Il sorvegliante - Breve racconto spin off da Finzione infinita #3

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~atropo fantascienza~

SILVIO VALPREDA

IL SORVEGLIANTE ILLUSTRATO DA MARCO MARTZ BREVE RACCONTO SPIN OFF DA

FINZIONE INFINITA


Questo testo è rilasciato con la licenza Creative Commons: "Attribuzione − Non commerciale − Non opere derivate, 3.0" consultabile in rete sul sito www.creativecommons.org Tu sei libero di condividere e riprodurre questo testo a condizione di citarne sempre la paternità, e non a scopi commerciali. Per trarne opere derivate, l’autore rimane a disposizione.

Collana Atropo Collana diretta da: Anna Matilde Sali Grafica: Gabriele Munafò, Sonny Partipilo Illustrazione di copertina: Marco Martz

© Copyright 2015, Silvio Valpreda Eris (Ass. Cult. Eris) via Reggio 15, 10153 Torino info@erisedizioni.org www.erisedizioni.org


Il Sorvegliante

Per fare quel genere di lavoro bisognava sviluppare una certa attitudine. Dodici ore al giorno, dalle quindici alle tre di notte, tutti i giorni dell’anno. Innanzi tutto si doveva evitare di bere. Krieche se lo ripeteva sempre, doveva starci attento. Sarebbe stato facile per lui ricascarci, una notte uscire dal caseggiato dove lavorava come sorvegliante ed entrare in uno di quei bar posticci che vengono montati la sera per sparire all’alba. Invece per riuscire ad andare avanti occorreva autodisciplina. Poi bisognava abituarsi a non pensare troppo. Il sorvegliante di un condominio privato di periferia doveva limitarsi a prendere in considerazione solo ciò che avveniva nell’atrio soggetto al suo controllo. Non c’era un prima o un dopo, l’unica discriminante era valutare se la persona che si presentava avesse le autorizzazioni corrette per passare; il che si traduceva semplicemente nel controllare che il visitatore non facesse trucchi con la macchina che leggeva i chip sottocutanei e poi aspettare che si accendesse la luce verde, oppure quella rossa. 3


Krieche non doveva riconoscere gli inquilini, ciò che contava era solo il responso del lettore di microchip. Uno poteva aver abitato in quel condominio per anni e poi, da un giorno all’altro, magari semplicemente per un debito, aver perso l’autorizzazione all’accesso al condominio. Oppure essere la peggior persona del mondo, tuttavia avere la legittima facoltà di passare. Il lavoro del guardiano non prevedeva alcun tipo di valutazione morale. Non spettava a lui decidere se qualcuno avesse o no il diritto di passare. Capitava qualcuno che, all’accendersi della luce rossa, accampasse ragioni e scuse per cercare di convincere il guardiano a lasciarlo entrare. Altri, addirittura cercavano di passare con la forza oppure con l’inganno. Esistevano in commercio braccialetti capaci di sviare, con un campo magnetico, il lettore della macchina identificatrice quando vi si appoggiava la mano sopra per il controllo. Il lavoro di Krieche era di bloccare tutte queste persone. Le decisioni le prendevano altri, forse semplicemente degli algoritmi automatici, che stabilivano se una certa persona avrebbe avuto la luce rossa o verde. Krieche, però, non riusciva completamente a non pensare. C’erano certi inquilini che non gli piacevano e, sebbene fossero autorizzati a rientrare alle loro abitazioni, Krieche provava un certo gusto quando, a causa 4


della sporcizia sul rilevatore o un piccolo malfunzionamento, la luce verde non si accendeva al primo colpo. In quei casi tergiversava e si mostrava seccato mentre i malcapitati si affannavano a ripulire il sensore con un lembo della camicia prima di appoggiare nuovamente la mano sul lettore di microchip. Tra questi, uno che aveva l’aspetto di un ex militare. Nonostante il tipo fosse stato nell’esercito, Krieche aveva iniziato a sospettarlo di essere un complottista o un pacifista, qualcuno insomma che non appoggiava la causa della guerra come invece, giustamente, facevano tutte le altre persone. I complottisti addirittura erano convinti che il nemico non esistesse e fosse una pura invenzione. Gente che Krieche giudicava più pericolosi che qualsiasi altro criminale. Avrebbe, per paradosso, lasciato più volentieri passare con la luce rossa un assassino armato che quel pacifista al quale la macchina dava invece via libera. Il sospetto era nato in lui da mezze parole, piccoli brandelli di discorso che gli era sembrato di udire tra quell’inquilino e qualcun altro. Krieche non parlava mai con nessuno, se non per dare istruzioni molto dirette su come autenticarsi appoggiando la mano sul rilevatore. Ovviamente però ascoltava. Non era vietato credere alla teoria del complotto o essere pacifisti, nessuna legge imponeva come pensare. Krieche si sentiva però rodere dall’interno 5


un tormento insopportabile alla sola idea che esistessero individui con opinioni simili. La vita di Krieche era dura, nessun giorno di riposo, solo il tempo, tra un turno e l’altro, di raggiungere la sua abitazione e buttarsi sul letto esausto dopo aver mangiato velocemente un precotto appena riscaldato. Alloggiava da solo in uno stretto locale seminterrato con la televisione perennemente accesa. Era convinto che i sacrifici e le privazioni ai quali si sottoponeva dipendessero dallo stato di guerra. Tutti sapevano che i turni massacranti di lavoro erano dovuti al fatto che molti uomini erano impegnati al fronte. Non poteva ammettere che delle persone stupide, come quell’uomo che abitava nel condominio dove Krieche lavorava, mettessero in discussione la guerra. Credeva che fosse davvero poco rispettoso per tutti quelli come lui che invece accettavano le difficoltà da buoni patrioti senza lamentarsi. Ogni giorno, mentre aspettava che il tipo rientrasse, Krieche si preparava mentalmente ad affrontarlo. Voleva dirgli le proprie ragioni, urlargli sul muso che era un lurido insetto che infettava la società danneggiando tutti con le proprie idiozie. Poi, ogni volta che quello arrivava e si trovavano a faccia a faccia nell’androne del palazzo, la voce gli si strozzava in gola. Sentiva le parole che aveva preparato seccarsi nei polmoni. Rinviava di giorno in giorno senza mai affrontarlo. 6



Cinque personaggi per cinque racconti ambientati nel mondo claustrofobico di Finzione infinita. Ombre secondarie del mondo apatico e conformista creato da Silvio Valpreda che in questi brevi spin-off diventano protagonisti e si muovono avidi tra le piaghe di una società affetta da cultura della guerra, crisi continua e totale anaffettività. Un mondo dove il racconto mediatico dello stato di emergenza ha riplasmato la convivenza sociale e le proprie aspettative, e l’unica possibilità di carriera è nell’indotto delle industrie belliche e della sicurezza. Attenzione: rischiate di sentirvi a casa. SILVIO VALPREDA

ILLUSTRATO DA MARCO MARTZ


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