~atropo fantascienza~
SILVIO VALPREDA
COTONE ILLUSTRATO DA MARCO MARTZ BREVE RACCONTO SPIN OFF DA
FINZIONE INFINITA
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Collana Atropo Collana diretta da: Anna Matilde Sali Grafica: Gabriele Munafò, Sonny Partipilo Illustrazione di copertina: Marco Martz
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Cotone
Santor si guardò intorno con prudenza. Sì, aveva deciso di farlo, aveva preparato tutto, ma poteva ancora cambiare idea. Se un condomino gli avesse chiesto bruscamente ragione del perché aveva riempito di terra il contenitore portarifiuti al centro del piccolo cortile interno sul quale si affacciavano i portici di servizio del palazzo, avrebbe ancora potuto farfugliare una scusa e ritirarsi senza sprecare i semi. Tastò il piccolo involto di pellicola di plastica nella tasca del suo giaccone. I semi di cotone che era riuscito a trovare dopo tante ricerche. Scrutò la terra scura nel contenitore. Secondo i suoi studi avrebbe dovuto essere sufficiente prendere i semi, seppellirli, bagnare con acqua e aspettare. Pareva semplice. In teoria tutte le piante, aveva studiato, si sviluppano da semi. Il cotone era classificato come vegetale C3: di utilità storica, specie conservata per scopi di ricerca scientifica. Dal punto di vista legale, non era vieta3
to coltivarlo, non era, però, nemmeno considerato normale sprecare risorse e tempo per farlo crescere. In pratica solo le specie di classe A, di utilità diffusa, erano abbastanza coltivate e si trattava quasi esclusivamente d’ibridi modificati geneticamente. Le piante B erano quelle considerate di utilità rara, in particolare erano quelle verdure strane che i concorrenti degli show televisivi, come Gran Cucina, si affannavano a tentare di inserire nei loro manicaretti. Santor pensò che avrebbe potuto, come altri pensionati, accontentarsi di un vegetale di classe C1, di uso ornamentale. Piante resistenti, che non consumano risorse preziose e che hanno un valore esclusivamente estetico, come l’aspidistra per esempio. Un aereo militare passò a bassa quota e Santor lo vide attraversare il riquadro di cielo sopra al cortile. Gli parve lentissimo. Santor ebbe il tempo di leggere l’insegna della compagnia militare Fidelity Bread sulla fusoliera. La guerra: se i suoi semi fossero germogliati, se la pianticella di cotone fosse riuscita a crescere, se nessun condomino avesse protestato per l’uso improprio di quel contenitore abbandonato, se nessun teppista l’avesse danneggiato, probabilmente la guerra avrebbe comunque posto fine a tutto quanto. Santor non era ottimista, riteneva più probabile che un attacco nemico distruggesse quell’isolato piuttosto che la pace finalmente arrivasse. 4
Santor era nato ottant’anni prima e per tutta la sua vita era durata la guerra, non aveva mai vissuto un periodo di pace. Santor, come tutti, non sapeva cosa fosse la vita in tempo di pace; vagamente la immaginava come una sorta di tranquilla festa nella quale non ci fossero privazioni. Né per quanto riguarda i beni materiali, e nemmeno per quanto riguarda la libertà. Tutta la sua esistenza era stata dominata dalla mancanza: di cibo, di vestiti, di denaro sufficiente per tutto, di possibilità di fare le cose. Seminare quella pianta di cotone, nell’età in cui sarebbe stato considerato normale non avere più alcuna speranza, rappresentava il gesto più straordinario che avesse mai compiuto. Pensò a quando, da ragazzo, aveva partecipato, insieme con altri studenti a una raccolta di fondi per l’esercito. Esisteva ancora un esercito nazionale, non era ancora stato appaltato tutto alle compagnie di difesa private. Gli parve che quello fosse il primo ricordo legato alla guerra. Aveva, forse, quindici anni, lui e i suoi compagni realizzarono dei grandi cartelli, con immagini di soldati che combattevano il nemico, e andarono a piazzarsi all’entrata di un centro commerciale con una macchinetta per i pagamenti con carta moneta. Santor si era sempre considerato fortunato per non essere mai stato coinvolto direttamente in un 5
attentato nemico, eppure, da quella raccolta fondi in poi, ogni passaggio importante della sua vita era stato segnato dalla guerra. Quando furono aumentate le tasse delle scuole umanistiche, per favorire l’iscrizione ai corsi più utili alle mansioni belliche, suo padre lo dovette far ritirare da scuola perché non avevano denaro sufficiente. Il lavoro alla fabbrica di liquore era scandito da continue richieste di prestazioni straordinarie per fare fronte a esigenze produttive anomale come la distruzione di un deposito in un attacco o la perdita di un carico destinato a un avamposto di prima linea. Lo stipendio decurtato dalle cosiddette quote volontarie di sostentamento della difesa. Il matrimonio prima, l’acquisto della casa poi, infine il figlio tutto rinviato in attesa di tempi migliori, sperando in un segnale dell’approssimarsi della fine del conflitto e poi fatto in ritardo, quando ormai se ne era perso ogni entusiasmo. Suo figlio partito con un contratto con una ditta di servizi bellici e perso ogni contatto a causa delle direttive di sicurezza. Sua moglie che non si alzava più dal letto e viveva in una stanza oscura e senza finestre annientata dalla paura dell’invasione nemica. Santor prese dalla tasca i semi. Aveva letto che piantandoli in quel momento, se tutto fosse andato bene, avrebbe potuto vedere 6
il primo fiore un po’ prima del suo ottantunesimo compleanno. Se i semi avessero germogliato, se la pianticella fosse riuscita a crescere, se nessun condomino avesse protestato per l’uso improprio di quel contenitore abbandonato, se nessun teppista l’avesse distrutta, se non fosse avvenuto un attentato del nemico, se la guerra si fosse dimenticata di quel cortile di cemento nei prossimi mesi. Se lui fosse sopravvissuto e fosse riuscito a prendersene cura per quegli ultimi mesi.
Cinque personaggi per cinque racconti ambientati nel mondo claustrofobico di Finzione infinita. Ombre secondarie del mondo apatico e conformista creato da Silvio Valpreda che in questi brevi spin-off diventano protagonisti e si muovono avidi tra le piaghe di una società affetta da cultura della guerra, crisi continua e totale anaffettività. Un mondo dove il racconto mediatico dello stato di emergenza ha riplasmato la convivenza sociale e le proprie aspettative, e l’unica possibilità di carriera è nell’indotto delle industrie belliche e della sicurezza. Attenzione: rischiate di sentirvi a casa. SILVIO VALPREDA
ILLUSTRATO DA MARCO MARTZ