S&H Magazine n. 273 • Giugno 2019

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di MARCO SCARAMELLA

È

possibile fondere la cultura sarda con elementi della cultura orientale, tipici del lontano Giappone? È ciò che sta facendo Marcello Lasio (scrittore di Serramanna) che, influenzato dalla scoperta e dal mistero dei Giganti di Mont’e Prama uniti all’ossessione per le opere di Go Nagai (come Jeeg robot d’acciaio o Devilman),

decide di scrivere una storia nella quale i robottoni della nostra infanzia coesistono con gli antichi brebus, le parole magiche della tradizione sarda. Il Gigante di Pietra è una graphic novel in due volumi, autoproduzione nata in seno all’associazione culturale Chine Vaganti, e realizzata in collaborazione con i disegnatori Jean Claudio Vinci e Maurizio Nonnis. Il primo volume è stato presentato

e distribuito con successo all’ultimo Lucca Comics & Games mentre il secondo ed ultimo volume uscirà verso novembre 2019. Marcello Lasio ci ha anticipato qualcosa sulla trama, ma senza spoilerare troppo! La storia parla del bene, del male e dell’eterna lotta tra queste due forze. L‘archeologo che scopre le statue dei giganti comincia a elaborare nuove teorie che potrebbero riscrivere la storia dell’intero mediterraneo. Presuppone quindi che, fin dall’inizio dei tempi, l’uomo non sia mai stato solo e che, tra le creature che popolavano la terra, ci fossero anche i demoni. Questi, invidiosi del rapporto privilegiato che l’uomo aveva con la terra (considerata dea e madre), hanno dapprima preferito nascondersi

in un altro piano di realtà, per poi iniziare ad attaccare l’uomo con l’intento di riappropriarsi del pianeta. L’umanità è riuscita, in qualche modo, a difendersi dagli attacchi avvenuti in tempi antichi. Ma ora che l’uomo possiede un’anima oscura e corrotta, i demoni trovano terreno fertile per sferrare un nuovo attacco nei suoi confronti e tentare, ancora una volta, di riprendersi la terra. A difendere l’umanità si erge un ragazzino, Jonathan, nipote di una delle sagge donne sarde in grado di utilizzare gli antichi brebus. Mentre le grandi potenze mondiali cercano di organizzare una difesa efficace, Jonathan prende coscienza del proprio destino. Grazie alla conoscenza dei brebus, dono di sua nonna, attiva un potente manufatto che gli permette di richiamare dalle viscere della terra un formidabile gigante fatto di pietra, insieme al quale, combatterà per difendere la terra dai demoni. Sulla pagina Facebook de Il Gigante di Pietra potete trovare la lista aggiornata dei punti vendita dove acquistare una copia del fumetto, mentre se volete riceverla direttamente a casa vostra potete inviare un messaggio privato sulla pagina.


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S&H MAGAZINE Anno XXIV - N. 273 / Giugno 2019 EDIZIONE CAGLIARI

Direttore Responsabile MARCO CAU

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Hanno collaborato a questo numero: DIEGO BONO, LUIGI CANU, DANIELE DETTORI, FRANCA FALCHI, HELEL FIORI, NIKE GAGLIARDI, ERIKA GALLIZZI, ALESSANDRO LIGAS, ALBA MARINI, GIUSEPPE MASSAIU, ANNALISA MURRU, MANUELA PIERRO, MARCO SCARAMELLA Redazione Cagliari, tel. 393.81.38.38.2 Sassari, Via Oriani, 5/a - tel. 079.267.50.50 mail: redazione@shmag.it

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Ufficio Grafico GIUSEPPINA MEDDE

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Editore ESSEACCA S.r.l.s., Via Oriani, 5/a - Sassari Per la pubblicità: tel. 335.722.60.54

Stampa Tipografia TAS S.r.l. - Sassari Social & Web

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03 Il Gigante di Pietra Tra brebus e robottoni

05 Le stelle di Capo Gelsomino Il nuovo romanzo di Elvira Serra

06 Alterego Il surf “eco-friendly”

08 Viaggio in Italia La Valle D’Aosta

09 La fede sarda Il gioiello che nasce dall’amore

10 Festival estivi in Sardegna Consigli per un road trip in giro per l’Isola

12 Andrea Concas: ArteConcasBOT Il primo libro ChatBOT per un nuovo approccio digital al mondo dell’arte

14 Salvatore Erittu Da Campione a Leggenda

16 Librerie Musicali

Il racconto sonoro dei Dancefloor Stompers

18 Leonardo Nioi aka VeloX I videogiochi diventano lavoro

Registro Stampa: Tribunale di Sassari n. 324/96. ROC: 28798. © 2019. Tutti i diritti sono riservati. È vietato riprodurre disegni, foto e testi parzialmente e totalmente contenuti in questo numero del giornale.

20 #mangiapositivo

Michela Dessì, un blog per amare la dieta sana

22 Il CARFS di Bonassai

Al servizio della fauna selvatica e del grifone

24 Dinamo Banco di Sardegna

La squadra di coach Pozzecco in stato di grazia ormai perenne

26 HITWEETS 28 Raimond Handball Sassari

Il ritorno della grande pallamano a Sassari

29 Il dentista risponde

Quando si deve devitalizzare il dente?

30 Dillo a foto tue

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in Copertina

SALVATORE ERITTU

Foto Alessandro Sanna / Insula events


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LE STELLE DI CAPO GELSOMINO Il nuovo romanzo di Elvira Serra

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ncora una volta la nostra isola diventa patria di talenti letterari che con la loro classe e capacità permettono di illustrare la storia di una terra tanto distante quanto toccante attraverso le vicende di personaggi umani e realistici che vivono il territorio. Elvira Serra (1972) è una scrittrice nuorese dalla dote autoriale preziosa e ineccepibile che la porta immediatamente ai grandi successi giornalistici. Dal 1999 collabora con il Corriere della Sera per il quale elabora i suoi editoriali con il blog La 27esima Ora, ma l’amore per la scrittura è un’attrazione a tutto tondo che spinge la sua penna anche nella narrativa; già autrice di romanzi come “L’altra” e “Il vento non lo puoi fermare”, Elvira ci presenta oggi la sua ultima, delicata opera: “Le stelle di Capo Gelsomino” (Solferino editore). La storia della nonna ostetrica Lulù, della madre ginecologa Marianna e di Chiara, la nostra protagonista, si dirama nel panorama di una Sardegna magica e realistica, viva nel ricordo della casa al mare di Capo Gelsomino in cui le tre conservano la spensieratezza dell’estate. Chiara, però, non può fare a meno di osservare quella terribile barriera fatta di eterni silenzi e feroci sguardi che separa la sua amorevole nonna dalla sua impegnatissima madre, un campo di battaglia in cui la giovane ragazza si trova suo malgrado intrappolata e che vorrebbe trasformare in stabilità emotiva. Ma quella innaturale quiete che diventa

presto una burrasca, assume le sembianze di un segreto familiare capace di distruggere intere generazioni. Un testo intimo e tremendamente plausibile, dolce ed emozionante, che ci illustra una famiglia sarda come tante, tormentata dall’ineluttabilità del tempo e dalle differenze. Ciao Elvira, qual è il tema di questo romanzo? Volevo affrontare il tema della maternità: quanto sia difficile e inevitabile amare un figlio, quante incomprensioni possano generarsi in una famiglia, quanto risentimento, e al tempo stesso bisogno di amore, racchiuda la relazione madre-figlia. Le vicende familiari narrate hanno un fondo di verità? L’unico riferimento personale riguarda la figura di Lulù per la quale mi sono ispirata a mia madre, anche lei ostetrica. Per il resto i personaggi dei romanzi non esistono se non nelle pagine che scrivo. Mi piace sempre immaginare donne forti, perché credo che sia importante trasmettere loro un messaggio di forza, creatività e coraggio. Non amo i ruoli da vittima. Che ruolo hai voluto dare alla Sardegna in questo romanzo? La Sardegna è la cornice di questa storia. Di sicuro Capo Gelsomino, che non esiste sulla carta geografica, ricorda molto Capo Comino, dove ho trascorso tutte le estati da quando sono bambina. Nella scelta dei luoghi, quindi, c’è un omaggio preciso alla mia regione di origine e ai luoghi della mia infanzia.

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Foto Daniela Zedda

di DIEGO BONO

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ALTEREGO IL SURF “ECO-FRIENDLY” VA ALLA SFIDA DEL MERCATO di ALESSANDRO LIGAS foto GIULIA MAMELI

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l sogno di ogni surfista è quello di riuscire a cavalcare l’onda giusta: quella che permette di mettere in evidenza le proprie abilità e doti tecniche. Coraggio, fortuna e spregiudicatezza sono alcuni degli ingredienti di cui si ha bisogno per far diventare realtà questo sogno. Ma non basta, ci vuole anche la giusta attrezzatura. Oggi grazie ad una nuova tipologia di tavole “eco-friendly”, ossia rispettose della natura, questo sogno potrà essere raggiunto in maniera più rapida. Sono prodotte dalla società Alterego che ha sede a una decina di minuti dalle spiagge della città di Alghero e dalle onde del nord Sardegna, con l’obiettivo di coniugare il rispetto per la natura e la resa sportiva. “Il sughero – spiega Alessandro Danese, general manager dell’azienda – è il cuore del nostro prodotto che oltre a

dare alla tavola un’anima green ha sopratutto una funzione tecnica. Il tessuto vegetale, caratteristico della nostra isola, ha per sua natura la proprietà di attenuare le vibrazioni ed è proprio questa particolarità che sfruttiamo sulla tavola. Il sughero è posizionato in maniera particolare all’interno del surf in modo da attenuarle sopratutto quando è in velocità”. Il progetto nasce grazie alla visione e alla passione dell’azienda Italian Waves e del suo gruppo societario. Dopo studi, ricerche, indagini e prove tecniche il sogno di creare la Factory Alterego si realizza nel 2017 grazie all’investimento privato e al contributo di Invitalia. Un progetto nel quale la sostenibilità rappresenta una costante in tutti gli aspetti del ciclo produttivo della tavola. “La tavola - prosegue il general manager - viene creata da pani in EPS, il polistirene espanso sinterizzato, provenienti dagli stabilimenti di Ottana,


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e le sue forme e dimensioni vengono realizzate a mano in base alla richiesta ed esigenza del surfista. Le misure vengono convertite in un progetto CAD, la tavola viene lavorata preliminarmente da una macchina di alta precisione e quindi rifinita a mano. Un processo di realizzazione che ricicla sino all’ottanta per cento degli scarti della lavorazione. La struttura portante – il longherone o stringer –, l’anima del surf, è costruita a mano in sughero, un materiale duttile che garantisce elasticità, resistenza e velocità, comprato in Gallura, a Calangianus. Ogni tavola viene infine laminata manualmente con una bio resina epossidica di alta qualità”. Non solo tavole da surf. “L’azienda - conclude il general manager - ha come mira quella di entrare nel mercato dei prodotti ecosostenibili soprattutto degli sport su tavola. Ad oggi stiamo per immettere sul mercato dei kite surf, ma anche skateboard e skimboard”. Un progetto made in Sardinia che vuole affrontare i mercati nazionali e internazionali con il cuore dell’isola.


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Quel viaggio attraverso l’Europa che, nel corso dell’Ottocento, i giovani intraprendevano per conoscere il mondo, lo proponiamo qui lungo il Bel Paese, alla scoperta delle nostre Regioni d’Italia.

VALLE D’AOSTA

La Skyway Monte Bianco di Courmayeur

di DANIELE DETTORI

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n fase di atterraggio sopra l’aeroporto intitolato a Corrado Gex – l’unico di tutta la Regione che questo mese visitiamo – ci si sentirà calati nel mondo di Heidi, per chi ricorda le immagini del celebre cartone animato con la protagonista che sorvolava le Alpi, divertita, seduta sulla sua altalena. La Valle d’Aosta, in effetti, regala uno scenario insolito rispetto a quelli più mediterranei o adriatici ai quali ci ha abituati la nostra penisola. Ci troviamo, del resto, al confine con Francia e Svizzera, là dove le basse temperature sono di casa e le piste da sci sostituiscono le spiagge assolate. Questo non significa che manchino i luoghi di elevato spessore storico o artistico, anzi! Cominciamo proprio dalla città di Aosta, dove le rovine

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VIAGGIO IN ITALIA

di epoca romana si stagliano sul cielo ricordando le passate glorie politiche ma anche architettoniche dell’impero. Si possono infatti ammirare i resti del teatro e dell’anfiteatro, l’arco di Augusto, il ponte di pietra e la porta pretoria di ingresso alla città: testimonianze di periodi differenti ma molto suggestive anche perché, in alcuni casi, gli edifici successivi hanno inglobato i precedenti, portandone testimonianza fino a noi e regalandogli nuova vita. La città offre poi ai visitatori un centro storico molto caratteristico, dove è possibile passeggiare per i vicoli spostandosi da una piazza all’altra e ammirando le opere d’arte nonché gli edifici che le circondano. Parte della superficie valdostana è occupata dal Parco Nazionale del Gran Paradiso, che si estende

anche nella vicina regione piemontese e in territorio francese. Istituito nel 1922, questo Parco è il più antico d’Italia ed è nato con uno scopo ben preciso: la tutela dello stambecco, una tra le specie animali che lo abitano e che, fin dai secoli passati, è stata oggetto di un’intensa attività di caccia. Volpi, camosci e marmotte costituiscono altri esemplari di fauna che lo popolano, in un contesto naturale che comprende ghiacciai, laghi, cascate e un nutrito numero di specie vegetali. Una località compresa all’interno del Parco per circa il 95% del suo territorio è il comune di Cogne. Noto ai più per un triste fatto di cronaca, questo paesello situato proprio ai piedi del Massiccio del Gran Paradiso ha in realtà un ricco passato derivante dalle attività estrattive di magnetite, poi cessate con la chiusura della miniera nel 1979. Negli anni

‘40 è stato inoltre un presidio partigiano dove, tra le altre, sono passate anche figure come Sandro Pertini e Luigi Einaudi. Facciamo in tempo a visitare anche Courmayeur, splendida località particolarmente adatta per chi ama sciare. Situato ai piedi del Monte Bianco, il paese è in pratica l’ultima frontiera prima del confine. Qui assaggiamo il buonissimo pane nero ottenuto con i cereali montani e accompagnato con fontina e motsetta (o mocetta), un salume ricavabile da diverse tipologie di carne tra le quali è apprezzato il camoscio. A tavola notiamo che i primi e i secondi piatti comprendono, soprattutto, cereali, verdure, legumi e ancora carni, latticini e salse di vino. A proposito, un buon moscato accompagna il tutto ottimamente.


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LA FEDE SARDA Il gioiello che nasce dall’amore di MANUELA PIERRO

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i tutte le creazioni di gioielleria che la Sardegna produce con la solita e smisurata attenzione per la tradizione, la fede sarda è senz’altro quella più amata e riconosciuta a livello internazionale. Capita infatti sempre più spesso di vedere giovani turiste straniere che ne fanno mostra orgogliose all’anulare sinistro, perché è proprio in questo dito che, secondo antiche credenze, passa la vena dell’amore che arriva al cuore trasportando sangue, ossigeno e vita. I motivi per cui questi gioielli suscitano tanto interesse sono probabilmente sia la lavorazione in filigrana, dove ogni dettaglio ha un significato intrinseco e secolare, sia il fascino della loro origine. La leggenda più popolare colloca il debutto di questo monile nel periodo prenuragico, quando erano le Janas, le fate, a lavorare la filigrana per impreziosire le stoffe da indossare nelle occasioni eccezionali, spesso legate a riti magici o divini.

Col passare del tempo l’aura mistica e incantata della fede sarda non ha perso il suo fascino e ancora oggi questo prezioso gioiello viene tramandato con grande solennità di madre in figlia per intere generazioni. Ne esistono di vari tipi, con decorazioni e materiali diversi ma hanno una caratteristica comune: i fili intrecciati che rappresentano il forte legame con la propria terra e la famiglia e le piccole sfere nella zona centrale, ossia i chicchi di grano, da sempre simbolo di prosperità e fertilità. Ma come si realizzano questi piccoli capolavori? Ci vogliono ben cinque fasi di lavorazione e la decorazione in filigrana è realizzata a mano con precisione e abilità. La prima fase è la fusione, in cui il metallo prezioso (oro o argento) viene fuso con metalli più duri formando le combinazioni (le leghe) che fanno assumere al gioiello un valore e un colore diversi. Si passa poi alla laminazione durante

la quale il metallo viene assottigliato con due tavolette di legno fino a un millimetro e cotto nuovamente affinché sia lavorabile e allungabile. La fase della trafilatura è quella più importante per la lavorazione della filigrana in quanto i fili di metallo diventano dello spessore di utilizzo: più saranno sottili, più elaborato sarà il decoro o l’intreccio. La fase in cui l’anello prende forma è la torcitura. Gli elementi in filigrana vengono scaldati con un cannello e uniti su una placca in oro o argento uno alla volta con una pinza. L’intreccio prende vita grazie alla creatività dell’orafo dopo ore e ore di lavorazione minuziosa. Nell’ultima fase vengono eliminati i residui opachi e il metallo diventa brillante e luminoso grazie alla lucidatura. Ecco come nasce il gioiello dell’amore, da un’opera sapiente e meticolosa, dove il più piccolo filo decorato si intreccia inesorabilmente a secoli di storia, passione e tradizione.


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di NIKE GAGLIARDI

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sistono e si possono tracciare innumerevoli itinerari in grado di portarci a scoprire le bellezze e la ricchezza di risorse dell’isola sarda: da quelli enogastronomici, in grado di deliziare ogni palato, ai percorsi storico-archeologici sino a quelli dedicati a una totale immersione nella natura, che si tratti delle bianchissime spiagge che costellano le coste o, per i più avventurosi, di un trekking in uno dei ca­ nyon più belli d’Europa, la Gola di Su Gorroppu. In questo articolo cercheremo di proporvi invece un itinerario alternativo, un road trip scandito dal calendario denso di eventi culturali che i numerosi festival estivi offrono in tutta l’isola. Meglio preparare lo zaino per tempo e lasciare spazio adeguato per fare il pieno di libri perché Licanias (licanias.it), di casa a Neoneli (in provincia di Oristano), ha anticipato il suo calendario ricco di appuntamenti a ini-

zio estate. Quest’edizione si svolgerà infatti dal 6 al 9 giugno: quattro giornate fitte di incontri, presentazioni letterarie, mostre e concerti di cui saranno protagonisti oltre quaranta ospiti tra scrittori, giornalisti, musicisti e artisti (tra i nomi di spicco: Massimo Zamboni, Giuseppe Culicchia, Tiziano Scarpa, Aldo Nove, Piergiorgio Odifreddi, Roberto Cotroneo). Un’occasione imperdibile per visitare questo piccolo e antico paese del Barigadu e il suo caratteristico centro storico. Qualche giorno di riposo, magari una breve sosta alle Terme di Fordongianus o una visita a uno degli splendidi litorali dell’oristanese, e il nostro viaggiatore è pronto a ripartire verso paesaggi altrettanto affascinanti ma assai diversi: ad aspettarlo è Gavoi, paese-gioiello nel cuore della Barbagia. Infatti, l’evento che fa da “preludio” all’edizione 2019 de L’Isola delle Storie (isoladellestorie.it), uno dei festival letterari più intensi e partecipati, avrà luogo il 16 giugno mentre gli appuntamenti che costituiranno il clou

della rassegna sono previsti dal 4 al 7 luglio. Non sarà facile tra laboratori, incontri con autori, dibattiti ed esposizioni, ritagliarsi il tempo per scoprire alcuni degli angoli più suggestivi del paese o per passeggiare nei boschi circostanti al Lago di Gusana, ma è una consigliatissima opzione. Luglio è uno dei mesi più ricchi di eventi, da Sulla Terra Leggeri (sullaterraleggeri.com), la kermesse letteraria «che unisce profondità e leggerezza, dibattiti e concerti, tavole rotonde e reading, colazioni con l’autore e partite a biliardino» e che prevede eventi in differenti località dell’isola, sino alla particolarissima (e giovane) rassegna che giungerà quest’estate alla sua settima edizione, il Gallura Buskers (gallurabuskers.it), festival internazionale dell’arte di strada che si tiene a Santa Teresa di Gallura e che porta artisti provenienti da tutto il mondo in una delle mete turistiche più amate. Quale migliore opportunità, tra uno spettacolo di giocoleria di altissimo livello e un mangiafuoco, per fare


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un salto in alcune delle meravigliose calette presenti a Capo Testa, per sdraiarsi al sole sulla Spiaggia Rena Bianca o per visitare Cala Grande, più conosciuta in Sardegna col nome di Valle della Luna? Ad agosto sono tante le manifestazioni imperdibili e alcune di esse vantano una certa anzianità: dal 7 al 16 agosto arriva infatti la trentaduesima edizione di Time in Jazz (timeinjazz.it), imprescindibile rassegna musicale ideata dal trombettista Paolo Fresu per il suo paese natale, Berchidda, e che da svariate edizioni si è estesa ad altri comuni del Nord Sardegna. Quest’edizione, dal titolo Nel mezzo del mezzo, porterà a calcare il palcoscenico artisti internazionali del calibro di Omar Sosa e Yilian Cañizares, Nils Petter Molvær, Jaques Morelenbaum, nonché un buon numero di talenti provenienti dalla scena jazzistica nazionale. Non solo, nel cartellone figurano anche la regina della canzone italiana, Ornella Vanoni, il liscio dell’Orchestra

Mirko Casadei, il duo Fantafolk di Vanni Masala e Andrea Pisu. Dal 22 al 25 agosto 2019 avrà luogo inoltre la diciannovesima edizione del festival jazz internazionale Musica sulle Bocche (musicasullebocche.it), che si svolgerà non più nella consueta location di Santa Teresa di Gallura ma dislocherà i suoi eventi in altre località sarde, ancora da definire. Sonorità di genere diverso attendono il nostro viaggiatore all’Here I Stay Festival, manifestazione incentrata sulla musica indipendente e ideata dall’omonima associazione culturale nata nel 2006 che, all’attività di produzione musicale in qualità di etichetta discografica, affianca quella di organizzazione eventi. Con una “preview” il 20 di luglio al Museo Nivola di Orani, i numerosi live saranno di casa il 14 agosto alle Terme Romane di Fordongianus per poi proseguire il 20, il 21 e il 22 di settembre a Nurri (per restare aggiornati su tutte le novità inerenti alla line­ up: hereistay.com).

Non solo musica ma anche tanto cinema. Tra luglio e settembre sono quattro le tappe imperdibili: il Festival Pensieri & Parole (festivalasinara.it) dal 5 al 14 luglio all’Asinara, La Valigia dell’Attore a La Maddalena dal 23 al 28 luglio (lavaligiadellattore.com), il festival di musica per cinema Creuza de Mà (musicapercinema.it) a Carloforte, nell’isola di San Pietro, e la rassegna Una notte in Italia dal 16 al 21 luglio a Tavolara (cinematavolara.it). Quattro appuntamenti dedicati agli appassionati del grande schermo e a tutti coloro che vogliano approfittare di quest’occasione tanto per ampliare le proprie conoscenze cinematografiche quanto per esplorare queste bellissime “isole nell’Isola”, la loro natura selvaggia, la loro storia che le rende veri e propri microcosmi culturali. Il nostro lungo viaggio a caccia di alcuni dei più interessanti festival sardi si conclude qui. E voi, avete già preparato lo zaino?


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ANDREA CONCAS LANCIA IL PRIMO LIBRO CHATBOT Un nuovo approccio digital al mondo dell’arte di ALBA MARINI

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on il nome di ArteConcas ha pubblicato oltre 200 video su Instagram, LinkedIn, Youtube e Facebook, ogni giorno risponde con le sue Ig Stories alle domande degli artisti emergenti e racconta l’arte a modo suo. Come figlio d’arte, Andrea Concas ha avuto la fortuna di immergersi nel mondo creativo sfruttando un punto di vista privilegiato, dialogando con gli artisti, scoprendo le raccolte dei collezionisti e visitando i più grandi musei di tutto il mondo. La sua passione è cresciuta giorno dopo giorno, tanto da concretizzarsi in lavoro. Iniziando come collezionista, ha fondato la startup Art Backers e poi Art Rights, una piattaforma innovativa per la gestione e la certificazione delle opere d’arte con tecnologia Blockchain, per la tutela di artisti, gallerie, musei e archivi.

Visionario, appassionato e curioso, Andrea Concas vive quotidianamente l’arte e l’innovazione sia in modo classico, come imprenditore, collezionista, gallerista e docente, sia in modo moderno, come speaker e youtuber. Sfruttando le nuove tecnologie, ha anche dato vita a Professione Artista, la prima community online per artisti e professionisti dell’arte. È proprio dalla consapevolezza dei tempi che cambiano che è nato il suo nuovo progetto, il primo libro ChatBOT (edito da Mondadori Electa) sul maestro dei maestri, Leonardo Da Vinci. Il libro ChatBOT è interattivo, è capace di andare oltre la fisicità della carta stampata e di approcciarsi al lettore in modo diretto, vivace e moderno. Il libro, grazie ad ArteConcasBOT - il primissimo ChatBot del mondo dell’arte guida l’utente tra contenuti speciali, video, approfondimenti e curiosità

sfruttando le app di messaggistica istantanea come Messenger, WhatsApp e Telegram. In questo modo è tutto a portata di smartphone. Ciao Andrea. Come definiresti un libro ChatBOT? Come funziona? Credo che la migliore definizione sia quella di “VISIONE”. Attraverso questo strumento si possono raccontare i grandi artisti in una chiave unica e innovativa, senza perdere d’occhio i giovani. Utilizzando la tecnologia che ogni giorno tutti noi abbiamo tra le nostre mani è possibile andare oltre le pagine del libro stampato e scoprire un mondo nuovo. La novità sta nella costante interazione tra libro e lettore. Penso che si tratti di una vera e propria rivoluzione dell’editoria. La “visione” del libro ChatBOT è proprio quella di unire la fisicità del libro ai contenuti interattivi. Un libro ChatBOT permette addirittura di chattare con l’utente e aggiornare o integrare quotidianamente i contenuti speciali. Il funzionamento è molto semplice. Grazie alle parole chiave inserite tra le pagine del libro, il lettore ha accesso, tramite ArteConcasBOT, a 50 risposte extra e oltre 300 contenuti esclusivi come video, foto, quiz, link, notizie, citazioni e persino “fake news” sui grandi artisti che riceve direttamente sul cellulare. A poter essere utilizzate non sono soltanto le app di messaggistica principale, come Messenger o WhatsApp, ma anche gli innovativi assistenti vocali Google Assistant e Amazon Alexa. Quali sono gli intenti di questo progetto? Pensi che i giovani possano essere più facilmente coinvolti utilizzando un approccio digital e social?


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Oggi i giovani adottano sistemi di studio completamente diversi rispetto al passato. La nascita di internet ha cambiato le regole del gioco, comprese quelle della formazione, sempre più basata sull’immediatezza nell’accesso alle informazioni. Il problema si pone allora nella selezione delle notizie e nella scelta delle fonti, che diviene cruciale per acquisire nozioni di qualità. I contenuti speciali a cui il lettore ha accesso sono rigorosamente social oriented nei tempi e nelle modalità di racconto, ma sono elaborati con rigore scientifico e trattati con la precisione che l’argomento merita. Parlaci del tuo Libro ChatBOT su Leonardo da Vinci e raccontaci qualche curiosità Non poteva che essere lui il primo artista del libro ChatBOT. Leonardo è stato un grande inventore, pittore e scultore, scrittore, musicista e scenografo, un genio indiscusso. C’è da scommetterci: se fosse vissuto ai giorni nostri, probabilmente avrebbe inventato lui il primo libro ChatBOT e chissà cos’altro! Attraverso il libro e messaggiando comodamente possiamo scoprire un sacco di curiosità su Leonardo: se davvero fu lui ad inventare il primo robot, se esiste una seconda versione della Gioconda e quali segreti nascondono i suoi dipinti. Se vi va di provare subito e gratis ArteConcasBOT potete

usare la parola chiave LVLEONARDO da digitare su arteconcas.it. Raccontaci un segreto dell’arte come fai su YouTube Se ti dicessi che il cubismo di Picasso non è altro che la proiezione, spesso in sezione aurea, di più punti di vista su un unico piano? O ancora che Banksy ha fatto la sua ultima “incursione” nella casa d’aste Sotheby’s, “distruggendo” un’opera battuta per oltre 1 milione di sterline e che oggi vale oltre 3 milioni di sterline? Bene questo è il mondo dell’arte come nessuno ti ha mai raccontato, in poco tempo, con parole semplici ma precise che permettono a tutti di avvicinarsi agli artisti, alle opere o al mercato dell’arte senza timore di non capire o di essere giudicati Che consiglio ti senti di dare a un artista di oggi per emergere? Oggi possiamo raccontarci, promuoverci, venderci o ancora creare relazioni con professionisti dell’arte di tutto il mondo grazie alle possibilità offerte dal mondo di internet. È una grande opportunità che necessita comunque di una validazione istituzionale canonica. Di questo ne parlerò ampiamente nel libro in uscita l’anno prossimo dedicato a Professione Artista. Per ora continuo ogni giorno sui miei canali social.


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SALVATORE ERITTU DA CAMPIONE A LEGGENDA di DIEGO BONO foto ALESSANDRO SANNA

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l nord Sardegna gode di una tradizione pugilistica senza precedenti e rinomata in tutta Italia, una terra dalle opportunità sportive capace di sfornare campioni dalla tempra inossidabile e dalle abilità strabilianti, un’isola, la nostra, che ha dato i natali al professionista che ha fatto grande il nome

della boxe non solo sarda, ma internazionale: Salvatore “Tore” Erittu. Classe 1980, figlio della scuola pugilistica portotorrese “Martellini” e allievo del compianto Alberto Mura, Salvatore ha cominciato ben presto ad incasellare incredibili successi sportivi frutto di un desiderio di rivalsa dettato anche dalle difficili condizioni di vita nel quartiere dove è nato e cre-

sciuto: una storia che vede la boxe divenire un simbolo di evasione e riscatto. L’impegno e la dedizione portano il talento di Tore ad esplodere immediatamente oltre le acque isolane dopo essersi impadronito, già da dilettante, di due medaglie d’argento ai campionati nazionali, successi che lo porteranno poi a rappresentare l’Italia ed indossare i colori azzurri. Divenuto professio-

nista, l’ascesa nell’Olimpo della boxe non tarda ad arrivare, con 27 vittorie su 29 incontri, 11 dei quali per K.O, nel 2009 la “giovane furia di Porto Torres” conquista l’agognato titolo di campione italiano dei massimi leggeri. Nel 2010, sempre nella stessa categoria, si impadronisce del titolo Intercontinentale e Mediterraneo e nel giugno del 2015 Tore celebra invece la sua


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gloria diventando anche campione italiano dei pesi massimi. Ma come ogni grande storia l’epica non tarda ad arrivare e nel marzo 2014 il fuoriclasse subisce un grave crollo, una sconfitta che lo segnerà, un K.O dopo solo 23 secondi dal suono della campanella contro il pugile torinese Maurizio Lovaglio che sarebbe stato per molti un motivo per abbandonare, invece di uno sprone a migliorare e rialzarsi. Dopo 5 anni di duro allenamento e bruciante ambizione il pugile sardo decide di sancire così la fine della sua carriera di professionista: un ultimo, grande match contro quello stesso avversario che lo sconfisse con tanta facilità, un incontro da cui esce, questa volta, vincente. Con 32 vittorie su 34 incontri, la storia di Salvatore Erittu muta nella leggenda, e come tale merita di essere raccontata anche con le immagini. A farlo ci pensa Diamond, il documentario del giovane Simone Cicalò, studente di cinematografia all’Accademia di Belle Arti, disponibile online, ma oggi siamo noi ad avere l’onore di ospitare le parole del guerriero turritano. Ciao Salvatore, ti ringrazio per la tua disponibilità. Ci puoi raccontare come nasce la passione per la boxe? Ho sempre avuto la passione per gli sport da combattimento, ho svolto un anno di kick boxing, poi un amico mi

propose la boxe per tenermi in forma e da lì comincia la mia passione che è cresciuta sempre di più, e il resto è storia. Come ti preparavi per ogni match? La mattina facevo la parte atletica con i lavori sulla forza, sulla pesistica, oppure all’aperto o in pista, dopodiché la sera svolgevo allenamento in palestra, ma è la testa che allenavo maggiormente, perché nella boxe la gran parte del lavoro la fa proprio la mente. Hai portato con onore i quattro mori sui più importanti ring, ma quale differenza hai riscontrato tra la pugilistica sarda e quella al di fuori della nostra isola? La differenza esiste anche nelle varie scuole della Sardegna: ci sono società che si basano più sul professionismo e altre che hanno impronte più dilettantistiche, ma l’impronta pugilistica “del continente” non è lontana da quella sarda, lasciando da parte la Campania che è una delle regioni più forti in questo sport. Se vuoi vedere un pugilato veramente diverso devi andare fuori dall’Italia: America, Inghilterra, Russia, Cuba, sono le nazioni che hanno un’impostazione completamente diversa dalla nostra. Riguardo il match con Lovaglio... C’è stata molta tensione, ho vinto il match più con la testa che con la performance fisica. La fisicità occupa il 30-40% del mio potenziale,

il resto deriva dal cervello. Venivo da un match contro Maurizio in cui ho perso nei primi 23 secondi per k.o, un avversario ostico e pericoloso per i suoi pugni pesanti, così ho intrapreso il match come una partita a scacchi e una volta che l’ho visto sotto scacco non ho voluto prendere rischi eccessivi. Sicuramente non ho dato sfoggio ad una battaglia spettacolare, ma la voglia di rivincita mi ha portato ad un ottimo risultato, che reputo sia la cosa più importante. Hai deciso di scendere dal ring imbattuto, ma ora? Il mio prossimo obiettivo è sicuramente la gestione e la direzione della mia scuola con mia sorella, un modo per cercare di dare una mano al professionismo sardo, così da far emergere qualche altro campione dopo di me, perché noi sardi ne abbiamo i mezzi e le caratteristiche, e unendo le forze possiamo farcela. Cosa direbbe un campione ai tanti giovani pugili sardi che ci leggono e che vogliono seguire le tue orme? Ci vuole quel pizzico di fortuna che aiuta, ma le uniche cose che ti fanno arrivare ai grandi sogni, alle grandi soddisfazioni sono il sacrificio, la dedizione e la serietà. È con la coesione e la combinazione di questi tre elementi che si può arrivare veramente lontano, e se manca una, anche solo una di queste componenti, raggiungere la gloria diventa complesso.


Foto Mario Marino

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di HELEL FIORI

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n uomo su un’Alfa Romeo Giulia tiene tra le mani la foto invecchiata di una donna. La abbandona sul sedile, scende e si incammina di spalle verso un night; la giacca morbida ondeggia a ogni passo. Stacco. Interno notte. Fa caldo. Una bionda elegante coi capelli tirati su sta affacciata al balcone; un ciondolo d’oro le accarezza la pelle. Lui la raggiunge e lei gli si stringe contro. Un’ombra si muove sui tetti: qualcuno li sta osservando. Lui non è tranquillo; il suo passato gli dice che qualcosa andrà storto, ma la cinge e la bacia ugualmente. Uno sparo frantuma il vaso delle strelitzie in fiore: aveva ragione, qualcuno lo sta braccando.

Per gli esperti del genere sarà facile continuare la narrazione. Ancora più facile sarà scrivere ascoltando l’ultimo album dei Dancefloor Stompers “Librerie Musicali”, rilasciato nel dicembre 2018 dall’etichetta romana Four Flies Records. Favolosa band cagliaritana nata nel 2009, gli Stompers vantano una carriera decennale nella composizione souljazz e R&B con sonorità funk e Hammond sound, e dopo i parecchi cambi di formazione oggi li riconosciamo in Gianmarco Diana (basso), Andrea Schirru (tastiere), Frank Stara

LIBRERIE MUSICALI IL RACCONTO SONORO DEI DANCEFLOOR STOMPERS CHE FA PESTARE I PIEDI

(batteria) e Danilo Salis (chitarre). Nell’album l’aderenza ai 70’s è stata magistralmente raggiunta con l’utilizzo delle tecniche di registrazione dell’epoca, ovvero lunghe prese dirette, microfoni a conden­ satore, pochi overdub (so­ vraincisioni), ci spiega Diana; un’opzione rischiosa (preferita anche grazie all’apporto del Solid Twin Studio di Cagliari) se si pensa che nel progetto sono coinvolti circa trenta musicisti compresi gli orchestrali del Conservatorio di Cagliari: fiati, percussioni, chitarra baritona, armonica a bocca, chitarra 12 corde, strumenti antichi, orchestra d’archi, coro e voci soprano. Abbiamo semplicemente as­ secondato la nostra vena di compositori per le immagini

realizzando un album che si articola come la soundtrack per un film che non è ancora stato scritto, ci svela Diana. Ed il risultato è eccellente: il disco richiama la grande stagione dei film di serie B a sfondo criminale in maniera coerente e non stereotipata, calibrando ad ogni brano il mood di base proprio come una colonna sonora caratterizza una scena al pari dell’inquadratura o l’uso della fotografia. Gli Stompers inoltre sono sempre stati inclini alla sonorizzazione di immagini: i nostri brani fanno parte del catalogo musicale Flippermu­ sic, specializzato in musica per radio, tv, pubblicità; i con­ certi e gli spettacoli teatrali

rimangono il clou dell’attività della band, tanto che hanno ripetutamente preso parte al Festival letterario Marina Cafè Noir di Cagliari per musicare dei reading, oltre ad aver collaborato a un progetto di teatro e musica coi sassaresi Apollo Beat. Per avere un assaggio del loro sound è sufficiente visitare la pagina Facebook @thedancefloorstompers da cui ricavare ulteriori coordinate e info sulla seconda tiratura del vinile in cui la grafica di copertina del cagliaritano INKline trova giusta espressione. Per muoverci sulle loro note, aspettiamo con ansia i live previsti in formazione allargata su tutto il territorio nazionale. A presto!


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COSMETOLOGIA

IL PROF. BORELLINI IN ESCLUSIVA IN SARDEGNA CON 2 GIORNATE DI ALTA FORMAZIONE

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l 22 e il 23 settembre 2019 il Prof. Umberto Borellini sarà a Cagliari per dedicare due giornate esclusive all’etica cosmetologica. I posti sono limitati con prenotazione obbligatoria per TopFormYou. L’obiettivo? Insegnare a leggere correttamente le etichette dei cosmetici secondo lo standard INCI. Cos’è l’INCI? L’International Nomenclature of Cosmetic Ingredients è l’elenco degli ingredienti cosmetici espresso secondo una nomenclatura standard e riportato nelle etichette dei prodotti. Spesso risulta ostico da leggere e comprendere, ma è proprio per questo

motivo che nasce il corso tenuto dal Prof. Borellini. Nell’era di internet i clienti sono diventati sempre più esigenti e attenti e vogliono conoscere cosa stanno mettendo a contatto con il proprio corpo. Il corso INCI 1 e INCI 2 è rivolto ai professionisti del benessere, ma non solo. Anche gli appassionati del settore beauty, sempre più attratti dalla cosmetica green, possono partecipare. Si tratta di un percorso culturale, dove metodo, passione e formazione si uniscono per garantire un’esperienza unica, dedicata a chi desidera riprendere in mano con coscienza la propria professione o scoprire come prendersi

cura di pelle e capelli in modo consapevole. Chi è il Prof. Borellini? Laureato in Farmacia a Trieste nel 1985, ha conseguito poi una laurea in Psicologia a San Pietroburgo per poi specializzarsi all’Università degli studi di Milano in Scienze e tecnologie cosmetiche. Come docente di Cosmetologia ha lavorato nelle migliori università italiane, dalla Sapienza di Roma alla Scuola di Medicina ad indirizzo Estetico Agorà di Milano. Nel 1999 ha fondato insieme a Cesare Manca e Stefano Anselmo la MBA (dalle iniziali dei tre), ossia la Making Beauty Academy, dove ancora insegna Cosmetologia. Il prof. Umberto Borellini è anche autore di diversi libri relativi al settore cosmetologico, come “Cosmetologia. Dalla Dermocosmesi funzionale alla cosmeceutica” edito da Ala; “Cosmetologia”, edito da Les Nouvelles Esthetiques, giunto alla decima edizione e tradotto anche in rumeno; “La Divina Cosmesi”, edito da Mondadori. Il Prof. Borellini è consulente editoriale per diverse riviste divulgative come TopSalute, StarBene, Corriere della Salute, Salute di Repubblica. Oltretutto è lui stesso autore di articoli sulla dermocosmesi per riviste professionali anche straniere, come Les Nouvelles Esthetiques, Esthetitaly, Mabella, La pelle, Evoluzione estetica, Bellezza in Farmacia e molte altre. Tra le sue prime formulazioni si ricorda Lipocaffeine, la prima in Italia a base di caffeina e per altro ancora in commercio dal 1990. Ad essa sono seguite almeno altre 300 formulazioni, dalle creme alle lozioni, dai patches ai deodoranti. Al momento, Umberto Borellini continua ad insegnare, a mettere la sua conoscenza della materia a disposizione degli iscritti ai suoi corsi in tutta Italia. Ma non solo: attualmente è anche direttore e consulente per l’industria cosmetica, farmaceutica e nutraceutica.

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LEONARDO NIOI AKA VELOX: I VIDEOGIOCHI DIVENTANO LAVORO di ANNALISA MURRU

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no dei format di YouTube con numeri da capogiro è quello che riguarda i videogiochi e che raggruppa i creatori di contenuti che realizzano video in cui giocano una partita e la commentano in tempo reale. Tra i tanti canali esistenti, VeloX, il canale di Leonardo Nioi, è riuscito a ritagliarsi una fetta di pubblico molto ampia in Italia, con più di 500 mila iscritti e diverse collaborazioni attive, l’ultima delle quali con Astro Gaming, azienda specializzata nella produzione di attrezzatura di alto livello. 24enne cagliaritano, iniziò a caricare

gameplay nel 2015 per hobby, tutti incentrati su un unico gioco, Call of Duty, la saga di tipo sparatutto nata nel 2003 che viene rinnovata ogni anno con l’uscita di un nuovo titolo; caso vuole che proprio quell’anno uscisse Black Ops III, un capitolo che ebbe un enorme successo e che contribuì alla crescita vertiginosa del suo canale. Leonardo è un conduttore dal carisma irresistibile ed è difficile non sorridere durante la visione di un suo video tra battute, trucchi da veterano e reazioni senza filtri all’andamento del gioco. Giocare ti diverte ancora tanto quanto all’inizio?

Mi piace in modo sempre costante, ma prima lo vivevo diversamente in quanto era un’attività spensierata legata a uno svago, infatti giocavo quando tornavo da scuola e associavo quel momento al relax. Adesso tutto si è spostato su un piano lavorativo e ho un approccio più serio, inoltre posso giocare quando voglio, e quando puoi fare una determinata cosa senza limiti la apprezzi di meno. Però se lo facessi unicamente per una questione lavorativa abbandonerei Call of Duty, che è un gioco di nicchia, e inizierei a dedicarmi a tutti i videogiochi virali del momento, che possono attirare più spettatori... ma non è questo che mi interessa.


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Parliamo del rischio di alienazione e dipendenza legato all’abuso di videogiochi: l’hai mai vissuto? Cosa ne pensi in generale? No, non vivo l’alienazione da videogiochi perché gioco con cognizione di causa, cioè quando sento di voler registrare delle cose in particolare, e capitano periodi in cui gioco pochissimo perché riesco a registrare molto più rapidamente e quindi mi dedico più alla fase di montaggio che alla partita in sé. Ovviamente riconosco che ci siano casi di persone dipendenti e penso che lì si debba analizzare più che altro cosa c’è dietro a ciò che le spinge a cadere in questa dipendenza. Credo che sia tutto legato a quelle che sono la tua vita e la tua personalità: se hai delle mancanze o un approccio sbagliato col mondo esterno, talvolta ti rintani in quello che è il mondo virtuale, ma dubito che una persona con una vita soddisfacente possa diventare dipendente dal videogioco, perché non ti dà nessuna emozione così incredibile rispetto a quelle che puoi già trovare nella vita reale. Il tuo è un percorso lavorativo poco convenzionale, hai perplessità o paure legate al futuro? Per quanto mi riguarda, questa è un’attività che non può durare per

sempre, perché penso che YouTube sia un po’ lo specchio di quello che sei in una specifica fase della tua vita. In questo momento io, nei miei video, sono un ragazzo che gioca ai videogiochi, ma tra qualche anno non sarò più così in quanto crescerò e sarà difficile riuscire a fare video del genere con più maturità e interessi differenti; lo ritengo un percorso precario e non mi ci vedo a quarant’anni a fare ciò che faccio ora. Quando iniziai non avevo perplessità perché ero molto più giovane, ero appena uscito dalla scuola superiore e non mi ponevo questi problemi, mentre adesso penso a delle alternative. Questo è un mondo che dà svariate possibilità che bisogna saper cogliere e innanzitutto fornisce tante esperienze nel campo della comunicazione perché impari sulla tua pelle cosa vuol dire comunicare con tante persone correttamente o in modo errato: in ogni caso tutto si ripercuote su di te. Poi si stringono contatti, si realizzano collaborazioni con brand, case di produzione, di sviluppo e di distribuzione di videogiochi... Il primo vantaggio che mi viene in mente è che questo è un lavoro che comporta spese molto basse in quanto realizzi i contenuti dalla tua camera, quindi riesci a mettere da parte dei soldi e puoi pensare, in futuro, anche di cambiare completamente strada investendo ciò che hai risparmiato. Vorresti esplorare qualche altro settore o rimarrai in ambito gaming? Mi piacerebbe rimanere in questo settore e ci sono tante strade che potrei prendere in considerazione, per esempio lavorare all’interno di un’azienda che si occupa di distribuzione, in gergo publisher, come addetto alle pubbliche relazioni, colui che contatta i creators che realizzano gameplay. Quando collaboro con le aziende che distribuiscono Call of Duty, il gioco che tratto io, entro in contatto con queste figure ed è un lavoro molto interessante, una via di mezzo: un lavoro che sì, riguarda i videogiochi e ti porta a informarti e a seguire l’andamento del mondo di YouTube, ma è più ordinario, d’ufficio. Secondo me è difficile parlare di futuro perché se ripensiamo al panorama lavorativo di otto anni fa, senza andare troppo indietro nel tempo, era impensabile immaginare un presente di questo tipo. Fra otto anni potrebbe esserci di tutto!


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o iv it s o p ia g n a m #

Michela Dessì, un blog per amare la dieta sana di ANNALISA MURRU

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angiare sano è la scelta migliore che si possa fare per la propria salute, eppure tanti di noi continuano a condurre uno stile di vita che di sano ha ben poco, con il risultato

di guardarsi allo specchio e non riuscire a provare amore per se stessi. È ciò che è successo a Michela Dessì nel 2015, anno in cui decise di cambiare le proprie abitudini alimentari condividendo il suo percorso su Instagram.

Trentenne originaria di Iglesias, in provincia di Cagliari, allora studiava economia e gestione aziendale e la preparazione dei pasti non doveva sottrarre troppo tempo agli impegni universitari. Tra cotolette e altri piatti arrangiati, Michela arrivò al

punto di non riconoscersi più: “Mi guardavo allo specchio e quello che vedevo riflesso non mi piaceva”; una sensazione nota a tutte quelle persone che mettono in secondo piano la cura del proprio stile di vita dimenticando che esso sta alla base del benessere fisico e psicologico. Parallelamente a questa consapevolezza, scoprì la passione per il web marketing e decise di ampliare le sue conoscenze da autodidatta. Iniziò a leggere, studiare e seguire corsi specifici finché non sentì l’esigenza di testare sul campo le competenze acquisite e cominciò a interrogarsi su quale potesse essere il modo migliore per farlo. L’idea non arrivò subito, tutto le sembrava scontato, già visto, a cominciare dalla possibilità di aprire un blog per condividere le sue conoscenze. Poi, in un giorno qualunque di maggio 2015, ebbe un’illuminazione: perché non condividere su Instagram il suo nuovo approccio alimentare e provare a costruire una community di persone con lo stesso obiettivo? Creare contenuti, gestire una pagina social, generare quello che in gergo si chiama engage­ ment, ovvero il coinvolgimento degli utenti, uniti alla voglia di contagiare il prossimo e trascinarlo in un vortice di cambiamento generale improntato sul benessere: eccola, la sua missione. In una mattinata, creò un logo e aprì il profilo Cr_eative,


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l’unione di tre parole - creative, eat, positive - che descrivono la sua visione di dieta sana, lontanissima dall’immaginario comune che la dipinge triste e caratterizzata da privazioni. Cr_eative nacque come un diario alimentare in cui Michela condivideva semplicemente ciò che mangiava, raccontando per immagini la transizione da un’alimentazione scorretta a una consapevole, basata su alimenti poco processati, di stagione e abbinati tra loro in modo da comporre un pasto completo di tutti i macronutrienti. La sua forza sta nel rappresentare la persona comune che è riuscita a passare dalle cattive abitudini a quelle buone, cambiando fisicamente ma soprattutto a livello interiore, come dimostrano i suoi sorrisi sparsi nella galleria. Il progetto, che porta l’hashtag #mangiapositivo, richiede tanto impegno per Michela che, attualmente, lavora come social media manager per un’azienda che l’assunse proprio in virtù di quello che è un fantastico curriculum virtuale. Infatti, in seguito nacquero anche la pagina Facebook e il sito web, spazi che cura la sera e nel weekend. Le ricette, pensate da lei, sono frutto di ore e ore di prove tra i fornelli, e la foto che vediamo su Instagram, con annessa dida-

scalia di informazioni su dosi e procedimento per la preparazione, è solo la ciliegina sulla torta di tutto il lavoro che c’è dietro. Ogni immagine richiede lo styling, cioè lo studio della disposizione degli alimenti nel piatto e sul tavolo: “Quando manca qualcosa di super appetitoso come il formaggio che cola, che fa molto food porn, occorre una ricerca per capire come rendere accattivante il piatto, e tutto all’interno della scena deve essere in armonia”. E vai di studio delle luci, di spostamento dei vari elementi fino a trovare lo scatto perfetto, infine un’ottima post-produzione della foto per valorizzare al massimo il piatto. Tutte le ricette sono raggruppate per tipologia sul sito mangiapositivo.com, in cui è possibile mettere una spunta sui vari passaggi della realizzazione del piatto, a mano a mano che si prosegue con la preparazione. “Sono stata in grado di ispirare tantissime persone a cambiare, ed è questo che mi fa andare avanti nonostante sia molto impegnativo”. Michela non si è limitata a spiegare perché sia importante mangiare sano e avere una vita attiva, ma ha messo le mani in pasta dando l’esempio di come questo sia fattibile e, soprattutto, senza data di scadenza.

Rotoli di carasau con crema di ceci e verdure estive Ingredienti per due persone: Pane carasau Olio Evo 1 zucchina 1 cucchiaio semi di sesamo 2 carote piccole 1 pizzico curry 1 melanzana 1 pizzico sale 1 peperone Succo di mezzo limone 1 cipolla piccola Acqua 300g di ceci cotti Preparate la crema di ceci frullando in un mixer i ceci cotti, un cucchiaio di olio Evo, i semi di sesamo, il curry, il sale, il succo di limone. Aggiungete per ultima l'acqua in modo da dosare la quantità in relazione al grado di cremosità che volete ottenere. Lavate e tagliate a dadini le verdure. In una padella fate rosolare una piccola cipolla con un cucchiaio di olio Evo. Aggiungete per primi il peperone e le carote, versate un po' d'acqua e coprite con un coperchio. Dopo circa 5 minuti, unite anche la melanzana e la zucchina. Aggiustate di sale e se l'acqua si è assorbita, aggiungetene un po'. Proseguite la cottura, sempre con coperchio, per altri 10 minuti o comunque fino a quando tutte le verdure non saranno cotte. Inumidite con un po' d'acqua un foglio rettangolare/quadrato di pane carasau e adagiatelo su un foglio di carta da forno. Spalmate sopra la crema di ceci e distribuite le verdure lasciando un bordo di circa due centimetri. Arrotolate il carasau sul lato più lungo aiutandovi con la carta da forno e chiudete a caramella le due estremità del foglio. Ripete il procedimento con gli altri fogli di carasau che volete preparare. Lasciate riposare in frigo per circa 15 minuti, dopodiché cuocete a 200° per 10/15 minuti in modo da far ritornare il nostro carasau croccante.


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IL CARFS DI BONASSAI

AL SERVIZIO DELLA FAUNA SELVATICA E DEL GRIFONE di FRANCA FALCHI

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oiane, civette, gabbiani, corvi imperiali, aironi, e anatidi, c’è posto persino per una volpe nel CARFS di Bonassai. Sorto nell’agro di Olmedo, il Centro regionale per l’Allevamento e il Recupero della Fauna Selvatica, si è occupato sin dall’inizio di soccorso della fauna ferita o debilitata, con una particolare attenzione verso l’avifauna sarda, con specie protette e in via di estinzione. La fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello stato e la necessità di cura, degli individui in condizioni di bisogno, è dettata dall’esigenza di ricostruzione di importanti anelli della catena trofica ed ecologica. Il CARFS di Bonassai è uno dei due i centri in Sardegna per recupero degli animali selvatici, gestito dall’Agenzia Re-

gionale Forestas, con veterinari e operai di grande esperienza che accolgono gli animali e se ne prendono cura fino al ritorno alla vita selvatica, possibilmente nello stesso luogo di ritrovamento. All’ingresso di ciascun animale viene compilata una scheda personale coi parametri sulla patologia e sulla zona di rinvenimento, che solitamente avviene ad opera di privati cittadini. Il recupero segue un percorso standardizzato: la segnalazione alle forze dell’ordine, o ad associazioni, fa in modo di attivare il trasferimento nel minor tempo possibile. Dotato di ambulatori e laboratori di analisi, sala chirurgica e radiologica, con circa 500 ingressi all’anno, è in grado di assistere più di 60 specie differenti, provenienti da tutta la regione. I traumi più frequenti sono quelli causati dal maltempo, che con forti raffiche di vento destabilizza il volo portando gli uccelli a

sbattere contro i cavi e le strutture, o da maldestri tentativi di involo dal nido, ma ci sono anche casi di malnutrizione e stress da migrazione. Si registrano anche parassitosi o intossicazione da prodotti chimici e sporadici casi di ferita da arma da fuoco o di avvelenamento. Il CARFS è dotato anche di recinti e gabbie, personalizzate a seconda della specie, dove i vari esemplari seguono un percorso di degenza e di riabilitazione di circa un mese. Prima del rilascio, vengono tutti forniti di dispositivi di identificazione, grazie ai quale è possibile riconoscerli in caso di successivi recuperi. Non sempre però è possibile una completa riabilitazione, talvolta, particolari patologie o menomazioni ne impedirebbero la sopravvivenza in natura e allora, l’animale resta ospite del Centro per tutta la vita, nelle aree adibite alla didattica ambientale.


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A Bonassai, infatti, si svolge anche attività di educazione ambientale per le scuole. Le classi vengono accompagnate in un circuito tra le strutture dove possono ammirare animali che difficilmente vedrebbero in un ambiente naturale, sia in fase di riabilitazione che in lunga degenza, che facenti parte di allevamento. Il Centro si occupa anche della riproduzione a scopo di ripopolamento della pernice sarda. Attraverso la diffusione delle attività svolte nel Centro, si cerca di formare una coscienza ambientale accurata nei giovani, quale presupposto per una corretta gestione futura del patrimonio naturalistico. Le scuole sono coinvolte anche nelle manifestazioni pubbliche create per la liberazione degli animali riabilitati: questi eventi rappresentano un notevole momento di sintesi del lavoro svolto dal CARFS.

Molto importante è lo studio di monitoraggio dei problemi ambientali effettuato in collaborazione con l’Università di Sassari con appositi tirocini. Attraverso l’analisi dei patogeni si compila un quadro di salute della popolazione di specie di particolare interesse e del loro habitat. I rapaci, ad esempio, sono molto sensibili alle condizioni ambientali e per questo sono degli importanti bioindicatori. Dal 2015, il Centro di Bonassai, è partner del Progetto Life Under Griffon Wings che ha come finalità la ripresa demografica del grifone in Sardegna, attraverso un’azione di restocking, con il rilascio di 60 esemplari provenienti dalla Spagna. Questo avvoltoio, un tempo molto diffuso, oggi è ridotto a circa 42 coppie localizzate nel territorio tra Alghero e Bosa, in uno stato di conservazione definito critico, e con una valenza genetica molto importante in quanto unica colonia naturale in Italia. 25 anni di ricoveri di grifoni a Bonassai hanno generato una notevole banca dati per analizzare e cercare di eliminare le cause di estinzione. L’attivazione di un nucleo cinofilo antiveleno del Corpo Forestale, la creazione di punti di alimentazione autorizzati, e una rigida quarantena hanno determinato un incremento della sopravvivenza e una diminuzione delle perdite per avvelenamento e patologie. Fondamentale per il mantenimento e l’ampliamento dell’areale è stata l’attivazione dei carnai aziendali, che ci rende la prima regione in Italia con circa 30 punti di alimentazione monitorati costantemente. Grazie al coinvolgimento delle realtà locali, con una campagna di sensibilizzazione, si è ottenuta non solo una particolare attenzione verso la specie ma anche una limitazione dell’uso dei farmaci negli allevamenti, in modo da conferire delle carcasse adatte all’alimentazione del grifone. Il CARFS è stato dotato di nuove strutture per il ricovero e la riabilitazione degli esemplari in difficoltà, quali delle vere e proprie palestre di fisioterapia create a loro misura. Restano però, anche in questo caso, degli individui irrecuperabili mantenuti a fini didattici, e non solo. Su di essi è in atto un’azione di sperimentazione per la riproduzione in cattività sulla scia dei buoni risultati di Centri europei su altri avvoltoi. Ottenendone il successo, si avrebbero nuovi esemplari da rimettere in natura e Bonassai diventerebbe l’unico Centro italiano di riferimento per la cura e il ripopolamento di questa delicatissima specie.


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Marco Spissu, Dyshawn Pierre e Stefano Gentile

DINAMO SASSARI, CONTINUA A SOGNARE!

La squadra di coach Pozzecco in stato di grazia ormai perenne: 20 risultati utili consecutivi di ERIKA GALLIZZI Foto LUIGI CANU

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on ci sono più parole per descrivere questa Dinamo Banco di Sardegna Sassari. 20 risultati utili consecutivi tra campionato e Europe Cup, quest’ultima messa in bacheca, e un vero e proprio decollo che ha portato la squadra di coach

Gianmarco Pozzecco a volare sul cielo del basket nazionale, tingendolo di biancoblù. Un interminabile momento d’oro per la squadra sassarese, diventata bellissima da vedere e non solo per tecnica e tattica. Ciò che emerge nettamente, infatti, è la serenità dei giocatori, il divertirsi e voler divertire, l’armonia

dello spogliatoio. Tutto questo non può che conferire qualcosa di fondamentale: la sicurezza nei propri mezzi e l’invidiabile forza mentale. Se torniamo indietro di tanti mesi, addirittura al precampionato, ricordiamo proprio una squadra dallo spiccato carattere e dalla grande tenacia. Ma ciò era andato perduto, prepotentemente soffocato da una gestione forse un po’ “nervosa”, poco lucida e, di conseguenza, dalle tensioni che avevano reso lo spogliatoio una bomba a orologeria. Coach Pozzecco è stato la cura giusta. Un uragano di positività, di stima dimostrata in mille modi ai propri giocatori e di riconoscenza, puntualmente dichiarata ad ogni vittoria. Ma il Poz non era matto? Un folle genio, ecco cosa è sempre stato e continua ad essere. Ma, soprattutto, una persona verace, autentica, di

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grande intelligenza, dal cuore enorme e dai sentimenti limpidi. Per la sua carriera di allenatore Sassari poteva essere una svolta, l’ambiente passionale ideale per riuscire in ciò in cui nelle precedenti esperienze non era riuscito totalmente; lo sapeva bene e sta ottimizzando alla perfezione l’opportunità. Ma anche in casa Dinamo, il suo arrivo, poteva essere l’occasione giusta per tornare a volare e ritrovare il popolo biancoblù come cuore pulsante e propulsore. E anche questo, ora, c’è di nuovo. Sassari ha ripreso a sognare, Sassari ha ripreso ad amare e “coccolare” davvero la propria squadra. Anche l’ultimo mese, dunque, è stata una cavalcata trionfale per capitan Devecchi e compagni, iniziata con la vittoria del primo trofeo continentale della storia del club sassarese, la Fiba Europe Cup, e proseguita con un’entrata in griglia playoff da un clamoroso (per come si erano messe le cose ad un certo punto della stagione) quarto posto. Le ultime due partite della regular season della Serie A, a Trieste e con Cantù, hanno dimostrato che la Dinamo non si è certo sentita appagata dalla vittoria in campo europeo. Sul parquet triestino il Banco è sembrato un rullo compressore, chiudendo, di fatto, la gara già nel corso del terzo quarto. Pierre, Thomas, Spissu, Gentile, Cooley, Polonara… tutte “mani pesanti” nell’86-65 finale. Con Cantù, invece, è stata una partita

combattutissima fino agli ultimi minuti. Tra strappi e contro-strappi la Dinamo è riuscita a dare un’accelerata nell’ultimo periodo e, con gli ospiti rientrati sul -3 a poco più di 1’ dalla fine del match, ha trovato in Cooley e Spissu la giusta freddezza dalla lunetta, che ha consentito di archiviare positivamente la pratica (8781), acciuffando, come detto, il quarto posto in classifica, per via della simultanea sconfitta interna di Brindisi per mano di Trento. E proprio l’Happy Casa Brindisi è stata l’avversaria dei sassaresi nei quarti di finali playoff. Una sfida bellissima, vibrante e dagli alti toni agonistici, che la Dinamo ha vinto con un perentorio 3-0. Sono state, però, tre partite sufficientemente equilibrate. La prima, per la verità, è terminata con un largo scarto, 89-73, che, però, non è sempre stato altrettanto largo durante il match. C’è da dire che, in questa partita, la Dinamo non ha mai dato realmente la sensazione di poter perdere, nemmeno le diverse volte che gli ospiti pugliesi hanno stoppato e ricucito le fughe biancoblù. Gara-2 è risultata un po’ più incerta (106-97), con Brindisi decisa a portare in parità la serie e “girare” il fattore campo a proprio favore, alla vigilia del cambio di campo. La Dinamo, però, non aveva nessuna intenzione di concedere niente. Le triple di Spissu, la gara perfetta di Gentile, la verve di Polonara e Thomas, un Pierre arrivato a giocare su livelli davvero altissimi e Cooley monumentale nel pitturato; sette uomini in doppia cifra, what else? Poi è arrivata gara-3 e l’ennesimo capolavoro di tenuta mentale del “POZzesco” team biancoblù. Dinamo meno bella di altre volte, non perfetta, ma solidissima e comunque vincente. Anche quando, a 3’ dalla fine, Brindisi passava a condurre e sembrava aver portato definitivamente l’inerzia della gara nelle proprie mani. Una meravigliosa “zampata” di Smith (ancora in ripresa dopo l’infortunio) dall’arco dai 6,75 ha zittito tutti e, di fatto, consegnato alla Dinamo il passaggio del turno. L’ultima perla in ordine cronologico è la vittoria, per 86-79, sul campo dell’Olimpia Milano in gara-1 di semifinale. Avvio difficile, poi grande equilibrio e, anche stavolta, nervi d’acciaio e serenità. Più un monumentale Gentile. Fuori dal campo: coach Pozzecco ha rinnovato il contratto fino al 2021, mentre il gioiellino di casa Marco Spissu fino al 2022.


#cinguettii tecnologici a cura di Marco Cau

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LA FAVOLA DELLA RAIMOND

natore Luigi Passino e aiutati da quattro atleti “esterni” (Pinnonen, Gulam, Cantore e Bertolez, quest’ultimo arrivato in al 1977 al 2014 Ichnusa Pallaseguito ad un brutto infortunio occorso, mano Sassari, poi rinata, dopo ad inizio stagione, a Mbaye) e due dal tre anni ed una breve parenvivaio Lions, società affiliata. Vinte 19 tesi Sinergia Sassari, nella Raimond partite su 24, con due pareggi, e Handball Sassari. Marito e moglie enchiusura della regular season al trambi portieri, Andrea Giordo e primo posto nel proprio girone, a quota Luana Morreale (siciliana, a Sassari dal 40 punti. Questo ha significato la quali2007, portiere della storica squadra ficazione alla Final Eight. Prima fase a femminile sassarese che ha colleziogironi e, chi la superava e poi vinceva le nato vittorie e trofei, nonché della Na- semifinali, centrava la promozionale, ed ora presidente della zione in A1. La Raimond ha Raimond) ed un gruppo di ex disputato tre partite, di cui compagni, ma soprattutto amici, due vinte, poi in semifinale si appassionati di questo meraviè imposta 28-25 sul Beneglioso sport, che si è ritrovato, vento, con il centrale estone nell’estate 2017, a gettare le Pinnonen autore di 8 basi di una nuova Mikk reti. avventura, in “È il giusto epilogo di Serie A2 una bella favola – dien n o inn chiara il DS-giocatore AnkP Mik drea Giordo – iniziata quasi (dove per gioco e a cuor leggero. milita Quando si vincono i campioanche nati c’è ovviamente tanta feliun’altra socità, ma quando lo fai con cietà sassapersone con cui hai giocato insieme rese, la per una vita e con cui hai raccolto Verdeazzurro). meno di quanto avresti meritato, ha Ed al secondo un sapore totalmente differente. È anno si è comun qualcosa che ci legherà per sempiuta la prima pre, come ci ha detto il nostro alparte del diselenatore. Nonostante un gno della diripercorso in campionato quasi genza: la perfetto – prosegue Giordo – promozione in ci sono stati tanti momenti Serie A1. difficili. I primi due passi falsi Sacrifici, faminelle prime due giornate, la glie trascurate flessione nella parte cene lavoro in patrale del girone di ritorno, lestra, per un con il pareggio a Bologna e piccolo miral’inaspettata sconfitta a colo, guidati Camerano, la sconfitta nei dalla professioplayoff contro Molteno ed nalità dell’alleil concomitante infortunio

D

del nostro centrale Juani Cantore. Sembrava tutto perduto, con otto mesi e mezzo di lavoro buttati, invece, una volta tanto, la fortuna ha deciso di premiarci. Ma sono stati tanti anche i momenti belli. A livello personale, l’istantanea emotivamente forte è l’abbraccio con mia moglie al fischio della partita che ci ha regalato la promozione”. E il sogno continua: “Continua eccome – conclude Andrea Giordo – L’A1 richiede un impegno economico e di risorse umane differente, ma noi ci siamo e non abbiamo paura. Stiamo già costruendo una squadra di tutto rispetto per la prossima stagione, grazie all’entusiasmo delle tante aziende che ci supportano. E se il coinvolgimento imprenditoriale crescesse, penso che Sassari potrebbe avere un’altra eccellenza sportiva che, nel giro di tre

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di ERIKA GALLIZZI Foto LUIGI CANU

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PROMOZIONE IN SERIE A1 CENTRATA E RITORNO DELLA GRANDE PALLAMANO A SASSARI

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HANDBALL SASSARI

anni, possa lottare per un traguardo storico come lo scudetto. Ma per ora lo diciamo a bassa voce…”.


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Il dentista risponde

Vasyl - stock.adobe.com

Curiosità sul mondo odontoiatrico

Il Dott. Giuseppe Massaiu è un professionista di riferimento e opinion leader in tema di Odontoiatria Naturale e Biologica, insegna in corsi frontali e on-line argomenti clinici ed extra-clinici legati al mondo della Odontoiatria e della Medicina Naturale, Posturale e Olistica oltre che del Management e del Marketing Odontoiatrico.

QUANDO SI DEVE DEVITALIZZARE IL DENTE?

Q

uando un’infezione causata dalla carie raggiunge una determinata soglia critica, la devitalizzazione è l’ultima soluzione disponibile del dentista per preservare il dente. In caso contrario, se la gengiva o l’osso sottostanti sono ormai troppo danneggiati, si dovrà invece procedere all’estrazione. Per affrontare il tema dobbiamo tratteggiare in breve le discipline odontoiatriche utilizzate per trattare il fenomeno carioso: la Conservativa e l’Endodonzia. La prima riguarda le infezioni che hanno colpito solo i primi due strati del dente, ovvero lo smalto (il duro rivestimento esterno del dente) e la den-

tina (parte sottostante lo smalto, che lo supporta). Questi due elementi vengono sottoposti quotidianamente all’azione erosiva di acidi generati dallo zucchero e dagli amidi introdotti dalla nostra alimentazione e dai batteri che vivono all’interno della bocca. Se non ci si preoccupa di mantenere un buon livello d’igiene orale, pulendo quotidianamente i denti con spazzolino, dentifricio, filo interdentale e scovolino dopo ogni pasto, questi fenomeni erosivi andranno via via ad indebolire e poi ad intaccare prima lo smalto e poi la dentina, aprendosi strada verso il “ventre molle” del dente, chiamata polpa. Altre cause della carie,

seppur residuali, possono essere dei traumi che rompono o scheggiano il dente oppure degli interventi odontoiatrici precedenti non svolti a regola d’arte. La polpa è la parte “viva” del dente, in quanto contiene al suo interno i vasi sanguigni e i nervi. Per questo motivo si sente dolore quando la carie arriva fino a lei, creando prima infiammazione poi la sua necrosi con conseguenti ascessi che, se non curati, possono poi espandere l’infezione al resto del corpo. Il dentista porta avanti la terapia conservativa quando la carie non ha ancora danneggiato irreparabilmente il dente fino alla polpa. In questo caso

l’intervento si limita ad asportare le parti di smalto e dentina ormai compromesse, ripristinando il dente mediante un’otturazione che chiude il tutto. La devitalizzazione oggetto di questo articolo, invece, diventa necessaria quando una carie profonda ha ormai compromesso la polpa. Tale operazione è definita, in gergo tecnico, Endodonzia - dal greco: ἔνδον = dentro e ὀδών = dente. Altro termine con cui si definisce è “terapia o cura canalare” e va controllata con appositi strumenti di misurazione endodontica e radiografica. In questo caso specifico l’intervento riguarda la totale asportazione della polpa, con i vasi sanguigni e i nervi annessi. Una volta ripulita la cavità principale e i canali, il tutto viene riempito di materiale bio-compatibile inerte, in modo da non lasciare futuro spazio ad altre infezioni. Per ripristinare l’estetica del dente è infine possibile realizzare, per coprire il foro in cui si è operato, un intarsio. Questo riproduce esattamente la parte del dente mancante, garantendo bellezza e funzionalità del sorriso nel tempo. Ogni mese il Dott. Massaiu risponderà ad uno di voi. Inviate le vostre domande a: dott.massaiu@shmag.it.

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