S&H Magazine n. 270 • Marzo 2019

Page 1

PROVA GRATUITA 2 ZONE A SCELTA PRESENTANDO QUESTO COUPON Riservato ai nuovi clienti. Non cumulabile con altre iniziative in corso



“A SI BIRI” ARRIVA NELLE SALE di ALESSANDRO LIGAS

P

osada, Cagliari, Iglesias e Paulilatino: sono questi i centri dove si ambienta il nuovo film del registra Francesco Trudu, 47 anni originario di Assemini, “A si biri” (Arrivederci). Una commedia divertente con un cast e una produzione tutta sarda con un messaggio molto forte: superare barriere e pregiudizi. Il film, in italiano, racconta di Leona, porno diva (interpretata da Chiara Fanti), che ritorna nel suo paese d’origine, Tibasu, dopo aver abbandonato la sua carriera nel cinema a luci rosse. Un ritorno che scuote improvvisamente il piccolo centro dove tutti cercheranno di allontanarla, considerandola la persona più peccaminosa del paese, ma che allo stesso tempo metterà in luce come tutti in fondo abbiano qualcosa da nascondere. Un film riflessivo, divertente e genuino che gioca molto sulla semplicità dei gesti e delle situazioni evitando un’eccessiva costruzione e manipolazione. Ricco di sorprese e di equivoci che verranno svelati nel finale. Tra i protagonisti ci sono diversi volti noti nel panorama cinematografico isolano: da Chiara Fanti a Francesco Porcu, da Alverio Cau a Ignazio Deligia, da Katia Corda a Max Loche, e ancora Alberto Masala, Gianluigi Marras e Francesca Perseu. Completano il

IL NUOVO FILM DI FRANCESCO TRUDU cast altri venti attori tra cabarettisti e comici. La prima del film si è tenuta a Cagliari il 7 febbraio, presso l’Uci Cinema, ma verrà distribuito in Sardegna e nel resto della penisola a partire da marzo. Da cosa nasce il film? Il film nasce da una necessità. Mi sono accorto che nel panorama cinematografico nazionale mancano, nella commedia, attori sardi. Ho quindi voluto

shmag.it 3

sdoganare e superare questo aspetto con un film divertente girato in Sardegna, con attori sardi. Qual è la morale del film? Oggi, nella vita di tutti i giorni, ci sono ancora pregiudizi e maldicenze. Nel film la porno star è solo un pretesto per poter iniziare il film, poteva essere tranquillamente una pittrice. Lei è una scintilla, anche se poi il tema è trattato marginalmente, che innescherà una serie di reazioni e di avvenimenti. Il film è una commedia che si svolge su tutta una serie di equivoci che vengono generati dall’arrivo di Leona che poi vengono svelati alla fine del film dove tutti i nodi vengono al pettine. Tre aggettivi per descrivere il film. Riflessivo, divertente e genuino. Riflessivo perché anche se è una commedia il film ha una sua morale. Divertente perché è una commedia. Genuino perché abbiamo voluto giocare molto sulla semplicità dei gesti e delle situazioni che ancora oggi fanno ridere. Al contrario di quanto si vede in altre commedie dove le situazioni sono molto manipolate e costruite all’eccesso generando l’opposto di quanto si vuole fare, ossia non far ridere. Vorrei sottolineare come nel nostro film non si usino parolacce al contrario di quanto accade nella commedia nazionale dove invece se ne fa molto uso, anzi le battute nascono dall’uso delle parolacce.


14

S&H MAGAZINE Anno XXIV - N. 270 / Marzo 2019 EDIZIONE SPECIALE SASSARI+CAGLIARI

Direttore Responsabile MARCO CAU

12

Ufficio Grafico GIUSEPPINA MEDDE Hanno collaborato a questo numero: DIEGO BONO, LUIGI CANU, DANIELE DETTORI, FRANCA FALCHI, HELEL FIORI, ERIKA GALLIZZI, ALESSANDRO LIGAS, ALBA MARINI, GIUSEPPE MASSAIU, ANNALISA MURRU, MANUELA PIERRO, MARCO SCARAMELLA

10

Redazione Sassari, Via Oriani, 5/a - tel. 079.267.50.50 Cagliari, tel. 393.81.38.38.2 mail: redazione@shmag.it

esse&acca editoria.pubblicità.grafica grafica

Editore ESSEACCA S.r.l.s., Via Oriani, 5/a - Sassari Per la pubblicità: tel. 335.722.60.54

18 03

Stampa Tipografia TAS S.r.l. - Sassari

21

Social & Web

$ shmag.it

facebook.com/sehmagazine twitter.com/sehmagazine @sehmagazine

22 03 “A si biri”

18 Matteo Tidili

05 App Lavoro

20 Museo Rossoblù

06 Donne che comandano

21 U.C.I.: Chi fa da sé fa per tre 22 Balentia back in black

Nelle sale il nuovo film di Francesco Trudu La tua carriera a portata di clic Le grandi regine nella storia della Sardegna

08 Fotogrammi Slegati

Pier Bruno Cosso racconta l’esistenza per singole immagini

A caccia di tempeste A Quartu la storia del Cagliari Calcio

24 Viaggio in Italia

Il Friuli Venezia Giulia

25 Dinamo Banco di Sardegna

12 Claudio Melis

26 HITWEETS 28 Hertz Cagliari Dinamo Academy

Il cuoco sardo che ha conquistato il mondo

14 Francesca Sassu, va in scena la voce Espressività e sonorità in perfetta alchimia

16 La cenere degli angeli Il Tophet di Sant’Antioco

Registro Stampa: Tribunale di Sassari n. 324/96. ROC: 28798. © 2019. Tutti i diritti sono riservati. È vietato riprodurre disegni, foto e testi parzialmente e totalmente contenuti in questo numero del giornale.

Il nuovo disco dei pionieri del rap sociale sardo

10 Dal Giappone alla Sardegna

Al Museo Sa Corona Arrùbia la mostra “Bushido, la Via del Samurai”

issuu.com/esseacca

Atomica per il finale di stagione

I rossoblù non riescono a decollare

29 Il dentista risponde

Spazzolino: elettrico o manuale?

30 Dillo a foto tue

l

in Copertina

FRANCESCA SASSU Foto Giovanna Vacirca


shmag.it 5

La tua carriera a portata di clic

APP LAVORO

di HELEL FIORI

S

e soffrite di ansia da prestazione quest’app non fa per voi. O forse sì? Nel 2013 uno studio della Ca’ Foscari di Venezia (la più antica scuola aziendale d’Italia e fra le più antiche del mondo) ha identificato una nuova pratica di valutazione utilizzata nelle assunzioni: la stressed interview, ovvero far innalzare i livelli d’ansia del candidato (grazie signor recruiter, grazie) così da misurarne la capacità di gestione dello stress. Ma lo sfasamento tra realtà e colloquio può neutralizzare le buone capacità di molti e i recruiter si trovano quindi a valutare il candidato fuori dal vero contesto. L’ha capito bene Marco Contemi, imprenditore di origini campane trapiantato da vent’anni in terra sarda, di stanza a Porto Cervo, che circa quattro anni fa si è attivato per ridurre il gap tra le parti. Andando su applavoro.it o scaricando APPLAVORO per iOS

o Android si accede all’utile portale da lui fondato, in cui è possibile muoversi su tre livelli: 1) da privato, mi iscrivo e carico un profilo lavorativo, corredato di Curriculum Vitae e addirittura video facoltativo; 2) da azienda, scorro tra i profili e decido quale lavoratore contattare; 3) esprimo e raccolgo delle valutazioni. Sì, perché la particolarità di APP Lavoro è proprio quella di rendere possibile la “votazione professionale”: autonomo o impiegato, in attività o disoccupato, posso essere votato da aziende con cui ho collaborato, da clienti che ho servito, da colleghi con cui mi rapporto. Se per alcuni può essere disumanizzante (io non sono un numero su una pa‐ gella!) figurati quanto può esserlo un freddo CV su una scrivania dentro un ufficio. Qui invece la possibilità di unire il meccanismo di recensioni di TripAdvisor® al rating a stellette di Morningstar®: significa che un’azienda può avere pareri terzi su cui ba-

sarsi, massimizzando le possibilità di incontro positivo. “La finalità del portale è quella di diventare un punto di riferimento per tutte le aziende in cerca di nuovi collaboratori. Il primo portale basato sulla meritocrazia, dove i più professionali avranno grande visibilità”, ci spiega Contemi. Alta tutela per gli iscritti: “Il controllo delle recensioni viene fatto manualmente e approvato da un nostro operatore. Impossibile ritrovarsi insultati o giudicati nella sfera

personale” ci assicura. Dettaglio interessante, se consideriamo che il portale al momento ha il tasso di iscrizione molto più alto del tasso medio nazionale. Appena presentato al Sardinian Job Day di Cagliari nel gennaio 2019 ha già suscitato l’apprezzamento di ASPAL e ANPAL (Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro) e della testata giornalistica pmi.it, importante punto di riferimento nazionale per business e nuove tecnologie di informazione ICT. Gli altri membri del progetto attualmente sono: Salvatore Budroni, Social Media Manager (Olbia); Antonio Faedda, amministrazione (Sassari); Andrea Sirigu, Public Relations (Quartu Sant’Elena); per il portale Angelo Buoscio, “Mondo in web” (Pomezia). Un ottimo team che ha fatto del merito la sua parola d’ordine. Bravi ragazzi, tripla AAA.

Marco Contemi


6 S&H MAGAZINE

“Eleonora d'Arborea”. Antonio Benini, olio su tela, Palazzo Campus-Colonna - Oristano

DONNE CHE COMANDANO Le grandi regine nella storia della Sardegna di ALBA MARINI

C

’erano una volta in Sardegna le donne al comando. Ai tempi dei Giudicati, quando l’isola era divisa in quattro entità statali distinte, capaci di stipulare anche contratti internazionali, le donne avevano il diritto di salire al trono. Ogni Giudicato (Cagliari, Arborea, Torres e Gal-

lura) era governato da un re chiamato Giudice. Siamo tra il IX e il XV secolo e la Sardegna aveva necessità di staccarsi da Bisanzio e proteggere se stessa dalle incursioni degli Arabi. Ogni “logu” divenne presto autonomo dal potere centrale e anche le donne poterono governare. La prima donna sarda a prendere le redini del proprio giudicato fu Elena di


shmag.it 7

Gallura. Si trattò di una delle prime donne al governo di tutta Europa. Questo ci fa capire come la Sardegna sia stata da sempre una terra legata al potere femminile e ci fornisce un’immagine così moderna da mettere in discussione l’idea comune di un’isola per essenza isolata. Non solo i Giudici maschi avevano contatti con l’estero e con i vari sovrani europei, ma anche le Giudicesse avevano questa opportunità ed erano donne molte colte. Di Elena, nata a Civita (l’odierna Olbia) nel 1190, non conserviamo molte informazioni. Ereditò il Regno di Gallura molto presto, a soli 13 anni. Da quel momento in poi iniziò la corsa alla sua mano da parte dei più disparati pretendenti. Elena dimostrò un carattere forte quando, nonostante le pressioni del Papa Innocenzo III che suggeriva come sposo suo nipote Trasamondo, decise di rifiutare la proposta. Ad avere la meglio alla fine fu il fortunato nobile pisano Lamberto Visconti. A soli 28 anni, Elena morì, probabilmente di parto. L’erede dei coniugi fu Ubaldo, sposo di un’altra grande regina di Sardegna: Adelasia di Torres. Il marito della prima Giudicessa, Lamberto, non perse certo tempo e si risposò con Benedetta di Cagliari, seconda donna ad ereditare il trono per diritto nell’isola. È evidente che il nobiluomo pisano ci vedesse lungo. Benedetta in verità sposò in prime nozze Barisone II di Arborea. Congiuntamente, gli sposi governarono i rispettivi regni. Il loro coraggio risiedette nel far prevalere gli interessi locali su quelli pisani. E fu qui che entrò in gioco Lamberto Visconti, ormai vedovo della povera Elena di Gallura. Nel 1215, egli, per ripristinare l’influenza di Pisa, radunò un esercito e sbarcò alla volta del Giudicato di Cagliari, occupando la collina di Santa Gilla. La città fu da qui in poi scossa dai tumulti tra sardi e pisani. Morto il primo marito Barisone, Benedetta sposò Lamberto nel tentativo di ripristinare la pace. Ma gli scontri non cessarono e la Giudicessa, risposatasi successivamente altre due volte per cercare di difendersi dall’influenza pisana, fu costretta a rifugiarsi a Massa, dove morì nel 1233. La fine, si sa, fu tragica: Santa Igia – capitale del Giudicato di Cagliari – venne rasa al suolo dai Pisani nel 1258. Di allora ci è rimasto un solo monumento: la Chiesa di San Pietro dei Pescatori, nel quartiere storico di Stampace. Il Giudicato di Cagliari si estinse e la sua ul-

tima e coraggiosa regina rimane ancora oggi l’emblema della forza delle donne di Sardegna. Terza regnante in Sardegna fu Adelasia di Torres. La sposina appena 12enne fu consegnata nelle mani del coetaneo Ubaldo, figlio dell’onnipresente Lamberto Visconti e di Elena di Gallura. Sicuramente Adelasia fu una delle Giudicesse più sfortunate. Salì al trono di Torres grazie all’appoggio del marito Ubaldo (nonostante la modernità del contesto, le donne non potevano ufficialmente governare da sole) a seguito della morte del fratello durante una sommossa popolare. Alla morte del marito Ubaldo Visconti, Adelasia sposò il principe Enzo, figlio nientepopodimeno che dell’Imperatore Federico II. Enzo era attraente e giovanissimo: soli 18 anni a confronto dell’ormai matura e trentunenne Giudicessa di Torres. L’intento dell’imperatore era quello di dare vita a un regno sardo con a capo suo figlio Enzo e la consorte come re e regina di Sardegna. Dopo l’abbandono del giovane sposo (che preferiva alla Sardegna la vivacità della penisola), Adelasia visse nel Castello di Burgos. Gli ultimi anni di vita della regina sono avvolti nel mistero: con lei morì anche il Giudicato di Torres. La più popolare regina di Sardegna fu sicuramente Eleonora d’Arborea. Carlo Cattaneo la definì come “la figura più splendida di donna che abbiano le storie italiane”. Donna eccezionale, guerriera in un Medioevo fuor di dubbio dominato dagli uomini. Non solo Eleonora governò il suo logu, ma ebbe l’idea di riunire tutta la Sardegna sotto una dinastia locale in un’epoca (la fine del 1300) in cui l’isola era sotto l’influenza degli Aragonesi. Dal padre Mariano, Eleonora d’Arborea ereditò non solo il regno, ma anche l’intento di combattere il dominio degli spagnoli. Quasi ci riuscì: con saggezza politica Eleonora venne a patti con ceti urbani e contadini e migliorò la Carta de Logu (promulgata da suo padre), codice di leggi unico nel suo tempo. Il testo è ancora oggi di una modernità impressionante: alcuni articoli erano dedicati alla tutela delle donne e affrontavano delicatamente il tema dello stupro. La carta fu estesa dagli aragonesi in tutta l’isola. Eleonora non riuscì nell’intento di riunire sotto di sé la sua Sardegna: la peste si portò via la regina e consegnò l’isola agli stranieri. Tuttavia il suo gioiello, la Carta de Logu, sopravvisse per 400 anni.


8 S&H MAGAZINE

FOTOGRAMMI SLEGATI Pier Bruno Cosso racconta l’esistenza per singole immagini di DANIELE DETTORI

D

opo due romanzi di successo, Pier Bruno Cosso ritorna in libreria e si cimenta con uno stile narrativo leggermente diverso: il racconto breve. Sassarese doc, classe 1956 e una carriera come informatore scientifico che delinea le forme della sua quotidianità, Pier Bruno ama raccontare storie che nascono da piccoli dettagli,

poco appariscenti ma ricchi di significato, quasi sempre vissuti in prima persona. Lo incontriamo davanti a un bicchiere di menta, in un caffè artistico-letterario. La scelta della bibita è sua. «È bella fresca e dissetante», ci spiega con il consueto garbo di un gentiluomo d’altri tempi. Chiedere il perché di Fotogrammi slegati come titolo della sua raccolta ci sembra un buon incipit.

«I racconti che la compongono trattano di argomenti diversi. Spaziano dalla brutalità della caccia, dove si ribalta la prospettiva cacciatore-preda, alla ludopatia, passando per la violenza sulle donne e i ricordi del passato che riemergono all’improvviso. In realtà avevo scelto un titolo tratto proprio dal racconto incentrato sul tema della violenza: “Era solo uno schiaffo e altri guai”. Un giorno ho ricevuto la telefonata dell’editore che mi faceva notare quanto fosse improbabile che qualcuno entrasse in libreria e chiedesse un titolo di quel genere (ride, ndr). Così, da un altro racconto, mi ha suggerito di estrapolare queste due parole, più poetiche ed evocative, e che raccontano bene anche l’essenza del libro. Un legame tra i racconti, in effetti, non c’è se non per quanto riguarda i travagli che ciascun personaggio vive suo malgrado.» I racconti sono piccole chicche capaci di catturare il lettore e immergerlo, anche solo per poche pagine, in un mondo che diventa subito molto vivido e circoscritto, quasi come una foto d’epoca ben conservata, ritrovata per caso. E andare a caccia di simili foto piace. Lo dimostra il successo di pubblico che il libro riscuote a ogni presentazione, in

Sardegna così come oltremare. «L’ambientazione in Sardegna affascina il lettore oltre i confini della nostra isola», dice Pier Bruno. «Anzi, ti dirò di più: parlare della nostra Sardegna, da lontano, la fa sentire come una terra senza confini. Se sono a Milano, a Torino, a Roma o a Copenaghen, quando con i lettori parlo di Barbagia, di Platamona, o del quartiere Sant’Elia di Cagliari (alcune ambientazioni dei miei racconti), ho la sensazione esatta che il nostro sole, il nostro vento, o i nostri panorami aspri arrivino sin lì. Che mentre ne parliamo siamo fisicamente dentro quei luoghi. Un autore veneto intervenuto a Copenaghen mi ha detto che invidia il legame di noi sardi con la nostra terra. E fa riflettere come il parlare di Sardegna fuori dall’isola sia, per molte persone, così entusiasmante.»



10 S&H MAGAZINE

al museo sa corona arrùbia in mostra le vestigia guerriere di una cultura lontana chiusa all’interno di rituali e cerimonie che esaltano il mito e l’alto valore morale dei samurai di ALESSANDRO LIGAS

A

rmature complete, chiamate tosei gusoku, elmi dalle raffinate forme, detti kabuto, micidiali katana e maschere, mempō, ricche di forza espressiva, sono questi alcuni degli oggetti presenti, fino al 21 luglio, al Museo Sa Corona Arrùbia, Località Spinarba strada Lunamatrona – Collinas, per la mostra La Via del Samurai. Bushidō. L’evento, patrocinato dalla Regione Autonoma della Sardegna e dall’Istituto Giapponese di Cultura, propone un’esposizione di opere appartenute ai guerrieri samurai, provenienti dalla prestigiosa collezione del Museo Stibbert di Firenze, con l’obiettivo di accompagnare i visitatori in un percorso dall’atmosfera rituale dentro la geografia, la mitologia, la filosofia, le arti e la gastronomia della cultura del Paese del Sol Levante. “È stata opinione comune tra i sindaci dei venti comuni facenti parte del consorzio turistico Sa Corona Arrùbia - racconta Francesco Sanna, presidente del raggruppamento - che la figura del samurai e l’affascinante cultura giapponese potessero essere di grande interesse per il pubblico oltre ad essere una prima assoluta nell’isola. Una mostra che si contraddistingue per la sua raffinatezza, accuratezza e suggestività, oltre che rispondere a

un gran bisogno di semplici arricchimenti nella vita di tutti i giorni”. Un percorso che racconta in un modo stimolante e allo stesso tempo elegante la grande tradizione culturale e le curiosità di un paese che, da sempre, esercita un fascino particolare sul mondo occidentale. Al centro dell’allestimento c’è la Via del Samurai, detti anche bushi (guerrieri), che per sette secoli (dal 1185 al 1868) hanno governato il Giappone e sono stati di fatto gli amministratori con una organizzazione di stampo feudale al cui vertice vi era lo shōgun. Sono proprio loro che hanno impresso un segno profondo nella cultura del paese orientale in contrasto con lo stereotipo del guerriero efferato e spietato che siamo abituati a vedere e che va totalmente ridimensionato e contestualizzato. È proprio durante gli anni della loro affermazione che nasce l’ideale della Via (o delle Vie) del Samurai, meglio nota come bushidō. Una concezione morale ed estetica che ha come obiettivo il raggiungimento della perfezione. Una visione che, nel caso dei samurai, si basava su valori fondamentali quali il


shmag.it 11

dovere e la dedizione ad una causa (giri), la benevolenza verso i vassalli e il servizio verso il proprio signore (goon to hōkō) e la conciliazione tra arti militari e letterarie (bunbu ryōdō). “È infatti proprio con i samurai al potere – precisa Sanna - che fioriscono il buddhismo Zen e il Neo Confucianesimo, l’arte del tè e dei giardini, la poesia haiku e il teatro Nō, fino alle stampe Ukiyo-e che hanno influenzato profondamente artisti quali Manet, Monet, Van Gogh e Gauguin”. Una società quella Giapponese molto diversa dalla nostra che mostra come sia possibile coniugare, con le armature, il senso del pratico, delle funzioni militari, con quello estetico e la cura nei dettagli. Un racconto a 360 gradi della vita del samurai, all’interno della mostra sono presenti anche oggetti di uso quotidiano poco conosciuti, che si pone anche l’obiettivo di proporre una riflessione più attenta sul tema dell’incontro, unito alla ricerca di comuni denominatori, con una civiltà spesso percepita come “esotica”, se non addirittura estranea alla nostra. Un confronto con la diversità che vuole mettere in evidenza come le comunanze e le diversità facciano nascere una maggiore conoscenza di sé stessi e una riscoperta del valore irrinunciabile delle proprie radici culturali. “È proprio la fermezza del gesto - prosegue il presidente - quale esteriorizzazione della fermezza del pensiero, tanto nelle discipline marziali quanto in quelle artistiche e filosofiche, ciò che possiamo imparare da questa cultura. Ma ciascun sardo, che ami nel profondo la propria terra e la sua identità culturale, ha già qualcosa del samurai: mani ferme e pensiero deciso questa è la via. Ma più delle comunanze o delle diversità sotto un profilo socio-antropologico è curioso osservare come culture tra loro diversissime abbiano poi trovato soluzioni similari. L’esaltazione del guerriero, dell’eroe in forma di gigante o di bronzetto

ricorda molto l’armatura rituale dei samurai e la loro trasfigurazione in giganti robot dei cartoni animati”. Il finale della mostra è dedicato ai modelli di Goldrake, Mazinga e di altri celebri personaggi dei cartoni animati giapponesi che non solo altro che una lettura in chiave moderna degli antichi samurai. Una mostra che non soltanto si limita alle opere esposte ma che vuole essere volano per l’intero territorio circostante, la Marmilla, tra il cagliaritano e l’oristanese, ricco di cultura e storia con gli oltre 200 nuraghi presenti, i borghi medievali, le chiese cinquecentesche oltre che percorsi naturalistici e ciclabili. La mostra è visitabile dal lunedì alla

domenica, dalle ore 9:00 alle 19:00 (la biglietteria chiude alle 18:00). Il costo del biglietto intero è di € 12,00 per gli adulti, € 10 per i bambini tra i 6 e i 12 anni e gli adulti con più di 65 anni, biglietto omaggio per i bambini con meno di 6 anni, portatori di handicap e i loro accompagnatori. Il biglietto consente l’ingresso alla mostra temporanea “La Via del Samurai. Bushidō” e alle sezioni permanenti del Museo (faunistica, botanica e antropica). Chi acquisterà il biglietto potrà usufruire di un ingresso gratuito al Museo entro la fine della mostra. È presente il servizio di accompagnamento culturale offerto gratuitamente previa prenotazione obbligatoria alla biglietteria del Museo.


12 S&H MAGAZINE

Claudio Melis IL CUOCO SARDO CHE HA CONQUISTATO IL MONDO di DIEGO BONO

I

n televisione, sui giornali, sul web, il mondo ha riscoperto un mestiere per molto tempo considerato distante, lontano o di nicchia, ma che in realtà presenta tutti gli stilemi delle arti più romantiche, e come tali trova forza nella genialità, nello studio, e nella creatività dei propri autori: è l’arte della cucina. In Italia e all’estero uno dei più importanti creativi del settore è un sardo, Claudio Melis (Gadoni, classe 1972), un ragazzo che con le sue ricette eleganti e ricercate, minimali e innovative, ha incantato i più raffinati palati di tutto il mondo e servito personalità dal calibro di Bill Gates o

dello scrittore gallese Ken Follett. Oggi lo chef nuorese possiede diversi ristoranti e vanta un curriculum di rispetto, ma la sua storia comincia molto prima, in un piccolo paese della Barbagia. Dopo essersi trasferito a Sassari per frequentare l’Istituto Alberghiero, Claudio partecipa a numerosi stage e grazie alle prime stagioni nella riviera il suo nome nasce e si diffonde come sinonimo di capacità e competenza. Proprio come una fiaba, durante un lavoro in Costa Smeralda un cuoco francese (capo pasticciere con Gualtiero Marchesi) vuole dare un’opportunità al giovane Melis, proponendogli la preparazione di una cena in quel di Milano, in un ristorante

di alto livello, con menù di sette portate e una brigata di trenta persone. Una prova dura, ma che segna l’inizio della sua straordinaria carriera. A soli 24 anni lo chef diviene capo di uno staff di sette persone in uno dei ristoranti più importanti di Parma (il Parizzi), ricevendo e difendendo la stella Michelin per due anni. Ma la sua ascesa professionale non è finita, e nel 2010 la sua passione lo porta sino in Arabia Saudita, in un hotel extra-lusso, quindi executive chef in un resort ad Antigua, cuoco personale per importanti personalità e corporate chef di una sontuosa struttura di Dubai. I ritmi di lavoro sono però al limite del possibile e i tempi sempre più serrati e insostenibili portano Claudio ad una nuova svolta nella sua carriera: tornare in Italia per fondare un proprio ristorante, con la sua visione e la sua idea di cucina. Grazie al cognato dà vita a Zur Kaiserkron, locale riadattato da un palazzo seicentesco del cuore di Bolzano, a cui dedica anima e corpo e che, finalmente, lo fa sentire nuovamente appagato e soddisfatto,


shmag.it 13

come dimostra la stella Michelin vinta ad appena un anno dall’apertura. Dal 2015 propone la sua cucina che definisce modern tradition, in cui, forte di quanto imparato nella carriera internazionale, unisce la semplicità e il minimalismo della modernità alla tradizione e classicità degli ingredienti italiani. Abbiamo contattato lo chef Claudio Melis per porgli qualche domanda sulla sua arte culinaria e sulla sua incredibile carriera. Salve Claudio, la ringraziamo per averci concesso un po’ del suo tempo, quindi, una domanda che sorge spontanea: come nasce il suo amore per la cucina? Assolutamente per caso! Dopo essermi iscritto all’alberghiero di Sassari come alternativa al poco attrattivo Istituto Tecnico di zona e dopo le prime stagioni al mare è nata questa passione che tuttora mi accompagna. Quali sono state le più grandi difficoltà e soddisfazioni della sua carriera? Quello del cuoco è un lavoro di sacrificio, di tante ore in piedi, di assoluta fedeltà alla causa! Ricordo bene quella volta che a Porto Rotondo, ancora ragazzo, il mio pasticciere francese mi fece dormire tutta la notte sullo zerbino fuori di casa perché avevo fatto le brioche troppo piccole! Sicuramente le esperienze in Francia prima e da Gualtiero Marchesi poi sono stati momenti duri, così come le esperienze all’estero in un mondo nuovo come quello delle catene alberghiere, ma le soddisfazioni sono state tante, soprattutto l’apertura di In

Viaggio a Bolzano, il nostro angolo gourmet che è andato ad affiancare il nostro bistrot Zur Kaiserkron, ma anche progetti interamente miei e dei miei soci Monica (mia moglie) e Robert (mio cognato). In poche parole come descrive la sua cucina? Una cucina che stimola palato, cervello e cuore. È importante per me l’acidità, fondamentale per creare gusto nel piatto e stimolare il palato, ma anche la ricerca del prodotto che ho imparato da mia madre che non faceva il minestrone se non aveva i fagiolini del vicino, le patate di quel dato appezzamento di terreno e così via. Lei è uno chef rinomato in tutto il mondo, ma le sue origini sarde sono presenti anche nei suoi piatti. Qual è il suo rapporto con la sua Isola? Il mio rapporto è sicuramente di forte legame sentimentale e caratteriale, forse il mio essere testardo e caparbio, qualità riconosciute in noi “Razza Sarda”, mi ha aiutato a tenere duro e pian piano a realizzare un sogno. Può darci un piccolo scoop? Pensa mai di tornare in Sardegna e aprire un ristorante nella sua terra natale? Ultimamente sto prendendo sul serio l’idea di farlo! Vorrei salutarla con una domanda necessaria: cosa consiglierebbe ai ragazzi che ci seguono, che sognano di seguire le sue orme e che si vorrebbero affacciare a questo mondo? Di valutare bene cosa vogliono fare, il cuoco per me è il lavoro più bello del mondo! Ma non è per tutti, bisogna seguire la passione per la cucina senza scendere a compromessi.


14 S&H MAGAZINE

Foto Giovanna Vacirca

di FRANCA FALCHI

FRANCESCA SASSU, VAESPRESSIVITÀ IN SCENAE SONORITÀ LA VOCE IN PERFETTA ALCHIMIA

U

no dei soprani più talentuosi della sua generazione, una voce calda e rotonda che l’ha portata, negli ultimi quindici anni, a calcare palchi e ruoli prestigiosi. Francesca Sassu, ha iniziato, quasi per caso, in una corale della sua Sassari che l’ha spinta giovanissima a perfezionare gli studi al Conservatorio Canepa di un’arte che le veniva naturale. Un master con la Kabaivanska e Bruson e poi la guida della Frittoli, sua maestra. A soli venti anni vince un concorso internazionale decretando l’inizio della sua carriera nell’Opera lirica. Il lavoro con Muti, il Teatro alla Scala di Milano, Salisburgo, Tokio, il San Carlo di Napoli, La Fenice di Venezia, L’Arena di Verona sono solo alcune delle tappe dove interpreta magistralmente La Traviata, Carmen, La vedova allegra, Norma, La Boheme, Le nozze di Figaro e tanti altri. Una famiglia, due figli, che la tengono costantemente legata alla sua città natale, dove, come spesso accade, i talenti sono apprezzati forse tardivamente. Ha avuto maestri notevoli, ha una sua cantante di riferimento? Nutro ammirazione per diverse interpreti per carisma e per tecnica, ma ho sempre rispettato il mio timbro e colore, senza mai forzarli in imitazioni. Un riferimento è senz’altro la mia maestra, Barbara Frittoli. Cosa ha significato lavorare giovanissima con il maestro Muti? É stata una sorta di chiave di volta nella mia carriera. Studiando con la Frittoli, protagonista in diversi ruoli alla Scala diretta da Muti, ero già preparata alla sua forma mentis rigorosa e aderente allo spartito, per cui non è stato difficile apprendere da lui. Quanto è importante il lavoro su un personaggio? Parto solitamente dallo spartito: guardo cosa c’è sotto le


shmag.it 15

righe. Ascolto altre interpreti ma, fondamentalmente, ho un approccio analitico. Mi documento tramite le fonti letterarie, che non sempre corrispondono al libretto. Cerco il vero personaggio, curo molto la parte attoriale che trovo particolarmente congeniale. Sul palco mi diverto, non riuscirei a lavorare con un regista che non assecondasse questo mio lato. E sino ad ora sono stata fortunata. A proposito di personaggio originale: lei ha lavorato in una produzione particolare della Traviata. Si riferisce alla trasposizione per il Luglio Musicale Trapanese con la regia di Andrea Cigni. Vede, quest’opera si ispira a fatti realmente accaduti. Violetta è reale: bella, forte e intelligente, ha saputo fare delle sue doti il suo riscatto sociale. Era quella che in termini attuali chiameremo una escort. Verdi voleva denunciare la licenziosità della società bene del suo tempo ma, per censura, fu sempre rappresentata con abiti di altra epoca in una sorta di edulcorazione. In questa versione, Violetta è moderna, nelle scenografie e nei costumi, in quella che adesso sarebbe la società più vicina a quella del tempo di Verdi. La scena del salone da ballo diventa un club privato e Violetta veste abiti da burlesque. Penso che a Verdi sarebbe piaciuta. Quanta sé stessa c’è in ogni personaggio, ne ha mai interpretato uno che non le piacesse? Metto molto nelle mie interpretazioni, diversamente mi annoierei. Sono maniaca della perfezione, mi piace il bel canto, ma se avessi voluto fare solo quello avrei fatto concerti non l’Opera. Cerco sempre analogie tra me ed il personaggio e faccio collimare il tutto con l’idea del regista. Agli inizi, con un ruolo nuovo, può essere che non lo senta congeniale, soprattutto se molto diverso da me ma, ci sono talmente tante sfaccettature, che un modo per entrare lo trovo. La fatica iniziale lo

fa diventare più bello degli altri. Predilige ruoli drammatici o più leggeri? Uno a cui è particolarmente affezionata? Sicuramente quelli drammatici, anche se fino ad ora non mi è capitato altro. Credo però di poter riuscire bene anche in una parte comica. Sono cari tutti, ciascuno ha costruito una parte di me. Violetta forse è il più complesso, con un’evoluzione psicologica che consente di fare tutto: è prostituta, seduttrice, donna innamorata che si sacrifica, poi la malattia, il dolore e la morte. Complesso anche dal punto di vista vocale. Ha calcato palchi tra i più importanti e prestigiosi, dove si è emozionata di più? Non penso che sia il palco ad emozionare. Cantare alla Scala è particolare, certo. Forse però, lo è stato quello dell’Arena di Verona. È magica, pregnante di storia, il direttore d’orchestra è lontano, e tale distanza è difficile da gestire. Si è circondati dal pubblico ed è come se ci abbracciasse. Poi c’è la Fenice a Venezia, palco del mio debutto in Traviata; Torino, che è un po’ come tornare a casa; e Oslo, per il calore del suo pubblico. C’è ancora interesse per la tradizione? Cosa consiglia ad un giovane? I teatri sono sempre affollati da giovani appassionati. C’è tanto amore sia in Italia che all’estero. Mi scrivono diversi ragazzi, a cui rispondo di cercare un insegnante serio, con non solo le capacità ma anche la voglia di mettersi in gioco. Chi inizia ha bisogno di guide ma anche di onestà verso il proprio talento. È difficile ma, fortunatamente, queste persone esistono. I suoi prossimi impegni? A marzo sarò a Novara e poi a Ravenna con Le nozze di Figaro, poi al Royal Opera House Muscat con il Lakmè. Ho la Turandot a Bologna, poi Tunisia, Giappone e Pechino, i miei impegni ormai sono calendarizzati per i prossimi due anni. Toi, toi, toi Francesca.

Nei panni di Violetta nella Traviata a Trapani, regia Andrea Cigni

Nei panni di Norma a Verona, regia Hugo de Ana


16 S&H MAGAZINE

LA CENERE DEGLI ANGELI IL TOPHET DI SANT’ANTIOCO

di MANUELA PIERRO

L

a Sardegna, probabilmente grazie alla sua immensa ricchezza mineraria, alla fertilità del suolo e alla particolare posizione geografica, è stata fin dall’antichità oggetto di grandi attenzioni, e colonizzazioni, da parte di antichi popoli che venivano dal mare. A partire dal 1000 a.C., infatti, giunsero i Fenici, popolo dell’Asia mediterranea, che formarono nel giro di un secolo veri e propri centri abitati come punti di riferimento per i traffici commerciali del Mediterraneo. I Fenici sfruttarono le risorse naturali del territorio ma, contemporaneamente, migliorarono le condizioni di vita delle popolazioni autoctone, perché le arric-

chirono con pratiche assolutamente all’avanguardia: introdussero la coltivazione dell’ulivo e della palma, la tecnica della pesca, della produzione mineraria e del sale. Ma è soprattutto dal punto di vista archeologico che i Fenici ci hanno regalato le ricchezze più rimarchevoli: una delle aree archeologiche sacre di maggior rilievo è il Tophet di Sant’Antioco. Questo santuario risale all’VIII secolo a.C. e si estende su una collina chiamata “Sa Guardia de is Pingiadas” a causa delle circa tremila urne (pingiadas) ritrovate. L’area è racchiusa in un recinto costruito successivamente dai punici come fortificazione.

Con la definizione Tophet, termine biblico che vuol dire “luogo di arsione”, viene indicato un santuario fenicio-punico a cielo aperto, in cui venivano deposte piccole urne di ceramica o terracotta che custodivano resti di ossa combuste di neonati, di bambini di massimo due anni e di animali. Chiameremo metaforicamente “La cenere degli angeli” i resti delle urne del Tophet. Fino a qualche anno fa vi era la convinzione che si trattasse di sacrifici offerti agli Dei affinché gli affari divenissero più redditizi, le stagioni più benevole o per ottenere la fine di tremende calamità naturali. Recenti studi, invece, hanno fortunatamente smentito le credenze del passato e confermato che gli angeli del Tophet morirono per cause naturali. Ricordiamo, infatti, che il tasso di mortalità infantile era altissimo: solo due bambini su dieci arrivavano sani e robusti all’età adulta. Ma allora cosa accadeva realmente nel santuario e perché? I genitori che subivano il lutto vi portavano il corpicino del loro figlioletto avvolto in candidi teli, seguiti da un corteo funebre presumibilmente composto da musici, attori in maschera e parenti. Lo facevano probabilmente per scongiurare altri eventi luttuosi e drammatici in famiglia e come ultimo saluto prima del trapasso nell’aldilà. Lo affidavano al sacerdote affinché si svolgesse il rituale della cremazione. Il piccolo cadavere veniva bruciato su una pira cosparsa di olio e unguenti, veniva raccolto nell’anfora insieme a piccoli oggetti da corredo o amuleti e collocato tra le rocce. In quelle piccole e preziose anfore, la cenere degli angeli ha riposato per lunghi secoli prima di essere scoperta e realmente compresa e nasconde chissà quali incredibili e affascinanti misteri tutti ancora da svelare.



18 S&H MAGAZINE

TEMPESTE MATTEO TIDILI

METEOROLOGIA di ANNALISA MURRU

L

a leggenda di famiglia narra che il suo bisnonno, poco prima di morire, lo prese in braccio e gli trasmise la passione per la meteorologia. A otto anni già annotava dati e temperature e montò la sua prima stazione meteo e oggi, all’età di 32 anni, presenta le previsioni del tempo in diretta dagli studi della Rai. In breve è questa la storia di Matteo Tidili, meteorologo e stormchaser originario di Capoterra, in provincia di Cagliari, che ha fatto della meteorologia un accattivante viaggio all’interno dei meccanismi che regolano il tempo atmosferico e il clima in genere, provocando una dilagante febbre di conoscenza tra i sardi. Diplomato allo scientifico, nel 2008 frequentava il primo anno della facoltà di Scienze della Terra e previde che il 22 ottobre, a Capoterra, si sarebbe verificato un fenomeno meteorologico

insolito. Puntò la sveglia alle tre del mattino per seguire lo sviluppo dell’evento alluvionale che divenne materia delle sue tesi, sia alla triennale che alla specialistica. Trattò infatti la ricostruzione meteorologica dell’evento e la prevedibilità degli eventi atmosferici estremi, ponendo le basi della sua carriera. A coronare i suoi studi, l’attestato di previsore meteo ISSAOS. Correva l’anno 2013 e Matteo iniziò subito a lavorare con un tirocinio di sei mesi a Milano, presso l’emittente Class Tv. Oltre a redigere articoli, curava Prometeo, un programma del palinsesto in cui riepilogava i fenomeni atmosferici più rilevanti della settimana. Terminato il tirocinio, tornò in Sardegna per iniziare l’attività di libero professionista. Fu allora, nel 2014, che iniziò a proporre l’innovativo servizio di prevenzione meteo e monitoraggio idrogeologico in alcuni comuni dell’isola.

GIOCA D’ANTICIPO

Inizialmente fu accolto con scetticismo, data la sua giovane età, e il servizio fu considerato una spesa non necessaria. Ma, alla fine dell’anno, dal Comune di Capoterra arrivò la richiesta di una perizia tecnica sull’evento alluvionale del 2008, perizia che fu decisiva per l’assoluzione in tribunale dell’allora sindaco Giorgio Marongiu, nell’aprile del 2015. Capoterra lo ingaggiò per il servizio di prevenzione meteo e a ruota seguirono i comuni di Segariu, San Sperate e Monserrato; l’Unione dei Comuni del Sulcis ha aderito recentemente. Nel 2015 arrivò anche la collaborazione con L’Unione Sarda e Videolina, un’ottima vetrina; i suoi pezzi divennero virali e oggi il suo profilo Facebook è un punto di riferimento: “Sto dimostrando che i post possono diventare virali anche solo con cultura”. Nel 2017, Matteo venne notato da Claudio Cugusi di YouTG.net, ed ebbe l’opportunità di coniugare le previsioni

RISPARMIA DENARO TROVANDO VELOCEMENTE LA CAUSA DEL PROBLEMA

INDAGINI TERMOGRAFICHE PER Individuazione zone a rischio muffa - Mappatura impianti termoidraulici Ricerca difetti strutturali - Ispezione quadri elettrici - Ricerca perdite d'acqua Ricerca infiltrazioni aria e acqua - Verifica impianti fotovoltaici - Analisi ponti termici QUADRI ELETTRICI INFILTRAZIONI DIFETTI STRUTTURALI PONTI TERMICI PERDITE IMPIANTI IDRAULICI FOTOVOLTAICO

www.iltermografico.com

me@iltermografico.com

348 1 092 093

fb.com/iltermografico


shmag.it 19

Un temporale estivo (sopra) e una tempesta di fulmini su Cagliari (sinistra)

del tempo con lo stormchasing, realizzando video e contributi esclusivi direttamente dai vari luoghi di interesse. Infine, la scorsa estate arrivò la chiamata dalla Rai per il programma Buongiorno Regione Sardegna, in seguito al pensionamento del colonnello Carlo Torchiani. Matteo, tra le altre cose, insegna meteorologia presso l’Agenzia Evolvere e nell’ambito dell’Alternanza scuolalavoro al liceo scientifico Alberti di Cagliari. Quanto è importante la figura del meteorologo, oggi che chiunque può diffondere informazioni? Si dovrebbe fare un passo avanti nella certificazione della figura, creare un apposito albo. È positivo che un profano possa leggere una previsione meteo su qualsiasi sito, ma il fatto che possa fare il meteorologo anche un non laureato genera disinformazione, perché per leggere un modello meteo ci vogliono delle ore. La figura del meteorologo laureato, certificato e riconosciuto è fondamentale perché fa da discriminante tra la vera informazione, quella ufficiale, e la spazzatura che circola sul web e che tende ad allarmare. È importante che la gente sappia che la meteorologia è una materia di pubblica utilità, non di spettacolo ed enfatizzazione. Si parla tanto di riscaldamento globale e cambiamenti climatici; c’è qualche mito da sfatare? Stiamo andando verso un progressivo riscaldamento globale, i dati lo confermano. Possiamo dire che la

media termica del globo è aumentata di circa 1° negli ultimi cento anni. Noi viviamo in una zona, il Mediterraneo, che è un hotspot, ossia una zona che ne risente maggiormente e infatti stiamo osservando i maggiori aumenti di temperatura sia nell’atmosfera che nel mare. Avere a disposizione più calore si traduce in un aumento di energia disponibile per temporali che risultano più intensi, spesso con caratteristiche di nubifragio o alluvione. Alterniamo periodi glaciali a periodi interglaciali e adesso siamo in un interglaciale, però le temperature stanno aumentando maggiormente perché ci stiamo mettendo mano noi con l’inquinamento e l’emissione di gas a effetto serra. Pratichi lo stormchasing, la caccia alle tempeste: quando hai iniziato e come operi? È la cosa che più amo. Ho iniziato a 18 anni, appena ho avuto la macchina: sognavo di entrare dentro i fenomeni più estremi, non solo di prevederli. 24 ore prima, prevedo che in una zona della Sardegna ci saranno le condizioni termodinamiche favorevoli per l’innesco di temporali. Seleziono quindi un target geografico e un target temporale in cui è più probabile che si possa innescare il fenomeno. Con tutta la strumentazione in macchina - PC, satellite, radar e carte - entro dentro il fenomeno e riesco a seguirlo e studiarlo da sotto, in una zona di sicurezza che mi permetta di fotografare tutte le nubi accessorie, come le shelf cloud, che si trovano alla base dei temporali e creano atmosfere suggestive, quasi americane.


Museo Rossoblù A Quartu ESPOSTA la storia del

Foto marcellotrois.com

20 S&H MAGAZINE

Cagliari calcio e… non solo!

di ALBA MARINI

A

Quartu in via Diaz 77 da qualche mese ha preso forma il paradiso dei tifosi del mitico Cagliari Calcio. Si tratta del Museo Rossoblù… e non solo. Tra maglie e palloni, tra rarità e cimeli rivivono il mito di Gigi Riva, l’orgoglio rossoblù, ma anche la passione per il calcio in generale. Nella collezione, infatti, non c’è spazio

solo per gli oggetti rari e preziosi relativi al Cagliari ma anche per una parentesi sul calcio inglese, che raccoglie palloni e scarpe dal 1880 al 1950. L’idea nasce dall’attuale direttore del museo, Simone Gallus, che – dopo aver ricevuto in regalo la maglia di Esposito della stagione 2005/6 e dopo essere stato colpito dal vedere in curva nord un tifoso con indosso la maglia dell’82 con

sponsor Ariostea – fu colto da un’irrefrenabile voglia di collezionare e raccontare la storia della sua squadra del cuore. Scarpini e bandiere, ma - in nome della passione originaria - soprattutto maglie. Un po’ di numeri? 250 magliette, 50 palloni e ben 700 foto d’epoca. Tra le rarità esposte a spiccare è sicuramente la moneta d’oro di Gigi Riva. La moneta, coniata nel 1970 negli Emirati Arabi Uniti, è un vero e proprio omaggio intercontinentale al campione nostrano. 10 grammi di oro, originaria di Ras al-Khaima (uno dei 7 Emirati), del valore di 50 Riyals, porta fieramente su una faccia il volto di Rombo di Tuono con la dicitura “Campioni dello sport”. Un oggetto

rarissimo che è costato al collezionista Simone Gallus ben un anno e mezzo di ricerche. Il mito del calciatore rossoblù, uno dei più forti di tutti i tempi, raggiunse e conquistò quindi anche il Medio Oriente: la serie di monete sui Campioni coniata negli Emirati annoverava solo il nome di Riva e di un altro grande del calcio, Gianni Rivera. Altri cimeli pronti a lasciare a bocca aperta appassionati e non solo sono la maglia di Renato Copparoni (fatta in casa dalla mamma e dalla sorella) e il mezzobusto in tufo di Gigi Riva plasmato dallo scultore G. Cocco. La vetrina del museo quartese è dedicata ancora una volta al grande eroe del Cagliari Rombo di Tuono, immortalato in una riproduzione plastica nella posa che ne decretò il mito. Il 18 gennaio 1970, con una leggendaria rovesciata in controtempo di sinistro, Gigi Riva segnò il gol contro il Vicenza. Inutile dire che fu uno dei gol più belli dell’intera storia del calcio. In nome di una squadra che nel ’70 vinse lo scudetto e con la speranza di futuri trionfi, il Museo Rossoblù regala una collezione unica al mondo. Un piacere per i nostalgici e uno stimolo e un esempio per i nuovi tifosi visitabile tutti i weekend dalle 17:30 alle 20:00.


shmag.it 21

di HELEL FIORI

D

a circa una decina d’anni qui in Sardegna si sta assistendo a un sommovimento filmico davvero niente male. Le opere non sfociano in un cinema “di costume” mostrando per forza il marchio Made in Sardinia (non che sia un male, ma stilemi folkloristici o stereotipati possono essere innegabilmente limitanti), anzi si muovono verso espressioni inconsuete e figlie del presente. La produzione è aumentata esponenzialmente: è bene ora pensare ad incrementare il bacino di maestranze fondamentali al miracolo cinematografico e a differenziare i canali distributivi. A chiamata risponde l’Unione Cineasti Indipendenti di Sassari con il progetto City Lights, sala cinematografica al centro città in cui non solo verranno proiettati film di qualsiasi paese d’origine – non assolutamente blockbuster – ma saranno anche attivati corsi di recitazione e di filmmaking: concepito come circolo culturale che prevede tesseramento, il City Lights porterà una linea didattica parallela che stimolerà la collaborazione tra le componenti tecniche e artistiche necessarie alla creazione filmica. Al progetto collaboreranno anche professionisti del cinema italiano come Walter Fasano (montatore di Chiamami col tuo nome, Luca Guadagnino), Massimo Gaudioso

U.C.I.

CHI FA DA SÉ FA PER TRE

(David di Donatello alla migliore sceneggiatura per Go‐ morra e L’Imbalsamatore, Matteo Garrone) e il direttore della fotografia Daniele Ciprì (Il primo re, Matteo Rovere). Già nel 2011 l’U.C.I. si distinse sul territorio per dei laboratori cinematografici

cofinanziati dalla Regione Sardegna sul tema dei diritti umani, in collaborazione con diversi Istituti scolastici superiori della Provincia di Sassari; e nel 2013 coinvolse alcuni studenti dell’Accademia Sironi di Sassari su un vero set professionale.

L’associazione culturale nacque nel 2008 grazia al regista Bonifacio Angius (Perfidia, Premio Giuria Giovani Critici al Festival Internazionale del Film di Locarno 2014, inserito dal MIBACT tra i trenta film d’eccellenza 2014/2015; e Ovunque Proteggimi, presentato al TFF 2018 e osannato da pubblico e critica), allo scrittore e sceneggiatore Gianni Tetti (Premio Solinas 2018 per Tutti i Cani Muoiono Soli insieme a Paolo Pisanu), e al documentarista Stefano Deffenu (di cui avremo presto notizie; noto ai più come l’Angelino di Perfidia). Al team si aggiungano gli attori Alessandro Gazale e Francesca Niedda, e il già citato Pisanu, e si assiste al prendere forma di una squadra di artisti crudi e senza fronzoli, decisi a non demandare completamente a terzi la responsabilità di fare cinema: “Credo che, forse con una leggera presunzione, uno spazio culturale, come è un cinema e una scuola di cinema, abbia bisogno di essere gestito da chi pratica tale arte, da chi ne conosce i segreti e le potenzialità” dice Angius. Partenza stimata in primavera: maggiori info sulla pagina Facebook @unionecineastiindipendenti; crowdfunding al link sostieni.link/20564. “Siamo sicuri, che nel giro di tre anni avremo un nostro studente vincitore del David di Donatello come miglior cortometraggio. Vediamo se vinco la scommessa” sfida Bonifacio. Partito il countdown.

esse&acca

Consul D Data CONSULENZA AZIENDALE + CONTABILITÀ FISCALE

Servizi di elaborazione dati, consulenza a privati, liberi professionisti, aziende, associazioni. PIAZZALE SEGNI, 1 . SASSARI .

079.29.18.10

consuldatasas2010@libero.it


Foto Alberto Mossa

22 S&H MAGAZINE

BALENTIA BACK IN BLACK

ESCE IL NUOVO DISCO DEI PIONIERI DEL RAP SOCIALE SARDO di MARCO SCARAMELLA

I

Balentia tornano con un nuovo album intitolato Nieddu, dopo sei anni dalla loro ultima fatica discografica. Il nuovo album, pubblicato lo scorso 14 dicembre e firmato ancora una volta da Alessio e Andrea Mura, è un lavoro totalmente autoprodotto, grazie ad una proficua campagna di crowdfunding, realizzata sulla piattaforma produzionidalbasso.it. L’album è disponibile sui principali digital store,

ed è ordinabile su supporto fisico dal sito balentia.com. Abbiamo fatto due chiacchiere con Alessio Mura, che ci ha raccontato com’è nato il nuovo album, e col quale abbiamo ripercorso questi oltre 20 anni di carriera dei Balentia. I Balentia nascono nel 1995 dall’urgenza espressiva di due fratelli, Su Maistu (Alessio Mura) e Lepa (Andrea Mura), che trovano nel rap uno strumento per raccontare la loro esistenza. Nascono dalle ceneri dei Mogoro

Posse, una delle prime crew del rap isolano. La loro identità, sia per l’utilizzo della lingua sarda che per le tematiche trattate, è molto legata alla Sardegna. Amano definire il loro un rap sociale e le loro canzoni come delle fotografie della realtà che li circonda. I Balentia hanno iniziato frequentando i piccoli locali della Sardegna, poi hanno allargato i loro orizzonti suonando in molti locali della penisola e


shmag.it 23

anche all’estero, in Germania, in Spagna e in Grecia, riscontrando un buon consenso di pubblico. Tutto ciò ha permesso loro di ottenere diverse soddisfazioni. Sono, infatti, tra i pochi gruppi italiani ad essere citati in studi statunitensi sulla lingua italiana e sul rap, sono stati citati in tesi di laurea ed in libri sulla cultura hip hop italiana. Queste fasi sono state importanti, visto il loro desiderio di riuscire a lasciare il segno del loro passaggio nella musica, pur non avendo l’insistente esigenza di dover entrare in classifica ad ogni costo. Le tappe importanti in questi oltre 20 anni di carriera, sono i molti concerti fuori dai confini isolani, e la vittoria di diversi premi. Ma la cosa più importante che si sentono di aver lasciato sono i propri lavori discografici, “perché i dischi sono qualcosa che rimane, come un libro, sono l’istantanea di un preciso momento storico. Abbiamo iniziato con un rap politicizzato con i Mogoro Posse, per arrivare all’attuale rap sociale”, racconta Alessio.

Come mai avete scelto di chiamarvi Balentia? Il concetto di balentia è sempre stato inteso con un’accezione negativa, e il balente visto come una persona violenta che tende a prevaricare gli altri. Noi abbiamo voluto riportare il concetto di balentia al suo significato originale, che identifica un individuo saggio e valoroso. Ci teniamo che questo valore sia espresso attraverso le nostre rime. La nostra è una balentia positiva, che per far valere le proprie idee non usa la forza, ma la parola. Siamo molto legati alla Sardegna e al nostro territorio, al tal punto che ci è venuto naturale scrivere i testi e cantarli in sardo, lingua che fa parte della nostra vita quotidiana.

Come nasce Nieddu e cosa racconta? Nieddu è il nostro quarto album. È composto da dodici brani inediti, sei in sardo e sei in italiano, per un perfetto equilibrio di suoni e parole. È un disco che io amo definire notturno, semplicemente perché è stato scritto di notte. Questo lo ha plasmato perché ha delle sonorità molto scure. Il disco si chiama Nieddu perché neri sono i tempi in cui viviamo. All’interno del disco, però, c’è spazio anche per momenti di speranza, visto che non si può vivere totalmente nell’oscurità. Facciamo questo, raccontando quello che quotidianamente viviamo e vediamo attorno a noi. Quindi si va da Omines et feminas, il pezzo che apre l’album, che racconta quelli che sono i rapporti tra gli uomini e le donne; passando per La libertà di cui ho bisogno, in cui si parla di come ognuno sceglie di trascorrere la propria esistenza attraverso il proprio lavoro; fino ad arrivare a Confini che è un pezzo che tratta il tema dell’immigrazione con storie di prima mano di chi ha attraversato il mare in prima persona; Nieddu, poi, parla della notte e della vita notturna. L’album è stato preceduto dall’uscita del singolo Corri, ispirato al romanzo “Non dirmi che hai paura” di Giuseppe Catozzella, che racconta la vicenda di Samia, una ragazza Somala che insegue il sogno di diventare campionessa di boxe alle Olimpiadi. I temi sono tanti e variegati, e affrontano diverse sfaccettature del quotidiano. Quali progetti avete per il futuro? Abbiamo sicuramente la volontà di suonare tantissimo live, per portare in giro il nostro album. Inoltre stiamo già lavorando al video del secondo singolo. Prima dell’estate uscirà anche un terzo singolo che sarà In bilico sul ghiaccio, un pezzo a cui teniamo molto perché è un brano che racconta l’assenza di una persona cara. Ci tenevo a ringraziare tutti gli oltre 250 fan, che hanno sostenuto questo progetto durante la campagna di crowdfunding. Questa per noi è stata una grande soddisfazione e una grande spinta a fare del nostro meglio. Ringraziamo Alessio Mura e ricordiamo che per rimanere informati su tutte le novità che riguardano i Balentia, potete visitare sia la pagina Facebook che il sito web.


24 S&H MAGAZINE

DavidArts - stock.adobe.com

Quel viaggio attraverso l’Europa che, nel corso dell’Ottocento, i giovani intraprendevano per conoscere il mondo, lo proponiamo qui lungo il Bel Paese, alla scoperta delle nostre Regioni d’Italia.

Il Canal Grande di Trieste, e la Risiera di San Sabba a destra

di DANIELE DETTORI

U

ltima tra le Regioni a Statuto Speciale (caratteristica attribuitale solo nel 1963), il Friuli Venezia Giulia si distingue dal resto della penisola italiana per storia e vicende delle sue popolazioni. Non a caso rappresenta una terra di confine, scissa al suo interno in due diversi territori – quelli del Friuli e della Venezia-Giulia, poi unificati all’indomani della Seconda Guerra Mondiale – oggi attraversati da nuove correnti di indipendentismo e autonomia. Sotto le stelle in Piazza Grande. Perdonate la nostra citazione di quello che è un luogo bolognese ma anche a Trieste esiste la piazza cantata dall’indimenticato Lucio Dalla, ed è proprio da qui che ha inizio il nostro viaggio. Accogliente e austera a un tempo,

quasi una terrazza sul mare, esprime al meglio quel senso di confine tra Stati di cui dicevamo in apertura. Per dirla tutta, si tratta di una piazza che ha anche cambiato nome più volte, nel corso del tempo: San Pietro; Grande; Francesco Giuseppe e, da ultimo, Unità d’Italia sono gli appellativi con i quali è stata identificata questa maxi area, a pochi metri dal porto, che ha ospitato anche concerti di grande richiamo: tra i tanti ricordiamo quello dei Green Day, nel 2013, e quello degli Iron Maiden, nel 2016. La piazza principale del capoluogo friulano ospita, fra gli altri, il Palazzo della Regione, in precedenza di proprietà della compagnia di navigazione Lloyd Triestino, il Palazzo del Municipio e quello della Prefettura, già palazzo della Luogotenenza austriaca. Trieste offre molte altre attra-

VIAGGIO IN ITALIA

FRIULI zioni che non si può rinunciare a visitare: la Grotta Gigante, per esempio, un vero paradiso speleologico, nonché centro di ricerca e meta turistica di grande richiamo, che detiene il primato mondiale per la sala naturale di dimensioni maggiori al mondo. È inoltre presente in città un luogo da alcuni considerato una piccola Auschwitz: si tratta della Risiera di San Sabba. La struttura, impiegata per la pilatura del riso fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, venne convertita dai nazisti in luogo di prigionia e di esecuzioni; al suo interno fu allestito anche un forno crematorio. La risiera è oggi un Monumento nazionale e un museo aperto al pubblico. Facendo poi tappa a Udine scoprirete che è l’arte a far da padrona indiscussa. Passeggiando per le sue strade sembrerà di trovarsi ora a Ve-

nezia, ora nel medioevo, ora in una città moderna e avanguardista. Merito delle numerose correnti architettoniche e storiche che qui si sono sviluppate, insieme con le magnifiche raccolte museali che non possono lasciare indifferente chiunque voglia appagare il proprio senso estetico. Tra l’altro, i circa trenta ettari che formano il Parco del Cormor offrono anche l’opportunità di rilassarsi nel verde e vivere qualche ora studiando e godendo la flora e la fauna che lo abitano. Eccellenze gastronomiche. Se avete scelto di regalarvi un tour tra le pittoresche colline friulane, ricordate che tra queste sorge il comune di San Daniele del Friuli, famoso in tutto il mondo per il caratteristico prosciutto. Crudo e stagionato, gode del marchio DOP dal 1996.


shmag.it 25

UNA DINAMO SASSARI ATOMICA PER IL FINALE DI STAGIONE GIANMARCO POZZECCO HA SOSTITUITO ESPOSITO IN PANCHINA E PER IL BANCO È INIZIATA UNA NUOVA VITA di ERIKA GALLIZZI Foto LUIGI CANU

A

ltra annata movimentata in casa Dinamo Banco di Sardegna Sassari. Stavolta, dopo un buon periodo seguito da un paio di sconfitte e proprio alla vigilia delle Final Eight di Coppa Italia, è arrivata la doccia gelata delle dimissioni di coach Vincenzo Esposito. Per problemi personali, ufficialmente, ma nell’ambiente si dice che si sia in realtà trattato di divergenza di vedute (di lunga data) con il presidente Sardara. Ma, indipendentemente dalle motivazioni, è stato un duro colpo il momento in cui le dimissioni sono arrivate. A poche ore dall’ufficializzazione della “resa” di Esposito, c’è poi stata quella dello sbarco sulla panchina Dinamo di Gianmarco Pozzecco, più volte accostato al Banco in passato, con vari ruoli, da manager a uomo immagine. Stavolta “il Poz” è arrivato davvero e ha preso in mano la conduzione tecnica. “La mosca atomica”, così veniva chiamato quando imperversava, con la sua fantastica follia e l’incredibile talento, sui parquet, è un’altra persona esuberante e dalla marcata personalità. Delle sue esperienze in panca, si ricorda una plateale reazione con tanto di camicia strappata, ma a Sassari ha promesso di controllarsi. Una buona occasione per lui e altrettanto buona per la Dinamo, in un ambiente in cui le persone genuine e passionali hanno la possibilità di fare bene, di essere amate (ma esiste qualcuno che, con Poz-

zecco dalla propria parte, non lo abbia amato?), di trovare la propria dimensione e produrre risultati. E lui ha anche le possibilità di trovare un equilibrio, senza perdere del tutto quell’esuberanza e brillantezza che lo hanno fatto grande. Un primo mezzo miracolo, Pozzecco, lo ha già fatto, portando la Dinamo ad un soffio dalla finale di Coppa Italia (e assumendo in panchina un atteggiamento impeccabile, nonostante un tecnico preso, forse solo per il nome che porta…). Tanta sofferenza in campo, ma anche reazioni di grande cuore e carattere. Così la Dinamo ha battuto nei quarti di finale la Reyer Venezia, di un punto, dopo aver recuperato dal -20, mentre ha ceduto in semifinale all’Happy Casa Brindisi, anche in questo caso di un solo punto, di fatto subendo una decisione arbitrale quantomeno opinabile (tecnico al coach e a Pierre) nel momento più caldo della rimonta dal -16. Ora si riprende con il doppio impegno in campionato e Fiba Europe Cup. Si inizia con la sfida alla Cremona dell’amato coach del triplete biancoblù, Meo Sacchetti, e di Travis Diener, poi la Dinamo avrà due trasferte consecutive, a Venezia e Pistoia. Chiuderà con due impegni tra le mura amiche del PalaSerradimigni, contro Trento e Virtus Bologna. Sostanzialmente, il mese di marzo sarà fondamentale in ottica playoff. In coppa, invece, la Dinamo giocherà il Round of 16 con gli olandesi del ZZ Leiden, mercoledì 6 e 13 marzo.


#cinguettii tecnologici a cura di Marco Cau

Panasonic HomeHawk Floor Apparentemente sembra una lampada da salotto dal look elegante ma al suo interno nasconde una videocamera di sorveglianza con un obbiettivo grandangolare da 140° perfettamente mimetizzato. Registra a risoluzione Full HD, è dotata di una batteria di emergenza che garantisce 90 minuti di autonomia ed è in grado di funzionare anche in assenza di illuminazione.

ENERQi Caricabatterie wireless invisibile che si nasconde sotto le superfici, spesse fino a 40 mm, e ricarica ogni tipo di smartphone. Basta fissarlo sotto qualsiasi piano, in legno, granito, vetro, plastica, quarzo o marmo, e poggiare lo smartphone sopra la superficie per avviare la ricarica. Eroga una potenza di 10 watt ed è disponibile in nero e in bianco.

$69 da aprile

Sony Wena È un cinturino pensato per rendere smart gli orologi tradizionali, in grado di offrire alcune delle più classiche funzionalità presenti oggi negli smartwatch: notifiche messaggi e app, contapassi e chip NFC per i pagamenti contactless. Contiene un piccolo display OLED che si può facilmente tenere d’occhio guardando il polso dalla parte opposta al quadrante.

£399

$279 da maggio

Louis Vuitton Horizon I primi auricolari griffati LV pesano solo 9 grammi, sono resistenti agli spruzzi (certificazione IPX4) e garantiscono un’autonomia fino a 3,5 ore. Grazie alla custodia di ricarica, in acciaio inox con coperchio in vetro zaffiro, possono raggiungere un totale di 10 ore di autonomia.

€950

GomiBall È una pallina smart, per l’attività fisica e il divertimento dei vostri cani e dei vostri gatti, che si collega allo smartphone tramite Bluetooth e si gestisce con un’app (iOS e Android). È in grado di adattarsi al movimento del vostro amico a 4 zampe apprendendo le sue abitudini. Misura 63 mm di diametro, pesa 160 grammi e ha un’autonomia di circa 90 minuti.

$149 da luglio

Samsung Galaxy Fold È una via di mezzo tra uno smartphone tradizionale e un tablet. È dotato di due schermi, uno da 4.6 pollici sulla parte frontale, e un Infinity Flex da 7.3 pollici, il primo al mondo che si piega come la copertina di un libro. Monta sei fotocamere, tre nella parte posteriore (da 16+12+12 MP con zoom ottico da 2x e grandangolo) due all’interno da 10+8 MP e una frontale da 10 MP per i selfie. È dotato di 12 GB di RAM, 512 GB di memoria interna e una batteria da 4380 mAh con ricarica rapida wireless.

€2.000 dal 3 maggio

Xpreen Pore Cleaner Aiuta a mantenere la pelle più giovane e piena di vitalità. Pulisce i pori in profondità aspirando grasso, sporcizia, pus ossidato, cellule morte e tante altre schifezze. Ha in dotazione una testina microabrasiva per effetturare a casa la microderma abrasione mentre la luce a led blu contribuisce a ridurre i pori dilatati e a rimuovere l'acne.

€24,99

112 Where ARE U Effettua una chiamata di emergenza e invia in automatico all’operatore della Centrale Operativa 112 i dati relativi alla localizzazione gps dello smartphone. Se non siete in condizione di parlare, potrete selezionare il tipo di soccorso di cui avete bisogno e l’operatore riceverà una chiamata muta con le indicazioni della richiesta. In assenza di copertura dati, la localizzazione verrà inviata tramite sms.

Gratis

Seguici su Facebook, Twitter e Instagram per scoprire dove acquistare questi prodotti al miglior prezzo!


shmag.it 27

SASSARI . VIA PREDDA NIEDDA 37/F

(fianco La Piazzetta) . Tel. 391 3707046

TUTTI I GIORNI SERVIZIO NAVETTA GRATUITO

www.cantinediorgosolo.it 333 38 05 605


28 S&H MAGAZINE

HERTZ CAGLIARI UP & DOWN I ROSSOBLÙ NON RIESCONO A DECOLLARE DEFINITIVAMENTE

Anthony Miles

di ERIKA GALLIZZI Foto ROBERTO TRONCI

I

l mese di febbraio avrebbe potuto dare ulteriore respiro alla Hertz Cagliari Dinamo Academy, in corsa nella Serie A2 di basket. In realtà, invece, la squadra di coach Alessandro Iacozza, ha raccolto molto poco. Una sola vittoria e classifica ancora “pericolosa”, in un’annata in cui la squadra non riesce a decollare definitivamente e al-

terna periodi che lasciano ben sperare ad altri che riportano sconforto e preoccupazione. Ferrara e Cento erano le due avversarie dirette nella lotta per la salvezza. Con la prima, la Hertz ha perso, in casa, per 85-86, mentre in casa della seconda ha colto la sua unica vittoria del periodo, col punteggio di 82-81. Nel match interno con Ferrara (che in quel momento era il fanalino di coda della classifica), la Hertz ha sofferto

nella prima parte, per poi tornare a contatto degli avversari e giocarsi tutto in un estenuante punto a punto finale, nel quale ha però avuto la meglio la formazione ospite, con un canestro di Campbell a 7” dalla fine. Anche sul parquet della Baltur Cento, Cagliari non ha iniziato bene e si è ritrovata a dover recuperare un discreto passivo, rientrando in gara, nuovamente, nel terzo quarto. Altra gara terminata con un punto a punto. Il rischio di un analogo epilogo rispetto al match con Ferrara è stato altissimo, con una palla persa a 10” dalla fine; Cento ha però fallito il tiro della vittoria. Non è stata ribaltata la differenza canestri, per cui un arrivo a pari punti in graduatoria premierebbe Cento. È poi arrivata una prevedibile sconfitta con la Tezenis Verona (77-90), squadra decisamente più attrezzata, mentre è stato onestamente sorprendente il pesante passivo nel successivo impegno con la Le Naturelle Imola Basket (72-96). Cagliari ha terminato il mese di febbraio con 14 punti in

classifica, insieme a Jesi e Bakery Piacenza, e a due punti dall’ultima posizione, occupata dalla Baltur Cento a quota 12 punti. Sia con Jesi che con Piacenza, l’Academy ha trovato la vittoria nel girone di andata. Sono invece quattro i punti che la separano dalle squadre che sono immediatamente sopra (Ferrara e Assigeco Piacenza a 18 punti). Il mese di marzo si aprirà con un turno di riposo, dovuto alla disputa delle finali della Coppa Italia di categoria, poi la Hertz tornerà in campo domenica 10, per ospitare al PalaPirastu l’Assigeco Piacenza. Si prosegue poi con la trasferta sul campo del forte G.S.A. Udine e con la gara con la Pompea Mantova, squadra di media classifica. La Cagliari Dinamo Academy chiuderà, poi, il mese che segna l’inizio della primavera, con un altro impegno interno, stavolta con la Bakery Piacenza. Sarà primavera anche per la Hertz e tornerà a splendere il sole nel suo cielo?

"Il benessere del tuo corpo inizia dalla cura dei tuoi denti"

CONTATTACI! LA PRIMA VISITA È GRATUITA Viale Bonaria 90 Cagliari | Tel. 070 682355 | Cell. 329 7568688 | info@calabresedentalclinic.it


shmag.it 29

Il dentista risponde

Il Dott. Giuseppe Massaiu è un professionista di riferimento e opinion leader in tema di Odontoiatria Naturale e Biologica, insegna in corsi frontali e on-line argomenti clinici ed extra-clinici legati al mondo della Odontoiatria e della Medicina Naturale, Posturale e Olistica oltre che del Management e del Marketing Odontoiatrico.

Voyagerix - stock.adobe.com

Curiosità sul mondo odontoiatrico

Spazzolino: elettrico o manuale? Quale scegliere?

C

apita spesso di ritrovarmi di fronte a pazienti che mi chiedono se sia più efficace lo spazzolino manuale rispetto quello elettrico. In verità ognuna di queste soluzioni offre vantaggi e svantaggi. Ancora, lo spazzolino da solo (in entrambi i casi) abbinato al solo dentifricio non basta a garantire la salute della nostra bocca, come vedremo alla fine dell’articolo.

Lo spazzolino elettrico arriva ad effettuare migliaia di micro-oscillazioni al minuto e questo garantisce potenzialmente una pulizia del dente migliore rispetto a quello manuale. Se poi abbiamo uno spazzolino elettrico sonico queste prestazioni salgono da un minimo di 12.000 ad un massimo di 24.000, perfette per pulire anche i denti nella parte più interna e “nascosta” della bocca, come ad esempio i molari posteriori.

Diciamo che lo spazzolino elettrico può risultare, se utilizzato correttamente – cioè quando è tenuto per qualche secondo sulla superficie di ogni dente, partendo dalla gengiva e spostandolo con delicatezza verso l’esterno più semplice da utilizzare rispetto al manuale, che richiede più pratica e attenzione per rimuovere al meglio la placca. Un aspetto simpatico è che i bambini si divertono con quello elettrico più che con quello manuale, e questo può diventare parte di una strategia per invogliarli a mantenere fin da piccoli delle buone abitudini d’igiene orale e prevenzione. Al contempo, però, può essere più fastidioso per chi soffre di gengive sensibili, oltre che più rumoroso. Ancora, il rischio psicologico dell’utilizzo dello spazzolino elettrico è di sottovalutare la cura con cui bisogna comunque dedicarsi alla pulizia dei denti. Di per sé le migliaia di micro-oscillazioni non servono a nulla se lo spazzolino viene distrattamente passato in bocca o peggio, magari spinto con forza per “pulire meglio”, cosa che può danneggiare sia lo smalto che le gengive. Lo spazzolino manuale, comunque, se utilizzato con la

tecnica giusta, cioè tre volte al giorno subito dopo i pasti, è altrettanto valido di quello elettrico. È inoltre più solido e compatto, e non porta con sé inconvenienti come la ricarica della batteria, che può diventare un problema in viaggio. Infine, è di certo più economico. Concludendo, entrambi svolgono bene il loro compito, purché utilizzati con la giusta attenzione. Forse quello elettrico è più adatto al paziente leggermente più pigro e che preferisce investire qualche soldo in più su di uno strumento che utilizza la tecnologia per semplificargli il lavoro. Ad ogni modo né lo spazzolino elettrico né quello manuale sono la soluzione unica per una buona strategia di prevenzione. Gli spazi tra i denti sono difficilmente raggiungibili da questi strumenti, perciò è bene abbinare l’utilizzo di filo interdentale o meglio ancora dello scovolino per garantire la massima pulizia. Sarebbe bene, infine, abbinare una visita dal proprio dentista o igienista dentale una o due volte l’anno, per un di controllo di sicurezza della bocca. Ogni mese il Dott. Massaiu risponderà ad uno di voi. Inviate le vostre domande a: dott.massaiu@shmag.it. www.studiomassaiu.it

I

Impronta digitale in 3D Ortodonzia invisibile “Invisalign” Interventi in sedazione cosciente Implantologia avanzata a carico immediato Cura precoce della malocclusione nel bambino Sassari | Via Alghero 22 Nuoro | Via Corsica, 15 079 273825 | 339 7209756 Informazione sanitaria a carattere informativo non promozionale e non suggestivo secondo il comma 282 della legge 248 del 04/08/2006 - Direttore Sanitario Andrea Massaiu Odontoiatra, Iscr. Albo Odontoiatri di Sassari n° 623


30 S&H MAGAZINE

Dillo a foto tue La Sardegna in #hashtag

C’è un nuovo modo di fare turismo e di essere turista, a chilometro e costo zero, – anzi 2.0! – che non conoscerà mai crisi! Instagram è ormai diventata la vetrina più efficace e forse adatta alla valorizzazione della Sardegna, e i like parlano chiaro! Raccontaci con le tue foto la Sardegna in tutte le sue sfaccettature taggando il nostro profilo Instagram @sehmagazine e inserendo l'hashtag #shmag all’interno della didascalia con una breve descrizione. Ogni mese pubblicheremo le 4 foto più belle. @valentyna_1992 $Cagliari

Arcobaleno di colori @andreacogoniphotography $Serramanna

Sa Festa Nosta 2019

COLAZIONI APERITIVI PRANZI VELOCI

rinfreschi e buffet per i vostri eventi

Sassari . Viale San Pietro 27 Tel. 331 4490233

@naty_curreli_photography $Macomer

Sos Corriolos de Neoneli @justmisterdry $Nuoro

Un Merdules, una delle maschere tradizionali di Ottana



NUOVA TECNOLOGIA indolore | piĂš efficace | senza controindicazioni

Tel. 0783 296417


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.