~atropo fantascienza~
SILVIO VALPREDA
GRAN CUCINA ILLUSTRATO DA MARCO MARTZ BREVE RACCONTO SPIN OFF DA
FINZIONE INFINITA
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Collana Atropo Collana diretta da: Anna Matilde Sali Grafica: Gabriele Munafò, Sonny Partipilo Illustrazione di copertina: Marco Martz
© Copyright 2015, Silvio Valpreda Eris (Ass. Cult. Eris) via Reggio 15, 10153 Torino info@erisedizioni.org www.erisedizioni.org
Gran Cucina
Shalim era nervoso. Guardò fuori dalla finestra. Velivoli da combattimento attraversavano il cielo, ma le sue preoccupazioni non erano causate dalla guerra che ormai durava da così tanto tempo che ognuno, a suo modo, aveva imparato a farci l’abitudine. Shalim controllò lo schermo del telefono per sincerarsi che le linee fossero attive. A quanto gli aveva assicurato quel tale, Alexander, ieri sera il grande Tomb Steward, il più famoso dei cuochi televisivi, aveva assaggiato i piatti cucinati da lui. Chissà se c’era da fidarsi di questo Alexander? Shalim si chiese pure se Lena, la sua impiegata che glielo aveva presentato, avesse un suo tornaconto. Si rese conto che domandarselo non sarebbe servito a nulla, si era aggrappato a lui come unica speranza per cambiare vita. Il telefono annunciò l’arrivo di una chiamata. Purtroppo era Seneca, la sua fidanzata. «Ancora niente?» 3
«No, non mi aspetto comunque una risposta immediata…» «Già, magari li ha trovati buoni, ma non può scombinare equilibri precedenti.» Terminò la conversazione con dei saluti frettolosi e l’impazienza di lasciare la linea libera. Sapeva di aver mentito fingendosi distaccato e sapeva che anche la tranquillità di Seneca era finta. Troppe cose dipendevano da quel tentativo. Se Tomb Steward avesse considerato di dargli una chance come concorrente di Gran Cucina, la vita di Shalim avrebbe potuto cambiare. Non si trattava semplicemente di una questione economica, anche se era risaputo che un finalista del programma poteva strappare contratti milionari con le aziende produttrici di precotti o poteva anche aprire una sua catena di ristoranti in franchising, si trattava di dare un significato alla propria esistenza. Quella mattina non aveva avuto la forza di andare a lavorare: la tensione nervosa lo aveva tenuto sveglio tutta la notte. Aveva mandato un messaggio all’ufficio e aveva avvertito della sua assenza per mezza giornata; però nel pomeriggio avrebbe dovuto comunque presentarsi, perlomeno farsi vedere per qualche ora, anche se, con quell’ansia che lo stava divorando, sapeva che non sarebbe stato in grado di combinare nulla. Il suo lavoro non era male, molti avrebbero invidiato uno nella sua posizione. Un buon stipendio, proba4
bilmente anche una carriera possibile, senza eccessive responsabilità. Era supervisore di un gruppo di disegnatrici, tutte brave impiegate, diligenti e modeste. Molti avrebbero saputo prendere ciò che c’era di buono in quella situazione, si sarebbero sposati e avrebbero messo su famiglia. In fondo, in tempo di guerra, le aspirazioni personali avrebbero anche potuto passare in secondo piano. Si domandò se Seneca avesse influito positivamente su di lui o se, piuttosto, una donna più semplice, che gli avesse imposto di togliersi certe illusioni dalla testa, non sarebbe stata meglio. Erano fidanzati da otto anni e avevano, di comune accordo, subordinato il matrimonio ai suoi tentativi di riuscire a emergere come tele-cuoco. Shalim dedicava gran parte del suo stipendio a prepararsi, cucinando ingredienti rari e costosi, per un’audizione da concorrente di un programma televisivo. Adesso, forse, era così vicino alla sua meta come non lo era stato mai. Proprio per questo la caduta, in caso di delusione, sarebbe stata più rovinosa. Shalim ricontrollò la pagina dei messaggi sul suo communication device: niente, ancora niente. Per tutta la notte si era immaginato cosa avesse potuto dire o fare Tomb Steward assaggiando i piatti che lui aveva preparato. Se avesse letto le note critiche che li accompagnavano o se avesse disde5
gnato le parole degli esperti per affidarsi esclusivamente alle cellule organolettiche della sua bocca. Shalim aveva studiato con attenzione tutto ciò che era stato pubblicato riguardo a Tomb Steward: interviste, saggi, biografie. Aveva passato le notti a rivedere tutte le puntate del suo show. Si era fatta un’idea abbastanza precisa di quali gusti potessero piacergli o addirittura entusiasmarlo ed era convinto di essere riuscito a riprodurli, ma adesso lo attanagliava il dubbio di non aver osato abbastanza; di averlo, forse, compiaciuto, ma non stupito. Nell’attesa nervosa, Shalim non riusciva a stare seduto. Si muoveva di scatto attraverso la stanza. Guardò ancora fuori dalla finestra. Il minuscolo brandello di cielo nebbioso tra i palazzi era attraversato da squadriglie di ricognitori. Shalim pensò che il nemico fosse in procinto di attaccare in quella zona e che i militari lo avessero previsto. Si rese conto che in quel momento, il destino dell’umanità non gli importava e tutto era riportato alla sua questione personale. Se il nemico avesse bombardato la Terra e l’avesse conquistata o distrutta proprio adesso che lui era a un passo dal successo? O viceversa, quanto avrebbe avuto senso sopravvivere se Tomb Steward non lo avesse accettato come concorrente di Gran Cucina?
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Cinque personaggi per cinque racconti ambientati nel mondo claustrofobico di Finzione infinita. Ombre secondarie del mondo apatico e conformista creato da Silvio Valpreda che in questi brevi spin-off diventano protagonisti e si muovono avidi tra le piaghe di una società affetta da cultura della guerra, crisi continua e totale anaffettività. Un mondo dove il racconto mediatico dello stato di emergenza ha riplasmato la convivenza sociale e le proprie aspettative, e l’unica possibilità di carriera è nell’indotto delle industrie belliche e della sicurezza. Attenzione: rischiate di sentirvi a casa. SILVIO VALPREDA
ILLUSTRATO DA MARCO MARTZ