Le
immagini
scorrono
veloci come le scene della vita quando, dicono, sei prossimo alla fine. Veloci, sempre più veloci come carte da gioco mischiate da un abile maitre. Così il tempo va e con esso la vita, senza che l'uomo possa farci niente. Solo abbandonarsi alla corsa pazza, arrendersi, lasciarsi andare. A volte è così bello semplicemente lasciarsi andare. 'Scusi ha da accendere?'. Il
signor
Pini
si
riscuote
malvolentieri
dal
dormiveglia,
mentre mette a fuoco la figura che ha preso posto di fronte a lui. Un
uomo
sulla
mezza
età,
ben
curato,
cappotto
lungo
nero
e
cappello. Riconosce l'uomo del giornalaio. Ha in mano un astuccio elegante in argento colmo di sigarette lunghe e sottili. 'Mi spiace non fumo'. 'Fa niente'.
47
Silenzio.
Il
signor
Pini
è
perplesso.
Gli
sembrava
d'aver
controllato che fosse una carrozza per non-fumatori. L'uomo, con calma disinvoltura, rimette in tasca l'astuccio. 'Mi scusi, ma credevo che non si potesse fumare qui'. Il signor Pini non riesce a contenere l'imbarazzo. 'Si figuri. A quanto pare si può.' Per niente interdetto, anzi compiaciuto, l'uomo indica con lo sguardo sopra la porta dello scompartimento. Ben visibile troneggia il permesso di fumare. Il signor Pini è ancora più confuso mentre ricorda chiaramente di aver visto l'uomo giù mentre il treno stava partendo. Questo se lo ricordava bene. 'Abbiamo
già
superato
la
prima
fermata?'
chiede
con
tono
che
attende una conferma. 'No,
veramente
no'.
Risponde
calmo
e
di
nuovo
stranamente
compiaciuto l'uomo. 'Posso?'. L'uomo indica il giornale appoggiato sulle gambe del signor Pini. 'Prego, prego'. Risponde questi abbastanza infastidito. L'uomo ha un contegno calmo e sicuro e nel contempo uno sguardo sottilmente irrisorio,
il
tutto
comunica
al
signor
Pini
invadenza
e
sfrontatezza. Comincia a sfogliare il giornale con mal simulato interesse. Il signor Pini ora si sente osservato e studiato. Il disagio lo spinge ad alzarsi. Tira giù la valigetta, la apre e prende il panino che sua moglie gli ha preparato. Cotoletta di pollo e insalata. E maionese. Aveva dimenticato dire a sua moglie che non voleva la maionese. 'Avrebbe dovuto ricordarglielo a sua moglie, lo sa che non le fa bene, la maionese, signor Pini'. Il
signor
Pini
sgrana
gli
occhi
addosso
sorpreso e lo spaventato. 'Ma lei chi è? E come fa a sapere il mio nome?'. 48
all'uomo
tra
il
L'uomo
sorride
compiaciuto
e
risponde
con
tono
tranquillo,
mentre nei suoi occhi scuri guizza una luce di intelligenza e orgoglio. 'Scusi la mia intromissione. Mi chiamo Augusto Bentivoglio'. Tende la mano ben curata. Il signor Pini ricambia a fatica. S'insinua lo scomodo pensiero che il tizio abbia potuto rovistare tra le sue cose mentre si era appisolato. 'Non si preoccupi, non mi permetterei mai di mettere le mani tra le cose altrui'. Il
signor
Pini
si
sente
paralizzato
dal
disagio,
come
un
animaletto su cui stanno compiendo un esperimento. L'uomo sembrava aver letto nel suo pensiero ed era già la seconda volta. 'Non si tratta neanche di giochi di prestigio, sa, il suo nome l'ho semplicemente letto sul suo biglietto da visita là in terra'. Continua l'uomo quasi divertito ma sempre con solido contegno. Il signor Pini si volta a guardare frastornato nella direzione indicata dall'uomo. Là in terra, proprio davanti ai suoi piedi, giace uno dei suoi biglietti da visita. Sente la ragione spingere a gomitate tra la paura e l'incredulità, e il cervello distendersi un
po'.
scruta
Gli muto
doveva il
suo
essere
scivolato
interlocutore
in
di
tasca.
un
misto
Il di
signor
Pini
diffidenza
e
curiosità. 'Sa il mio è un talento naturale'. Pausa. Il signor Pini si aspetta di essere alla presenza di una specie di detective. Allungandosi
verso
di
lui
l'uomo
continua
quasi
sussurrando:
'Posso leggere nel futuro'. Silenzio. Il signor Pini scoppia a ridere. 'Il mago no, per favore!'. 49
L'uomo ride pure e riprende: 'So che suona bizzarro, eppure ne avrà la conferma tangibile'. Ancora silenzio. L'uomo
ha
ora
un'espressione
profonda
e
grave,
quasi
malinconica. Il signor Pini avverte un brivido gelido. 'Non importa se non mi crede adesso. Cerchi però di ascoltarmi bene'. Avvicina il suo volto a quello del signor Pini. 'Tra mezz'ora circa questo treno sarà coinvolto in un incidente'. Pausa. 'Un incidente mortale'. Continua quasi scandendo. 'Mortale per tutti tranne per chiunque sarà seduto dove sono io adesso'. Al
signor
Pini
ronzano
le
orecchie
e
la
vista
quasi
gli
si
appanna. 'Alla prossima fermata salirà una signorina dai capelli rossi. Verrà a sedersi qui al mio posto'. Avvicina ancora di più il volto a quello del signor Pini, il quale avverte un freddo incomprensibile. Proprio in quel momento il treno imbuca una galleria e le luci vengono meno. 'Oggi io le ho dato la possibilità di cambiare il suo destino. Mi consideri il suo benefattore'. Le luci tornano. Il treno esce dalla galleria. Nessuna ombra dell'uomo. La sua voce si è persa nell'oscurità. Il signor Pini rimane muto ed incredulo a fissare la poltrona vuota. Gli sembra di essere nel mezzo di un brutto sogno, di quelli che sembrano reali e che ti fanno svegliare tutto sudato. Solo che è sicuro di non aver sognato. La sua razionalità scossa lo
tiene
per
i
capelli
sul
margine
del
precipizio
dell'incomprensibile e del bizzarro. Un passo avanti e avrebbe potuto caderci senza speranza di ritorno. Perciò cerca di fare un punto per lo meno logico della situazione. L'intero incontro si 50
poteva catalogare come inusuale, così come non chiaro era stato il modo in cui l'uomo era riuscito a salire sul treno. E che dire della carrozza che era 'diventata' per fumatori. Anche se in tal caso, ragionava, poteva essersi sbagliato lui. Il signor Pini è ancora così a pensare mentre il treno scivola verso la fermata successiva e frena dolcemente. Il signor Pini guarda fuori dal finestrino a scrutare i passeggeri. Come una pugnalata al cuore vede la signorina dai capelli rossi che in quell'istante s'accinge a salire. Al signor Pini manca il fiato e il cuore si mette a battere
così
rumorosamente
che
lo
sente
forte
nella
testa.
Comincia a sudare. Quel precipizio ora lo vede da vicino, ma la sua ragione resiste ancora. 'Non è detto che venga a sedersi qui, e poi sarà una coincidenza'. 'Scusi è libero quello?'. Si volta. E’ proprio lei, la signorina dai capelli rossi e il posto che indica è quello dove era seduto il misterioso individuo poco prima. 'Chiedo scusa, è libero?'. 'Certo, certo'. Il signor Pini si alza ed esce fuori con uno scatto,
mentre
la
ragazza
sistema
il
bagaglio.
Prende
a
passeggiare su e giù per la carrozza cercando di calmare la sua emotività mentre il treno riprende la sua corsa inarrestabile. Inspira
profondamente
e
osserva
la
gente
seduta
negli
altri
scompartimenti, quasi a cerca intorno un appiglio di realtà per non affogare nella paura. Nello scompartimento accanto c'è una coppia sui quarant'anni che discorre a bassa voce. Più avanti una mamma con un bimbo di forse tre anni e una bimba di una decina che tira
fuori
anziano:
da
uno
forse
il
zaino
panini
nonno.
Nel
e
bibite.
corridoio,
Di
fronte
appoggiato
un ad
uomo un
finestrino, un adolescente in jeans, maglietta firmata e occhiali da
sole,
isolato
dal
mondo
dal
suo
MP3
player.
Tutto
sembra
normale e scontato. Tutti sono lì, immersi nella loro banale e
51
sacrosanta quotidianità. Come fare a credere che di lì a poco sarebbe successa una tragedia? Eppure l'uomo misterioso era reale e la signorina c'era davvero. E se fosse tutto vero? Si chiede. E se, mettiamo come ipotesi, questo
treno
fosse
davvero
destinato
a
schiantarsi?
Se
questa
piatta quotidianità fosse davvero sul punto d'infrangersi, così, in modo repentino e senza preavviso? Eppure era così che la morte deve arrivare. Senza avvertimento. Prova paura e gli viene da piangere.
Non
vuole
morire.
Torna
davanti
al
proprio
scompartimento. Attraverso il finestrino osserva la signorina: sta leggendo
un
libro,
i
riccioli
rossi
risplendono
al
tramonto.
Poteva benissimo essere sua figlia. Prova dispiacere, poi il suo istinto di sopravvivenza comincia a emergere. Si tratta solo di prendere una precauzione. Inoltre è ancora tutto da vedere, può benissimo trattarsi di una serie di bizzarre coincidenze. Getta uno sguardo all'orologio: cinque minuti ancora. Sente l'udito ronzare e un balzo del cuore che quasi arriva al soffitto mentre con passo deciso e rigido torna a sedersi. 'Chiedo
scusa
per
la
richiesta,
ma
le
dispiacerebbe
se
ci
scambiassimo posto? Mi dà fastidio andare nel senso del treno'. La ragazza lo guarda dapprima con la fronte aggrottata e buia, poi, quando capisce di cosa si tratta, un bel sorriso le illumina il volto. 'Ma si figuri, prego'. Il
signor
Pini
finge
di
leggere
il
giornale
mentre
la
signorina riprende la propria lettura. E il treno continua la sua corsa verso sera. Verso il destino. Ospedale di San G. il giorno dopo. Un'equipe medica esce da una sala operatoria spingendo un lettino. Il chirurgo si china sul paziente, poi rivolto all'infermiere: 'Sta riprendendo conoscenza. Potete riportarlo in camera'.
52
Figure sfocate che si muovono con lui. Riconosce il corridoio dell'ospedale. Una luce forte, fastidiosa, entra dalle finestre. Al signor Pini sembra di essere come sotto l'effetto di una droga, non percepisce le proprie membra. Cerca di ripescare dal mare mosso della sua coscienza l'ultimo momento di lucidità completa che ricordava. L'incidente. Era successo davvero. Così in fretta e così violento che l'istante in cui i due treni si erano scontrati si era come compresso in un attimo; la ragione si era congelata nell'incredulità analizzare
in
ed
era
troppo
andata
poco
in
tempo
panne tutte
nel le
tentativo
di
stimolazioni
di
un'esperienza assolutamente nuova, mentre il corpo era in preda all'impietose leggi della fisica e della meccanica. La ragazza dai capelli
rossi.
Ricordava
i
suoi
riccioli
accanto
alla
mano
insanguinata mentre lo sollevavano sul lettino. Sentì i suoi occhi riempirsi di lacrime brucianti. Il chirurgo intanto si è fermato in sala d'attesa a parlare con i familiari del paziente: un'elegante signora di mezz'età, attorniata
da
una
giovane
coppia,
rivolge
uno
sguardo
interrogativo e impaziente al medico. 'La signora Pini?'. La donna annuisce con il viso buio. 'Suo marito è fuori pericolo, l'operazione è andata bene’. Sospiri di sollievo e lacrime di gioia. 'Però’ incalza il chirurgo 'voglio che vi rendiate conto che è sopravvissuto
ad
un
incidente
catastrofico.
Ci
sono
stati
dei
gravissimi danni e noi abbiamo fatto tutto il possibile. Grazie a Dio il cervello è rimasto intatto. Purtroppo però suo marito non potrà mai più camminare.'
53
Sentivo la vita scivolarmi addosso di Fabio Palmieri Sentivo la vita scivolarmi addosso e il tempo scavarmi il fosso, qualsiasi cosa facessi e pensassi mi veniva di lanciare sassi. Volevo andarmene da quel posto 54
ma non avevo pensato al costo, scomparire improvvisamente, come chiunque sano di mente. Mi sentivo inutile e scemo come quegli ufo degli emo. Sconfortato, triste e pensoso mi ritrovo in uno stato penoso. Vago frustrato e mi ritrovo a pensare ai tempi andati, sdraiato al mare. ‛Che ne sarà di me ora che tutto è finito? Diventerò un adulto sfinito?’ ‛Che ne sarà della mia compagnia ? Avranno di me nostalgia?’ ‛Cosa farà Giacomino da grande? Girerà per il mondo locande?’ ‛E Giovanni? Continuerà a fare danni?’ ‛E Libero? ‛Lo rivedrò come una mamma col biberon?’ ‛Diventeranno importanti come il caff è? O si perderanno tutti e tre, nei meandri di questa societ à ormai passata la bell’et à?’ Cosi mentre penso assorto il mio caro fardello mi porto. Il tempo incurante passava con le stagioni a passo di giava, e così mi ritrovai solo e rugoso seduto a guardar il cielo uggioso, tra cielo e mare lo sguardo alterno ricordando lo sguardo materno aspetto il padre eterno.
55
Quelli che...
Edoardo Del Nobile Quelli che si fidano e rimangono fregati quelli che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare solo per convenienza quelli che si starebbe meglio senza quelli che sì quelli che no quelli che forse quelli che per niente danno tutto quelli che non sanno quelli che la vita è bella quelli che si stava meglio quando si stava peggio quelli che amano 56
quelli che odiano quelli che hanno paura quelli che fanno male senza volerlo quelli che fanno finta quelli che non ci riescono quelli che non sono né carne né pesce ma solo perché sono vegetariani quelli che non leggeranno questa poesia quelli che si chiedono ‛perché?’
Francesco Marcolongo Quelli che hanno un amico permaloso, ma non vogliono dirglielo! Quelli che non sanno quel che dicono, ma parlano lo stesso! Quelli che imprecano il buon Dio e si recano tutte le domeniche in chiesa! Quelli che in borsa investono tutti i loro risparmi, ma li perdono alla prima occasione! Quelli che salutano una ragazza e lei non li considera affatto! Quelli che arrossiscono al saluto della ragazza, ma scoprono di non essere gli interessati! Quelli che pensano a studiare, ma non hanno una vita sociale! Quelli che pensano solo alla vita sociale e non sanno cosa sia lo studio! Quelli che credono di essere tutto, ma in realtà non sono niente! Quelli che fatti sentire ogni tanto e non si fanno sentire mai! Quelli che viva juve, ma non assistono ad una sola partita! Quelli che brazil lalalalalalala e non sanno ballare! Quelli che camminano a testa alta, ma non vedono il gradino! Quelli che guido io e poi fanno l’incidente! Quelli che non sai quel che dici ma sai quel che fai! Quelli che chi la fa l’aspetti e aspettano in eterno! Quelli che chi fa da sé fa per tre e poi non concludono nulla!
57
Marika Fortunato Quelli che ogni giorno sperano di trovare un padre che li svegli al mattino e sperano solo che non sia morto in guerra! Quelli che credono di poter essere migliori degli altri e invece non lo sono! Quelli che non riescono a fare delle buone vita e alla fine si riducono a rovinarla!
scelte
nella
Quelli che quando vedono un povero per strada, sanno solo disprezzarlo e non aiutarlo! Quelli che fanno di tutto per vedere una persona soffrire! Quelli che strade!
non
ascoltano
i
genitori
e
prendono
brutte
Quelli che quando vedono una ragazza per strada e fissano non guardano avanti e sbattono contro un palo! Quelli che dicono di essere giornalisti alla tv dicono: ‛più meglio’!
e
invece
la
davanti
Quelli che quando si ubriacano trattano male la gente! Quelli che credono di poter cantare e ballare fanno solo brutte figure davanti gli altri!
e
invece
Quelli che si presentano con una laurea davanti al preside e alla fine non sanno nemmeno parlare davanti agli alunni! Quelli che pensano di essere belli e quando si mostrano la donna dice: ‛oh mio DIO’! Quelli che offendono la gente e non guardano se stessi! Quelli che dicono di essere felici e invece non lo sono! Quelli che pensano di salutare la persona giusta e invece si accorgono di essersi sbagliati! Quelli che ridono quando guardano una persona che cade e si precipitano subito a raccontarlo agli amici! Quelli che non sanno che la vita è un bene prezioso!
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... e quelli se...
Giacomo Trotta Se fossi francese, difenderei l’onore di noi Uomini, se fossi tedesco, scriverei un dolce romanzo d’amore, se fossi cinese, starei tutto il giorno seduto su un’amaca ore e ore, se fossi americano, mangerei solo prodotti naturali e genuini. Se fossi arabo, scriverei nel verso giusto, se fossi brasiliano, abbandonerei il pallone e mi darei al lavoro con passione, se fossi svizzero, farei tutto senza precisione e con grande confusione,
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se fossi scandinavo, esternerei i miei sentimenti e non sarei mai esausto. Se fossi scozzese, sarei con tutti i miei averi prodigo e liberale, se fossi inglese, sarei uno qualsiasi gentile e cortese, se fossi ebreo, andrei avanti con la mia vita senza pretese, se fossi italiano, farei tutto senza gusto e in modo legale.
Liberiana Prencipe Se non riuscissi a trovare un equilibrio, sconvolgerei il mondo. Se non riuscissi a trovare la felicità , morirei giovane. Se non riuscissi a trovare una fortuna, elemosinerei per le strade. Se non riuscissi a trovare una via d’uscita, sarei in coma per droga. Se non riuscissi a trovare un granello di sabbia, controllerei bene le scarpe. Se non riuscissi a trovare amici veri, resterei sola col mio gatto nero. Se non riuscissi a trovare me stessa, mi cercherei osservando gli occhi terra. Se non riuscissi a trovare un senso alla vita... beh, la vita non ha senso, va solo vissuta appieno.
60
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Edoardo Del Nobile Fiamme bruciano Negli occhi cerulei Di una ragazza
Luca Ferri Primo giorno d’estate Infuocato Da un Concerto rock L’arido silenzio della savana Scosso Da un Raro tuono La tribuna Esplode Dopo il gol Il piccolo fanciullo Scende dalla giostra E vomita Il computer Acceso da una settimana Si incendia Il ragazzo Sente una battuta E ride La bambina Gioca col fuoco E si brucia
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Liberiana Prencipe Un docile cuore Incontra un bambino Piangente è fuggito. Meravigliosa festa Passata in famiglia Che scocciatura. Felice da un viaggio Torno Investendo un cavallo.
Chiara Triventi Notte di luna Alberi di ciliegio I fior son divenuti frutti. La neve si scioglie I fiori germogliano L’inverno è ormai lontano Tramonto su acque limpide Uccelli in volo L’amore è sulla spiaggia Vento freddo Gocce d’acqua congelate Entra il fuoco Tempo tranquillo Sole cocente Mare in tempesta Fuori c’e luce Fuori c’e gioia Dentro di me il buio
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Edoardo Del Nobile C’era un dolce signore Che adorava passeggiare per ore Ahimè un giorno finì Poiché cadde e morì Quel dolce instancabile signore
Giuliano Petrangelo C’era una volta un vecchio maiale d’Oviedo Che ben grasso era e cotto allo spiedo I commensali colti da grande appetito Non appena fu ben servito Scomparve il vecchio maiale d’Oviedo 64
C’era una volta un lunatico tipo di Foggia Che perdeva il senno ad ogni scroscio di pioggia Finché la luce del sole lo abbagliò E per sua sfortuna lo accecò Cosicché non fu più il lunatico tipo di Foggia C’era una volta un barbaro di Germania Il più temuto guerriero della Renania Un giorno combatté valoroso Sotto un albero frondoso Ma morì il barbaro di Germania C’era una volta un pigron di Forlì Che non faceva niente notte e dì Finché un giorno di casa cacciato Decise molto mortificato Di lavorare il pigron di Forlì
Liberiana Prencipe C’era un vecchio in festa Che se ne andava strascicando la sua testa Ma un suono stridulo alle orecchie Gli arrivò, colpendo anche le vecchie Vicine del vecchio gioioso in festa
Federico Ristori C’è un uomo di Abbiategrasso Che sulla linea di porta va sempre a spasso Per un tiro fallito Dovette essere sostituito Ora è triste in panchina quell’uomo di Abbiategrasso.
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C’è un ragazzo di Sao Vicente Molto forte tecnicamente Ha solo una piccola cosa storta Sbaglia troppo sotto porta Ora esulta per la rete il ragazzo di Sao Vicente. C’è un ragazzino di Pato Che proprio come la città viene chiamato Il 2 aprile ci fece esultare Quelli là a piagnucolare Adesso è innamorato il ragazzino di Pato. C’è per ultimo di Rio De Janeiro Un ragazzo docile e serio Grazie a lui sono ventitré Perché della difesa lui è il re Ora è felice e sereno l’ultimo di Rio de Janeiro.
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