Amganco - Francesco B. Modugno

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~atropo 路 narrativa~ 11

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FRANCESCO B. MODUGNO

ILLUSTRATO DA ERIKA BERTOLI

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Questo libro è rilasciato con la licenza Creative Commons: "Attribuzione − Non commerciale − Non opere derivate, 3.0" consultabile in rete sul sito www.creativecommons.org Tu sei libero di condividere e riprodurre questo libro, a condizione di citarne sempre la paternità, e non a scopi commerciali. Per trarne opere derivate, l’editore rimane a disposizione.

Collana Atropo Collana diretta da: Anna Matilde Sali Grafica: Gabriele Munafò, Sonny Partipilo Illustrazione di copertina: Erika Bertoli © Copyright 2014, Ass. cult. Eris via Reggio 15, 10153 Torino info@erisedizioni.org www.erisedizioni.org Prima edizione novembre 2014 ISBN 9788898644087

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Prologo

Andrew Runningback continuava a urlare mentre gli agenti dell’ufficio selezioni Amganco lo trascinavano via dalla sua abitazione. I lacci elastici si facevano sempre più stretti intorno al suo torace. Gli agenti sembravano del tutto insensibili a qualsiasi sua affermazione, a qualunque suo grido, a ogni tentativo di comunicazione che cercava di instaurare con loro. Erano macchine, programmate per svolgere un compito nel migliore dei modi e subendo il minor numero possibile di interferenze. L’unica persona che aveva influenza sul loro agire era chi li controllava e comandava. «Qui Alex Tailworm, ufficio selezioni Amganco. Siete autorizzati a cessare qualsiasi attività sonora del soggetto, se questa turba il vostro lavoro o la quiete della zona dove state operando. È superfluo ricordare che non dovete intaccare nessuna parte del sistema nervoso centrale nel farlo.» Elaborato il messaggio, uno degli agenti estrasse un altro laccio elastico. Questo versatile stru7


mento era costituito da una materia plastica che a riposo presentava una forma cilindrica, ma poteva essere plasmata in diversi modi a seconda delle necessità. Altri tre dispositivi erano già presenti sul corpo di Runningback, modellati come corde per impedirne i movimenti. La materia di cui erano composti questi lacci aveva l’essenziale caratteristica di diventare dura come il diamante se sottoposta a determinate correnti elettriche, conservando la forma assunta. L’agente modellò il cilindro come a creare una sorta di tronco di cono, e in seguito premette un pulsante presente sulla superficie dell’oggetto da lui plasmato. Questo venne attraversato da un fascio di corrente che lo irrigidì cambiandone aspetto e colore, che passò da verdastro a un grigio plumbeo. Con una forza inaudita e spropositata, conficcò in un solo colpo nella bocca di Runningback il tappo così ottenuto. La violenza e la ferocia dell’agente si tradussero in un urlo dello sventurato, che venne velocemente interrotto dal suo stesso svenimento. La sua bocca incominciò a colare sangue denso e scuro. Mentre sul pavimento continuavano a cadere frammenti di dentatura e brandelli di carne, due agenti presero l’ormai inerte corpo e lo trasportarono al loro veicolo, premurandosi che il reflusso sanguigno non otturasse le vie aeree nasali. Il cervello di quell’individuo doveva rimanere vivo. 8


Parte Prima

«L’éssentiel est invisible pour les yeux.» Antoine de Saint-ExupÉry

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Capitolo I

Struttura A.m.g.a.n.c.o. Laboratorio Biofero A.D. 2286 «Elettroencefalogramma e onde Theta nella norma. Situazione cardiocircolatoria e respiratoria regolare. Tutti i parametri vitali nella norma.» «Possiamo procedere con l’estrazione. Impostare il laser superficiale sull’asse verticale. Intaccamento fino alla dura madre.» «Laser impostato. Carica ottimale. Procedo?» «Proceda.» Un sottilissimo fascio di luce rossa partì dalla struttura posta sopra le teste dei medici presenti. Quasi immediatamente delle fini goccioline di sangue ricoprirono il volto sfigurato del corpo che giaceva sdraiato sul tavolo operatorio. Nella medesima sala diversi monitor segnalavano in continuazione le condizioni vitali del soggetto, sotto la quasi angosciosa e tesa attenzione dei presenti. 11


Uno di questi fissava in continuazione il tavolo con aria assente, come assorto in un qualche profondo pensiero, e rivolgeva periodicamente sintetiche domande e ordini all’équipe circostante, rigido quanto la sua stessa postura. «Condizioni vitali?» «Elettroencefalogramma alterato ma stabile. Onde cerebrali mutate da Theta a Alfa. Battito cardiaco accelerato con tachicardia altalenante, pressione circolatoria in aumento. Respirazione rallentata. Situazione globale nella norma.» «Predisporre il canopo cerebrale all’interno dell’unità estrattrice.» Uno degli assistenti uscì velocemente dalla stanza per poi ritornarci in breve tempo munito di un contenitore cilindrico nero. Sulla sua superficie laterale riportava un’unica scritta bianca, a caratteri cubitali: «XA-289624». Venne inserito in uno slot predisposto su un braccio che partiva dalla complessa e imponente struttura sovrastante. Poco dopo il dottore sentenziò nuovamente: «Procedere all’estrazione». Su uno dei monitor venne visualizzato un numero intero che progressivamente diminuiva. Con il suo calare la frenesia aumentava in sala, accompagnata da un’improvvisa dinamicità isterica. Tutti i presenti si allontanarono dal tavolo sul quale giaceva il corpo. Nel frattempo il piano venne circon12


dato da una serie di pannelli, sempre provenienti da vari settori della imponente struttura meccanica che dominava la stanza. Questi si chiusero attorno al corpo come un sarcofago e in breve il numero sul monitor raggiunse lo zero. Alcuni sinistri e labili rumori iniziarono a provenire da quella sorta di teca operatoria. Tutta l’équipe fissava muta e immobile il monitor sul quale al posto del numero ora scorrevano sequenze di dati e diagrammi di vario genere. Unico rumore a rompere quel finto silenzio fu di nuovo la voce del dottor Neumann, questa volta tinta di un nervosismo e di una frenesia che apparentemente mai si sarebbero potute attribuire a quella persona. «Comunicate al magazzino di trasportare qui l’esemplare 289624.» La sala ripiombò nel silenzio, sporcato solo dal riverbero sonoro di quanto stava avvenendo all’interno della struttura metallica.

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Capitolo II

Luogo non identificato Epoca sconosciuta Bianco. Immensamente tutto bianco. Solo questo vedo, mentre la vista incomincia prepotentemente a stimolare la mia mente, e piano piano il torpore lascia il mio corpo. Resto immobile per un tempo indefinito a fissare tutto ciò che mi circonda... In realtà non vi è nulla intorno a me, solo il vuoto più assoluto. Tanto candido, tanto imponente nel suo splendore e nella sua luminosità da disturbare la mia lenta presa di conoscenza. È una visuale che acceca come una fonte di luce puntata contro di me. Non capisco quanto la mia vista sfocata sia dovuta a ciò piuttosto che alle mie condizioni di semi incoscienza. Non sono in grado di muovermi, non percepisco praticamente nulla del mio corpo, ma mentre il tempo scorre, sto iniziando a provare un leggero 14


formicolio al suo interno. Lentamente sento l’energia convogliarsi dentro di me, scricchiolare tra le mie membra fino a quando il mio risveglio non è pressoché totale. Ora la percezione visiva è più nitida, anche perché piano piano i miei occhi si stanno abituando a questo continuo flusso di luce. Volgendo il mio sguardo verso molteplici direzioni, continuo a vegetare immobile fissando il vuoto, fino a quando non sento di avere pieno controllo e coscienza di me. Nel mentre posso notare, non senza difficoltà, come in quell’universo bianco siano presenti anche delle forme, dei colori. Lentamente focalizzo il mio sguardo su questi. Appaiono in lontananza come microscopici punti neri, materia infinitamente minuscola da sembrare quasi una semplice imperfezione nel bianco presente intorno a me. Tralasciando qualunque altro pensiero, mi incuriosisco a tal punto da desiderare di muovermi verso quelle macchie. Forse più della curiosità, è prevalente in questo mio desiderio di vicinanza il fatto che queste sono l’unico punto di riferimento spaziale oltre allo stesso mio corpo. O che quelle figure sembrano essere l’unica altra materia presente nel luogo in cui mi trovo. Mi rendo conto di essere in uno stato altamente confusionale, che cresce con lo scorrere del tempo. Ho una breve crisi mentre realizzo che il mio corpo 15


si sta in qualche modo dirigendo verso quelle nere forme. Non sono effettivamente sicuro di ciò, ma percepisco una sensazione di movimento, simile a un dondolio. Una qualche ragione ha portato il mio corpo ad attivarsi, a muoversi in quella direzione. Mentre proseguo nel mio supposto moto tento di fare chiarezza nella mia mente. È impossibile. Il fattore principale che scatena il mio stato di shock persistente e di caos pressoché totale è la situazione stessa in cui mi ritrovo. Non so dove sono. Chi sono, cosa sono. Ma soprattutto non ho alcun ricordo tangibile di quella che avrebbe dovuto essere la mia vita passata. Mi risulta faticoso anche il semplice pensare. Decido che è meglio tralasciare questo vortice di pensieri. Ora sono assolutamente certo che il mio corpo si sta effettivamente avvicinando alle oscure figure, dato che queste con il passare del tempo stanno diventando gradualmente sempre più visibili. Proseguendo nel mio movimento rivolgo lo sguardo verso il basso: oltre al solito candido e angosciante sfondo, nella parte inferiore del mio campo visivo, in primo piano, si estende una figura snella, di colore grigio argenteo, dalla forma vagamente ellittica. Scorrendone la superficie osservo come sia perfettamente liscia, senza alcuna increspatura o minimo rilievo, fatto salvo per alcune 16


protuberanze di forma circolare non ben visibili dalla mia prospettiva. Vedo un suo capo, quello più distante da me, terminare nel vuoto affusolandosi su se stesso; mentre nel senso opposto non riesco a vederne la fine. Dunque ciò che vedo non può essere altro che la figura del mio corpo. Letteralmente sospeso nel vuoto, levita, sospinto da chissà quale forza o energia. A tratti sembra dare l’impressione di emettere dei riflessi violacei, che a una più attenta osservazione paiono essere delle specie di scariche energetiche che scorrono immediatamente al di sotto della sua superficie. La vista non è certamente d’aiuto alla mia condizione mentale. Ogni stimolo esterno, per pochi che ce ne siano, scatena una proliferazione di pensieri che va a incrementare spaventosamente il mio livello di confusione. Semplicemente perché non riesco a trovare una ragione a tutto ciò. Sto continuando a dirigermi in direzione delle macchie nere, anche se ogni istante che passa percepisco il mio corpo sempre più pesante e la mia mente precipitare. Solo concentrandomi intensamente sul desiderio di raggiungere il mio obiettivo riesco faticosamente a proseguire. Dal nulla improvvisamente appare di fronte a me un’immagine diversa, quasi fantastica e irreale se contestualizzata nella situazione in cui mi trovo. È una figura vagamente sferica e luccicante che 17


pare di ridotte dimensioni all’interno del mio campo visivo, e riflette in modo bizzarro la luminosità circostante. Non posso credere a ciò che mi si sta presentando davanti perché, a differenza di quanto osservato fin’ora, quest’immagine è una figura vicina e tangibile, materializzatasi dal nulla vicinissima al mio sguardo. Incomincio a fissarla con la stessa morbosa curiosità con la quale prima ho fissato i punti neri incastonati nella luce che mi circonda. È un altro elemento che si aggiunge ai tre già presenti, ovvero me stesso, il vuoto e il nero. Qualunque riflessione io stia facendo si dissolve immediatamente quando i miei pensieri, insieme alla mia vista, si concentrano su quell’oggetto. È sbalorditivo quello che si sta manifestando nella mia mente. Mentre il mio corpo e il mio sguardo restano immobili, la mia coscienza viene come proiettata all’interno di quella forma. Lo spettacolo al quale sto assistendo è assolutamente fantastico. Centinaia, milioni, miliardi di figure si estendono davanti a me in un intricatissimo reticolo. È l’antitesi del mondo vuoto dove mi trovo. Sfere, infinite sequenze di sfere dalle svariate dimensioni si muovono più o meno velocemente in diverse direzioni. Alcune in maniera casuale, altre invece seguendo e ripetendo percorsi ben precisi. 18


Le forme più imponenti sono degli agglomerati di queste, anche loro dalle dimensioni variabili, intorno alle quali ruotano a diverse distanze un numero indefinito di globuli ben più ridotti. Questi insiemi a loro volta sono uniti in successioni sterminate, che si estendono in ogni direzione in maniera apparentemente infinita. Posso vedere anche numerosissimi agglomerati che interagiscono fra di loro in maniera frenetica, cambiando repentinamente forma e dimensione, scambiandosi elementi a velocità impressionante, che difficilmente permettono di avere una visione netta e precisa di quanto sta accadendo. Anche la struttura complessa di sfere dove mi ritrovo varia, con gli elementi sferici onnipresenti ovunque mi rivolga con lo sguardo. Il viaggio continua, rilasciando una sensazione di pienezza che copre qualsiasi altro pensiero, quasi annullando la confusione mentale dentro di me. Le miriadi di sfere si stanno trasformando, fondendosi assieme in una forma unica e piatta. Le vedo scomparire improvvisamente, come risucchiate in una sola entità. Una leggera patina di luce proviene dalla superficie che ora sostituisce nello spazio l’aglomerato di sfere, coprendo con la sua vastità il mio intero campo visivo. Mi trovo quasi a collidere contro il muro di materia apparso davanti a me. Manifesta irregolari19


tà di vario tipo sulla sua superficie, impregnata di una sostanza viscida senza forma e colore. Vi sono delle strane raffigurazioni sopra, mentre non vi è più traccia alcuna delle sfere e dei globuli osservati poco prima: ora c’è un muro e null’altro. Prima ancora che possa pensare a qualsiasi altra cosa, uno shock senza pari colpisce la mia mente con una forza inaudita. È come se il mio animo si stia congelando. Quest’impressione dura alcuni istanti. La sensazione di pienezza che ho vissuto poco prima, si amplifica a dismisura, mentre infinite sequenze di dati, di informazioni, di nomi e di concetti scorrono nel mio pensiero come un fiume in piena, fissandosi inspiegabilmente nella mente e aprendo le porte del sapere al mio spirito confuso. Quel muro trasuda conoscenza, è come sedere davanti a uno schermo che proietta pagine e pagine di un’enciclopedia senza fine. I ricordi affiorano veloci e taglienti in questi istanti, e lo shock è tale da bloccare per un istante qualunque mia capacità d’azione. Non so dire con certezza cosa sta accadendo, ma probabilmente sto per svenire.

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