BOOK COLB
FILO SOTTILE
LA MOSTRUOSITRANS PER UN’ALLEANZA TRANSFEMMINISTA FRA LE CREATURE MOSTRE
BOOK COLB 5
FILO SOTTILE
LA MOSTRUOSITRANS PER UN’ALLEANZA TRANSFEMMINISTA FRA LE CREATURE MOSTRE
Questo libro è rilasciato con la licenza Creative Commons: "Attribuzione − Non commerciale − Non opere derivate, 3.0" consultabile in rete sul sito www.creativecommons.org Tu sei libero di condividere e riprodurre questo libro, a condizione di citarne sempre la paternità, e non a scopi commerciali. Per trarne opere derivate, l’editore rimane a disposizione.
Collana BookBlock Collana diretta da: Rachele Cinerari Cover design e grafica: Gabriele Munafò Redazione: Anna Matilde Sali, Sonny Partipilo © Copyright 2020, Eris (Ass. cult. Eris) © Filomena Filo Sottile Eris (Ass. cult. Eris) Piazza Crispi 60, 10155 Torino info@erisedizioni.org www.erisedizioni.org Prima edizione Giugno 2020 ISBN 9788898644964 Stampato presso Geca Industrie Grafiche Via Monferrato 54, S. Giuliano Milanese (MI)
Io credo che quando l’irreale avanza pretese sulla realtà, o entra nel suo dominio, possa accadere, e accade, qualcosa di diverso dalla semplice assimilazione alle norme dominanti. Le norme stesse possono essere scardinate, mostrare la loro instabilità e aprirsi a una nuova significazione. Judith Butler
In questo atto di trasformazione magica Mi riconosco nuovamente. Io sono movimento senza fondamento e senza confini. Io sono flusso furioso. Io sono tutt’uno con l’oscurità e l’umido. E sono rabbiosa. Susan Stryker
Ci schieriamo con Pandora Il vaso Prometeo ruba il fuoco agli dei e lo dona agli esseri umani. Zeus la prende male, decide di punire il ladro. Prometeo viene incatenato a una rupe, ogni giorno un’aquila viene a mangiargli il fegato. Prometeo è quello che ci pensa prima. Il suo furto è meditato e le conseguenti rappresaglie sono messe in conto. E infatti avverte suo fratello Epimeteo, quello che ci pensa dopo, di non accettare nessun dono dagli dei. Il fuoco è luce, riscalda, protegge dal freddo, tiene lontana la paura, vince le fibre più coriacee, amplia le possibilità alimentari, rischiara la notte. Gli esseri umani, col fuoco, acquisiscono nuovi poteri. Zeus non ci sta. Anche loro vanno puniti. È Esiodo la più antica fonte del racconto: «Grande sciagura per Prometeo e per gli uomini che verranno; a loro, in cambio del fuoco, darò una disgrazia: l’accoglieranno con gioia, faranno festa al malanno». Così disse; e rise il padre degli dei e degli uomini. Al glorioso Efesto comandò di spicciarsi a mescolare 5
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acqua a una manciata di terra, di infonderle forza e voce umana e di darle un viso simile alle dee immortali, una forma bella, d’amabile ragazza. (Esiodo, Le opere e i giorni, versi 55 e ss)
La fanciulla si chiama Pandora, Efesto le dà forma e le altre divinità contribuiscono al suo corredo di qualità. Afrodite la rende desiderabile e bramosa, Atena le insegna a tessere, Ermes la fa scaltra e mentitrice. Chi non l’accoglierebbe nella sua casa? Ermes porta in dono a Epimeteo il graziosissimo trappolone. Pandora ha in mano un vaso e il divieto di aprirlo. Epimeteo, lo sprovveduto, le schiude le porte. Pandora, l’infida, spalanca il vaso. Tutte le sciagure che possono toccare ai mortali si diffondono per il mondo. Per gli uomini è la fine della pace. Esiodo fa tappa nei luoghi comuni delle narrazioni patriarcali. L’età dell’oro prima, l’innocenza, poi la caduta: l’apparizione della donna, del non-maschio, la sua ingombrante presenza. La curiosità è femmina, la donna è origine di tutti i mali. È il pensiero che plasma anche altre culture vicine: è colpa di Lilith, è colpa di Eva. La cacciata dall’Eden, il dolore, la fatica. Gli uomini si domandano: perché le donne non stanno al loro posto? Perché non si limitano a 6
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obbedire? Ci attirano addosso tutte le sventure del mondo. E quindi è colpa di Pandora. Ha scoperchiato il vaso – troppo curiosa! – complicazioni e conflitti cominciano a tormentare gli uomini, è finita la concordia. Possiamo dubitare di questa narrazione? Forse “complicazioni e conflittualità” c’erano già prima, forse il fuoco le ha solo illuminate. Pandora significa ricca di doni e il dono più prezioso che ci porta è il coraggio di scoperchiare i vasi, rendere evidenti i mali e i problemi degli esseri viventi, mostrarli, parlarne. Umilmente, come tante altre e altri prima di noi, ci mettiamo nella tradizione di Pandora: scoperchiamo il vaso qui davanti, ne descriviamo il contenuto così come lo percepiscono i nostri sensi.
Tira una riga La parete ovest degli spogliatoi maschili del liceo era piena di scritte. Nella parte alta del muro c’erano svastiche, croci celtiche, “A” cerchiate, falci&martelli e frasi tipo: “negri al rogo”, “fasci appesi”, “comunisti di merda” e via così. Circa a metà strada fra pavimento e soffitto, qualcuno, a grandi lettere, aveva scritto: 7
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basta con gli opposti estremismi chi ama la figa tira una riga da lì fino al pavimento c’era un casino di righe: lunghe, corte, dritte, storte, decise, tremolanti, gialle, rosse, blu, verdi, nere, arancio, indaco, fucsia. Centinaia. Un arcobaleno. Noi allora amavamo immaginare di avere una vagina, ma ci era abbastanza chiaro che la nostra riga non sarebbe stata accolta fra le altre. Se dall’altro spogliatoio fosse venuta una persona con la vagina, magari attratta da altre persone con la vagina, anche la sua riga sarebbe stata fuori posto. L’arcobaleno era stato invocato per riportare la concordia e in effetti, sì, aveva fermato i messaggi d’odio. Ma gli mancavano molte sfumature. Come sapevamo che la nostra riga avrebbe turbato l’armonia della composizione? Lo sapevamo e basta. Così come confusamente intuivamo che più che fermarli, quel fascio di righe aveva radunato i messaggi d’odio in uno solo: grande, corale, estremista e plebiscitario. Lo pronunciava chi? Esso, IT. Che aria tira in città? Erano gli stessi anni, ne avevamo quindici, quando leggemmo per la prima volta It di 8
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Stephen King. Mike Hanlon, il bibliotecario di Derry, un membro del “club dei perdenti”, nella sua storia non autorizzata della città, esplicita a più riprese il succo del romanzo. Derry è interamente posseduta da un orrore senza nome – It, esso – che plasma lo spirito e la mente di chi la abita e ciclicamente pretende il suo tributo di sangue. Nelle sue apparizioni l’entità assume le sembianze di un clown: Pennywise. La seconda scena del romanzo si apre al distretto di polizia, nel 1985. In stanze diverse si svolgono in contemporanea diversi interrogatori. La festa del centenario del canale di Derry si è chiusa da meno di ventiquattro ore: festoni, bancarelle, baracconi, qualche foto storica, giostre, hot dog e birra a fiumi. Adrian Mellon e Don Hagarty saltano all’occhio in mezzo alla folla. Don, per dire, ha gli occhi truccati, il rossetto, e indossa «calzoni di raso così attillati che avresti potuto contargli le grinze del prepuzio». Adrian ha lo smalto sulle unghie e, a una prima occhiata, sembra una femmina. Per noi, che allora osavamo indossare gli abiti di nostra madre solo quando avevamo la certezza della solitudine, incontrare gente come Adrian e Don, gente come noi – anche solo nelle pagine di un romanzo – era fonte di eccitazione e conforto. Quando fanno la loro apparizione nella storia, Adrian ha appena vinto al tiro a segno un 9
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cilindro su cui è scritto “I ❤ Derry”. I due se ne vanno in giro abbracciati, «ridacchiano vezzosamente» e si scambiano baci furtivi. Webby ha diciott’anni, è alla festa coi suoi amici Steve e Chris, e il suo «senso civico» è profondamente urtato: può un «fottuto culattone» andarsene in giro tranquillamente con un cappello così patriottico? No. Tocca intervenire: – Dovrei fartelo mangiare quel cappello, lurido bucaiolo!
Adrian risponde a tono, ma passa un poliziotto, rotea il manganello e mette fine al diverbio. Ammonisce Adrian con un «chiudi il becco, chiappe allegre» per far capire che difendere “quelli dell’altra sponda” è l’ultimo dei suoi pensieri. Fa solo il suo dovere di difensore della pubblica quiete, vuole la pace in città e quindi: aria, circolare. Al tiro a segno, Webby e compagnia falliscono il tentativo di vincere un cilindro come quello di Adrian. La serata si fa storta e tocca raddrizzarla con un divertimento sano, virile, di quelli che appianano le contraddizioni, confortano gli animi, uniscono i cuori. – Dove vogliamo andare? A casa? – Scendiamo prima al Falcon a vedere se ce n’è qualcuno in giro. 10
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E poi lo dicono chiaro: – Andiamo a scuoiare un frocio!
Certo, It è fiction, ma sentivamo chiaramente che quell’episodio sarebbe potuto capitare davvero. Anche a noi, se solo avessimo infranto il segreto e rivelato che vivevamo il genere assegnato alla nascita come una prigione, se avessimo osato mostrarlo in pubblico. Adesso, mentre scriviamo queste righe, scopriamo che ci avevamo preso: quanto accade ad Adrian Mellon nella finzione del romanzo è ispirato a quanto accadde realmente a Charlie Howard a Bangor, Maine, nel 1984. I tre macho si appostano fuori dal Falcon, il locale gay di zona. E chi ti incontrano? Proprio loro, Adrian e Don. E Adrian quel capello ancora non se l’è tolto. Prima lo massacrano di botte. Nell’indifferenza. Le finestre restano chiuse, le auto continuano a sfrecciare. E poi giù dal ponte, sette metri più in basso, a rinfrescarsi le idee nel canale. Adrian, come Charlie, il suo omologo reale, muore. Webby, Steve e Chris sono ora ognuno in una diversa stanza del distretto di polizia, ognuno in compagnia di una coppia di sbirri e ognuno impegnato a raccontare la sua versione dei fatti. Chris ha quindici anni, del terzetto è quello che partecipa con minore entusiasmo a ciò 11