Espansione - Gennaio/Febbraio 2017

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MENSILE, ANNO 49

LAVORO

N.1-2 GENNAIO-FEBBRAIO 2017

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Prezzo di coPertina € 2,50 - vendita facoltativa in abbinamento con

il giorno venerdì 24/2/2017 a € 1,00 Più il Prezzo del quotidiano

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bail in: ECCO COSa biSOGna SaPERE


LOY

IL PREMIO PER L’ECCELLENZA NEL SETTORE BANKING & FINANCE

31 MARZO 2017 | MILANO Con il patrocinio

Con il sostegno

Il Centro Studi Alma Iura ha l’onore di promuovere il premio LOY, al fine di riconoscere e celebrare la passione e l’esperienza dei Professionisti, degli Studi e delle Società operativi nel settore bancario e finanziario. LOY, che vanta una Giuria composta da alcuni fra i massimi esperti del mondo universitario, bancario, dei media, dell’economia e di quello legale, ha ottenuto il Patrocinio della Commissione Europea e il sostegno di BANCO BPM. La cerimonia di premiazione si terrà il 31 Marzo 2017 a Milano, e sarà presentata da Giuseppe De Filippi, caporedattore del TG5.

WWW.PREMIOLOY.IT Newspaper Milano è media partner di LOY

Espansione


EDITORIALE

Marco TraverSo Direttore responsabile

Quando si «gioca» con la povertà e c’è un’industria che prospera nonostante la crisi (e con tutta probabilità paradossalmente sostenuta dalla crisi stessa) è quella del gioco d’azzardo. L’ultima statistica colloca l’industria del gioco d’azzardo al terzo posto in Italia con un giro d’affari che sfiora i 100 miliardi di euro. Cifre pazzesche, soprattutto considerando che buona parte di quei soldi provengono dalle tasche dei cittadini che consapevolmente scelgono di affidarsi alla «Dea bendata». Libero arbitrio in libero mercato, mancherebbe altro. Però poi andiamo a leggere i dati dell’Eurispes (riportati in questo numero di Espanisone) e ci accorgiamo che il 38,7 degli italiani che si sentono poveri lo sono diventati anche a causa del gioco. In pratica quasi 40 poveri su 100 dovrebbero la loro condizione all’azzardo. Fino a qualche anno fa in Italia i casinò autorizzati si contavano sulle dita di una mano e i giochi legali erano limitati. Poi sono arrivati i gratta e vinci, le superlotterie, i videopoker, internet e il gioco online. Un bel business, certamente. Per chi gestisce queste realtà, ma anche per lo Stato. Che incassa, innanzitutto, perché il gioco legale è soggetto al controllo dei monopòli. Incassa, ma allo stesso tempo deve correre ai ripari per tentare di arginare i danni prodotti da questa scelta. Non è un caso che con il proliferare dei giochi legali (occorre ricordare che su certe piattafome in rete è possibile giocarsi decine di migliaia di euro in pochi giorni) aumentano anche i centri che curano il cosiddetto «gioco d’azzardo patologico», una vera e propria malattia che spesso ha conseguenze drammatiche. Già perchè il «Gap» è stato riconosciuto ufficialmente come patologia non oggi, ma nel 1980 dall’Associazione degli Psichiatri Americani ed è stato classificato come «disturbo del controllo degli impulsi non classificati». Non solo, mentre in Italia aumentavano siti internet di casino autorizzati e nei bar crescevano le «macchinette» il DSM V nel 2013 ha riclassificato il «Gap» insieme agli altri disturbi additivi da sostanze psicoattive nella neo istituita categoria «disturbi correlati a sostanze e disturbi da addictions» che sostituisce, proprio per includere il «Gap», la precedente «Substance use disorders». Per capirci: non solo è una patologia, ma è pure molto seria. Definita un

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«comportamento persistente, ricorrente e maladattivo di gioco che comprende gli aspetti della vita personale, familiare e lavorativa del soggetto». Una, sempre per citare gli esperti «dipendenza senza sostanza» che in alcuni casi si accompagna all’uso di sostanze stupefacenti o di alcool, a problemi della sfera emotiva-affettivasessuale o a disturbi da deficit dell’attenzione con iperattività. Inoltre i giocatori possono essere a rischio di sviluppare condizioni mediche generali correlate allo stress come: ipertensione, ulcera peptica ed emicrania. E non è soltanto una mera questione di soldi. Chi è affetto da questa patologia spesso distrugge la propria famiglia, mandandola sul lastrico, mette a repentaglio il proprio lavoro e i propri affetti, si riempie di debiti ai quali non potrà mai fare fronte e magari lo fa ricorrendo a fonti di finanziamento pericolose. Attualmente, in Italia, secondo la relazione annuale al Parlamento 2015, sono circa 12 mila le persone in trattamento per gambling, in 200 servizi territoriali Ser.D. Il decreto legge 13 settembre 2012, n. 158 prevede che i cittadini italiani possano essere curati per «Gap» presso i servizi dipendenze presenti in tutte le aziende sanitarie. Quindi, una spesa per lo Stato, ma soprattutto un’emergenza sociale che non può essere giustificata da nessun beneficio economico: né per lo Stato e nemmeno per le imprese private che hanno proprio il gioco d’azzardo come core buisness. E non si tratta di moralismo di quart’ordine o di un problema etico. Si tratta, per il legislatore, di produrre norme che tutelino gli individui (preservando la libertà individuale di scelta, ovviamente) ed evitino, magari che una situazione economico/sociale già problematica come quella che stiamo vivendo in Italia venga aggravata (come, appunto, riportano i dati Eurispes) dalla possibilità quasi sconfinata di rovinarsi con le proprie mani. Serve più informazione e occorre - pur garantendo alle imprese del gambling di poter svolgere il proprio lavoro senza proibizionismi che sarebbero fuori dalla storia - porre precisi e inderogabili paletti normativi in grado almeno di segnare limiti e confini del fenomeno. Altrimenti, per lo Stato, alla lunga sarà stato un pessimo affare. Per restare in tema, una scommessa persa.

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Espansione Direttore responsabile

Marco Traverso traverso@newspapermilano.it @marcotraverso75

SOMMARIO

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Espansione N. 1-2 GENNAIO - FEBBRAIO 2017

viceDirettore

Rosaria Ravasio coorDinamento reDaZionale

Andrea Costa costa@newspapermilano.it

SCENARI

Grafica

08 Italiani ed Euro, pazienza finita.

Silvio Assi (caposervizio) Barbara Pentrelli Hanno collaborato

O.Bartoli, L.Belluzzo, I.Bertucci, A. Boffa Fasset, S.Bresciani, C.Cavallo, S. Contestabile, G.Cournier, C. Dalmasso di Garzegna, L. Di Giuseppe, L.Facchin, P.Ligari, G.Messersì, C. Panella, G.Tardivo, M.Zangola.

E la povertà è in aumento 12 Bail-in, questo «sconosciuto» che fa tremare i risparmiatori 16 In un volume tutti i perchè della crisi dell’economia italiana

Ufficio marketinG

0171.392.211, int. 9 (telefonare in orario ufficio 8:30 - 12:30) email: diffusione@newspapermilano.it reDaZione

Corso Turati 25/7, 10128, Torino

PROTAGONISTI

22 Il commercio sfida la

crisi e si prepara a un anno da record

26 L’imprenditore italiano che sfida

i colossi dello street food

eDitore

newspaper milano s.r.l.

MERCATI & BUSINESS

seDe leGale

34 Pni, un riconoscimento

Via Giosuè Carducci n. 18 - 20123 Milano stampa

Dopo un 2016 molto positivo previste nuove aperture in tutto lo stivale. bene il franchising e i monomarca

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DistribUZione per l’italia Press Di srl - Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI). Numeri arretrati: Il triplo del prezzo di copertina attuale al momento dell’ordine. Modalità di pagamento: bonifico bancario ricevimento fattura. Inviare l’ordine via fax al n. 02/7218.724 oppure inviando una mail all’indirizzo: collez@newspapermilano.it specificando il proprio nome, indirizzo e i numeri richiesti. Non si effettuano spedizioni in contrassegno. serviZio abbonamenti Telefono 199 111 999 (0,12 euro + Iva al minuto senza scatto alla risposta; per i cellulari il costo varia in funzione dell’operatore), fax 030.777.2387; oppure inviare un’e-mail a: abbonamenti@mondadori.it – www.abbonamenti.it o scrivere a: Servizio Abbonati, Casella Postale 97, 25197 Brescia. Il Servizio Abbonati è in funzione dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 19.00. To contact us on an English speaking helpline, you can call: +39 041 509.9049. GaranZia Di riservateZZa per Gli abbonati L’Editore Newspaper Milano Srl, garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione ai sensi dell’art. 7 del D. leg. 196/2003 scrivendo a Press Di srl – Distribuzione Stampa e Multimedia - Ufficio Privacy – Via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (MI). Pubblicazione mensile registrata presso il Tribunale di Milano il 20 settembre 1975, numero 253. La testata Espansione è di proprietà Newspaper Milano s.r.l.

mensile distribuito con

TERRITORIO

40 Aircom, il Canavese riparte

dalla spinta delle imprese locali FINANZIAMENTI E LAVORO

48 Ecco come le aziende

scelgono i nuovi manager

Vendita facoltativa in abbinamento con il Giornale il giorno 24/02/2017 a € 1,00 più il prezzo del quotidiano La tiratura di questo numero è di 55.000 copie

premia le sue eccellenze

INTERNAZIONALIZZAZIONE

51 Grecia e Italia, collaborazione

sui più importanti fronti aperti

riconoscienti a ernst knam, antonello maietta, Danny Del monaco e al giornalista paolo massobrio

HI TECH

58 Da EuropeGroup nuove

soluzioni per la mobilità integrata

Direttore responsabile

alessandro sallusti

54 «Italia in tavola»

CULTURA & BUSINESS

62 Social network e musei:

il Belpaese è ancora al palo

RUBRICHE

6 7 19 20 21

Riforme From the States to Italy Lo scenario Diritto&Impresa Marchi&Brevetti

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News Economia e territori Innovare Tax&Legal Orizzonte internazionale

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RIFORME

CARLO PANELLA Giornalista scrittore

Equitalia vive e lotta assieme a noi La rottamazione è solo sulla carta lcuni contribuenti italiani hanno avuto una gran brutta sorpresa. Tempestati dai messaggi dei media sulla gran bella notizia della rottamazione delle cartelle editoriali, hanno tirato fuori dal cassetto il plico in cui avevano lasciato riposare le cartelle ricevute in attesa di tempi migliori per trovare i soldi per sfamare il fisco e hanno scoperto che non erano affatto state emesse da Equitalia. Quindi, niente rottamazione! Ben 2.500 comuni italiani, infatti su 8.003, poco meno di un terzo del totale, non hanno aderito ad Equitalia (che «lavora» comunque più del 50% dei contribuenti) e utilizzano i servizi di enti esattori diversi. Naturalmente, il «decreto ammazza cartelle» entrato in vigore lo scorso dicembre con la Legge di Stabilità per il 2017, prevede la possibilità che i comuni aderiscano al meccanismo che coinvolge solo (questo è il punto) l’ente riscossore (di diritto privato), dipendente dal ministero dell’Economia: Equitalia. Ma, nel rispetto delle autonomie locali, ovviamente il decreto non poteva obbligare tutti i comuni ad aderire alla «rottamazione». Alcuni grandi comuni, ad esempio quello di Torino (il cui esattore è la Soris), hanno aderito al meccanismo di rottamazione, che prevede l’eliminazione delle sanzioni che possono arrivare al 360% del dovuto iniziale, ma naturalmente non «sana» la tassa inevasa, gli interessi e anche l’aggio dovuto all’esattore per il servizio. Ma per estendere questo meccanismo a tutti i contribuenti italiani è necessario che i consigli comunali dei 2.500 comuni italiani non aderenti a Equitalia deliberino questa adesione. E così non è stato ovunque. Da qui la brutta sorpresa per tanti contribuenti. Per fare fronte a questa situazione, non sanabile con una imposizione legislativa dal governo, Giacomo Portas, del Pd e presidente della Commissione Bicamerale di Vigilanza sull’Anagrafe Tributaria, avanza una proposta forte: «Ènecessario un nuovo provvedimento legislativo che stabilisca che le sanzioni non possano superare il 50% della quota capitale iniziale, qualsiasi sia il periodo

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trascorso dall’emissione della cartella». Col decreto legislativo numero 472 del 1997 infatti è previsto un meccanismo che può arrivare oggi a sanzioni del 360% sulla quota capitale. «Un contribuente - spiega Portas mi ha inviato alla Camera una sua cartella che gli impone di pagare 24.000 euro a fronte di una tassa evasa di solo 4.400 euro. Oggi questo meccanismo infernale per i contribuenti, che spesso evadono le tasse non per dolo, va ricordato, ma per errore o per diversa interpretazione della norma rispetto agli Uffici, va rivisto». Nel 1997 il tasso dei Bot annuali poteva arrivare al 7,41%, nel 2016 è arrivato ad essere negativo al -0,216%. Viviamo in un’altra era storica. A oggi, più di 100.000 contribuenti hanno aderito alla rottamazione di Equitalia, che però terminerà col 2017. «Ènecessaria una calmierazione permanente delle sanzioni» aggiunge Portas. Peraltro, l’attività della Bicamerale sull’Anagrafe Tributaria oggi va oltre e si appunta sul tema strategico, dell’unificazione delle Banche Dati di tutti i comparti della pubblica amministrazione. Portas ricorda che «la semplice introduzione della fatturazione elettronica all’interno della p.a. ha portato ad un risparmio annuo di 600.000 euro (calcolo del Politecnico di Milano). L’unificazione di alcune Banche Dati sulla piattaforma della Sogei ha permesso l’introduzione del modulo fiscale 730 precompilato, a tutto favore della certezza del contribuente. «Ma non basta ancora - conclude il parlamentare . Abbiamo 8.003 anagrafi civili autonome, tante quanti sono i comuni e una quantità di Banche Dati non unificate. Abbiamo ancora le carte d’identità cartacee La Bicamerale sull’Anagrafe Tributaria sta quindi procedendo ad un istruttoria con un obiettivo: accelerare il processo per attivare nel nostro paese il modello americano in base al quale ogni cittadino deve avere alla nascita il suo codice, una carta elettronica che valga per tutto, dai dati anagrafici, a quelli sanitari, a quelli fiscali, ecc. Uno strumento indispensabile anche per condurre un serio contrasto all’evasione fiscale».


FROM THE STATES TO ITALY

Oscar BartOli Freelance journalist, docente universitario www.oscarb1.blogspot.com

Inizia l’era di Donald Trump in un’America spaccata in due a Washington all’interno del raccordo anulare, la Washington politica e finanziaria, è comprensibilmente molto eccitata in questi giorni che vedono l’inizio dell’era Donald Trump. Un’eccitazione che coinvolge gli agenti immobiliari tutti presi dal garantire alle migliaia di assistenti del nuovo presidente una sistemazione decente nella capitale degli Stati Uniti. Poi ci sono i politici proiettati per quanto riguarda i repubblicani nel migliorare e potenziare il proprio status, mentre per i democratici la campana suona a morto con l’uscita di Barack Obama che in qualche modo ha sempre garantito le posizioni delle minoranze di colore. A temere sono anche le decine di migliaia di dipendenti pubblici, la maggior parte dei quali afro-americani, tra i quali serpeggia la paura che è quasi certezza che la scure del nuovo presidente si abbatterà pesantemente su di loro. Ci sono poi stuoli di giornalisti che cercano di ricollocarsi dopo aver riempito di insulti le pagine delle gazzette nelle quali collaborano e i blog più seguiti. Ed infine ci sono i pensatori, quelli che ipotizzano scenari che quasi mai si verificano, ma all’inizio di anno assolvono alla funzione della cartomante dotata di palla di cristallo che prevede sconquassi nel gabinetto governativo appena confermato. Nei giorni scorsi ha destato un certo interesse un articolo scritto da un commentatore della Washington post, Richard Cohen, dal titolo sintomatico «Come rimuovere Trump dal suo ufficio». Dopo aver messo in luce che il personaggio è difficilmente inquadrabile secondo i canoni della logica ordinaria, l’editorialista cita il venticinquesimo emendamento della costituzione americana che prevede l’iniziativa del vicepresidente insieme alla maggioranza degli altri rappresentanti dei dipartimenti esecutivi del Congresso per la rimozione del presidente a seguito della sua incapacità di gestire le sue funzioni. Si tratta di una ipotesi prevista dalla Costituzione degli Stati Uniti che mai è stata applicata. La realtà, vista con gli occhi del vostro smaliziato cronista abituato a seguire decenni di politica america-

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na dall’interno della capitale, è, tradotta in soldoni: il potere dei repubblicani non è mai stato così alto nella storia della federazione. Donald Trump nelle primarie ha sbaragliato tutta la vecchia classe dirigenziale del GOP ed anche se resistono alcune figure che non tralasciano l’occasione per far parlare di sé con i propri atteggiamenti critici nei confronti del neo presidente (vedi i senatori McCain a Graham) oggi nelle mani dell’uomo più potente del mondo sono dislocate la maggioranza in Senato e alla Camera per quanto riguarda il Congresso, quasi certa la maggioranza della Corte Suprema che consentiranno di prendere e salvaguardare ogni iniziativa indipendentemente dall’opposizione. Per quanto riguarda infine l’opinione pubblica americana si va velocemente modificando il codice delle buone maniere che ha consentito per decenni un confronto formale e civile su argomenti delicati quando la discussione avveniva intorno ad un tavolo di commensali. L’introduzione del «politico non corretto» fatta da Trump porta ormai ogni cena, dopo il secondo bicchiere di vino, ad un livello di contrapposizione verbale che rischia talvolta di degenerare nel lancio dei piatti. Un’America spaccata fondamentalmente in ogni suo angolo vitale è l’esperienza vissuta sulla pelle da chiunque. La conclusione è che per imprenditori e finanzieri meglio è attaccare il carro ai buoi del conducente. Per il resto della truppa l’importante è galleggiare e sopravvivere sperando che alla fine quel «matto» che risiede (quando ne ha voglia) alla Casa Bianca, accusato di essere razzista, misogino, bugiardo, nemico della stampa libera, pericoloso amico di tiranni, disposto a tutto pur di incrementare e ampliare il suo impero immobiliare, alla fine venga ridotto a più mite consiglio. Così sperano gli scettici ad oltranza e gli antiTrumpisti per definizione. Ma i poveretti non sanno e non prevedono che questo singolare personaggio non è facile da domare e da incasellare nella iconografia tradizionale della storia passata e recente americana. Ne vedremo (e vedrete) delle belle.

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SCENARI

Eurispes: un italiano su due vorrebbe tagliare la corda L’ipotesi di un referendum per uscire dell’Unione vede prevalere il «no» con il 39,1% contro il 29,5% di «sì». E la gente si gioca tutto alle macchinette andrEa costa costa@newspapermilano.it

urocrazia e migranti e poi un bignami di accuse all’unione europea alla quale gli italiani imputano gran parte dello stallo dell’economia e dell’impoverimento delle famiglie. Il problema dei migranti occupa il primo posto in cima alle preoccupazioni dei cittadini ai quali l’Eurispes ha chiesto di esprimere un parere sulle politiche dell’Unione ma anche sui servizi sanitari erogati dallo Stato e sulle prospettive economiche della propria famiglia. La fotografia non è inco-raggiante: non solo ci sentiamo assediati dai migranti che identifichiamo come invasori, ma ci sen-tiamo più poveri e con una sanità che non funziona, e per di più sempre attratti ormai irresistibilmente dai gratta e vinci e dalle macchinette. Il dato principale sembra comunque il pessimo rapporto con Bruxelles. Il 71,5% degli

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intervistati ha detto di sentirsi “abbandonato” per colpa di politiche spesso svantaggiose che vengono imposte (70,8%) e dei sacrifici economici che il paese deve sostenere per ottemperare ai dettami europei (70,2%). Da buoni padri di famiglia siamo però capaci di distinguere, ad esempio riconoscendo la maggiore facilità di spostarci e di viaggiare (86,7%), ma riusciamo a capire che grazie all’Unione siamo stati avvantaggiati per quanto riguarda gli scambi commerciali (79,5%) e per la possibilità di avere una moneta unica (75,6%). E’ anche vero però che il 40,4% sostiene che l’Italia dovrebbe af-fermare in maniera più robusta la tutela degli interessi del Paese, troppo disposto a mettersi da parte per il “bene comune». L’indagine dell’Eurispes mette in evidenza un paese spaccato tra voglia di mettersi in proprio e di-sponibilità a negoziare condizioni più favorevoli per la convivenza all’interno dell’Unione. Non è un mistero che le

imposizioni di Bruxelles sono state una ghigliottina per l’economia italiana che cresce meno dell’1% con prospettive uguali o inferiori anche per l’anno in corso, non certo una buona notizia che non a caso mette in allarme le imprese costrette a rivedere i parametri di crescita tenuto conto delle imposizioni a cui dovranno sottostare per decisioni piovute dal cielo europeo. Certo saranno decurtate le spese per la ricostruzione delle città del centro Italia colpite dal sisma e dal gelo, ma sul notes degli italiani resta comunque un bilancio negativo che coincide con la percezione di perdere ulteriori decimali del proprio fatturato nei prossimi 12 mesi e altri frammenti di qualità della vita. Secondo gli italiani però le colpe non sono soltanto della Merkel e degli eurocrati, ma anche del governo che non sembra essere riuscito a rispondere alle esigenze del paese. Prima di tutto a quella sanitaria visto che il 54,3% dei cittadini si è di-


Ludopatia e crisi, un mix tra malattia e sensazione di smarrimento

Il professor Alessandro Meluzzi, psichiatra

chiarato non soddisfatto del nostro sistema, contro il 45,6% di chi si dice soddisfatto. La metà del campione (50,5%) per le cure specialistiche e/o interventi chirurgici preferisce generalmente rivolgersi agli ospedali pubblici, mentre il 25,7% predilige invece gli ospedali privati; il 23,8% sottolinea di non potersi permettere le cure private. Il disagio più frequente segnalato dai cittadini sono le lunghe liste di attesa per visite/esami medici (75,5%). Oltre la metà (53,2%) ha dovuto attendere troppo per interventi chirurgici, quasi la metà (48,9%) indica una scarsa disponibilità del personale medico ed infermieristico. Nel 42,2% dei casi si denunciano strutture mediche fatiscenti, nel 41,8% condizioni igieniche insoddisfacenti. Oltre un terzo (34,1%) di quanti si sono rivolti alla sanità pubblica ha sperimentato errori medici. Eppure nel libro nero dei pasticci italiani non c’è soltanto il sistema sanitario. Le tasse sono un’altra piaga a cui imputiamo la nostra povertà.

RIDUZIONE FISCALE SOLO PRESUNTA Per la maggior parte infatti non sono state abbassate (62,5%) e anche l’abolizione di Equitalia, se-condo il sondaggio dell’Eurispes, non avrà effetti positivi (44,6%), senza contare che sempre secon-do gli intervistati, per il 49% dei connazionali non è stato diminuito né il canone Rai, né la tassa sui terreni agricoli (63,4%) e per il 40% la TasiImu non è stata abolita. Sensazioni, per cari-

Crisi economica e ludopatia. La congiuntura spesso si associa alla familiarità con le dipendenze ma in realtà è l’intreccio delle due cose a scatenare quella che oggi sembra un’epidemia. «Chi gioca alle macchinette è da paragonare a un tossicodipendente che non riesce ad affrancarsi dal vizio per una distorsione della personalità associata a una disfunzione nella chimica del cervello». Secondo il professor Alessandro Meluzzi, psichiatra e psicoterapeuta, la crisi economica può avere una rilevanza nell’aumento delle malattie «da gioco». Professore, non possiamo escludere che la povertà o la difficoltà di arrivare a fine mese siano cause scatenanti della dipendenza dal gioco? «Non possiamo escluderlo ma non possiamo affermarlo come una verità assoluta. In qualche misura si diventa ludopatici per gli stessi motivi per cui si diventa depressi o bipolari. Da un lato c’è una predisposizione che si intreccia con circostanze esistenziali dall’altra c’è la chimica del cervello che riguarda serotonina e dopamina predisposta a trarre piacere da quel tipo di situazione» Le stime parlano di oltre 14mila persone in Italia che soffrono di malattia del gioco. «Attenzione. Non tutti hanno certe predisposizioni, ma chi ce l’ha incorre in una maggiore probabilità di finire in quel problema, magari in certi particolari periodi della vita. Siamo di fronte a una tendenza alla distruttività. Dopodiché le statistiche prendono in considerazione i casi denunciati, e in questo caso il sommerso rischia di essere il doppio se non di più». Il mutamento delle condizioni economiche ha alzato la soglia di

povertà. In realtà esistono persone davvero più povere e altre che hanno soltanto paura di diventarlo. La paura può essere una causa scatenante? «Tutto ciò che entra nella sfera della percezione determina una reazione. Il timore di non essere più quelli che eravamo può scatenare il panico. Ma anche provocare un trauma da shock. Oppure frustrazione e delusione che possono sfociare nella malattia mentale come la ludopatia o la dipendenza da alcool o sostanze psicotrope». Come fa una macchinetta o un Gratta e Vinci a diventare qualcosa da cui si dipende? «Non è la vincita in sé, ma la prospettiva di vincere. Più è larga la profondità di campo del soggetto che si aspetta un successo e più sarà alta la probabilità che indipendentemente dal risultato si ripeta quell’esperienza che attiva alcune aree del cervello che producono le sostanze del piacere. Non è un caso se anche persone in età avanzata cadano in questo vizio, come le vecchiette che si giocano la pensione sotto casa». C’è qualche speranza per chi cade in questa trappola? «Certo ma come tutte le dipendenze sono difficili da sconfiggere. Con i giochi online oggi questo vizio è a portata di uno smartphone. E’ come se ci fosse stata una liberalizzazione dell’eroina. Ciò dimostra, guardando ad esempio temi come la droga, che rendendo legale l’offerta non si diminuisce il consumo. Chi gioca alla macchinetta, come il pensionato da bar di quartiere, è meno strutturato ed è più difficile da trattare e non ha la percezione della possibilità della fuoriuscita dalla sua disperazione».

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SCENARI

«Cambiare nome alle tasse non basta»

Per l’opinione pubblica le imposte non sono scese tà: ma con-dizioni che hanno messo in allarme le famiglie, le quali non a caso spendono sempre di meno nono-stante la deflazione ovvero l’incremento del potere d’acquisto. In altre parole, la maggior parte dei cittadini (62,5%) è convinta che a) le tasse non siano state abbassate nell’ultimo periodo b) che l’an-nunciata chiusura di Equitalia e l’eliminazione dai calcoli del debito e anche degli interessi (44,6%) non miglioreranno la situazione per cittadini ed imprese in difficoltà economiche: soltanto il 32,8% è convinto che questi interventi potranno essere risolutivi. Lo stato comunica male? A giudicare dalle risposte verrebbe da dire sì, e infatti il dato più significativo è la questione della diminuzione del canone Rai che nonostante sia effettiva è stata percepita soltanto dal 51% contro il 49% che ha ri-sposto negativamente, mentre invece sull’abolizione della Tasi-Imu (sulla prima casa) il “sì” prevale con un rapporto di circa 60/40, mentre per quel che riguarda la diminuzione della tassazione sui ter-reni agricoli, a prevalere è il «no» nella misura del 63,4% (contro il 36,4% di chi è convinto sia di-minuita). Nella pancia resta dunque un senso di sfiducia sia nei confronti dell’Europa che viene vista come un ostacolo per la crescita sia nei confronti dello Stato italiano, capace di mettere all’asta promesse che poi non vengono mantenute. Gli italiani sono scontenti

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e soffrono. Ma non soltanto a causa dell’Europa. Per esempio ci affidiamo sempre di più ai Gratta e Vinci e alla macchinette per sbarcare il lu-nario. O per lo meno questa è la sensazione visto che per il 38,7% della popolazione la dipendenza dal gioco d’azzardo sarebbe «una delle cause che porterebbe quasi un italiano su quattro a sentirsi abbastanza povero» mentre per quanto riguarda la situazione economica, il 42,3% degli intervistai la definisce invariata, il 27,3% evidenzia un lieve peggioramento, il 14,1% la giudica molto peggiorata, il 10% parla di un miglioramento parziale e c’è anche un 1,7% che afferma un netto miglioramento. Sempre sul versante economico, quasi la metà delle famiglie dichiara di non riuscire a far quadrare i conti a fine mese, il 44,9% deve sistematicamente attingere ai propri risparmi e solo una famiglia si dice in grado di risparmiare ancora. Riassumendo il 21,2% dichiara di sentirsi «abbastanza» povero, il 3% “molto” povero a causa della perdita del lavoro che è di gran lunga considerata la causa prevalente (76,7%); il 50,6% indica una separazione o un divorzio, il 39,4% la malattia, il 38,7% la dipendenza dal gioco d’azzardo, il 38% la perdita di una familiare.

BANCA INDIGESTA Altro tasto dolente è il rapporto con le banche: il 28,7% delle famiglie ha avuto la ne-

«Inutile cambiare nome alle tasse sostenendo di averle abolite». Parla così Marco Magnani, docente di Monetary & Financial Economics a Scienze Politiche della LUISS e Senior Fellow alla Harvard Kennedy School leggendo i dati contenuti nel rapporto Eurispes 2017. Collaboratore de IlSole24Ore. Il suo ultimo saggio economico pubblicato da Utet porta un titolo evocativo: «Terra e Buoi dei Paesi Tuoi». Professor Magnani, secondo l’Eurispes nell’ipotesi di un referendum per uscire dell’Unione Europea in Italia prevalerebbe il «no» con il 39,1% contro il 29,5% di «sì» e un altissimo numero di “non so” (31,4%). Si potrebbe dire che quasi il 60% degli italiani sarebbe favorevole ad una specie di Brexit. Cosa non sta funzionando? «La mia sensazione è che, nonostante tutto, la maggioranza degli italiani sia ancora favorevole a rimanere nell’Ue. Certamente negli ultimi anni la crisi economica ha aumentato il senso di frustrazione generale e spesso - in parte a torto e in parte a ragione - i cittadini

cessità di chie-dere un prestito bancario nel corso degli ultimi tre anni, ma nel 7,8% dei casi non lo ha ottenuto. Il motivo più frequente di richiesta del prestito è il mutuo per l’acquisto della casa (46,8%), a seguire la necessità di pagare debiti precedentemente accumulati (27,6%), il bisogno di saldare prestiti con-tratti con altre banche/ finanziarie (17,9%), il dover affrontare spese per cerimonie (17,9%) e per cure mediche (10,9%). Infine il 2,2% ha chiesto un prestito per poter pagare le vacanze. Non è un caso se infatti permangono sacche di disagio e difficoltà economiche: quasi la metà delle famiglie non riesce a far quadrare i conti e arrivare a fine mese e solo una famiglia su quattro ri-sparmia. Affronta-


Marco Magnani, economista

ritengono l’Europa responsabile. L’Europa ha sicuramente alcune colpe ma occorre dire che i nostri politici trovano più semplice scaricare tutte le responsabilità su Bruxelles piuttosto che prendersele loro. Molti dei mali italiani, ad esempio il colossale debito pubblico, non sono colpa del’Ue o dell’euro ma del disinvolta gestione dei nostri politici». La maggior parte gli italiani (62,5%) infatti è convinta che le tasse non siano state abbassate nell’ultimo periodo e che l’annunciata chiusura di Equitalia e l’eliminazione dai calcoli del debito e anche degli interessi (44,6%) non miglioreranno la situazione per cittadini ed imprese in difficoltà economiche. Cosa ha sbagliato l’ex premier Renzi? «Il carico fiscale complessivo, per i cittadini e per le imprese italiane,

re spese mediche è un problema nel 25,6% dei casi. Causa crisi, alcuni sono tornati a vivere dai genitori (13,8%), ai quali hanno chiesto aiuto economico (32,6%) o il sostegno nella cura dei figli (23%). Il 48,3% delle famiglie non riesce ad arrivare alla fine del mese e il 44,9% per arrivarvi sono costrette a utilizzare i propri risparmi.

è enorme e probabilmente insostenibile in tempi di crisi economica. Cambiare nomi alle tasse o alle agenzie preposte alla riscossione o spostare una parte dell’imposizione a livello locale, non cambia la sostanza delle cose. Annunciare tagli delle tasse è facile ma per farlo ci vuole coraggio e leadership in quanto ridurre la pressione fiscale significa dover tagliare pezzi di spesa pubblica. E questo può far perdere voti». Professore, sempre secondo il sondaggio, ad indicare un parziale (10%) o netto (1,7%) miglioramento è circa una persona su dieci. Dal punta di vista statistico è un risultato soddisfacente oppure no? «Si tratta di numeri molto bassi che rappresentano uno scenario deludente. La percezione generalizzata è che la situazione economica dell’Italia negli ultimi anni sia peggiorata. Penso che il pessimismo e il senso di frustrazione sia ulteriormente aumentato dal fatto che non sembra esserci la leadership politica adatta per affrontare le grandi sfide che il Paese ha di fronte».

Solo una famiglia su quattro risparmia. Le rate del mutuo per la casa sono un problema nel 28,5% dei casi, mentre per il 42,1% di chi è in affitto lo è pagare il canone. Il 25,6% delle famiglie ha inoltre difficoltà a far fronte alle spese mediche e molti hanno dovuto mettere in atto strategie anti-crisi come tornare a casa dai genitori (13,8%), farsi aiuta-

re da loro eco-nomicamente (32,6%) o nella cura dei figli per non dover pagare nidi privati o baby sitter (23%).

I SALDI COME SAN GENNARO Ecco perché il il 48,5%dei cittadini ha visto diminuita la propria capacità di spesa contro il 51,5% che non ha perso potere d’acquisto. I tagli alle spese, infatti, sono più alti per i consumi superflui, mentre il ricorso ai saldi è ormai un’abitudine consolidata (80%). Rispetto all’anno scorso, si va meno nei discount (-6,2%),si compra meno al mercato dell’usato (25,1%, -4,2%) ed online (40,4%, -3,7%), mentre sembrano diffondersi formule di baratto tramite Internet (17,8%) e aumentano i tagli sulle spese mediche (38,1%, +3,9%), sulla baby sitter (62,5%,+14,3%) e si fa maggiore uso dei mezzi per risparmiare sulla benzina (47,4%, +8%). Secondo il 51,5% degli italiani la riduzione del proprio potere di acquisto è stata nulla o poco rile-vante (erano il 46,8% lo scorso anno), al contrario il 48,5% ha visto erodere la propria capacità di spesa (nel 2016, il 53,1%). Nel corso dell’anno si è comunque risparmiato su: pasti fuori casa (70,9%), estetista, parrucchiere, articoli di profumeria (66,2%), viaggi e vacanze (68,6%). Sono ri-masti pressoché stabili i tagli sui regali (75,6%) e per il tempo libero (64,8%). Stabile anche il ricorso ai saldi (80,6%). Per l’acquisto di generi alimentari, il 69,7% (+1,7%) dei consumatori cambia marca di un prodotto se più conveniente mentre il 57% si è rivolto ai discount (-6,2%). Si compra meno al mercato dell’usato (25,1%, -4,2%) e online (40,4%, -3,7%), mentre iniziano a diffondersi formule di baratto tramite Internet (17,8%). Fa riflettere il dato su chi è stato costretto a tagliare le spese mediche (38,1%, +3,9%) insieme al maggiore utilizzo dei mezzi pubblici per risparmiare sulla benzina (47,4%, +8%). I tagli hanno colpito anche le spese dedicate agli animali domestici (32,3%, +6,4%), alla baby sitter (62,5%, +14,3%), alla donna delle pulizie/domestici (43,7%, +6,5%). Nel 36,2% dei casi si riduce anche sulla spesa per badanti.

La gente è frastrornata dal bombardamento di informazioni contraddittorie su tasse e prospettive

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Banche e rischio bail-in: ecco come stanno le cose Anche in Europa si continua a discutere dello strumento di «salvataggio dall’interno» Un analisi della situazione fra le paure di azionisti e correntisti e il ruolo dello Stato LISA dI gIUSEppE

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l bail-in (letteralmente salvataggio interno) è uno strumento che consente alle autorità di risoluzione di disporre, al ricorrere delle condizioni di risoluzione, la riduzione del valore delle azioni e di alcuni crediti o la loro conversione in azioni per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca in misura sufficiente a ripristinare un’adeguata capitalizzazione e a mantenere la fiducia del mercato». Sembra estremamente lineare la definizione fornita dalla Banca d’Italia sul concetto di bail-in. In realtà la questione

non è così semplice: lo dimostra il pasticcio Montepaschi, ma anche la discussione, ancora aperta, che il nuovo strumento ha scatenato in Europa. Il modo di procedere definito dal bail-in prevede il coinvolgimento di una lunga serie di privati da cui ottenere liquidità in ordine di inclinazione al rischio. Tutto per evitare un intervento statale a discrezione del governo nazionale, dunque difficilmente regolabile da norme europee e a carico del contribuente. L’ironia vera sembra però che nonostante l’esistenza di un sistema tanto elaborato e apparentemente equo, nessuno abbia anco-

I titoli bancari sono stati protagonisti di veri e propri «rally» a Piazza Affari, mentre si susseguivano le notizie sulle scelte del governo e dell'Ue

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ra fatto uso del bail-in, che pure esiste già da due anni.

COME FUNZIONA Come funziona? Si è cercata una soluzione utile per ricapitalizzare banche in stato di dissesto che non pesasse troppo sui con-


tervento dei correntisti proprietari di conti eccedenti i 100.000 euro.

L’APPLICAZIONE La norma esiste già dal 2015, ma nella realtà dei fatti non è stata mai applicata: l’unico esempio di parziale bail-in a cui si è assistito fino a questo momento è stata l’esperienza di Cipro del 2013, quando nel pieno della crisi bancaria furono costretti a fornire liquidità anche i grandi correntisti. Questa strategia non si è rivelata vantaggiosa per l’economia cipriota, motivo per cui sia il governo italiano che quello portoghese si sono invece sforzati di trovare soluzioni alternative per le banche in difficoltà nel periodo in cui la regolamentazione veniva approvata. Basti ricordare infatti come il governo Renzi si sia impegnato per far approvare il decreto salvataggio per le quattro banche regionali in crisi nel 2015 prima che il bail-in entrasse in vigore. Se infatti la crisi fosse stata gestita seL'intervento pubblico che ha sostenuto le banche in crisi ha evitato danni anche per i correntisti condo le nuove norme, sarebbero stati coinvolti numerosi piccoli obtribuenti, oberati in passato dalla necessità dità necessaria alle banche in dissesto ver- bligazionisti, probabilmente non troppo di fornire i fondi necessari per finanziare rebbe fornita tra gli altri dai creditori, che coscienti del rischio che avevano corso aci salvataggi (decisamente poco organizza- vedrebbero trasformate le obbligazioni in quistando certi tipi di prodotti bancari. ti e men che meno normati) che si sono loro possesso in azioni. Un’altra arma a dirivelati necessari durante la grande cri- sposizione dello Stato per salvare una ban- MPS, ERRORI si finanziaria del 2008. Dopo quest’espe- ca in dissesto dalla crisi irreparabile è la E POCA FIDUCIA rienza, che è costata al contribuente 1,6 riduzione o la svalutazione di crediti o del- Se Mps fosse stata affidata al processo di miliardi di euro (dati Financial Times), le azioni: si tratta però di una soluzione bail-in, probabilmente si sarebbe verifical’Unione Europea ha cercato una soluzio- che non può andare a intaccare il valore ta una situazione simile. Facendo un picne alternativa: in caso di difficoltà, la liqui- di alcune categorie di passività. Il pun- colo passo indietro, è facile ricordare la to principale di questa clausola è infat- frenesia degli ultimi giorni prima di Natati la protezione dei piccoli correntisti: i le, quando si decidevano le sorti della tendepositi fino a 100mila euro sono per- tata ricapitalizzazione della banca senese. ciò esclusi dalla lista di chi sarebbe co- L’istituto di credito si è trovato in una sistretto a far fronte al deficit della banca. tuazione più che critica dopo anni e anni Al loro posto interviene, se non c’è altra di gestione rischiosa: basti ripensare alle possibilità, il fondo di garanzia dei depo- acquisizioni di Banca 121 e Antonvenesiti: quest’evenienza si verifica però sol- ta, rivelatesi poi estremamente esose (entanto nel caso in cui per ricapitalizzare trambe le operazioni avvennero in periola banca non sia bastato l’azzeramento di problematici: la prima nel periodo della del valore delle azioni, la conversione bolla internet dell’inizio degli anni 2000, la dei titoli di credito in azioni e infine l’in- seconda quando era già iniziata l’apocalis-

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La storica sede del Monte dei Paschi di Siena bond subordinati e all’aumento di capitale sperando in un intervento di fondi di investimento esteri quando già Mediobanca e JPMorgan si erano tirate indietro? È evidente che la speranza era quella che il Monte potesse rialzarsi con le sue stesse forze, traendo nuova liquidità dai mercati, ma forse la consistenza del fondo da 20 miliardi (per interventi su tutto il sistema bancario) per cui il ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan ha dovuto chiedere il placet al parlamento in extremis sarebbe potuto essere minore, se si fosse proceduto a un intervento più tempestivo. Anche perché i 20 miliardi sono finanziati con l’emissione di nuovo debito pubblico, graveranno perciò sui conti del 2017. L’Ue ha per ora avallato il salvataggio e il conseguente burden sharing alternativo al bail-in mantenendo una certa flessibilità nella valutazione della faccenda: la motivazione ufficiale è che si è potuto procedere perché si tratta di una banca che non ha superato lo stress test della Bce. Dovranno ora avvenire le verifiche necessarie per avere la certezza che le condizioni per la ricapitalizzazione preventiva siano effettivamente presenti.

L'aumento di capitale non si è concretizzato Lo Stato è intervenuto a soccorrere Mps se della crisi dei mutui subprime) e poco vantaggiose. Ma non è tutto. Anche in fatto di titoli rischiosi e derivati Montepaschi non ha esitato a rischiare: per lungo tempo sono stati venduti prodotti appositamente creati per nascondere le perdite della banca. Contemporaneamente, controlli poco accurati permettevano a singoli manager di fare guadagni personali sulle operazioni. In più, la quantità di Btp che la banca si è ritrovata a gestire durante la crisi non ha migliorato la situazione: per compensare la svalutazione dei titoli, Mps tentava di salvare la situazione rifinanziandoli con ulteriori derivati. Un’operazione in parte riuscita, ma che ha minato definitivamente la fiducia di pubblico e investitori nella banca senese. Nel 2014, intanto, emerge finalmente l’imponente volume reale delle sofferenze che ha in pancia la banca. E si arriva così all’ultima svolta nella lunga storia del Monte: il nuovo cambio di Ad (entra Marco Morelli ed esce Fabrizio Vio-

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la) e il piano di salvataggio che tenta, in extremis, un nuovo aumento di capitale a fine dicembre che però mai arriverà. Arriverà invece lo Stato, soccorritore in extremis: si trova una soluzione per evitare il bail-in, che anche in questo caso, come per le quattro banche regionali, coinvolgerebbe non soltanto investitori professionali pronti a rischiare molto per avere guadagni importanti, ma anche grandi correntisti e piccoli investitori. L’intervento statale, finalizzato a risolversi nel giro di poco tempo, almeno sulla carta, si chiama tecnicamente burden-sharing o ricapitalizzazione preventiva e prevede che gli oneri siano condivisi tra lo stato, che mette a disposizione nuovi fondi, e gli azionisti e i creditori. Fin qui i fatti. Ma restano molte zone d’ombra: perché il decreto salvaMps che garantisce fondi alla banca senese non è arrivato quando ancora non era in condizioni così disperate? Perché si è comunque proceduto alla conversione dei

LE VENETE E LE ALTRE Mps non è l’unica turbolenza che il mondo finanziario sta vivendo in questi mesi. I 20 miliardi saranno infatti dedicati anche a un intervento a favore dei due istituti di credito veneti in difficoltà, Veneto Banca e Popolare di Vicenza: in questo caso l’aumento di capitale di un miliardo richiesto dalle due banche avverrà attraverso il fondo Atlante, già divenuto socio maggioritario. Atlante, gestito dalla sgr Quaestio, offrirà assistenza anche al Monte, procedendo alla cartolarizzazione di 27 miliardi di sofferenze, cioè alla creazione di nuovi prodotti che permettano di cedere i crediti deteriorati e rendere così la banca più stabile. Meno incerto rispetto a prima invece il de-


I depositi fino a 100mila euro non sono toccati da un eventuale procedura di bail-in

stino delle good banks uscite dal processo di risoluzione del nodo delle quattro banche regionali. È di inizio gennaio l’offerta vincolante di acquisto di Ubi per Etruria, Banca Marche e Carichieti, che prevede l’acquisizione entro giugno 2017, già approvata dalla banca aretina. Il panorama bancario italiano è dunque tutt’altro che tranquillo di questi tempi, anche se per ora non si intravedono crisi della portata di quella senese all’orizzonte.

E IN EUROPA? Anche le banche europee non stanno vivendo momenti troppo floridi. Un buon esempio è Credit Suisse, che solo il mese scorso si è trovata a dover versare oltre cinque miliardi di dollari nel quadro di un accordo con la giustizia americana per la vendita di derivati legati ai mutui subprime. Anche Barclays, Ubs e Royal Bank of Scotland sono ancora sotto indagine per motivazioni simili. Ma chi al momento provoca più mal di testa è Deutsche Bank. La più grande banca tedesca è coinvolta da tempo nelle indagini delle procure americane per la vendita di titoli tossici nel periodo della grande crisi finanziaria e a dicembre 2016 ha patteggiato con Washington per sette miliardi una causa a ciò relativa. La liquidità di DB rimane però un problema non indifferente per il governo tedesco: ed è su questo punto che entra in gioco il destino di Mps. Perché, ancora una volta, se scoppiasse una cri-

si importante, una ricapitalizzazione secondo le regole del bail-in avrebbe una portata estremamente vasta. Sono infatti moltissimi i piccoli investitori che in passato hanno acquistato prodotti poco sicuri incoscienti del rischio che si ritroverebbero a pagare le spese di una gestione poco lungimirante. E, considerate le dimensioni della banca e gli interessi che girano intorno a DB, si tratterebbe di un rischio che la Germania non può correre. Quindi, con buona pace delle decisioni europee, il salvataggio mascherato di Mps potrà essere tollerato dalle autorità europee e tedesche anche in vista della creazione di un precedente, potenzialmente utilizzabile nel caso in cui Deutsche Bank avesse problemi. Insomma, il bailin in pratica non esiste. Si tratta (almeno per ora) di un tentativo teorico di arginare la cupidigia di manager irresponsabili che dovrebbe limitare l’azzardo morale. In soldoni, si dovrebbe trattare di uno strumento per frenare la tendenza degli amministratori a correre rischi eccessivi per guadagnare

di più. I manager fino alla crisi finanziaria del 2008 hanno infatti dormito sonni tranquilli, potendo sempre contare sulla presenza rassicurante dello Stato, pronto a procedere a un bail-out qualora la situazione fosse degenerata. Perciò, dopo numerosi salvataggi, ai piani alti di Bruxelles si è ragionato lungamente, fino a partorire la svolta responsabilizzante della regolamentazione determinata dal bail-in. Il ragionamento sulla carta funziona, ma non riesce a cogliere la commistione reale tra hedge fund senza scrupoli e piccoli investitori confusi da prodotti complessi presente nella clientela di un istituto di credito. Commistione che favorirà ancora una volta l’azzardo morale, pur di tutelare, giustamente, piccoli investitori e correntisti. Soltanto la Germania ha speso, dal 2008 ad oggi, 465 miliardi di euro tra linee di credito, aumenti di capitale e acquisti di titoli tossici (dati Sole24Ore). Con una soluzione che per ora rimane solo teorica, questa cifra continuerà senza dubbio a crescere, per tutti i Paesi dell’Unione.

Il salvataggio mascherato di Mps potrà essere tollerato in Europa perchè creerà un precedente utilizzabile per altri istituti in difficoltà

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«Paese alla deriva? Ecco come se ne esce» Augusto Grandi, giornalista e scrittore torinese, ha analizzato in un libro le cause del declino economico italiano, toccando anche il tema pensioni: «Ma ci sono delle eccezioni e rilanciare il Paese non è impossibile, se la ricostruzione parte dalla famiglia e dall’istruzione». GeroniMo Pistilli stato definito un libro-autopsia di un Paese che non dà più segni di vita. Forse una definizione eccessiva per «Italia allo sbando», l’ultimo libro del giornalista e saggista Augusto Grandi, pubblicato da Eclettica (127 pagine, 12 euro). «Lavoro, commercio, cultura. Fotografia di un declino» si legge nel sottotitolo. E Grandi, giornalista del Sole 24 Ore e cofondatore del centro studi Il Nodo di Gordio, nella sua lunga carriera professionale ha avuto modo di confrontarsi con i maggiori protagonisti della realtà italiana. Ma la situazione è davvero così tragica? Per illustrare il declino italiano credo sia sufficiente l’esempio di un gruppo fondamentale come l’Eni: siamo passati da Enrico Mattei ad Emma Marcegaglia. Non è sufficiente mantenere invariate le iniziali di nome e cognome per garantire la stessa qualità, lo stesso livello. In genere le responsabilità della crisi italiana vengono addossate al mondo politico. Lei, invece, punta soprattutto sulle classi dirigenti economiche. «Le responsabilità sono delle classi dirigenti nel loro complesso. I politici sono l’espressione di un Paese caratterizzato da una classe dirigente assolutamente inadeguata. Si autodefiniscono l’élite dell’Italia, ma sono soltanto gli oligarchi. Non hanno la statura né morale né intellettuale per essere un’élite. Sono una casta che si autotutela attraverso

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Per il giornalista economico e scrittore, Augusto Grandi, il rischio dell’Italia è quello di produrre generazioni di ignoranti, «analfabeti di ritorno» che alla prima difficoltà si scoraggiano, rinunciano alle sfide risultando alla fine perdenti

il controllo dell’informazione, dei centri di potere economico e di quelli della politica. Un gruppo ristretto, autoreferenziale, privo di slanci vitali. Almeno, nel passato, gli uomini di potere avevano slanci di mecenatismo. Grazie a loro sono nati molti dei ca-

polavori del Rinascimento. Adesso, a parte rare e meritorie eccezioni, pensano solo al profitto immediato e al posto dei capolavori si sviluppano oscene periferie che, in fondo, rappresentano nel migliore dei modi l’attuale realtà italiana».


Per l’autore, si lavora più ore rispetto ai concorrenti europei, ma con risulati peggiori. É difficile aumentare la produttività con macchinari obsoleti

Lei stesso, però, riconosce che non mancano le eccezioni positive. Sono proprio rare? «Per nulla. Anzi, se Alessandro Amorese, l’editore, sarà d’accordo, penso a un libro che illustri alcuni di questi esempi positivi. Ma, nella stragrande maggioranza dei casi, si tratta di imprenditori, di intellettuali, di ricercatori che non fanno sistema e non rappresentano un’alternativa rispetto al potere dei mediocri che imperversa. Indubbiamente, però, possono essere un punto di riferimento per un eventuale rilancio dell’Italia». Dunque non siamo in presenza di un’autopsia? Esistono ancora le possibilità di una ripresa? «Le chances ci sono sempre, nonostante la china sulla quale stiamo scivolando e che diventa sempre più ripida. Ovviamente più tempo si perde e più la risalita diventa difficile e faticosa, ma resta possibile. Perché le persone di valore non mancano, anche se spesso sono collocate in posizioni subalterne proprio perché le loro capacità preoccupano chi sta al vertice senza avere la benché minima dote umana, professionale, culturale». Da dove si dovrebbe partire per provare a rilanciare il Paese?

In Italia si preferisce tagliare i costi invece di investire «Dal basso, dunque dalla famiglia, dalla scuola, dalla formazione. Non possiamo permetterci di avere generazioni di giova-

ni ignoranti, di analfabeti di ritorno, di smidollati che di fronte a ogni minima difficoltà scoppiano a piangere e rinunciano alle sfide. Ma per avere una scuola di buon livello, occorrono investimenti seri sulla formazione degli insegnanti. E anche sulle loro retribuzioni. A stipendi da fame corrispondono impegno ridotto e aggiornamenti inesistenti. Non si può sempre e soltanto fare affidamento sulla buona volontà degli insegnanti, occorre anche retribuire adeguatamente chi dimostra di saper lavorare. Magari cancellando dalla scuola ogni patetica e controproducente scivolata nel politicamente corretto». Il problema dei salari, nel suo libro, non è limitato soltanto alla scuola. Così come interessa ogni settore il problema del precariato. Ci sono alternative? «Le alternative esistono se qualcuno le vuole davvero. In Italia si è preferito tagliare i costi invece di investire per accrescere la produttività e la competitività. Si lavorano più ore rispetto ai Paesi europei concorrenti, ma i risultati sono peggiori. Difficile aumentare la produttività quando i macchinari sono obsoleti, difficile coinvolgere i lavoratori quando i dipendenti hanno la mente rivolta ai debiti da pagare, ai mutui,

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Tra gli «imputati», per il giornalista torinese, anche l’Inps e le sue politiche

alla ricerca di un altro lavoro. Un lavoratore soddisfatto e sereno può dedicarsi con maggior impegno e con migliori risultati alla propria attività. Con il terrore, con il ricatto non si ottengono risultati di rilievo sul fronte della qualità. E l’Italia non può permettersi di rinunciare alla qualità se vuol essere competitiva». Una situazione che favorisce la fuga dei cervelli? «Certo, tra un lavoro precario e sottopagato in Italia e un lavoro sicuro e pagato decisamente di più all’estero, molti scelgono la strada dell’emigrazione. Creando, però, dei problemi in più per chi rimane. Per le casse pubbliche ogni neolaureato rappresenta un costo superiore ai 100mila euro. Soldi regalati alle imprese straniere. E la

fuga dei cervelli porta alla frantumazione delle famiglie. Gli anziani vengono abbandonati in Italia, dove i costi di un ricovero sono proibitivi e dove sopravvivono spesso con pensioni da fame. E senza entrare nel merito della dissoluzione dei rapporti umani». Nel suo libro lei si occupa anche della «fuga delle dentiere». Un fenomeno in crescita? «In forte crescita. Le basse pensioni italiane non consentono di vivere decentemente nel nostro Paese, ma permettono una vita decorosa, dopo decenni di lavoro, in quei Paesi dove le tasse sono a livelli “umani”. Per questo l’Inps vorrebbe ridurre le pensioni di chi si trasferisce, per evitare che la vita dei pensionati possa allungarsi.

D’altronde Tito Boeri ha fatto notare che le pensioni decorose permettono di vivere meglio anche in Italia e, di conseguenza, si muore troppo tardi. Dunque meglio tagliare gli assegni e favorire una precoce dipartita. In un Paese che non fosse allo sbando, simili dichiarazioni avrebbero portato alla cacciata di Boeri, qui invece l’invito all’eutanasia obbligatoria pare una proposta da prendere in considerazione». Più qualità, più tutele, salari adeguati. Ma sono proposte compatibili con la situazione economica italiana? «Certo che sì. Le aziende che vogliono competere sui costi e non sulla qualità sono destinate ad essere spazzate via da una concorrenza sempre più globale. Non possiamo confrontarci con Cina, Vietnam e con i Paesi Africani sul fronte dei costi di produzione, ma sulla qualità dei prodotti. E la qualità costa e si paga. Senza dimenticare che le aziende italiane che vivono solo di export sono una piccola minoranza. E chi vive di mercato domestico non può pensare di vendere prodotti costosi ad una popolazione che vive con salari da fame e con l’incubo della precarietà». Ma i consumi del ceto medio non sono più sufficienti a far ripartire il mercato interno? «Il ceto medio è stato spazzato via e si rassegna ad acquistare prodotti cinesi di bassa qualità ma che costano poco. Non solo nell’abbigliamento, ma anche nell’alimentazione. Si rinuncia alla qualità del cibo, ci si ammala di più e ci si ritrova alle prese con una sanità sempre più costosa e sempre meno efficiente. D’altronde è stato proprio il ceto medio a rinunciare al suo ruolo sociale. Troppo asservito agli oligarchi per accorgersi che l’ascensore sociale funzionava solo in discesa. Una borghesia priva di qualità, di cultura. È da qui che si deve ripartire, restituendo un’anima a chi l’ha venduta per pochi spiccioli».

La qualità costa e si paga. Senza dimenticare che le aziende italiane che vivono di export sono una piccola minoranza del mercato domestico

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LO SCENARIO

Costanza dalmasso di gaRzEgna Avvocato del foro di Torino

Bail-in: funzionamento e limiti l Bail-in è lo strumento per mezzo del quale la banca in stato di dissesto, reperisce le risorse necessarie per affrontare la crisi attraverso la partecipazione degli investitori privati alle proprie perdite in caso di default. Il «prelievo forzoso» evoca invece la possibilità che lo Stato prelevi direttamente parte dei soldi in deposito presso una banca sia sotto forma di conto corrente sia di conto deposito. Il meccanismo del salvataggio interno si inserisce in un quadro più ampio quale quello rappresentato dalla direttiva 2014/59/UE BRRD della cui attuazione si sono occupati i decreti legislativi nn. 180 e 181 del 2015 i quali introducono il decreto n. 180 in alternativa alla liquidazione coatta amministrativa, già operante, la nuova procedura della risoluzione ossia una ristrutturazione finalizzata a garantire la continuità delle funzioni essenziali dell’istituto bancario in caso di crisi. Il decreto n. 181 apporta invece modifiche al TUB e al TUF introducendo la disciplina dei piani di risanamento, del sostegno finanziario infragruppo, delle misure di intervento precoce, un allineamento della disciplina dell’amministrazione straordinaria e della liquidazione coatta amministrativa al dettato europeo. Ora in quale rapporto si trova il bail-in rispetto alla risoluzione e quali sono i presupposti che consentono l’applicazione della nuova procedura? Il salvataggio interno rappresenta uno dei possibili strumenti attraverso il quale si esplica il funzionamento della risoluzione. In alternativa a questo la ristrutturazione può avvenire con 1) il temporaneo trasferimento di attività e passività a un’entità (bridge bank) costituita e gestita dalle competenti autorità per proseguire le funzioni più importanti, in vista di una successiva vendita sul mercato; 2) il trasferimento delle attività deteriorate a un veicolo (bad bank) che ne gestisca la liquidazione in tempi ragionevoli; 3) la vendita di una parte dell’attività a un’acquirente privato. Quando allora si fa luogo all’applicazione al meccanismo di risoluzione? In primis in caso di dissesto o rischio di dissesto dell’istituto bancario, in secundis qualora non si ravvisino misure alternative di natura privata o di vigilanza in grado di scongiurare lo stato di dissesto in tempi ragionevoli e infine quando la riso-

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luzione si profili come necessaria al fine di salvaguardare l’interesse pubblico. Dominus dell’intera procedura è la Banca d’Italia. In particolare il bail-in si traduce nella riduzione del valore delle azioni e di alcuni crediti o nella loro conversione in azioni per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca in misura sufficiente a ripristinare un’adeguata capitalizzazione e a mantenere la fiducia del mercato. Varie sono le passività escluse dalla procedura in esame. I depositi protetti dal sistema di garanzia dei depositi, cioè quelli di importo fino a 100.000 euro; le passività garantite, inclusi i covered bonds e altri strumenti garantiti; le passività derivanti dalla detenzione di beni della clientela o in virtù di una relazione fiduciaria, come ad esempio il contenuto delle cassette di sicurezza o i titoli detenuti in un conto apposito; le passività interbancarie con durata originaria inferiore a 7 giorni; le passività derivanti dalla partecipazione ai sistemi di pagamento con una durata residua inferiore a 7 giorni; i debiti verso i dipendenti, i debiti commerciali e quelli fiscali purché privilegiati dalla normativa fallimentare. I rischi ai quali vanno incontro i risparmiatori in caso di bail-in rispettano il seguente ordine di priorità: a) gli azionisti; b) i detentori di altri titoli di capitale, c) gli altri creditori subordinati; d) i creditori chirografari; e) le persone fisiche e le piccole e medie imprese titolari di depositi per l’importo eccedente i 100.000 euro; f) il fondo di garanzia dei depositi, che contribuisce al bail-in al posto dei depositanti protetti. Sul fronte dei depositi la questione interessa solo quelli che superano l’ammontare dei 1000.000 euro ma anche in questo caso quelli di persone fisiche e Pmi ricevono un trattamento preferenziale potendo essere esclusi in via discrezionale, al fine di evitare il rischio di contagio e preservare la stabilità finanziaria a condizione che il bail-in sia stato applicato ad almeno l’8 per cento del totale delle passività. Da ultimo occorre segnalare come la stessa Banca d’Italia metta in guardia l’investitore affinché al momento della sottoscrizione presti particolare attenzione ai rischi che rappresenta la sottoscrizione di particolari tipi di strumenti di investimento.

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LA FORZA DI UNA GRANDE SQUADRA


MARCHI & BREVETTI

alessandro boffa fasset Studio Karaghiosoff e Frizzi, Savona

Brevetti e contraffazione: Davide batte Golia 2 a 0 e l’avessimo letta su un libro di quelli polverosi con la copertina rigida, non avrebbe avuto nulla da invidiare ad una storia scritta da Tolkien, nella quale i piccoli Hobbit sconfiggono gli enormi e all’apparenza - invincibili orchi. Quello a cui abbiamo invece assistito in quest’ultimo periodo è pura realtà. Dovrebbe iniziare dunque con «c’era una volta» la nostra storia, fatta da una piccola azienda bresciana, la Hop Mobile, titolare di alcune domande di brevetto italiane ed europee che si contano sulle dita di una mano. Non un gigante insomma, ben lontano dagli oltre cento brevetti europei depositati dal colosso Coreano della telefonia mobile. Ed è proprio uno di quei brevetti ad essere stato al centro di una disputa iniziata nel 2008. Dal titolo che a quell’epoca sembrava fantascientifico «terminale telefonico multiuso» e che, per il 2001 rappresentava infatti una assoluta novità che permetteva di gestire contemporaneamente il profilo di due sim nello stesso apparecchio, senza la necessità di passare da una all’altra. La giustizia italiana, dopo un procedimento durato 8 anni, ha riconosciuto la sussistenza della contraffazione del brevetto da parte di Samsung, costringendo gli asiatici a risarcire l’impresa di Roncadelle, nel bresciano con 2 milioni di euro, calcolati in cinquanta euro per ogni telefono venduto in Italia al quale era applicata la tecnologia risultata contraffatta. Ma per essere degna del miglior Signore degli Anelli che si rispetti, questa storia non poteva che avere un secondo capitolo. Che stavolta si svolge a Vicenza, dove a gennaio la Guardia di Finanza ha sequestrato, su ordine del Sostituto Procuratore del capoluogo veneto, un quantitativo di smartphone e tablet che sembrano essere in conflitto con un brevetto registrato dalla società italiana Edico S.r.l., un’azienda romana che opera nel settore dell’elettronica di consumo. L’oggetto del contendere, questa volta, è un brevetto europeo, il cui oggetto è un dispositivo che permette

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di visualizzare sul dispositivo, una volta collegati cuffie o auricolari, una barra del volume che cambia colore a seconda della potenziale pericolosità per l’udito del volume raggiunto. Dopo il sequestro, ora sarà il momento della verifica sull’effettiva o meno violazione, che la Edico stima in 60 milioni di euro. I modelli sequestrati, solo nel vicentino, solo 21 in tutto; qualora però venisse confermata la contraffazione, i numeri su scala nazionale diventerebbero ben più rilevanti così come il risarcimento che dovrà essere corrisposto. E se c’è una cosa che questa storia ci insegna è che in Italia siamo ancora tra i migliori nel settore della ricerca, innovazione e sviluppo – una spanna avanti ai big indiscussi del commercio - e che a volte non basta lo spauracchio di una controparte con infinite risorse economiche, a spaventare le nostre imprese. E soprattutto che a volte avere enormi capitali a disposizione non basta automaticamente per avere le migliori menti a disposizione. L’altra morale di questa vicenda però non può che sottolineare, una volta ancora, quanto sia indispensabile il ricorso alla tutela della proprietà industriale, delle proprie invenzioni, dei propri marchi e design, e dei propri modelli di utilità per non rischiare di rendere vani gli sforzi dei nostri inventori e dei nostri creatori. Troppo spesso infatti gli investimenti in protezione della PI sembrano, a prima vista e a causa di analisi superficiali, essere inutilmente superflui e si preferisce allocare quei fondi altrove. In una realtà, quella italiana - ma anche europea e in generale occidentale - dove la competizione non può più in alcun modo basarsi sul prezzo, dove chi vuole produrre e commercializzare prodotti a basso costo sposta le proprie imprese verso est, non possiamo che combattere nel campo dove siamo più preparati e, spesso, imbattibili: nessuno infatti sarà mai in grado di battere il nostro spirito innovativo e la nostra voglia di sviluppo e la nostra capacità di fare ricerca.

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Aperture e occupazione: il commercio non tradisce C’è ottimismo anche per il 2017 nell’ultimo rapporto di Confimprese, che punta a bissare i numeri dello scorso anno: 1150 nuove aperture e 10mila posti di lavoro MARCO TRAVERSO @marcotraverso75

l 2017 si conferma un anno positivo per gli associati Confimprese che, nonostante le previsioni prospettino una crescita ancora ridotta del potere di spesa delle famiglie italiane (+0,7%), non rinunciano ad aprire nuovi esercizi commerciali diretti e in franchising, né a sperimentare canali di vendita alternativi a centri storici e centri commerciali come il travel retail. «Nel 2017 - chiarisce Mario Resca, presidente Confimprese con 300 marchi commerciali, 30mila punti vendita, 600mila addetti con un fatturato del 16% sul totale retail pari a 900 miliardi di euro, stimato in crescita del 2,3% entro il 2020 - prevediamo di replicare i numeri del 2016, che sono di per sé già un risultato eccellente in un panorama di sostanziale immobilità: oltre 1150 aperture e

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quasi 10mila posti di lavoro. Food e fashion, non a caso emblemi del made in Italy nel mondo, si confermano settori chiave per lo sviluppo del retail. Insieme totalizzano oltre la metà del totale aperture con una ricaduta occupazionale di oltre 6.800 addetti». Tra le nuove tendenze continua lo sviluppo del fast casual food, che, in Italia piace sempre di più, tanto che il mercato del pasto fuori casa vale 72 miliardi di euro su un totale di 223 miliardi destinati ai consumi alimentari. In termini di fatturato è al terzo posto in Europa dopo Spagna e Regno Unito. Se una leggera ripresa dei consumi c’è stata, e la si avverte, è dovuta in larga parte ai grandi cambiamenti in atto negli stili di vita dei consumatori, da cui emerge un approccio diverso nell’esperienza di acquisto, che si materializza nella ricerca di qualcosa di nuovo, di originale, di salutista, di qualità e sostenibile. L’obiettivo è offrire una ex-

Quest’anno la palma d’onore va a food e ristorazione che, con 318 nuove aperture e 4.749 addetti totali conferma il trend che ha visto il food retail crescere del 31,3% a valore nel 2016

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perience che richiami il mito culinario americano, reinterpretandolo attraverso l’estro italiano per creare un concept di successo con prodotti 100% di origine italiana. Buoni i progetti di sviluppo anche nel travel retail, dove al momento l’attenzione è concentrata sul Molo «E» di Roma Fiumicino, in cui Aeroporti di Roma ha stanziato un investimento di 390 milioni di euro per 90mila mq, 6 milioni di passeggeri in più ogni anno e una galleria dello shopping tra le più grandi d’Europa. Numerose le aziende associate


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di food e fashion che hanno programmi di sviluppo all’interno della nuova area destinata ai voli extra-Schengen.

Per il presidente di Confimprese, Mario Resca, per quest’anno il target è quello di replicare gli ottimi risultati conseguiti nel 2016, anno che ha registrato oltre 1150 nuove aperture di punti vendita

Food E RistoRazionE Quest’anno la palma d’onore va a food e ristorazione che, con 318 nuove aperture e 4.749 addetti totali conferma il trend che ha visto il food retail crescere del 31,3% a valore nel 2016. Al primo posto troviamo il gruppo Cigierre, che ha messo a budget 48 punti vendita a marchio Old Wild West, Shi’s, Wiener Haus, Pizzikotto e Romeo. La strategia è continuare a crescere in Italia, espandersi all’estero nei Paesi in cui l’azienda è già presente e di entrare su un nuovo mercato europeo. Per le assunzioni la media è di 25 persone a punto vendita per un totale di 1.344 addetti. Non è da meno il gruppo Cremonini che, con i due brand Chef Express (travel retail) e Roadhouse Restaurant, aprirà rispettivamente 40 e 20 nuovi locali con 600 e 650 nuovi assunti. Il gruppo di Castelvetro è reduce dalla recente inaugurazione del nuovo locale Attimi by Hans Beck, aperto dallo chef tedesco all’interno del nuovo Molo E a Roma Fiumicino. In fermento anche il gruppo napoletano Sebeto, che conta di aprire 4 ristoranti Rossosapore e altri 4 tra Ham Holy Burger e Rossopomodoro per un totale assunzioni di 128 persone, 16 a singolo ristorante. Per Ecornaturasì sono in arrivo 20 nuovi supermercati di cui alcuni come Voghera, Pescara, Frosinone, Roma (zona Tiburtina), Faenza, Milano Oggiono (Co) nel primo semestre. Saranno 120 le perso-

aprirà almeno 30 locali con oltre 150 nuovi posti di lavoro, consolidando la propria presenza nei centri commerciali, nelle grandi città metropolitane e raggiungerà anche Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia. Il gruppo salernitano Penta apre 7 punti vendita a marchio Fry Chicken e 10 con La Yogurteria con rispettivamente 28 e 20 nuovi addetti per un totale di 48 neoassunti. Fry Chicken ha di recente inaugurato a Catania e a Trento la formula ristorante con una superficie di 80 mq contro i 40 mq degli altri locali già esistenti in Italia e 50 posti a sedere. Queen’s Chips (patatineria take away) prevede 8 nuovi store, 40 gli addetti, 5 per ogni punto vendita. Il gruppo Cibiamo, che gestisce oltre 90 punti vendita con i brand La Bottega del Caffè, Cibiamo, Virgin Active Café e Mondadori Café ed è reduce dal successo del nuovo format Mondadori Cafè in partnership con Mondadori Retail (l’idea è quella di abbinare il cibo al consumo culturale, cavalli di battaglia del made in Italy nel mondo), conta di aprire 10 nuovi locali per un totale di 60 addetti. Nel corso del 2016 il gruppo ha lanciato il nuovo format Virgin Active Cafè che integra allenamento e alimentazione e sono stati rinnovati i format La Bottega del Caffè e Cibiamo. L’azienda spagnola 100 Montaditos continuerà l’espansione in Italia con 25-30 aperture e un numero di dipendenti compreso tra i 12 e 14 a locale per un totale di circa 400. Buoni i piani di sviluppo di America Graffiti, che nel Belpaese ha portato la tradizione dei diner america-

Molto bene il food, ma anche il fashion E risale l’elettronica ne assunte. Sono, inoltre, in previsione ristrutturazioni e ampliamenti di locali preesistenti. Continua a funzionare bene il fast casual food in cui tutto è preparato al momento con ingredienti freschissimi. Grazie a questa formula distributiva il programma di sviluppo del colosso del take away KFC è sfidante: 14 nuove aperture in luoghi di grande attrattiva commerciale orientati al format drive su strade di grande traffico e comunicazione e 500 assunzioni. I piani di La Piadineria sono consistenti: l’insegna

A Confimprese fanno riferimento 300 marchi commerciali per 30mila punti vendita in Italia

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Tra i settori che stanno mostrando un trend positivo quelli legati all’automotive, ma anche tutto il mondo della cosmetica e del benessere

ni in due format di ristorazione in franchising, l’american diner e il fast food: aprirà 15 locali con 20 addetti ciascuno, 300 in totale. Anche Lowengrube ha in programma 4 nuovi ristoranti, di cui 2 aperture imminenti a Pistoia e Ancona con 20 addetti ciascuno (80 totali). Il gruppo bavarese ha lanciato anche un nuovo street food, il Lowen Wagen: ne aprirà 4 per un totale di 12 nuovi assunti. Grazie a una carrozza completamente accessoriata è possibile vendere birre di alta qualità, hot dog gourmet e i famosi brezel della Lowengrube. Il gruppo Select-Trade aprirà 5 punti vendita a marchio Lindt con 35 persone in assunzione diretta. Nel frattempo sta lavorando anche con Carlsberg per l’apertura di circa 7 temporary store con 30 assunzioni per la stagione estiva. Camst ha messo a budget 8 aperture di locali con 80 dipendenti assunti, di cui 4 entro giugno 2017 a Rovigo, Ravenna, Bologna e Milano. Sono, inoltre, previsti 7 interventi di ristrutturazione degli attuali locali che operano nei centri commerciali da posizionare sotto il nuovo marchio ombrello Dal 1945 Gustavo Italiano, il format di punta del gruppo bolognese per la ristorazione commerciale nelle sue 7 declinazioni di servizio (Il buon caffè, In cucina, La pizza di casa mia, Il mio panino, Sano e

Delizioso, La trattoria, Il vero impasto). CIR food prevede 10 aperture di locali di ristorazione commerciale (70 dipendenti assunti), di cui 4 nei primi due mesi del 2017: 2 locali Let’s Toast a Udine e Forlì, Viavai a Torino e Aromatica a Scalo Milano. Sono, inoltre, in programma 5 aperture di locali RED - Read.Eat.Dream con circa 60 dipendenti. I formati di punta di CIR food sono: Chiccotosto (caffetteria e snack), Let’s Toast e Viavai (ristorazione veloce), Aromatica e la Polpetteria. Per Caffè Vergnano le aperture saranno 15 con una media di 5 addetti ciascuno per un totale di 75 neoassunti. Il gruppo torinese approderà anche al Molo E di Fiumicino in partnership con My Chef, che rappresenta un primo consolidamento delle aperture nel segmento travel (si aggiunge a Bari Aeroporto) e in San Babila a Milano. Previsti lo sviluppo dell’offerta grab&go, l’ampliamento della linea merchandising in vendita al pubblico e il consolidamento di partnership importanti come La Granda e Vino Libero per l’offerta food, la creazione di menù dedicati e la formazione del personale. Da My Chef sono in arrivo 2 aperture a Roma Fiumicino in partnership con Caffè Vergnano (200 mq) e con illycaffè (100 mq). Vera Ristorazione prevede diverse novità con i suoi marchi Ristò, Portello Caffe, Alice, Cremamore, Illy Caffè e Il Wok: 3 punti vendita con 27 nuove assunzioni presso il nuovo centro commerciale Adigeo alle porte di Verona, lo sviluppo del progetto Alice nelle aree cittadine in società con il fondatore e ideatore della formula Domenico Giovannini, il restyling dei punti vendita Ristò e Portello Caffe.

Fashion Il settore fashion, comprensivo anche delle

calzature, metterà a segno quest’anno 311 nuove aperture con una ricaduta occupazionale di oltre 2mila persone. Tra i gruppi più attivi vi è come sempre Pianoforte Holding che, attraverso i suoi 3 marchi Yamamay, Carpisa e Jaked totalizzerà un totale di 90 nuovi esercizi commerciali così suddivisi: 40 Yamamay, 40 Carpisa, 10 Jaked. Buona la ricaduta occupazionale: 450 persone in totale, rispettivamente 200 per Yamamay e 200 per Carpisa. Le novità del gruppo nel 2017 si concentrano su un nuovo concept per Yamamay come l’ultimissimo Più Concept, inaugurato in dicembre a Milano in corso Buenos Aires, 400 mq dedicati a casa, libri e fiori freschi. Per gli altri 2 brand il focus è sugli arredi come Arredo Industrial di Jaked a Milano in corso Vercelli e gli arredi funzionali disegnati da Fabio Novembre per Carpisa. Camomilla prevede 30 nuovi store per un totale di 120 assunzioni. Il gruppo partenopeo sta cambiando pelle in termini strategici e di comunicazione grazie all’avvio della collaborazione con l’agenzia Grey United, a un significativo investimento in termini di comunicazione e all’adesione al progetto benefico Pink is good della fondazione Umberto Veronesi. Per Piazza Italia sono in programma 28 punti vendita con 13 addetti ciascuno (184 totali). L’azienda toscana Miniconf conta su 17 nuovi negozi di cui 15 a marchio Ido, compreso un outlet, 2 a marchio Sarabanda. Prevista l’assunzione di 25 persone in totale. Per Primadonna le aperture saranno 60 con 5 addetti a punto vendita (300 totali), mentre per la multinazionale del fast fashion Tally Weijl arrivano 20 negozi con un organico totale di 100 persone. Nord-est, centro Italia e Puglia le aree di maggiore espansione. Continua lo sviluppo di Lovable, che fa parte del gruppo ame-

Parecchi giovani sono passati al tempo indeterminato 24

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ricano Hanes Brands: 12 negozi in arrivo con 3 persone ciascuno e una part time (38 totali). Original Marines si concentra prevalentemente sul presidio dei centri commerciali: 3 i nuovi negozi con 4 commesse a negozio più una part time per un totale di 14 persone, mentre l’insegna Bimbo Store, acquisita due anni fa da Giochi Preziosi, prevede 4 punti vendita e 80 risorse impiegate. Anche il gruppo francese Kiabi concentra lo sviluppo sui centri commerciali dotati di un buon rating: 6 i negozi con 30 addetti ciascuno (180). Il gruppo Pittarosso, che è da poco divenuto sponsor ufficiale del team Ducati, apre 30 nuovi store con una media di 12 assunzioni a punto vendita (360). Scarpe & Scarpe, che nel 2016 ha vinto per il secondo anno consecutivo il Premio Insegna dell’Anno sia per le calzature sia per Negozio web per calzature, aprirà una decina di punti vendita con i marchi Scarpe & Scarpe e Aley, nuovo format tutto femminile di piccole dimensioni. Previste 150 assunzioni di nuovi addetti. Sono 5 i negozi per il gruppo Bata con 20 neoassunti in totale.

CosmetiCi ed erboristeria L’Erbolario continua la serie positiva di aperture. Ne sono previste 30 con 3 persone a punto vendita per un totale di 90 impiegati. Equivalenza apre 40 negozi con 100 persone in totale (2 + 1 part time a punto vendita). Il gruppo spagnolo di lanciare almeno 10 nuove referenze sia nella cosmetica sia nei profumi. Per il brand Nivea, che in Italia è gestito dalla società Select-Trade che controlla anche Lindt, la stima è di 2 nuove aperture e 8 persone assunte.

ottiCa, arredo Casa, oggettistiCa,Cultura /entertainment Il retailer internazionale GrandVision, che in Italia opera con le insegne Avanzi, Optissimo, GrandVision by Optissimo e Solaris, apre 15 nuovi punti vendita e cerca 75 risorse, mentre Nau! prevede 15 negozi e 100 persone in totale. Buoni i piani di sviluppo del gruppo altoatesino Thun: 40 negozi e 120 addetti totali. Stroili Oro, alfiere della ‘gioielleria a portata di mano’ di recente acquisito dal gruppo francese Thom Europe holding di Histoire d’Or leader di mercato in Europa, apre 20 nuovi negozi e genera 80 nuovi posti di lavoro. Kasanova, tra i maggiori player italiani di casalinghi (250 milioni di euro di fatturato, 345 negozi, 1900 dipendenti) ha programmato 50 aperture con 15 impiegati a punto vendita per un totale di 450 persone. Prosegue lo sviluppo serrato di Mondadori Retail con 50 nuove aperture con un impiego minimo di 3 fino a un massimo di 6 persone per ogni punto vendita affiliato. Grazie a 3 diversi format di negozio a seconda delle metrature (megastore, bookstore e point), Mondadori Retail serve ogni anno oltre 20 milioni di clienti. Per KiPoint (gruppo Poste Italiane) si stima una ripresa delle attività di apertura con 8 nuovi punti vendita e 16 persone impiegate totali.

elettroniCa, auto, immobiliare Il gruppo Unieuro apre 25 nuovi store con 5 addetti ciascuno (125 in totale) e punta su un nuovo format di vicinato, i cosiddetti Unieuro City, negozi di 300 mq contro i 700-

800 dei negozi tradizionali, ma con la stessa profondità di gamma. Midas Italia, attiva nell’automotive, prevede 8 nuove aperture al nord e nel Lazio e una trentina di persone impiegate. Tecnocasa ha in programma l’apertura di 220 nuove agenzie con una media di 4 agenti e un totale di 880 risorse. Quanto alle qualifiche le figure più richieste sono nel caso di fashion, accessori, ottica ed entertainment addetti alla vendita, cassieri, ma anche assistant store manager e store manager, mentre food e ristorazione cercano cuochi, addetti di sala, alla griglia, camerieri, magazzinieri, cassieri, banconisti, direttori di punto vendita. I retailer richiedono anche disponibilità a muoversi sul territorio e a lavorare nei turni serali, di domenica e nei festivi soprattutto nei picchi di alta stagionalità. Il retail è un settore dinamico che offre posti di lavoro anche alle risorse più giovani. Per le tipologie contrattuali prevale il contratto di apprendistato per le risorse più giovani da trasformare in tempo determinato o indeterminato. Significativo il numero di giovani il cui tirocinio è stato direttamente convertito in contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. È frequente che all’interno dei punti vendita con più di 4 risorse ve ne sia anche una impiegata part-time, contratto che permette maggiore flessibilità e una turnazione di più persone. Nella ristorazione il contratto viene stipulato inizialmente con l’agenzia per il lavoro e in fase successiva trasformato in tempo determinato e apprendistato. Nel fashion si applica spesso il Ccnl Commercio a tempo determinato per la prima fase con consolidamento successivo come indeterminato o apprendistato. Gli stipendi variano da 1200-1400 euro lordi mensili spalmati su 14 mensilità annue per gli impiegati full-time. A seconda delle mansioni sono previste ulteriori specifiche: per banconisti, commessi, camerieri, addetti di sala inquadrati full time 40 ore la busta paga è di 1200 euro, che scendono a 750 per i part time 20 ore. Per direttori e store manager full time 45 ore lo stipendio è di 1400 euro. Tra le nuove aperture parecchi negozi sono in franchising, ma non solo

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La risposta tutta italiana ai colossi del take away Il franchising si conferma un volano per l’occupazione. Così l’imprenditore campano Langella ha lanciato il guanto di sfida alle grandi realtà straniere GIORGIO COURNIER a conquistato gusti e palato dei consumatori sempre più attenti in fatto di alimentazione salutistica e pasti take away, facendo di street food e take away la cifra della sua scommessa imprenditoriale. Trentasette anni, originario di Pagani nel Salernitano, Alberto Langella ha iniziato la sua personalissima sfida ai colossi del take away nel 2006, dando vita al marchio La Yogurteria e aprendo il suo primo punto vendita a Salerno, facendo leva sul concetto di frozen yogurt, mutuato da quello americano, per offrire al consumatore un autentico yogurt gelato. Il gruppo che ha fondato, Penta, riunisce sotto il suo ombrello due brand, la Yogurteria e Fry Chicken, realizzando un fatturato alle casse di 6.3 milioni di euro. Del resto il franchising, nel contesto dell’attuale crisi dell’economia italiana, continua a tenere: vale 23 miliardi di euro per 187 mila addetti complessivi e negli ultimi 5 anni è cresciuto dello 0,5% su base annua. L’affiliazione commerciale garantisce a chi vuole mettersi in proprio una relativa sicurezza nell’avvio di un’attività autonoma sia per le imprese che vedono nella formula dell’affiliazione la possibilità di ampliare più facilmente la rete dei propri punti di vendita, sia per i franchisee che trovano vantaggioso il sostegno dei gruppi imprenditoriali affermati a cui si affiliano. Il Rapporto Confimprese 2016 sui piani di apertura degli associati Confimprese in Italia mostra che, nonostante e contro le aspettative, l’anno si chiuderà con 2mila aperture di nuovi esercizi commerciali e 10 mila

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Lo street food è un format che, dati alla mano, sta crescendo anche sul mercato nostrano

nuovi assunti proprio nel retail, che ha registrato un valore di spesa di 900 miliardi di euro e che crescerà annualmente del 2,3% fino al 2020. Fashion e food, dove si ritaglia un posto di rilievo il franchising street food, si confermano tra i settori più vitali con ri-

spettivamente 873 e 320 nuovi locali. Per il 2017 le stime Confimprese prevedono di replicare i numeri del 2016, che sono di per sé già un risultato eccellente in un panorama di sostanziale immobilità. Secondo le rilevazioni Nielsen al 30 novembre 2016 è in au-


A fianco: Alberto Langella l’imprenditore campano, amministratore delegato di Penta. Sopra: un punto vendita a Trento

so il consumo di cibo. «In Italia piace sempre di più questo stile di consumo - sostiene Langella, amministratore delegato Penta - tanto che il mercato del pasto fuori casa vale 72 miliardi di euro su un totale di 223 miliardi destinati ai consumi alimentari. In termini di fatturato è al 3° posto in Europa dopo Spagna e Regno Unito. Se una leggera ripresa dei consumi c’è stata, e la si avverte, è dovuta in larga parte ai grandi cambiamenti in atto negli stili di vita dei consumatori, da cui emerge chiaramente un approccio diverso nell’esperienza di acquisto. Esperienza che si materializza nella continua ricerca di qualcosa di nuovo, di originale, di salutista, di qualità e sostenibile».

I BRAND

mento del +2% nel terzo trimestre 2016 sullo stesso periodo del 2015 anche la propensione degli italiani (22% del totale) a spendere per l’intrattenimento fuori casa, ivi compre-

Quanto ai brand, attualmente i negozi La Yogurteria sono oltre 50 in tutta Italia, da Milano a Roma a Pantelleria, e in arrivo entro il 2016 ce ne sono altri 15, per un totale di 30 nuovi addetti. L’imprenditore campano conta di sviluppare il brand anche oltreconfine: aprirà 5 punti vendita in Spagna, tra cui Madrid, Barcellona e Isole Canarie e uno in Svizzera nel Canton Ticino,

ma sta anche implementando il futuro sviluppo in Austria, Germania e Francia. Lo yogurt, inteso sempre più come alimento non solo salutistico ma anche come dessert a fine pasto, è acquistato dal 96% delle famiglie italiane. Il giro d’affari stimato per punto vendita è superiore ai 200mila euro annui. Il marchio Fry Chicken è nato nel 2015 e ha all’attivo una decina di punti vendita. «Lo street food è un format che piace - prosegue Langella -, perché ben si adatta alle mutate abitudini dei tre quarti degli italiani che consumano ormai un pasto fuori casa». Di recente ha sperimentato un nuovo format per il pasto fuori casa aprendo a Catania (ottobre) e a Trento (dicembre) nuovi locali con la formula ristorante con una superficie di 80 mq contro i 40 mq degli altri locali già esistenti in Italia e 50 posti a sedere. «Il nuovo format - spiega ancora Langella - è nato per soddisfare le esigenze dei consumatori che preferiscono abbinare l’idea del pranzo fuori casa al piacere di consumarlo in locali con comodi posti a sedere. L’obiettivo è offrire un’esperienza che richiami il mito culinario americano, reinterpretandolo attraverso l’estro italiano per creare un concept di successo con prodotti 100% di origine italiana. A Trento la formula distributiva è quella del locale in franchising, che prevede per il franchisee un investimento iniziale di 120mila euro e un fatturato annuo mediamente superiore ai 400mila euro». Il personale è formato direttamente da tutor dell’azienda secondo un programma di training che dura 15 giorni. A questo proposito è già in fase di implementazione il potenziamento del customer care e dell’attività di tutoring, che culminerà nella creazio-

«L’obiettivo: ricercare sempre soluzioni innovative» GENNAIO/FEBBRAIO 2017

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Il negozio di Catania di Fry Chicken, che sta riscontrando un buon successo grazie alla formula innovativa

ne di una Academy in sede per la formazione e l’aggiornamento dei franchisee e dei loro operatori. Il brand si rivolge a un target giovane, che del pasto fuori casa ha fatto un’abitudine ormai consolidata. L’età media è compresa tra i 15 e i 24 anni con una prevalenza (70%) di pubblico femminile, mentre per il 60% dei consumatori uomini oscilla tra i 24 e 35 anni. In questo caso proprio l’anagrafe è una spia indicativa dei nuovi modelli di consumo degli italiani e dell’attenzione posta anche al lato salutistico del cibo take away. Il giro d’affari a punto vendita è di circa € 450mila annui. «I nostri prodotti sono all’insegna della salute - spiega Langella -. La filiera è precostituita: ad esempio lo yogurt arriva direttamente dal Trentino Alto-Adige mentre le patate dalla pianura del Fucino, il panino è ai cinque cereali. Cerchiamo di dare fritto di qualità fatto di carne fresca, di polli italiani certificati e preparati con una panatura particolare, fritti in olio di arachide controllato al cento per cento. La gente ci assimila a McDonald’s e Burger King, ma si sbaglia. Siamo un gruppo giovane e tutto italiano, che aspira a diventare un punto di riferimento del food made in Italy fatto di qualità e ingredienti di prim’ordine».

GLI STEP La valutazione della fattibilità dell’apertura di un punto vendita viene analizzata sot-

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to molteplici aspetti: imprenditoriale, geografico, logistico, tecnico e organizzativo. L’azienda salernitana valuta il potenziale franchisee e le sue conoscenze imprenditoriali e organizzative e, all’occorrenza, provvede a una formazione di base. Il potenziale del bacino di utenza viene quantificato definendo una mappa isocrona e la consistenza del target, nonché l’eventuale presenza di concorrenza diretta e indiretta. «Per tale studio - prosegue Langella - vengono utilizzati sia gli strumenti tradizionali di ricerche di mercato sia quelli più recenti, che i vari social network mettono a disposizione. Quindi cerchiamo una location che risponda ai nostri requisiti tecnici, in base al format, e logistici in relazione all’afflusso della potenziale clientela: possibilità di parcheggio, viabilità, pedonabilità o spazi in centri commerciali. Sulla base di tali studi si valuta il budget di marketing necessario per la comunicazione e promozione del punto vendita e i co-

sti di ingegnerizzazione. La comunicazione aziendale si articola sia a livello locale che nazionale, attraverso media tradizionali e digitali. Prima di ogni nuova apertura, inoltre, partiamo con una serie di iniziative pubblicitarie e le inaugurazioni sono accompagnate da eventi con animazione, musica e giocoleria, assaggi gratuiti dei nostri prodotti e coupon di sconto nei giorni successivi all’apertura». Periodicamente, poi, l’azienda organizza attività promozionali e di fidelizzazione della clientela, che vengono veicolate direttamente nel punto vendita o digitalmente a seconda delle evenienze non solo in un’ottica di network, ma anche localmente in forma personalizzata. Quando possibile il gruppo salernitano non disdegna campagne di co-marketing con altre imprese e sono allo studio iniziative di social marketing. Sono in fase di rinnovo grafico i siti internet e le pagine social ed è previsto l’avvio nei punti vendita di importanti novità tecnologiche. Il team di ricerca e sviluppo, infine, è sempre all’opera per studiare e intercettare i gusti dei consumatori in continua evoluzione, per garantire un’offerta sempre al passo con i tempi mantenendo lo standard qualitativo elevato che ha sempre contraddistinto l’offerta di Penta.

Il gruppo punta a diventare un punto di riferimento del food «made in Italy»


DIRITTO & IMPRESA

carlo cavallo Avvocato cassazionista del Foro di Torino

Per lo Stato i dipendenti vengono sempre dopo il versamento Iva a situazione di crisi finanziaria che colpisce l’impresa può escludere la configurabilità del reato di omesso versamento dell’Iva? Attorno a questo interrogativo la giurisprudenza è da sempre divisa, essendosi registrate, specie nell’ultimo decennio, pronunce fra loro contrastanti, sia nel merito che in quella di legittimità. È ben noto, infatti, che, fra i tanti reati tributari, quello dell’omesso versamento dell’Iva da parte del contribuente, negli ultimi anni, è sempre imputabile alla crisi di liquidità che caratterizza la condizione di imp rese e professionisti. Negli anni immediatamente successivi all’introduzione della fattispecie di reato, la giurisprudenza si era mostrata più incline a valutare la «involontarietà» dell’omesso versamento da parte del contribuente, in un’ottica di maggior favore per gli imprenditori inadempienti agli obblighi tributari (in tal senso, fra le altre, Trib. Firenze Sent. 27.7.2012, Trib. Monza, Sent. 674/2013, Cass. 46726/2013): si era esclusa la volontarietà dell’omesso versamento dell’imposta sulla base della crisi finanziaria e della conseguente «illiquidità» in cui si era venuto a trovare l’imputato in ragione, anche, delle condotte di soggetti terzi inadempienti. Successivamente, altre pronunce hanno posto in evidenza – in chiave più restrittiva - come, non ogni situazione di crisi finanziaria, per quanto di dimensioni considerevoli potesse giustificare l’esclusione del reato di omesso versamento, ma solo quella «determinata da fattori completamente estranei alla sfera di controllo dell’imprenditore» non riconducibile ad una sua cattiva gestione, ovvero «una situazione di illiquidità né prevedibile né evitabile» (Trib. Novara 20.3.2013). In termini analoghi si è espressa, più di recente, la Cassazione, con la sentenza 40352 del 2015, che ha ammesso la possibilità applicare la scusante dello «stato di necessità» (art. 54 cod. pen.) ed escludere la punibilità per il reato di omesso versamento dell’Iva, per l’imprenditore che, trovandosi a fronteggiare una grave crisi aziendale, sia costretto ad «un adeguamento strutturale dell’azienda ed a pagare gli arretrati ai dipendenti, nel rispetto degli accordi sindacali». Sempre in tal senso si era già espressa la stessa Corte, nella Sentenza 15176/2014, ritenendo legittima l’assoluzione

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dell’amministratore di una società che aveva omesso il versamento dell’Iva (per importi superiori alla soglia di rilevanza penale, oggi fissata a 250.000 euro) perché costretto dal tardivo pagamento delle fatture da parte dei clienti. Da ultimo, con una recente pronuncia che pare ulteriormente restringere il campo d’azione per l’imprenditore in crisi finanziaria, la Cassazione (Sentenza 30397 del 18 luglio 2016), ha precisato che, ai fini del reato di omesso versamento dell’Iva, la decisione dell’imprenditore di garantire continuità all’attività di impresa, scegliendo di pagare i dipendenti o facendo investimenti e rinviando il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto, è il risultato di «una deliberata e consapevole scelta di politica aziendale» non riconducibile ad una causa di forza maggiore (difettando la necessità assoluta di violare la legge). Nel caso esaminato, a fronte della crisi del settore in cui operava ed alla ingravescente situazione debitoria, fu accertato che il ricorrente cercò di garantire la continuità alla attività di impresa, scegliendo liberamente di autofinanziarsi, rinviando però il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto, ed intraprendendo operazioni commerciali. Quindi, l’omesso versamento Iva, era stato il risultato di «una deliberata e consapevole scelta di politica aziendale, non riconducibile ad una causa di forza maggiore» (lo stato di illiquidità), né ad una «necessità assoluta di violare la legge» per far fronte alla crisi finanziaria. In generale, l’orientamento attuale della Corte di Cassazione in materia è stato efficacemente riassunto in un passaggio della motivazione della recente Sentenza 1623 del 18 gennaio 2016, in un’ottica di bilanciamento tra la libertà di autodeterminazione dell’imprenditore nella gestione di una crisi di liquidità e le esigenze erariali: si è così chiarito che la colpevolezza del soggetto per omesso versamento «non è esclusa dalla crisi di liquidità al momento della scadenza del termine di scadenza del tributo, a meno che egli non dimostri che le difficoltà finanziarie non siano a lui imputabili e che le stesse non possano essere altrimenti fronteggiate con idonee misure». Non è dunque riconosciuta, allo stato, al singolo imprenditore la libertà di dare priorità nei pagamenti di fornitori e dipendenti a scapito delle scadenze tributarie.



a cura di

Il fattore B corp è la rivoluzione delle benefit corporation italiane Un business positivo per la comunità, con i più alti standard ambientali e sociali Oltre 2.000 aziende in 50 Paesi e 130 settori differenti; 150.000 persone, una media di 75 ad azienda e un fatturato complessivo di 22 miliardi di euro, con una media di 11 milioni ciascuna. Questi sono i numeri globali delle B Corp, imprese che usano il potenziale del business per avere un impatto positivo sulla società e la biosfera. E l’Italia con le sue oltre 40 B Corp, che si stima diventeranno 150 nel 2017, si presenta come la seconda community europea dopo l’Olanda. Nelle scorse settimane a Milano, per la prima volta, tutte le B Corp italiane si sono riunite nello spazio Base, per presentarsi al Paese e condividere il significato e i valori di questo nuovo paradigma imprenditoriale. Nate negli Stati Uniti nel 2006, le B Corp sono aziende che formano un movimento globale che va oltre l’obiettivo del profitto, per innovare attraverso un impatto positivo verso le persone, l’ambiente e le comunità in cui operano. Il modello è tradizionale, hanno un fatturato, fanno utili, si quotano in Borsa. Ma il business è generato mantenendo i più alti standard ambientali e sociali (dai bonus ai dipendenti al rispetto dei lavoratori nei Paesi in via di sviluppo, al rispetto per l’ambiente). A catalizzare questo movimento in Italia, a partire dal 2012, è stata Nativa, Country Partner di B Lab, tra le aziende fondatrici del movimento B Corp in Europa, prima B Corp in Italia e una delle prime al mondo. Nativa, in collaborazione con le prime B Corp italiane, è anche stata la principale promotrice dell’introduzione della forma giuridica di Società Benefit nel nostro Paese.

B Lab è l’organizzazione non profit, fondata nel 2006, al servizio di un movimento globale con l’obiettivo di diffondere questo paradigma di business e che rilascia la certificazione B Corporation. «Oggi le aziende rappresentano la più grande forza sul Pianeta - spiega Eric Ezechieli, co-founder di Nativa - Il nostro futuro sarà prospero se riusciremo ad indirizzare questo potenziale straordinario in una direzione virtuosa, che crei valore per tutta la società». Per Paolo Di Cesare, co-founder di Nativa, «è in corso una trasformazione epocale. L’Italia è all’avanguardia in questo movimento globale e siamo certi che da qui non si può tornare indietro». «L’Italia è in prima linea in questo movimento per una ragione molto chiara - ribadisce Bart Houlahan, co-inventore delle Benefit Corporation, co-fondatore di B Lab i valori fondamentali della comunità B Corp, l’eccellenza in termini di scopo, responsabilità e trasparenza, sono profondamente radicati nel Dna di gran par-

te del tessuto imprenditoriale italiano». A gennaio 2016, l’Italia ha introdotto nel proprio ordinamento la Società Benefit e la gestione di queste richiede agli amministratori il bilanciamento tra l’interesse degli azionisti e l’interesse della collettività. Per una Società Benefit è prevista la nomina del responsabile dell’impatto e la pubblicazione di una relazione annuale per descrivere le azioni svolte, i piani futuri e la misura dell’impatto dell’azienda sulla società e sull’ambiente. «Con orgoglio - ricorda Mauro Del Barba, senatore e promotore della legge Società Benefit - abbiamo lavorato per introdurre nel nostro ordinamento le Società benefit e oggi siamo il primo Stato sovrano al mondo ad averlo fatto. La vera sfida però non è ancora vinta: vogliamo e dobbiamo supportare questo cambiamento con un grande piano di riforme complessive del Paese per fare dell’Italia il cuore di questa rivoluzione attorno a cui costruire una nuova Europa del benessere sociale».


NEWS

Parte dalla Puglia «l’Industria Felix Lab» È stato ideato un laboratorio a disposizione di 17 imprese con bilanci virtuosi nel quale saranno presentati i migliori progetti di 4 Atenei pugliesi: i lavori saranno coordinati dal professor Alfredo Grieco

Un laboratorio, a disposizione di 17 imprese con i bilanci virtuosi, nel quale saranno presentati i migliori progetti di sviluppo e ricerca di 4 Atenei pugliesi. È stato il Politecnico di Bari ad inaugurare il primo dei cinque incontri di Industria Felix Lab, un’iniziativa ideata dall’associazione culturale Industria Felix, che organizza l’omonimo premio fondato sull’inchiesta annuale del giornalista Michele Montemurro sui bilanci di 2.500 società di capitali con sede legale in Puglia e fatturati da 3 milioni al miliardo di euro. Nelle settimane successive saranno presentati anche i progetti delle università di Foggia, del Salento e di Bari che patrocinano, assieme a Confindustria Puglia, il premio Industria Felix - La Puglia che compete. Si inizia a Villa Romanazzi Carducci con la presentazione di 7 spin off e 4 brevetti: i lavori saranno coordinati dal professor Alfredo Grieco di PoliBa. A seguire ci saranno un intervento del dottor Enrico Fulfaro, Regional manager di «Cerved», partner tecnico dell’evento, e del presidente dell’Anci e sindaco di Bari, onorevole Antonio Decaro. Proprio l’agenzia di rating fornirà in anteprima alcuni numeri alle imprese. Aumentano del 4,2% i ricavi delle

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RICORRENZA Il premio è stato è stato fondato sulla base dell’inchiesta svoltla ogni anno del giornalista Michele Montemurro sui bilanci di 2.500 società di capitali con sede legale in Puglia e fatturati da 3 milioni al miliardo di euro

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pmi pugliesi nel 2015 rispetto all’anno precedente, mentre rimane invariata, secondo il Cerved Group Score, la percentuale di quelle presenti in area di rischio: il 16,2% a settembre 2016, la stessa osservata a settembre 2015. «Siamo lieti di sostenere questa serie di incontri tra l’Università e le migliori imprese pugliesi. Banche ed istituzioni hanno il dovere di promuovere anche quelle iniziative che hanno l’obiettivo di avvicinare mondo accademico e mondo del lavoro. L’economia ha bisogno di giovani, di idee ma soprattutto di nuove opportuni-

tà di sviluppo per il nostro territorio». Il commento è del portavoce del Comitato scientifico di Industria Felix, il dottor Emanuele Di Palma, direttore generale della Bcc San Marzano di San Giuseppe. Spin off e start up sono iniziative imprenditoriali aventi come scopo lo sfruttamento dei risultati della ricerca e lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi derivati dalle attività di ricerca delle Università, che partecipano in qualità di socio solo nel caso degli spin off. I brevetti, invece, sono titoli giuridici di proprietà di inventori, che potrebbero essere ceduti a terzi per essere sviluppati.

SB Italia acquisisce «Challenge4» SB Italia, società specializzata in soluzioni IT per la gestione, l’integrazione e l’ottimizzazione dei processi aziendali, comunica l’acquisizione del 51% di Challeng e4, azienda con una consolidata e riconosciuta esperienza nella vendita di soluzioni e servizi tecnologici per l’infrastruttura. Grazie all’ingresso nel gruppo SB Italia, C4 è oggi in grado di ampliare il suo portafoglio di offerta e portare ai suoi interlocutori tutti gli ambiti e le competenze che caratterizzano le soluzioni e i servizi di SB Italia, in particolare la conoscenza dei processi e specializzazioni applicative, acquisendo un posizionamento di mercato importante per numero di clienti e partnership di mercato grazie anche a una situazione economica e finanziaria molto positiva. «Con il nostro ingresso nel gruppo SB Italia, abbiamo ora l’opportunità di offrire ai nostri clienti una gamma di soluzioni e servizi ancor più

completa e innovativa», afferma Giulio Privitera, Sales Director di C4. SB Italia è specializzata nell’aiutare le aziende e le istituzioni ad arrivare preparati alla «rivoluzione digitale», grazie a strumenti tecnologici all’avanguardia, semplici da utilizzare e flessibili, in grado di adattarsi alle diverse necessità. «Siamo consapevoli di non essere solo un fornitore, ma un partner di soluzioni e un concreto supporto dell’attività quotidiana del CIO», dichiara Massimo Missaglia, amministratore delegato di SB Italia «Con questa acquisizione, proseguiamo il percorso di crescita e di rafforzamento di competenze che sta alla base della strategia del gruppo. C4 porta valore a SB Italia per la sua consolidata e riconosciuta esperienza nella vendita di soluzioni e servizi tecnologici, un gruppo di persone capaci, competenti e affidabili che ha saputo conquistare e mantenere la fiducia di primarie aziende del mercato italiano».


business travel a cura di loretta bartolucci Senior Director Sales, Marketing&Advanced Client Solutions di CWT Italia

Priorità sicurezza San Valentino, gli italiani non rinunciano ai regali DoveConviene, la piattaforma digitale sulla quale oltre dieci milioni di italiani si informano e pianificano il proprio shopping, ha condotto un’indagine (12.000 intervistati) per approfondire le tendenze in atto in vista di San Valentino.Quando si tratta di celebrare l‘amore i consumatori italiani non si tirano indietro. Il 63% degli intervistati, infatti, dichiara di voler fare un regalo al proprio partner contro un 26% che invece non ha intenzione di acquistare nulla. Anche un altro 11% non acquisterà nulla, ma perché single. Dalla ricerca emerge che gli acquisti avverranno principalmente in store e non online (16%). Per la ricerca di informazioni e di offerte il digitale resta invece il mezzo più importante, considerato anche che solo un 16% afferma di chiedere opinione e/o consigli ad amici e parenti mentre un 42% decide in autonomia. Anche il tempo dedicato alla scelta del dono sembra dipendere dalle offerte consultate (43%) o comunque risultano essere poche le persone con le idee chiare capaci di acquistare in pochi minuti minuti.

La tutela dei viaggiatori da criticità e rischi crescenti in tutto il mondo è una priorità assoluta per le aziende. Dai tool automatici alle soluzioni personalizzate, la sicurezza va pensata e attuata in modo integrato e proattivo

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inacce e attacchi terroristici, terremoti e disastri naturali, epidemie segnano purtroppo la cronaca quotidiana. La percezione dei viaggiatori sulla sicurezza ne viene pesantemente influenzata e la necessità delle aziende di minimizzare i rischi e farsi trovare pronti aumenta di pari passo. A rendere più complessa la gestione della safety & security dei dipendenti in trasferta è il cambiamento nello scenario internazionale, che presenta pericoli non più solo in Paesi un tempo considerati a rischio ma anche in quelli più avanzati. Il duty of care delle aziende non è solo una necessità morale ma un’esigenza concreta, fondamentale per assicurarsi che i dipendenti siano disponibili a spostarsi per motivi di lavoro. Non sono però un singolo tool o un’assicurazione che possono esaurire i compiti dei responsabili aziendali. Sta diventando sempre più urgente per le aziende adottare un approccio strategico alla sicurezza dei viaggiatori, prevedendo strumenti e processi adeguati. Per garantire maggiore efficacia è importante partire innanzitutto da una approfondita conoscenza delle esigenze aziendali, confrontandosi con le best practice del mercato. Grazie all’assistenza di agen-

zie di viaggio ben strutturate e dedicate al mondo corporate, in particolare, si possono predisporre soluzioni avanzate - come il pacchetto di servizi dedicati Cwt Safety & Security -, che consentono di anticipare possibili disagi e assistere i viaggiatori. La gamma di necessità da coprire è, infatti, molto ampia. Si parte dal fornire ai viaggiatori prima della partenza informazioni approfondite sul tipo di profilassi sanitarie o atteggiamenti raccomandati ma anche dalla condivisione con i responsabili aziendali dei livelli di rischio di ogni destinazione, per poter introdurre, se necessario, procedure di autorizzazione al viaggio più stringenti. Per proseguire con l’invio di alert in tempo reale a chi è in viaggio per aiutarlo a «evitare» eventuali difficoltà. Può accadere poi che un viaggiatore si trovi in una località interessata da un disastro naturale o da una emergenza. Per questa ragione esistono tool avanzati per la localizzazione dei viaggiatori – come quello presente all’interno di Cwt AnalytIQs - che consentono di sapere rapida-mente quanti dipendenti sono presenti in una destinazione o di ricercarli per volo o hotel. Possono essere poi predisposti validi canali di comunicazione per contattare il viaggiatore.


MERCATI & BUSINESS

Scoperta la cura del raffreddore Premiata azienda piemontese Panoxyvir ha brevettato gli ossisteroli, molecole fisiologiche dotate di una potente attività antivirale contro il rhinovirus, la principale causa della rinite che colpisce milioni di persone andrea costa costa@newspapermilano.it

da 48 esponenti d’eccellenza del mondo dell’impresa, della ricerca universitaria e del venture capital, sulla base di criteri come originalità dell’idea imprenditoriale, realizzabilità tecnica, interesse per gli investitori, adeguatezza delle competenze del team, attrattività per il mercato.

Il montepremi di 1,5 milioni è stato complessivamente erogato con oltre 500.000 euro in denaro e circa un milione in servizi, offerti dagli atenei e dagli incubatori soci di Pni Cube. E, per la prima volta, tutti e quattro i premi settoriali, dell’ammontare di 25.000 euro ciascuno, hanno

è una start up piemonte sul podio dei miglioni innovatori sul fronte tecnologico, in questo per la cura del raffreddore, un male enedemico che adesso conosce una un rimedio. Sono sta- LOTTA Le allergie dell’apparato respiratorio o il semplice raffreddore costano ogni anno 40 miliardi di dollari ti, infatti, nominati i vincitori della XIV edizione del premio nazionale per l’Innovazione (Pni), la più grande e capillare business plan competition italiana, ospitata quest’anno dall’università di Modena e Reggio Emilia, con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena. Il Pni – a cui concorrono i migliori progetti d’impresa innovativa vincitori delle 16 competizioni regionali (StartCup) che coinvolgono oltre 40 tra università, incubatori e istituzioni – ha visto quest’anno la partecipazione di 3.440 neo imprenditori, per un totale di 1.171 idee e 511 business plan presentati. I vincitori sono stati selezionati tra le 65 startup finaliste da una giuria composta

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avuto un main sponsor, segnale estremamente positivo a testimonianza della crescente apertura delle imprese all’Open Innovation.

dell’Agenzia Europea del Farmaco il primo prodotto farmaceutico a base di cellule staminali umane. Speriamo che proprio da qui nasca la prossima rivoluzione terapeutica».

I vIncItorI Premio Chiesi Farmaceutici Life Sciences (miglioramento della salute delle persone) e vincitore assoluto del Pni 2016: Panoxyvir(http://www.panoxyvir. com, StartCup Piemonte Valle d’Aosta) sviluppa il primo spray nasale antivirale per la prevenzione e la cura del raffreddore comune, avente come sostanza attiva una molecola anti-Rhinovirus di origine fisiologica. «Il raffreddore, l’infezione più diffusa nell’uomo, genera costi socio-sanitari di 40 miliardi di dollari l’anno solo negli Usa – dice Andrea Civra, partner e virologo – I rimedi comuni ne mitigano solo i sintomi ma non ne abbreviano la durata. Panoxyvir ha brevettato gli ossisteroli, molecole fisiologiche dotate di una potente attività antivirale contro il rhinovirus, principale causa del raffreddore». Poiché non esistono vaccini o farmaci antivirali in grado di curare o prevenire il raffreddore, al momento Panoxyvir non ha concorrenti. «L’innovazione e le idee per migliorare la salute sono tra i valori centrali del gruppo Chiesi – afferma Diego Ardigó, project leader corporate drug development di Chiesi farmaceutici, main sponsor del premio - Il Pni rappresenta al massimo questi valori, generando spazio per persone e aziende «giovani», in un contesto fatto di entusiasmo e meritocrazia. Qui a Modena nel 2008, abbiamo fondato lo spin-off Holostem srl, con cui abbiamo portato all’approvazione

AMBIEntE Il pemio Iren Cleantech & Energy (miglioramento della sostenibilità ambientale) è stato assegnato a Re3cube (http:// www.re3cube.com, StartCup Piemonte e Valle d’Aosta). Si tratta di un dispositivo ecologico, che offre una soluzione definitiva alla gestione dei rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo prodotti dalle piccole strutture sanitarie (studi dentistici, veterinari, ecc). «Rifiuti oggi accumulati in scatole nella struttura, ritirati mensilmente porta a porta da operatori specializzati, accorpati su tir nei centri di raccolta autorizzati, trasportati per centinaia di km presso i pochi inceneritori dedicati – commenta il capo progetto e Ceo Luciano Scibilia - e di cui l’operatore sanitario è penalmente responsabile fino ad avvenuto smaltimento». Grazie ad una tecnologia brevettata, Re3cube sterilizza e compatta i rifiuti pericolosi nel luogo e nel momento stesso in cui gli operatori li producono, trasformandoli in combustibile da rifiuto (CdR). Collegato ad un centro di controllo remoto (device IoT) ne monitora il funzionamento, ne assicura l’affidabilità e provvede automaticamente agli adempimenti normativi. «Per proiettarsi verso le sfide che ci attendono nei prossimi anni e costruire un futuro sostenibile – ha dichiarato Paolo Peveraro, presidente Iren, main sponsor del premio – è fondamentale investi-

re in innovazione e ricerca. Iren ritiene che lo sviluppo e la crescita dei propri business possano trarre un grande giovamento dal confronto e dalla collaborazione con startup innovative, ambiziose e supportate da progetti imprenditoriali solidi, ed è per questo che supporta per il terzo anno consecutivo il Pni, una vera palestra nella quale ricercare idee e talenti».

InForMAZIonE Il premio growITup Ict (tecnologie dell’informazione e dei nuovi media) si chiama Cubbit (startCup, Emilia Romagna) ed è un piccolo server domestico: collega gli hard disk esterni per trasformarli nello spazio cloud più innovativo, sicuro ed economico che esiste sul mercato. «Con una particolarità: più se ne connettono e più spazio si occupa, meno si paga – specifica l’amministratore Marco Moschettini - per ogni tera bite connesso si ottengono 500 gb di puro cloud. Presenta inoltre vantaggi rispetto al cloud tradizionale: quando si spegne il device, ad esempio, i file continuano a sincronizzarsi e nessun altro può accedere e gestire i dati personali salvati». Grazie ad un algoritmo di ridondanza distribuita dei dati, tutti i Cubbit comunicano tra di loro e creano il «cloud distribuito»: una rete orizzontale intelligente che abbatte i costi di mille volte, perché non ha bisogno di giganteschi server centrali per funzionare. Sono già in corso partnership con dPixel, Aster, Luiss Enlabs, gruppo Barletta e confindustria Re. «Siamo orgogliosi di partecipare a que-

A Modena è stato fondato lo spin-off del primo prodotto farmaceutico a base di cellule staminali umane GENNAIO/FEBBRAIO 2017

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Premiato anche un progetto per sviluppare tecnologie per la creazione di beni primari derivati dall’acqua di mare e per la produzione di acqua dolce e per il recupero del magnesio.

sta importante iniziativa volta a favorire il processo di trasformazione digitale del nostro paese – sottolinea Enrico Noseda, partner di growITup, main sponsor del premio – poiché sposa la filosofia di growITup, nata per supportare l’eccellenza italiana e accelerare la crescita dell’ecosistema delle startup più innovative. Per questo motivo abbiamo scelto di sostenere ancora una volta il talento delle nuove generazioni e far toccare con mano il reale valore dei servizi più innovativi in ambito tecnologico».

BANCHE Il premio Bper banca Industrial (produzione industriale innovativa dal punto di vista tech o di mercato) è stato assegnato a ResourSeas (StartCup Sicilia) che ha ideato un ciclo integrato che dal mare produce acqua dolce, sale, idrossido di magnesio ed energia, questi ultimi con tecnologie innovative messe a punto in recenti progetti di ricerca. L’obiettivo è sviluppare tecnologie per l’integrazione di processi volti a produrre beni primari dall’acqua di mare, quali dissalazione per la produzione di acqua dolce, cristallizzazione frazionata per la produzione di sale, precipitazione reattiva per il recupero di magnesio e tecnologie Sgp per la generazione di energia dalle salamoie in uscita. Un’attenzione particolare è rivolta al concetto di recupero e valorizzazione delle correnti di scarto di ciascun processo, riutilizzate come fonti alternative di materie prime ed energia. In particolare, il business plan si sviluppa intorno alla fase più promettente del ciclo integrato: il recupero di magnesio (classificato dalla UE come critical raw material per l’elevato supply risk) dalle salamoie di scarto di salina. «Le attività legate alla valorizzazione di salamoie di scarto sono di grande attualità ed interesse –

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ha commentato il Ceo e ricercatore Andrea Cipollina – tanto che la redazione di SuperQuark vi ha incentrato il documentario Tv «Energia dal Sale» dello scorso agosto (dal 41’)». «Bper Banca ha sempre avuto un occhio di riguardo al mondo dei giovani e alle loro esigenze – afferma Pierpio Cerfogli, vice direttore generale di Bper Banca, main sponsor del premio – e lo fa in particolar modo oggi, in una realtà sempre più complessa, intervenendo con iniziative che possano accompagnarli in un mondo in continua mutazione. Sono infatti loro il motore di queste trasformazioni e il nostro Istituto vuole essere al loro fianco sostenendo la crescita economica e imprenditoriale ad alto contenuto innovativo, dei territori serviti». Il Pni2016 ha visto inoltre l’assegnazione di due Menzioni e di diversi premi speciali: menzione speciale «Social Innovation»- Global Social Venture Competition: Atlas (startCup Marche) e Glassense (startCup Liguria) che ottengono l’ammissione diretta alla fase finale della Global Social Venture Competition, organizzata in collaborazione con startup Initiative. Menzione speciale «Pari Opportunità» – Mip Politecnico di Milano istituita con l’obiettivo di favorire l’imprenditorialità femminile è stato assegnato a Robot4children per un valore di 10.000 euro (startCup Puglia), secondo premio da 6.000 euro a Bixbis (startCup Calabria). I riconoscimenti saranno erogati sotto forma di servizi che garantiranno ai team vincitori la possibilità di accedere, sino al concorso della cifra vinta, ai corsi di formazione executive erogati dal Mip Poli-tecnico di Milano Graduate School of Business attraverso la Mip Management Academy. Premio speciale Franci@Innovazione attribuito dall’Ambasciata di Francia in Italia e vinto da Co-Robotics (StartCup

Toscana), Foodsence (StartCup Veneto), Musa (StartCup Lombardia), Sphera (StartCup Veneto), avranno la possibilità di soggiornare in Francia, presso un incubatore interessato al progetto, di esplorare le possibilità d’internazionalizzazione. Premio speciale «Innovation Award» – attribuito dal department for International Trade (Dit) dell’Ambasciata Britannica vinto da Musa (startCup Lombardia), che include l’opportunità di presentare la propria tec-


nologia di fronte ad un’audience di imprenditori partecipanti al programma Elite di Borsa Italiana – London Stock Exchange. Premio speciale UniCredit start Lab vinto da Panoxyvir (StartCup Piemonte Valle d’Aosta) che sarà seguita attraverso un percorso di mentoring, coaching, relationship managers e business meeting, oltre ad ottenere la parte-

cipazione alla startup Academy. Premio speciale «Seua2016 – startup europe Awards 2016 – Italy Edition» attribuito da Startup Europe Alliance e vinto da Panoxyvir (StartCup Piemonte Valle d’Aosta) – vincitore Pni 2016 – che consisterà nell’accesso diretto alla finale Seua di Bruxelles, che si terrà durante il primo trimestre 2017, durante la qua-

le verranno elette le 8 migliori startup d’Europa. Il premio speciale Shark Bites vinto da Megaride (StartCup Campania), avrà a disposizione un investimento azionario per un valore massimo di 50.000 euro, condizionato all’esito positivo dei successivi processi di due diligence e negoziazione, condotti da Shark Bites.

Trovato anche un sistema per il riciclo dei rifiuti GENNAIO/FEBBRAIO 2017

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E non finisce qui... All’Hotel Principe**** puoi trovare animazione gratuita per i bambini e cena in saletta dedicata ai più piccini, assistiti dalla nostra animatrice Viviana. L’Hotel si trova a pochi passi dagli impianti di risalita del comprensorio sciistico “Riserva Bianca” in una posizione unica Al Limone Palace*** puoi trovare la comodità della posizione centralissima, del servizio navetta gratuito messo a disposizione dalla struttura per le piste da sci, dei vantaggi di un Residence con le caratteristiche di un Hotel ad un prezzo eccezionale Via Genova 45 12015 Limone Piemonte (CN) Tel. (+39) 0171 92389 Fax (+39) 0171 927070 info@grandhotelprincipe.com

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Eni: 3.500 studenti in alternanza scuola-lavoro,175 apprendisti 1°livello I numeri dei progetti nel triennio 2016-2018 Roma - Un totale di 3.500 studenti coinvolti nell’alternanza scuola-lavoro nel triennio 2016-2018, di cui 1200 già nel 2016. E ancora 175 apprendisti di 1° livello, con 140 contratti già avviati quest’anno. Sono alcuni dei numeri raggiunti da Eni con le iniziative di integrazione scuola-lavoro previste dal protocollo d’intesa siglato da Eni con il ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca e il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Il protocollo, firmato l’8 giugno 2016, e successivamente ampliato lo scorso 25 luglio, l’opportunità data da Eni agli studenti dei licei e degli Istituti tecnico-professionali di avvicinarsi al mondo del lavoro e di conoscere più da vicino le principali attività e le competenze richieste da un grande gruppo industriale del settore Oil&Gas. I progetti di alternanza scuola-lavoro messi in campo dal Gruppo energetico consistono in una serie di attività diverse: percorsi didattici su tematiche organizzative, tecniche e gestionali specifiche di Eni, visite di studio nei siti Eni, workshop volti a individuare le competenze personali necessarie per l’inserimento nei contesti lavorativi, corsi in modalità elearning per approfondire la conoscenza di Eni e del mondo dell’energia. L’iniziativa nel triennio 2016/18 andrà ben oltre l’impegno di 2.300 studenti assunto nel protocollo di intesa con i ministeri. Il progetto di apprendistato di primo livello, invece, ha visto già l’attivazione di 140 contratti a favore di studenti degli ultimi due anni delle scuole superiori, rispetto all’impegno preso di stipula di

175 contratti, sottoscritto nel protocollo di intesa con i ministeri. Gli studenti stanno iniziando un’esperienza che li introduce nel mondo professionale dell’energia, e sono stati assunti nei siti di Viggiano (Pz), Gela (Cl), Sannazzaro de’ Burgondi (Pv), Livorno, San Donato Milanese (Mi), Ravenna e Venezia. Ed Eni è una delle tre aziende vincitrici della XII edizione del concorso nazionale «Orientagiovani 2016», lanciato da Confindustria. Eni è stata premiata per il suo investimento in formazione e orientamento, realizzato attraverso una serie di iniziative integrate, recentemente arricchite in maniera importante dal progetto alternanza scuola-lavoro e dal progetto di apprendistato di primo livello. Eni è stata inoltre riconosciuta dal Miur tra «I Campioni dell’Alternanza», un gruppo di 16 organizzazioni - aziende grandi e medie, ordini professionali e terzo set-

tore - che si sono distinte nella diffusione dell’alternanza attraverso progetti di qualità. Già negli anni scorsi Eni poteva contare su una tradizione di collaborazione con il mondo formativo, in particolare con quello universitario. Il colosso energetico ha attivato da diversi anni 6 percorsi tra master di II livello e lauree magistrali in ambito Oil&gas, cui contribuisce con docenze, workshop, stage, supporto per elaborazione di tesi e l’erogazione di circa 100 borse di studio all’anno. Tutto ciò si colloca nel solco della lunga tradizione Eni di attenzione al mondo della formazione, autorevolmente rappresentata dalla scuola Mattei, istituita dal fondatore e primo presidente Eni Enrico Mattei, che quest’anno ha celebrato il suo 60° anno accademico e che ha finora formato circa 2900 studenti di 110 diverse nazionalità.


TERRITORIO

Aircom, dal Canavese parte l’«industria 4.0» Il case history dell’azienda piemontese che produce pistole automatiche a spruzzo destinate ai settori della conceria, del legno, del vetro e della plastica. Con lo sguardo rivolto al futuro e all’innovazione MINO PROCACCI

l Canavese è un’area collocata nella parte nord occidentale della provincia di Torino, dal punto di vista economico ed industriale ha seguito, e spesso anticipato, tutte le principali evoluzioni produttive: dalla meccanica, all’elettronica, all’informatica, alle telecomunicazioni, ai servizi all’impresa ed alle persone. Questa fama e queste competenze, dovute in passato principalmente alla presenza della Olivetti e del settore degli stampi e delle macchine utensili, non sono andate disperse ed oggi sono racchiuse in centinaia di piccole medie e grandi imprese che continuano a generare prodotti di qualità e servizi specializzati e che

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si occupano di meccatronica, meccanica di precisione, parti per automotive, informatica, stampaggio plastica, biologia e scienze della vita, produzioni televisive e progetti di entertainment, e molto altro ancora, in una visione di industria 4.0. Per poter oggi essere competitivi su scala mondiale è diventato sempre più strategico massimizzare le fasi produttive, seguendo il modello della lean production, garantendo al tempo stesso qualità e sicurezza

tanto nei processi quanto nei risultati finali, grazie ad ingenti investimenti in R/D e a valutazioni performanti dei prodotti attraverso la garanzia delle certificazioni e un approccio imprenditoriale votato al rispetto dell’ambiente e alla promozione di comportamenti etici. Tra le realtà imprenditoriali fortemente votate al 4.0 e promotrici di una visione aziendale che vede al centro la valorizzazione del capitale umano da una parte e lo sviluppo di comportamenti etici e sostenibili dall’altra, c’è la Aircom, azienda che produce pistole automatiche a spruzzo per i settori della conceria, del legno, del vetro, della plastica. L’azienda è guidata da una giovane manager, Annapaola Trione che con tenacia e spirito innovativo, ha portato la Aircom ad essere leader nel suo settore. Con lei Espansione ha parlato di storia, strategia e progetti. Come nasce Aircom? La nostra attività ha alle spalle oltre 50 anni di storia nel settore conciario. Tutto nacque a metà degli anni ‘60 grazie all’intuizione di un giovane imprenditore che iniziò a costruire impianti e attrezzature per

Fasi produttive decisive per essere competitivi

Il Canavese si è sempre distinto per una produzione di elevato livello tecnologico e di qualità. Ora, dopo un periodo di difficoltà, l’economia del territorio è in ripresa

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il trattamento delle pelli. Nasce così una piccola realtà imprenditoriale che nel 1973 viene trasformata in A.PNE.S. S.N.C. e nel 1989 in A.PNE.S. Srl. Nel 1993, per motivi di età e per mancanza di eredi del titolare, l’attività viene ceduta ad un gruppo di soci già operanti nel settore meccanico ed in quello della conceria. A luglio del 1996 viene accettata dal ministero dell’Industria del Commercio e dell’Artigianato la domanda di deposito di Aircom come marchio registrato attraverso il quale l’azienda commercializza i propri prodotti in tutto il mondo». Quindi nel dettaglio di cosa si occupa la Aircom? «Forte della lunga tradizione di forniture per il settore conciario, ma non solo, negli ultimi anni l’azienda si è aperta anche verso altri mercati, come quello del legno, del vetro, della plastica, dell’industria dei metalli. Attualmente l’azienda continua a crescere esportando oltre i 2/3 della propria produzione. Core business sono le pistole automatiche per spruzzatura intorno alle quali l’azienda ha sviluppato nel corso del tempo una strategia produttiva diversificata e vincente, esclusivamente Made in Italy. Investimenti in nuove tecnologie e in ricerca e sviluppo hanno consentito infatti di produrre pezzi non standardizzati, fortemente competitivi sui mercati internazionali, sicuri e certificati, e curati nei dettagli estetici oltre che nella loro versatilità funzionale». Fare impresa oggi significa confrontarsi con un mercato sempre più rapido, esigente, fortemente innovativo. Come si riesce ad essere competitivi oggi, in Italia e all’estero, viste tutte queste variabili? «Nei processi industriali, qualunque essi siano, per poter competere a livello internazionale ed essere riconosciuti come brand affidabili e sicuri, occorre investire in strategie produttive integrate. La ricerca e sviluppo è origine di tutte le innovazioni di prodotto, processo e organizzazione che stanno alla base del successo commerciale e re-

A sinistra: Annapaola Trione, la giovane manager che ha portato Aircom (in alto, un’immagine della sede) a diventare leader del settore di riferimento

putazionale di ciascuna organizzazione. I prodotti marchiati Aircom, oltre ad essere unicamente realizzati in tutte le fase produttive in Italia, sono sicuri ed affidabili grazie alle continue certificazioni che l’azienda richiede, al fine di garantire il massimo standard di performance del propri prodotti. I test e le periodiche misurazioni che Fraunhofer IPA, tra i più importanti enti di certificazione internazionale, compie sui nostri prodotti rappresenta la migliore risposta sul mercato in termini di sicurezza e di fiducia produttiva. Non servono troppo parole, quello che rende un prodotto migliore rispetto ad un altro, è la capacità di essere valutato per com’è, offrendo le più ampie

e comprovate referenze tecniche ed esperienziali. La nostra azienda si fida molto del proprio prodotto, perché tutto quello che esce dalla nostra azienda è sicuro, competitivo ed esteticamente bello, e se parliamo di pistole automatiche a spruzzo, non è un’affermazione affatto». I temi della sostenibilità e della buona reputazione anche grazie alle certificazioni di sicurezza sono una cartina di tornasole che contraddistingue un processo produttivo innovativo e competitivo rispetto ad un modello tradizionale. Quali risposte offre il vostro settore in questo ambito? «È sempre più in uso, anche in ambito industriale, il termine “sostenibilità”, non sempre però il comportamento tenuto o le strategie adottate dalle imprese è allineato al reale significato di questo termine. Lo sviluppo sostenibile ha come obiettivo quello di soddisfare i bisogni del presente, “preparando il terreno” per quello che sarà il domani pro-

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Sopra, la storica sede dell’Olvetti. A destra, una veduta della città di Ivrea, che è il centro più importante del Canavese

duttivo, pertanto è fondamentale esplicitare il termine “sostenibilità” su due livelli di visione: una più ampia, che comprende al suo interno lo sviluppo sociale, oltre che quello economico ed ecologico, e una più ristretta che si riferisce invece quasi esclusivamente agli aspetti di gestione ambientale e alle risorse, delle quali si teme l’esaurimento nel tempo, non a caso in occasione della conferenza del G20, svoltasi nel settembre 2016, Usa e Cina hanno ratificato l’accordo di Parigi secondo il quale tutti i Paesi si impegneranno entro il 2030 a diminuire di sei volte loro emissioni climalteranti. Quello dell’impresa responsabile è uno dei temi più attuali che si sta affacciando sul panorama della gestione e della politica aziendale. Il modello di business dell’azienda, tradizionalmente strutturato per correlarsi con un piccolo numero di soggetti conosciuti e con bisogni “recintati”, si trova oggi a confrontarsi con uno scenario molto più ampio e diversificato, dove tutto è più veloce, dove la reputazione e la credibilità vengono influenzate da variabili spesso indipendenti dal mero meccanismo produttivo. Quello che conta quindi è avere una visione allargata e una sensibilità allineata al mercato globale. Per le industrie manifatturiere, la sostenibilità ambientale e la sicurezza dei propri processi di produzione, sono correlati in massima parte, a due dei tre flussi che le “attraversa-

no” durante lo svolgimento delle loro attività economiche: quello di energia e quello di materiali, a cui si affianca quello delle informazioni. Facciamo riferimento ad esempio all’industria conciaria italiana, settore che detiene una posizione di indiscussa leadership a livello internazionale e i cui prodotti sono noti in tutto il mondo per la qualità della lavorazione e lo stile. Nonostante la forte concorrenza e un grande problema di contraffazione, l’Italia realizza oltre il 50% della produzione europea e oltre 1il 15% di quella mondiale (fonte Unic, Unione Nazionale Industria Conciaria). Il comparto della concia italiana, coerentemente con la struttura del sistema manifatturiero nostrano, pensiamo ad esempio al legno, alla plastica, al vetro, è fortemente radicato sul territorio, e questo rappresenta un plus in termini di credibilità ed alto valore aggiunto del made in Italy, grazie ad una tradizione fortemente “artigianale”. Ciò però non deve indurre nell’errore di sottovalutare le esigenze e le sensibilità di un mercato globale che ricerca qualità, competitività ma anche prodotti sicuri e rispettosi dell’ambiente. Questa variabile sta poco a poco diventando un importante fattore di competitività, un ulteriore valore aggiunto immateriale per le produzioni italiane, specie in un momento di difficoltà economica come quello attuale. L’innovazione tecnolo-

gica legata ai temi dell’ambiente e della sicurezza, è, infatti, una scommessa ragionevole per un’imprenditoria matura ed è un elemento che concorre ad incrementare la percezione di qualità che è solitamente associata alle produzioni del manifatturiero italiano. Tuttavia, se è pur vero che la sensibilità ambientale inizia a diffondersi presso alcune fasce di consumatori, è altrettanto vero che molto resta da fare affinché gli investimenti green si traducano in un ritorno economico sul mercato e in un effettivo asset competitivo per le imprese del settore. Nell’ultimo ventennio, anche sotto la spinta di una normativa sempre più stringente, il comparto della conceria ad esempio ha investito in diverse iniziative atte a ridurre l’impatto ambientale - come emerge dal Rapporto Socio-Ambientale dell’Unione Nazionale Industria Conciaria - soprattutto in relazione alle fasi del processo conciario che presentano le maggiori criticità, ossia gestione delle acque, produzioni di rifiuti ed emissioni in atmosfera. Si tratta quindi di considerare il sistema produttivo come un vero e proprio ciclo di vita, dove i termini sicurezza e rispetto per l’ambiente, di lavoro ed esterno, rappresentino un vero e proprio codice comportamentale, puntando alla creazione di un valore condiviso atto a creare, potenziare, monitorare, credibilità, reputazione e consenso».

«Decisivi sono stati gli investimenti in ricerca e sviluppo» 42

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ECONOMIA E TERRITORI

Mauro Zangola Economista

Sviluppo, per tornare al passato, bisogna investire sui giovani ei giorni scorsi l’Istat ha pubblicato i dati sui conti economici territoriali che forniscono preziose informazioni sulla stato di salute delle nostre regioni e delle nostre provincie La regione con il più alto Pil per abitante è la Provincia Autonoma di Bolzano con 41mila euro, seguita dalla Lombardia(35.900 ) e dalla Provincia Autonoma di Trento(34.600 ) Ai piedi del podio c’è la Valle d’Aosta con 34.300 euro. Fra le altre regioni del Centro Nord non se la passano male gli abitanti dell’Emilia Romagna e del Lazio con valori superiori ai 30mila euro mentre sorprende non poco la perdita di peso di alcune regioni importanti come il Friuli Venezia Giulia e il Piemonte situate agli ultimi due posti della top ten. La disponibilità di serie storiche, dal 1995 ad oggi, consente di verificare se e come è cambiata la geografia economica del nostro Paese, con particolare riferimento alle aree più industrializzate del Centro Nord. Vent’anni fa al vertice della graduatoria c’era la Valle d’Aosta, seguita dalla Provincia Autonoma di Bolzano e dalla Lombardia Ai piedi del podio l’Emilia Romagna e la Provincia Autonoma di Trento Come si può vedere la situazione ai vertici non è cambiata ; andavano un po’ meglio il Veneto(6^) e il Piemonte ((8^) mentre agli ultimi posti della top ten erano finiti il Friuli Venezia Giulia e la Toscana. Il fascicolo sui conti economici territoriali dell’Istat contiene anche informazioni interessanti sulla vitalità delle provincie misurata attraverso il valore aggiunto pro capite. Ai vertici di questa graduatoria troviamo Milano, seguita a debita stanza da Bolzano e Bologna e con valori abbastanza simili da Modena, Firenze, Parma, Roma Trento e Aosta e Genova. Nella graduatoria delle prime venti province non troviamo due importanti capoluoghi come Torino e Venezia scesi rispettivamente al 24esimo e al 25esimo posto .Negli ultimi 10 anni la situazione non è cambiata . Ai vertici

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della graduatoria ci sono le stesse province ; è peggiorata la situazione di Genova mentre non è migliorata la performance di Torino e Venezia. Quali indicazioni trarre da queste graduatorie apparentemente fredde? Va detto, innanzitutto, che al di fuori dei livelli apicali, il divario tra i livelli di reddito o di valore aggiunto pro capite delle varie realtà sono contenuti con la conseguenza che le stesse graduatorie possono cambiare anche rapidamente soprattutto quando non è troppo complicato migliorare la propria performance. Il fatto tuttavia che alcune situazioni non particolarmente esaltanti rimangano cristallizzate nell’arco di periodi anche lunghi deve far riflettere per ricercare cause e rimedi. Fra le aree più industrializzate i casi più eclatanti sono quelli di Torino e del Piemonte alle prese con una strutturale incapacità di creare posti di lavoro. Per risalire la china e tornare ai fasti del passato la ricetta è una sola; tornare ad investire nei giovani, nelle infrastrutture, nell’innovazione e nei settori più promettenti.

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INNOVARE A cura di STEFANO BRESCIANI E GIUSEPPE TARDIVO

stefano bresciani Professore Associato di Economia e gestione dell’innovazione, Dipartimento di Management, Università di Torino

Big Data, la sfida per il futuro Lo strumento consente di conoscere in anticipo le abitudini dei clienti a quantità di dati oggi disponibile in tutti i settori è, grazie al miglioramento continuo della tecnologia, in continua crescita. In un mondo dove milioni di persone sono costantemente connesse alla rete con i propri dispositivi elettronici e dove l’utilizzo di carte di pagamento è in continua crescita, la sfida per le imprese non è più rappresentata dalla ricerca di dati su singoli consumatori o imprese, ma sulla capacità di utilizzare tutte le informazioni a disposizione per elaborare, analizzare e individuare le più corrette strategie di aggressione del mercato. Si pensi, ad esempio, all’incredibile fonte di informazioni rappresentata dalla navigazione di un utente. Grazie alla tecnologia, infatti, è possibile conoscere i suoi precedenti acquisti, i prodotti ricercati e valutati, il tempo trascorso nella ricerca di informazioni su un prodotto, e così via. In questo modo sarà possibile suggerire a quell’utente il prodotto più adatto ai suoi scopi, più vicino ai suoi gusti, quello che più lo attira o interessa, magari spingendolo a comprare non solo nel caso di una necessità momentanea o permanente, ma anche per un semplice impulso.Come è facile intuire, quindi, il settore bancario/ creditizio è particolarmente interessato al tema. Molti player del settore stanno da alcuni anni iniziando a capire le enormi potenzialità derivanti dall’utilizzo dei Big Data e, quindi, a investire in tal senso. In tale scenario, infatti, solo chi è in grado di imparare a sfruttare dati disaggregati per trarne informazioni utilizzabili nelle strategie di investimento può pensare di restare sul mercato e continuare a competere con efficienza e flessibilità, cogliendo i rischi potenziali e le nuove opportunità. Negli ultimi anni molti gruppi bancari hanno iniziato a studiare nuove strategie di elaborazione dei dati, in modo da poter anche trarne un profitto. American Express vende studi di marketing basati sui propri dati clienti con una società specializzata (American Express Business Insights). ANZ Bank ha ampliato e velocizzato i servizi offerti ai clienti corporate: prima erano necessari diversi meeting con il cliente per stabilire le azioni da intraprendere, oggi invece, trami-

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te i Big Data, la banca prepara in anticipo piani specifici e dettagliati da presentare alle aziende clienti. Visa ha conseguito risparmi per 2 miliardi di dollari grazie ai Big Data: sono stati sviluppati 16 diversi modelli analitici, invece di solo uno, che consentono - rispetto ad una singola transazione - di analizzare 500 aspetti invece di 40. Intesa Sanpaolo ha rivisto la qualità della relazione con i clienti, usando modelli analitici per monitorare frequenza, intensità e efficacia del rapporto con il cliente. UniCredit dispone invece di tecnologie di analisi del dato per predeterminare offerte e condizioni contrattuali per i prestiti personali. Le banche, tuttavia, devono guardare con attenzione alla minaccia proveniente dalle nuove start up Fintech. A questo proposito, The Inovation Group fornisce numerosi esempi. Piattaforme di social lending come Lending Club quando devono concedere un prestito assegnano un rating ad ogni utente. Il rating viene calcolato tenendo conto, oltre che dei normali parametri, anche dei Big Data legati al profilo social del richiedente, incrociati con i pagamenti mobile, stile di vita, relazioni, desideri e acquisti con carte di credito. Lenddo, un pioniere Fintech del settore, utilizza algoritmi in grado di fornire una valutazione esatta della solvibilità dell’eventuale debitore esaminando la sua attività sui social media e le raccomandazioni di amici e parenti. Zestfinance, creata nel 2009 da ex dipendenti Google, fornisce informazioni sulla capacità degli individui di ripagare i debiti mediante strumenti di Big Data analysis con funzione di auto-apprendimento. Attraverso l’analisi di migliaia di variabili che vanno dai dati finanziari all’uso dei social network del richiedente del prestito, gli algoritmi e i modelli predefiniti sono in grado mediamente di determinare il rischio di insolvenza del soggetto con un indice di efficacia superiore al 40% rispetto ai metodi tradizionali di scoring con costi inferiori del 30%. I Big Data rappresentano a tutti gli effetti, quindi, una scelta obbligata per gli operatori del settore bancario e una delle maggiori sfide per la crescita futura.



a cura di

Arriva il packaging «attivo» per la frutta e per la verdura Un imballaggio che «salva» fino a 850mila tonnellate di prodotto all’anno Lotta al food waste? La rivoluzione arriva dal packaging antispreco. Si tratta di cassette in cartone ondulato che, grazie all’aggiunta di una miscela concentrata di oli essenziali naturali, risultano in grado di contrastare la deperibilità del prodotto che contengono. Con un risparmio per l’ortofrutta italiana fino a un miliardo di euro per circa 850mila tonnellate di prodotto che eviterebbero la pattumiera: il 10% della frutta e verdura consumata in un anno. Merito del nuovo Cartone Ondulato degli imballaggi «Attivi» di Bestack, un packaging innovativo che il consorzio non profit dei produttori italiani di imballaggi in cartone ondulato per ortofrutta ha messo a punto dopo un percorso di ricerca in sinergia con l’Università di Bologna. L’innovazione, risultato di oltre cinque anni di ricerche sviluppate dal Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroalimentari di Cesena, nel corso del 2016 è stata applicata nei punti di vendita al consumo del gruppo Agrintesa, dove sono stati misurati i benefici in termini di freschezza nel tempo del prodotto, di riduzione degli scarti alimentari e di mantenimento delle proprietà organolettiche. Si tratta del primo studio in assoluto di tale portata, i cui dati sono stati rilevati misurando la freschezza di fragole, albicocche e nettarine e l’evoluzione della carica batteri-

ca di questi frutti confezionati in Cartone Ondulato Attivo, in tutti gli stadi della filiera, dal magazzino di confezionamento fino alla tavola del consumatore, passando per il reparto ortofrutta, per tre mesi. Nel dettaglio, lo studio universitario ha dimostrato, in prima battuta, che frutta e verdura durano da 2 a 3 giorni in più se confezionate in cartone ondulato. La seconda fase di studio si è concentrata sull’analisi comparativa, nella catena di punti vendita del gruppo Agrintesa, tra l’imballaggio in cartone ondulato tradizionale Bestack e quello attivo, ‘potenziato’ con una soluzione concentrata di oli essenziali naturali (oggetto del brevetto). In tre mesi sono state fatte 4.500 analisi e 200 campionamenti su fragole, albicocche e nettarine. Le ricerche hanno dimostrato che l’utilizzo di imballaggi attivi ha consentito, in tutte le condizioni di temperatura, ma specialmente nei periodi più caldi, di contrastare la prolife-

razione di organismi degradativi. La quantità di prodotto da scartare si è ridotta dal 13 all’8% per le fragole, dal 18 al 13% per le albicocche e dal 25 al 20% per le nettarine. Inoltre è emerso che i prodotti ortofrutticoli guadagnano in shelf life da uno a un giorno e mezzo in più con gli imballaggi attivi. Risultato: un risparmio annuo stimato in più di 190 milioni di euro e ben 115mila tonnellate di fragole, albicocche e nettarine salvate dallo spreco. Nel 2017 l’utilizzo degli imballaggi in Cartone Ondulato Attivo verrà applicato in tutte le molteplici modalità distributive tipiche dell’ortofrutta. «Dalla grande distribuzione estera, tedesca in primis, all’export di ortofrutticoli verso il Far East, dai mercati generali al retailer italiano di piccole dimensioni, fino a un test sul canale e-commerce», rivela il direttore di Bestack, Claudio Dall’Agata. Il brevetto Bestack si inserisce nel solco della nuova normativa anti spreco, la legge 166/2016, entrata in vigore il 14 settembre scorso. «Oggi la ricerca scientifica consente di proporre sul mercato imballaggi intelligenti, in grado di allungare la vita dei prodotti agroalimentari, senza alterarne la qualità. Anzi, mantenendola più a lungo», dichiara Maria Chiara Gadda, relatrice e prima firmataria della legge contro gli sprechi.


SAGAT_195x265.pdf 1 08/02/2017 15:32:42

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OLBIA Meridiana e Volotea ORADEA Blue Air

LAMPEDUSA Volotea LISBONA Blue Air

PALMA DI MAIORCA Blue Air e Volotea PANTELLERIA Volotea

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Inoltre è possibile raggiungere con voli charter le destinazioni Minorca, Palma di Maiorca, Creta, Rodi (Gruppo Alpitour e Settemari) e Ibiza (Gruppo Alpitour).

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FINANZIAMENTI E LAVORO

Manager «investigatori» Le aziende li vogliono così Le retribuzioni oscillano tra 30 e 100mila euro all’anno. Ma spesso sono occasionali. Il più pagato è il settore degli approvvigionamenti ANdREA CoSTA costa@newspapermilano.it

i lavoratori è sempre più richiesta l’analisi del rischio d’impresa, ma soprattutto la capacità di prevedere scossoni, dissesti e momenti difficili. Il personale non è all’altezza? L’acceso al credito sarà più complicato e costoso? Guardare il futuro con sei mesi di anticipo può salvare un’azienda ed è per questa ragione che sono richieste competenze sempre più specializzate. Quasi divinatorie. A queste professionalità vengono garantiti salari che oscillano da 30 a 100.000 euro l’anno. Negli ultimi anni, si è assistito a un cambiamento delle figure professionali, che si indirizzano sempre più verso una maggiore specializzazione e professionalità. A guidare i trend degli annunci di lavoro in Italia sono la crescente digitalizzazione delle attività aziendali e l’innovazione tecnologica, il numero crescente di dati disponibili, la conseguente capacità di gestirli e l’automatizzazione. In linea generale, ai lavoratori è richiesto di abituarsi a forme di lavoro flessibili, consulenze, temporary management e microimprenditorialità. Questo almeno è quanto emerge dal report di Kelly Service Italia, azienda specializzata nelle ricerche di mercato.

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analizzarli e fare previsioni. Gli analisti devono avere la capacità di orientarsi tra milioni di informazioni contenute all’interno dei sistemi aziendali e di individuare il dato utile a risolvere qualsiasi tipo di problematica. È richiesto un background nel settore ingegneristico e informatico. Completano il profilo la passione per la tecnologia e la capacità/volontà di mantenersi sempre aggiornati sugli ultimi trend del settore. I range retributivi variano in base alla seniority, con un minimo indicativo di 24/25 mila euro. Il business Intelligence manager ha il compito di individuare e sviluppare metodologie di ricerca e analisi innovative per garantire un’interpretazione esaustiva del mercato e delle sue dinamiche per la pianificazione strategica aziendale. Svolge un ruolo fondamentale di supporto dei processi di decision making della business unit di riferimento, attraverso il monitoraggio dello scenario competitivo, raccogliendo ed analizzando informazioni utili per comprendere il mercato, i comportamenti dei consumatori e le future opportunità di business, preparando modelli di market forecasting. Il range retributivo è dai 50.000 ai 75.000 euro per investigatori ai quali è richiesto di non sottovalutare anche il minimo dettaglio.

IL SECURITY MANAGER. ANALISTI/BUSINESS INTELLIGENCE MANAGER. Si tratta di profili in grado di gestire dati,

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Poi c’è il security manager che mette in campo la propria preparazione tecnicoscientifica al fine di garantire e protegge-

re i dati su Internet, Intranet e reti. Il settore è delicato. Un sistema non protetto può favorire l’accesso alle banche dati delle aziende rubando informazioni o danneggiandole dal punto di vista economico e dell’immagine. Per questa ragione deve mantenersi costantemente aggiornato sia per quel che concerne i pericoli nella rete, ma anche in tema di sicurezza, intesa come tutela della privacy o legislazione inerente i crimini informatici. Inoltre, il security manager deve essere in grado di elaborare e di adoperare tecniche di analisi dei rischi, in modo da prevedere le situazioni di pericolo e da ridurne gli eventuali danni. Un’altra mansione di sua competenza è la valutazione del rapporto costi/benefici per gli interventi di tutela aziendale. Integrità morale e formazione culturale adeguata completano il profilo. Il range retributivo è dai 40.000 ai 60.000 euro.

AREA SUPPLY MANAGER Il dirigente che garantisce l’approvvigionamento della merce invece è un profilo già richiestissimo nel 2016, che continuerà ad esserlo per il 2017, una figura che interagisce con le funzioni di produzione, di vendita e di distribuzione e riporta direttamente alla direzione dell’azienda. Ed è quello che in teoria ha più prospettive di guadagno. Il supply chain manager ha un raggio d’azione più ampio e completo della logistica intesa in senso tradizionale. Oltre ad ottimizzare i flussi materiali (beni) e quelli immateria-


li (informazioni), la figura ha come obiettivo una gestione integrata dei processi logistici, deve considerare tutte quelle attività quali l’approvvigionamento, la movimentazione e lo stoccaggio dei beni, ma anche la pianificazione della produzione, la gestione degli ordini, il controllo degli stock, il servizio ai clienti. Il range retributivo varia dai 75.000 ai 100.000 euro più variabile.

AREA SALES Sono profili sui quali le aziende (dalla srl

alla spa e dalla piccola azienda alla grande multinazionale) investono sempre per spingere sulle vendite e per aumentare il fatturato. All’interno di quest’area distinguiamo diverse figure, tra cui l’area sales manager e il field manager. Il primo è un gestore di risorse, ha la responsabilità dei risultati economici dell’area assegnata in termini di fatturato, margini e budget. Gestisce figure commerciali e definisce la strategia commerciale dell’area. Solitamente si tratta di Quadri con un range re-

tributivo tra i 45.000 e i 70.000 più variabile e benefit aziendali. Il field seles, invece, sviluppa le vendite sull’area assegnata, seguendo in prima persona le attività di gestione del cliente, sviluppo di potenziali clienti e di upselling. Determinazione verso il raggiungimento dell’obiettivo, capacità di negoziazione, ottime doti relazionali, flessibilità e dinamismo, autonomia nell’organizzazione del proprio lavoro e, quando necessario, lavorare all’interno di un team sono le soft skills richieste

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FINANZIAMENTI E LAVORO

Per quasi tutti i profili serve la laurea per questa figura. Il range varia, a seconda della seniority, da 28.000 a 40.000 euro più variabile.

AREA AMMINISTRAZIONE FINANZA E CONTROLLO È il tipico profilo che caratterizza le società di consulenza manageriale. Si tratta di una figura molto ricercata sul mercato, che richiede una visione interfunzionale ed interaziendale delle problematiche amministrative, finanziarie e di controllo, nonché la conoscenza degli strumenti messi a disposizione dall’information technology e dalle metodologie di analisi del business. I profili più ricercati hanno 3 o 4 anni di esperien-

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za su attività legate al ciclo contabile e all’area controlling/reporting. È richiesto inoltre un background anche minimo in termini di gestione di team di lavoro e di coordinamento progetti. Un’ottima conoscenza della lingua inglese, una laurea ad indirizzo economico (plus diploma di ragioneria), la padronanza del pacchetto Office e uno spiccato orientamento al cliente completano il profilo. Il ruolo è inquadrato nell’ottica di un percorso di crescita che prevede la gestione di progetti complessi e risorse all’interno di contesti strutturati. Il range retributivo si aggira tra i 28/30.000 euro, con interessanti opportunità di sviluppo e di carriera.

CONTROLLER Il controller o responsabile del controllo di gestione è una figura strategica all’interno di un’azienda. Le competenze richieste riguardano i processi di contabilità analitica con la predisposizione di budget e forecast, unitamente ad attività di reporting di gestione. Generalmente è laureato in discipline economiche, ma le aziende considerano fondamentale una precedente e consolidata esperienza lavorativa in area contabile, accompagnata da un continuo aggiornamento professionale sui nuovi sistemi informatici per il controllo di gestione. L’ottima conoscenza della lingua inglese, inoltre, rappresenta un requisito fondamentale. Il range retributivo è tra i 40/60.000 euro.


INTERNAZIONALIZZAZIONE

«Difesa comune per tutta la Ue» Secondo il vice ministro della Difesa greco, Dimitrios Vistas, una politica comune in materia di armamenti potrebbe portare importanti benefici a tutto il settore dell’industria COSTANTINO MORETTI

talia e Grecia sono due stati che hanno molti tratti in comune: storici, entrambe sono state culle di civiltà sulle quali si fonda l’odierna cultura moderna occidentale, geografici, entrambe sono bagnate per tre lati dal Mar Mediterraneo e, non ultimo, essere membri delle medesime organizzazioni internazionali fra le quali Ue e Nato. Nell’attuale congiuntura internazionale i due Paesi devono confrontarsi con

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le sfide, sia di carattere umanitario sia di sicurezza interna, generate dall’instabilità che sconvolge i paesi dell’altra sponda del Mar Mediterraneo e che, in prospettiva, possono avere anche ripercussione sui futuri assetti geopolitici. Di queste tematiche e non solo, Espansione ne ha parlato con il viceministro della Difesa greco Dimitrios Vistas. Viceministro Vistas, in tema di difesa comune europea si parla sempre più spesso dell’opportunità di avvia-

Il vice ministro della Difesa della Grecia Dimitrios Vistas intervistato in esclusiva da Espansione

re maggiori sinergie tra i paesi, della creazione di un quartier generale unico a livello di UE per la programmazione delle missioni militari e civili all’estero ed anche della necessità di avviare una politica comune per gli armamenti. Qual è, al riguardo, la posizione della Grecia?

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INTERNAZIONALIZZAZIONE

La Grecia e l’Italia sono partner e alleati stabili, intrattenendo forti legami economici, ma anche politici, che vengono ulteriormente rafforzati nelle circostanze attuali che interessano il Continente europeo

«La difesa comune europea è una parte del più ampio processo d’integrazione europeo e, quindi, la sua piena attuazione dipende dallo sviluppo del processo nella sua interezza. Allo stesso tempo non si può non considerare, nell’ambito di una pianificazione della difesa europea, la presenza sul Continente delle strutture militari che operano all’interno del perimetro del sistema di sicurezza e di difesa euro-atlantico. Inoltre, tenuto conto che le risorse e la forza militare sono in stretta relazione con le politiche e le azioni diplomatiche, un eventuale progetto di partnership per rafforzare la difesa europea, dovrebbe evolversi in tale contesto. Non potrei immaginare un unico quartier generale a livello Ue per la gestione delle missioni militari e civili internazionali, con personale dedicato, senza che esso sia preventivamente regolato da una comune intesa politica tra i paesi membri sulle questioni che il quartier generale dovrebbe potenzialmente gestire. Vorrei sottolineare la funzione del Comitato Militare dell’Ue, che è l’ambito in cui possiamo lanciare collaborazioni che ci porteranno ad un ulteriore passo avanti. Un settore molto importante, la cui dinamicità può favorire un percorso di cre-

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scita ed espansione per la politica comune europea di sicurezza e difesa, è quello della collaborazione tra le industrie europee operanti nel settore della sicurezza e della difesa. Una politica comune in materia di armamenti, a mio avviso, favorirebbe l’industria della difesa europea la quale, sulla base di una condivisione degli obiettivi tra tutti i paesi dell’UE, potrebbe contribuire ad uno sviluppo economico sostanziale con benefici per tutti i paesi membri». A Suo avviso, quali sono a livello di Politica di Sicurezza e di Difesa Comune (Psdc) le ripercussioni finanziarie e operative del ritiro del Regno Unito dall’Unione Europea? «La questione dell’uscita del Regno Unito dall’Ue è un capitolo enorme, che impegnerà per lungo tempo l’Unione europea e le sue istituzioni. In ogni caso, eventuali conseguenze non incideranno molto sulla Psdc, in quanto essa è ancora in fase di

sviluppo ed è quindi più flessibile ad aggiustamenti. Credo che siano più gravi gli effetti indiretti che si ripercuoteranno sulla Psdc, quelli che deriveranno dai cambiamenti nei rapporti di forza, piuttosto che le implicazioni finanziarie e operative dirette. Il pericolo di disintegrazione dell’Unione europea proviene dal malcontento popolare che si diffonde nelle nazioni dell’Unione europea. Essa deriva dalle politiche di austerità foriere di crescente disuguaglianza, politiche che agli occhi dei popoli sono legate alla stessa UE e che hanno distorto la visione europea comune. Queste politiche hanno aperto la strada all’estrema destra e a varie forme di razzismo che portano l’Europa intera alla regressione. Questo mi sembra in prospettiva più spaventoso degli eventuali effetti dell’uscita del Regno Unito dall’Ue». Gli stati dell’UE, in particolare quelli della sponda sud, sono messi alla

«I nostri Paesi collaborano anche nella lotta al terrorismo e sull'emergenza dei rifugiati»


Per il vice ministro della Difesa greco la più grave minaccia deriva dall'instabilità dei confini. «Il rischio è la minaccia di usare i flussi dei rifugiati e dei migranti come una vera e propria arma contro l'Europa»

prova dalla crisi dei migranti. Molti analisti affermano al riguardo che l’immigrazione, se non gestita, oltre a implicare conseguenze sotto il profilo umano, possa diventare anche una seria minaccia per la sicurezza dei cittadini. La Grecia come affronta il flusso migratorio? Ritiene che possa essere una minaccia alla sicurezza del Paese e dell’UE in generale? Qual è l’impegno delle forze armate greche sul tema? «Grecia e Italia, per la loro posizione geografica, sono in prima linea nella gestione della crisi dei profughi e dei migranti. Si tratta di un problema di livello europeo e mondiale. Purtroppo, alcuni dei nostri partner europei fanno finta di non vedere, e lo rappresentano come problema greco o italiano. In realtà, la principale destinazione anelata dai rifugiati e dai migranti non è la Grecia o l’Italia ma l’Europa nel suo complesso. Inoltre, alcuni dei nostri vicini europei, che non hanno esperienza di questioni marittime, ci criticano per una presunta mancanza di controllo. Essi vorrebbero che noi “alzassimo muri” alle nostre frontiere marittime, così come loro chiudono le loro frontiere terrestri e alzano fili spinati. Quello di cui fondamentalmente ci stanno accusando è che non lasciamo annegare nel Mar Mediterraneo persone disperate. Noi vogliamo essere chiari: i flussi dei rifugiati e dei migranti sono una questione europea e la loro gestione deve essere un compito dell’Unione europea. Noi

agiamo sulla base di principi umanitari e nel rispetto del diritto internazionale che prevede norme specifiche per la protezione dei rifugiati e dei migranti. Noi non crediamo che gli immigrati e i rifugiati siano una minaccia per la sicurezza dell’Europa. La vera minaccia proviene dall’instabilità che scuote paesi al di là dei nostri confini dalla quale scappano i rifugiati e dalla povertà di alcune aree dell’Africa che spinge le genti locali a migrare. Inoltre, comporta dei rischi anche la minaccia, ventilata da paesi vicini, di usare i flussi di rifugiati e di migranti come arma contro l’Europa. Tale minaccia, se realizzata, dovrà essere considerata un’azione ostile verso l’Europa. Per questo motivo è necessario che i paesi dell’Europa, dell’Unione europea, rispettino gli obblighi e gli impegni derivanti dall’accordo Ue-Turchia. Rimane una domanda. Essi hanno rispettato tali obblighi? Ovvero, hanno inviato personale esperto per esaminare le richieste di asilo e per ricollocare i profughi che beneficiano della tutela nei paesi dell’Ue? La risposta, dopo otto mesi di attuazione dell’accordo, è inferiore al 10% del previsto. La Grecia, come governo, come istituzioni statali e come società civile, risponde al massimo possibile. Abbiamo saputo gestire situazioni alle quali altri paesi, più grandi e più forti economicamente di noi, non sono riusciti a far fronte. Sino a marzo 2016, sino all’accordo Ue-Turchia, circa un milione di esseri umani tra profughi e migranti è giunto sulle isole greche e da lì trasporta-

to sul territorio continentale greco, un numero molto elevato. La gran parte di loro è stata soccorsa in mare dalle forze armate greche. Tutte queste persone, nonostante la crisi economica ed i problemi che il popolo greco affronta, sono state trattate in modo dignitoso durante il loro transito nel nostro paese. Dopo la chiusura della «rotta balcanica» e l’accordo UE-Turchia, circa 62.000 persone sono rimaste bloccate nel nostro Paese, persone a cui forniamo riparo, cibo, cure mediche e, per i minori rifugiati, anche un’adeguata istruzione. Attualmente, circa 11mila persone sono bloccate nelle isole dell’Egeo orientale, a causa dei ritardi nell’attuazione dell’accordo UE-Turchia da parte soprattutto dei nostri partner europei. In tutto questo sforzo, le forze armate greche si sono impegnate a garantire con particolare riguardo i siti dell’accoglienza e l’alimentazione dei rifugiati, altrettanto importante è stato lo sforzo fatto della polizia greca e della Guardia Costiera». Come giudica lo stato delle relazioni tra i nostri Paesi nel campo della sicurezza e della difesa e quali sviluppi futuri ritiene possibili? «I rapporti bilaterali tra Grecia e Italia sono particolari. Essi sono basati sul solido piedistallo culturale delle civiltà nate nei nostri paesi, che sono la pietra angolare della civiltà moderna occidentale e non solo. La Grecia e l’Italia sono partner e alleati stabili, intrattenendo forti legami sia economici sia politici, i quali sono ulteriormente rafforzati nelle circostanze attuali, poiché i due Paesi condividono una visione di forte impronta sociale per l’uscita della zona euro dalla crisi. Parallelamente, stiamo affrontando molte sfide comuni. Dalla gestione della crisi dei migranti, essendo i nostri due Paesi in prima linea nel sostenere lo sforzo principale, all’approfondimento di politiche comuni e azioni condivise a livello europeo per risolvere in modo efficace la destabilizzazione di alcune regioni della sponda sud del Mar Mediterraneo che è, al contempo, la causa principale del flusso dei profughi e dei migranti e del fenomeno del terrorismo».

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L’«Italia a tavola» incorona i suoi Re Nuovo record di votanti nel sondaggio: 197.002. Primi classificati il pasticcere Ernst Knam, il presidente Ais, Antonello Maietta, il barman Danny Del Monaco e il giornalista Paolo Massobrio. Il food si conferma uno dei settori trainanti dell’economia italiana, con numeri in crescita anche sui mercati stranieri vIolEttA oMbrA

Italia del food premia le sue eccellenze. Le eccellenze di un settore in continua e costante crescita, sia nel mercato interno che all’estero. D’alttronde non è una novità: il cibo e il vino «made in Italy» sono sempre più apprezzati sulle tavole e nei ristoranti di tutto il mondo, così come gli addetti ai lavori che hanno contribuito e contribuiscono al successo, anche attraverso il mezzo te-

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levisivo. E così sono stati eletti i «Personaggi dell’anno 2016» con una partecipazione mai registrata prima d’ora: 197.002 votanti, un primato straordinario - addirittura superiore alla cifra record raggiunta lo scorso anno (163.914) - che testimonia il crescente interesse del pubblico per il settore del food e dell’ospitalità. Le quat-

tro categorie del sondaggio online di Italia a Tavola hanno dunque i loro nuovi «Re»: si tratta Ernst Knam per i «Cuochi, Pizzaioli e Pasticceri», Antonello Maietta per i «Maitre, Sommelier e Manager d’hotel», Danny Del Monaco per i «Barman» e Paolo Massobrio per gli «Opinion leader». L’iniziativa, supportata

Agroalimentare, ristorazione e accoglienza in primo piano


VOTaNTI: uN TReNd IN asCesa aNNO dOpO aNNO Dalla pizza ai vini di qualità, dalla pasticceria fino all’arte di preparare i drink: il food italiano continua a crescere in eccellenza e qualità

dai main sponsor Consorzio Grana Padano e Istituto Trentodoc, è riuscita anche quest’anno a mettere in evidenza davanti all’opinione pubblica un settore fondamentale per l’economia italiana e per la nostra immagine in tutto il mondo: quello dell’agroalimentare, della ristorazione e dell’accoglienza. Un sondaggio che non vuole in alcun modo stilare classifiche di merito, ma mettere in luce, attraverso un gruppo di personalità di spicco segnalate dal pubblico, le diverse figure professionali che operano nel settore. Tutte indispensabili alla valorizzazione delle nostre eccellenze e dello stile italiano a tavola, come una grande «squadra» che opera per un obiettivo condiviso. Mai come quest’anno i risultati del sondaggio sono rimasti incerti fino all’ultimo. La quantità costantemente elevata dei voti ha determinato di ora in ora, di minuto in minuto, cambiamenti repentini alle classifiche, che per tutta la durata del sondaggio sono state in continuo movimento. Uniche eccezioni Danny Del Monaco, che dopo meno di 3 settimane ha raggiunto la prima posizione e da lì non si è più mosso, allungando via via il distacco dal resto della classifica, ed Ernst Knam, che a un mese dall’apertura delle votazioni ha conquistato la vetta risultando in assoluto il candidato più votato del sondaggio (16.715 preferenze). Il sondaggio, giunto alla nona edizione, ha avuto una dura-

ta di 8 settimane (dal 12 dicembre 2016 al 5 febbraio 2017) ed era aperto a tutti gli utenti del web: ognuno poteva esprimere fino 3 voti per ciascuna delle 4 categorie, per un totale di 12 preferenze. Tra le novità del sondaggio Personaggio dell’anno 2016, le categorie si sono arricchite di nuove figure, per includere e dare la giusta visibilità ad ancora più professionisti. Nella sezione dedicata a chi si occupa della trasformazione del cibo sono stati messi in evidenza i pizzaioli («Cuochi, Pizzaioli e Pasticceri»), mentre in quella dedicata all’accoglienza e al servizio di sala hanno avuto spazio i responsabili di strutture alberghiere («Maitre, Sommelier e Manager d’hotel»). Sono poi rimaste invariate le categorie «Barman» e «Opinion leader». Tra condivisioni sui social network, invii di mail o newsletter ed endorsement di personaggi famosi, il passaparola in rete è stato un elemento determinante per l’andamento delle clas-

sifiche. Considerando che il totale dei votanti è stato il più alto mai registrato prima d’ora, ma che al contempo non c’è stata un’alta concentrazione su pochi candidati, si evidenzia come quest’anno, diversamente rispetto alle passate edizioni, i voti siano stati attribuiti in maniera più diffusa, segno che il pubblico ha voluto in qualche maniera sostenere e premiare tutta la squadra del Made in Italy a tavola.

I VINCITORI Candidato per la prima volta quest’anno nel sondaggio di Italia a Tavola, lo chef e pasticcere Ernst Knam (16.715 voti), tedesco di nascita e milanese d’adozione, negli ultimi anni si è affermato a tutti gli effetti come una delle figure più popolari del piccolo schermo per quanto riguarda la categoria «Cuochi, pizzaioli e pasticceri». Dopo alcune esperienze nelle cucine di ristoranti stellati, si trasferisce in Italia nel 1989, dove lavora al fianco di Gualtie-

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FOOD & EXCELLENCE

ro Marchesi. Nel 1992 apre il suo laboratorio di pasticceria a Milano. Oggi, sempre nel capoluogo lombardo, è titolare della Pasticceria Knam in via Anfossi. Dal 2012 è uno dei volti più conosciuti e apprezzati di Real Time, protagonista della trasmissione «Il re del cioccolato», mentre dall’anno seguente è tra i giudici (insieme a Benedetta Parodi e Clelia D’Onofrio) di «Bake Off Italia». Nella categoria Maire, Sommelier e Manager d’hotel Antonello Maietta è «Il sommelier». Lo è per via dell’esito del sondaggio che lo ha visto vincitore con 8.857 voti nella categoria «Maitre, Sommelier e Manager d’hotel», e lo è anche da un punto di vista istituzionale dal momento che da sei anni è presidente dell’Associazione italiana sommelier (Ais). Riminese, classe 1960, Maietta ha ottenuto nel corso dell’ultimo anno un buon successo a livello di notorietà: lo confermano sia il buon lavoro che sta facendo a livello di Ais che il sondaggio, perché se la vittoria è già un segno distintivo, questa assume ulteriore spessore se si confronta la classifica di quest’anno con quella dell’anno scorso quando si era piazzato solo 26esimo con appena 1.479 voti. Per quanto riguarda i barman Danny Del Monaco è stato il personaggio in proporzione più votato tra i 144 candidati del sondaggio se si considera il rapporto tra voti destinati ad un singolo candidato e quelli complessivi dell’intera categoria. Del Monaco ha ottenuto infatti più del 15% dei 66.655 voti totali assegnati all’interno della categoria «Barman», un dato che non si è riscontrato in nessun’altra sezione e che ha segnato una netta differenza rispetto al sondaggio dell’anno scorso, in cui i voti per i candidati della catego-

so Massobrio era tra i candidati del sondaggio, ma non ottenne il consenso di quest’anno raggiungendo solo la 29ª posizione con 1.782 voti. «È davvero un onore essere stato eletto Personaggio dell’anno nella categoria “Cuochi, Pizzaioli e Pasticceri”, ha scritto Knam sulla sua pagina Facebook, poche ore dopo la chiusura delle votazioni. «Ringrazio Italia a Tavola, ma soprattutto tutti quelli che mi hanno votato, siete stati tantissimi!». «La vittoria nel sondaggio di Italia a Tavola non la vivo come un successo personale - ha commentato Maietta - ma come vittoria corale del gruppo che sto guidando e a cui la dedico. La forza del gruppo è fondamentale». Queste invece le parole di soddisfazione di Del Monaco: «A 50 anni ho ritrovato l’emozione degli inizi. Facendo gare e organizzandole per gli altri si diventa più distaccati. Ma questa è una gioia immensa che voglio condividere con i miei soci Adrian Everest, Stefano Massi e Mattia Pozzi e con tutto lo staff». «Il consenso può nascere, come è stato per me, dai rapporti quotidiani con i lettori e con la gente che incontro nel corso di numerose iniziative - ha dichiarato a caldo Massobrio rapporti che lasciano un segno positivo e richiamano al supporto quando c’è l’occasione di darlo».

L’obiettivo del sondaggio è la valorizzazione delle figure professionali

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ria Barman sono risultati più allineati, con Gian Nicola Libardi che si è classificato primo con un distacco di meno di mille voti dal secondo (9.461 voti contro 8.501). 10.286 sono stati invece i voti complessivi che ha ricevuto Del Monaco, presidente e fondatore dell’Italian Barman Style e art director e docente presso «Cocktail in the world mixology». Milanese d’adozione, ma con origine monferrine, il 55enne Paolo Massobrio è stato invece il vincitore della categoria «Opinion leader». Ha ottenuto la vittoria grazie a 11.471 voti. Direttore di «Papillon», vanta numerose collaborazioni con alcuni quotidiani nazionali e per la Guida ai Ristoranti d’Italia de L’Espresso è stato per 5 edizioni il vice del curatore Edoardo Raspelli (vincitore tra gli Opinion leader nell’edizione 2014 del sondaggio). Anche l’anno scor-


TAX&LEGAL

Luigi BeLLuzzo Equity partner di Belluzzo & Partners

Nuovo regime speciale per le persone che trasferiscono la residenza in Italia a Legge di Stabilità per il 2017 ha introdotto ex novo nel nostro ordinamento un regime tributario speciale per le persone fisiche che intendono trasferire la propria residenza fiscale in Italia. Tale misura si pone nel solco di altre legislazioni, anche se con sostanziali differenze, ed ha l’evidente finalità di attrarre persone dotate di una elevata capacità finanziaria, favorendo gli investimenti nel nostro paese. Per raggiungere questo obiettivo il nuovo regime deroga clamorosamente al principio cardine che disciplina la tassazione dei soggetti residenti in Italia ovvero la tassazione su base mondiale dei redditi ovunque realizzati («world-wide taxation»). In estrema sintesi, la persona fisica, cittadino italiano o straniero, che ha stabilito in passato la propria residenza fiscale all’estero per almeno nove periodi d’imposta sui dieci precedenti la validità della richiesta del regime in questione, può trasferire la residenza in Italia ai sensi dell’articolo 2 del Testo Unico delle Imposte sui redditi ed essere ammesso ad un regime di tassazione particolarmente favorevole. Costui, infatti, anziché pagare la normale Irpef sul reddito complessivo ovunque prodotto, potrà esaurire il suo debito fiscale relativamente al reddito estero versando un’imposta sostitutiva calcolata in via forfetaria, a prescindere dall’ammontare del reddito medesimo, nella misura di euro 100.000 per ciascun periodo d’imposta durante il quale sarà in vigore il regime in commento. Per poter accedere a tale regime è necessario completare un iter burocratico che prevede la presentazione di una specifica istanza di interpello all’Agenzia delle Entrate. Nell’istanza deve essere indicata la giurisdizione di ultima provenienza del soggetto ma non deve essere fornita alcuna indicazione in merito ai redditi esteri. Se favorevole, l’Agenzia deve rilasciare il relativo parere entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta in cui viene trasferita la residenza in Italia. In questo caso il regime speciale si applicherà a decorrere da tale periodo d’imposta e, salvo revoca, cesserà di produrre effetti decorsi 15

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anni dal primo anno di validità. Oltre alla suddetta imposizione forfetaria, l’accesso a questo regime garantisce anche ulteriori benefici in deroga alla normale legislazione tributaria: (i) l’esenzione dall’obbligo di dichiarare il valore delle attività estere (finanziarie o patrimoniali) nel quadro Rw della dichiarazione dei redditi; l’esclusione dalle relative imposte patrimoniali Ivie e Ivafe; e, per le successioni aperte e per le donazioni effettuate nei periodi di imposta di validità del regime in commento, l’esenzione dalle relative imposte sui beni e diritti esistenti all’estero. La suddetta Legge di Stabilità prevede inoltre che, allo scopo di «favorire l’ingresso di significativi investimenti in Italia, anche preordinati ad accrescere i livelli occupazionali» con appositi decreti ministeriali saranno «individuate forme di agevolazione nella trattazione delle domande di visto di ingresso e di permesso di soggiorno applicabili a chi trasferisce la propria residenza fiscale in Italia ai sensi dell’articolo 24-bis».Il tema interessa i soggetti extra-comunitari per i quali vigono restrizioni alla permanenza nel nostro paese superiori a 90 giorni. Per questi soggetti, quindi, il trasferimento di residenza in Italia deve essere accompagnato dal predetto visto di ingresso e soggiorno.A tale proposito la Legge di Stabilità stabilisce che per gli investitori stranieri dotati di rilevanti capitali il visto d’ingresso o permesso di soggiorno nel paese per periodi superiori a 3 mesi (Golden Visa) è rilasciato a condizione che il soggetto richiedente effettui alternativamente: un investimento di almeno 2.000.000 di euro in titoli emessi dal governo italiano e che detto investimento sia mantenuto per almeno 2 anni; un investimento di almeno 1.000.000 in strumenti rappresentativi del capitale di una società costituita e operante in Italia mantenuto per almeno 2 anni (ovvero di almeno 500.000 euro nel caso tale società sia una start up innovativa); una donazione a carattere filantropico di almeno 1.000.000 di euro a sostegno di un progetto di pubblico interesse, nei settori della cultura, istruzione, gestione dell’immigrazione, ricerca scientifica, recupero di beni culturali e paesaggistici.

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TECNOLOGIA

Mobilità integrata, la sfida di EuropeGroup L’ad Calogero Corbo spiega le strategie dell’azienda e fa il punto sul mercato della mobilità integrata, un mercato sepre più emergente Guarniero Messersì

a mobilità, specialmente nelle città e nelle aree metropolitane, è tra i più grandi problemi del nostro Paese e non solo. Collegamenti spesso difficili, un abnorme uso di veicoli privati, una gestione non ottimale dei mezzi di trasporto pubblico e spesso una pigrizia nell’utilizzare questi sistemi, hanno spesso generato un vero caos. Caos che si ripercuote su tutti gli ambiti della vita quotidiana generando stress, aumentando le emissioni di anidride carbonica e altri inquinanti nell’ambiente e gravando in maniera importante sul portafogli di tutti. La mobilità sostenibile è una risposta a tutti questi disagi. Ma cosa si intende con questo termine? Questa espressione definisce il sistema di spostamenti in grado di diminuire gli impatti ambientali, ma anche socio-economici causati dall’estremo uso di veicoli privati per gli spostamenti quotidiani. I modelli tradizionali, che spesso possono esser riassunti con «una macchina, un passeggero» hanno portato il sistema della mobilità praticamente alla paralisi. Con la mobi-

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lità sostenibile, le amministrazioni locali intervengono per cercare di proporre modelli e attivare servizi funzionali ad una migliore circolazione delle persone, rispettando sempre di più l’ambiente. Questi meccanismi hanno come primo obiettivo quello di ridurre il numero di veicoli privati sulle strade, fatto che abbatterebbe in maniera importante l’inquinamento atmosferico, la congestione stradale e il consumo del territorio. L’innovazione ha sviluppato nuovi servizi come il car-sharing e car-pooling, si tratta letteralmente di «auto in condivisione». Nel primo caso gli utenti affittano una delle auto che i gestori del servizio nelle singole città mettono a disposizione, mentre nel secondo gli utenti privati condividono la loro auto

per dei tragitti in comune con altre persone. La combinazione ottimale di tutti questi sistemi è quella che viene appunto definita «mobilità integrata». Proprio sullo sviluppo del concetto di mobilità l’azienda lombarda EuropeGroup, specializzanta nel noleggio con conducente, ha lanciato sul mercato un nuovo brand, GeekyDriver e un’innovativa piattaforma di booking online denominata tNet. L’amministratore delegato, Calogero Corbo, spiega le evoluzioni dell’azienda e fa il punto sul mercato della mobilità integrata. Dottor Corbo qual è stato il percorso evolutivo della sua azienda? «EuropeGroup ultima nata di un gruppo di società che operano da oltre 25 anni nel mondo del noleggio con con-

EuroGroup ha creato un nuovo brand, «Geekydriver» e lanciato la piattaforma «tNet»


p L’esigenza di nuove soluzioni - specie nelle grandi città - nasce dall’abnorme utilizzo di veicoli privati e dallo scarso utilizzo dei mezzi di trasporto pubblici

ducente è una realtà aziendale spinta da una vocazione innovativa in un settore fortemente parcellizzato e ancora troppo ancorato a logiche di mobilità tradizionale. L’azienda conta oggi più di cinquanta dipendenti, con una flotta di oltre trentacinque tra auto e bus di altamma. Nel 2015 il fatturato complessivo dell’azienda è stato di oltre un milione di euro, anno che ha visto una svolta importante in termini di ridisegno del-

la governance e di una riorganizzazione interna con una centralizzazione delle attività. Tutto questo ha portato alla nascita di un nuovo brand, Geekydriver, specializzato nei servizi di mobilità integrata e al lancio di tNet, un’innovativa piattaforma di booking online. La previsione di fatturato per il 2016 si attesta intorno ai quattro milioni di euro con uno sviluppo ulteriore nel 2017, che dovrebbe spingere il risultato intorno ai

sei milioni di euro». Cosa vuol dire oggi promuovere ser vizi di mobilità integrata? «I dati di mercato parlando chiaro, oggi la richiesta è quella di un servizio di mobilità esclusivo e al contempo fortemente flessibile, con un’offerta tailor made, adatto a qualunque tipologia di cliente e soprattutto fruibile in qualunque località italiana ed europea. Per questo abbiamo pensato di lanciare un nuovo

«Oggi la richiesta è quella di un servizio esclusivo e al contempo flessibile, con offerte “tailor made”»

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Le piattafore di booking online - utilizzabili con tutti i dispositivi mobili - rappresentano il futuro

modello di busi-ness, accessibile, di qualità e condivisibile da altre realtà del settore. Geekydriver propone simple solutions for people on the move attraverso alcuni valori imprescindibili: professionalità, innovazione e approccio sostenibile». A proposito di innovazione, oltre ad un nuovo brand la vostra azienda ha promosso una nuova piat-taforma di booking online. Quali sono caratteristiche di tNet? «Il nostro nuovo portale è il frutto della nostra ambizione di espandere il network a livello nazionale ed europeo: rappresenta un cambio sostanziale nell’ambito dell’offerta e della relazione con i clienti. Chi entrerà a far parte della nostra rete infatti si ritroverà a disposizione un cruscotto innovativo di servizi che potrà utiliz-zare con la massima autonomia, senza costi aggiuntivi, potendo garantire ai propri clienti un modello di offerta innovativo e competitivo: in quattro ore è garantito il servizio su tutto il territorio nazionale, modalità di pa-

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gamento diversificate, supporto alla clientela tramite un call center attivo H24 7 giorni su 7 e mediante App Mobile». Quali sono le sue previsioni per il mercato della mobilità in Italia? «Il mercato della mobilità integrata è in continua evoluzione in Italia e in Europa, per questo chi opera sia nel b2b sia nel b2c, ha il dovere di promuovere servizi sempre più tecnologici e inclusivi, un sistema di rete condivisa tra operatori capace di rispondere al meglio alle esigenze dei clienti e alla vivibilità dei grandi centri urbani. La consapevolezza di una sostenibilità nell’ambito della mobilità sta crescendo e ha portato ad un ridisegno della domanda e dell’offerta, con la nascita di nuovi modelli come il car sharing e il car pooling. Chi opera quindi in questo mercato non può e non deve fermarsi qui, è indispensabile avere visione e coraggio di investire in innovazione e in offerte sempre più personalizzate».


voluntary disclosure

filiali

l’ora delle fintech

capitali rimpatriati, le prime stime del Ministero

Volksbank cambia il modello distributivo

c’è un «rischio Uber» per le istituzioni finanziarie?

giORNALE DELLA bANcA E DELLA FiNANzA - Anno 28 nuova serie, Anno 18 - Mensile - Poste italiane SpA – Sped. in A.P. D.L. 353/03 art. 1 comma 1, Dcb Verona

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| Febbraio 2016 | % 5

L’istituto, in pista dal 1999, finanzia soprattutto il terzo settore, ma si occupa anche di prestiti a imprese e famiglie. E ora, rivela il suo presidente, vuole crescere sul web e reclutare nuovi promotori per espandere la sua presenza sul territorio

Ugo biggeri

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Tutto pronto per il valzer delle fusioni

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CULTURA & BUSINESS

Soltanto la metà dei nostri musei è «social addicted» Il patrimonio artistico italiano è noto per la sua straordinaria ricchezza, ma rivela un potenziale di attrattività non ancora valorizzato: occorre potenziare la comunicazione sul web e in particolare su Twitter, Instagram e Facebook LAURA FACCHIN @laurafacchin73

uasi 5mila musei, 4976 per la precisione, aree archeologiche e monumenti, 1 ogni 12mila abitanti: il patrimonio italiano è noto per la straordinaria ricchezza, ma rivela un potenziale di attrattività non ancora valorizzato. I trend negli incassi e negli ingressi sono positivi, ma nessun museo appare tra i 10 più visitati al mondo, uno su tre ha meno di 1000 visitatori l’anno e il 70% degli italiani non li visita. «Le istituzioni culturali si trovano oggi di fronte a una doppia sfida: non basta attrarre visitatori, ma occorre trovare il modo per comunicare il proprio patrimonio in un modo nuovo, che lo renda più prossimo alle esigenze di conoscenza ed esperienza di cittadini e turisti - spiega Michela Arnaboldi, direttore scientifico dell’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali - Molte istituzioni hanno raccolto la sfida di trasformarsi per divenire più efficienti e parlare a nuovi e vecchi pubblici. L’innovazione digitale, che ha determinato un radicale cambiamento dei paradigmi di mercato negli ultimi anni, potrebbe ora rappresentare un fondamentale fattore di trasformazione per il settore culturale». Dalla classifica Istat dei servizi digitali più utilizzati nel 2015, i primi tre risultano dedicati alla comunicazione. Il sito web ottiene il primo posto: è adottato dal 57% dei musei; in seconda

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In alto la Galleria degli Uffizi a Firenze. A destra , l’attracco del Museo della Collezione di Peggy Guggenheim a Venezia.

posizione si attestano gli account sui social network (Facebook, Twitter, Instagram) seguono in seconda posizione (41%) mentre la newsletter è terza (25%). I servizi dedicati alle collezioni seguono con percentua-

li più ridotte: ai piedi del podio si attestano gli allestimenti interattivi o le ricostruzioni virtuali, adottati dal 20% dei musei, e la connessione wi-fi gratuita, offerta dal 19%. QR code, servizi di prossimità, catalogo accessibile online o visita virtuale del museo dal sito web hanno tutte un’adozione tra il 13 e il 14%. L’analisi effettuata dall’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali sul proprio campione di musei nel 2016 mostra inoltre un’ulteriore spinta verso l’impiego dei social network: il 52% possiede un account e la maggiore presenza (51%) viene registrata su Facebook (51%); seguono


i servizi più implementati dai musei nel proprio sito web e di misurare il riscontro presso il pubblico delle attività social dei musei nei propri account ufficiali (tramite indicatori di reach e engagement).

Gli strumenti diGitali

Twitter (31%) e Instagram (15%). Queste alcune delle evidenze presentate oggi presso il Piccolo Teatro Grassi di Milano dalla prima edizione dell’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano. L’Osservatorio ha condotto un’indagine su un campione di 476 musei italiani, pari a circa il 10% dei musei aperti al pubblico nel 2015: per ciascun

Considerando i musei che hanno un sito web (57% del totale) è emerso come non sempre esso sia costruito in modo da facilitare l’utente nell’interazione con i suoi contenuti. Partendo dalla home page, ad esempio, sono presenti delle chiare call to action rispetto alla biglietteria online solo nel 21% dei casi e all’accesso ai profili social nel 51%. La traduzione in lingue straniere (principalmente l’inglese) è disponibile solo nel 54% dei casi e i contenuti solo nel 20% sono indirizzati a particolari categorie di utenti (famiglie, disabili, gruppi, etc.). I numeri sono ancora più piccoli quando si indaga la presenza di servizi più avanzati come la possibilità In alto la Galleria di Diana della Reggia di Venaria. di acquistare online merchandiA sinistra: il Maxxi. sing o materiale legato al museo di Roma. Sopra: (6% dei casi), effettuare donazioMichela Arnaboldi ni (anche in questo caso 6% e per il 70% si tratta di musei privati) museo è stata rilevata la presenza di un sito e crowdfunding (1%). Per quanto riguarweb e le sue funzionalità, la disponibilità di da la presenza sui social network, solamenapplicazioni, la presenza sui social network, te il 13% è presente su tutti e tre i social più su TripAdvisor e su Wikipedia. Inoltre è sta- diffusi (Facebook, Twitter, Instagram); inta condotta un’analisi sugli account ufficiali teressante anche notare che il 10% dei mudi 125 musei italiani, presenti su Facebook, sei non ha un sito Internet, ma è attivo su Twitter e/o Instagram, nel periodo giugno Facebook. Analizzando i messaggi postati 2016 – novembre 2016, con l’obiettivo di si nota che la maggior parte di essi è di nascattare una fotografia della presenza onli- tura promozionale, riguarda la segnalazione e social dei musei italiani, di individuare ne di eventi o accoglienza (orari di apertura e promozioni sugli ingressi). Molto apprezzate sono, però, le rubriche in cui vengono proposte opere del museo o racconti di storie che ruotano intorno ad esse, ad esempio su particolari personaggi: solo chi offre contenuti di valore sulle opere esposte e sulle storie che ruotano attorno ad esse, infatti, riesce a creare engagement. Nel campione analizzato, i 3 musei con il maggior numero di page like su Facebook sono i Musei Vaticani, seguiti dalla Reggia di Venaria Re-

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A destra: Eleonora Lorenzini, Coordinatrice della Ricerca dell’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali

ale e dal Maxxi al terzo posto. Su Twitter, il primo posto per quantità di follower è stato conquistato dal profilo dei Musei in Comune di Roma mentre il Maxxi si attesta al secondo posto e il Museo del Novecento, a Milano, conquista la medaglia di bronzo. Su Instagram, invece, la Peggy Guggenheim Collection di Venezia è l’ente più seguito, seguono La Triennale Design Museum di Milano e il Maxxi di Roma. «Nonostante molti dei musei italiani abbiano appena intrapreso la strada dell’innovazione e dell’attenzione alle esigenze del pubblico, sui social network e nelle recensioni degli utenti l’apprezzamento prevale sulla critica - spiega Eleonora Lorenzini, coordinatrice della ricerca dell’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali - Considerando i 476 musei studiati, ben il 62% di essi è presente su TripAdvisor. Di questi il 51% ha un certificato di eccellenza, con il 66% delle valutazioni pari o superiori a 4,5 stelle (su cinque stelle di valutazione massima)». Analizzando infine il sentiment degli utenti social, sia italiani che internazionali, rispetto ai musei italiani si ha la conferma di questa percezione. È emerso, infatti, che il 46% dei contenuti pubblicati su Twitter ha una valenza positiva, mentre solo il 18% parla dei musei in modo negativo e il 22% neutro. Il restante 14% è off topic, ossia il post contiene il nome del museo ma senza riferimento esplicito al suo

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contenuto. Nonostante su molti servizi si riconosca una carenza di offerta, nel pubblico prevale dunque un atteggiamento positivo.

Le startup «Negli ultimi tre anni, le startup del settore finanziate a livello globale sono risultate 72 e hanno raccolto lo 0,4% delle risorse destinate alle nuove imprese Hi Tech, per un totale di 153 milioni di euro» afferma Eleonora Lorenzini, coordinatrice della ricerca dell’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali «I finanziamenti si sono concentrati sulle attività di prenotazione e biglietteria (39%), crowdfunding (28%) e vendita di opere d’arte, anche digitali (20%). Sul fronte dei servizi B2B, quali archiviazione e catalogazione, l’investimento è estremamente limitato». Questo stesso orientamento si riscontra in Italia, dove delle 105 startup censite, sono pochissime quelle che si cimentano sul B2B, probabilmente a causa della «prudenza» che le istituzioni culturali del paese ancora mantengono verso gli investimenti digitali. C’è invece un notevole fermento sui servizi di supporto alla visita di musei e città, ambito in cui il mercato è maggiore anche per la forte connessione con il turismo (se ne occupa il 30% delle startup italiane). Un ulteriore settore privilegiato è quello della prenotazione e biglietteria (21%), ma rimangono dubbi sulla sostenibilità di questa specializzazione per le startup italiane: chi ope-

ra in questo settore, infatti, si colloca in un mercato molto scalabile, ma sempre più oligopolistico in cui le grandi Internet Company (del turismo ma non solo) hanno iniziato a investire con forza. È probabile che la forte specializzazione su nicchie e target specifici sia in questo caso l’unica possibilità di sopravvivenza.

Le sfide per iL futuro «È emerso dall’analisi un panorama di istituzioni culturali in fermento, che cerca la via per l’innovazione per superare le criticità e sperimentare nuove modalità di mediazione, spesso abilitate dal digitale», conclude Michela Arnaboldi. «La prima sfida è legata alle risorse umane e alle competenze: le istituzioni culturali devono dotarsi di figure nuove, ibride, che diventino interpreti “digitali” del patrimonio, ossia di persone che conoscano il patrimonio, il suo valore, ma che al contempo siano in grado di valutare le opportunità offerte dal digitale. La seconda sarà rendere i progetti innovativi sostenibili economicamente sul medio e lungo periodo, magari attraverso nuovi modelli di business in grado di trarre risorse finanziarie proprio dai servizi abilitati dalla tecnologia. Un ambito su cui riflettere e investigare è infine il valore per il territorio, non ridotto alle misure più tradizionali di indotto economico, ma esteso alla funzione che le organizzazioni culturali possono avere per rivitalizzare aree dimenticate, o come luogo di confronto per i cittadini nuovi e vecchi».


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IRENE BERTUCCI Docente di Scienza delle Finanze (LUISS - Roma) e Bilancio di Sostenibilità (UNISOB - Napoli)

Canada e Quebec : il punto n Canada l’istruzione e la formazione, sono intesi come fattori strategici per la crescita del Paese. Il Canada è uno dei Paesi con i più alti standard di vita al mondo ed è costantemente classificata tra le prime 10 in Indice di Sviluppo Umano dalle Nazioni Unite. Il capitale umano in questo Paese non è uno slogan ma è la proposta di un modello di sviluppo che può rappresentare una nuova ed efficace declinazione del capitalismo moderno. Il Canada ha l’unicità di essere un membro del Commonwealth ma di avere una sua natura e una forte quota di rappresentanza Francofona. La maggior parte delle università in Canada offrono una laurea quadriennale anche se molte scuole in Quebec hanno programmi triennali. Proprio sul Quebec vorrei portare la vostra attenzione. Seconda provincia canadese per numero di abitanti dopo l’Ontario, il Quebec si estende su di un territorio pari a 1,7 milioni di kmq con una densità pari a 4,7 abitanti per kmq. La capitale della provincia è la Città di Québec, mentre la città più popolata e economicamente più importante è Montréal. Tre quarti della popolazione vive nella valle del fiume San Lorenzo che attraversa la provincia da ovest a est su oltre 1.000 km. La Saint Lawrence Seaway è stata per decenni il principale motore dell’economia della provincia. Navigabile tutto l’anno, dal 1959 è stata aperta fino ai Grandi Laghi. Democrazia parlamentare, il Québec si è dotato di una propria Carta dei Diritti e Libertà della Persona, di una Carta della Lingua Francese (con lo scopo di proteggere e mantenere viva la lingua e la cultura francese) ed è la sola provincia canadese che ha adottato un Codice Civile. Il Québec è una società prevalentemente francofona che ha scelto il francese come lingua ufficiale. Il Quebec è guidato dal premier Philippe Couillard, uomo di ispirazione liberale, che ha vinto con il 55% dei voti le ultime elezioni politiche svoltesi nel 2014. La provincia è leader mondiale nella produzione di idroelettricità, i cui surplus grazie ad un’importante rete di distribuzione, sono rivenduti alle province canadesi limitrofe. L’idroelettricità ha permesso alla provincia di sviluppare un’importante industria dell’alluminio e, dal punto di vista della protezione dell’ambiente, uno sviluppo sostenibile. Per quanto

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concerne le risorse naturali, la provincia è un importante produttore di combustibili minerali. Recentemente, l’esplorazione nella valle del San Lorenzo ha permesso di individuare degli importanti giacimenti di gas naturale e petrolio economicamente sfruttabili. Da qualche anno, sono estratti nel nord della provincia diamanti, i cui giacimenti sarebbero tra i più ricchi al mondo. Tra i metalli, vengono estratti principalmente ferro, oro, rame, zinco. Importanti sono anche i giacimenti di litio utilizzato soprattutto nelle batterie ricaricabili litio-ione utilizzate nei veicoli elettrici, e di uranio, la cui estrazione si prevede che riprenderà in forza sostenuta dalla domanda dei paesi emergenti che per ridurre le emissioni di gas serra potrebbero convertirsi al nucleare. Il nucleo dell’attuale provincia è costituito dall’antica colonia francese della Nuova Francia che nel 1663 fu eretta in provincia reale. Divenuta inglese a seguito del Trattato di Parigi del 1763, fu divisa amministrativamente, in due zone: Alto Canada (abitato prevalentemente da inglesi) e Basso Canada (abitato prevalentemente da francesi). L’atto di Québec del 1774, stabiliva i confini della provincia e conteneva inoltre ampie garanzie e concessioni ai sudditi di origine francese. Ai nostri tempi nonostante la concessione di alcune autonomie politico-amministrative, il Québec rimane ostinatamente legato alla propria tradizione francese e ostile all’ingerenza inglese finendo per diventare, specialmente dopo la II guerra mondiale, la più grave questione interna del Canada. Tra il 1945 e il 1966 sorsero alcuni gruppi nazionalisti alimentati da presunte discriminazioni operate dagli Anglo-Canadesi nei confronti dei francofoni e da disparità economico-sociali fra i due gruppi etnici. Negli anni Sessanta vi furono gravi atti di intolleranza e manifestazioni di aperta dissidenza culminati, nel 1967, nel grido di «Québec libre!» col quale i francofoni accolsero il presidente de Gaulle. Tuttavia col referendum del 1980 la maggioranza degli elettori della provincia di Québec respingeva l’ipotesi separatista ed il paese è rimasto fedele al Canada. Probabilmente la civile convivenza tra anglofoni e francofoni ha gettato le basi di una capacità di integrazione multi etnica che fa del Canada un esempio da perseguire.



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