BancaFinanza Gennaio/Febbraio 2017

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editoriale

Azzi, protagonista di un’era N Marco

traverso, direttore responsabile ravasio, direttore editoriale

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N rosaria

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davvero la fine di un’epoca. Le dimissioni di Alessandro Azzi da presidente di Federcasse sono ben più di un avvicendamento, tra l’altro ampiamente annunciato. Ma sono la fine di un pezzo di storia. Uno spartiacque altamente simbolico. Per il Credito cooperativo. Ma anche per l’intero sistema bancario, dato che l’universo-Bcc, se fosse una banca unica sul modello Agricole e Rabobank, sarebbe il quarto gruppo italiano, il primo a capitale interamente tricolore. Abbiamo detto simbolico, perché l’ex leader delle banche-coop non lascia del tutto: mantiene la presidenza della Federazione lombarda (cioè quella di gran lunga più importante nell’universo cooperativo) e quella della «sua» banca, la Bcc del Garda. Ma il suo addio a Federcasse (che neppure si chiamava così, quando il giovane avvocato bresciano si insediò ai posti di comando, un quarto di secolo fa) testimonia il cambio storico che avverrà con la riforma. Una riforma che è stata condivisa con la stessa Federcasse, ma che non è andata nella direzione sperata da Azzi e dal suo team. Le loro aspettative - quelle di un gruppo unico nazionale e un gruppo regionale altoatesino, che risettasse le specificità dele Raiffeisen sudtirolesi - è praticamente naufragata. Salvo avvenimenti clamorosi, i gruppi nazionali saranno due: uno capitanato da Iccrea e uno da Cassa Centrale, che dal Trentino ha compattato un pool alternativo di banche. Poi ci sarà la prevista indipendenza delle Raiffeisen (fortemente appoggiata da Federcasse) e una banca - forse due - in regime di way out. Una sconfitta per Azzi? Probabilmente sì. Ma diciamolo chiaro: le dimissioni non sono dovute al tramonto dell’opzione-gruppo unico. La decisione era, come detto, già stata annunciata, sarebbe avvenuta al termine del processo di riforma. E così è stato. La successione (pesantissima) ha un carattere fortemente «istituzionale»: il nuovo leader di Federcasse sarà Augusto dell’Erba, che era vicepresidente vicario. Nella copertina lo abiamo chiamato «traghettatore»: un compito molto delicato, il suo, dato che dovrà condurre la barca di Federcasse attraverso una trasformazione epoca-

le. Che non diminuirà l’importanza dell’associazione. Anzi: probabilmente renderà più delicato e centrale il suo ruolo. Con due gruppi cooperativi che si faranno concorrenza, Federcasse potrebbe diventare l’ultima grande istituzione «unitaria» del Credito cooperativo. Una sorta di arbitro fra le due parti - ammesso che la concorrenza divenga molto serrata - e una specia di «camera di conciliazione», un territorio franco in cui le banche targate Iccrea e quelle dell’universo Cassa Centrale potrebbero confrontarsi. Ammesso che queste ultime mantengano il vincolo associativo. Dipenderà da ogni singola azienda di credito cooperativa. Perché, è persino inutile dirlo, ogni Bcc manterà comunque autonomia e licenza bancaria. E quindi diritto di scegliere i suoi compagni di strada. A dell’Erba abbiamo dedicato la nostra copertina. In affaccio abbiamo invece inserito Beppe Ghisolfi, grande capo della Cassa di risparmio di Fossano, nel solco di quella che sta diventando una nostra tradizione: le interviste ai banchieri non tanto (o non solo) sul loro istituto, i suoi conti, le sue strategie. Ma, piuttosto, sulle figure stesse dei banchieri, la loro storia, i loro progetti. Perché no, i loro sogni. Passiamo oltre: il primo numero dell’anno è spesso dedicato alle previsioni. Noi abbiamo scelto un lungo dossier su Cina e Giappone, approfittando dell’inizio (meno di un mese dopo l’esordio del 2017) dell’Anno del Gallo a Pechino. Siamo tornati, poi, sulla Brexit (mentre vi stiamo scrivendo, in chiusura di numero, la Camera dei Comuni ha appena ratificato l’uscita di Londra dall’Ue, rimpallando ora il leave definitivo ai Lord) e sugli altri grandi eventi politici mondiali, come l’elezione di Donald Trump alla presidenza Usa. Abbiamo indagato sugli effetti di queste grandi scelte sulla finanza e sugli scenari economici, trovando conferme a quanto sostenevamo in tempi non sospetti: che la politica è una cosa - e dipende dalle libere scelte dei cittadini - e la finanza è un’altra. In altre parole, gli scenari terribili prospettati alla vigilia non si sono verificati. I cittadini sono ancora liberi di votare chi e cosa vogliono senza dover aspettare i moniti o le previsioni catastrofiche di quella merchant bank o di quell’analista. Bene. N Gennaio / Febbraio 2017

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o aveva preannunciato e lo ha puntualmente fatto: Alessandro Azzi, storico presidente di Federcasse, si è dimesso dalla carica. È la fine di un’era: l’avvocato bresciano aveva raggiunto la presidenza dell’associazione nel 1991. E sotto la sua guida, in tutti questi anni, il Credito cooperativo ha cambiato pelle. Azzi ha portato il sistema fino allo spartiacque fra due epoche:

l’era delle Bcc “vecchio stampo”, completamente indipendenti, unite solo da una rappresentanza associativa e senza alcuna connessione con il concetto di società per azioni, e quella del Credito cooperativo che esce dalla riforma. Vale a dire il sistema che quasi sicuramente vedrà le banche-coop entrare in più spa capofila (Iccrea e Cassa Centrale, con l’aggiunta di Raiffeisen, per le aziende di cre-

AUGUSTO DELL’ERBA

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dito sudtirolesi), pur restando autonome, titolari delle licenze bancarie e - soprattutto - cooperative. Le dimissioni di Azzi, assicurano a Federcasse, non sono in polemica con il fallimento del progetto “gruppo unico più gruppo Raiffeisen”: erano state annunciate a giugno 2015, in piena fase di scrittura del progetto di «autoriforma» del settore come «naturale conseguenza» una volta conclusa la definizione del nuovo quadro normativo. Un quadro che si è completato in due diverse fasi: la legge n. 49 dell’8 aprile 2016 e le disposizioni di vigilanza pubblicate il 3 novembre scorso dalla Banca d’Italia. Quello di Azzi non è un addio, ma è la fine di una lunga leadership: resta, infatti presidente della Federazione lombarda Bcc, della Fondazione Tertio Millennio – onlus e, naturalmente, della sua banca, la Bcc del Garda. A sostituirlo al vertice di Federcasse, l’ex presidente vicario Augusto dell’Erba, che è anche presidente della Cassa rurale di Castellana Grotte, della Federazione Puglia e Basilicata delle Bcc, del Fondo di garanzia dei depositanti del Credito cooperativo e del Fondo temporaneo costituito con la legge di riforma.

Eletto all’unanimità, dell’Erba ha esordito con un messaggio rasserenante. «Il mio mandato», ha dichiarato, «sarà contrassegnato dalla ricerca della massima condivisione possibile senza dimenticare la necessità di incidere sulle questioni che affronteremo». Qual è, più nel dettaglio, il programma del nuovo presidente? E come sarà la sua Federcasse? BancaFinanza lo ha chiesto direttamente a dell’Erba. Presidente, se l’aspettava? «Dopo aver premesso che avevo auspicato la permanenza del presidente Azzi alla guida di Federcasse, voglio sottolineare - ed è un fatto che ho accolto con piacere - che la mia nomina è avvenuta all’unanimità, accompagnata da dichiarazioni di stima dei colleghi votanti. Il che ha reso comunque significativo un passaggio importante per il Credito cooperativo». L’eredità di Azzi è pesante... «È pesante per le sue qualità personali. E per quello che ha fatto. Basta vedere che cosa era il Credito cooperativo negli anni Novanta e che cosa è oggi, alla vigilia di una fase di cambiamento epocale». Si sente un traghettatore o il leader della cooperazione bancaria di domani? «Sicuramente non mi candido come presidente del nuovo gruppo bancario cooperativo, se è questo il senso della sua domanda. Io ho sempre speso il mio impegno nel versante associativo di sistema. Anche se per alcuni anni sono stato presidente di Iccrea Banca». Ma è facile immaginare che Federcasse, come l’intero mondo associativo, cambierà completamente pelle...

ALESSANDRO AZZI

«Federcasse dovrà necessariamente rivedere ruoli e funzioni. È la legge stessa che delega ai gruppi bancari cooperativi alcuni ruoli che fino a ieri erano interpretati dalla Federazione nazionale e da quelle locali. Ma questo, a mio avviso, non dovrà significare l’abbandono di “presidi” che solo un versante associativo forte di sistema dovrà assicurare. Penso per esempio alla salvaguardia dei principi di mutualità che sono nel Dna di una banca cooperativa e che sono stati più volte richiamati anche negli interventi dei più autorevoli esponenti della Banca d’Italia. Naturalmente anche le federazioni locali sono chiamate a una rivisitazione del proprio ruolo e a una riorganizzazione delle strutture. Ma sono convinto, come ho detto, che la componente associativa del sistema potrà avere un suo ruolo anche con la riforma. Ricordo che si va disegnando un sistema che potrebbe vedere la costituzione di tre gruppi, due di respiro nazionale (Iccrea Banca e Cassa Centrale Banca) e uno provinciale (Casse Raiffeisen dell’Alto Adige) con compiti di coordinamento e di indirizzo. Le Bcc e casse rurali non scompariranno. Anzi: resteranno autonome. Ognuna mi lasci aggiungere, come abbiamo fortemente voluto - titolare di

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di Alessandro Nicolucci

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Redazione:

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una sua licenza bancaria. Potrà proseguire il processo di consolidamento interno, ma il numero delle Bcc rimarrà comunque alto. A mio avviso, in un simile contesto sarà necessaria quella che ho definito una “casa comune” del Credito cooperativo, un luogo di confronto aperto e di tutela di interessi generali, percepito come utile e necessario, che non potrà che essere rappresentato dal versante associativo». Tutte? Indipendentemente dal gruppo a cui aderiranno? «È una decisione che non spetta a Federcasse. Attualmente aderiscono, tramite le federazioni locali, quasi tutte le Bcc, ma anche i soggetti candidati a capogruppo. Sceglieranno loro se proseguire MUTUALITà la loro strada con noi: le porte di Federcasse sono e restano aperte». Possiamo dire che, in un mondo cooperativo che non parlerà la stessa lingua, la parte associativa potrebbe rivelarsi l’ultima frontiera dell’attuale unità di sistema? «Può darsi che sia così, anche se resto fiducioso che in futuro i due gruppi possano riunirsi, che si rifletta e si comprenda meglio il valore della compattezza del sistema per le sfide del futuro». Fino a quando il fondo tem-

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Colpo di scena: l’Italia senza euro ci guadagna

Distribuzione per l’Italia:

di Andrea Costa

Numeri arretrati:

Gente che viene, gente che va

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di Alberto Mazza 3

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Il sentiment degli istituzionali trimestre per trimestre di Alberto Mazza

Eventi sì, eventi no...

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Che sorpresa: ora le sofferenze calano... di Alberto Mazza

...ma è ancora emergenza Npl di Antonio Marini

di Alberto Mazza

Garanzia di riservatezza per gli abbonati

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Cina, l’Anno del Gallo avrà molte incognite di Alberto Mazza

Stampa:

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Giappone, venti di performance di Antonio Marini

Frodi bancarie: siamo tutti ad alto rischio di Laura Facchin

Le innovazioni di rottura che cambieranno la banca di Alberto Mazza



ban e ban ieri

Azzi si dimette, dell’Erba presidente:è la fine di un’era il leader tori o del credito oo erati o la ia la ida dell a o ia ione do o oltre 2 anni lo o tit i e il o i e, e i in edia on n a ello alla ondi i ione Ma il i te a i a ato N Filippo

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AUGUSTO DELL’ERBA

Gennaio / Febbraio 2017

l’era delle Bcc “vecchio stampo”, completamente indipendenti, unite solo da una rappresentanza associativa e senza alcuna connessione con il concetto di società per azioni, e quella del Credito cooperativo che esce dalla riforma. Vale a dire il sistema che quasi sicuramente vedrà le banche-coop entrare in più spa capofila (Iccrea e Cassa Centrale, con l’aggiunta di Raiffeisen, per le aziende di cre-

dito sudtirolesi), pur restando autonome, titolari delle licenze bancarie e - soprattutto - cooperative. Le dimissioni di Azzi, assicurano a Federcasse, non sono in polemica con il fallimento del progetto “gruppo unico più gruppo Raiffeisen”: erano state annunciate a giugno 2015, in piena fase di scrittura del progetto di «autoriforma» del settore come «naturale conseguenza» una volta conclusa la definizione del nuovo quadro normativo. Un quadro che si è completato in due diverse fasi: la legge n. 49 dell’8 aprile 2016 e le disposizioni di vigilanza pubblicate il 3 novembre scorso dalla Banca d’Italia. Quello di Azzi non è un addio, ma è la fine di una lunga leadership: resta, infatti presidente della Federazione lombarda Bcc, della Fondazione Tertio Millennio – onlus e, naturalmente, della sua banca, la Bcc del Garda. A sostituirlo al vertice di Federcasse, l’ex presidente vicario Augusto dell’Erba, che è anche presidente della Cassa rurale di Castellana Grotte, della Federazione Puglia e Basilicata delle Bcc, del Fondo di garanzia dei depositanti del Credito cooperativo e del Fondo temporaneo costituito con la legge di riforma.


Eletto all’unanimità, dell’Erba ha esordito con un messaggio rasserenante. «Il mio mandato», ha dichiarato, «sarà contrassegnato dalla ricerca della massima condivisione possibile senza dimenticare la necessità di incidere sulle questioni che affronteremo». Qual è, più nel dettaglio, il programma del nuovo presidente? E come sarà la sua Federcasse? BancaFinanza lo ha chiesto direttamente a dell’Erba. Presidente, se l’aspettava? «Dopo aver premesso che avevo auspicato la permanenza del presidente Azzi alla guida di Federcasse, voglio sottolineare - ed è un fatto che ho accolto con piacere - che la mia nomina è avvenuta all’unanimità, accompagnata da dichiarazioni di stima dei colleghi votanti. Il che ha reso comunque significativo un passaggio importante per il Credito cooperativo». L’eredità di Azzi è pesante... «È pesante per le sue qualità personali. E per quello che ha fatto. Basta vedere che cosa era il Credito cooperativo negli anni Novanta e che cosa è oggi, alla vigilia di una fase di cambiamento epocale». Si sente un traghettatore o il leader della cooperazione bancaria di domani? «Sicuramente non mi candido come presidente del nuovo gruppo bancario cooperativo, se è questo il senso della sua domanda. Io ho sempre speso il mio impegno nel versante associativo di sistema. Anche se per alcuni anni sono stato presidente di Iccrea Banca». Ma è facile immaginare che Federcasse, come l’intero mondo associativo, cambierà completamente pelle...

ALESSANDRO AZZI

«Federcasse dovrà necessariamente rivedere ruoli e funzioni. È la legge stessa che delega ai gruppi bancari cooperativi alcuni ruoli che fino a ieri erano interpretati dalla Federazione nazionale e da quelle locali. Ma questo, a mio avviso, non dovrà significare l’abbandono di “presidi” che solo un versante associativo forte di sistema dovrà assicurare. Penso per esempio alla salvaguardia dei principi di mutualità che sono nel Dna di una banca cooperativa e che sono stati più volte richiamati anche negli interventi dei più autorevoli esponenti della Banca d’Italia. Naturalmente anche le federazioni locali sono chiamate a una rivisitazione del proprio ruolo e a una riorganizzazione delle strutture. Ma sono convinto, come ho detto, che la componente associativa del sistema potrà avere un suo ruolo anche con la riforma. Ricordo che si va disegnando un sistema che potrebbe vedere la costituzione di tre gruppi, due di respiro nazionale (Iccrea Banca e Cassa Centrale Banca) e uno provinciale (Casse Raiffeisen dell’Alto Adige) con compiti di coordinamento e di indirizzo. Le Bcc e casse rurali non scompariranno. Anzi: resteranno autonome. Ognuna mi lasci aggiungere, come abbiamo fortemente voluto - titolare di

una sua licenza bancaria. Potrà proseguire il processo di consolidamento interno, ma il numero delle Bcc rimarrà comunque alto. A mio avviso, in un simile contesto sarà necessaria quella che ho definito una “casa comune” del Credito cooperativo, un luogo di confronto aperto e di tutela di interessi generali, percepito come utile e necessario, che non potrà che essere rappresentato dal versante associativo». Tutte? Indipendentemente dal gruppo a cui aderiranno? «È una decisione che non spetta a Federcasse. Attualmente aderiscono, tramite le federazioni locali, quasi tutte le Bcc, ma anche i soggetti candidati a capogruppo. Sceglieranno loro se proseguire MUTUALITà la loro strada con noi: le porte di Federcasse sono e restano aperte». Possiamo dire che, in un mondo cooperativo che non parlerà la stessa lingua, la parte associativa potrebbe rivelarsi l’ultima frontiera dell’attuale unità di sistema? «Può darsi che sia così, anche se resto fiducioso che in futuro i due gruppi possano riunirsi, che si rifletta e si comprenda meglio il valore della compattezza del sistema per le sfide del futuro». Fino a quando il fondo temGennaio / Febbraio 2017


ban e ban ieri

E

EZIONE

poraneo di garanzia funzionerà, ci sarà un altro pilone – pur provvisorio – di unità di tutte le Bcc, non è così? «Sì, ma come ha detto lei, il fondo è provvisorio. È una sorta di anticipazione tecnica delle future capogruppo. Che sono lo strumento con cui le Bcc, con la riforma, potranno consolidare il loro patrimonio. Finché questo non avverrà, c’è appunto il fondo, che deve avere una natura strettamente privatistica. Quando l’ultima banca avrà aderito a un gruppo, cesserà di esistere» Dica la verità: ci è rimasto male per l’iniziativa di Cassa Centrale? «Sono tra quelli che si erano battuti per favorire l’unità sistemica: mi è dispiaciuto che le due candidate capogruppo non abbiano trovato, su questo, un punto di intesa». Tra i due gruppi sarà concorrenza serrata? «Dipenderà dalle sovrapposizioni territoriali. In alcuni casi, quando la banca coprirà un’area vasta senza che nelle vicinanze ci siano sportelli di una Bcc dell’altro gruppo, non si avvertirà neppure la separazione. In altri casi, invece, probabilmente la competizione sarà più forte». Com’è lo stato di salute del sistema cooperativo? Gennaio / Febbraio 2017

«In linea con quello del sistema bancario. Al terzo trimestre 2016, la media degli Npl delle Bcc era simile a quella del resto dell’industria creditizia. Mentre la patrimonializzazione è alta. Lo ha detto anche il governatore della Banca d’Italia: non si potrebbero formare due gruppi se questo dato non raggiungesse buoni livelli. In cifre, il Cet 1 è al 16,2% e il Tcr al 17,1%. Poi certo, queste sono medie: c’è chi fa meglio e chi fa peggio. Ma il sistema cooperativo ha sempre saputo risolvere al suo interno tutte le situazioni di criticità che si sono manifestate. Ora c’è il fondo temporaneo, per gestire le criticità: anche nelle ultime fusioni interne, che sono venute in aiuto ad alcune Bcc in difficoltà, il suo ruolo è stato chiaro». Dica la verità, il fatto che i gruppi siano spa non è andato giù proprio a tutti. «Credo che il legislatore sia arrivato a questa conclusione per una ragione semplice: ora come ora, le banche di Credito cooperativo non hanno la possibilità di attrarre capitale di rischio. La spa ha una riserva di capitale a favore delle Bcc del 51%. Se ci dovesse essere un’esigenza di denaro che noi non possiamo conferire (e tutti si augurano che questa eventualità non si renda mai necessaria), occorrerà aprire all’accesso esterno di capitali. E l’unica forma che permette questa operazione è la spa». In cima c’è una spa, alla base le cooperative. Che hanno obiettivi diversi. Come può stare in piedi un’organizzazione simile? «Sia chiaro: il modello che la ri-

forma ha disegnato non ha eguali in Europa. Nella prassi corrente, una capogruppo bancaria in forma di spa ha un rapporto di “dominio” con le banche di cui è proprietaria. Qui avviene qualcosa di diverso. Il legislatore ha voluto che le Bcc, mantenendo le proprie caratteristiche distintive, diventassero le proprietarie di una capogruppo spa sottoscrivendo con essa “contratti di coesione” (che, certamente, ne moduleranno l’autonomia in ragione di requisiti di meritevolezza risk based). Il rapporto si ribalta completamente rispetto al modello che lei ha in mente. È un lavoro complesso. Una sfida prima di tutto culturale. Ma l’Italia, anche in questo, può essere d’esempio per altri paesi europei e non essere costretta ad adottare modelli che ci sono estranei». Fatto sta che la spa può generare utili. «Sì, la spa non ha riserve indivisibili, altrimenti non sarebbe una spa. Quindi, se genera gli utili, li può distribuire. Ma per le Bcc è tutto diverso; i loro utili, se portati a patrimonio, diventano nuovamente riserve indivisibili. Possono essere usati dalla capogruppo solo rispettare le obbligazioni delle garanzie incrociate. Ma Iccrea, o Cassa Centrale, non li possono togliere alla singola banca. Ho appena detto che quello della capogruppo cooperativa è un istituto nuovo nell’ordinamento italiano. La holding tradizionale gestisce verticalmente le banche. Qui c’è invece non c’è una holding, ma una capogruppo. Chi sta alla base controlla il vertice: le banche capofila potranno intervenire solo in caso in cui le Bcc affiliate abbiano momenti di difficoltà». Infine, qual è il suo programma di governo? «Fare in modo che Federcasse, in questa fase, svolga un ruolo di accompagnamento alla formazione delle capogruppo che si formeranno. In questo momento, all’associazione di categoria partecipa tutto il sistema».


LOY

IL PREMIO PER L’ECCELLENZA NEL SETTORE BANKING & FINANCE

31 MARZO 2017 | MILANO Con il patrocinio

Con il sostegno

Il Centro Studi Alma Iura ha l’onore di promuovere il premio LOY, al fine di riconoscere e celebrare la passione e l’esperienza dei Professionisti, degli Studi e delle Società operativi nel settore bancario e finanziario. LOY, che vanta una Giuria composta da alcuni fra i massimi esperti del mondo universitario, bancario, dei media, dell’economia e di quello legale, ha ottenuto il Patrocinio della Commissione Europea e il sostegno di BANCO BPM. La cerimonia di premiazione si terrà il 31 Marzo 2017 a Milano, e sarà presentata da Giuseppe De Filippi, caporedattore del TG5.

WWW.PREMIOLOY.IT Newspaper Milano è media partner di LOY

Espansione


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Sace e Banca Akros insieme per l’agroalimentare

La società del gruppo Cdp e la controllata di Banco Bpm puntano a sostenere le aziende, soprattutto di medie dimensioni, nel processo di sviluppo oltre frontiera

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ostenere le eccellenze del settore agroalimentare nel processo di sviluppo internazionale. Questo l’obiettivo della partnership tra Sace (gruppo Cassa depositi e prestiti) e Banca Akros (gruppo Banco Bpm). Le società metteranno a disposizione delle aziende (soprattutto quelle di medie dimensioni) due soluzioni. In primo luogo, un pacchetto di prodotti assicurativo-finanziari elaborati da Sace per proteggere il business, come le polizze contro i mancati pagamenti dei crediti com-

merciali, i rischi tecnologici e di deterioramento del magazzino. Inoltre, le imprese potranno attingere a un plafond di oltre a 150 milioni di euro di nuove linee di credito da destinare a strategie di crescita oltre confine. L’iniziativa, hanno deciso Sace e Banca Akros, può essere estesa anche ad altri settori del made in Italy (come gioielli, legno, pelli, farmaceutica o chimica). L’accordo ha già identificato la prima azienda

beneficiaria: Ambrosi spa, impresa bresciana produttrice di latte e formaggi (tra cui Grana Padano e Parmigiano Reggiano). L’azienda ha ricevuto un finanziamento in pool di 13 milioni per l’approvvigionamento delle materie prime e lo sviluppo del magazzino prodotti finiti; obietti-

sa e a ini tra e ban a a ro o rai anno ann n iato e etteranno a di o i ione delle i re e e o liono re ere all e tero d e ol ioni n a etto di rodotti a i rati o inan iari er rote ere il b ine e n la ond di oltre a 1 0 ilioni di e ro di n o e linee di redito da de tinare a trate ie di re ita e tere

vo: la crescita nei mercati internazionali, soprattutto francese e Usa. In questo caso, all’operazione partecipa anche il Consorzio per la tutela del grana padano.

Carisavigliano distribuirà polizze del gruppo Zurich

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assa di risparmio di Savigliano venderà ai suoi sportelli prodotti assicurativi vita di Zurich. Lo prevede un accordo di bancassurance siglato dalla banca piemontese e l’assicurazione tigurina.

In particolare, a essere venduti in filiale saranno la multiramo vita Zurich Multinvest Extra, il piano di risparmio Z Integra, la poizza mista Zurich Progetto e la unit-linked Z Platform 2.

cari a i liano ender allo ortello al ni rodotti ita e e i da ri le oto o trano, da ini tra a de tra, n arti olare della ede della ban a ie onte e e la ede italiana della o a nia ti rina

la ede di Fiditalia

Fiditalia lancia una revolving con Amissima

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l via una carta revolving emessa da Fiditalia in collaborazione con Amissi-

ma. Lo strumento vuole consentire ai sottoscrittori di dilazionare il pagamento dei

Gennaio / Febbraio 2017

premi della compagnia ex Carige, scegliendo tra revolving e rata costante.


Tre banche per un albergo n’operazione di finanza strutturata per realizzare l’albergo The Student Hotel a Firenze. Protagoniste, tre aziende di credito: Unicredit, Mps capital services banca per le imprese (corporate e investment bank del gruppo Montepaschi), e Crédit Agricole Cariparma. Il finanziamento, di 41,1 milioni di euro, sarà alimentato dal 40% erogato da Unicredit, dalla stessa percentuale iniettata da Mps capital sercice e dal 20% da Cariparma. Banca agente sarà la società del gruppo Montepaschi, mentre Banca Mps sarà banca depositaria. L’hotel finanziato nascerà nell’ottocentesco Palazzo del Sonno, acquistato e ristrutturato dal gruppo Tsh Netherlands Bv, ideatore della catena The Student Hotel. L’edifi-

l o era ione tar ata M , ni redit e cr dit a ri ole cari ar a da ini tra a de tra

cio si trova in Viale Strozzi a Firenze, davanti alla Fortezza da Basso; le sue dimensioni sono di circa 20.000 metri quadrati. Secondo i progetti della società, l’hotel potrà disporre di 394 camere e di alcuni spazi comuni: oltre al ristorante e alle cucine in comune, anche aree di relax (lounge, biblioteca, palestra, piscina, game room), sia business (un’area riservata agli incubatori di startup, sale riunioni, auditorium); previsto, a questo proposito, anche il supporto multimediale per attività bu-

Banca Ifis acquista un miliardo di sofferenze

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anca Ifis ha acquistato pro-soluto un portafoglio di crediti a sofferenza, con un valore nominale che supera il miliardo di euro. Il portafoglio è costituito da circa 39mila posizioni ed è composto per circa 650 milioni da crediti corporate unsecured, e per il resto da sofferenze retail. «La maggior parte dei crediti che acquistiamo, analizziamo e gestiamo»,

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sostiene Andrea Clamer, responsabile area Npl di Banca Ifis, «appartiene al segmento retail unsecured, per esempio scoperti di conto corrente o prestiti personali».

siness, ma anche servizi più propriamente turistici (come la bicicletta per muoversi in città, utilizzabile gratuitamente). Il cortile del palazzo sarà dotato di caffetteria e ristorante aperti a tutti. Tsh Netherlands applicherà al palazzo fiorentino il suo modello di “ospitalità ibri-

da” già sperimentata in Olanda e in altri paesi d’Europa; la sua catena The Student Hotel si rivolge soprattutto a studenti, giovani professionisti, imprenditori e turisti. Dopo Firenze, il gruppo olandese prevede di aprire uno Student Hotel a Bologna. lo st dent otel di Firen e na er pala o del sonno nella oto l i obile otto ente o tato a i tato e ri tr tt rato dal r o t net erland b , ideatore della atena

2017, gli obiettivi di Credem

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redem punta a reclutare 20 nuovi private banker e allargare la sua base clienti nel settore, acquisendone 2.300. Sono gli obiettivi dichiarati dalla banca emiliana per il 2017 per il comparto del wealth management. La speranza di crescita espressa da Credem segue il lancio del nuovo modello di business completata nel 2016, che ha visto la banca organizzare un percorso formativo per i banker e aprire 35 nuovi centri private all’interno delle succursali. Operazione, quest’ultima, effettuata con l’obiettivo di sviluppare sinergie con il resto della rete commerciale, ma anche di inserire esperti con diverse specializzazioni all’interno della stessa struttura.

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ban e ban ieri

Scoprire l’economia con gli occhi di un bambino

il re idente di cari o ano a dedi ato te o ed ener ie er ri ere n an ale di ed a ione inan iaria dedi ato ai i i oli e oi lo a ro o to en a arti olari a bia enti an e a li ad lti N alessandro nicol cci

di FABIO SGROI

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troppo difficile, non lo capirò mai, è inutile». Quante volte abbiamo sentito queste parole tra i banchi di scuola e forse anche a casa? E se da un lato non è mai troppo tardi per imparare, è sicuramente dall’istruzione che parte la crescita intellettuale dei ragazzi della generazione 2.0. Che si parli di una lezione in aula, via internet o su libro, i giovani, come i più adulti, ne avranno sempre e comunque bi-

RESIDENTE

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sogno. E Beppe Ghisolfi, presidente della Cassa di risparmio di Fossano, consigliere Abi e vicepresidente Acri, lo pensa, probabilmente, ancor di più degli altri. Nascendo come giornalista e professore di Teoria e metodo dei mass media è stato probabilmente assorbito da quel sistema scolastico che, in un modo o nell’altro, spesso forgia le persone. Proprio il piacere per la condivisione e l’osmosi intellettuale, hanno condotto Ghisolfi alla

pubblicazione di un testo unico nel suo genere: il manuale di educazione finanziaria. Qui, l’ex docente, ha riportato sotto forma di glossario i concetti chiave dell’economia e della finanza, con l’uso di immagini e di passaggi. Una Borsa descritta come il comune mercato in piazza per andare incontro al lettore, che per Ghisolfi, è un lettore sì giovane, ma allo stesso tempo desideroso di imparare i meccanismi dell’economia, limitando l’uso di parole e concetti ingannevoli. BancaFinanza lo ha intervistato, analizzando il sistema economico e sottolineando l’importanza di una sana (ri)educazione al panorama finanziario. Qual è il segreto del suo manuale? «Non credo che abbia segreti veri e propri, non mi sono inventato niente di particolare. E già Luigi Einaudi in tempi non sospetti (parliamo dell’inizio del Novecento) chiedeva a gran voce una semplificazione del linguaggio bancario, in modo da risultare di più facile comprensione, coinvolgendo così un numero di persone più elevato. Mi sembra però evidente che non siano mai stati presi seriamente in considerazione gli spunti del secondo presidente della repubblica, vuoi per difficoltà burocratiche, vuoi per problemi, come al solito, di soldi. Il mio manuale, che riprende certi concetti


di Einaudi (come semplicità del linguaggio e risparmio) è partito sostanzialmente dalle fondamenta: ho preso in esame i cento termini più utilizzati in economia e per ognuno ho elaborato una pagina, proprio sotto forma di glossario. L’elemento ricorrente è certamente la semplicità con cui vengono espressi i concetti. Infatti si parla di mele e pere, proprio come nei libri scolastici per bambini». Come è nata l’idea di questo lavoro? «È un archetipo nato poco alla volta nella mia mente. Ho sempre pensato che sarebbe stato utile un glossario economico facilitato che contenesse anche le basi e alcuni trucchetti del mestiere. Ma oggi, se osserviamo i dati statistici riguardanti la conoscenza degli italiani nell’ambiente finanziario, rischiamo di rimanere davvero basiti. Addirittura il 95% del campione, secondo i principali esperti del settore (tra cui Consob), non conosce la terminologia specifica e non comprende molti dei cardini principali. La Bce, le Bcc e chi ne ha più ne metta, sono sigle ingannevoli per la stragrande maggioranza di chi segue un telegiornale. Colpa forse dei giornalisti, ma anche degli spet-

SEM LI I AZIONE

tatori in primis. O meglio, della loro formazione e istruzione. L’educazione finanziaria deve essere considerata non solo come un diritto ma anche come un dovere. E deve partire dalle scuole primarie e secondarie questa mentalità, tramite corsi e manuali per un’utile e “sana” educazione economica». Lei sta cercando di contribuire attivamente alla diffusione di questo nuovo tipo di educazione. In che modo? «Dunque, prima di tutto va almeno detto che fino a una decina d’anni fa nessuno parlava di educazione finanziaria e in pochi vedevano in essa una realtà, non dico redditizia ma che almeno suscitasse interesse. E invece, in poco tempo, ho iniziato a visitare, su chiamata, sempre più scuole, entrando così a stretto contatto con gli studenti e carpendo quel-

lo che più necessitano per la loro crescita. Inizialmente ricevevo una gran quantità di domande e spesso non riuscivo nemmeno a rispondere a tutti i ragazzi. Così, dal giorno al notte decisi di trascrivere le mie risposte sotto forma di parole e illustrazioni. Concetti difficili ma con parole semplici. Possiamo quasi dire che sia tutto nato come un gioco. Anzi, un gioco per ragazzi». Un gioco che però è stato ben accolto dalla critica e che ha anche subito una rivisitazione per chi la scuola l’ha già terminata… «Sì, esatto. Proprio un paio di anni fa ricevetti una chiamata dalla casa editrice Aragno che mi proponeva una ristampa del volume senza le immagini, per una clientela dunque adulta. E il successo ottenuto fu davvero incredibile. Io stesso ne fui stupito e entusiasta nel IN LASSE

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ban e ban ieri

DI ERSI I ARE

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vederlo risalire le classifiche». E in questi giorni è primo su Ibs.. «Sono davvero felice e credo che le ragioni del successo siano un mix di fortunati eventi che hanno fortemente aiutato la diffusione del volume. Nel 2014 si iniziava finalmente a parlare di cultura finanziaria, lo facevano banche e anche altri enti e così il mio volume ha trovato la strada spianata. Poi credo che un linguaggio semplice non possa che agevolare la lettura di concetti considerati difficili, o esclusivi per una nicchia. Una nicchia che non deve più esistere, o meglio, ci si può e deve affidare agli esperti del settore, ma una buona conoscenza, che deve necessariamente partire dalle scuole, non può che aiutare il cliente durante le operazioni di banca». Quali sono i suoi progetti in ambito scolastico? «Tramite la Cassa di risparmio di Fossano abbiamo regalato più di 20 mila copie in giro per l’Italia. Purtroppo non riesco a visitare ogni scuola, ma vedo più di 3.000 ragazzi l’anno e trovo che, in quelle mattinate tra i banchi, si instaurino delle utili sinergie. Mi diverto molto e viaggio ancor di più, dai banchi di Napoli a quelli Gorizia, passando per Roma e Bari. Quel che più mi ha stupito è l’interesse dei ragazzi verso la materia e per i suoi segreti che nasconde. Dal mio punto di vista è come se avessero colto il punto chiave della questione, cioè la necessità di imparare a destreggiarsi nel mondo economico odierno. Sono gli stessi ragazzi a dirmi

LA SEDE

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che oggigiorno se non conosci i termini della finanza sei spacciato - perché non sei nemmeno in grado di leggere e comprendere il giornale. Hanno voglia di imparare e ormai dispongono di una mole di mezzi per conoscere e perfezionare le regole del settore. Il mio libro altro non è che un mezzo per spingere il lettore a saperne di più, a essere padrone del suo destino, con una finestra sull’economia sempre aperta, che sia d’aiuto nella quotidianità». Presidente, lei non si è limitato alle scuole. I suoi impegni televisivi l’hanno catapultata in una realtà a lei forse nuova… «Grazie al manuale ho iniziato a ricevere varie offerte dal mondo della televisione: Rai1, Tg1, Tg2, Ballarò e via dicendo. Ma il ricordo più bello è sicuramente quello che ho condiviso con la presentatrice Elisa Isoardi. Parlo del programma A conti fatti, dieci puntate mirate all’educazione finanziaria e alla cultura del risparmio. Quindi devo ammettere che con tutta questa pubblicità qualunque prodotto avrebbe avuto lo stesso successo. Ma non si deve vivere sugli allori, bisogna avere sempre lo sguardo sul futuro e, in questo senso, la mia campagna per l’istruzione finanziaria non può

dirsi ancora compiuta del tutto». Dopo una prima bocciatura, la commissione di bilancio del senato ha detto di sì all’educazione finanziaria nelle scuole. E così, in meno di dieci anni, il manuale è diventato una realtà non più di stampo locale, ma nazionale. Prime sensazioni? «Sono molto soddisfatto, al punto che quasi non mi sembra vero. Ho cominciato a tenere lezioni di educazione finanziaria dieci anni fa nel fossanese, partendo proprio dalle scuole elementari. Un progetto che poi, negli anni, ha riguardato molti istituti in ogni parte d’Italia. Devo ovviamente ringraziare il senatore Mauro Maria Marino che ha trasformato il mio - ma forse anche il suo - sogno in realtà. Inoltre, ritengo che questa l’introduzione nell’ambiente scolastico consentirà di sconfiggere gradualmente l’analfabetismo finanziario, migliorando così le competenze degli italiani in materia. Ora non rimane che formare gli insegnanti in maniera adeguata e senza stravolgere il loro mondo, adattando al tempo stesso l’intero ecosistema di dotazioni didattiche». In televisione lei ha anche parlato della difesa delle banche... «C’è stato un periodo in cui l’Abi, quando veniva interpella-


ta mandava spesso e volentieri me davanti alle telecamere. E di sicuro non è stato semplice trattare di certi argomenti con il pubblico in sala e da casa. Spiegare le dinamiche dei recenti problemi bancari a quel famoso 95% di cui parlavamo prima, mi ha davvero messo alla prova. Io, personalmente, ho cercato di esporre la mia posizione, sottolineando come dopo questi otto anni di crisi, in cui chiudono bottega ben 57 aziende al giorno, spesso e volentieri non si riesce a ricucire i debiti con le banche. Gli istituti di credito, dunque, si ritrovano in una situazione di difficoltà, specialmente quelle con meno patrimonio. Poi ovviamente non nego che negli anni ci siano stati episodi di cattiva gestione, però dopo quasi una decade di crisi è abbastanza ovvio che anche il sistema finanziario ne risenta. E va detto che la stragrande maggioranza degli istituti è riuscito a salvarsi da solo, o con l’intervento, oneroso, di altre banche. A oggi, solo Monte dei Paschi ha ricevuto aiuti dallo stato - che prima non aveva mai contribuito attivamente. Mentre all’estero non è così raro. Germania, Olanda e Francia sono validi esempi». Quindi che ruolo deve avere lo stato per le banche? «Personalmente, ritengo che non debba intervenire a meno di situazioni estreme - come nel caso del triste capitolo senese. Intervenire, risanare e ricapitalizzare. Proprio questi devono essere gli obiettivi dello stato che poi, dopo un paio di anni di stabilità, dovrebbe rivendere le proprie quote e intervenire nuovamente solo in caso di grande difficoltà. A mio parere non è pensabile che queste banche non vengano aiutate, perché si crea un danno davvero enorme per i risparmiatori». Parliamo della sua banca… «Sono presidente dal 1997 e

IN ONDA

attualmente - come nel passato la Cassa di risparmio di Fossano è un istituto solido e autonomo che risponde alle esigenze del territorio». Quali sono i trucchi del risparmio cui deve fare riferimento la famiglia media di oggi? «Dunque, i tempi sono duri ora come ora. E non è facile trovare dei mantra da seguire. Quel che è certo è l’importanza della diversificazione, cioè non puntare mai su un unico prodotto ma su un numero più ampio. È anche importante evitare di agire da soli, a meno che non si sia esperti del settore. Bisognerebbe anche stare molto attenti quando ti propongono alti rendimenti, perché vi corrispondono, spesso e volentieri, alti rischi. Per cui, se qualcuno oggi propone al cliente performance del 5%-6% bisogna aprire gli occhi, perché probabilmente sono prodotti ad alto rischio. Quando è emerso il caso delle quattro aziende di credito che hanno venduto le obbligazioni subordinate, io ho incontrato più volte questi risparmiatori sia in programmi televisivi sia in incontri vari. E qual è la prima cosa che mi domandavano? Abbiamo comprato queste obbligazioni ma non sapevamo cosa fossero. L’ignoranza finanziaria poi di-

venta un handicap per te stesso: ecco perché io insisto con i ragazzi, perché non sapere non produce nulla di buono. In un certo senso possiamo dire che anche se non vuoi occuparti dell’economia, purtroppo lei sì che si occupa di te». All’inizio lei citava Einaudi, chi sono invece i suoi maestri di oggi? «Dunque, cito un unico nome, anche se in realtà sarebbero numerosi . Il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli è sicuramente un amico, ma prima di tutto un maestro. Ammiro la sua preparazione e il suo costante richiamo all’etica. Etica che applica in ogni momento e soprattutto con se stesso».

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«UN MAESTRO»

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prota oni ti

Colpo di scena: l’Italia senza euro ci guadagna st dio di Medioban a e nala la o ibilit on reta di abbandonare la oneta della Mer el en a ri er ioni co re a la al ta ione il onto arebbe in atti o di iliardi e o er N andrea costa

di FABIO SGROI

BERLINO A UT MUNDI

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a versione inedita di Mario Draghi è quella di un manager che con una mano prende a schiaffi l’Europa per non essere riuscita ad interfacciarsi con il mondo economico e finanziario come un corpo unico, e con la stessa cerca di tessere la tela per sollecitare la costruzione di un «soggetto competitivo» che si liberi dagli egoismi dei singoli stati. «Come abbiamo visto durante la crisi finanziaria un’integrazione finanziaria incompleta crea vulnerabilità ed è a rischio frammentazione». Il riferimento seppur mascherato dalla diplomazia che lo contraddistingue, è rivolto all’incapacità dell’eterogenea composizione geografica, ma non politica, denominata Europa di superare il darwinismo economico di tipo teutonico. In altre parole troppa Germania fa male, non solo all’Italia ma a

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tutti i satelliti che gli gravitano attorno. E a quanto pare non soltanto per i nazionalismi che alimentano pulsioni verso la disgregazione dell’Unione monetaria. L’avvento di Donald Trump, con quel suo passare come un rullo compressore sopra i principali equilibri internazionali, diplomatici e commerciali, con quella dialettica brutale e senza perifrasi clonata dal suo consigliere al Commercio, Peter Navarro, spinge a credere che un’Europa diversa è necessaria dopo il siluro

senza precedenti alla Germania, colpevole di usare un euro «ampiamente svalutato», «un Marco travestito per sfruttare gli Stati Uniti e i suoi partner europei». Il punto nodale, insomma, è questo: mentre la Casa Bianca ridisegna la mappa delle relazioni, l’Europa rischia di apparire per quello che è, ovvero un soggetto sfilacciato e reso vulnerabile dai propri egoismi e dalla sostanziale incapacità di agire come un unico corpo. Un lusso che non possiamo permetterci. Ed è lo stesso pensiero di Draghi consapevole del tonfo a cui andrebbe in contro l’Europa nel caso di una mancata riforma.


A Draghi il premio Cavour L’onorificenza gli è stata riconosciuta per aver mantenuto l’indipendenza della Banca centrale europea come la vollero i suoi fondatori di fronte ai tentativi di assoggettarla a interessi occasionali e contradditori degli Stati «Sarà anche vero che la storia non è magistra di niente che ci riguardi, come ricorda Montale. Ma, nel ringraziarvi per questo prestigioso riconoscimento, reso ancora più illustre dalle figure dei premiati che mi hanno preceduto, nel ricordare alcuni tratti dell’opera di Cavour, appaiono le somiglianze tra gli accadimenti di quel tempo lontano e situazioni che hanno continuato a ripetersi nella storia d’Italia fino ai nostri giorni. Così Mario Draghi a Santena ha ritirato il premio della Fondazione Cavour e dagli Amici della Fondazione Cavour «per avere mantenuto l’indipendenza della Banca Centrale Europea, come la vollero i suoi fondatori, di fronte ai tentativi di assoggettarla a interessi occasionali, mutevoli e spesso contraddittori dei 19 Stati membri». Il premio gli è stato assegnato anche perché ha «in ogni modo e con ogni mezzo, adottato misure monetarie atte a sostenere la crescita economica di tutti i Paesi europei, allontanando il pericolo di una deflazione tuttora incombente”. Il riconoscimento è la riproduzione in oro degli occhiali del conte che convertito in euro vale 2.800 euro i quali saranno devoluti ai terremoti. Nel suo discorso Draghi ha riperso il percorso politico dello statista italiano. «In una fase di instabilità del continente europeo, Cavour trovò proprio nell’Europa, nella connessa idea di progresso verso una forma superiore di civiltà così come la intendeva la visione

«Con l’unione bancaria stiamo gettando le basi per una futura integrazione finanziaria - ha detto Draghi aprendo a Francoforte un convegno dedicato al mercato digitale integrato in Europa - ma per raggiungerla appieno bisogna allargare il quadro anche a una integrazione del mercato dei

liberale, un’àncora della sua azione per il rinnovamento del Regno di Sardegna e per l’unità dell’Italia. Proprio perché, da vero patriota, il suo amore per l’Italia era così forte e illuminato dall’intelligenza, esso non fece mai velo al suo giudizio: l’Italia aveva bisogno dell’Europa per crescere, per progredire, per star meglio». Un Paese che aveva bisogno dell’Europa per conquistare la propria indipendenza e la MARIO DRAG I propria unità a cui anelava da secoli senza successo. Secondo Draghi l’Italia “continuerà ad averne bisogno per affrontare le sfide che si porranno nel corso della sua conseguimento del proprio progetto, in esistenza». Ma a Cavour fu sempre chiaro definitiva il suo straordinario successo, che il rapporto con l’Europa sarebbe sono, specialmente in questi giorni ricchi stato fertile se il Paese avesse appreso a di richiami a cupi passati, una irresistibile progredire e a crescere anche da solo. fonte di ispirazione per chiunque, non Altrimenti, la sua stessa indipendenza solo in Italia, veda nella collaborazione sarebbe stata compromessa. Allora, come internazionale l’unico modo di governare oggi, il rapporto con l’Europa era fondato problemi che gli stati nazionali non sulla solidarietà derivante dal mutuo riescono ormai da molto tempo a risolvere beneficio e sulla responsabilità degli stati da soli». Alla cerimonia - alla quale sono nazionali indipendenti. «In un contesto pur stati presenti il presidente della Regione così diverso come quello attuale – ha detto Piemonte, Sergio Chiamparino, il sindaco Draghi - la sua ispirazione, la sua maestria di Santena, Ugo Baldi, e il presidente della nel tenere conto con ambizioso realismo Fondazione Cavour, Nerio Nesi - Draghi degli interessi delle forze in campo, ha reso omaggio alla tomba di Cavour la sua capacità di tenere unite le forze e ha inaugurato la lapide in memoria di interne ed esterne al paese necessarie al Carlo Azeglio Ciampi.

capitali». Come dire: siamo ancora un cantiere aperto e dobbiamo accelerare il passo. Draghi non ha torto. L’unione bancaria, per esempio, è ben lungi dall’essere stata completata. E, guarda caso, a causa del nein di Berlino allo scudo comune che

dovrebbe proteggere i correntisti europei con depositi fino a 100mila euro, nonostante il passaggio all’assicurazione unica non fosse previsto prima del 2024. È la stessa Germania che si è sempre opposta a una mutualizzazione del debito, bocciando quell’idea degli Eurobond che forse avrebbe impedito Gennaio / Febbraio 2017


prota oni ti

I OTESI

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la crisi del debito sovrano. Quanto al progetto di unione del mercato dei capitali, il piano della Commissione Ue è lì a prender polvere dal settembre 2015. Per questa ragione, secondo Draghi, «promuovere l’integrazione finanziaria accanto a quello della stabilità dei prezzi, è uno degli obiettivi primari dell’Eurosistema». «È infatti essenziale per un buon funzionamento della valuta unica – prosegue Draghi – perché in effetti, si possono considerare l’integrazione finanziaria e la valuta unica come i due lati di una stessa medaglia: una delle motivazioni alla base dello sforzo verso la valuta unica è stato la massimizzazione dei benefici del mercato unico dei capitali» e, d’altra parte, «un mercato finanziario integrato è necessario per avere una valuta unica efficiente». Per questo la Bce «guarda con favore al progetto di unione del mercato dei capitali». Il progetto «è in grado di completare l’Unione bancaria, rafforzare l’Unione economica e monetaria e rafforzare il mercato unico» così da porre, assieme all’Unione bancaria, «le premesse per un’integrazione finanziaria più sostenibile in futuro» aggiunge Draghi. Il problema è che finché non si passerà dalle parole ai fatti resterà l’incertezza a dominare lo scenario economicofinanziario. Gennaio / Febbraio 2017

Tutto questo accompagnato dalle ipotesi di chi sostiene che l’uscita dall’unione monetaria sarebbe un vantaggio per l’Italia, calcoli alla mano si intende e per di più eseguiti da Mediobanca in un dossier riservato ai correntisti. Ebbene negli ultimi quindici anni gli avanzi primari dello Stato italiano sono stati tra i più virtuosi d’Europa, ma la sua economia reale, al contrario è stata la peggiore. Tradotto vuole dire che lo Stato dalle tasse ha incassato di più di quello che ha speso. Ma che visto il blocco della crescita dell’economia ha dovuto pagare un mare di interessi sull’enorme debito pubblico, che inesorabilmente continua a crescere. Così i conti pubblici sono finiti in rosso. Il cerchio si chiude se a questo si aggiunge che finora i tassi d’interesse ci hanno favorito, perché si sono mantenuti bassi. Ma inevitabilmente prima o poi saliranno di nuovo. E l’Italia è arrivata a pagare gli interessi su 70 miliardi di dollari. Insomma viviamo con una moneta rivalutata, tipo quanto Benito Mussolini nel ‘28 fece quota 90, vale a dire che il cambio con la sterlina si assestò sulle 90 lire (per l’esattezza 88,09), con il dollaro a 18,15. Il cambio nel primo dopoguerra si era attestato a 153 lire per una sterlina. Mussolini accompagnò però questa misura finanziaria deflazionistica con un politica protezionista e con un abbassamento dei salari, accompagnato da un contenimento del costo della vita. Nel secondo dopoguerra, aiutata dal piano Marshall, l’economia riprese. Una cosa è certa, più il tempo passa, sostengono gli analisti, e più costerà abbandonare la moneta unica. Lo studio di Mediobanca, che pure considera cruciali le elezioni prima in Francia e poi in Olanda e prevede quelle italiane a fine legislatura, affida la sua analisi sui costi dell’uscita dall’euro, essenzialmente a ragioni di tipo economico. La prima questione è che la moneta conta. Eccome, quando si parla di produttività italiana.

Il nostro differenziale con la Germania e la Francia è del 20% con tre momenti storici che hanno determinato questo stato di cose: 1979 quando siamo entrati nel circuito monetario con una banda di oscillazione del 6%, poi nel 1989 quando la forchetta l’abbiamo abbassata al 2,25% e infine nel 1996 quando abbiamo addirittura rivalutato la lira dell’8% per riuscire ad agganciare il nascente euro. Da quel momento in poi è stato un tracollo. Negli ultimi quindici anni la ricchezza italiana (il Pil) non è cresciuta di un euro. Dal 2008 ad oggi il Pil è sceso di sette punti percentuali. E le conseguenze si vedono nei portafogli delle banche pieni zeppi di crediti inesigibili. Il punto nevralgico dello studio è la ridenominazione del debito pubblico in lire (cioè l’abbandono dell’euro) e il conseguente deprezzamento della lira che «possono supportare - scrive Mediobanca - una sostanziale decurtazione del debito e, insieme a una politica monetaria ritornata sovrana, creare le condizioni per un genuino rilancio dell’economia italiana». Nello scenario di Mediobanca che si concentra su cosa succede al nostro debito, si fanno delle ipotesi stringenti. La prima prevede che non si cambi la valuta (cioè i rimborsi continuino a essere fatti in euro) per circa 900 miliardi del nostro debito pubblico, che è stato emesso recentemente e che è vincolato ad accordi europei chiamati Cac. Insomma in circolazione è come se ci fossero due tipi di titoli di Stato italiano: quelli nuovi non si toccano, i vecchi si rimborserebbero in lire. La seconda ipotesi, scontata, è che la Banca d’Italia si riprenda la sua sovranità. E la terza ipotesi è che la lira si svaluti del 30% e proprio per questo motivo renda più conveniente il rimborso del debito. Il conto finale è che il passaggio dall’euro alla lira ci farebbe subito avere un risparmio di 8 miliardi. Non tantissimo, ma neanche la catastrofe.


armundia Group

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Il bilancio del decennale tra successi e nuove sfide In pista dal 2007, la società è già un brand riconosciuto a livello internazionale nell’ICT per banche e assicurazioni. E ora rinnova i propri prodotti, rafforza l’attività di consulenza e potenzia il suo team Armundia nasce nel 2007 la Armundia factory, deputacome una realtà innovativae da to al potenziamento dell’help allora, nell’arco di dieci anni, la desk e delle attività di svilupsocietà è cresciuta in tutta Eupo. Poi la continua crescita del ropa e si è ritagliata un ruolo fatturato che nel 2016 è stadi riferimento come fornitore ta di circa il 30% superando i di servizi Ict per i settori banca4 milioni di euro, il premio inrio, finanziario e assicurativo tanternazionale. Le fonti awards to da annoverare, tra gli altri, il 2016 nella categoria “Servizi gruppo Intesa Sanpaolo tra le Ict per banche e assicurazioni” sue referenze più prestigiose. e la strategia di puntare sul caAll’alba del suo decimo anniver- Gianluca Berghella pitale umano. Da un lato insario, che festeggerà ad ottobre fatti i nostri manager seguono prossimo, Armundia group è pronta con un corsi di alta formazione volti allo sviluppo di programma di sviluppo ricco di sfide. Ne ha specifiche competenze manageriali, imprenparlato a BancaFinanza, Gianluca Berghella, ditoriali e di business. Dall’altro con azioni di presidente di Armundia group. recruiting iperselettive e grazie alla partnership Dieci anni, un bel traguardo…Quale il bilancio di primari istituti universitari nazionali e interdelle scelte fatte? nazionali, abbiamo scelto le migliori risorse sul «Il bilancio di questi dieci anni è sicuramente mercato, talentuose giovani promesse dell’inpositivo, con risultati di eccellenza su vari fron- gegneria informatica, accomunate da pasti. Il primo elemento di grande orgoglio è che sione per il lavoro e altissima professionalità. abbiamo costruito un brand forte, oggi ricono- Possiamo dire con orgoglio che in dieci anni sciuto a livello internazionale per contenuto di l’azienda è cresciuta “dentro e fuori” pur rimainnovazione tecnologica, affidabilità, sicurezza nendo italiana al 100% e giovane». e continuo aggiornamento delle soluzioni. Uno dei vostri casi di successo? Altro gran risultato è il posizionamento rag- «Siamo attualmente impegnati con un progetgiunto in Italia e all’estero. Ad oggi annoveria- to di respiro internazionale per il gruppo Intesa mo installazioni in Inghilterra, Irlanda, Lussem- Sanpaolo, che ha scelto la piattaforma Armunburgo, Svizzera, Slovenia, Croazia, Ungheria, dia Wealth Shaper quale sistema di riferimenSlovacchia, Arabia Saudita e abbiamo sigla- to per il lancio dei servizi di advisory in ambito accordi di distribuzione in Indonesia. A bre- to finanza di tutte le sue controllate estere. Ad ve confidiamo di approdare anche nei mercati oggi siamo in fase di roll-out della piattaforma asiatici, in particolare Singapore e Cina, dove il per Croazia (Privredna banka Zagreb), Slovenostro osservatorio sta confermando l’assolu- nia (banka Koper), Ungheria (Cib bank) e Slota compatibilità e competitività dei nostri pro- vacchia (Vub banka). Inoltre da circa un anno dotti con riferimento ai modelli di business e è operativa la nuova filiale londinese della dividi compliance supportati. Il terzo aspetto è sione Private Banking del gruppo Intesa Sanlo sviluppo dell’organizzazione interna, che è paolo: si tratta della prima branch interamenper i nostri clienti un forte segnale di solidità te dedicata alla clientela private operante nel e sviluppo. L’azienda oggi conta 4 divisioni in- Regno Unito. Il progetto, realizzato in tempi reterne, un organico complessivo di circa 70 ri- cord, ha portato all’installazione ed integraziosorse e un distretto produttivo in Albania con ne nei sistemi di gruppo della suite Armundia

private Shaper per la gestione a 360 gradi dei processi operativi di front-office: dall’on-boarding del cliente, alle attività di Asset&Wealth Management compresa l’attività di Advisory e gestione personalizzata del portafoglio. Dalla replica dell’esperienza londinese è poi nato il progetto per il Lussemburgo (Intesa Sanpaolo bank Luxembourg), attualmente in fase di roll-out. Per noi queste referenze sono di altissimo prestigio e rappresentano la costante conferma della qualità, della completezza e della strategicità delle nostre soluzioni, sviluppate sempre con approccio tailormade per soddisfare totalmente le esigenze dei nostri clienti, i loro obiettivi e le aspettative di valore aggiunto da parte degli utenti finali». Quale il programma per il 2017? «Il 2017 è l’anno del nostro decennale e sarà ricco di sfide e di novità. Abbiamo appena avviato il piano di potenziamento della divisione Armundia consulting: i progetti di consulenza specialistica sono l’anima di Armundia, perché molti di essi, una volta consolidati, diventano anche prodotti da proporre al mercato. Fra le varie azioni, abbiamo acquisito dal mercato una figura top professional e intorno a lui abbiamo avviato un recruitment di risorse senjor con esperienza nel campo della consulenza strategica organizzativa e di processo, al fine di comporre una squadra ancora più corposa, completamente dedicata allo sviluppo di nuovi ambiziosi progetti consulenziali sia per il comparto banca-finanza che per il comparto assicurativo. Nel secondo quarter 2017 presenteremo al mercato la nuova suite shaper, completamente adeguata alla Mifid II e sviluppata con tecnologia nativa Html5, nonché il nuovo modulo di Robo-Advisory, concepito nell’ottica fintech di favorire i processi di digitalizzazione che stanno investendo il mondo finance e le sue reti di distribuzione». E poi festeggeremo il nostro compleanno con un evento imperdibile!


prota oni ti

Gente che viene, gente che va poltrone, n o e no ine e a i enda enti nel e e di ennaio N alberto Ma a

di FABIO SGROI

Da questo numero, lo spazio dedicato alle carriere cambia format. Al posto della tradizionale rubrica di news, quindi, verrà proposto un vero e poprio articolo a capitoletti. Abbiamo deciso di mettere in atto questa pur piccola variazione per valorizzare maggiormente le notizie che riguardano nomine e avvicendamenti. Siamo, infatti, convinti che - nonostante il prestigio che alcuni brand hanno conquistato e l’indubbio ruolo che altri si sono ritagliati nella storia - a fare grande una banca (e un’azienda in generale) siano soprattutto le persone che ci lavorano.

NUO A ORGANIZZAZIONE

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Dopo aver completamente riorganizzato le attività aziendali più importanti con la creazione delle sei business line, Banca popolare Volksbank procede a disegnare il nuovo organigramma. Il fil rouge scelto dall’azienda di credito sudtirolese per riempire le nuove “caselle” è il rafforzamento delle aree relative ad aziende, privati e

gestione dei crediti problematici. Le novità, annuncia una nota dell’istituto, «riguardano sia il polo commerciale Alto Adige, sia il polo Veneto». Si parte da da Manuela Miorelli, che è ora al timone della nuova e più ampia area di Bolzano-Merano. La manager, che era già direttrice della vecchia struttura territoriale di Bolzano, andrà a operare come partner per le


filiali capofila di appartenenza e quelle di riferimento (31 succursali, con 185 collaboratori), ma anche per il centro private. Stesso discorso per S t e phan Theiner, direttore dell’area Venezia, che in precedenza era al timone a Merano. Thaler sarà dunque l’uomo che coordinerà le filiali della zona dipendente dalla città lagunare (in totale 21, con 88 collaboratori). Rafforzato anche l’approccio verso le imprese clienti: il corporate del polo Alto Adige sarà ora partner di riferimento per le imprese del Sudtirolo, del Trentino e del Bellunese.

Questa area è diretta da Georg Mair am Tinkhof. Il giro di poltrone riguarda anche il team di direzione e il comparto crediti, che è stato ora diviso in due parti. La prima è la direzione crediti in bonis, affidata a Thomas Walter Kofler, in precedenza a capo dell’internal audit di Volksbank. La seconda, invece, è la direzione crediti workout (cioè anomali), diretta da Heinz Baumgartner, per molti anni responsabile del servizio crediti dell’istituto di credito sudtirolese. Kofler e Baumgartner riporteranano direttamente al direttore generale Johannes Schneebacher.

MANUELA MIORELLI

STE AN T EINER

GEORG MAIR AM TIN O

ALTER O LER

EINZ BAUMGARTNER

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prota oni ti Il consiglio di amministrazione di €fpa Italia (sezione country della European financial planning association) ha eletto Mario Ambrosi alla presidenza. Già membro del cda, Ambrosi è certificato Efa dal 2008. La votazione si era resa necessaria dopo il decesso del presidente Aldo Vittorio Varenna, scomparso alla Vigilia di Natale. Si conclude, quindi, il breve periodo di interim, in cui a fare le veci del presidente era stato Paolo Guerra, in veste di consigliere più anziano. Proprio Guerra, nel salutare il nuovo leader dell’associazione, si è detto «convinto che riuscirà dare continuità ai programmi che abbiamo condiviso». «Uno degli obiettivi fondamentali per il mercato e la consulenza», ha dichiarato Ambrosi dopo aver dato omaggio alla figura di Varenna, «è quello di sviluppare la cultura delle certificazioni in MARIO AMBROSI Italia, anche a fronte delle nuove sfide lanciate dalla Mifid 2». E ha aggiunto: «la valorizzazione della conoscenza e delle competenze dei consulenti finanziari sono un punto nodale per il mondo del risparmio del nostro paese». Tra i vari appuntamenti già in calendario, l’Efpa Italia meeting 2017, che si svolgerà Il 12 ed il 13 ottobre al Palazzo del Cinema, a Venezia Lido. Nuovo global head per State Street global exchange. Si tratta di John Plansky, che superGennaio / Febbraio 2017

DA ID OLDER

T OMAS ERBERT

visionerà l’intera strategia della società. Plansky sarà anche responsabile dello sviluppo di nuovi prodotti e servizi, che avranno l’obiettivo di assistere i clienti a gestire dati sempre più numerosi e complessi, cercare rendimenti migliori, non perdere di vista le asset class più interessanti e affrontare i rischi. Il manager, laureato in biofisica alla Brown University, proviene da PwC, dove era membro dell’advisory financial services leadership team; in questa società ha guidato i business Us strategy e Us global platform. In precedenza, tra le altre cose, è stato ceo di NerveWire e responsabile financial services e technology di Booz&co. Plansky riporterà a Lou Maiuri, executive vice president della società che fa parte del gruppo State Street corporation.

conduzione del comitato di sviluppo strategico e nell’attuazione delle sue iniziative; pur promosso a un nuovo ruolo, proseguirà comunque a svolgere le mansioni precedenti alla nomina, cioè quelle di responsabile del dipartimento operations e della gestione controllo rischi. Older è invece il nuovo responsabile equity: tutti i gestori dei fondi azionari e gli analisti di questa area riporteranno direttamente a lui. Entrato in Carmignac nel 2015 con il ruolo di gestore senior, Older è anche responsabile della valutazione e ottimizzazione della performance dei portafogli per generazione di alfa. La sua gestione comprende l’intero azionario Usa, tranne le commodity.

Due nomine in Carmignac. Si tratta di Christophe Peronin, nuovo vicedirettore generale, e David Older, responsabile equity; entrambi lavoravano già all’interno dell’azienda. Peronin, entrato in Carmignac nel 2010, collaborerà con il direttore generale Eric Helderlé nella

Thomas Herbert è entrato in Ethenea independent investors come portfolio manager; lavorerà in un team dedicato, che sarà composto da 13 persone. Nato a Francoforte, Herbert, 50 anni, ha conseguito un master in Economia ed Econometria; è stato head of credit research in Dz Bank e in Crédit Agricole Cib. Nel 2005 è approdato in Adia (Abu Dhabi) con il ruolo di head of credit research. A fine 2013 è tornato in Germania


dopo aver accettato la proposta di Meriten investment management, per cui ha ricoperto il ruolo di chief investment officer. Ethenea è una società di gestione indipendente, con più 8,6 miliardi di euro complessivi in gestione a fine 2016. La sua sede è in Lussemburgo; colloca i suoi prodotti tramite reti e banche partner in Italia, Germania, Austria, Francia, Svizzera, Spagna e Portogallo. Dnca, società di gestione francese nata nel 2000 e sbarcata in Italia nel 2008, ha reclutato Roberto Veronico come senior relationship manager per la clientela istituzionale. Salgono quindi a otto i professionisti che lavorano nel team italiano di Dnca, guidati da Enrico Trassinelli (90, invece, i collaboratori a livello internazionale). Il nuovo acquisto avrà la responsabilità dei rapporti con la clientela istituzionale, che include casse di previdenza, fondi pensione, fondazioni bancarie, assicurazioni e altri enti pubblici e privati. Veronico, 48 anni, di Roma, ha oltre 20 anni di esperienza nel settore degli investitori istituzionali. Dopo essersi laureato a pieni voti in Scienze statistiche e attuariali alla Sapienza, ha esordito in Towers Watson come advisor. È passato poi in Unicredit, dove ha lavorato per più di 15 anni nel fondo pensione del gruppo, ricoprendo vari ruoli (tra questi, managing director della sicav lussemburghese del fondo, vicedirettore dello strumento previdenziale dal 2002 e membro dei consigli di amministrazione dei fondi pensione della ex Crt e della ex Cassamarca). Nel giugno 2013 è infine passato in Mercer, da dove proviene; qui è stato responsabile dal 2013 al 2015 della divisione retirement e investments. Dnca è una società di gestione francese che punta a ottimizzare il profilo di rischio/rendimento dei portafogli tramite l’adozione di un approccio difensivo. È specializzata

in azioni europee e internazionali (long only e absolute return), gestione multiasset, obbligazioni convertibili e dell’area euro; ha oltre 20 miliardi di asset in gestione, di cui 6 in Italia che, sottolinea Trassinelli, è «per importanza e dimensioni il secondo mercato di Dnca dopo la Francia».

Uniti, del Canada e del Giappone. Prima di lavorare all’interno della società emittente americana, Guthrie aveva operato nella sede di Sydney di Macquarie Bank, in qualità di investment executive; in seguito si era trasferito alla divisione capital market Etf di Deutsche Bank.

Jason Guthrie è il nuovo director of capital markets di WisdomTree in Europa. Lo annuncia una nota dell’emittente di Etf e di Etp. Sostituisce Zach Hascoe, che torna a lavorare alla sede centrale di New York. Guthrie si occuperà soprattutto di capital market e lavorerà a stretto contatto con gli investitori. Sarà anche chiamato ad ampliare e rafforzare le relazioni con la comunità dei trader, per garantire un’esecuzione corretta degli scambi nelle piattaforme degli Etf Ucits e dei Boost Etp di WisdomTree in Europa, Israele e America Latina. Il nuovo director of capital markets riporterà direttamente a Dave Abner, head of WisdomTree in Europa, e opererà a stretto contatto con Anita Rausch, head of capital markets per i mercati degli Stati

Paolo Tenderini è il nuovo ceo di Edmond de Rothschild Italia sgr. Lo ha annunciato una nota del gruppo. Il manager, che lavorerà a Milano, assume anche il ruolo di branch manager per Edmond de Rothschild (France) - succursale italiana. Sostituisce Stefano Rossi, che ha lasciato il gruppo. Riporterà, nelle sue due funzioni, rispettivamente a Luca Venturini, global market manager per l’Italia, e a Vincent Taupin, ceo di Edmond de Rothschild (France). Tenderini proviene da Ubs; all’interno della banca elvetica ha lavorato nella divisione ultra high net worth e istituzionale per il mercato italiano.

AOLO TENDERINI ASON GUT RIE

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a et Mana e ent

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ra di

Bond governativi? Sì, ma... La società ha lanciato un fondo comune dedicato alle obbligazioni emesse da stati sovrani. Ma ha previsto la possibilità di aggiungere una limitata quota di azionario, che potrà spingersi fino al 15% la ede di nordea

n

ordea asset management lancia una soluzione di investimento a obiettivo nell’area dei bond governativi. Si tratta di un fondo comune con un profilo più conservativo e un livello di rischio controllato e moderato, senza vincoli di benchmark. Il nuovo strumento, che si chiama Nordea 1 – Flexible fixed income plus fund – lascia la porta aperta a tutte le asset class obbligazionarie; la sua esposizione all’azionario è invece limitata (non più del 15% del portafoglio). Questa strategia vuole offrire al gestore la possibilità, quando lo riten-

c ri to

e Girondel

ga opportuno, di far crescere leggermente il profilo rischio/rendimento rispetto a quanto accade in un normale obbligazionario. La logica di investimento su cui si fonda la costruzione del

portafoglio, afferma una nota della società nordeuropea, è identica a quella alla base degli altri due fondi Nordea 1 (e cioè il Flexible fixed income fund e lo Stable return fund). E prevede di bilanciare il rischio fra i driver di rendimento che danno buone performance durante i periodi di crescita e quelli che vanno meglio in epoca di recessione. Infine, il fondo si servirà di modelli di allocazione tattica, con lo scopo di preservare il capitale. In ogni caso, affinità strategiche a parte, la capacità di gestione del nuovo fondo è svin-

colata da quella di Nordea 1 – Stable return fund. Più somiglianze con il Flexible fixed income fund, che è gestito dalla stessa squadra (il team multiasset) e il cui comitato di investimento è guidato da Karsten Bierre e Asbjorn Trolle Hansen. Questo gruppo amministra oltre 80 miliardi di euro di masse in diverse strategie e, sottolinea Christophe Girondel, global head of institutional and wholesale distribution di Nordea, ha «oltre dieci anni di esperienza nello sviluppo di soluzioni incentrate sul bilanciamento dei rischi».

Bnp Paribas porta in Borsa la nuova serie di Athena

b

np Paribas ha comunicato l’emissione, al Sedex di Piazza Affari, di una nuova serie di certificati di investimento Athena. su azioni delle maggiori società quotate e alcuni indici dei principali paesi. Questi strumenti, bennali, hanno due particolarità: offrono la possibilità di rimborso anticipato e pagano un premio con «effetto memoria» se il sottostante, alla data di valutazione intermedia, ha raggiunto a un livello pari o superiore a

quello iniziale. Tre, invece, le scadenza anticipossibilità che pata dopo il prisi presentano mo anno). Se, quando il certiinvece, il sottoficato non scastante è arretrade in anticipo. to, ma ha chiuSe la quotazioso il biennio a ne del sottouna quota supestante è più al- ne ia Gre orini ta o uguale a quella iniziale, il riore o pari alla barriera, la cliente riceve il capitale inve- società restituisce comunstito, a cui viene aggiunto que il capitale nominale (100 più un premio (doppio ri- euro per certificato). Infine, spetto a quello che sarebbe se il valore resta sotto la barstato corrisposto in caso di riera, Athena liquida all’inve-

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stitore un importo commisurato alla performance del sottostante. Secondo Nevia Gregorini, responsabile public distribution di Bnp Paribas corporate & institutional banking, l’investitore tipo di Athena, «sia su azioni singole che su indici» è quello «alla ricerca di rendimenti abbinati alla possibilità di rimborso anticipato del capitale investito nelle date di valutazione intermedie».


Moneyfarm affianca il gestito all’amministrato M

oneyfarm vara un nuovo servizio di gestione patrimoniale in Etf. L’offerta si aggiunge, a un costo invariato e senza soglia minima di investimento, al servizio in amministrato, che è disponibile sul mercato italiano dal 2013. Secondo una nota della società di consulenza finanziaria on line, l’investitore avrà la possibilità di optare per una delle due possibilità, oppure – se lo desidera – sceglierle entrambe con uno o più portafogli. Nel servizio in gestito, a differenza di quanto accade per l’amministrato,

non è però necessario accettare e confermare i consigli di ribilanciamento di portafoglio nel corso dell’anno: questi, infatti, saranno eseguiti automaticamente dal team di gestione di Moneyfarm. Con il lancio, parte anche il nuovo servizio paperless, che avvia una ristrutturazione totale dell’infrastruttura alla base del prodotto. Il processo di sottoscrizione diventerà, dunque, completamente digitale. Le due novità arrivano a più di un un anno dall’aumento di capitale di 16 milioni di euro e

a due mesi dall’accordo strategico con Allianz digital venture. Moneyfarm opera oggi

con oltre 80 professionisti, che lavorano nelle tre sedi di Milano, Londra e Cagliari.

Base investments si fa in quattro a Piazza Affari

Société Générale e Binck Italia riducono le commissioni

b

d

ase investments approda a Piazza Affari. La sicav lussemburghese della Banca del Sempione ha infatti lanciato la negoziazione su Borsa Italiana di quattro strumenti a gestione attiva: Bonds value (obbligazionario), Flexible low risk exposure (flessibile) e i due comparti Bonda multicurrency ed Euro hedging, elaborati per consentire una diversificazione valutaria del portafo-

glio. «La negoziazione in Borsa di fondi», ha affermato Pietro Scibona, responsabile area finanza di Banca del Sempione, «è indubbiamente un passo fondamentale, non solo per il settore del risparmio gestito ma anche per aumentare l’indipendenza dell’investitore nelle sue scelte». Base investments, nata nel 2001, ha circa 500 milioni di euro in gestione.

al 19 gennaio, i clienti italiani di Binck Bank potranno sottoscrivere più di 50 prodotti quotati con commissioni di negoziazione ridotte o addirittura azzerate. Lo hanno deciso le due società. A rientrare in questa casistica sono gli Etc, i certificati Cash collect Plus+ e le obbligazioni in valuta emergente del gruppo francese.

la ede di so i t G n rale

La prima volta di Arca Fondi sgr

a

rca Fondi sgr vara un fondo comune aperto bilanciato obbligazionario. L’offerta, che ha una soglia

minima di sottoscrizione di 100 euro, non prevede la distribuzione di proventi. Arca Economia

reale bilanciato Italia – questo il suo nome - avrà due classi di quote di cui una Pir (piano individuale

di risparmio, il primo lanciato da Arca). Il fondo ha una componente azionaria del 30%.

Gennaio / Febbraio 2017


s enari

Il sentiment degli istituzionali trimestre per trimestre N alberto

Ma a

di FABIO SGROI

BRE OMETER

state street, in ollabora ione on pollri t, a reato n baro etro ll atte ia ento de li in e titori nei on ronti della n o a in ilterra e tra o nitaria ed e o i oi ri i ri ltati

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016, fuga da Londra. Si possono condensare così, parafrasando un noto film hollywoodiano, molte paure esplose a caldo nei giorni successivi alla Brexit. In realtà, l’allarme si è rivelato esagerato. Come ha commentato Michael Metcalfe, responsabile global macro strategy di State Street global markets, ha commentato: «In poco più di sei mesi dal referendum che ha sancito l’uscita del Regno Unito dalla Ue, i mercati sembrano aver in gran parte voltato pagina. Gli interrogativi circa la tempistica della separazione definitiva della Gran Bretagna dall’Unione Europea e la natura del loro rapporto futuro rimangono aperti e potrebbero pesare sia sull’economia che sulla sterlina. Tuttavia, almeno finora, le cupe previsioni preBrexit per l’economia britannica e i mercati azionari sembrano lontane dal verificarsi».

Insomma: 2016, Fuga da Londra re- MI sterà un esercizio di narrativa, se non un romanzo mai scritto di buona fantascienza. Altra cosa sono le innegabili reazioni, e le rettifiche di strategie, degli investitori istituGennaio / Febbraio 2017

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NESSUNA AURA

zionali. Proprio per captarle, State Street ha scelto di lanciare una sorta di “barometro”, che si è dato il compito di intercettare il sentiment degli investitori istituzionali trimestre dopo trimestre. Nel dettaglio, il nuovo strumento, che si chiama Brexometer, è un indice basato su un sondaggio trimestrale proprio sulle reazioni degli “istituzionali” all’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea. La survey, effettuata da PollRight per State Street, ne ha coinvolti 111 a livello globale tra dicembre 2016 e gennaio 2017. La ricerca sarà condotta su base trimestrale utilizzando le AEL MET AL E stesse domande e lo stesso database, per rilevare l’evoluzione del sentiment sulla Brexit. In particolare, » a settembre 2016 è stato individuato un campione, preso poi

come benchmark e confrontato con una seconda raccolta di dati effettuata nel quarto trimestre. Dal confronto fra le due rilevazioni sono quindi emersi i primi risultati. Eccoli. Prima di tutto, appare chiaro che il mercato non si è spaventato (o, almeno, non eccessivamente) per gli effetti della Brexit: non per niente, il 63% degli investitori istituzionali compresi nel panel prevede di conservare la propria esposizione agli asset britannici (azioni, obbligazioni o


MENO IN ESTIMENTI

E l’esposizione al rischio? A pensare che gli asset owner la diminuiranno nei prossimi tre-cinque anni è solo il 31% degli intervistati – il dato è, comunque in aumento del 5%. Un altro 26%, invece, ritiene invece che gli asset owner aumenteranno i loro livelli di rischio.

strumenti alternativi) nel prossimo semestre. Mentre il 48% ritiene che il livello degli investimenti nell’economia della Gran Bretagna diminuirà, e di molto, nel prossimo trimestre. Una quota di tutto rispetto, è vero, che però è in leggero decremento rispetto al 52% della rilevazione iniziale. Ciò che potrà davvero cambiare per l’uscita di Londra dall’Ue, almeno secondo il panel, saranno i modelli operativi, su cui – per ben l’80% del campione (era il 76% nel trimestre precedente) – la Brexit avrà un chiaro impatto.

Dai dati si comprende fin troppo bene che la Brexit, dipinta come una catastrofe interplanetaria, si mostra per quello che è realmente: un avvenimento della storia che crea una serie di problemi. Risolvibili. Come ha affermato Jeff Conway, ceo Emea di State Street, «i nostri risultati mostrano che gli investitori istituzionali si aspettano che la Brexit abbia un impatto su una serie di questioni operative. Di conseguenza, abbiamo rilevato che un numero crescente di clienti sta cercando di affrontare questo tema. Molti sembrano ben preparati per la Brexit e stanno attivamente implementando strategie che possano attenuarne l’impatto». Insomma: tutto sotto controllo. O quasi. Perché la sterlina, dopo il referendum, ha perso forza, «anche se non si è indebolita ulteriormente da ottobre», puntualizza Metcalfe. Una situazione che, come tutte le medaglie ha il suo rovescio: «il tema della valuta resta aperto e sembra favorire

afflussi di capitale verso gli asset britannici. La recente pubblicazione di dati ufficiali sui flussi di capitale per il quarto trimestre del 2016 mostra un Regno Unito con pochi problemi e in grado di attrarre i fondi necessari per finanziare il deficit ancora ampio delle partite correnti. Ultimamente, gli investitori istituzionali stranieri sull’azionario stanno acquistando massicciamente azioni britanniche. Le prospettive per i gilt sono meno positive, anche perché l’inflazione è già al 3% ed è destinata ad aumentare». «La sterlina si è indebolita bruscamente dopo il voto e ha nuovamente subito un deciso calo nel mese di ottobre», ribadisce James Binny, responsabile valute per l’area Emea di State Street global advisors. «Tuttavia, da quel momento si è stabilizzata. La debolezza ha portato benefici ai clienti con sede nel Regno Unito che non si erano coperti dal rischio valutario. Abbiamo però osservato un aumento della copertura da parte di chi gestisce la valuta - verso un approccio passivo o più dinamico - così come un numero crescente di richieste da parte di quelli che non hanno mai gestito la valuta in precedenza. Per alcuni, questo è solamente la conseguenza del desiderio di ridurre il rischio quando le aspettative di rendimento di altre asset class sono più basse. Ma anche del fatto che gli investitori con sede nel Regno Unito hanno guadagnato dalla debolezza della sterlina e cercano di preservare questi ritorni». Altro che fuga da Londra. Gennaio / Febbraio 2017

STABILE DO O IL ALO


s enari

Eventi sì, eventi no...

ali o ibili a eni enti a ranno n i atto a iore i er ati nel or o di e t anno neil d ane, lobal trate i t della o iet tede a, ne a elen ati die i cin e o iti i e in e ne ati i N alberto

Ma a

C

di FABIO SGROI

ORTI IN LUSSI

ome la Brexit, anche le elezioni americane e – nel suo piccolo – il referendum italiano sono andati in maniera differente da come molti analisti pronosticavano. E speravano. Tuttavia, le previsioni catastrofiste della vigilia sono state smentite dalle reazioni tutto sommato «normali« dei mercati. Tanto più che, sempre sugli eventi di oltre oceano, ora le previsioni favorevoli o contrarie si scontrano come fossero le onde di Capo Horn. C’è chi,

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come Warren Buffett (che, tra l’altro, era uno dei più importanti sostenitori di Hllary Clinton) sostiene che «l’America avrebbe lavorato meravigliosamente« sotto la candidata democratica e «lavorerà bene sotto Trump«, lasciando intendere che l’esito delle elezioni non porterà gli Usa in recessione – con annessa critica nei confronti di chi pronosticava il crollo delle Borse in caso di vittoria del magnate newyorkese. Ma c’è invece chi, come il Nobel per l’Economia 2008 Paul

Krugman, ha espresso un’opinione opposta, prefigurando scenari molto negativi («forse catastrofici«, ha dichiarato), anche se non a breve termine. Molte posizioni e non univoche, pare di capire. Il futuro sembra, quindi, meno scontato di quanto si potesse pensare. È, naturalmente, lecito pensare che gli eventi politici dei giorni che verranno potrebbero comunque avere i loro colpi di coda sull’economia mondiale – per esempio: una politica troppo protezionista del nuovo inquilino della Casa Bianca, o la vittoria dei movimenti antiimmigrazione nei paesi europei in cui, a breve, ci si recherà alle urne. Quali siano i reali impatti di questi scenari poco si sa: in altre parole, tutto è possibile, dalle reazioni «stile Brexit« o «stile Trump« a conseguenze ben più problematiche. Tra gli analisti che hanno provato ad analizzare le conseguenze degli eventi (non solo


politici, ma anche economici, finanziari, sociali e naturali) che potrebbero avere un influsso su economia e mercati di tutto il mondo c’è Neil Dwane, global strategist di Allianz Gi. Dwane ha individuato dieci eventi che potrebbero accadere nel 2017 – cinque da lui definiti «positivi» e cinque «negativi»- e il loro influsso sul mondo economico e finanziario. Ed ecco che cosa è emerso. Ed è proprio la politica a guidare i cinque possibili avvenimenti che, secondo Dwane, potrebbero avere effetti favorevoli sui mercati. Per la precisione, la politica europea. Il primo dei g o o d e v e n t s dll’analista Allianz Gi è proprio la tenuta dell’Ue: «i timori di “disintegrazione” dell’Unione», dice Dwane, «alla fine potrebbero rivelarsi fuori luogo», e «le tensioni politiche potrebbero

TUTTO A OSTO

« », ha affermato

scemare». Ma perché questa eventualità abbia una qualche chance di avverarsi, prosegue il global strategist di Allianz Gi, le elezioni previste in vari paesi del nosto continente devono andare in un certo modo. In questo caso, «l’Europa potrebbe fare progressi e si rafforzerebbe la fiducia in una soft Brexit. Un simile contesto favorirebbe l’aumento di investimenti e occupazione, altro passo importante verso l’unità europea. Le basse valutazioni, unite ai minori rischi politici, potrebbero allora favorire la generazione di rendimento sul fronte azionario». Secondo capitolo degli

“eventi rosa”, il decollo dei green bond. E questo «anche se Trump favorisce il ritorno verso una politica energetica basata su carbone e petrolio«. Questi titoli, prosegue Dwane, sono «emessi da governi e aziende», sono «destinati a investitori sensibili al tema della sostenibilità» e «promuovono la riduzione dell’inquinamento, oltre a sistemi idrici ed energetici più puliti». Della serie: gli Usa saranno anche un paese forte, ma sono solo una porzione del mondo. E non sono uniti al loro interno nella convinzione che occorre tornare a politiche tolleranti nei confronti dell’inquinamento. «Mentre negli Stati Uniti gli scettici mettono in discussione l’idea del cambiamento climatico«, afferma il global strategist di Allianz Gi, «aziende e investitori potrebbero unire le forze per sostenere soluzioni meno dannose per l’ambiente, come quelle a idrogeno o a basse emissioni di carbonio. Per l’Europa, la Cina potrebbe avere un ruolo trainante». Passiamo al terzo evento «positivo»: l’aumento di crescita globale grazie agli stimoli fiGennaio / Febbraio 2017

DONALD TRUM


s enari

AUL RUGMAN

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NEIL D ANE

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scali. «La consapevolezza che i tassi di interesse negativi siano stati un errore politico», argomenta l’esponente del gruppo Allianz, «ha portato alla richiesta di maggiori stimoli fiscali a livello globale. Queste misure potrebbero allentare le tensioni tipiche di un contesto di mercato distorto da tassi di interesse prossimi allo zero. In Europa o negli Stati Uniti, il populismo potrebbe essere combinato con un aumento della spesa per investimenti, per incentivare l’attività economica dopo un periodo di austerità estenuante e ridurre i deficit». Con quale conseguenza? «Un percorso che potrebbe favorire gli investimenti e ridurre la disoccupazione nel quadro di un miglioramento della fiducia«. A proposito di consumi, Dwane crede anche in un effetto positivo dovuto alla formazione di una grande area economica asiatica convenzionalmente chiamata «Cindia», composta da tre subcontinenti: la Cina, l’India e l’Indonesia. Un mercato che, spiega il global strategist di Allianz Gi, è abitato da «4 miliardi di consumatori. Nei prossimi anni i redditi dovrebbero crescere rapidamente nel sud est della regione asiatica, che sta vivendo il suo “sogno americano”. I marchi globali potrebbero perdere terreno a favore di brand locali più accessibili, ma con la crescente globalizzazione, il mercato sembra seguire le orme di Giappone e Corea, chiedendo prodotti di qualità». La gestione attiva e la generazione degli alfa è l’ultimo degli eventi catalogati come positivi. Sostiene Dwane: «dopo un anno complessivamente difficile per la generazione di alfa, i gestori attivi potrebbero ricominciare a offrire ai clienti un servizio caratterizzato da un pricing migliore e una performance più trasparente, allineando i costi agli obiettivi di investimento. Allo stesso Gennaio / Febbraio 2017

tempo», prosegue, «i cosiddetti free cost degli investimenti passivi potrebbero risentire della volatilità, che tende ad ampliare gli spread, alzare gli interessi passivi e accentuare illiquidità e concentrazione delle posizioni. Tutti elementi che potrebbero erodere i rendimenti dei prodotti indicizzati. Gli ulteriori sforzi per controllare l’high-frequency trading e aumentare l’imposizione fiscale sulle operazioni finanziarie, ma anche i cambiamenti normativi introdotti dalla Mifid 2, potrebbero comportare un ulteriore aggravio dei costi: tutto ciò evidenzierebbe quindi i vantaggi di una valida gestione attiva». Fra gli accadimenti che potrebbero influenzare negativamente l’economia, invece,

Dwane inserisce, come primo della lista, una possibile svolta protezionista di Trump. Che poi non sarebbe altro che una promessa elettorale mantenuta. Il nuovo presidente degli Stati Uniti, afferma l’esponente di Allianz Gi, «potrebbe introdurre politiche commerciali per “rendere grande l’America”, sì, ma a spese di tutti gli altri. Potrebbe quindi essere rinegoziato il Nafta, con un danno per il Messico, conseguenze drammatiche per un Venezuela già al collasso e ripercussioni in Brasile, ormai al terzo anno di recessione. Il rafforzamento del dollaro, ironicamente, complicherebbe la vita a Trump, che potrebbe quindi prendere di mira i principali esportatori verso gli Stati Uniti: Cina, Giappone, Corea del Sud e Germania, con effetti negativi


GREEN BOND

per tutti i paesi asiatici». E per la nascente “Cindia”. Da incubo una possibile prosecuzione delle tensioni in Medio Oriente. «Nel 2017«, dice Dwane, «la situazione in quest’area potrebbe addirittura aggravarsi«. Se la lotta contro il sedicente «stato islamico» potrà essere condotta in modo più efficace, «il recente tentativo di golpe in Turchia, la presenza curda nella regione, il caos in Egitto e in Libia e l’inasprimento dei rapporti fra Usa e Iran non lasciano ben sperare. Sembra tuttora probabile una nuova “Guerra dei Trent’anni” fra sunniti e sciiti. Gli investitori non devono dimenticare che simili sviluppi potrebbero favorire un aumento del prezzo del petrolio». Indipendente dall’uomo è, invece, il terzo bad event, che

potrebbe consistere in un nuovo inverno molto freddo a causa del «minimo solare». Asserisce Dwane: «vari meteorologi si concentrano sulle rotazioni di El Niño e La Niña nel Pacifico, ma il clima e le temperature globali dipendono anche dal sole, e quest’inverno le radiazioni e il numero di macchie solari potrebbero scendere ai minimi storici. Pur essendosi verificato in un periodo di grande abbondanza per l’agricoltura, l’ultimo El Niño ha inaridito molte aree coltivabili a livello globale, rendendole vulnerabili a un inverno polare, con possibili danni per i prossimi raccolti. La Niña questa volta tarda ad arrivare, facendo temere un rincaro dei generi alimentari che alimenterebbe ulteriormente il ciclo reflazionistico«. Dal sole alle banche centrali, che potrebbero perdere ulteriore credibilità, ancora di più di quanto è accaduto nell’anno da poco trascorso, «a causa della

scarsa efficacia delle politiche di tassi di interesse negativi in Giappone e in Europa». Ora che Tokyo ha deciso di assoggettare la politica monetaria a quella fiscale, dice il global strategist di Allianz Gi, «i tassi di interesse forse rimarranno anche bassi, ma la politica monetaria potrebbe cominciare ad assecondare qualsiasi desiderio dei governi in materia fiscale. L’Europa, di per sé, non può intraprendere questa strada, ma, con i rischi ancora legati alle banche insolventi dell’Eurozona, la Bce farà tutto il possibile per sostenere la crescita economica. Yen ed euro dovrebbero rimanere deboli finché il dollaro non invertirà la rotta».

ATTENTI AL SOLE

Non poteva mancare l’accenno ai risultati elettorali in Francia, con l’elezione di Marine Le Pen. La leader del Front National «attuerebbe una politica ostile all’Ue, anche se probabilmente il parlamento si troverebbe in una situazione di stallo. Senza la collaborazione della Francia, l’Europa rimarrebbe paralizzata, ostaggio del populismo che imperversa in tutto il continente, confuse dalle complessità della Brexit e innervosita dall’indifferenza di Trump. Le premesse per indebolire ulteriormente la Nato ci sarebbero tutte». MARINE LE EN

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s enari

DOSSIER Far ea t

Cina, un anno con molte incognite

pe ino nta a re ere e on olidare la ro ria o i ione in e tre o oriente, a ro ittando del ritiro a dal t Ma il debito olto alto, la a a na anti orr ione an ora in or o e lo an non ta a ando il o i lior o ento in e ta it a ione, a olare, ono olo i on i di FABIO SGROI

alberto Ma a

I

l Capodanno cinese, da alcuni anni, è una ricorrenza conosciuta (e talvolta festeggiata) anche in varie città occidentali. Le ragioni possibili sono varie, e forse coincidenti: la globalizzazione, che porta a intersecarsi culture e usanze di tutto il mondo; la forte presenza di cittadini di origine cinese in molte città europee e americane; la voglia di festeggiare degli occidentali, che li induce a trovare nuovi motivi per riunirsi e stare in compagnia; non ultimi, i menu che i ristoranti cinesi dedicano a questa ricorrenza, coinvolgendo anche i loro clienti europei in una festa senza frontiere. Forse, a questa lista può essere ag-

ANNO DEL GALLO

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giunta un’abitudine che si sta consolidando nel mondo della finanza: da quando Pechino è assurta a potenza economica, oltre che politica e militare, gli analisti tracciano le previsioni annuali sul gigante asiatico proprio il giorno in cui i cinesi

festeggiano l’anno nuovo. Un po’ come succede a noi a fine dicembre. Il Capodanno cinese, che a questo giro apre l’Anno del Gallo, diventa quindi anche un’oc-


casione per fare il punto sulla situazione economica di Pechino, dell’area estremo-orientale e - dato che un volo di farfalla in Brasile può provocare un tornado in Texas, per utilizzare una nota espressione di Edward Lorenz – di tutto il mondo. Ed è proprio da un evento “non asiatico” che molti analisti fanno partire le previsioni per l’Anno del Gallo appena iniziato. Questo avvenimento è l’insediamento di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti: il suo atteggiamento protezionista e contrario ai grandi accordi economici di sistema può favorire Pechino o crearle problemi? Gli esperti sono divisi tra le due posizioni – anzi, fra le tre, dato che c’è chi afferma che il cambio al vertice in quel di Washinghton avrà scarsa influenza per la Cina (sono di questo avviso, per esempio, gli esperti di Fidelity). Intanto, però, occorre analizzare gli effetti di una delle prime decisioni prese dall’inquilino della Casa Bianca: l’ordine esecutivo che ha sancito il ritiro degli Stati Uniti dal Partenariato transpacifico (Trans-Pacific partnership, Ttp), l’accordo di regolamentazione e investimenti firmato appena un anno fa ad Auckland, che oltre agli Usa (ora, come detto, usciti dal gruppo), vede come aderenti Australia, Nuova Zelanda, Brunei, Giappone, Malaysia, Singapore, Vietnam, Canada, Messico, Cile e Perù. Il forfait degli Stati Uniti, ricorda Rob Simpson, gestore specializzato in debito emergente, insight investment di Bny Mellon Im, sarà sostituito da accordi commerciali con i singoli paesi dell’area. «Questo», aggiunge Simpson, «potrebbe aprire la strada a una crescente influenza della Cina sull’Asia nel corso dei prossimi

anni. Gli altri stati membri potrebbero infatti rivolgersi alla seconda più grande economia globale nel tentativo di salvare ciò che resta della partnership». Che, a quanto è dato di capire, resterà in piedi, anche senza Washington. «I leader dei paesi coinvolti nella Ttp», spiega Simpson, «hanno espresso il loro impegno a proseguire nell’iniziativa, prospettando un nuovo accordo regionale commerciale per l’Asia incentrato stavolta intorno alla Cina. Le economie del sud est asiatico si stanno già orientando verso il Partenariato economico regionale globale (Regional comprehensive economic partnership, Rcep), un accordo - ancora in fase di trattative - sostenuto da Pechino, «che rappresenta un passo in avanti verso l’integrazione commerciale in Asia». E che vede la partecipazione di alcuni paesi firmatari del Tpp (Australia, Nuova Zelanda, Brunei, Giappone, Malaysia, Singapore e Vietnam), a cui vanno aggiunti Indonesia, Thailandia, Laos, Birmania, Cambogia, Corea del sud, Filippine, India. E Cina. Ecco: il ritiro degli Usa dal Partenariato transpacifico è visto quasi unanimemente come

un possibile fattore di successo per il nascente Rcep. «La posizione degli Stati Uniti sulla Ttp», sottolinea Simpson, «è considerata da alcuni come un regalo alla Cina. Ma ci sono altre considerazioni che saranno fondamentali per sancire il successo economico cinese, compresi gli ulteriori annunci di Trump in materia di politiche commerciali che potrebbero spingere Pechino a porsi sulla difensiva - influenzando così le priorità del governo».

SOSTITUZIONE OSSIBILE

ROB SIM SON « »

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DOSSIER Far ea t

NUO E AGGREGAZIONI

Tutto bene, dunque? Non proprio tutto. Aninda Mitra, senior sovereign analyst di Standish (gruppo Bny Mellon Im), intravede, nella politica anunciata da “The Donald” alcune incertezze per l’economia: «il principale rischio politico in un outlook altrimenti stabile», dice Mitra, «deriva dall’ascesa delle politiche commerciali protezionistiche attuate dall’amministrazione Trump, e rivolte specialmente alla Cina». Nel frattempo, ricorda Simpson, «il presidente cinese Xi Jinping deve portare avanti la propria agenda politica in vista delle modifiche alla leadership del Partito più avanti nell’anno. Per riuscirci, dovrà necessariamente mantenere la stabilità economica del paese». E dovrà affrontare subito il problema del forte debito con cui Pechino I IN ING

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entra nell’Anno del Gallo: il suo livello si sta pericolosamente avvicinando a quello - incredibilmente alto - del Giappone anni Novanta (che ha raggiunto il 221%). Finora, per frenare la crescente deflazione, «le autorità hanno attuato un piano di intensi stimoli fiscali», osserva Brendan Mulhern, global strategist di Newton (Bny Mellon Im). «Per aumento del debito pubblico cinese, il 2016 è stato secondo solo al 2009. Nell’ulti-

mo anno, prosegue Mulhern, «la crescita economica cinese si è dapprima stabilizzata per poi accelerare, e le autorità sono riuscite a conseguire il target ufficiale del +6,5%. In questo inizio 2017 le autorità hanno già iniziato a ridurre la portata degli stimoli, e l’effetto di questi ultimi sull’economia potrebbe gradualmente dissiparsi». Il governo cinese, prosegue Mulhern, «è ben consapevole dei rischi legati all’aumento del debito. Nell’aprile del 2016, un anonimo rappresentante governativo di alto livello (forse lo stesso Presidente Xi Jinping o uno dei suoi più vicini alleati) ha annunciato che un modello di crescita fondato sul credito non può durare. Eppure ancora adesso quel modello persiste, tanto che, se si considerano alcuni indici tecnici, si può dire che la bolla creditizia cinese abbia ormai superato per dimensioni quelle del Giappone, dell’Irlanda, della Spagna e degli Stati Uniti. Anche se le autorità esprimono una preferenza per le riforme strutturali e cercano di allontanarsi da un aumento della domanda basato sull’indebitamento, il governo resta vincolato alla necessità di creare posti di lavoro». Il prossimo novembre si terrà


la 19esima conferenza del Partito: «per questo motivo», osserva Mulhern, «questa esigenza sarà avvertita in maniera ancora più urgente. La stabilizzazione dell’economia resta all’ordine del giorno per il 2017: sarà sufficiente un lieve rallentamento della crescita per spingere le autorità a riaprire i rubinetti degli stimoli fiscali. Ma quanto a lungo potranno durare? Le autorità sembrano ormai aver esaurito gli assi nella manica e i segnali di stress sul sistema finanziario cinese sono già evidenti». Il debito cinese, aggiunge Jing Ning, gestore di Ff China focus fund, «resterà sotto i riflettori. A mio giudizio, il debito nel segmento delle imprese statali sarà probabilmente il più difficile da gestire, dal momento che il riconoscimento dei crediti in sofferenza è ancora in una fase relativamente iniziale e dovrebbe diffondersi nei prossimi due anni. L’avvio quest’anno delle riforme sul lato dell’offerta è un passo importante che potrebbe portare al riconoscimento e alla ristrutturazione delle imprese statali. Negli ultimi due anni, le banche cinesi hanno fatto progressi nel riconoscere i crediti in sofferenza del settore privato», prosegue Jing Ning. «E le autorità locali hanno iniziato ad affrontare questo problema con l’emissione di obbligazioni. È piuttosto improbabile che si verifichi una stretta di liquidità, dal momento che la People’s Bank of China rappresenta il ING NING

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maggiore azionista nelle principali istituzioni finanziarie. Tuttavia, gli investitori di lungo termine nel paese troveranno opportunità non soltanto nei cambiamenti strutturali, ma anche tra i beneficiari delle riforme. I piani d’incentivazione per il management e la ristrutturazione lato offerta delle imprese statali offriranno, a mio avviso, opportunità di lungo periodo per le società meglio gestite». Se il passaggio economico alla «Nuova Cina» non può essere ignorato, prosegue Jing Ning, «gli investitori dovrebbero anche tener conto delle opportunità nei settori tradizionali che continuano a rappresentare il nucleo centrale dell’economia. Per esempio, la ristrutturazione lato offerta nei comparti dell’acciaio e del carbone eliminerà gli operatori inefficienti e favorirà invece le società con una robusta situazione patrimoniale, solidi flussi di cassa, team di gestione validi e dividend yield interessanti». «Credo che la crescita del Pil rimarrà sostenuta nei primi due trimestri del 2017», aggiunge Mitra. «Persiste, però, il dilemma delle politiche monetarie: l’obiettivo di conseguire una crescita ambiziosa, mantenen-

BRENDAN MUL ERN

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do i tassi a livelli bassi», senza rinunciare al controllo sul cambio. «Difficilmente le autorità cambieranno le politiche o attueranno riforme strutturali prima del congresso del Partito Comunista nel novembre di quest’anno: c’è poca tolleranza per la volatilità macroeconomica o politica in vista del più grande rimpasto politico interno degli ultimi anni – soprattutto mentre il presidente Xi Jinping è impegnato nel consolidare il proprio potere e gli obiettivi geostrategici della Cina si fanno sempre più ambiziosi». E la politica fiscale «morbida», di cui si parlava? Secondo Jing Ning, proseguirà. «Nell’Anno del Gallo», argomenta, «le autorità del paese dovrebbero mantenere un atteggiamento favorevole alla crescita. La politica monetaria tornerà a essere più neutrale con il rialzo dell’inflazione, mentre la politica fiscale resterà molto accomodante. Il forte aumento delle quotazioni immobiliari ha messo Pechino all’erta e le misure restrittive continueranno nella prima metà del 2017. Tuttavia, vista la disparità tra i mercati immobiliari, dove si registra un brusco rincaro delle abitazioni nelle città di fascia più alta e un eccesso Gennaio / Febbraio 2017

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DOSSIER Far ea t NESSUNA STRETTA

di offerta di immobili nelle città di terza fascia o inferiore, è dificile che le autorità prendano provvedimenti uniformi, come un inasprimento generalizzato. È probabile che le misure per risolvere questi problemi saranno adottate per le singole città, che saranno diverse da quelle attuate in passato e che richiederanno l’intervento dei governi locali».

La stabilità, comunque, non dovrebbe essere in discussione. «Crediamo che le autorità cinesi abbiano le riserve valutarie e gli strumenti amministrativi e politici necessari per mantenere la stabilità a livello macro nell’immediato futuro», afferma Mitra. «Pertanto lo scenario potrebbe essere positivo per le performance del credito denominato in dollari statunitenMENO AGAMENTI

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si. Tuttavia, man mano che le riserve di valuta estera diminuiscono e la leva finanziaria domestica continua ad aumentare, il renminbi si troverà sempre più sotto pressione». D’altra parte, già ora la valuta cinese non si trova nel suo miglior momento. Secondo il Rmb tracker di Swift, i pagamenti in valore effettuati nel 2016 utilizzando lo yuan sono calati del 29,5%. Il renminbi chiude l’anno in sesta posizione tra le valute più utilizzate per i pagamenti globali in valore, con una riduzione della quota, dal 2,31% del

dicembre 2015 all’1,68% di fine 2016. Non solo. Rispetto a novembre, i pagamenti in valore in yuan sono diminuiti del 15,08%, mentre in generale le transazioni in tutte le divise si sono rivelate stabili (si è registrato un lieve scostamento del +0.67%). «Il calo di dicembre nell’utilizzo del renminbi nei pagamenti può essere stato causato da una serie di eventi come il rallentamento dell’economia cinese, la volatilità del tasso di cambio del Rmb e le misure regolatorie sul deflusso di capitali», sottolinea Michael Moon, head of payments markets, Apac di Swift. Senza dimenticare il rafforzamento del dollaro, che ha spinto molti citadini cinesi a cambiare i loro risparmi nella valuta americana, considerata più sicura. I deflussi di capitale hanno così causato un decremento delle riserve valutarie. Il dollaro più forte, insomma, ha indebolito lo yuan. «Il vigore del dollaro», ha


affermato, a questo proposito, Yves Longchamp, head of research di Ethenea independent investors (Schweiz), «pesa su gran parte dell'economia mondiale e, in particolare, grava sui conti finanziari dei paesi la cui valuta è agganciata al biglietto verde. La situazione della Cina è un perfetto esempio di queste pressioni». Nonostante questo rallentamento, aggiunge però Moon, «l’internazionalizzazione del renminbi continuerà a beneficiare dei nuovi traguardi delle infrastrutture finanziarie, come gli avanzamenti del sistema per i pagamenti cross border Cips e l’apertura di nuovi clearing center offshore. Questi sforzi, assieme al memorandum di intesa siglato nel 2016 tra Swift e Cips per la crescita del traffico dei pagamenti al di fuori della Cina, avranno un impatto positivo sul processo di internazionalizzazione della valuta». Se i dubbi sollevati sull’Anno del Gallo dell’economia cinbese sono molti, un trend sembra senza alcun dubbio positivo: quello relativo ai consumi. Spiega Raymond Ma, gestore di Ff China consumer fund: «come affermo già da vari anni, il mercato dei consumatori in Cina continua a crescere a ritmo sostenuto», dice Ma. «La domanda ha mostrato buona capacità di tenuta grazie al solido mercato del lavoro, alla forte crescita dei redditi e alla continua evoluzione dei consumi. Nonostante l’impatto negativo della campagna anticorruzione, le vendite al dettaglio in Cina hanno registrato un incremento a doppia cifra nel 2016 e continuiamo a osservare una crescita sostenuta in diversi ambiti. Per esempio, i dati sulla vendita di smartphone in Cina sono complessivamente solidi, nonostante il rallentamento delle vendi-

te di telefoni Apple. Quest’anno ciascuno dei tre principali produttori cinesi di smartphone ha registrato vendite a livello nazionale per oltre 100 milioni di unità. Nel mondo dell’e-commerce, il gigante cinese Alibaba ha messo a segno un aumento delle vendite core del 41% su base annua nel terzo trimestre. Inoltre, la solida crescita, del 10%-20% l’anno, delle vendite di automobili e dei passeggeri delle compagnie aeree conferma la forte domanda dei consumatori registrata in Cina negli ultimi anni. Per quanto riguarda l’offerta, penso che l’innovazione costituirà il principale fattore trainante del mercato dei consumatori cinesi nel prossimo decennio. Ogni anno nel mercato del lavoro del paese entrano oltre otto milioni di laureati. Oltre ad accrescere ulteriormente i consumi in Cina, questa enorme offerta ha creato un ampio bacino di ingegneri dotati di istruzione superiore ma a costi relativamente bassi, che forma una solida base per l’evoluzione del paese da fabbrica del mondo a fucina dell’innovazione nei prossimi anni. Questo, insieme al crescente impegno per la ricerca e lo sviluppo, alla rapida evoluzione dell’ecosistema di internet e al consolidamento delle catene di fornitura di

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RA MOND MA

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società tecnologiche cinesi leader a livello mondiale, amplierà e inaugurerà nuovi fronti nel settore dell’innovazione». Negli ultimi anni, osserva Ma, «da Pechino sono emersi numerosi prodotti altamente innovativi: sono fermamente convinto che l’innovazione costituirà uno dei principali fattori trainanti del paese negli anni a venire. Alla luce dei solidi fattori lato domanda e offerta, resto ottimista sull’outlook di crescita per il mercato dei consumatori della Cina nell’Anno del Gallo e oltre. In prospettiva, le società con forte know how tecnologico e prodotti innovativi dovrebbero registrare i maggiori livelli di crescita». Particolare attenzione, chiude Ma, per i settori della «Nuova Cina», legati a «consumi, servizi e settori di ammodernamento del comparto industriale». N

GRANDE BALZO IN A ANTI

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DOSSIER Far ea t

Giappone, venti di performance trainato da ri re a del i lo e ono i o, de re a ento dello en e ti oli i ali introdotti dal re ier s in o abe, il sol le ante do rebbe tra orrere n 2017 in otti a al te e o rire rendi enti intere anti a li in e titori lo a er a e er oll, ead o i do tree a an c e di e an e antonio Marini

S

e il percorso di crescita della Cina è pieno di incognite e ostacoli, il Giappone evidenzia chiari segnali positivi. Il ciclo economico è in netto miglioramento, e questo dovrebbe attirare investitori e offrire loro

ottimi risultati. Il buon momento è causato anche dagli stimoli fiscali, che allinea il Sol Levante alla Cina: questa politica sulle tasse proseguirà sicuramente fino ai Giochi Olimpici di Tokyo 2020. Non eccessive le incertezze politi-

che: entro fine anno si potrebbero svolgere le elezioni, ma il premier Shinzo Abe sembra favorito – anche se deve affrontare una fase non brillante dell’Abenomics, il pacchetto di riforme economiche da lui intraprese. Urne o non urne, il primo ministro nipponico dovrà superare, secondo Harukata Takenaka, docente dell’Istituto nazionale di studi politici di Tokyo, tre importanti test: l’economia (con il rischio dello stop alla fase attuale della politica monetaria, innescata dal deprezzamento dello yen), l’abdicazione dell’imperatore Akihito, che potrebbe lasciare più o meno entro un anno, e i rapporti con Donald Trump. Già, l’onnipresente Trump. Perché, oltre a essere un alleato politico, gli Stati Uniti sono anche – insieme alla Cina – il maggior partner commerciale del Giappone. Washington e Pechino, “ballano” ancora sull’arena asiatica: come già suggerito nell’articolo precedente, l’ordine esecutivo

TREND RIALZISTA

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di Trump che ha sancito l’addio americano al Partenariato transpacifico (Tpp) potrebbe dare alla Cina un ruolo di pivot in Estremo Oriente. Tokyo, da parte sua, dovrà risolvere l’incognita dei rapporti con l’amministrazione Trump e, nello stesso tempo, attendere le conclusioni del congresso del Partito Comunista cinese, che potrebbe creare novità capaci di riverberarsi su tutta l’area. Intanto, sostiene Jesper Koll, head of WisdomTree Japan, «la probabile evoluzione del policy mix verso la spesa fiscale di Usa e Cina probabilmente trasformerà i venti contrari globali del 2016 in una spinta favorevole. Oltre al coordinamento politico del “nuovo G3” (Usa, Giappone, Cina, appunto), il deprezzamento dello yen ha incoraggiato sia la competitività che la redditività delle aziende produttrici di beni strumentali». Le prospettive, comunque, sembrano molto buone. A cominciare dal trend rialzista strutturale delle classi di attivi nipponiche più rischiose – azionario e immobiliare. Un trend che, rivela Koll, sembra «destinato a continuare anche nei prossimi anni». La ripresa del ciclo economico, prosegue Koll, dovrebbe trainare, nel 2017, «una forte performance, soprattutto per quanto riguarda gli utili. Partendo da valutazioni interessanti – il Topix attualmente vede un rapporto prezzo utili a sconto sia rispetto alla sua stessa media di lungo periodo, sia ai multipli di Wall Street: i titoli azionari giapponesi potrebbero quindi salire anche del 20%, con il Topix in grado di tornare al picco di 1.800 punti raggiunto nel 2007». Il capo di WisdomTree Japan identifica cinque fattori positivi che potrebbero spingere il Sol Levante. I già accenati stimoli fiscali prima di tutto, «mentre la Banca del Giappone stabilisce in sostanza allo 0% il limite massimo per la curva dei rendimenti». Shinzo Abe,

TRE S IDE ER S INZO ABE

ricorda Koll, «ha annunciato un pacchetto d’ingenti stimoli fiscali, compreso tra lo 0,75% e l’1% circa del Pil per ogni anno dal 2017 alle Olimpiadi di Tokyo del 2020». A sua volta, la Banca del Giappone ha modificato l’obiettivo di politica monetaria per mantenere i rendimenti dei titoli governativi nipponici (Jgb) attorno al livello dello 0%. Le ipotesi su quando finirà questa politica di «controllo della curva dei rendimenti costituiranno uno dei temi principali del nuovo anno». Secondo Koll, un cambiamento di politica monetaria è improbabile fino a quando l’inflazione non si muoverà decisamente verso l’obiettivo del 2% stabilito dal governatore della Banca del Giappone Haruhiko Kuroda. «Nella migliore delle ipotesi», osserva, «ciò potrebbe avvenire tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno. Fino ad allora, la concomitanza d’ingenti stimoli fiscali e del tetto dei tassi allo 0%, renderà lo yen giapponese una valuta strutturalmente debole, penalizzata da un deficit fiscale in aumento e dal crescente differenziale dei tassi d’interesse Giappone/Usa». Secondo fattore positivo, «una crescita degli utili promettente, spinta dall’accelerazione delle vendite e dal deprezzamento della

valuta. I titoli azionari giapponesi», dice Koll, «costituiscono un’asset class altamente ciclica», sensibile ai trend dell'economia globale, e di quella nazionale. Per il 2017 «sembra probabile una flessione positiva su entrambi i fronti. In associazione al deprezzamento dello yen e alla forza del dollaro, ciò dovrebbe provocare una serie di revisioni al rialzo degli utili aziendali. Contro il consensus che prevede una crescita degli utili pari a solo il 10% nel 2017», dice Koll, la sua società stima invece «un incremento del 25%. La nostra previsione si basa su un tasso di cambio medio di Y115/Usd, mentre la stima del consensus sembra basarsi, a oggi, su Y103/Usd. Di fatto, ogni decennio di consistente deprezzamento dello yen aggiunge l’8% circa agli utili delle aziende quotate. Riguardo alle tempistiche, la revisione in positivo degli utili dovrebbe subire una particolare accelerazione andando verso la stagione dei risultati aziendali per l’intero anno fiscale, a fine aprile-inizio maggio: il momentum positivo potrebbe cioè intensificarsi nei primi mesi dell’anno». Gennaio / Febbraio 2017

ES ER OLL

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STIMOLI IS ALI Altro fattore importante, secondo Koll, anche il «ribilanciamento del portafoglio da parte degli investitori giapponesi: sia quelli retail, sia gli istituti privati si sposteranno dalle obbligazioni alle azioni. Due anni fa, il fondo pensione pubblico giapponese, il Gpif, ha cambiato asset allocation incrementando le partecipazioni sull’azionario nipponico dal 14% al 24% circa. Nel 2017 ci aspettiamo che gli investitori retail e gli investitori istituzionali privati seguano la stessa linea, a differenza di quanto era avvenuto nel 2016 a causa del clima d’incertez-

ZERO ER ENTO

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za globale e in tema di politica nazionale. La politica dei rendimenti obbligazionari a tasso zero è oggi propizia al comparto azionario, rendendolo l’asset privilegiato dagli investitori. Inoltre, i margini di profitto del settore finanziario hanno praticamente toccato il fondo a causa della nuova politica della banca centrale giapponese. Ciò depone a favore del settore finanziario e della sua capacità e volontà di assumersi maggiori rischi. Riguardo alle tempistiche, i principali investitori istituzionali in genere definiscono l’asset allocation per il nuovo anno finanziario (l’anno fiscale in Giappone ha inizio il 1 aprile) attorno a metà marzo. Per gli investitori retail, sia la retribuzione di base, sia i bonus estivi rappresentano fattori essenziali nel determinare la propensione al rischio: la prima viene stabilita intorno a metà marzo e i secondi verso giugno». Koll ha poi parlato del «focus

delle aziende sulla gestione del capitale: accelerazione sia del flusso di dividendi, sia delle operazioni di buyback. Oltre alla ripresa ciclica degli utili aziendali, il generale miglioramento strutturale della gestione dei capitali – soprattutto del rendimento per gli azionisti - dovrebbe sostenere considerevolmente il segmento azionario giapponese», ha previsto. «L’anno scorso, nonostante il calo degli utili, sia i flussi dei dividendi che le operazioni di buyback hanno registrato un’accelerazione, per la prima volta nella storia». Per il 2017, considerando l’accelerazione della crescita degli utili, Koll prevede «un movimento analogo, per quanto riguarda sia i dividendi, sia le operazioni di riacquisto di azioni proprie. In questo caso, le assemblee degli azionisti, che solitamente si tengono a giugno-luglio, dovrebbero rappresentare buoni punti di partenza».

Infine, la «generale ripresa del ciclo economico globale, soprattutto del ciclo delle spese in conto capitale di Usa e Giappone. La probabile evoluzione del policy mix verso la spesa fiscale di Usa e Cina, i principali part-


GI LO EN SU LE AZIENDE

ner commerciali del Giappone, probabilmente trasformerĂ i venti contrari globali del 2016 in una spinta favorevoleÂť, dice Koll , ÂŤOltre al coordinamento politico del “nuovo G3â€?, il deprezzamento dello yen ha incoraggiato tanto la competitivitĂ , quanto la redditivitĂ delle aziende produttrici di beni strumentali. Per quanto invece riguarda le tempistiche, nell’immediato la questione principale dovrebbe riguardare i tempi e gli esatti contenuti della nuova agenda fiscale Usa, seguita dalla riunione del congresso del Partito comunista cinese nell’autunno del 2017Âť.

Rispetto a una generale preferenza ÂŤper le societĂ blue chip di export e che distribuiscono dividendiÂť, Koll si aspetta ÂŤche il settore finanziario e quelo dei beni strumentali generino alfaÂť.

Il secondo rischio, invece, viene dalla Cina, in particolare da una sua svalutazione: secondo Koll, questa eventualità potrebbe non solo minare la competitività delle esportazioni giapponesi ma anche scatenare il prossimo movimento di risk off dei flussi di capitale globali. E questo sarebbe un bell’ostacolo al momento positivo N dell'economia nipponica.

IN OGNITE DALLA INA

Ma c’è anche qualche rischio. Due, in veritĂ . ÂŤSul fronte internoÂť, dice Koll, ÂŤl’inflazione da costi provocata da un mercato del lavoro sempre piĂš rigido potrebbe avvantaggiare i margini prima del previstoÂť

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strate ie Mer ati

Che sorpresa: ora le sofferenze calano

se ondo l o tloo elaborato da abi e cer ed, nei ri i ei del 201 i ono er ate a 12 iliardi di e ro, ontro i 1 di i no 201 e otrebbe e ere olo l ini io N alberto

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di FABIO SGROI

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a ripresa sembra farsi ancora attendere, ma di segnali positivi - pur “a macchia di leopardo” - se ne vedono. E non pochi. Uno di questi riguarda i crediti deterirati, il cui trend di crescita sarebbe - con tutti i distinguo e le prudenze del caso - arrivato al capolinea. Sembrano proprio dire questo i risultati dell’Outlook sulle nuove sofferenze delle imprese italiane, elaborato da Abi e Cerved, che ha raccolto i dati di Banca

IN ERSIONE DI TENDENZA

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d’Italia e ha poi effettuato stime e previsioni sui tassi di ingresso in sofferenza delle società non finanziarie. Bene: per la prima volta dall’inizio della crisi questo dato cala in tutti i settori economici e in parte del territorio italiano (fa eccezione, infatti, il Mezzogiorno, comunque stabile rispetto al 2015). E le previsioni proposte da Abi e Cerved sembrano essere rosee: nel corso del biennio 201718, dovrebbero verificarsi ulteriori

miglioramenti in tutte le aree di business e quelle geografiche. Il trend positivo potrebbe portare, nel 2018, i dati delle aziende di grandi e medie dimensioni a livelli pre-crisi. Tutto parte, come anticipato, dai dati Bankitalia, che hanno evidenziato un notevole decremento dei flussi di prestiti deteriorati nel corso del 2016. Questi numeri, se-


condo Via Nazionale, sono tornati a livelli vicini a quelli precedenti alla crisi. E già questa è una notizia. Il risultato è stato spinto dal forte calo di quei crediti che le aziende di credito devono etichettare come «inadempienze probabili» o come «crediti scaduti». Lo scorso settembre, il tasso di deterioramento - cioè il rapporto tra l’insieme dei crediti problematici (nuove sofferenze, inadempienze probabili e finanziamenti scaduti) e lo stock di prestiti attivo – non ha superato il 2,6%: l’anno prima, la percentuale aveva toccato il 3,5%, e a fine 2013 addirittura il 6%. Si sono ridotte, pur a ritmi meno sostenuti, anche le nuove sofferenze, i cui livelli sono però ancora lontani da quelli del 2008. Secondo la ricerca di Abi e Cerved, lo scorso settembre il rapporto tra nuove sofferenze e stock di finanziamenti si è attestato sul 2,3%, solo lo 0,2% in meno rispetto allo stesso periodo del 2015, mentre a fine 2013 la percentuale aveva raggiunto il picco del 3%. Magari meno pronunciati, dunque, ma i miglioramenti ci sono. E si vedono nelle cifre relative ai prestiti delle aziende. I dati elaborati da Abi e Cerved evidenziano che, nel primo semestre 2016, gli istituti di credito hanno passato in sofferenza prestiti per circa 12 miliardi di euro, contro i 15 registrati nello stesso periodo dell’anno precedente. Il decremento è del 18% su giugno 2015 e del 38% rispetto al “picco” di fine 2013. Eppur si muove, verrebbe voglia di dire: le percentuali affermano che nel settore dei finanziamenti alle imprese il peso delle sofferenze cala, anche se rimane su importi elevati. Rimane stabile, invece, il numero di prestiti concessi a società finanziarie e poi diventati sofferenze: questi prestiti si attestano quasi a quota 14 mila, l’1,8% in più rispetto a giugno 2015. Ciò significa che cala la taglia dei crediti deteriorati, ma il numero di aziende in default è ancora alto.

Sempre nel primo semestre del 2016, il tasso di ingresso in sofferenza per le società non finanziarie ha invece raggiunto, in termini di importi, il 3,9%, contro il 4,4% registrato lo stesso periodo dell’anno prima e il 4,8% del top del 2013. Su un orizzonte più lungo, però, il flusso dei default resta su livelli alti, decisamente più elevati rispetto a quelli che contraddistinguevano i periodi precedenti alla crisi. Non per niente, il tasso di ingresso in sofferenza di giugno 2016 “doppia” quello di fine 2008, sia sul numero di prestiti (3,8% a 1,7%), sia sugli importi finanziati (3,9% contro 1,5%). Si può pensare che le rilevazioni di giugno e di settembre introducano il mondo del credito su un nuovo binario, meno nervoso e... “sofferto”? Sembra proprio di

sì: in base ai modelli - afferma il documento Abi-Cerved - è lecito pensare anche a un’accelerazione di questo trend, favorito dal forte calo di inadempienze probabili e LI ELLI RE RISI crediti scaduti. E potrebbe resto innescarsi un circolo virtuoso. Come ha detto Marco Nespolo, amministratore delegato di Cerved, «negli ultimi mesi il flusso di prestiti che le banche devono classificare come crediti scaduti o come inadempienze probabili è diminuito rapidamente, fino a tornare a livelli vicini a quelli pre-crisi. Questo, insieme a un consolidamento della situazione finanziaria delle imprese, suggerisce nei prossimi mesi un miglioramento più marcato anche per le nuove sofferenze, che reagiscono con più ritardo a miglioramenti della congiuntura. Una notizia finalmente positiva per il nostro mercato del credito, soprattutto alla luce delle Gennaio / Febbraio 2017

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strate ie Mer ati SUD ES LUSO

operazioni di cessione dei crediti deteriorati; questi indicano che sta finalmente decollando il mercato dei Npl». Ed ecco le cifre: a fine anno (i dati sono stimati, dato che i risultati dell’intero 2016 non sono ancora disponibili), ci si aspetta infatti un tasso di ingresso in sofferenza a 3,6% (-0,2% rispetto al 2015). Come già ricordato, per il primo anno dall’inizio della crisi, il miglioramento investe tutti i set-

GIO ANNI SABATINI «

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tori dell’economia, ma non tutte le aree geografiche: al sud, il tasso atteso è del 5,2%, lo stesso livello dell’anno precedente, mentre nel resto del territorio la riduzione è di quasi lo 0,3%; nel dettaglio, il nord ovest scende dal 3,2% al 2,9%, il nord est da 3% a 2,6% e il centro dal 4,3% al 4,1%. Dal punto di vista della dimensione, le microimprese sembrano le più a ischio: si stima che, a fine 2016, ogni 100 prestiti erogati, ne entreranno in sofferenza 3,8 (ma nel 2015 era comunque peggio: la media era infatti di 4,1). Più bassa la stima per le piccole aziende (10-50 dipendenti e un giro d’affari compreso tra 2 e 10 milioni), che si fermano al 3%

(3,1% l’anno prima), per le medie (2,3%, contro il 2,4% del 2015) e per le grandi (1,7%, contro l’1,8% dell’esercizio precedente). In ogni caso, in tutte le fasce per dimensione, la frequenza delle sofferenze è più che doppia rispetto ai livelli degli anni precedenti alla crisi; ancora una volta, il gap è maggiore per le imprese di minori dimensioni, soprattutto le microimprese. Secondo Giovanni Sabatini, direttore generale dell’Abi, il trend dovrebbe proseguire anche oltre il 2018: «la riduzione in corso dei flussi di deterioramento del credito al settore privato ha basi solide: si può prevedere che, con il consolidarsi della ripresa economica in atto, nei prossimi anni il processo di miglioramento della qualità del credito continuerà su ritmi superiori a quelli attuali», ha affermato Sabatini. «In questa fase, crescita dell’economia, riduzione del rischio e ripresa del credito sembrano tutti presentare un’evoluzione positiva». In ogni caso, i miglioramenti da oggi al 2018 sembrano molto probabili. In base allo scenario macroeconomico elaborato dall’Abi, il Pil, stimato a +0,9% nel 2016, proseguirà la sua corsa nel 2017 (+0,9%) e 2018 (+1,2%). I consu-


vranno recuperare dai 2 ai 3 decimi.

SU IL IL

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mi cresceranno a tassi non lontani da quelli dell’economia, mentre le componenti più dinamiche della domanda saranno le esportazioni (+3,6% nel 2008) e gli investimenti (+2,3%). Lieve incremento anche per la dinamica dell’inflazione (+1,1% i prezzi al consumo) con tassi di interesse che torneranno a crescere, anche per la fine del quantitative easing. In un simile scenario, è naturale che, di qui al 2018, la situazione delle sofferenze vada ulteriormente a migliorare. Ma quali settori produttivi andranno meglio? In pole position l’industria, che prosegue sulla strada dei miglioramenti, imboccata nel 2014: si prevede che, dai dati definitivi di fine anno scorso emerga un tasso di ingresso in sofferenza pari al 2,8% (-0,3% rispetto al 2015). Abi e Cerved ritengono che questo slancio porterà i crediti deteriorati del settore industriale a livello precrisi: il tasso di ingresso in sofferenza 2018 è stimato al 2%, a un’incollatura dall’1,8% del 2008. Addirittura inferiore al dato “pre-Lehman” dovrebbe essere la percentuale raggiunta dalle grandi (0,6%, contro 0,8%) e le medie (0,8%, contro 1,2%), mentre le piccole e le “micro” do-

Molto più lento il cammino del settore costruzioni: il dato, che era del 5,9% nel 2014 e del 5,8% l’anno successivo, chiuderebbe il 2016 con un valore (stimato, naturalmente) del 5,7%. Vale a dire: il calo c’è, ma siamo ancora oltre il triplo del livello precedente alla crisi (1,8%). La situazione dovrebbe, però, migliorare nel corso di questo biennio, fino a giungere al 3,9%. Un andamento in picchiata, anche se il settore mostrerà comunque le percentuali più alte di tutta l’economia, con i livelli pre-crisi ancora lontani. A tirare il gruppo saranno, anche in questo caso, le grandi società, che dovrebbero far calare i tassi dal 4,6% del 2016 al 2,4% del 2018. Seguono le microaziende, per cui si prevede un passaggio dal 5,6% dell’anno

scorso al 3,8% del 2018, e quelle piccole aziende (da 6,1% a 4,3%), mentre le medie imprese edilizie, malgrado un decremento del 2%, rimarranno le più a rischio. Chiudiamo con i servizi, che archivieranno il 2016 al 3,3%, due decimi in meno rispetto all’anno prima, per scendere al 2,3% nel 2018. In questo caso, l’alloro andrà alle microimprese, che dovrebbero portarsi dal 3,5% del 2016 al 2,4% del 2018; questo risultato renderebbe meno ampio il gap con le grandi imprese. Dal punto di vista geografico, invece, i divari tra le varie macroregioni si restringeranno: nel 2018 le aziende del Mezzogiorno, pur rimanendo quelle più a rischio, dovrebbero calare molto, e raggiungere un tasso di ingresso in sofferenza previsto del 3,7% (-1,5% rispetto al 2016); le imprese del centro, invece, passeranno dal 4,1% dell’anno scorso al 2,9% del 2018; minimo, invece, lo scostamento a nord ovest (dal 2,9% al 2%) e a nord est (dal 2,6% all’1,8%). In ogni caso, in nessuna delle quattro aree s tornerà alla situaN zione pre-crisi.

TASSO DI DETERIORAMENTO

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ANALINO DI ODA


strate ie Mer ati

Npl, le strategie per superare l’emergenza

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N antonio di FABIO SGROI

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el 2008, quando iniziò la crisi, non tutti compresero la sua reale portata. Qualcuno – anche all’interno del settore finanziario – arrivò al punto di salutare il momento di difficoltà di alcune banche internazionali come una lezione a un certo modo – spregiudicato – di fare finanza. E si era illuso che la crisi lo disciplinasse. D’altra parte, non molti cittadini comuni avevano valutato adeguatamente il grave pericolo che incombeva sull’intero sistema: il rischio di ricaduta della congiuntura finanziaria sull’economia reale, e il suo ritorno “alla base” in forma di sofferenze bancarie. E invece, il rischio si è puntualmente verificato: l’impatto della crisi finanziaria sull’economia è stato devastante. E, da parte sua, la recessione economica ha “rimpallato” al mondo finanziario un pesante deterioramento della qualità del credito e un peso senza precedenti di non performing loans. LINEE GUIDA

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Un dato su tutti: dal 2008 a oggi, l’importo dei crediti deteriorati è addirittura aumentato. E persino peggio è andata al rapporto fra sofferenze lorde e impieghi bancari, che ha sfondato il muro del 10%. Il problema, naturalmente, non è passato in secondo piano. E le autorità di vigilanza, oltre che le istituzioni politiche, stanno studiando una via d’uscita. E incalzano gli istituti di credito, pressandoli perché si occupino in modo strutturale del problema, e potenzino le basi infor-

mative per il monitoraggio e la gestione delle esposizioni deteriorate. Ma c’è di più. Authority e governo, infatti, si adoperano per facilitare lo smaltimento degli Npl, rendendo più veloci i processi di recupero. Vari e articolati gli interventi delle autorità di vigilanza (ma non solo), italiane ed europee. La Banca Centrale Europea, per esempio, ha diffuso alcune linee guida per una gestione corretta dei crediti deteriorati,


precisando ciò che la vigilanza bancaria si aspetta per il futuro. Anche l’Eba ha fatto la sua parte, pubblicando linee guida e standard, con l’obiettivo di arrivare a una definizione unica (e valida nell’intera Ue) dei termini «sofferenza» e «credito deteriorato». Da parte sua, Bankitalia ha chiarito agli osservatori di tutto il mondo le particolarità della situazione italiana. È intervenuta anche l’Abi; l’associazione ha domandato che il trattamento delle banche sia più uniforme, indipendentemente dal paese in cui si trovano. Tutti questi interventi non sono caduti nel vuoto, né hanno assunto la forma delle famigerata grida manzoniane. Infatti il settore delle cessioni di Npl si è mosso, nonostante le difficoltà oggettive: a partecipare a questa attività sono stati investitori e società specializzate, oltre naturalmente agli istituti di credito. L’emergenza, nonostante la buona volontà e lo sviluppodi un mercato brillante, è però rimasta tale. In che modo superarla? E con quali mezzi? A cercare una soluzione è stato il convegno I non-performing loans tra politiche di vigilanza e mercato, organizzato dall’Università Cattolica del Sacro Cuore in collaborazione con la comunità di thecreditriskclub.it e Crif, gruppo specializzato nella gestione di sistemi di informazioni creditizie e soluzioni per la gestione del credito. L’incontro ha puntato a mettere a raffronto le varie posizioni di questi soggetti, cercando di facilitare un confronto tecnico in grado di individuare di soluzioni e strumenti che possano agevolare il superamento dell’emergenza. E, per affrontare i problemi, il dibattito è partito dalla loro

UADRU LI ATI

I UNI ORMITà

origine. Osservando che l’alto numero di Npl dipende dall’incremento delle nuove sofferenze, combinato con la sostanziale stabilità dei tassi di estinzione. Un cocktail letale, si potrebbe osservare. Nel dettaglio, l’aumento delle sofferenze è, naturalmente, collegato con le condizioni economiche dei debitori, sia dal punto di vista del reddito, sia del patrimonio. E qui, di vie d’uscita non se ne vedono molte: la situazione non accenna a migliorare; il tasso di disoccupazione, pur diminuito negli ultimi tre anni, è ancora sopra la soglia psicologica delle due cifre (11,5%) e piazza l’Italia nella non invidiabile posizione di terzultimo paese dell’area euro. Insomma: se si trattasse di una squadra di serie A, il belpaese sarebbe in piena zona retrocessione. D’altra parte il numero dei fallimenti ha archiviato il 2016 a quota 13.500; anche se inferio-

re al picco raggiunto nel 2014 (15.300), il valore è comunque doppio rispetto al 2007. Cioè quando non ci si immaginava neppure che cosa l’imminente crisi potesse voler dire. Passando al secondo ingrediente del cocktail, e cioè la stabilità dei tassi di estinzione, si rileva che il dato risente dell’elevata durata media dei recuperi, pari a sette anni circa. Su questo dato pesa l’atavica lentezza del nostro sistema giudiziario. Ma qui il problema inizia a essere affrontato. Nuove norme, come i deceti legislativi 83/2015 e 59/2016, e investimenti in digitalizzazione dovrebbero snellire, nel tempo, i processi. Intanto, secondo i dati presentati da Crif, la durata media delle procedure fallimentari (circa cinque anni nel 2016) è già diminuita: il decremento 2016 è stato del 3%. Stabili, invece, i numeri delle procedure Gennaio / Febbraio 2017


strate ie Mer ati ALBERTO SONDRI

esecutive immobiliari, anch’esse lunghe, in media, cinque anni (4,4 al nord e 6,4 al sud). Una minor durata dei contenziosi farebbe sicuramente bene al sistema del credito. Ma anche le banche devono fare la loro parte, lavorando per poter massimizzare i recuperi, che dipendono dalle caratteristiche delle sofferenze. Dato che una parte importante delle esposizioni deteriorate è garantita dagli immobili e dai fabbricati (il 34,6% delle famiglie con sofferenze - e il 36% delle aziende - ne ha almeno uno), è necessario che la pur timida ripresa del mercato immobiliare, attualmente limitata alle aree metropolitane, si consolidi Ma c’è di più. Secondo i partecipanti al convegno, le aziende di credito devono coordinarGennaio / Febbraio 2017

si meglio tra di loro, dato che il 36,5% degli Npl interessa più di una banca (l’informazione è ricavata da un’analisi realizzata sulla base del patrimonio informativo di Eurisc - il sistema di informazioni creditizie gestito da Crif che raccoglie i dati su oltre 80 milioni di posizioni). Maggior coordinamento significa anche scambio di informazioni e loro miglior utilizzo da parte del sistema bancario. «I dati associati ai crediti deteriorati sono spesso ancora oggi di scarsa qualità», ha affermato, a tal proposito, Alberto Sondri, servicing director di Crif. «Ciò è dovuto alla limitata informatizzazione dei processi di gestione del contenzioso che ha caratterizzato gli anni del picco della crisi, dato che banche e operatori specializzati hanno incrementato gli investimenti in It solo negli ultimi anni. Ciò ha indebolito la capacità di presidiare in modo efficiente la raccolta e la sistematizzazione delle informazioni su contratti, procedure e garanzie». Le carenze nella qualità dei dati disponibili sono anche una delle cause del divario fra prezzi di offerta e di domanda che ha limitato lo sviluppo delle cartolarizzazioni. Perché va da sé: se il set di informazioni non è adeguato, l’investitore non riesce a capire quali sono le vere caratteristiche dei crediti ceduti. Gli istituti di credito, che conoscono questi problemi, hanno già dato il via a iniziative di bonifica degli attuali database e a investimenti su processi e basi informative. La necessità di raggiungere risultati in breve tempo nasconde un rischio: quello di sovraccaricare le strutture interne che si occupano di gestire i crediti deteriorati. Questo, indipendentemente dall’efficienza della struttura, può rivelarsi un ostacolo al suo lavoro.

DE INIZIONE UNI A

E allora? Allora, molte aziende di credito si chiedono se sia meglio cedere pro soluto gli Npl (anche con cartolarizzazioni) oppure dare in outsourcing i processi di recupero. Coinvolgendo, naturalmente, operatori specializzati, che spesso trattano un numero molto alto di casi. Per esempio: i 15 principali servicer gestiscono oggi circa 150 miliardi di Npl in valore nominale; dato che i bilanci delle banche ne evidenziano altri 200, e che gli stessi istituti di credito sono sempre più intenzionati a liberarsi almeno di una parte, questo comparto potrebbe crescere ulteriormente. E, aumentando le posizioni su cui lavorare, si creerebbero sicuramente nuove economie di scala. «Lavorando per più banche», concorda Andrea Resti, consulente del Parlamento europeo e senior advisor di Crif, «i servicer potranno acquisire maggiore esperienza ed informazioni sui portafogli Npl, fornendo agli investitori riferimenti qualitativi e quantitativi utili a orientare le stime di cash flow e a migliorare la precisione del pricing». In questo modo, potrebbero contribuire a ridurre il gap tra prezzi di domanda e di offerta. Per le aziende di credito, poi, l’outsourcing ha la possibilità di trasformarsi in uno strumento di benchmarking delle performance di recupero. Un traguardo fissato dalle linee guida della Bce, che vincolano le banche a stabilire e rispettare obiettivi quantitativi di riduzione dello stock di crediti N deteriorati.


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Chiarimenti in merito al trattamento degli indennizzi erogati nel decreto «salvabanche» l’

Agenzia delle Entrate è 2014. L’accesso a tali prestaintervenuta a chiarire il zioni è riservato agli investicorretto trattamento fiscale tori persone fisiche, imprenapplicabile alle indennità riditori individuali nonché sarcitorie erogate agli inveimprenditori agricoli o coltistitori dal Fondo di solidarievatori diretti o successori tà nell’ambito del decreto mortis causa, a condizione «Salvabanche», convertito, che siano altresì rispettati i con modificazioni in Legge, seguenti ulteriori requisiti: recante disposizioni urgenti patrimonio mobiliare di proin materia di procedure ese- co er iali ta prietà dell’investitore infecutive e concorsuali, nonché in Milano riore a 100mila euro e ama favore degli investitori in montare del reddito combanche in liquidazione (Banca delle plessivo dell’investitore, ai fini dell’impoMarche Spa, Banca Popolare dell’Etru- sta sul reddito delle persone fisiche ria e del Lazio - società cooperativa, Cas- nell’anno 2014, inferiore ai 35mila euro. sa di risparmio di Ferrara Spa e Cassa di Qualora tali condizioni siano rispettate, Risparmio della Provincia di Chieti Spa). gli investitori possono, come anticipato, In particolare, l’art. 9 prevede per gli in- richiedere la corresponsione di un investitori che hanno acquistato strumenti dennizzo forfetario pari all’80% del corrifinanziari subordinati, entro il 12 giugno spettivo pagato per l’acquisto degli stru2014 e che li detenevano alla data della menti finanziari subordinati, al netto di: Risoluzione, la possibilità di richiedere oneri e spese direttamente connessi l’erogazione di un indennizzo forfettario, all’operazione di acquisto; la differenza, presentando a pena di decadenza, entro se positiva, tra il rendimento degli strusei mesi dalla data di entrata in vigore menti finanziari subordinati ed il rendidella Legge 30 giugno 2016, n. 119, appo- mento di mercato di un Buono del tesoro sita istanza al fondo di solidarietà, istitui- poliennale in corso di emissione e di duto ai sensi dell’art. 1, commi da 855 a 861 rata finanziaria equivalente oppure il rendella Legge di Stabilità 2016 (Legge 28 dimento ricavato tramite interpolazione dicembre 2015, n. 208), o, in via alterna- lineare di Buoni del tesoro poliennali in tiva, esperire la procedura arbitrale di corso di emissione aventi, durata financui all’art. 1, commi da 857 a 860, della ziaria più vicina. Legge di Stabilità 2016. L’attivazione della procedura arbitrale preclude la Come evidenziato nella risposta possibilità di inoltrare la richiesta per all’interrogazione parlamentare del l’erogazione dell’indennizzo forfettario e, 23 giugno 2016, alla luce anche la qualora quest’ultima sia già stata attivata, relazione illustrativa al disegno di legge la relativa istanza diviene improcedibile. di conversione del decreto legge L’istanza per l’erogazione dell’indenniz- 59/2016, l’indennizzo forfettario ha la zo forfettario, diversamente, non preclu- funzione di ristoro del pregiudizio subito de l’accesso da parte dei medesimi inve- dall’investitore in ragione della violaziostitori alla procedura arbitrale in relazio- ne, da parte delle banche in liquidazione, ne a strumenti finanziari subordinati, degli obblighi di informazione, diligenacquistati oltre la data del 12 giugno za, correttezza e trasparenza previsti dal

Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento relativi alla sottoscrizione ed al collocamento degli strumenti finanziari subordinati. L’Agenzia delle Entrate conferma che la misura dell’indennizzo forfettario ha una natura lato sensu risarcitoria del «danno emergente» subito dall’acquirente dei titoli, non essendo parametrato alla mancata percezione di proventi derivanti dagli strumenti finanziari emessi dalle banche in liquidazione, ma esclusivamente al corrispettivo pagato dall’investitore in sede di sottoscrizione o di acquisto dei titoli. Non è quindi possibile qualificare l’indennizzo forfettario né quale reddito di capitale (Art. 44 del Tuir), poiché non si configura quale interesse o altro provento parametrato all’impiego del capitale, né quale reddito diverso (Art. 67 del Tuir), tenuto conto della sua funzione risarcitoria. Pertanto, le somme percepite a titolo di indennizzo forfettario o le somme conseguite attraverso l’attivazione della procedure arbitrale, non assumono rilevanza reddituale in quanto erogate al solo fine di reintegrare la perdita economica sofferta («danno emergente»), ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. Tale norma sancisce, infatti, l’imponibilità delle indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento dei danni per la perdita dei redditi. Quindi, in base al dettato normativo, soltanto le somme sostitutive di reddito - volte cioè a reintegrare il c.d. «lucro cessante» - possono essere assoggettate a tassazione. Diversamente, devono essere escluse da tassazione i proventi e le indennità aventi la funzione di ricostituire il mero patrimonio, il «danno emergente».

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Usura: limiti alla responsabilità del dipendente bancario c

on una recente Sentali, titolare del contenza del 6 ottobre to) si trovava in stato 2016, il Tribunale di Ferdi bisogno. A fronte rara si è pronunciato della discordanza tra sulla responsabilità di le risultanze dei paretre dipendenti bancari, ri rilasciati dai consuchiamati a rispondere lenti circa l’effettivo del reato di usura per superamento del tasaver applicato, ad una so-soglia e circa la Srl che aveva richiesto congruità del costo l’apertura di una linea di del denaro rispetto alcredito, tassi d’interesse dottore in la media delle condisuperiori alla soglia di i ri r den a, zioni praticate su siollaboratore re o legge (la cosiddetta usu- lo st dio le ale mili operazioni, in ra oggettiva), per un pri- ca allo torino una situazione di ogmo periodo di tempo, e gettiva ed accertata comunque, anche successiva- tensione finanziaria del cliente, la mente, tassi superiori o spropor- difesa dei tre dipendenti si incenzionati rispetto a quello medio trava sulla possibilità di addebitapraticato per operazioni analo- re il fatto di reato contestato agli ghe, seppur inferiori alla soglia imputati medesimi, tenuto conto legale (cosidetta usura soggetti- che nessuno di questi rivestiva va, o «in concreto»). un ruolo di responsabilità nel settore imprese della banca (compeNell’ambito di detta apertura tente a deliberare su prestiti ed di credito (per l’esattezza si affidamenti) né aveva, consetrattava di due distinti rapporti guentemente, alcun ruolo nella di conto corrente), le responsabi- gestione di detti rapporti di credilità dei tre soggetti erano state to. individuate dalla Pubblica Accusa in ragione delle qualità rivesti- Emergeva, infatti, come tale te da ciascuno degli imputati: il gestione concernente le imprimo quale referente, a livello prese fosse affidata ad una «filocale, del settore imprese della liera gerarchica» separata e collabanca (che seguiva quindi i rap- terale rispetto a quella dei norporti con la società cliente); il mali clienti privati, in base alla secondo ed il terzo quali diretto- quale il gestore della singola pori, in tempi diversi, della stessa sizione rispondeva direttamente filiale; il tutto con le aggravanti – ad un responsabile di zona: con per tutti e tre - di avere agito la conseguenza che agli imputati, nell’esercizio di una attività pro- secondo tale ricostruzione, nulla fessionale bancaria e di avere poteva essere addebitato. Poicommesso il fatto in danno di chi ché, infatti - si legge in Sentenza (in questo caso la società di capi- - «i tassi d’interesse erano decisi

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a livello centralizzato e in modo standardizzato, venendo poi applicati a tutti i clienti appartenenti ad una medesima categoria di richiedenti», «il referente non aveva il potere di modificare i tassi in questione (potendo al più presentare ai propri superiori delle proposte migliorative)», ed a nessuno dei tre imputati poteva demandarsi il compito di controllare che non si verificassero dei superamenti del tasso soglia, con la conseguente necessità di operare delle rettifiche (che competevano agli uffici centrali della Banca). Condividendo la tesi difensiva, il Tribunale ha così accolto la richiesta di assoluzione per tutti e tre i dipendenti della banca. A margine, peraltro, la Sentenza ha osservato come, al di fuori di una responsabilità «diretta» e attiva degli imputati (qui esclusa), non può configurarsi, nel caso di specie, una diversa responsabilità «omissiva» dei dipendenti per non aver impedito l’applicazione di tassi usurari, anche alla luce del fatto che la responsabilità penale per il reato di usura può sussistere solo se vi è piena coscienza e volontarietà dell’agente di praticare un tasso di interesse illegale (come peraltro riaffermato, di recente, dalla Corte di Cassazione, con la Sent. 49318/2016, secondo cui il reato di usura è punibile solo a titolo di dolo diretto, che consiste nella cosciente volontà di conseguire i vantaggi usurari).


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I risultati della vigilanza unica bancaria di cla dio crosio

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a Banca Centrale Eurotal buffer; incrementato i pea ha introdotto la Vimodelli di gestione della ligilanza Unica due anni fa, quidità e analizzato i loro esattamene il 4 novembre modelli di business al fine 2014, con l’obiettivo di indi valutarne l’adeguatezza e crementare l’integrazione e la solidità. Questo è avvenula stabilità finanziaria, creato a seguito dell’introduziore un sistema unico sano e partner di deloitte ne di nuovi regolamenti, solido e introdurre dei mec- to e, e bro del dello svolgimento della vigicanismi di vigilanza coeren- ban in nion centre lanza attraverso gruppi di deloitte di Fran o orte ti tra le banche dell’Unione lavoro presenti nel continuo Europea. Ad oggi il sistema presso le banche, di nuove di vigilanza unico, che coinvolge 129 richieste di informazioni, di richieste banche vigilate che rappresentano circa di sviluppare piani di business e di risol’82% del totale delle attività complessi- luzione; in sintesi, di una maggiore ve, impiega un personale composto da pressione e presenza delle autorità di più di 900 persone che lavorano diretta- vigilanza presso le banche. Il rovescio mente alla Bce e più di 4.700 a livello della medaglia che lamentano le bandelle singole Banche Centrali nazionali. che è sicuramente dato da un increRispetto alle circa 1.500 decisioni prese mento dei costi di vigilanza a fronte dei in questi due anni 921 hanno riguardato quali le banche stesse si stanno chieprocessi autorizzativi, mentre 213 han- dendo se ci siano anche stati i relativi no riguardato provvedimenti in ambito benefici. Sicuramente i costi sono auSrep. La domanda che ci si pone è se la mentati molto ed i benefici non sono nuova vigilanza europea abbia creato immediatamente tangibili da identifibanche più solide. Ad oggi, la vigilanza care. Secondo alcuni esponenti bancaunica ha fatto molte cose ed il proces- ri europei, l’incremento del rapporto so è ancora in corso. In generale due costo/benefici della nuova vigilanza dei tre pilatri dell’unione bancaria, il potrebbe essere incrementato, mesistema di vigilanza unico ed il sistema diante: 1)La riduzione di novità normadi risoluzione unico, sono stati imple- tive e richieste di informazioni contemmentati. Con riferimento alla Vigilanza poraneamente; 2)La riduzione di regoUnica la Bce ha lavorato al fine di intro- lamenti ridondanti da parte delle autodurre un processo più armonizzato rità nazionali; 3)La riduzione dei dettabasato sulla proporzionalità, sul ri- gli delle informazioni richieste e magschio, sullo Srep e focalizzato sulla ri- gior tempo per implementare le richiemozione delle discrezionalità dei sin- ste. L’attuale contesto storico è quello goli paesi dell’Unione. La valutazione di un fase di ri-regolamentazione dopo dei modelli interni, prevista per la pri- una fase di bassa regolamentazione che mavera del 2017, in tale ottica, avrà lo ha determinato la crisi degli scorsi anni. scopo di ridurre le discrezionalità dei La regolamentazione è importante, ma singole paesi, relative ai modelli non esiste sempre il rischio che l’eccesso di correlati al rischio. In generale la Vigi- regolamentazione determini problemi lanza Unica ha creato banche più stabi- di stabilità finanziaria Le banche signifili che hanno incrementato il loro capi- cative dell’Ue rispetto a due anni fa sono

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sicuramente più forti in termini di capitale ma, nonostante questo, il prezzo delle azioni si è ridotto di circa il 20% che significa che i mercati percepiscono una redditività che non è in grado di superare il costo del capitale. Questo principalmente a causa della bassa redditività del settore dovuta in primo luogo ai tassi di interesse molto bassi, alla riduzione dei ricavi derivanti dal comparto commissionale ed a nuovi scenari concorrenziali dovuti alle nuove tecnologie quali ad esempio il settore fintech ovvero la digitalizzazione dei servizi finanziari. Le banche stanno quindi iniziando a pensare a rivedere il loro business model al fine di essere maggiormente redditizie. La solidità del modello di Business è sicuramente uno dei principali focus della Vigilanza Unica nei prossimi anni unitamente alle tematiche riguardanti i modelli interni utilizzati dalla banche per il calcolo dei requisiti di capitale, alle problematiche sui Npl ed all’introduzione dei nuovi standard contabili come l’Ifrs 9. In sintesi quindi, a seguito dell’introduzione della Vigilanza Unica non ci si deve chiedere se le banche siano ora preparate rispetto a prima ma se siano più preparate e non se le banche siano ora sicure ma se siano più sicure. La tematica della redditività è sicuramente, al momento, una delle principali problematiche che preoccupano la Vigilanza Unica e, a fronte di un settore con una redditività molto ridotta, lo scopo della regolamentazione è sia quello di costringere le banche a cambiare il loro modello di business qualora non fosse più redditizio, sia quello di dare al mercato una percezione delle Banche dell’area Euro, anche attraverso la messa a disposizione di dati omogenei e completi, in linea con quanto avviene nel resto del mondo.


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Limiti alla responsabilità della banca per il trattamento illecito dei dati personali c

on una recentissima pronuncia di merito (Trib. Civ. Bari, sez. Rutigliano, 5639/16), la giurisprudenza è tornata sull’annosa questione della responsabilità dell’istituto bancario in caso di trattamento illecito di informazioni personali e riservate realizzato in danno del cliente. La vicenda, di natura civilistica, traeva origine dal presunto trattamento illecito di notizie riservate e dati sensibili effettuato dalla Banca, della quale, nel corso del giudizio, si era accertato il comportamento illegittimo. La norma di riferimento per la pretesa risarcitoria avanzata dal danneggiato, in questo caso, va ricercata nell’art. 15 del D.Lgs. 196/2003, normativa che disciplina le regole per il trattamento e la protezione dei dati personali (cd. legge sulla privacy). La disposizione di legge stabilisce che “chiunque cagiona danno ad altri per effetto del trattamento di dati personali è tenuto al risarcimento (…)”, estendendo a tale ipotesi la disciplina dettata dal codice civile in materia di danno da attività pericolose (art. 2050 cod. civ.). In altre parole, il trattamento di dati personali, da parte di qualunque soggetto sia posto in essere, viene assimilato ad una attività suscettibile, di per sé, di comportare rischi di divulgazione di informazioni riservate, che la legge intende tutelare nell’interesse della riservatezza del soggetto al quale quei dati si riferi-

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serio”, direttamente scono. conseguente alle preCoerentemente con tadette violazioni sul tratle finalità di tutela, il tamento dei dati persolegislatore ha stabilito nali, può legittimare la che, in base al disposto richiesta risarcitoria del citato art. 15 comstabilita dalla norma di ma secondo della legge legge e tali requisiti sulla privacy, la violanon ricorrevano nel cazione delle modalità di so di specie. La protrattamento dei dati a o ato nuncia si inserisce, coconcordate con il sog- a a ioni ta sì, a pieno titolo, nel getto interessato (com- del Foro di torino solco tracciato dalla prese le modalità di raccolta, registrazione, utilizza- giurisprudenza di legittimità che zione e conservazione) o la viola- ha affermato come il risarcimento zione dei requisiti di tali dati (ove, del danno non patrimoniale sia cioè, questi eccedano i limiti di dovuto “solo nel caso in cui sia pertinenza o di scopo per i quali superato il livello di tollerabilità” sono raccolti) daranno diritto al in riferimento alla lesione di un soggetto leso di vedersi ristorare determinato bene giuridico e nei non solo i danni patrimoniali (va- casi in cui “il pregiudizio non sia le a dire delle perdite economi- futile” (in tal senso, fra le tante, che o dei mancati introiti diretta- Cass. civ. 16133/2014). mente conseguenti alla violazione accertata), ma anche i danni Ne consegue che, in casi siminon patrimoniali da lui patiti (art. li, è onere della parte danneggiata dimostrare, in giudizio, 15 co. 2 D.Lgs. 196/2003). li “aspetti contingenti dell’ofCosì posta, la regola generale fesa” e quantificare “le perdinon sembrerebbe individuare te personali verificatesi”, anulteriori limitazioni alla ri- che in relazione al trattamento ilchiesta di risarcimento dei lecito di dati personali. Un’interdanni (anche non patrimonia- pretazione della norma, questa, li) avanzata, come nel caso in che finisce col gravare ulterioresame, dal cliente di una Banca mente il danneggiato, a favore che si ritenga leso rispetto al trat- dell’operato degli istituti di credit a m e n t o i l l e c i t o e f f e t t u a t o to (nel caso esaminato), evitando dall’istituto su propri dati perso- l’instaurazione richieste di risarnali. Ebbene, nel caso suddetto, il cimento “bagatellari”, in un neTribunale di Bari ha invece re- cessario bilanciamento tra il prinspinto la richiesta risarcitoria cipio di solidarietà verso la vitti(sotto il profilo del danno non pa- ma, e quello di tolleranza nell’amtrimoniale) del cliente, afferman- bito della convivenza sociale (art. do che solo un “danno grave e 2 Costituzione). n


Gestione del credito a cura di

uali novità da Basilea sul rischio di credito e come difendersi CRI propone uattro semplici ricette «per contenere i danni collaterali» del nuovo approccio standard alla misura del rischio Dottor acellari, ual lo un’analisi informata, a basso stato dell arte relativamente costo, aggiornata e di ualità. all implementa ione di a CRI ha realizzato un prototisilea ? po di cruscotto che presenta « el mese di gennaio il tutte ueste caratteristiche». Comitato di Basilea ha Quali, invece, gli impatti sui cre reso noto uno slittamento diti alle imprese? in avanti nell’approvazio«Per uanto attiene alle ne di Basilea I . Il pacesposizioni verso le imprese, chetto di norme si riferisce il nuovo standard normativo al metodo standardizzato sottolinea l’esigenza di effetche farà da floor anche tuare un’adeguata due dili, enior anager alle banche che usano gence sui debitori finanziati, in anagement onsulting modelli interni per il calaggiunta al normale procesredit olutions colo dei re uisiti patrimoso di istruttoria e agli eventuaniali. In uesto scenario li score di accettazione e di CRI si propone come partner per suppor- monitoraggio. In uesto caso CRI è in tare le banche nel contenere gli effetti ne- grado di sostenere le banche in due modi gativi e sfruttare le opportunità in termini di da un lato, attraverso un check-up dei proRWA ptimization con particolare attenzio- cessi interni di erogazione e monitoraggio ne a esposizioni interbancarie, crediti alle che consenta di allinearli alla best practice imprese, specialised lending e prestiti ga- in materia di due diligence dei debitori cos rantiti da immobili». da soddisfare le richieste presenti nel nuovo Quali sono gli spunti proposti da per standard dall’altro con la fornitura di inforcontenere i possibili effetti collaterali in tema mazioni aggiornate sui bilanci delle singole di esposi ioni interbancarie? imprese, confrontati con i valori mediani del «Per uanto riguarda le esposizioni verso settore di appartenenza, al fine di arricchire banche, il nuovo approccio standard non la ualità del processo di istruttoria e di consente pi , per gli istituti privi di un rating, rendere pi efficace lo svolgimento dei condi adottare il rating del Paese d’origine. trolli di secondo livello sul monitoraggio invece necessario procedere con un’analisi andamentale del credito». della rischiosità delle singole banche e della l tema degli specialised lending come viene loro capacità di conseguire obiettivi di profit- toccato dalla nuova normativa? tabilità ed efficienza. Ci va fatto confrontan- «Si tratta di una tipologia di finanziamenti dole con i concorrenti e tenendo conto del che in precedenza non era presente ciclo economico. Per evitare che tale attività nell’approccio standard e che viene introdi valutazione diventi eccessivamente one- dotta anche al fine di rendere pi facile il rosa, è necessario disporre di un cruscotto confronto con i metodi basati sui rating inche riporti per ogni istituto i principali indica- terni. ’introduzione di tale portafoglio detori di ualità del credito, di capitale regola- termina, per le banche che adottano l’apmentare e di redditività, cos da consentire proccio standard, due problematiche rile-

vanti da un lato è necessario analizzare il portafoglio già in essere e identificare i crediti che si ualificano come specialised lending dall’altro è necessario modificare il processo di erogazione dei nuovi crediti per gestire in modo adeguato uesto tipo di finanziamenti. CRI pu supportare le banche sia nell’analisi dei dati relativi ai crediti già esistenti, cos da fare emergere le esposizioni riconducibili al nuovo segmento attraverso un sistema di criteri rigoroso e oggettivo, sia nell’impianto di nuove procedure di erogazione che tengano conto dei principali profili di rischio tipici di un’operazione di specialised lending, come richiesto dalla nuova normativa». prestiti garantiti da immobili rimangono un tema centrale… «Il nuovo approccio standard prevede ponderazioni per il rischio pi diversificate di uelle attuali in base ai livelli di oan to value. In particolare, secondo il nuovo approccio standard la valutazione pu deve essere rivista se l’immobile aumenta di valore a seguito di modifiche migliorative o se diminuisce di valore a causa di eventi idiosincratici. Pu dun ue risultare conveniente aggiornare le perizie all’indomani di ristrutturazioni è inoltre necessario superare i classici strumenti di rivalutazione delle perizie basati sugli indici di mercato e sviluppare metodologie che consentano di valutare i singoli cespiti in modo uanto pi possibile sganciato dalla perizia effettuata in sede di erogazione. na risposta a simili esigenze pu venire dagli Automated aluation Models A M , settore in cui CRI ha maturato rilevanti esperienze anche grazie alla partnership con un operatore britannico specializzato». Per maggiori informazioni marketing.creditsolutions crif.com


te nolo ia in or ati a

Frodi bancarie: siamo tutti ad alto rischio

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onostante la tecnologia sempre più sofisticata il tema delle frodi, in ambito bancario - ma anche nelle assicurazioni e n vari altri settori di busness resta uno dei nodi più spinosi da risolvere. Le procedure per la prevenzione frodi di Experian in Italia

ANGELO ADO ANI

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esaminano oltre 10 milioni di richieste ogni anno. E puntano ad aiutare le imprese a rilevare e prevenire il fenomeno nelle fasi iniziali (sia richieste con carte di credito, sia telefoniche). Nel 2015, l’azienda ha lanciato una procedura legata allo Scipafi, il sistema pubblico di prevenzione: obiettivo del servizio è permettere il riscontro dei dati contenuti nei principali documenti d’identità, riconoscimento e reddito, con quelli registrati nelle banche dati degli enti di riferimento (attualmente quelle di Agenzia delle entrate, ministero dell’Interno, ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Inps e Inail). E i dati fanno riflettere: la percentuale più alta di allarmi (numero di alert rapportati al numero di transazioni) in termini di età vede le fasce più a rischio nei giovani e a seguire nelle persone più anziane. Le donne, sempre sulla percentuale di allarmi, sono più a rischio rispetto agli uomini, mentre dal punto di vista gegrafico, i primo posti sono occupati dai residenti all’estero e in Alto Adige; nelle prime dieci province ce ne sono, inoltre, otto meridionali e insulari (Napoli, Salerno, Bari, Foggia, Campobasso, Palermo, Catania, Siracusa).

BancaFinanza ne ha parlato con Angelo Padovani, amministratore delegato di Experian Italia e con Andrea Priores c h i , direttore information technology e processi di Santander consumer bank. Quali sono gli ambiti e i settori nei quali siete più attivi con i vostri servizi per la sicurezza informatica? E quanto pesa il settore bancario? Padovani. «In Italia Experian è attiva prevalentemente nel settore del credito, con una crescita negli ultimi anni anche in quelli assicurativo e telecomunicazioni». Quali sono le frodi più pericolose che si sono sviluppate con la digital disruption? Padovani. «Con la digital disruption, i confini un tempo tracciati non esistono più e la frode viene propagata grazie a due elementi: da una parte la pervasività della tecnologia in molti aspetti della vita quotidiana; dall’altra l’educazione e la cultura della sicurezza della singola persona. I rischi maggiori si manifestano con il furto d’identità. Si tratta di un’impersonificazione (totale o parziale) e riguarda l’utilizzo indebito di dati che possono essere riferiti a una persona in vita o anche deceduta. Op-


ARD NOT RESENT

pure, si manifesta con l’occultamento parziale della propria identità mediante l’impiego, in forma combinata, di dati relativi alla propria persona e l’utilizzo indebito di dati relativi a un altro. Uno dei temi di maggior interesse degli ultimi dieci anni e una delle minacce più serie a livello mondiale è poi il cyber crime. Ogni aspetto della vita quotidiana privata e lavorativa ormai è altamente informatizzato. Tutte le economie mondiali utilizzano la stessa infrastruttura di base, gli stessi software, hardware e standard, con miliardi di dispositivi connessi. I rischi legati al cyber space sono considerati, secondo una recente ricerca del World economic forum, come tra i maggiori rischi percepiti in termini di impatto e probabilità di verificarsi. Un aspetto collegato al fenomeno del cyber crime è la scarsa trasparenza: anche quando una frode informatica è individuata, spesso non viene comunicata. Oltre alla violazione della privacy, ci sono altre informazioni che a livello strategico non devono essere divulgate. Quindi, per ragioni competitive queste perdite di dati rimangono confidenziali. Proprio per questo, la maggior parte dei danni che derivano dal cyber crime sono difficili da quantificare: questo crea dei rischi nell’ecosistema del business a livello globale e in particolar modo alle Pmi. Inoltre, le frodi di tipo Card

Not Present rappresentano il 60% di tutte le perdite connesse all’uso di carte nell’area Emea: le organizzazioni si trovano quindi ad affrontare la sfida di approvare i clienti legittimi e bloccare le transazioni fraudolente. Nonostante sia un canale pratico e molto utilizzato, internet è dunque uno strumento sostanzialmente anonimo, che rende sempre più difficile conoscere realmente i clienti. Quindi, gli approcci attualmente adottati in materia di prevenzione delle frodi comportano spesso un’esperienza negativa per i clienti». P r i o r e s c h i . «I maggiori rischi negli ultimi anni sono rappresentati dalla sottrazione delle credenziali degli utenti per l’accesso ai servizi di internet banking e dei dati relativi alle carte di credito attraverso il phishing e l’intercettazione delle comunicazioni (man-inthe browser). Un’altra formula subdola notata più recentemente è il blocco Pc e delle aree di rete ad accesso criptato e la conseguente richiesta di riscatto attraverso bitcoin». Quali sono le fonti principali di pericolo per le frodi informatiche? Prioreschi. « I n p r i m o l u ogo internet, con particolare riferimento alla dif-

fusione delle diverse forme di virus (per esempio malware, ransomware, social engineering) sempre più sofisticati e in continua evoluzione; strettamente collegato all’ambiente internet c’è poi quello delle e-mail. Non solo phishing, ma anche messaggi di posta elettronica, destinati alle aziende. Messaggi che non sono, però, “normali”: infatti, contengono virus che mirano a bloccare, oppure danneggiare i sistemi informativi che questi stessi malware infettano. In rapida crescita, in parallelo all’aumento dell’utilizzo delle applicazioni mobile, ci sono anche il download fake di app o finte impression pubblicitarie. A

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ANDREA RIORES

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te nolo ia in or ati a

SISTEMA UBBLI O DI RE ENZIONE

monte di tutto, ci sono le debolezze nei processi correlati alla gestione delle credenziali di accesso, con la duplice sfida, per le aziende, di individuare modelli di gestione che consentono di ridurre le complessità per il cliente senza assumere maggiori rischi». Ci sono peculiarità o differenze fra l’Italia e il resto d’Europa? Padovani. «In Italia opera Scipafi, il sistema pubblico di prevenzione che consente il riscontro dei dati contenuti nei principali documenti d’identità, riconoscimento e reddito, con quelli registrati nelle banche dati degli enti di riferimento: attualmente. quelle di Agenzia delle entrate, Ministero dell’interno, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Inps e Inail. Questo riscontro si configura quindi come efficace strumento di prevenzione per i furti d’identità. Siano essi totali o parziali. Il sistema Scipafi è una best practice europea - e tra l’altro, è integrato in tutte le soluzioni Experian che permettono di effettuare il riscontro su questo sistema, sia al momento del controllo dell’anagrafica, sia alla richiesta di credito. In Italia ci sono vincoli sulla privacy tali per cui non si sono costituite ancora schemi di condivisione delle attività sospette antifrode. Quello che si può condividere a livello di attività fraudolente accertata in sede giudiziaria perde di significato. E questo Gennaio / Febbraio 2017

accade a causa dei tempi lunghi che intercorrono dal momento in cui si verifica il tentativo di frode e la chiusura dei procedimenti giudiziari. Con il sistema Scipafi e la sua evoluzione verso la seconda fase di sviluppo si spera di superare questo limite ed avviare una nuova fase nella prevenzione frodi attraverso la condivisione delle richieste di credito sospette. In altri paesi come Gran Bretagna e Spagna, per esempio, sono invece attivi da tempo sistemi di condivisione delle frodi. Il sistema inglese si chiama Cifas ed è aperto sia a istituti bancari, sia a compagnie assicurative». Come supportate le banche sul versante dei modelli antifrode, anche in termini di prevenzione? P a d o v a n i . «Abbiamo investito in soluzioni che integrano le differenti fonti dati (pubbliche, proprie, condivise) per controlli a 360 gradi nella prevenzione delle frodi. In particolare, abbiamo potenziato recentemente la nostra soluzione antifrode Detect Plus, che si basa su un patrimonio informativo di decine di milioni di posizioni creditizie del credit bureau Experian Italia. Abbiamo quindi integrato nuovi fonti di dati, come gli archivi Scipafi e i nuovi database per la verifica dell’indirizzo fornito come residenza, che tendono a evidenziare eventuali anomalie come indirizzi virtuali, uffici pubblici, indirizzi non associato ad abitazioni o comunque più in generale indirizzi non esistenti. Un ulteriore controllo inserito è quello su numerazione della carta d’identità, data di rilascio e di scadenza, età del richiedente al momento del rilascio della carta d’identità e periodo di validità del documento in base alla normativa in vigore al momento dell’emissione della carta d’identità. L’azienda sta anche investendo molte risor-

se nello sviluppo di modelli analitici focalizzati sul rischio di frode in collaborazione con diversi istituti, con l’obiettivo di realizzare modelli di ottimizzazione dei controlli. Che riducano i “falsi positivi” e allo stesso tempo permettano di concentrare le verifiche sulle pratiche con più alto rischio. Contemporaneamente, stiamo portando anche sul mercato italiano le nostre soluzioni per prevenire le frodi digitali. Quella più recente è Fraudnet. Qual è la sua carateristica? Padovani. «Che mette al centro delle verifiche antifrode il device con il quale il cliente accede al suo conto on line ed ai servizi erogati in rete. Poter accedere alle informazioni dal dispositivo di accesso è infatti un elemento fondamentale per poter identificare i frodatori. I dati forniti durante un login o una transazione potrebbero essere infatti falsi o rubati. Le informazioni che arrivano dal dispositivo invece sono difficilmente falsificabili e permettono quindi di avere più dati da analizzare per individuare eventuali incoerenze e far scattare i dovuti allarmi. Le informazioni del dispositivo vengono intercettate in tempo reale per generare un identificativo univoco (device insight Id). In questo modo, il dispositivo viene associato a ogni evento da esso generato, senza richiedere call out, popup o domande addizionali a cui il cliente deve rispondere. Per catturare un truffatore, bisogna ragionare come lui ed è per questo che Experian si avvale di esperti di frodi: la tecnologia utilizzata in Fraudnet è stata sviluppata dalle stesse persone che hanno passato decenni a contrastare le truffe, insieme a fornitori di servizi di pagamento, istituti finanziari ed esercenti in tutto il mondo.



ban a 2 0

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ra di

Agos cambia casa (e look) sul web Il portale istituzionale della società è stato riorganizzato sia per grafica, sia per contenuti

a

gos mette on line la nuova versione del suo sito, dopo una riorganizzazione di grafica e contenuti. Obiettivo del restyling – recita una nota della società finanziaria - migliorare la user experience del cliente (grazie a una visualizzazione più immediata delle varie funzionalità) e dare più spazio alle persone legate all’azienda . E

cioè dipendenti e clienti. Questi diventano anche protagonisti delle home page, che possono quindi essere personalizzate proprio con le loro foto. Il portale, adattato anche per la consultazione con dispositivi mobili, offre strumenti informativi e dispositivi; questi ultimi servono per richiedere un appuntamento in filiale, ricevere

Fineco rinnova la sua app più servizi e grafica completamente rivista. Sono questi gli higlights della nuova app di FinecoBank. Disponibile per Apple e Android, il Mar o briata minisoftware punta ad avvicinare i servizi forniti in mobilità a quelli offerti sul sito internet di unire «tutti i servizi in una sola piattaforma», sostiene Marco Briata, responsabile prodotti dell’istituto del gruppo Unicredit. Le nuove funzionalità servono per gestire i servizi di conto corrente e le carte di pagamento, tenere sotto controllo gli investimenti e fare trading con quotazioni in tempo reale push. Nel dettaglio, per quanto riguarda il conto, la app mira a consentire il controllo della situazione e dei movimenti in pochi secondi, pagare bollettini, Mav e Rav, effettuare giroconti e bonifici e ricaricare il telefono. Funzionalità, queste, disponibili anche per le carte, oltre alla possibilità di aggiungere denaro alla ricaricabile, impostare i limiti di spesa, ampliare il plafond o sbloccarlo temporaneamente per un prelievo fino a 3.000 euro o un acquisto fino a 5.000. Passiamo al trading e investimenti: in questo caso, la app punta a fornire al cliente gli strumenti per investire e tenere sotto controllo l’andamento del portafoglio; l’operatività è disponibile su 26 Borse, indici, obbligazioni, azioni, Etf, covered warrant, certificati, Cfd, future e opzioni binarie e oltre 50 valute con quotazioni in tempo reale.

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assistenza inviando una email, identificare e simulare la soluzione finanziaria che potrebbe essere più indicata

alla necessità del cliente, chiedere un finanziamento in modalità digitale. Oltre a contenuti e grafica, il nuovo sito cambia anche indirizzo: il vecchio www.agosweb.it viene sostituito dal più breve www.agos.it. Il sito è stato rinnovato da PrimeWeb divisione digitale di Mmm group.

Hello bank mette in rete un tech store Hello bank, istituto on line del gruppo Bnl, ha messo in rete un negozio on line, dedicato ai clienti che fanno acquisti su internet. Raggiungibile loggandosi nella propria area riservata della banca virtuale, lo shop - che si chiama Hello store mette a disposizione vari prodotti tecnologici e di design. Il negozio virtuala o e a e di ello tore

le, avverte un comunicato della banca, è comunque «un sito autonomo, realizzato e gestito autonomamente da Lift-D srl, cui è riferibile ogni responsabilità per tutta l’operatività del sito, inclusi i contenuti, le caratteristiche tecniche dei prodotti, le immagini e il materiale pubblicitario».


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N.2

FEBBRAIO 2016

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Le pensioni dei liberi professionisti Digitale

La rivoluzione 2.0 del settore

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Salvatore Rossi

Le polizze finanziarie hanno un impatto minimo sul conto economico delle compagnie, ma sono prive della garanzia di rendimento basso. Lo aveva già detto il presidente dell’Ivass la scorsa estate. E adesso anche l’Eiopa ha lanciato l’allarme

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te nolo ia in or ati a

Le innovazioni di rottura che cambieranno la banca

sono blo ain, o niti e o tin e o t are robot, e entro il 2020 aranno adottate da n i tit to di redito d e intanto, e t anno a err n a elera ione lle trate ie er ettere al entro i lienti e la er e erien e alberto Ma a

di FABIO SGROI

TRAS ORMAZIONE DEL NET OR

I

l 2017 sarà l’anno chiave per la trasformazione digitale del settore bancario? Abbiamo trovato (ancora) questa domanda sotto l’albero, e poi accanto allo spumante di San Silvestro, pronto per essere stappato dopo il tradizionale conto alla rovescia, e poi nella calza della Befana. Gennaio / Febbraio 2017

«Ancora», abbiamo sottolineato, perché questa domanda, questa previsione è ormai diventata un classico. Già il 2015 avrebbe dovuto rappresentare il punto di svolta, così come il 2016. Qualcuno potrebbe scommettere che, non appena si avvicinerà il 2018, il tema si riproporrà, puntuale come un

treno svizzero. In realtà, come è fin troppo semplice osservar, la trasformazione digitale è una sfida con orizzonti un po’ più lunghi, anche se calati in un contesto “veloce” come quello dei cambiamenti legati all’impatto della tecnologia e delle sue evoluzioni sul business. Per questo motivo, c’è chi pre-


MINA

E INTERNE

ferisce affermare - come ha fatto Verizon enterprise solutions nel consueto focus annuale su aziende internazionali ed enti governativi - che l’anno da poco iniziato riproporrà la trasformazione digitale come uno degli obiettivi fondamentali da raggiungere. O – come sostenuto da Idc – che nonostante i grandi mutamenti già sperimentati dalla galassia creditizia nell’ultimo decenni, il periodo compreso fra il 2017 e il 2020 provocherà nelle banche un grado di trasformazione digitale mai visto prima.

te dalla società americana. Prima esigenza sottolineata, la trasformazione del network, che dovrebbe essere riprogettato radicalmente per applicare strategie più customer centric. Questo sarà possibile anche grazie alla rapida diffusione dello Sdn (software defined networking), nuova logica architetturale che centralizza i processi decisionali sulla gestione di pacchetti e flussi applicativi in una rete. Le imprese, afferma una nota di

Verizon enterprise solutions, «riconoscono il valore di un’orchestrazione intelligente che permetta alle applicazioni o ai workload di accedere alle risorse in modalità on demand, flessibile e pay-as-you-go». Per fare questo, e costruire la rete in prospettiva customer service, è molto importante rendere disponibile un’esperienza «multimodale». Secondo trend – o secondo consiglio, fate voi – la valorizzazione della user experience, vista come una «priorità per un approccio vincente». A interessare particolarmente la clientela, afferma il report, sono i vantaggi offerti dal digitale, e non i singoli passaggi lungo la catena tecnologica. In breve, per l’utente non è importante «come» le cose accadono, ma «che cosa» l’Ict gli può offrire. Come nell’argomento precedente, anche in questo caso è evidenziata l’importanza di mettere le necessità del cliente al centro della scelta e della progettazione: in altri termini, non bisogna mai abbandonare la prospettiva consumer. Chi capirà meglio questa esigenza, vincerà.

ROTEZIONE DEI DATI

Segue, nell’elenco di Verizon, l’esortazione a essere compliant. Un indicazione rivolta a tutte le

Insomma: allargando un po’ gli orizzonti temporali, sembra ormai che la digital transformation sia protagonista in questo secondo decennio di questo secolo. Superfluo, quindi, sottolineare che, nella lista dei trend tecnologici 2017 stilata da Verizon enterprise solutions, questa voce svolge un po’ il ruolo di fil rouge. Nel dettaglio, sono sette le tendenze (anzi: meglio parlare di consigli per sfruttarle) individua-

RO ESSO DI TRAS ORMAZIONE

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te nolo ia in or ati a convergenza della supply chain, la trasformazione dei processi e la rivoluzione dei modelli operativi. Ciò significa guardare a cosa si potrà ottenere grazie ai data analytics multidimensionali. Se ci si concentra esclusivamente sulla posizione, diventa difficile colmare il divario nel 2017». Uno sguardo anch sulla capacità di definire le priorità di spesa Ict e di decidere in fretta. «Un approccio tempestivo e realistico», afferma il report, «comporterà il successo o l’insuccesso di un’azienda».

RI OLUZIONE “

3 imprese, ma che le aziende di credito conoscono molto bene, avendo affrontato vari (e pesanti) processi di adeguamento. Il focus, in questo caso, è soprattutto sulla protezione dei dati, che naturalmente non è soltanto una best practice, ma anche un preciso adempimento di legge. Grande importanza anche per la sicurezza, che più che un trend legato a un anno preciso è una delle esigenze costanti per l’informatica, dal suo anno zero

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in avanti. In particolare, si afferma nel paper, «l’attenzione non sarà più rivolta esclusivamente alla difesa del proprio perimetro o di una determinata applicazione, quanto, piuttosto, alla protezione degli asset fondamentali, contro violazioni provenienti dall’esterno e anche dall’interno delle organizzazioni». La ricetta individuata da Verizon risiede negli investimenti in security analytics e in cyber intelligence, importanti per diminuire il rischio di minacce interne. C’è spazio anche per lo Iot, ancora in fase preliminare, ma già in grado di cambiare pelle: da «internet of things», afferma il report, diventerà «internet of transformation». Il focus dell’Iot, chiarisce la nota, «non sarà più sulle “cose” quanto sul potenziale di questo approccio per il processo di trasformazione. Su come l’Iot consentirà in maniera concreta di ottenere la

Non poteva, poi, mancare il riferimento a uno dei più diffcili anglicismi informatici: la disruption, concetto (utilizzato da tempi immemorabili su strade e binari inglesi per indicare uno stop ai servizi o alla viabilità) che include in sé le immagini di interruzione, rottura e sconvolgimento. In questo caso, si parla di disruption interna, in grado di ridurre il tempo necessario per passare dalla progettazione alla messa in opera. E la disruption è protagonista anche della previsione – che, come abbiamo già visto,è più a lungo termine – diffusa da Idc. Entro il 2020, afferma il gruppo specializzato in ricerche di mercato, le più importanti tecnologie che vengono individuate come disruptive saranno operative, in tutto il mondo, all’interno di una banca su due. Questa espansione andrà ad accelerare il loro processo di trasformazione digitale del 30%. Il tutto in uno scenario dove, a portare ulteriore complessità (e concorrenza), ci ha pensato l’irruzione delle fintech. E dove, in ogni caso, la digital transformation ha già largamente “sfondato”: secondo Idc, ben il 95% delle aziende di credito di tutto il mondo ha scelto questa stra-


saranno infatti utilizzate anche per rendere più semplice la gestione dei prodotti finanziari da parte della clientela. Concludiamo con i software robot, cioè le tecnologie Rpa (robotic process automation), già operativi in vari istituti di credito per gestire processi complessi in sistituzione dei lavoratori in carne e ossa. Secondo Idc, i bot (come sono comunemente chiamati) permettono di abbattere l’errore umano, e con quello i costi operativi della banca; inoltre, la maggior velocità delle decisioni può aumentare la soddisfazione della clientela.

TE NOLOGIE OGNITI E

tegia, anche se, naturalmente, le fasi di sviluppo sono diverse da banca a banca. Ma quali sono le più importanti tecnologie identificate con il termine disruptive? Idc ne elenca tre: blockchain, cognitive computing e software robot. Che, precisa, sono la base su cui gli istituti di credito potranno costruire «le nuove architetture per l’analisi dei dati, l’automazione dei processi, la gestione dei processi decisionali». Tecnologie talmente importanti da rivelarsi in grado di soppiantare varie funzionalità dei sistemi legacy, rendendo più rapida la trasformazione digitale della galassia finanziaria. Partiamo dalla blockchain, i cui investimenti sono in veloce crescita. E che, secondo Idc, ha le carte in regola per avere un impatto su quasi tutte le attività del settore. Interne ed esterne. E, naturalmente, ha il futuro già scritto: quello di rivo-

luzionare a breve il mercato dei pagamenti e del trade finance. Forte espansione prevista anche per le tecnologie cognitive, che in realtà sono già ben presenti nel settore: il mondo finanziario se ne serve, infatti, per affrontare le frodi o le minacce. L’ambito di questa innovazione è destinato a espandersi: le tecnologie cognitive

BOT

Tre tecnologie, dunque, che potrebbero rivelarsi in grado di rivoltare le banche e il settore finance come un calzino. Ma gli istituti di credito, avverte Idc, dovranno dimostrarsi capaci di accoglierle «per offrire servizi finanziari innovativi, riscrivere le modalità di interazione con i clienti, cambiare i modelli di gestione del core business». E dimostrarsi capaci di «creare nuove catene del valore integrando le competenze degli operatori fintech per continuare a recitare ruoli di primo piano in un mercato aperto». Dalla concorrenza alla cooperazione. Ma questa è tutN ta un’altra storia.

ADDIO LEGA

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Hacker rubano 35.000 dollari da sei Atm Lo ha svelato un’indagine di Positive technologies. I criminali informatici hanno prima inviato malware ai dipendenti della banca, per poi assumere il controllo delle postazioni bancomat e infine prelevare le somme da sei sportelli automatici n furto di 35.000 dollari in sei Atm dell’Europa orientale. Lo ha svelato un’indagine di Positive technologies, produttore di soluzioni di sicurezza aziendale, gestione delle vulnerabilità, analisi delle minacce e protezione delle applicazioni. L’inchiesta ha svelato come i fuorilegge tendano a usare strumenti noti e funzionalità integrate nei sistemi operativi. I criminali hanno utilizzato un software commerciale: Cobalt strike,

con incluso beacon, un trojan multifunzione di accesso remoto con ampie funzionalità per il controllo del sistema da remoto che consente l’upload e il download di file. Da qui è stato poi possibile hackerare la banca. L’attacco era stato preceduto da alcune e-mail di phishing, inviate nei mesi precedenti a una serie di indirizzi e-mail della banca, che che imitavano messaggi di corrispondenze di tipo finanziario. Vari dipendenti

hanno aperto il file dannoso, ma uno questi aveva l’antivirus disattivato e ciò ha permesso al malware di propagarsi. La violazione, iniziata nei primi giorni dello scorso agosto, è continuata poi con una serie di attacchi, per rilevare le stazioni di lavoro utilizzate dai responsabili di bancomat e carte. È stato solo ai primi di ottobre che gli aggressori hanno caricato i malware nei bancomat ed eseguito il crimine. E così, il virus installa-

to sui distributori automatici è stato in grado di erogare denaro al comando dell’aggressore.

Sia gestisce Pos e Atm di Ubis

s

Ma i o arri etti, a ini tratore dele ato di sia

ia, azienda specializzata in progettazione, realizzazione e gestione di infrastrutture e servizi tecnologici, ha acquisito attività di processing per un valore di circa 13,5 milioni di carte di pagamento. A questo si aggiunge

la gestione di 206mila terminali Pos e 12mila Atm in Italia, Germania e Austria da Unicredit business integrated solutions (Ubis), società del gruppo Unicredit, per un corrispettivo di 500 milioni di euro. L’operazione, inol-

tre, prevede l’outsourcing della durata di dieci anni al gruppo Sia della fornitura di servizi di processing delle transazioni effettuate con carte di debito, credito e prepagate, e per la gestione dei Pos e degli Atm.

Parte il progetto di Eba clearing

e

eba clearing, provider di infrastrutture di pagamento paneuropee, ha annunciato l’avvio della fase di test del proprio servizio di instant payment, la cui partenza è

prevista per novembre 2017. Sono 28 le banche sponsor provenienti da tutta Europa che si sono ritrovate a Milano per il kick off, che ha segnato l’inizio della fase di test e

Gennaio / Febbraio 2017

il r

o di la oro del ro etto in tant a

ha visto anche una dimostrazione del funzionamento del nuovo sistema

ent di eba clearin

in un ambiente di test gestito da Sia, technical solution provider di Eba.



CDR Italia Bancafinanza.pdf

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06/02/2017

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