Macerata Opera Festival 49. Stagione Lirica 2013 Direttore artistico Francesco Micheli
Muri e Divisioni Giuseppe Verdi Nabucco Giuseppe Verdi Il trovatore Per Benjamin Britten Sogni di una notte di mezza estate Il piccolo spazzacamino
a cura di Esserci comunicazione soggetti Carlo Scheggia, Claudia Zavaglini traduzioni Constance De La Mothe, Elena Di Giovanni, Daniele Gabrielli, Franziska Kurth, Antonietta Lemme, Francesca Raffi racconto fotografico delle prove Alfredo Tabocchini si ringraziano Veronica Antinucci, Giulia Bassani, Andrea Compagnucci, Franziska Kurth, Brunella Lattanzi, Giada Mariani, Andrea Mazzanti, Luciano Messi, Elena Orazi, Paola Pierucci, Stefano Ruffini, Gianfranco Stortoni, Luisa Travaglini Tutti i diritti sono riservati ai rispettivi autori Impaginazione e Stampa Luglio 2013
Macerata
Presentazione
7
Muri e Divisioni di Massimiliano Fuksas
11
Nabucco E, per la prima volta, Verdi fu Verdi di Angelo Foletto Parte prima Parte seconda Parte terza Parte quarta
13 17 27 33 39 45
Il trovatore Manrico, “un irregolare tra noi� di Davide Garattini Parte prima Parte seconda Parte terza Parte quarta
51 55 65 71 79 85
Per Benjamin Britten Un muro, che separa e unisce di Carla Moreni
96 97
Il piccolo spazzacamino Atto primo Atto secondo Atto terzo
101 109 117 125
Sogni di una notte di mezza estate Act I Act II
147 155 161
Vita e Arte di Beniamino Gigli Romeo and Juliet Patti Smith and her band Macerata Festival Off
181 183 185 187
Che paradosso! A emblema dello Sferisterio, elegante monumento dei primi dell’Ottocento, c’è una sconfinata pila di mattoni. Un muro. Assurdo e bello quanto un’installazione d’arte contemporanea, nasce come superficie di rimbalzo per i giocatori della palla al bracciale, antico sport in voga a quei tempi. Oggi è lo scenario obbligatorio e irresistibile per quanti vogliono creare sul palco dello Sferisterio spettacoli altrettanto belli e assurdi, quali sono gli allestimenti operistici. La prima volta che ho varcato la soglia di questo teatro a cielo aperto l’immagine del muro si è impressa in me indelebilmente. Purtroppo non tutti i muri si meritano tale entusiasmo. Anzi, i più memorabili sono esito estremo di conflitti irresolubili o di una volontà di separazione che fa della divisione un valore esemplare, definitivo. Muri e divisioni, titolo dell’edizione 2013 del nostro Festival, è un promemoria per questi tempi difficili che ci invita ad abbattere le barriere tese a dividere senza ragione; un memento che ci sprona a colmare i divari figli del pregiudizio. L’opera lirica è la forma d’arte inventata da noi italiani, capace da sempre di evocare saghe incommensurabili comprensibili a tutti, senza divisione di sesso, di classe sociale, di età e di bagaglio culturale. L’opera è mezzo di comunicazione allergico a ogni muro, a qualsiasi divisione. Nutro la convinzione che in questi tempi di globale cambiamento il melodramma sia capace di parlare con efficacia a noi nell’indicare atti e individui esemplari, come la mitologia classica fu necessaria per fondare l’Umanesimo quattrocentesco. Con questo intento celebriamo il bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi da oggi al 2015, non per bruciare incensi nostalgici al passato ma per godere la viva eredità del Maestro. Nabucco è saga di popoli che lottano per trovare casa e diritto di esistenza, a costo di sfondare il muro della cattività o dell’indifferenza; Trovatore è mito che canta l’insensatezza del mortale dissidio tra fratelli, nello scenario spietato e grottesco della guerra civile. Se fosse vivo, quest’anno Benjamin Britten compirebbe cento anni. Tanti auguri, Maestro! Britten è compositore che in ogni sua opera ha posto al centro dall’attenzione le realtà marginali, fino a quel momento non considerate degne di nota: il mondo dell’infanzia, per esempio. Verdi e Britten raccontano storie che vale la pena ascoltare, creano personaggi che sentiamo necessario far conoscere; tale urgenza ci ha portato già l’anno scorso a condurre l’opera fuori dal teatro d’opera, affinché tutti ne possano beneficiare. Per un Festival che sia realmente di tutti e per tutti. Oltre ogni muro. Oltre ogni divisione. Francesco Micheli
Foto di Moreno Maggi
TEATRO LAURO ROSSI 18 luglio - ore 18.30 Conferenza inaugurale
Muri e Divisioni Massimiliano Fuksas conversa con Francesco Micheli
“Pensare un luogo non virtuale ma reale, da dedicare alla condivisione, è impresa di grande impegno e profonda intensità etica. La fratellanza è un luogo dello spirito, è un’aspirazione. È anche speranza che i nostri figli, la futura generazione, possano vivere in un mondo migliore. La Pace, intesa come valore universale, non può essere circoscritta in nessun involucro predefinito ma uno spazio, un’architettura, può presentarsi di ausilio e di assistenza rispetto alle difficoltà di comprensione. Ogni progetto aspira a divenire un luogo di incontro e di dialogo”. Massimiliano Fuksas
SFERISTERIO 19, 26 luglio, 2*, 4, 9 agosto - ore 21.00 Anteprima giovani 16 luglio - ore 21.00 Giuseppe Verdi
Nabucco Opera in quattro parti di Temistocle Solera Editore Casa Ricordi - Milano
Alberto Mastromarino (19 luglio) Luca Salsi (26 luglio, 2, 4, 9 agosto) Valter Borin Giorgio Giuseppini Virginia Tola Gabriella Sborgi Francesco Facini Enrico Cossutta Anna Maria Stella Pansini
Nabucco, re di Babilonia Ismaele Zaccaria Abigaille Fenena Il Gran Sacerdote Abdallo Anna
Direttore Antonello Allemandi Regia Gabriele Vacis Scene, costumi e luci Roberto Tarasco Maestro del coro David Crescenzi Assistente alla regia Silvana Massacesi Assistente alle scene e ai costumi Lucia Giorgio Fondazione Orchestra Regionale delle Marche Coro Lirico Marchigiano “V. Bellini” Complesso di palcoscenico Banda “Salvadei” * servizio di audio descrizione
15 Direttore di scena Mauro De Santis Direttore musicale di palcoscenico Gianfranco Stortoni Maestro di sala Cesarina Compagnoni Vocal coach Simone Savina Maestri di palcoscenico Marta Marrocchi, Adamo Angeletti, Chiara Cirilli Maestro alle luci Melissa Mastrolorenzo Maestro ai sopratitoli Natalia Giro Attori Filippo Castelli, Natalia Sangiorgio, Matteo Volpengo Figuranti Marco Leombruni (coordinatore), Mohammed Adams, Abou Bangoura, Franck Stephane Atchom Bassoua, Marova Bourhimi, Silvia Casaidi, Sujon Farooq, Massimo Frattani, Gabriela Liza Hincu, Robert Abanga Ibraim, Francesco Mezzelani, Abshir Mahamud Mohamed, El Mehdi Lmoughit, Edoardo Marinucci, El Mostafa Naji, Binetou Mboup, Noguaye Mboup, Mbissane Mboup Ndeye, Lucrezia Pupilli, Assia Sadik, Imran Shaikhzada, Lorenzo Torresi Responsabile allestimento e servizi di palcoscenico Enrico Sampaolesi Logistica Giorgio Alici Biondi Scenografo realizzatore Serafino Botticelli Capo macchinista Secondo Caterbetti Capo elettricista Fabrizio Gobbi Responsabile sartoria Simonetta Palmucci Responsabile vestizioni Maria Antonietta Lucarelli Capo attrezzista Emanuela Di Piro Capo squadra aiuti tecnici Mauricio Cesar Pasquali Responsabili parrucco Serena Mercanti Responsabile trucco Raffaella Cipolato Direttore di sala Marco Coltorti Fotografo Alfredo Tabocchini Scene Macerata Opera Festival - Attrezzeria E. Rancati, Milano - Macerata Opera Festival - Acqua Roana, Ussita (Mc) Costumi Macerata Opera Festival - Calzature Militaria, Jesi (An) Filmati Indyca, Torino - Illuminotecnica Etabeta, Ancona - Fonica AMS, Macerata Sopratitoli e audio descrizioni Macerata Opera Festival e UniversitĂ di Macerata, con il supporto tecnico di Sub-Ti, Londra.
17 E, per la prima volta, Verdi fu Verdi
Angelo Foletto
“Strumenta da pazzo, non è maestro di abilità tecniche e deve avere un cuore d’asino», annotò sul suo diario, all’indomani della prima di Nabucco alla Scala (9 marzo 1842), il compositore tedesco ma di stanza a Milano, Otto Nicolai che aveva disdegnato il libretto biblico di Temistocle Solera. “Con quest’opera si può dire veramente che ebbe principio la mia carriera artistica; e se dovetti lottare contro tante contrarietà, è certo però che il Nabucco nacque sotto una stella favorevole”, scriverà Giuseppe Verdi a Giulio Ricordi quarant’anni più tardi, convalidando un’opinione comune. Divulgata con la pubblicazione (1881) di Giuseppe Verdi: Vita aneddotica di Arthur Pougin nella traduzione italiana e con ‘note e aggiunte’ (molte telecomandate dall’autore) di Folchetto, alias Jacopo (Giacomo) Caponi. Come Der fliegende Holländer per Wagner (‘prima vera opera’ anche per lui) per Verdi Nabucco fu la ‘prima’. E di più, l’opera dell’affermazione. Nel Novecento, l’opera della ricongiunzione tra il nostro tempo e la produzione giovanile d’autore. Ma la Verdi-Renaissance che riportò in circolazione molti titoli, di Nabucco non ebbe bisogno di spiegare o ‘scoprire’ nulla: la partitura non uscì mai di repertorio. Già nel battesimo alla Scala, la musica ottenne successo immediato e popolare. Dopo otto trionfali repliche – non di più: era l’ultima di stagione - la terza opera verdiana fu ripresa dal 13 agosto e la seconda serie doppiò nel giro di poche settimane le 60 rappresentazioni. Il titolo comparve poi con regolarità (1844, 1846, 1850, 1853, 1855, 1857 e 1861) quasi a risarcire gli spettatori scaligeri del lungo embargo imposto da Verdi al teatro che non ospitò una sua prima importante dal 1845 (Giovanna d’Arco) al 1869 (Forza del destino, seconda versione).
Dell’accoglienza dicono le cronache del tempo. Al successo contribuirono il Nabucco di Giorgio Ronconi, lo Zaccaria di Prosper Derivis e la Fenena di Giovanna Bellinzaghi. Abigaille era Giuseppina Strepponi, che con Ronconi aveva patrocinato la presentazione di Oberto, conte di San Bonifacio (1841) opera d’esordio del compositore, e che fu appassionata promotrice dello spartito che pure non offriva alla voce piccola e lirica una parte congrua né comoda. Se si escludono le riserve proprio per la Strepponi, declinante come artista ma in procinto di entrare col peso che sappiamo nella vicenda biografica dell’autore (ufficialmente dal 1846), i fogli del tempo elogiarono il giovane Verdi, chiamato più volte alla ribalta, e la sua personalità non comune. La Gazzetta Privilegiata di Milano diede anche conto di una circostanza eccezionale, giornalisticamente ghiotta. Nonostante la «prescrizione di non accordare repliche» praticata alla Scala, fu replicato come «rara testimonianza di lode data al maestro Verdi» il «magnifico coro» in cui «tutti i personaggi del dramma prendono parte e fanno del concetto musicale un insieme nuovo e meraviglioso». Non era, com’è stato fino a qualche decennio fa erroneamente dato per scontato, il Va’, pensiero (affidato al popolo Ebreo solo in scena), ma «Immenso Jeovha!». Con queste premesse, ebbe buon gioco a imporsi la cornice aneddotica ampiamente usata da Pougin/Folchetto. Il precedente lacrimevole delle tragedie familiari e dell’infelice esito del Giorno di regno, l’idea dell’affermazione-riscatto per il giovane (ma nemmeno più tanto) musicista venuto dalla provincia e trattato con scarsa indulgenza all’ammissione in Conservatorio (ma l’errore era stato tentare di entrare come pianista), e l’allusività nazional-risorgimentale del libretto, divennero (sono) un perfetto santino d’autore. L’adozione popolare di Nabucco nella cattolica Italia fu facilitato anche dal preventivo (involontario?) merito della seduzione subconscia del soggetto di ambientazione biblica, quasi una parafrasi della Bibbia: “il mio libro per eccellenza” - quindi con ascendenza sacra. Ambiente e tematica religiosa sono una presenza quasi costante nella formazione e nelle prove teatrali del ‘maestrino’ educato sugli organi
18 delle cantorie di paese. Sfondo storico della vicenda è il saccheggio del Tempio di Gerusalemme e la seconda invasione del re babilonese Nabucodonosor II (cioè attorno al 587-6 a.C). Il libretto usa rimandi biblici talvolta parafrasandone versetti, ma il Nabucodonosor di Solera si basò sull’omonimo dramma di Anicett-Bourgeois e Francis Cornue (Parigi, 1836) e al ballo che il coreografo Antonio Cortesi ne aveva ricavato e realizzato per la stagione scaligera del 1838. Alla stesura definitiva, Verdi contribuì con idee teatrali sue, improntate a concisione e coerenza drammatica. Preannunciando gli scontri più decisi del futuro, impose a Solera di tagliare un duettino amoroso FenenaIsmaele incastonato nel terzo atto (“raffreddava l’azione e mi sembrava che togliesse un po’ alla grandiosità biblica che caratterizzava il dramma”), sostituendolo con una «profezia pel Profeta Zaccaria». I dogmi drammatici del giovane Verdi ci sono. Non bisogna “raffreddare l’azione” divagando - la prospettiva sentimentale, a differenza del modello rossiniano di Mosè, altrove ben presente all’autore, non interessa - e la logica narrativa deve prevalere sulle aspettative del pubblico e il galateo melodrammatico comune. Puntando a incrementare la ‘posizione’ della rassegnata preghiera degli ebrei sulle sponde dell’Eufrate, Verdi ritenne più proficuo in quella situazione evidenziare il rapporto di fiducia tra il popolo e il suo veggente portavoce. La musica rese serrata la consequenzialità tra risveglio degli ‘ebrei incatenati e costretti al lavoro’ e il disegno marziale degli ultimi versi della ‘profezia’: «Niuna pietra ove surse l’altera / Babilonia allo stranio dirà!». Sono dettagli, alla luce delle raffinatezze drammatiche del Verdi che verrà, ma nessun autore prima di allora li aveva considerati nodali. Attraverso i dettagli, Nabucco diventò la prima opera italiana nuova. All’iniziò lasciò i commentatori “inappagati e senza compenso” (Bruno Barilli) oggi ha guadagnato anche attenzione critica. La riconsiderazione è frutto d’una cognizione più approfondita (e diretta, spesso a seguito di esecuzioni teatrali) della letteratura operistica italiana coeva e delle partiture giovanili d’autore. Per comprendere l’originale archi-
Nabucco tettura operistica di Nabucco e i profondi legami con la tradizione melodrammatica - di cui Verdi fu parte integrante ma subito figura non omologabile - ci sono volute anche intuizioni interpretative: il debutto italiano (e internazionale) di Maria Callas al San Carlo di Napoli (20 dicembre 1949) ha imposto il ruolo di Abigaille. Personaggio vero e declinato con pienezza a partire dalla storica serata, una della tante in cui gli interpreti hanno precorso gli studiosi. Personaggio principale, non solo in frontespizio, rimane il baritono Nabucco (spesso voci gravi sono protagoniste delle storie del giovane Verdi): il primo di una lunga e pessimistica galleria di padri infelici. Titolari di ‘paternità negate’, quasi sempre vittime affettive del potere o di ragion di stato. Ma accanto al visionario e bestemmiatore re di Babilonia, investito dalla folgore divina, che perde la ragione ma recupera effusione melodica e struggente umanità nel canto, si staglia la pretendente “schiava, creduta figlia primogenita”. L’avanzamento di gerarchia drammatica di Abigaille, che da interlocutore familiare e esecutore del volere politico altrui, diventa avversario politico e antagonista familiare - doppiamente, anche come rivale in amore della sorellastra Fenena - dirotta la vecchia struttura operistica sui binari delle motivazioni drammatiche care al Verdi che verrà. Figura predestinata (la composizione iniziò con la scena della sua morte), Abigaille è un personaggio necessario. Il dramma individuale scatta alla sua teatralissima entrata: il sarcastico «Prode guerriero» staffila a sangue Ismaele (tenore senza tenorilità né tormenti romantici, ancora), prima di costringerlo a un non richiesto confronto sentimentale a tre. La nettezza di segno impressa da Verdi al Terzetto - numero di bellezza catturante - lacera la sensazione di immobilismo drammaturgico delle oratoriali scene precedenti. In «Io t’amava» la riconversione di coloratura e belcantismi rossinian-donizettiani è fatta. L’autore usa le schermaglie vocali e virtuosistiche restituendole con funzioni emotive meno astratte: la disposizione delle voci e il contenzioso sentimentale può ricordare il confronto Norma-Pollione-Adalgisa, ma Norma è lontana. La musica di Verdi infonde calore e implacabilità al confronto affidato
E, per la prima volta, Verdi fu Verdi a figure cantabili precise - magnifico il cambio di temperatura affettiva all’entrata di Fenena - non a generica concitazione anche se nell’economia dell’atto il Terzetto brucia in fretta le sue seduzioni musicali. In Nabucco non c’è tempo né spazio per dispute amorose ma solo per scontri epici tra popoli e anime. Scortato da una marcia paesana ma tellurica e dalla più fiammeggiante e selvaggia pagina corale che le placide scene melodrammatiche del tempo avessero mai ospitato, ecco Nabucco. Senza cavatina, come Abigaille. Anche la sua presentazione sovverte le tipologie tradizionali (alla ‘grande’ forma si attengono l’epica sacerdotale e profetica di Zaccaria, rendendolo sotto l’aspetto melodrammaticamente costituzionale, il vero protagonista insieme al coro): a Nabucco non occorre un’aria per farsi conoscere. Il recitativo sommesso, in espressione contenuta (anche se la tessitura volge all’acuto, «Tremin gli insani del mio furore» dovrebbe essere cantato sotto voce) è l’ingranaggio che manca al tumultuoso finale: il protagonismo è conferito sul campo. L’analisi drammatica e musicale dello spartito può continuare. Fin dal libretto, Nabucco dichiara ambizioni espressive che mirano al cuore degli individui - con Terzetto e memorabile uscita finale, anche Fenena lascia un segno lirico non trascurabile – a dispetto delle suggestioni basaltiche dei grandi passi corali e dell’oratoriale titolazione ‘biblica’ delle quattro Parti: «Gerusalemme», «L’empio», «La profezia» e «L’idolo infranto». Con Nabucco il compositore gettò le basi della nuova tradizione, dissodando con sicurezza un terreno fecondo ma in quel momento intorpidito: Rossini taceva da una dozzina d’anni, Bellini era morto da sette. A un passo da Don Paquale, Donizetti di cui in quella stagione scaligera si diedero numerosi titoli tra cui Belisario e Gemma di Vergy, era in pratica l’unico autore moderno accanto a Mercadante e Pacini. Mentre con le sue peripezie familiari, psicologiche e religiose “neo - anzi che vetero - testamentarie con cui Verdi ci presenta la degradazione del personaggio e il suo anelito a sortirne” (Fedele d’Amico), i forsennati comportamenti estremi che alla fine si sciolgono nel pietoso pianto di
19 ‘padre’ deluso e di infedele ammesso al banco dei convertiti, Nabucco marca il territorio emotivo e vocale entro cui prospereranno i futuri grandi e umanissimi ‘vecchi’ verdiani. Ripercorrendo uno spartito in cui tutto galoppa travolgendo i drammi individuali, quasi ce lo stavamo dimenticando: si scrive Nabucco ma chiunque legge Va’, pensiero. Prova musicale di Risorgimento civile (e testimonianza del cauto patriottismo d’autore), bandiera di tutti i populismi italioti da cantare a squarciagola. Il distico d’avvio del coro degli ebrei sulle rive dell’Eufrate riassume il terzo titolo verdiano. Per molti spettatori, anzi, è più importante dell’anima drammatica insolita, delle folgoranti cabalette, delle forbite pagine solistiche, dei ben congegnati quadri d’assieme. E per anni Va’ pensiero è stato il modo sbrigativo (e inesattissimo) di condensare in etichetta storico-biografica unica, il cosiddetto primo-Verdi. Come hanno ratificato i toni dell’anno-centenario della morte (2001), replicati con minore enfasi nell’attuale doppio secolo della nascita (forse perché consumati dalla retorica sparsa a piene mani nel Centenario dell’Unità d’Italia), l’agiografia risorgimentale legata a Va’, pensiero è una delle poche ragioni di sopravvivenza della figura del compositore all’interno delle coscienze non musicali e dei sussidiari scolastici nazionali. Ma tutto Nabucco meriterebbe, come Giuseppe Verdi, un capitolo di storia dell’arte e del teatro (non solo musicale) dell’Ottocento. Coro fatale Va’ pensiero, opera predestinata, Nabucco. «Sull’ale(i) dorate», ‘cantabile sotto voce’ esorta l’autografo, iniziava la coerente e metodica avventura creativa dell’autore bicentenario. Cantiamo sommessamente, tutti insieme, Va’, pensiero. Ma a ogni pagina, Nabucco ci ricorda che nell’inverno 1842, il ventinovenne maestrino nato a Roncole di Busseto, capì di volere - e poter - essere Giuseppe Verdi.
21 SOGGETTO
PARTE PRIMA Gerusalemme, 586 A.C. Nel tempio di Salomone, i Leviti e il popolo lamentano la triste sorte degli Ebrei, sconfitti dal re di Babilonia Nabucco, che ora è alle porte della città. Il gran pontefice Zaccaria rincuora la sua gente, poiché la figlia di Nabucco, Fenena, è tenuta come ostaggio in mano ebrea. Zaccaria affida la custodia della donna a Ismaele, nipote del re di Gerusalemme, che promette alla giovane di restituirle la libertà. Tempo prima, Ismaele, prigioniero, era stato liberato a Babilonia proprio da Fenena, innamorata di lui. I due stanno pianificando la fuga, quando giunge nel tempio Abigaille, una schiava da tutti considerata la figlia maggiore di Nabucco, a capo di un gruppo di soldati Babilonesi mascherati da Ebrei. Anche lei è innamorata di Ismaele e gli offre la libertà degli Ebrei in cambio del suo amore, ma l’uomo rifiuta. Intanto una folla di Ebrei, braccati dai soldati di Nabucco, cerca rifugio nel tempio, mentre il terribile re irrompe sulla soglia. Zaccaria, minacciando di morte Fenena con un pugnale, tenta di fermarlo, ma Ismaele si oppone e consegna la donna, salva, nelle mani del padre. Mentre Zaccaria condanna Ismaele e lo accusa di tradimento, Nabucco ordina di dare fuoco al tempio. PARTE SECONDA Nella reggia di Babilonia, Abigaille viene a conoscenza della sua vera identità di schiava. In preda al furore invoca vendetta contro il padre adottivo e Fenena, cui Nabucco ha consegnato il regno in sua assenza, nominandola reggente della città. Il Gran Sacerdote di Belo, alleato di Abigaille, riferisce che Fenena sta liberando tutti gli schiavi ebrei. Abigaille coglie l’occasione e medita di salire sul trono di Nabucco. Zaccaria, intanto, annuncia che Fenena si è convertita alla religione ebraica. Abdallo, vecchio ufficiale del re, le svela le ambizioni di Abigaille e le consiglia di fuggire per
non incorrere nella sua ira, ma è troppo tardi. Infatti irrompe Abigaille, in compagnia dei Magi, del gran Sacerdote e di una folla di Babilonesi. Giunge inaspettatamente anche Nabucco che rafforza il proprio potere proclamandosi Dio. A queste parole, il Dio degli Ebrei lancia un fulmine. Nabucco, atterrito, cade agonizzante, mentre Abigaille ne approfitta e si pone sul capo la tanto attesa corona. PARTE TERZA Nella reggia di Babilonia, Abigaille siede sul trono, mentre Nabucco tenta invano di riappropriarsi della corona. Con l’inganno e approfittando delle instabili condizioni mentali, la perfida Abigaille costringe Nabucco a suggellare la sentenza di morte per tutti gli Ebrei. In un momento di lucidità, Nabucco si rende conto di avere condannato anche la figlia Fenena e inutilmente implora la sua salvezza. Abigaille straccia il documento che attesta il suo stato di schiava e si dichiara unica figlia; poi, richiamate le guardie, fa imprigionare Nabucco. Sulle sponde dell’Eufrate, gli Ebrei, ridotti ai lavori forzati, invocano la bella patria lontana, ma Zaccaria li esorta a non lamentarsi poiché, profetizza, il giorno della caduta di Babilonia è vicino. PARTE QUARTA Dalla prigione Nabucco vede gli Ebrei condotti a morte, tra cui Fenena. Disperato implora il Dio degli Ebrei, chiedendo perdono: le porte si aprono. Abdallo e un manipolo di guerrieri rimasti fedeli al re, vedendo Nabucco rinsanire e rinvigorire, decidono di insorgere guidati dal vecchio sovrano. Mentre Fenena sta per essere immolata, Nabucco e il suo seguito irrompono nel tempio di Belo, ordinando che la statua del dio venga distrutta. L’idolo piomba a terra e si infrange. I prigionieri sono liberi e Nabucco esorta il suo popolo ad inchinarsi davanti al grande Dio degli Ebrei: Jehovah. Abigaille, sconfitta, si avvelena e, prima di morire, chiede il perdono della sorella e auspica l’unione tra Fenena e Ismaele. Muore invocando il Dio degli Ebrei, mentre Zaccaria predice a Nabucco il dominio su tutti i popoli della terra.
22 SYNOPSIS
ACT I Jerusalem, 586 BC. In the Temple of Solomon, the Levites and the people are on their knees, bewailing the defeat of the Jews: Nabucco (Nebuchadnezzar) has attacked them and is at the gates of the city. Zaccaria (Zacharius), their High Priest, counsels his people because the Jews have kidnapped Nabucco’s younger daughter, Fenena, and now hold her hostage. Zaccaria hands custody of Fenena over to Ismaele, nephew of the King of Jerusalem, who promises to free her. Ismaele and Fenena are in love, having met in Babylon when Ismaele was held prisoner by the Babylonians, and Fenena helped him to escape to Israel. Their romantic reunion is interrupted by Abigaille, Nabucco’s supposed elder daughter. Abigaille enters the temple, leading a troop of Assyrians disguised as Hebrew soldiers. Abigaille, who loves Ismaele too, tells him she can save his people if he returns her love, but Ismaele tells Abigaille that he cannot love her. The Hebrew crowd reappears, frightened because Nabucco is approaching. Zaccaria confronts him, threatening to stab Fenena, but Ismaele holds back Zaccaria’s blow and delivers Fenena to her father. As Zaccaria reviles Ismaele, Nabucco orders the temple looted and burned. ACT II In Nabucco’s palace in Babylon, Abigaille finds out that she is not Nabucco’s daughter but the child of slaves. Angry and hurt, she swears vengeance on Fenena and her foster father, who has left Fenena in charge as regent Queen. The High Priest of Baal, Abigaille’s ally, comes to announce that Fenena has freed all the Hebrew prisoners. As a result, Abigaille plans to ascend the throne. Meanwhile, Zaccaria announces that Fenena has converted to the Jewish religion. Abdallo, the aged palace adviser, tells Fenena about Abigaille’s plans and suggests her to escape,
Nabucco but it is too late: Abigaille rushes in, followed by the Three Wise Men, the High Priest of Baal and the Babylonian populace. At that moment, to the astonishment of all, Nabucco enters, announcing he is not only their king, but their God. At these words, the God of the Hebrews throws a lightning bolt which strikes Nabucco; he loses his senses and Abigaille seizes the moment to usurp the crown from the deranged king. ACT III In the Hanging Gardens of Babylon, Abigaille is now Queen of Babylon while Nabucco tries in vain to regain the throne. Taking advantage of his confusion, the perfidious Abigaille persuades him to give his approval to the death decree against the Hebrews. Then, Nabucco realizes that he has consigned his true daughter to death too; he implores Abigaille to spare Fenena’s life, without success. When Nabucco tries to find the document proving that Abigaille is a slave and an impostor, she tears it to bits, announcing she is Nabucco‘s only daughter. Then the guards, following Abigaille’s orders, lead him off to prison. By the banks of the Euphrates, the Hebrews are resting from forced labor. Their thoughts ascend “on golden wings” to their lost homeland but Zaccaria predicts they will overcome captivity because the fall of Babylon is imminent. ACT IV Nabucco, from the window of the prison, sees the Hebrews and his daughter led to execution. Desperate, he kneels to pray to the God of the Hebrews for forgiveness: suddenly, the doors open. His reason returns and he rallies Abdallo and his loyal soldiers to regain the throne. While Fenena is led in to be sacrificed, Nabucco and his army arrive and order the statue of Baal destroyed. As if by supernatural powers, it falls of its own accord. Nabucco tells the Israelites that they are now free and all render praises to the God of the Hebrews: Jehovah. The defeated Abigaille takes poison and confesses her crimes, hoping that it is not too late for Ismaele and Fenena to be reunited; dying, she prays to the God of Israel to pardon her while Zaccaria predicts that Nabucco will dominate all the kingdoms of the world.
Soggetto DIE HANDLUNG
ERSTER TEIL Jerusalem, 586 vor Christus. Im Tempel Salomons beklagen die Leviten und das Volk das traurige Geschick der Juden, die vom König der Babylonier Nabucco besiegt worden sind. Dieser steht an den Toren der Stadt. Der Hohepriester Zacharias ermutigt seine Leute. Nabuccos Tochter Fenena ist von den Juden als Geisel genommen worden. Zacharias vertraut Fenena dem Schutz Ismaels an, in den diese verliebt ist. Er war von ihr aus der Gefangenschaft der Babylonier befreit worden. Die beiden planen ihre Flucht, als Abigail mit als Juden verkleideten Babyloniern zu ihnen stösst. Sie ist eine Sklavin, wird aber allgemein für die ältere Tochter Nabuccos gehalten. Auch sie ist in Ismael verliebt. Für seine Liebe bietet sie ihm die Freiheit der Juden an. Ismael weist sie zurück. Während dessen versteckt sich eine Gruppe von Juden, die von Nabuccos Soldaten gejagt werden, im Tempel. Um die Soldaten aufzuhalten, droht Zacharias Fenena zu töten – sie wird von Ismael gerettet und begibt sich in den Schutz ihres Vaters. Während die Juden Ismael verfluchen, ordnet Nabucco an, den Tempel niederzubrennen. ZWEITER TEIL Im Palast von Babylon findet Abigail ein Dokument, was ihre Herkunft als Sklavin belegt. Zornentbrannt will sie an ihrem Adoptivvater und an Fenena Rache üben, die also die rechtmässige Thronfolgerin ist. Abigails Gesinnungsgenosse, der Prister des Baal berichtet ihr, dass Fenena alle Jüdischen Sklaven befreit. Abgail nimmt die Gelegenheit wahr und überlegt Nabuccos Thron zu besteigen. Zacharias verkündet unterdessen, das Fenena zum Judentum übergetreten ist. Abdallo, der alte Offizier des Königs enthüllt ihr Abigails Ansinnen und rät ihr zu flüchten, um deren Zorn zu entgehen. Aber es ist zu spät:
23 Abigail bricht ein, umgeben von Magiern, dem Hohenpriester und einer grossen Menge von Babyloniern. Zur allgemeinen Überraschung trifft auch Nabucco ein und verstärkt seine Macht, in dem er sich als Gott anbeten lässt. Da trifft ihn ein Blitzstrahl und er wird irre – Abigail reisst triumphierend die Krone an sich. DRITTER TEIL Abigail sitzt im Palast auf dem Thron, während Nabucco vergebens versucht, seine Krone zurück zu bekommen. Mit einer List zwingt die perfide Abigail Nabucco, das Todesurteil aller Juden zu unterschreiben. In einem Moment der geistigen Klarheit begreift Nabucco seine Tochter Fenena zu Tode verurteilt zu haben. Vergebens fleht er Abigail um deren Begnadigung an. Im Gegenteil – diese zerreisst das Dokument, welches ihren Stand als Sklavin bezeugt und erklärt sich selbst zur einzigen Tochter des Königs. Sie ruft die Wachen und lässt Nabucco ins Gefängnis werfen. Am Ufer des Euphrat beklagen die Juden ihr Schicksal, doch Zacharias verheisst ihnen die Errettung aus der Gefangenschaft und den Untergang des babylonischen Reiches. VIERTER TEIL Gefangener im eigenen Palast, sieht Nabucco Fenena unter den Juden, die zum Schaffott geführt werden. Er fleht den Gott der Juden um Verzeihung an: die Tore öffnen sich. Abdallo und eine Handvoll von Kriegern, die dem König treu geblieben sind, sehen Nabucco wieder zu Kräften kommen und beschliessen einen Aufstand unter der Führung des alten Herrschers zu organisieren. Nabucco und seine Krieger brechen in den Tempel des Baals genau in dem Moment ein, in dem Fenena hingerichtet werden soll. Sie befehlen das Götzenbild des Baal zu zerstören und dieses bricht in sich zusammen. Nabucco gebietet seinem Volk die Grösse Jehovas zu preisen. Die geschlagene Abigail hat sich vergiftet, fleht aber den Gott der Juden um den Segen für Fenena und Ismael an und um Gnade für sich selber.
24 SUJET
PREMIERE PARTIE Jérusalem, 586 av. J.-C. Dans le temple de Salomon, le peuple et les Lévites se plaignent du triste sort des Hébreux, vaincus par Nabucco, roi de Babylone, maintenant aux portes de la ville. Le grand prêtre Zaccaria incite son peuple à reprendre courage car Fenena, la fille de Nabucco, est retenue en otage par les Hébreux. Zaccaria confie la garde de la jeune femme à Ismaël, neveu du roi de Jérusalem qui promet à la jeune fille de lui rendre sa liberté. Ismaël, emprisonné quelque temps auparavant, avait été délivré à Babylone par Fenena, amoureuse de lui. Les deux jeunes gens sont en train d’organiser leur fuite, quand Abigaïlle, une esclave que tout le monde prétend être la fille aînée de Nabucco, pénètre dans le temple à la tête d’une troupe de soldats babyloniens déguisés en Hébreux. Elle aussi est amoureuse d’Ismaël. Elle lui offre la liberté des Hébreux en échange de son amour, mais le jeune homme refuse. Entretemps, une foule d’Hébreux traqués par les soldats de Nabucco tentent de se réfugier dans le temple tandis que le terrible roi fait irruption sur son seuil. Zaccaria, qui menace de vouloir tuer Fenena d’un coup de poignard, tente de l’arrêter mais Ismaël s’interpose et livre la jeune femme, saine et sauve, dans les mains de son père. Tandis que Zaccaria condamne Ismaël et l’accuse de trahison, Nabucco ordonne de livrer le temple aux flammes. DEUXIEME PARTIE Dans le palais royal de Babylone, Abigaïlle apprend sa véritable identité d’esclave. Folle de rage, elle crie vengeance contre son père adoptif et contre Fenena à qui son père a remis le règne entre ses mains en son absence, en la nommant régente de la ville. Le grand prêtre de Belos, allié d’Abigaïlle, lui révèle que Fenena est en train de délivrer tous les esclaves hébreux. Abigaïlle profite de l’occasion et médite de s’emparer du trône de Nabucco. Pendant ce temps, Zaccaria annonce que Fenena s’est convertie à la religion hébraïque. Le vieil officier du roi,
Nabucco Abdallo, dévoile à cette dernière les ambitions d’Abigaïlle et lui conseille de s’enfuir pour ne pas tomber sous le coup de sa colère, mais il est trop tard. Abigaïlle, accompagnée des Mages, du grand prêtre et d’une foule de Babyloniens, fait irruption sur la scène. Nabucco arrive aussi, à l’improviste, entendant renforcer son propre pouvoir en se proclamant Dieu. A ces mots, le dieu des Hébreux lance un éclair. Terrifié, Nabucco tombe agonisant. Abigaïlle en profite et pose sur sa tête la couronne tant convoitée. TROISIEME PARTIE A l’intérieur du palais royal de Babylone, Abigaïlle est assise sur le trône, tandis que Nabucco tente en vain de se réapproprier de sa couronne. Par la duperie et profitant des conditions mentales instables de Nabucco, Abigaïlle, la perfide, oblige ce dernier à apposer le sceau royal sur la sentence de mort de tous les Hébreux. Dans un moment de lucidité, Nabucco se rend compte qu’il a également condamné à mort sa propre fille Fenena et implore, en vain, son salut. Abigaïlle déchire le papier qui atteste sa condition d’esclave et déclare être sa fille unique; puis, appelant les gardes, elle fait arrêter Nabucco. Sur les bords de l’Euphrate, les Hébreux condamnés aux travaux forcés, invoquent leur belle patrie lointaine, mais Zaccaria les incite à ne pas se lamenter, prophétisant la chute de Babylone dans un avenir très proche. QUATRIEME PARTIE De sa prison, Nabucco voit les Hébreux condamnés à mort et, parmi eux, Fenena. Désespéré, il implore le dieu des Hébreux, en lui demandant pardon: les portes s’ouvrent. Abdallo et une poignée de guerriers restés fidèles au roi, voyant Nabucco recouvrer ses forces et la raison, décident de s’insurger, guidés par le vieux souverain. Tandis que Fenena est sur le point d’être immolée, Nabucco et ses hommes font irruption dans le temple de Belos et ordonne de briser la statue du dieu. L’idole tombe à terre et se brise. Les prisonniers sont libres et Nabucco exhorte son peuple à se prosterner devant le grand dieu des Hébreux: Jéhovah. Abigaïlle, vaincue, s’empoisonne. Mais avant de rendre l’âme, elle implore le pardon de sa sœur et appelle de ses vœux l’union entre Fenena et Ismaël. Elle meurt en invoquant le dieu des Hébreux alors que Zaccaria prédit à Nabucco sa domination sur tous les peuples de la terre.
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Parte prima
Tutti Gli arredi festivi giù cadano infranti, il popol di Giuda di lutto s’ammanti! Ministro dell’ira del Nume sdegnato il rege d’Assiria su noi già piombò! Di barbare schiere l’atroce ululato nel santo delubro del Nume tuonò! Leviti I candidi veli, fanciulle, squarciate, le supplici braccia gridando levate; d’un labbro innocente la viva preghiera è dolce profumo che sale al Signor. Pregate, fanciulle!... In voi della fiera falange nemica s’acqueti il furor! Vergini Gran Nume, che voli sull’ale dei venti, che il folgor sprigioni dai nembi frementi, disperdi, distruggi d’Assiria le schiere, di David la figlia ritorna al gioir! Peccammo!... Ma in cielo le nostre preghiere ottengan pietade, perdono al fallir!... Tutti Deh! L’empio non gridi, con baldo blasfema: Ebrei e Leviti «Il Dio d’Israello si cela per tema?»
Tutti Non far che i tuoi figli divengano preda d’un folle che sprezza l’eterno poter! Non far che sul trono davidico sieda fra gl’idoli stolti l’assiro stranier! Zaccaria Sperate, o figli! Iddio del suo poter diè segno; Ei trasse in poter mio un prezioso pegno; del re nemico prole pace apportar ci può. Tutti Di lieto giorno un sole forse per noi spuntò! Zaccaria Freno al timor! V’affidi d’Iddio l’eterna aita. D’Egitto là sui lidi Egli a Mosè diè vita; di Gedeone i cento invitti Ei rese un dì... Chi nell’estremo evento fidando in Lui perì? Tutti Oh quai gridi! Ismaele Furibondo dell’Assiria il re s’avanza; par ch’ei sfidi intero il mondo nella fiera sua baldanza! Ebrei e Leviti Pria la vita...
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Nabucco
Zaccaria Forse fine vorrà il cielo all’empio ardire; di Sïon sulle ruine lo stranier non poserà. Questa prima fra le Assire a te fido.
Fenena Deh! Che rimembri!... Schiava or qui son io!...
Tutti Oh Dio, pietà!
Fenena Misero!... Infrangi ora un sacro dover!
Zaccaria Come notte a sol fulgente, come polve in preda al vento, sparirai nel gran cimento, dio di Belo menzogner. Tu, d’Abramo Iddio possente, a pugnar con noi discendi; ne’ tuoi servi un soffio accendi che sia morte allo stranier. Ismaele Fenena!!... O mia diletta! Fenena Nel dì della vendetta chi mai d’amor parlò? Ismaele Misera! Oh come più bella or fulgi agli occhi miei d’allora che in Babilonia ambasciador di Giuda io venni! Me traevi dalla prigion con tuo grave periglio, né ti commosse l’invido e crudele vigilar di tua suora, che me d’amor furente perseguitò!...
Ismaele Ma schiuderti il cammino io voglio a libertà!
Ismaele Vieni!... Tu pure l’infrangevi per me... vieni! Il mio petto a te la strada schiuderà fra mille... Abigaille Guerrieri, è preso il tempio!... Fenena e Ismaele Abigaille!!... Abigaille Prode guerrier! D’amore conosci tu sol l’armi? D’assira donna in core empia tal fiamma or parmi! Qual Dio vi salva? Talamo la tomba a voi sarà... Di mia vendetta il fulmine su voi sospeso è già! Io t’amava!... Il regno e il core pel tuo core io dato avrei! Una furia è quest’amore, vita o morte ei ti può dar. Ah! Se m’ami, ancor potrei il tuo popol salvar!
Parte prima
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Ismaele Ah no!... La vita io t’abbandono, ma il mio core nol poss’io; di mia sorte io lieto sono, io per me non so tremar. Ma ti possa il pianto mio pel mio popolo parlar.
Zaccaria Oh baldanza!... Né discende dal feroce corridor!
Fenena Ah! Già t’invoco, già ti sento, Dio verace d’Israello: non per me nel fier cimento ti commova il mio pregar. Oh proteggi il mio fratello, e me danna a lagrimar!
Abigaille Viva Nabucco!
Tutti Ahi sventura! Chi difende ora il tempio del Signor?
Voci Viva! Zaccaria Chi il passo agl’empi apriva?
Donne ebree Lo vedeste?... Fulminando egli irrompe nella folta!
Ismaele Mentita veste!...
Vecchi ebrei Sanguinoso ergendo il brando egli giunge a questa volta!
Abigaille È vano l’orgoglio... Il re s’avanza!
Leviti De’ guerrieri invano il petto s’offre scudo al tempio santo!
Zaccaria Che tenti?... Oh trema, insano! Questa è di Dio la stanza!
Donne Dall’Eterno è maledetto il pregare, il nostro pianto! Donne, Leviti e vecchi: Oh felice chi morì pria che fosse questo dì! Guerrieri ebrei Ecco il rege! Sul destriero verso il tempio s’incammina, come turbine che nero tragge ovunque la ruina.
Nabucco Di Dio che parli? Zaccaria Pria che tu profani il tempio, della tua figlia scempio questo pugnal farà! Nabucco (Si finga, e l’ira mia più forte scoppierà.)
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Nabucco (Tremin gl’insani - del mio furore... Vittime tutti - cadranno omai! In mar di sangue - fra pianti e lai l’empia Sïonne - scorrer dovrà!) Fenena Padre, pietade - ti parli al core!... Vicina a morte - per te qui sono!... Sugl’infelici - scenda il perdono, e la tua figlia - salva sarà! Abigaille (L’impeto acqueta - del mio furore nuova speranza - che a me risplende; colei che il solo - mio ben contende, sacra a vendetta - forse cadrà!) Ismaele, Zaccaria ed Ebrei (Tu che a tuo senno - de’ regi il core volgi, o gran Nume, - soccorri a noi, china lo sguardo - su’ figli tuoi, che a rie catene - s’apprestan già!)
Nabucco
Zaccaria No, pèra! Ismaele Misera, l’amor ti salverà! Nabucco Mio furor, non più costretto, fa’ dei vinti atroce scempio; saccheggiate, ardete il tempio, fia delitto la pietà! Delle madri invano il petto scudo ai pargoli sarà. Abigaille Questo popol maledetto sarà tolto dalla terra, ma l’amor che mi fa guerra forse allor s’estinguerà? Se del cor nol può l’affetto, pago l’odio almen sarà.
Nabucco O vinti, il capo a terra! Il vincitor son io. Ben l’ho chiamato in guerra, ma venne il vostro Dio? Tema ha di me... Resistermi, stolti, chi mai potrà?
Anna, Fenena e Ismaele Sciagurato, ardente affetto sul suo/mio ciglio un velo stese! Ah l’amor che sì lo/mi accese lui/me d’obbrobrio coprirà! Deh non venga maledetto l’infelice, per pietà!
Zaccaria Iniquo, mira!... Vittima costei primiera io sveno... Sete hai di sangue? Versilo della tua figlia il seno!
Zaccaria ed Ebrei Dalle genti sei rejetto, di fratelli traditore! Il tuo nome dèsti orrore, fia l’obbrobrio d’ogni età! «Oh fuggite il maledetto», terra e cielo griderà!
Nabucco Ferma!...
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Parte seconda
Abigaille Oh! Che narri? Gran Sacerdote Empia è Fenena, manda liberi gli Ebrei;...
Abigaille Ben io t’invenni, o fatal scritto!... In seno mal ti celava il rege, onde a me fosse di scorno!... Prole Abigail di schiavi! Ebben!... Sia tale! Di Nabucco figlia, qual l’assiro mi crede, che sono io qui?... Peggior che schiava! Il trono affida il rege alla minor Fenena, mentr’ei fra l’armi a sterminar Giudea l’animo intende!... Me gli amori altrui invia dal campo a qui mirar!... Oh iniqui tutti, e più folli ancor!... D’Abigaille mal conoscete il core... Su tutti il mio furore piombar vedrete!... Ah sì! Cada Fenena... Il finto padre!... Il regno!... Su me stessa rovina, o fatal sdegno! Abigaille Anch’io dischiuso un giorno ebbi alla gioia il core; tutto parlarmi intorno udia di santo amore; piangeva all’altrui pianto, soffria degli altri al duol. Chi del perduto incanto mi torna un giorno sol? Abigaille Chi s’avanza?... Gran Sacerdote Orrenda scena s’è mostrata agl’occhi miei!
Abigaille Oh!... Gran Sacerdote … Questa turba maledetta chi frenare omai potrà? Il potere a te s’aspetta... Abigaille Come? Gran Sacerdote Il tutto è pronto già. Gran Sacerdote, Magi e grandi del regno Noi già sparso abbiamo fama come il re cadesse in guerra... Te regina il popol chiama a salvar l’assiria terra. Solo un passo... È tua la sorte! Abbi cor!... Abigaille Son tuo! Va’!... Oh fedel! Di te men forte questa donna non sarà!... Salgo già del trono aurato lo sgabello insanguinato; ben saprà la mia vendetta da quel seggio fulminar. Che lo scettro a me s’aspetta tutti i popoli vedranno,
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Nabucco
regie figlie qui verranno l’umil schiava a supplicar.
Ismaele Pietade invoco!
Gran Sacerdote, Magi e grandi del regno E di Belo la vendetta con la tua saprà tuonar.
Leviti Maledetto dal Signor! Il maledetto - non ha fratelli... Non v’ha mortale - che a lui favelli! Ovunque sorge - duro lamento all’empie orecchie - lo porta il vento! Sulla sua fronte - come baleno fulge il divino - marchio fatal! Invano al labbro - presta il veleno, invano al core - vibra il pugnal!
Zaccaria Vieni, o Levita!... Il santo codice reca! Di novel portento me vuol ministro Iddio!... Me servo manda, per gloria d’Israele, le tenebre a squarciar d’un’infedele. Zaccaria Tu sul labbro de’ veggenti fulminasti, o sommo Iddio! All’Assiria in forti accenti parla or tu col labbro mio! E di canti a te sacrati ogni tempio suonerà; sovra gl’idoli spezzati la tua legge sorgerà.
Ismaele Per amor del Dio vivente dall’anàtema cessate! Il terror mi fa demente! Oh la morte per pietà!
Leviti Che si vuol? Chi mai ci chiama or di notte in dubbio loco?
Leviti Oh! Che narri?
Anna Oh fratelli, perdonate! Un’ebrea salvata egli ha!
Ismaele Il Pontefice vi brama...
Zaccaria Inni levate all’Eterno!... È verità!
Leviti Ismael!!!
Fenena Ma qual sorge tumulto!
Ismaele Fratelli!
Ismaele, Zaccaria e Leviti Oh! Ciel! Che fia!
Leviti Orror!!! Fuggi!... Va’!
Abdallo Donna regal! Deh fuggi!... Infausto grido annunzia del mio re la morte!
Parte seconda
Fenena Oh padre! Abdallo Fuggi!... Il popolo or chiama Abigaille, e costoro condanna! Fenena Oh che più tardo?... Io qui star non mi deggio!... In mezzo agli empi ribelli correrò... Ismaele, Abdallo, Zaccaria e Leviti Ferma! Oh sventura! Gran Sacerdote Gloria ad Abigaille! Morte agli Ebrei! Abigaille Quella corona or rendi! Fenena Pria morirò... Nabucco Dal capo mio la prendi! Tutti S’appressan gl’istanti d’un’ira fatale; sui muti sembianti già piomba il terror! Le folgori intorno già schiudono l’ale!... Apprestano un giorno di lutto e squallor! Nabucco S’oda or me!... Babilonesi, getto a terra il vostro Dio!
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Traditori egli v’ha resi, volle tôrvi al poter mio; cadde il vostro, o stolti Ebrei, combattendo contro me. Ascoltate i detti miei... V’è un sol Nume... Il vostro re! Fenena Cielo! Gran Sacerdote Che intesi!... Zaccaria, Anna, Ebrei Ahi stolto!... Guerrieri Nabucco viva! Nabucco Il volto a terra omai chinate! Me Nume, me adorate! Zaccaria Insano! A terra, a terra cada il tuo pazzo orgoglio... Iddio pel crin t’afferra, già ti rapisce il soglio! Nabucco E tanto ardisci? O fidi, a piè del simulacro quel vecchio omai si guidi, ei pèra col suo popolo... Fenena Ebrea con lor morrò.
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Nabucco Tu menti!... O iniqua, pròstrati al simulacro mio! Fenena Io sono Ebrea! Nabucco Giù! Pròstrati!... Non son più re, son Dio!! Tutti Oh come il cielo vindice l’audace fulminò! Nabucco Chi mi toglie il regio scettro?... Qual m’incalza orrendo spettro!... Chi pel crine, ohimè, m’afferra?... Chi mi stringe?... Chi m’atterra? Chi? Chi?... Oh! Mia figlia!... E tu pur anco non soccorri al debil fianco?... Ah fantasmi ho sol presenti... Hanno acciar di fiamme ardenti! E di sangue il ciel vermiglio sul mio capo si versò! Ah! Perché, perché sul ciglio una lagrima spuntò? Chi mi regge?... Io manco!... Zaccaria Il cielo ha punito il vantator! Abigaille Ma del popolo di Belo non fia spento lo splendor!
Nabucco
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Parte terza
Donne babilonesi, popolo e soldati È l’Assiria una regina, pari a Bel potente in terra; porta ovunque la ruina se stranier la chiama in guerra: or di pace fra i contenti, degno premio del valor, scorrerà suoi dì ridenti nella gioia e nell’amor. Gran Sacerdote Eccelsa donna, che d’Assiria il fato reggi, le preci ascolta de’ fidi tuoi! Di Giuda gli empi figli perano tutti, e pria colei che suora a te nomar non oso... Essa Belo tradì... Abigaille Che mi chiedete!... Ma chi s’avanza?... Abigaille Qual audace infrange l’alto divieto mio?... Nelle sue stanze si tragga il veglio!... Nabucco Chi parlare ardisce ov’è Nabucco?
Abdallo Deh! Signore, mi segui... Nabucco Ove condur mi vuoi? Lasciami!... Questa è del consiglio l’aula... Sta’!... Non vedi? M’attendon essi... Il fianco perché mi reggi? Debile sono, è vero, ma guai se alcuno il sa!... Vo’ che mi creda sempre forte ciascun... Lascia... Ben io troverò mio seggio... Chi è costei? Oh qual baldanza! Abigaille Uscite, o fidi miei! Nabucco Donna, chi sei?... Abigaille Custode del seggio tuo qui venni!... Nabucco Tu?... Del mio seggio? Oh frode! Da me ne avesti cenni?... Oh frode! Abigaille Egro giacevi... Il popolo grida all’Ebreo rubello; porre il regal suggello al voto suo dêi tu! Morte qui sta pei tristi... Nabucco Che parli tu?...
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Nabucco
Abigaille Soscrivi!
Abigaille Niun può salvarla!...
Nabucco Un rio pensier!...
Nabucco Orror!
Abigaille Resisti?... Sorgete, Ebrei giulivi! Levate inni di gloria al vostro Iddio!...
Abigaille Un’altra figlia...
Nabucco Che sento? Abigaille Preso da vil sgomento, Nabucco non è più! Nabucco Menzogna! A morte, a morte tutto Israel sia tratto! Porgi! Abigaille Oh mia lieta sorte! L’ultimo grado è fatto! Nabucco Oh!... Ma Fenena!
Nabucco Pròstrati, o schiava, al tuo signor! Abigaille Stolto!... Qui volli attenderti!... Io schiava? Io schiava? Nabucco Apprendi il ver!... Abigaille Tale ti rendo, o misero, il foglio menzogner!... Nabucco (Oh di qual onta aggravasi questo mio crin canuto! Invan la destra gelida corre all’acciar temuto! Ahi miserando veglio! L’ombra tu sei del re.)
Abigaille Perfida si diede al falso Dio! Oh pèra!
Abigaille (Oh dell’ambita gloria giorno tu sei venuto!)
Nabucco È sangue mio!...
Nabucco (Ahi misero!)
Parte terza
Abigaille (Assai più vale il soglio che un genitor perduto! Alfine cadranno i popoli di vile schiava al piè) Nabucco Oh qual suono!... Abigaille Di morte è suono per gli Ebrei che tu dannasti! Nabucco Guardie, olà!... Tradito io sono!... Guardie! Abigaille O stolto!... E ancor contrasti?... Queste guardie io le serbava per te solo, o prigionier! Nabucco Prigionier?... Abigaille Sì!... D’una schiava che disprezza il tuo poter! Nabucco Deh perdona, deh perdona ad un padre che delira! Deh la figlia mi ridona, non orbarne il genitor! Te regina, te signora chiami pur la gente assira; questo veglio non implora che la vita del suo cor!
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Abigaille Esci! Invan mi chiedi pace, me non move il tardo pianto; tal non eri, o veglio audace, nel serbarmi al disonor! Oh vedran se a questa schiava mal s’addice il regio manto! Oh vedran s’io deturpava dell’Assiria lo splendor! Ebrei Va’, pensiero, sull’ale dorate, va’, ti posa sui clivi, sui colli, ove olezzano tepide e molli l’aure dolci del suolo natal! Del Giordano le rive saluta, di Sïonne le torri atterrate... Oh mia patria sì bella e perduta! Oh membranza sì cara e fatal! Arpa d’or dei fatidici vati, perché muta dal salice pendi? Le memorie nel petto raccendi, ci favella del tempo che fu! O simìle di Sòlima ai fati traggi un suono di crudo lamento, o t’ispiri il Signore un concento che ne infonda al patire virtù! Zaccaria Oh chi piange? Di femmine imbelli chi solleva lamenti all’Eterno? Oh sorgete, angosciati fratelli, sul mio labbro favella il Signor! Del futuro nel buio discerno... Ecco rotta l’indegna catena!... Piomba già sulla perfida arena del leone di Giuda il furor! Ebrei Oh futuro!
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Zaccaria A posare sui crani, sull’ossa qui verranno le jene, i serpenti! Fra la polve dall’aure commossa un silenzio fatal regnerà! Solo il gufo suoi tristi lamenti spiegherà quando viene la sera... Niuna pietra ove sorse l’altiera Babilonia allo stranio dirà! Ebrei Oh qual foco nel veglio balena! Sul suo labbro favella il Signor! Sì, fia rotta l’indegna catena, già si scuote di Giuda il valor!
Nabucco
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Parte quarta
Nabucco Son pur queste mie membra!... Ah! Fra le selve non scorrea anelando quasi fiera inseguita?... Ah sogno ei fu... Terribil sogno! Or ecco, il grido di guerra!... Oh, la mia spada! Il mio destrier, che alle battaglie anela quasi fanciulla a danze! Oh prodi miei!... Sïonne, la superba cittade, ecco, torreggia... Sia nostra, cada in cenere! Voci Fenena! Nabucco Oh sulle labbra de’ miei fidi il nome della figlia risuona! Ecco! Ella scorre tra le file guerriere!... Ohimè!... Traveggo? Perché le mani di catene ha cinte?... Piange!... Voci Fenena a morte! Nabucco Ah, prigioniero io sono! Dio degli Ebrei, perdono! Dio di Giuda!... L’ara, il tempio
a Te sacri, sorgeranno... Deh mi togli a tanto affanno e i miei riti struggerò. Tu m’ascolti!... Già dell’empio rischiarata è l’egra mente! Dio verace, onnipossente, adorarti ognor saprò. Porta fatal, oh t’aprirai!... Abdallo Signore, ove corri? Nabucco Mi lascia... Abdallo Uscir tu brami perché insulti ognun alla tua mente offesa? Guerrieri Oh noi tutti qui siamo in tua difesa! Nabucco Che parli tu?... La mente or più non è smarrita... Abdallo, il brando, il brando tuo... Abdallo Per conquistare il soglio eccolo, o re!... Nabucco Salvar Fenena io voglio. Abdallo e guerrieri Cadran, cadranno i perfidi come locuste al suolo! Per te vedrem rifulgere sovra l’Assiria il sol!
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Nabucco O prodi miei, seguitemi, s’apre alla mente il giorno; ardo di fiamma insolita, re dell’Assiria io torno! Di questo brando al fulmine cadranno gli empi al suolo; tutto vedrem rifulgere di mia corona al sol. Zaccaria Va’! La palma del martirio, va’! Conquista, o giovinetta; troppo lungo fu l’esiglio; è tua patria il Ciel!... T’affretta! Fenena Oh dischiuso è il firmamento! Al Signor lo spirto anela... Ei m’arride, e cento e cento gaudi eterni a me disvela! O splendor degl’astri, addio! Me di luce irradia Iddio! Già dal fral, che qui ne impiomba, fugge l’alma e vola al ciel! Voci Viva Nabucco! Tutti Qual grido è questo! Voci Viva Nabucco! Zaccaria Si compia il rito!
Nabucco
Nabucco Empi, fermate! L’idol funesto, guerrier, frangete qual polve al suol. Tutti Divin prodigio! Nabucco Ah torna, Israello, torna alle gioie del patrio suol! Sorga al tuo Nume tempio novello... Ei solo è grande, è forte ei sol! L’empio tiranno ei fe’ demente, del re pentito diè pace al sen... D’Abigaille turbò la mente, sì che l’iniqua bebbe il veleno! Ei solo è grande, è forte ei sol!... Figlia, adoriamlo prostrati al suol. Tutti Immenso Jehovah, chi non ti sente? Chi non è polvere innanzi a te? Tu spandi un’iride?... Tutto è ridente. Tu vibri il fulmine?... L’uom più non è. Zaccaria Ecco venuto, o popolo, delle promesse il dì! Nabucco Oh chi vegg’io? Tutti La misera a che si tragge or qui?
Parte quarta
Abigaille Su me... Morente... Esanime... discenda... Il tuo perdono!... Fenena!... Io fui colpevole... Punita or ben ne sono! Vieni!... Costor s’amavano... Fidan lor speme in te!... Or... Chi mi toglie... Al ferreo pondo del mio delitto! Ah! Tu dicesti... O popolo... «Solleva Iddio l’afflitto!...» Ebrei «...solleva Iddio l’afflitto!...» Abigaille Te chiamo... Te Dio... Te venero!... Non maledire a me... Tutti Cadde... Zaccaria Servendo a Jehovah, sarai de’ regi il re!...
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SFERISTERIO 20, 27 luglio, 3*, 10 agosto - ore 21.00 Anteprima giovani 17 luglio - ore 21.00 Giuseppe Verdi
Il trovatore Dramma lirico in quattro parti di Salvatore Cammarano Editore Casa Ricordi - Milano
Simone Piazzola Susanna Branchini Enkelejda Shkosa Aquiles Machado Luciano Montanaro Rosanna Lo Greco Enrico Cossutta Alessandro Pucci
Il Conte di Luna Leonora Azucena Manrico Ferrando Ines Ruiz Un messo
Direttore Paolo Arrivabeni Regia Francisco Negrin Scene e costumi Louis Desiré Disegno luci Bruno Poet Maestro del coro David Crescenzi Assistente alla regia Angela Saroglou Fondazione Orchestra Regionale delle Marche Coro Lirico Marchigiano “V. Bellini” Complesso di palcoscenico Banda “Salvadei” * servizio di audio descrizione
53 Direttore di scena Luisella Caielli Direttore musicale di palcoscenico Gianfranco Stortoni Maestro di sala Andrea Del Bianco Vocal coach Simone Savina Maestri di palcoscenico Sara Zampetti, Marta Marrocchi, Chiara Cirilli Maestro alle luci Melissa Mastrolorenzi Maestro ai sopratitoli Natalia Giro Figlio di Azucena Leonardo Buratti Madre di Azucena Adua De Candia Figuranti Marco Leombruni (coordinatore), Tobia Agnani, Maddalena Fileni, Giulia Fortinovo, Matteo Iannelli, Lorenzo Intermesoli, Dorotea Leonori, Leonardo Machella, Mattia Marconi, Burak Nisanci, Riccardo Pallotta, Luigi Popolo, Francesco Rischioni, Emanuele Salvucci, Timoteo Trettaccone Responsabile allestimento e servizi di palcoscenico Enrico Sampaolesi Logistica Giorgio Alici Biondi Scenografo realizzatore Serafino Botticelli Capo macchinista Secondo Caterbetti Capo elettricista Fabrizio Gobbi Responsabile sartoria Simonetta Palmucci Responsabile vestizioni Maria Antonietta Lucarelli Capo attrezzista Emanuela Di Piro Capo squadra aiuti tecnici Mauricio Cesar Pasquali Responsabile parrucco Serena Mercanti Responsabile trucco Raffaella Cipolato Direttore di sala Marco Coltorti Fotografo Alfredo Tabocchini Scene Chiediscena, Chieti - Macerata Opera Festival - Attrezzeria E. Rancati, Milano Costumi Sartoria Teatrale Arrigo, Milano - Calzature C.T.C. Pedrazzoli, Milano Effetti speciali Guerini Flavio, Brescia - Illuminotecnica Etabeta, Ancona - Fonica AMS, Macerata Sopratitoli e audio descrizioni Macerata Opera Festival e UniversitĂ di Macerata, con il supporto tecnico di Sub-Ti, Londra.
55 Manrico, “un irregolare tra noi”
Davide Garattini
Opera di ferro, e fuoco e notte, Il trovatore. Opera ambigua, sfuggente. Per certi versi la più sfuggente della cosiddetta Trilogia popolare, composta tra Rigoletto e La traviata. Basato sul dramma di Antonio Garcia-Gutierrez, El trovador, da cui Salvatore Cammarano trasse il libretto (per alcune scene intervenne, morto Cammarano, Leone Emanuele Bardare), il verdiano Trovatore deve trovare la sua strada attraverso una drammaturgia che definire bizzarra è poco. Renderla credibile non è sforzo irrilevante: rapimenti in culla, zingare che si confondono e bruciano il proprio figlio invece di quello ‘giusto’, figli un po’ tontoloni (Manrico) che bevono tutto quello che la madre gli racconta, monacazioni interrotte, avvelenamenti intempestivi (anche Leonora, diciamocelo, in taluni momenti pare una precipitosa pasticciona, un po’ come Tosca...), pire crepitanti, furori e vendette. Insomma tutto quello che fa meraviglioso il melodramma, non da discutere, ma da amare, come si amano le magnifiche ossessioni. Ma stringendo, qual è il nocciolo del Trovatore, l’asse portante su cui basa la vicenda? Un’appassionata storia d’amore tra tre ragazzi, che tali sono: Leonora, Il Conte di Luna e Manrico. Fatti i conti, dal racconto di Ferrando, si dovrebbe desumere che Manrico è un quindicenne; un amore - non consumato, poi, quindi sublimato... - lacerato dalla guerra e dalla supposta divisione sociale (Manrico, che è ribelle e di presunto sangue zingaro, è in effetti nobilissimo, quanto il fratello Conte, ma lui non lo sa...). Muri e divisioni? Appunto. Anche se questi muri, come nella vita reale, molto spesso non son effettivi, ma ci piace costruirli. Costruirli dentro. In Trovatore è presente un importantissimo archetipo della forza creatrice musicale e teatrale verdiana: la genitorialità.
Normalmente è la figura paterna ad essere dominante; gli esempi si sprecano (Rigoletto, Francesco Foscari, Giacomo, padre di Giovanna d’Arco, il vecchio Miller, Papà Germont, Procida, Simone, Amonasro...). In genere una figura che si presenta con aspetti ricattatori, sempre chiedendo sacrifici alla propria prole in nome del dovere figliale. Qui, per la prima e unica volta è presente la figura materna, seppure, noi lo sappiamo, madre ‘surrogata’, non di sangue. Anche in questo caso Azucena pone ostacoli alla felicità del figlio: gli chiede vendetta, lo obbliga a delle scelte difficili. E non è previsto - qui come in altre opere - che il figlio trasgredisca o disobbedisca. Se succede, e spesso succede, finisce male. È interessantissimo da indagare questo aspetto, si vorrebbe dire psicoanalitico delle opere verdiane. L’amor paterno (in questo caso ‘materno’) si trasforma in realtà in una gabbia soffocante e prevaricatrice. Un aspetto freudiano in cui Verdi mostra già di essere modernissimo. Nel Trovatore Verdi esibisce un’ispirazione musicale di forza travolgente, e non è solo nelle pagine fiammeggianti o trascinanti come il coro di apertura dei gitani nel secondo atto o nelle celebre Pira (puntatura o non puntatura di tradizione che si voglia...) ma anche negli straordinari, lunari squarci lirici (le grandi arie di Leonora, Tacea la notte placida e il sublime D’amor sull’ali rosee) o nelle pagine vibranti di sentimento di Manrico (Ah sì ben mio) e del Conte (Il balen del suo sorriso). La scrittura e l’impostazione musicale sono comunque ancora di stampo per molti versi schiettamente belcantistico (siamo nel 1853). Quindi arie tripartite: recitativo, aria e cabaletta (possibilmente, è auspicabile, ripetuta con variazioni, se non altro di colori e dinamiche). Anzi nel caso di Leonora, nell’ultimo atto, ‘quadripartita’: recitativo «In questa oscura notte», aria D’amor sull’ali rosee, Miserere... Quel suon, quelle preci e infine perigliosissima - vocalmente - cabaletta, Di tale amor che dirsi. Nella celeberrima Stride la vampa di Azucena, ad esempio, lo spartito prevederebbe addirittura l’esecuzione di trilli da parte del mezzosoprano (questo virtuosismo l’ha fatto ascol-
56 tare, in registrazione discografica, la grande Marylin Horne). E non è scuola di pensiero di oggi, peraltro supportata da dati effettivi di tessitura e scrittura, che lo stesso tenore in grado di interpretare il Duca in Rigoletto e Alfredo ne La traviata potrebbe - e dovrebbe - cantare anche Manrico. Una tradizione esecutiva che ha preso sempre maggior piede nel corso del Novecento, ha consegnato questo personaggio, invece, a voci tenorili più eroiche quando non decisamente drammatiche, falsandone probabilmente la vera prospettiva musicale ed interpretativa. Dei grandi capolavori si dice che siano sempre attuali e che parlino all’oggi. È così anche per Il trovatore? Sì, lo è. Il tema del ‘diverso’, dell’‘irregolare’ a cui si cerca di mettere il bavaglio, è sempre purtroppo all’ordine del giorno. E in fondo Manrico questo è: ribelle, costretto a vivere nascosto o comunque sempre in fuga, ma portatore di un’ideale di un anelito di libertà. E, lo vediamo tutti i giorni, lo leggiamo tutti i giorni, dal Medio Oriente al Nord Africa bruciano i fuochi di popoli che vogliono trovare la forza e la strada per affermare se stessi e la propria dignità nei confronti di una realtà in cui sia possibile sostenere le proprie idee, senza costrizioni. E non che il mondo occidentale, pensando di essere migliore, non viva di altrettante contraddizioni. Manrico ama una donna che - apparentemente - gli è o dovrebbe essere preclusa per rango e posizione nella scala sociale. Nonostante i molti bellissimi discorsi ‘politically correct’ e l’apparente apertura sociale dei nostri tempi, siamo davvero sicuri che le cose siano cambiate nella sostanza? Manrico, oltretutto, fa per tutti parte di una minoranza etnica guardata con estremo sospetto, ora come allora («Abbietta zingara...» canta Ferrando). I Muri e Divisioni che il Macerata Opera Festival presenta quindi come tema del suo cartellone 2013, sono più che mai - e purtroppo vivi in un’opera come Il trovatore. Due mondi divisi dalla guerra, due fazioni, e i sentimenti degli esseri umani che ne fanno le spese. I secoli non hanno cambiato questa eterna bilancia crudele della Storia. Verdi lavora al Trovatore, poi, in un’epoca in cui l’Italia (non
Il trovatore ancora tale nella sua unità) è attraversata da lampi risorgimentali e rivendica la propria autonomia. I moti del 1848 non sono lontani e da lì a qualche anno la Seconda Guerra d’Indipendenza e poi la presa del Regno delle due Sicilie, cambieranno il volto della Storia (a meno che, ‘gattopardescamente’, non si voglia pensare che tutto sia cambiato per restare uguale, con il sospetto che le cose siano andate veramente così...). Chi non ricorda la bellissima scena d’inizio del grande capolavoro Senso di Luchino Visconti (1954) che si apre alla Fenice di Venezia proprio durante una rappresentazione del Trovatore? Alla vigilia della Terza Guerra d’Indipendenza (1866), e mentre congiure politiche si intrecciano nei palchi ad amori colpevoli, il tenore sul palco fa esplodere le polveri della sua Pira! Leonora, Manrico, Azucena, lo stesso Conte di Luna, sono nient’altro che essere umani che vivono la loro personalissima, tragica, umanissima storia che finirà per essere travolta da quella con la S maiuscola, per dirla come Elsa Morante, ma che in fondo siamo noi a fare, noi che non finiamo nei libri, noi di cui non si ricorderà nessuno. Come probabilmente sarebbe successo ai personaggi del Trovatore e non sarebbe bastato - siamo sinceri - il dramma di importanza secondaria di Garcia-Gutierrez. Ci ha pensato Giuseppe Verdi (vogliamo dare un merito anche al povero Cammarano, e a Bardare? Glielo diamo assai volentieri) a portarli nei cieli dell’immortalità, attraverso una partitura di fosca e incalzante bellezza, in cui davvero crepitano i fuochi baluginanti delle tenebre e il pallore inquieto e madreperlaceo di notti bagnate dalla luce di una luna a volte complice, a volte, chissà, nemica. Un’opera che vive di atmosfere romantiche, talvolta gotiche (spettri, anime inquiete, ossa fumanti di cadaverini innocenti, pozioni mortali, acciai che si incrociano sotto cupi torrioni), quant’altre mai nella produzione verdiana. Forse Verdi non è riuscito a creare in quest’opera una figura umana di prepotente valore universale come quella di Rigoletto, o di Violetta, dei coniugi Macbeth o del grandissimo Falstaff (con l’aiuto, certo, non sottovalutabile di Mr Shakespeare...), del tormentato doge Simone e del macera-
Manrico, “un irregolare tra noi” to re Filippo II, ma sicuramente ha dipinto un arazzo cangiante di musica che fluisce così rigogliosamente vitale, perfetta, coinvolgente e ‘vera’ che le figure dei protagonisti le restituisce vibranti e vive, come fossero specchi in cui possiamo riconoscerci. Perché tutti, almeno una volta nella vita, anche se non lo confesseremo mai, abbiamo vissuto un momento per cui sarebbe valso la pena cantare (o se non altro dirlo a noi stessi) «Tu vedrai che amore in terra mai del mio non fu più forte: vinse il fato in aspra guerra, vincerà la stessa morte...».
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59 SOGGETTO
PARTE PRIMA Saragozza, inizio del Quattrocento. Nell’atrio del palazzo dell’Aliaferia, Ferrando, capitano degli armigeri del conte di Luna, attende il rientro del suo signore, che passa le notti a sorvegliare la casa di Leonora, la principessa di Aragona. Ne è innamorato ed è geloso delle attenzioni che le rivolge un misterioso Trovatore. Ferrando narra ai presenti la storia di una zingara che fu bruciata sul rogo per aver stregato il figlio del vecchio Conte di Luna e racconta che la figlia della zingara, Azucena, aveva rapito il bambino e lo aveva gettato nello stesso rogo. Intanto, nel giardino del palazzo, Leonora confida all’amica Ines d’essersi innamorata di uno sconosciuto cavaliere. Le due rientrano nell’appartamento, dove è nascosto il Conte di Luna, che vorrebbe dichiarare alla dama il suo amore. Si sente il canto del Trovatore. Leonora scende per abbracciare l’amato ma, nell’oscurità, si lancia tra le braccia del Conte; appena la luna riappare, la dama si accorge dell’errore e si getta ai piedi del Trovatore. Il Conte, furioso, vuole conoscere l’identità dell’uomo e scopre che è Manrico, un seguace del ribelle Urgel. I due si sfidano a duello. PARTE SECONDA Azucena, davanti ad un fuoco acceso, racconta a Manrico, che crede di essere suo figlio, la storia della propria madre, accusata di maleficio dal Conte di Luna e arsa sul rogo. Dice anche d’aver rapito per vendetta uno dei figli del conte e di averlo bruciato nello stesso rogo; tuttavia, accecata dall’ira, non si era accorta di averlo scambiato con il proprio bimbo. Manrico, stupito, è assalito dai dubbi sulla propria identità; Azucena risponde in maniera elusiva e afferma di voler vendicare la propria madre. Un messo, nel frattempo, informa Manrico della decisione di Leonora che, credendo-
lo morto dopo la conquista di Castellor da parte dell’esercito di Urgel, sta per prendere i voti. Il Trovatore parte per impedire all’amata di entrare in convento. Nelle vicinanze della fortezza di Castellor, il Conte di Luna si prepara con i suoi a rapire Leonora. Il nobile si fa avanti per catturare la fanciulla, circondata da un coro di religiose, ma d’improvviso compare Manrico. Ruiz e i seguaci di Urgel disarmano il Conte e consentono a Manrico e Leonora di fuggire. PARTE TERZA Nell’accampamento nelle vicinanze di Castellor, Ferrando annuncia ai soldati del Conte di Luna che l’indomani attaccheranno la fortezza. Gli armigeri catturano una zingara: è Azucena, nella quale Ferrando crede di riconoscere la donna che un tempo rapì il bambino. Lei nega ma poi si svela, invocando l’aiuto di Manrico. Il conte capisce di avere in mano la madre del suo rivale e la possibilità di vendicare il fratello. Intanto nell’atrio della cappella di Castellor, Manrico e Leonora stanno per celebrare le nozze. Ruiz, accorrendo, dice che Azucena sta per essere arsa e Manrico corre subito in soccorso della madre. PARTE QUARTA Manrico è stato catturato e, condannato a morte, attende l’esecuzione rinchiuso nel palazzo dell’Aliaferia. Leonora, decisa a salvarlo a prezzo della propria vita, si offre al Conte in cambio della libertà dell’uomo. Il nobile accetta. Leonora ottiene di portare al prigioniero la notizia della grazia, ma, prima di entrare nella prigione, beve il veleno da un anello. Mentre Manrico cerca di calmare la madre, arriva Leonora e gli dice che ora è libero. Quando questi conosce il prezzo della sua libertà, inveisce contro la donna; tuttavia, non appena si accorge che l’amata sta per morire, capisce il suo gesto. Il Conte si rende conto che Leonora lo ha ingannato e ordina che Manrico sia giustiziato. Obbliga Azucena ad assistere all’esecuzione, mentre la zingara dichiara “Egli era tuo fratello. La madre è vendicata”.
60 SYNOPSIS
ACT I Zaragoza, beginning of the fifteenth century. In the atrium of the Aliaferia Palace, Ferrando, captain of Count Di Luna’s soldiers, is waiting for his master to come back. The Count spends his nights monitoring the palace where Leonora, Princess of Aragon, lives: he is in love with her and he is jealous of a mysterious troubadour, who rivals him for the favour of the Lady Leonora. Ferrando tells his men the story of a Gypsy woman burned at the stake for bewitching Di Luna’s brother. The Gypsy’s daughter, Azucena, kidnapped the child and burned him at the very stake where her mother died. In the meantime, in the palace gardens, Leonora confides to her friend, Ines, her love for an unknown knight. The two women reenter the palace where Di Luna is waiting for Leonora to confess his love for her. The Troubadour starts to sing. Leonora hears his voice and runs outside to hug him, but in the dark she mistakes the Count for the Troubadour. In the moonlight, Leonora realizes she is embracing the Count and she quickly rushes into the Troubadour’s arms. The Count becomes furious and he wants to know the man’s identity. He finds out the man is Manrico, a Urgel’s supporter, and he challenges him to a duel. ACT II Sitting in front of a fire, Azucena tells Manrico, who believes he is her son, the story of her mother, who was accused of bewitching by Di Luna’s father and burnt at the stake. She also says that, in order to take her revenge, she kidnapped one of the Count’s children and she burned the child in the same pit of fire where her mother died. However, blinded by fury, she did not realize she hurled her own son into the flames. Manrico, astonished, has many doubts about his own identity. Azucena replies vaguely and affirms she wants revenge her
Il trovatore mother. Meanwhile, a messenger tells Manrico that Leonora, believing that he was dead after Urgel’s troops conquered Castellor, plans to enter a convent. The Troubadour leaves, determined to stop her. Nearby the Castellor fortress, Di Luna, together with his men, is ready to kidnap Leonora. When the Count strides forward to kidnap the lady, who is surrounded by a choir of nuns, Manrico suddenly appears. As the forces struggle, Manrico and Leonora escape. ACT III In the camp near the fortress of Castellor, Ferrando announces Di Luna’s soldiers that he will attack the bastion the following day. The armigers kidnap a gypsy woman, Azucena, and Ferrando recognizes her as the person who kidnapped Di Luna’s younger brother. At first she denies her identity but then she reveals herself and she appeals for Manrico’s help. The count realizes that Azucena is his rival’s mother and he has the chance to revenge his brother. In the meantime, Manrico and Leonora are going to get married in the atrium of the Castellor chapel. Ruiz rushes in and tells them that Azucena is going to be burned at the stake. Manrico runs to rescue his mother. ACT IV Manrico has been kidnapped, sentenced to death and imprisoned in the Aliaferia Palace, where he is waiting to be executed. Leonora, determined to save him, decides to pledge herself to Di Luna in exchange for her lover’s freedom. The count accepts her proposal. Before meeting Manrico for the last time, Leonora swallows a poison hidden in her ring. While Manrico tries to comfort his mother, Leonora arrives and announces him that he is free. Manrico comprehends the price of his freedom and denounces her. However, when he realizes that Leonora is going to die, he understands the reason for her extreme action. Furious at being cheated of his prize, Di Luna orders to execute Manrico. He forces Azucena to witness the execution, while the Gipsy woman declares: “He was your brother. My mother is avenged”.
Soggetto DIE HANDLUNG
ERSTER TEIL Saragoza, Beginn des 15. Jahrhunderts. Im Atrium des Schlosses von Aliaferia wartet Ferrando, Kapitän der Soldaten des Grafen von Luna auf die Rückkehr seines Herren. Dieser verbringt seine Nächte damit, das Haus von Leonora, der Prinzessin von Aragona, zu bewachen. Er ist in sie verliebt und eifersüchtig auf einen mysteriősen Troubadour. Ferrando erzählt den Anwesenden die Geschichte einer Zigeuenrin, die auf dem Scheiterhaufen verbrannt worden war. Weil sie den Sohn des alten Grafen Luna verhext hatte. Azucena, die Tochter der Zigeunerin, hatte dann dieses Kind entführt und auf demselben Scheiterhaufen verbrannt. Während der Erzählung Ferrandos vertraut Leonora in den Gärten des Schlosses ihrer Freundin Ines an, dass sie sich in einen unbekannten Kavalier verliebt hat. Die beiden ziehen sich in ihre Räume zurück, in denen sich der Graf von Luna versteckt hat, der Leonora seine Liebe gestehen mőchte. Da hőrt man den Troubadour singen. Leonora läuft hinaus, um den Geliebten zu umarmen, wirft sich aber in der Dunkelheit in die Arme des Grafen. Kurz darauf bemerkt sie die Verwechslung, sieht den Troubadour und sinkt zu seinen Füssen. Der vor Wut schäumende Graf will wissen, wer der Troubadour ist und erkennt, es mit Manrico zu tun zu haben, Vertrauter des Rebellen Urgels. Die beiden fordern sich zum Duell. ZWEITER TEIL Azucena sitzt mit Manrico, der glaubt ihr Sohn zu sein, vor einem Lagerfeuer. Sie erzählt ihm die Geschichte ihrer Mutter, die wegen Hexerei angeklagt war und daher auf dem Scheiterhaufen verbrannt wurde. Sie erzählt weiter, aus Rache einen der Sőhne des Grafen entführt und seinerseits verbrannt zu haben. Blind vor Wut hatte sie aber nicht bemerkt, dieses Kind mit ihrem eigenen Sohn verwechselt zu
61 haben. Manrico ist zutiefst entsetzt und ihn nagen Zweifel über seine eigene Identität. Azucena bleibt ihm gegenüber allerdings vage und beteuert ihre Mutter rächen zu wollen. Da kommt ein Bote und informiert Manrico darüber, das Leonora ihn nach der Eroberung von Castellor tot glaubt und daher beschlossen hat, sich ins Kloster zurückzuziehen. Der Troubadour will sie davon abhalten. DRITTER TEIL Im Lager in der Nähe von Castellor, kündigt Ferrando seinen Soldaten an, dass sie am folgenden tag die Burg angreifen werden. Die Bewaffneten haben eine Zigeunerin aufgegriffen: es ist Azucena, in der Ferrando die Frau zu erkennen glaubt, die vor Zeiten das Kind entführt hat. Zunächst leugnet sie, um sich dann erkennen zu geben, indem sie Manrico um Hilfe anfleht. Der Graf begreift die Mutter seines Rivalen in den Händen zu haben und also die Gelegenheit, seinen Bruder zu rächen. Gleichzeitig sind Manrico und Leonora kurz davor in der Kapelle der Burg ihre Hochzeit zu feiern. VIERTER TEIL Manrico ist gefangen worden, zu Tode verurteilt und auf die Vollstreckung wartend, im Schloss von Aliaferia eingesperrt. Leonora, die ihn auch um den Preis ihres eigenen Lebens retten möchte, biete sich dem Grafen zum Tausch gegen die Freiheit des von ihr geliebten Mannes an. Der Edelmann akzeptiert. Sie darf dem Gefangenen die Nachricht seiner Freilassung selber überbringen, trinkt aber, bevor sie ins Gefängnis geht Gift aus ihrem Ring. Während Manrico versucht seine Mutter zu beruhigen, kommt Leonora und sagt ihm er seie frei. Als dieser versteht, was der Preis für seine Freiheit ist, beschimpft er seine Braut. Kaum merkt er, was sie sich für ihn angetan hat, schämt er sich seines Verhaltens. Der Graf begreift, das Leonora ihn betrogen hat und befiehlt Manrico hinzurichten. Er zwingt Azucena der Hinrichtung beizuwohnen und diese schreit: „Er war dein Bruder! Die Mutter ist gerächt!“
62 SUJET
PREMIERE PARTIE Saragosse, début du XV° siècle. Dans l’entrée du palais de l’Aliaferia, le capitaine de la garde armée du comte de Luna, Ferrando, attend le retour de son seigneur. Ce dernier passe toutes ses nuits à surveiller la maison de Leonora, princesse d’Aragon. Il en est follement amoureux et jaloux des attentions que lui adresse un mystérieux troubadour. Ferrando narre aux spectateurs l’histoire d’une gitane brûlée vive sur le bûcher pour avoir jeté un sort au fils du vieux comte de Luna. Il raconte aussi que la fille de la gitane, Azucena, avait par la suite enlevé l’enfant et jeté dans ce même bûcher. Entre-temps, dans le jardin du palais, Leonora confie à son amie Iñez son amour pour un chevalier inconnu. Les deux jeunes femmes rentrent dans l’appartement où se cache le comte de Luna, venu déclarer son amour à Leonora. L’on entend au loin le chant du Trouvère. Leonora se précipite pour étreindre son bien-aimé mais trahie par l’obscurité, elle s’élance dans les bras du comte; dès que la lune réapparaît, elle se rend compte de son erreur et se jette aux pieds du trouvère. Furieux, le comte veut à tout prix savoir qui est cet homme et découvre qu’il s’agit de Manrico, un partisan d’Urgel le rebelle. Les deux hommes se livrent à un duel. DEUXIEME PARTIE Assise autour du feu, Azucena raconte à Manrico qui croit en être le fils, l’histoire de sa propre mère, accusée de sorcellerie par le comte de Luna et de ce fait condamnée au bûcher. Elle lui apprend qu’elle s’est emparée par vengeance de l’un des fils du comte et qu’elle l’a jeté dans ce même bûcher. Cependant, aveuglée par la colère, elle ne s’était pas aperçue qu’elle l’avait confondu avec son propre enfant. Manrico, stupéfait, est assailli de doutes concernant sa propre identité. Azucena lui répond de façon évasive et affirme vouloir venger sa propre mère. Pendant ce temps, un messager vient informer Manrico de la décision de
Il trovatore Leonora qui, le croyant mort après que les troupes d’Urgel se soient emparées de Castellor, est sur le point de prononcer ses vœux. Le Trouvère part précipitamment pour empêcher que l’armée ne pénètre dans le couvent. Aux alentours de la forteresse de Castellor, le comte de Luna et ses hommes se préparent à enlever Leonora. Le comte s’avance et s’apprête à capturer la jeune fille encerclée par un chœur de religieuses, lorsque soudain Manrico apparaît. Ruiz et les hommes d’Urgel désarment le comte et laissent s’enfuir Manrico et Leonora. TROISIEME PARTIE Dans le camp à proximité de Castellor, Ferrando annonce aux soldats du comte de Luna qu’ils attaqueront le lendemain la forteresse. Les gardes armées capturent une gitane: il s’agit d’Azucena. En la voyant, Ferrando croit reconnaître la femme qui avait autrefois enlevé l’enfant. Elle commence par nier mais se trahit ensuite en appelant Manrico à son secours. Le comte réalise qu’il tient entre ses mains la mère de son rival ainsi que la possibilité de venger son frère. Pendant ce temps, dans l’entrée de la chapelle de Castellor, Manrico et Leonora se préparent à célébrer leur mariage. Ruiz arrive précipitamment et leur apprend qu’Azucena est sur le point d’être brûlée vive. Manrico vole immédiatement au secours de sa mère. QUATRIEME PARTIE Manrico a été capturé et condamné à mort. Il attend son exécution, enfermé dans le palais de l’Aliaferia. Leonora, bien décidée à vouloir le sauver même au prix de sa propre vie, se donne au comte en échange de la liberté de Manrico. Le comte accepte. Leonora obtient de pouvoir apporter elle-même au prisonnier la nouvelle de sa grâce, mais avant de pénétrer dans la prison, elle absorbe le poison dissimulé dans sa bague. Tandis que Manrico tente de calmer sa mère, Léonore arrive et lui annonce qu’il est libre. Lorsqu’il apprend à quel prix il obtient sa liberté, il s’emporte contre la jeune femme. Cependant, dès qu’il s’aperçoit que sa bien-aimée se meurt, il comprend toute la portée de son geste. Le comte réalise qu’il a été dupé par Leonora et ordonne que Manrico soit exécuté. Il oblige Azucena à assister à son exécution, tandis que la gitane s’écrit “C’était ton frère. Ma mère est vengée”.
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Parte prima
Ferrando All’erta, all’erta! Il Conte n’è d’uopo attender vigilando; ed egli talor presso i veroni della sua cara, intere passa le notti. Familiari Gelosia le fiere serpi gli avventa in petto! Ferrando Nel Trovator, che dai giardini move notturno il canto, d’un rivale a dritto ei teme. Familiari Dalle gravi palpebre il sonno a discacciar, la vera storia ci narra di Garzia, germano al nostro Conte. Ferrando La dirò: venite intorno a me. Armigeri Noi pure... Familiari Udite, udite.
Ferrando Di due figli vivea padre beato il buon Conte di Luna: fida nutrice del secondo nato dormia presso la cuna. Sul romper dell’aurora un bel mattino ella dischiude i rai; e chi trova d’accanto a quel bambino? Coro Chi?... Favella... Chi mai? Ferrando Abbietta zingara, fosca vegliarda! Cingeva i simboli di una maliarda! E sul fanciullo, con viso arcigno, l’occhio affiggeva torvo, sanguigno! D’orror compresa è la nutrice... Acuto un grido all’aura scioglie; ed ecco, in meno che il labbro il dice, i servi accorrono in quelle soglie; e fra minacce, urli e percosse la rea discacciano ch’entrarvi osò. Coro Giusto quei petti sdegno commosse; l’insana vecchia lo provocò. Ferrando Asserì che tirar del fanciullino l’oroscopo volea... Bugiarda! Lenta febbre del meschino la salute struggea! Coverto di pallor, languido, affranto ei tremava la sera. Il dì traeva in lamentevol pianto... Ammaliato egli era!
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Ferrando La fattucchiera perseguitata fu presa, e al rogo fu condannata; ma rimanea la maledetta figlia, ministra di ria vendetta!... Compì quest’empia nefando eccesso!... Sparve il fanciullo e si rinvenne mal spenta brace nel sito istesso ov’arsa un giorno la strega venne!... E d’un bambino... Ahimè!... L’ossame bruciato a mezzo, fumante ancor!
Il trovatore
Ferrando Calcolando gli anni trascorsi... Lo potrei. Armigeri Sarebbe tempo presso la madre all’inferno spedirla. Ferrando All’inferno? È credenza che dimori ancor nel mondo l’anima perduta dell’empia strega, e quando il cielo è nero in varie forme altrui si mostri.
Coro Ah scellerata!... Oh donna infame! Del par m’investe odio ed orror!
Coro È vero!
Alcuni E il padre?
Alcuni Su l’orlo dei tetti alcun l’ha veduta!
Ferrando Brevi e tristi giorni visse: pure ignoto del cor presentimento gli diceva che spento non era il figlio; ed, a morir vicino, bramò che il signor nostro a lui giurasse di non cessar le indagini... Ah! Fur vane!... Armigeri E di colei non s’ebbe contezza mai?
Altri In upupa o strige talora si muta! Altri In corvo tal’altra; più spesso in civetta! Sull’alba fuggente al par di saetta. Ferrando Morì di paura un servo del conte, che avea della zingara percossa la fronte!
Ferrando Nulla contezza... Oh, dato mi fosse rintracciarla un dì!...
Ferrando Apparve a costui d’un gufo in sembianza nell’alta quiete di tacita stanza!... Con l’occhio lucente guardava... Guardava, il cielo attristando d’un urlo feral! Allor mezzanotte appunto suonava...
Familiari Ma ravvisarla potresti?
Tutti Ah! Sia maledetta la strega infernal!
Parte prima
Ines Che più t’arresti?... L‘ora è tarda: vieni. Di te la regal donna chiese, l’udisti. Leonora Un’altra notte ancora senza vederlo... Ines Perigliosa fiamma tu nutri!... Oh come, dove la primiera favilla in te s’apprese? Leonora Ne’ tornei. V’apparve bruno le vesti ed il cimier, lo scudo bruno e di stemma ignudo, sconosciuto guerrier, che dell’agone gli onori ottenne... Al vincitor sul crine il serto io posi... Civil guerra intanto arse... Nol vidi più! Come d’aurato sogno fuggente imago! Ed era volta lunga stagion... Ma poi... Ines Che avvenne? Leonora Ascolta. Tacea la notte placida e bella in ciel sereno la luna il viso argenteo mostrava lieto e pieno... Quando suonar per l’aere, infino allor sì muto, dolci s’udiro e flebili gli accordi d’un liuto,
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e versi melanconici un Trovator cantò. Versi di prece ed umile qual d’uom che prega Iddio in quella ripeteasi un nome... Il nome mio!... Corsi al veron sollecita... Egli era! Egli era desso!... Gioia provai che agli angeli solo è provar concesso!... Al core, al guardo estatico la terra un ciel sembrò. Ines Quanto narrasti di turbamento m‘ha piena l’alma!... Io temo... Leonora Invano! Ines Dubbio, ma triste presentimento in me risveglia quest’uomo arcano! Tenta obliarlo... Leonora Che dici!... Oh basti!... Ines Cedi al consiglio dell’amistà... Cedi... Leonora Obliarlo! Ah, tu parlasti detto, che intendere l’alma non sa. Di tale amor che dirsi mal può dalla parola, d‘amor che intendo io sola, il cor s’inebriò! Il mio destino compiersi
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non può che a lui dappresso... S’io non vivrò per esso, per esso io morirò! Ines (Non debba mai pentirsi chi tanto un giorno amò!) Conte Tace la notte! Immersa nel sonno, è certo, la regal Signora; ma veglia la sua dama... Oh! Leonora, tu desta sei; mel dice, da quel verone, tremolante un raggio della notturna lampa... Ah! L’amorosa fiamma m’arde ogni fibra!... Ch’io ti vegga è d’uopo, che tu m’intenda... Vengo... A noi supremo è tal momento... Il Trovator! Io fremo! La voce del trovatore Deserto sulla terra, col rio destino in guerra e sola speme un cor al Trovator! Ma s’ei quel cor possiede, bello di casta fede, e d’ogni re maggior il Trovator! Conte Oh detti!... Oh gelosia!... Non m’inganno... Ella scende!
Il trovatore
Leonora Anima mia! Conte (Che far?) Leonora Più dell’usato è tarda l’ora; io ne contai gl’istanti co’ palpiti del core!... Alfin ti guida pietoso amor tra queste braccia... La voce del trovatore Infida!... Leonora Qual voce!... Ah, dalle tenebre tratta in errore io fui! A te credei rivolgere l’accento e non a lui... A te, che l’alma mia sol chiede, sol desìa... Io t’amo, il giuro, io t’amo d‘immenso, eterno amor! Conte Ed osi? Manrico (Ah, più non bramo!) Conte Avvampo di furor! Se un vil non sei discovriti. Leonora (Ohimè!)
Parte prima
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Conte Palesa il nome...
Manrico Andiam...
Leonora Deh, per pietà!...
Leonora (Che mai farò? Un sol mio grido perdere lo puote...) M’odi...
Manrico Ravvisami, Manrico io son. Conte Tu!... Come! Insano temerario! D’Urgel seguace, a morte proscritto, ardisci volgerti a queste regie porte? Manrico Che tardi?... Or via, le guardie appella, ed il rivale al ferro del carnefice consegna. Conte Il tuo fatale istante assai più prossimo è, dissennato! Vieni... Leonora Conte! Conte Al mio sdegno vittima è d’uopo ch’io ti sveni... Leonora Oh ciel! T’arresta... Conte Seguimi...
Conte No! Di geloso amor sprezzato arde in me tremendo il foco! Il tuo sangue, o sciagurato, ad estinguerlo fia poco! Dirgli, o folle, - Io t’amo - ardisti!... Ei più vivere non può... Un accento proferisti che a morir lo condannò! Leonora Un istante almen dia loco il tuo sdegno alla ragione... Io, sol io, di tanto foco son, pur troppo, la cagione! Piombi, ah! Piombi il tuo furore sulla rea che t’oltraggiò... Vibra il ferro in questo core, che te amar non vuol, né può. Manrico Del superbo vana è l’ira; ei cadrà da me trafitto. Il mortal che amor t’ispira, dall’amor fu reso invitto. La tua sorte è già compita... L’ora ormai per te suonò! Il suo core e la tua vita il destino a me serbò!
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Parte seconda
Grido feroce - di morte levasi; l‘eco il ripete - di balza in balza! Sinistra splende - sui volti orribili la tetra fiamma - che s’alza al ciel! Zingari Mesta è la tua canzon!
Zingari Vedi! Le fosche notturne spoglie de’ cieli sveste l’immensa volta; sembra una vedova che alfin si toglie i bruni panni ond’era involta. All’opra! All’opra! Dàgli, martella. Chi del gitano i giorni abbella? La zingarella! Uomini Versami un tratto; lena e coraggio il corpo e l’anima traggon dal bere. Tutti Oh guarda, guarda! Del sole un raggio brilla più vivido nel mio/tuo bicchiere! All’opra, all’opra... Dàgli, martella... Chi del gitano i giorni abbella? La zingarella! Azucena Stride la vampa! - La folla indomita corre a quel fuoco - lieta in sembianza; urli di gioia - intorno echeggiano: cinta di sgherri - donna s’avanza! Sinistra splende - sui volti orribili la tetra fiamma - che s’alza al ciel! Stride la vampa! - Giunge la vittima nerovestita, - discinta e scalza!
Azucena Del pari mesta che la storia funesta da cui tragge argomento! Mi vendica... Mi vendica! Manrico (L’arcana parola ognor!) Vecchio zingaro Compagni, avanza il giorno a procacciarci un pan, su, su!... Scendiamo per le propinque ville. Uomini Andiamo. Donne Andiamo. Zingari Chi del gitano i giorni abbella? La zingarella! Manrico Soli or siamo; deh, narra questa storia funesta. Azucena E tu la ignori, tu pur!... Ma, giovinetto, i passi tuoi
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d‘ambizion lo sprone lungi traea!... Dell’ava il fine acerbo è quest’istoria... La incolpò superbo Conte di malefizio, onde asserìa colto un bambin suo figlio... Essa bruciata venne ov’arde quel foco! Manrico Ahi! Sciagurata! Azucena Condotta ell’era in ceppi al suo destin tremendo! Col figlio sulle braccia, io la seguìa piangendo. Infino ad essa un varco tentai, ma invano, aprirmi... Invan tentò la misera fermarsi e benedirmi! Ché, fra bestemmie oscene, pungendola coi ferri, al rogo la cacciavano gli scellerati sgherri! Allor, con tronco accento: «Mi vendica!» esclamò. Quel detto un’eco eterna in questo cor lasciò. Manrico La vendicasti? Azucena Il figlio giunsi a rapir del Conte: lo trascinai qui meco... Le fiamme ardean già pronte. Manrico Le fiamme!... Oh ciel!... Tu forse?... Azucena Ei distruggeasi in pianto... Io mi sentiva il core dilaniato, infranto!... Quand’ecco agli egri spirti, come in un sogno, apparve la vision ferale di spaventose larve! Gli sgherri ed il supplizio!... La madre smorta in volto... Scalza, discinta!... Il grido, il noto grido ascolto... Mi vendica!... La mano convulsa tendo... Stringo
Il trovatore
la vittima... nel foco la traggo, la sospingo... Cessa il fatal delirio... L’orrida scena fugge... La fiamma sol divampa, e la sua preda strugge! Pur volgo intorno il guardo e innanzi a me vegg’io dell’empio Conte il figlio... Manrico Ah! Come? Azucena Il figlio mio, mio figlio avea bruciato! Manrico Che dici! Quale orror! Azucena Sul capo mio le chiome sento rizzarsi ancor! Manrico Non son tuo figlio? E chi son io, chi dunque? Azucena Tu sei mio figlio! Manrico Eppur dicesti... Azucena Ah!... Forse... Che vuoi! Quando al pensier s’affaccia il truce caso, lo spirto intenebrato pone stolte parole sul mio labbro... Madre, tenera madre non m’avesti ognora? Manrico Potrei negarlo?
Parte seconda
Azucena A me, se vivi ancora, nol dêi? Notturna, nei pugnati campi di Pelilla, ove spento fama ti disse, a darti sepoltura non mossi? La fuggente aura vital non iscovrì, nel seno non t’arrestò materno affetto?... E quante cure non spesi a risanar le tante ferite!... Manrico Che portai nel dì fatale... Ma tutte qui, nel petto!... Io sol, fra mille già sbandati, al nemico volgendo ancor la faccia!... Il rio De Luna su me piombò col suo drappello; io caddi, però da forte io caddi! Azucena Ecco mercede ai giorni, che l’infame nel singolar certame ebbe salvi da te!... Qual t’acciecava strana pietà per esso? Manrico Oh madre!... Non saprei dirlo a me stesso! Mal reggendo all’aspro assalto, ei già tocco il suolo avea: balenava il colpo in alto che trafiggerlo dovea... Quando arresta un moto arcano, nel discender, questa mano... Le mie fibre acuto gelo fa repente abbrividir! Mentre un grido vien dal cielo, che mi dice: «Non ferir!».
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Azucena Ma nell’alma dell’ingrato non parlò del cielo un detto! Oh! Se ancor ti spinge il fato a pugnar col maledetto, compi, o figlio, qual d’un Dio, compi allora il cenno mio! Sino all’elsa questa lama vibra, immergi all’empio in cor. Manrico Sì, lo giuro, questa lama scenderà dell’empio in cor. L’usato messo Ruiz invia! Forse... Azucena Mi vendica! Manrico Inoltra il piè. Guerresco evento, dimmi, seguìa? Messo Risponda il foglio che reco a te. Manrico “In nostra possa è Castellor; ne dêi tu, per cenno del prence, vigilar le difese. Ove ti è dato, affrettati a venir... Giunta la sera, tratta in inganno di tua morte al grido, nel vicin Chiostro della croce il velo cingerà Leonora”. Oh giusto cielo! Azucena (Che fia!)
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Manrico Veloce scendi la balza, e d’un cavallo a me provvedi... Messo Corro... Azucena Manrico! Manrico Il tempo incalza... Vola, m’aspetta del colle a’ piedi. Azucena E speri, e vuoi?... Manrico (Perderla?... Oh ambascia!... Perder quell’angelo?...) Azucena (È fuor di sé!) Manrico Addio... Azucena No... Ferma... Odi... Manrico Mi lascia... Azucena Ferma... son io che parlo a te! Perigliarti ancor languente per cammin selvaggio ed ermo! Le ferite vuoi, demente,
Il trovatore
rïaprir del petto infermo? No, soffrirlo non poss’io... Il tuo sangue è sangue mio!... Ogni stilla che ne versi tu la spremi dal mio cor! Manrico Un momento può involarmi il mio ben, la mia speranza!... No, che basti ad arrestarmi terra e ciel non han possanza... Ah!... Mi sgombra, o madre, i passi... Guai per te s’io qui restassi!... Tu vedresti ai piedi tuoi spento il figlio dal dolor! Conte Tutto è deserto, né per l’aura ancora suona l’usato carme... In tempo io giungo! Ferrando Ardita opra, o Signore, imprendi. Conte Ardita, e qual furente amore ed irritato orgoglio chiesero a me. Spento il rival, caduto ogni ostacol sembrava a’ miei desiri; novello e più possente ella ne appresta... L’altare! Ah no, non fia d‘altri Leonora!... Leonora è mia! Il balen del suo sorriso d’una stella vince il raggio! Il fulgor del suo bel viso novo infonde in me coraggio!...
Parte seconda
Ah! L’amor, l’amore ond’ardo le favelli in mio favor! Sperda il sole d’un suo sguardo la tempesta del mio cor. Qual suono!... Oh ciel... Ferrando La squilla vicino il rito annunzia! Conte Ah! Pria che giunga all’altar... Si rapisca!... Ferrando Ah bada! Conte Taci!... Non odo... Andate... Di quei faggi all’ombra celatevi... Ah! Fra poco mia diverrà... Tutto m’investe un foco! Ferrando, seguaci Ardire!... Andiam... Celiamoci fra l’ombre... Nel mister! Ardire!... Andiam!... Silenzio! Si compia il suo voler. Conte Per me, ora fatale, i tuoi momenti affretta: la gioia che m’aspetta gioia mortal non è!... Invano un Dio rivale s’oppone nemmeno un Dio, donna, rapirti a me!
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Coro interno di religiose Ah!... Se l’error t’ingombra, o figlia d’Eva, i rai, presso a morir, vedrai che un’ombra, un sogno fu, anzi del sogno un’ombra la speme di quaggiù! Vieni e t’asconda il velo ad ogni sguardo umano! Aura o pensier mondano qui vivo più non è. Al ciel ti volgi e il cielo si schiuderà per te. Leonora Perchè piangete? Donne Ah!... Dunque tu per sempre ne lasci! Leonora O dolci amiche, un riso, una speranza, un fior la terra non ha per me! Degg’io volgermi a Quei che degli afflitti è solo sostegno e dopo i penitenti giorni può fra gli eletti al mio perduto bene ricongiungermi un dì!... Tergete i rai e guidatemi all’ara! Conte No, giammai!... Donne Il Conte! Leonora Giusto ciel!
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Il trovatore
Conte Per te non havvi che l’ara d’imeneo.
hanno de’ fiumi l’onde! Ma gli empi un Dio confonde! Quel Dio soccorse a me.
Donne Cotanto ardìa!...
Donne Il cielo in cui fidasti pietade avea di te.
Leonora Insano!... E qui venisti?... Conte A farti mia. Leonora E deggio... E posso crederlo? Ti veggo a me d’accanto! È questo un sogno, un’estasi, un sovrumano incanto! Non regge a tanto giubilo rapito, il cor sospeso! Sei tu dal ciel disceso, o in ciel son io cor te? Conte Dunque gli estinti lasciano di morte il regno eterno! A danno mio rinunzia le prede sue l’inferno! Ma se non mai si fransero de’ giorni tuoi gli stami, se vivi e viver brami, fuggi da lei, da me. Manrico Né m’ebbe il ciel, né l’orrido varco infernal sentiero... Infami sgherri vibrano mortali colpi, è vero! Potenza irresistibile
Ferrando, seguaci Tu col destin contrasti: Suo difensore egli è. Ruiz Urgel viva! Manrico Miei prodi guerrieri! Ruiz Vieni... Manrico Donna, mi segui. Conte E tu speri? Leonora Ah! Manrico T’arresta... Conte Involarmi costei! No! Ruiz, armati Vaneggi!
Parte seconda
Ferrando, seguaci Che tenti, Signor? Conte Di ragione ogni lume perdei! Leonora (M’atterrisce‌) Conte Ho le furie nel cor! Ruiz, armati Vien: la sorte sorride per te. Ferrando, seguaci Cedi; or ceder viltade non è.
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Parte terza
Alcuni armigeri Or co’ dadi, ma fra poco giocherem ben altro gioco. Altri Quest’acciar, dal sangue or terso, fia di sangue in breve asperso! Alcuni Il soccorso dimandato! Altri Han l’aspetto del valor! Tutti Più l’assalto ritardato or non fia di Castellor. Ferrando Sì, prodi amici; al dì novello è mente del capitan la rocca investir d’ogni parte. Colà pingue bottino certezza è rinvenir più che speranza. Si vinca; è nostro. Tutti Tu c’inviti a danza! Squilli, echeggi la tromba guerriera, chiami all’armi, alla pugna, all’assalto;
fia domani la nostra bandiera di quei merli piantata sull’alto. No, giammai non sorrise vittoria di più liete speranze finor!... Ivi l’util ci aspetta e la gloria, ivi opimi la preda e l’onor. Conte In braccio al mio rival! Questo pensiero come persecutor demone ovunque m’insegue!... In braccio al mio rival!... Ma corro, surta appena l’aurora, io corro a separarvi... Oh Leonora! Conte Che fu? Ferrando Dappresso il campo s’aggirava una zingara: sorpresa da’ nostri esploratori, si volse in fuga; essi, a ragion temendo una spia nella trista, l’inseguir... Conte Fu raggiunta? Ferrando È presa. Conte Vista l’hai tu? Ferrando No; della scorta il condottier m’apprese l’evento.
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Il trovatore
Conte Eccola.
Conte (Da Biscaglia!)
Esploratori Innanzi, o strega, innanzi...
Ferrando (Che intesi!... O qual sospetto!)
Azucena Aita!... Mi lasciate... O furibondi, che mal fec’io?
Azucena Chiedi!
Azucena Giorni poveri vivea, pur contenta del mio stato; sola speme un figlio avea... Mi lasciò!... M’oblìa, l’ingrato! Io deserta, vado errando di quel figlio ricercando, di quel figlio che al mio core pene orribili costò!... Qual per esso provo amore madre in terra non provò!
Conte Ove vai?
Ferrando (Il suo volto!)
Conte S’appressi. A me rispondi e trema dal mentir!
Azucena Nol so. Conte Che? Azucena D’una zingara è costume mover senza disegno il passo vagabondo, ed è suo tetto il ciel, sua patria il mondo. Conte E vieni? Azucena Da Biscaglia, ove finora le sterili montagne ebbi a ricetto!
Conte Di’, traesti lunga etade tra quei monti? Azucena Lunga, sì. Conte Rammenteresti un fanciul, prole di conti, involato al suo castello, son tre lustri, e tratto quivi? Azucena E tu, parla... Sei?... Conte Fratello del rapito.
Parte terza
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Azucena (Ah!)
Coro Ella stessa!
Ferrando (Sì!)
Azucena Ei mentisce...
Conte Ne udivi mai novella?
Conte Al tuo destino or non fuggi.
Azucena Io?... No... Concedi che del figlio l’orme io scopra.
Azucena Deh!...
Ferrando Resta, iniqua...
Conte Quei nodi più stringete.
Azucena (Ohimè!..) Ferrando Tu vedi chi l’infame, orribil opra commettea... Conte Finisci. Ferrando È dessa.
Azucena Oh! Dio!... Oh Dio!... Coro Urla pure. Azucena E tu non m’odi, o Manrico, o figlio mio?... Non soccorri all’infelice madre tua?
Azucena (Taci)
Conte Sarebbe ver? Di Manrico genitrice?
Ferrando È dessa che il bambino arse!
Ferrando Trema!...
Conte Ah! Perfida!
Conte Oh sorte!... In mio poter!
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Il trovatore
Azucena Deh, rallentate, o barbari, le acerbe mie ritorte... Questo crudel supplizio è prolungata morte... D’iniquo genitore empio figliuol peggiore, trema... V’è Dio pe’ miseri, e Dio ti punirà!
Leonora Ahimè!... Che dici!...
Conte Tua prole, o turpe zingara, colui, quel traditore?... Potrò col tuo supplizio ferirlo in mezzo al core! Gioia m’innonda il petto, cui non esprime il detto!... Meco il fraterno cenere piena vendetta avrà!
Leonora Di qual tetra luce il nostro imen risplende!
Ferrando, coro Infame pira sorgere, ah, sì, vedrai tra poco... Né solo tuo supplizio sarà terreno foco!... Le vampe dell’inferno a te fina rogo eterno; ivi penare ed ardere l’anima tua dovrà! Leonora Quale d’armi fragor poc’anzi intesi? Manrico Alto è il periglio! Vano dissimularlo fora! Alla novella aurora assaliti saremo!...
Manrico Ma de’ nostri nemici avrem vittoria... Pari abbiam al loro ardir, brando e coraggio!... Tu va’; le belliche opre, nell’assenza mia breve, a te commetto. Che nulla manchi!...
Manrico Il presagio funesto, deh, sperdi, o cara!... Leonora E il posso? Manrico Amor... Sublime amore, in tale istante ti favelli al core. Ah! Sì, ben mio, coll’essere io tuo, tu mia consorte, avrò più l’alma intrepida, il braccio avrò più forte; ma pur se nella pagina de’ miei destini è scritto ch’io resti fra le vittime dal ferro ostil trafitto, fra quegli estremi aneliti a te il pensier verrà e solo in ciel precederti la morte a me parrà! Leonora e Manrico L’onda de’ suoni mistici
Parte terza
pura discende al cor! Vieni; ci schiude il tempio gioie di casto amor.
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Manrico Che?
Ruiz... Va... Torna... Vola... Di quella pira l’orrendo foco tutte le fibre m’arse, avvampò!... Empi, spegnetela, o ch’io fra poco col sangue vostro la spegnerò... Era già figlio prima d’amarti, non può frenarmi il tuo martir. Madre infelice, corro a salvarti, o teco almeno corro a morir!
Ruiz La zingara, vieni, tra ceppi mira...
Leonora Non reggo a colpi tanto funesti... Oh, quanto meglio sarìa morir!
Manrico Oh Dio!
Ruiz, armati All’armi, all’armi! Eccone presti a pugnar teco, teco a morir.
Ruiz Manrico?
Ruiz Per man de’ barbari accesa è già la pira... Manrico Oh ciel! Mie membra oscillano... Nube mi copre il ciglio! Leonora Tu fremi! Manrico E il deggio!... Sappilo. Io son... Leonora Chi mai? Manrico Suo figlio!... Ah! Vili!... Il rio spettacolo quasi il respir m’invola... Raduna i nostri, affrettati...
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Parte quarta
Miserere di lei, bontà divina, preda non sia dell’infernal soggiorno! Leonora Quel suon, quelle preci solenni, funeste, empiron quest’aere di cupo terror!... Contende l’ambascia, che tutta m’investe, al labbro il respiro, i palpiti al cor!
Ruiz Siam giunti; ecco la torre, ove di Stato gemono i prigionieri... Ah, l’infelice ivi fu tratto! Leonora Vanne, lasciami, né timor di me ti prenda... Salvarlo io potrò forse. Timor di me?... Sicura, presta è la mia difesa. In quest’oscura notte ravvolta, presso a te son io, e tu nol sai... Gemente aura che intorno spiri, deh, pietosa gli arreca i miei sospiri... D’amor sull’ali rosee vanne, sospir dolente: del prigioniero misero conforta l’egra mente... Com’aura di speranza aleggia in quella stanza: io desta alle memorie, ai sogni dell’amor! Ma deh! Non dirgli, improvvido, le pene del mio cor! Voci interne Miserere d’un’alma già vicina alla partenza che non ha ritorno!
Manrico Ah, che la morte ognora è tarda nel venir a chi desia morir!... Addio, Leonora! Leonora Oh ciel!... Sento mancarmi! Leonora Sull’orrida torre, ah! Par che la morte con ali di tenebre librando si va! Ahi! Forse dischiuse gli fian queste porte sol quando cadaver già freddo sarà! Manrico Sconto col sangue mio l’amor che posi in te!... Non ti scordar di me! Leonora, addio! Leonora Di te, di te scordarmi?... Tu vedrai che amore in terra mai del mio non fu più forte; vinse il fato in aspra guerra, vincerà la stessa morte. O col prezzo di mia vita la tua vita io salverò,
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Il trovatore
o con te per sempre unita nella tomba io scenderò.
Leonora Clemente Nume a te l’ispiri...
Conte Udite? Come albeggi, la scure al figlio ed alla madre il rogo. Abuso io forse del poter che pieno in me trasmise il prence! A tal mi traggi, donna per me funesta!... Ov’ella è mai? Ripreso Castellor, di lei contezza non ebbi, e furo ondarne tante ricerche e tante! Ah! Dove sei, crudele?
Conte È sol vendetta mio Nume... Va.
Leonora A te davante.
Leonora Mira, di acerbe lagrime spargo al tuo piede un rio: non basta il pianto? Svenami, ti bevi il sangue mio... Calpesta il mio cadavere, ma salva il Trovator!
Leonora Il vedi.
Conte Ah! Dell’indegno rendere vorrei peggior la sorte: fra mille atroci spasimi centuplicar sua morte; più l’ami, e più terribile divampa il mio furor!
Conte A che venisti?
Leonora Conte...
Leonora Egli è già presso all’ora estrema; e tu lo chiedi?
Conte Né cessi?
Conte Qual voce!... Come!... Tu, donna?
Conte Osar potresti?...
Leonora Grazia!...
Leonora Ah sì, per esso pietà dimando...
Conte Prezzo non havvi alcuno ad ottenerla... Scostati...
Conte Che! Tu deliri! Io del rival sentir pietà?
Leonora Uno ve n’ha... Sol uno!... Ed io te l’offro.
Parte quarta
Conte Spiegati, qual prezzo, di’. Leonora Me stessa! Conte Ciel!... Tu dicesti?... Leonora E compiere saprò la mia promessa. Conte È sogno il mio? Leonora Dischiudimi la via fra quelle mura... Ch’ei m’oda... Che la vittima fugga, e son tua.
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Leonora (Vivrà!... Contende il giubilo i detti a me, Signore... Ma coi frequenti palpiti merce’ ti rende il core! Ora il mio fine impavida, piena di gioia attendo... Potrò dirgli morendo: salvo tu sei per me!) Conte Fra te che parli?... Volgimi, volgimi il detto ancora, o mi parrà delirio quanto ascoltai finora... Tu mia!... Tu mia!... Ripetilo. Il dubbio cor serena... Ah!... Ch’io lo credo appena udendolo da te! Leonora Andiam...
Conte Lo giura.
Conte Giurasti... Pensaci!
Leonora Lo giuro a Dio che l’anima tutta mi vede!
Leonora È sacra la mia fe’!
Conte Olà! Leonora (M’avrai, ma fredda esanime spoglia) Conte Colui vivrà.
Manrico Madre?... Non dormi? Azucena L’invocai più volte, ma fugge il sonno a queste luci... Prego... Manrico L’aura fredda è molesta alle tue membra forse?
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Azucena No; da questa tomba di vivi sol fuggir vorrei, perché sento il respiro soffocarmi!... Manrico Fuggir! Azucena Non attristarti: far di me strazio non potranno i crudi! Manrico Ah! Come? Azucena Vedi?... Le sue fosche impronte m’ha già stampato in fronte il dito della morte! Manrico Ahi! Azucena Troveranno un cadavere muto, gelido!... Anzi uno scheletro! Manrico Cessa! Azucena Non odi?... Gente appressa... I carnefici son... Vogliono al rogo trarmi!... Difendi la tua madre! Manrico Alcuno, ti rassicura, qui non volge...
Il trovatore
Azucena Il rogo! Parola orrenda! Manrico Oh madre!... Oh madre! Azucena Un giorno, turba feroce l’ava tua condusse al rogo... Mira la terribil vampa! Ella n’è tocca già! Già l’arso crine al ciel manda faville!... Osserva le pupille fuor dell’orbita lor!... Ahi... chi mi toglie a spettacol sì atroce? Manrico Se m’ami ancor, se voce di figlio ha possa d’una madre in seno, ai terrori dell’alma oblìo cerca nel sonno, e posa e calma. Azucena Sì, la stanchezza m’opprime, o figlio... Alla quîete io chiudo il ciglio... Ma se del rogo arder si veda l’orrida fiamma, destami allor. Manrico Riposa, o madre: Iddio conceda men tristi immagini al tuo sopor. Azucena Ai nostri monti... Ritorneremo... L’antica pace... Ivi godremo... Tu canterai... Sul tuo liuto... In sonno placido... Io dormirò!
Parte quarta
Manrico Riposa, o madre: io prono e muto la mente al cielo rivolgerò. Manrico Ciel!.. Non m’inganna quel fioco lume?... Leonora Son io, Manrico... Manrico Oh, mia Leonora! Ah, mi concedi, pietoso Nume, gioia sì grande, anzi ch’io mora? Leonora Tu non morrai... Vengo a salvarti... Manrico Come!... A salvarmi? Fia vero!
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Leonora Guai se tardi! Manrico No... Leonora La tua vita!... Manrico Io la disprezzo... Pur figgi, o donna, in me gli sguardi!... Da chi l’avesti?... Ed a qual prezzo?... Parlar non vuoi?... Balen tremendo!... Dal mio rivale!... Intendo... Intendo!... Ha quest’infame l’amor venduto... Venduto un core che mi giurò!
Leonora Addio... Tronca ogni indugio... T’affretta... Parti!...
Leonora Oh, come l’ira ti rende cieco! Oh, quanto ingiusto, crudel sei meco! T’arrendi... Fuggi, o sei perduto! Nemmeno il cielo salvar ti può!
Manrico E tu non vieni?
Manrico Ti scosta...
Leonora Restar degg’io!...
Leonora Non respingermi... Vedi?... Languente, oppressa, io manco...
Manrico Restar!... Leonora Deh! Fuggi!... Manrico No.
Manrico Va’... Ti abbomino... Ti maledico... Leonora Ah, cessa! Non d’imprecar, di volgere
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per me la prece a Dio è questa l’ora!
Il trovatore
Manrico Insano!... Ed io quest’angelo osava maledir!
Manrico Un brivido corse nel petto mio!
Leonora Più non resisto!
Leonora Manrico!
Manrico Ahi misera!...
Manrico Donna, svelami... Narra!
Leonora Ecco l’istante... Io moro... Manrico! Or la tua grazia... Padre del cielo... Imploro... Prima... Che... D’altri vivere... Io volli... Tua morir!
Leonora Ho la morte in seno... Manrico La morte!... Leonora Ah, fu più rapida la forza del veleno ch’io non pensava!...
Conte (Ah! Volle me deludere, e per costui morir!) Sia tratto al ceppo! Manrico Madre... Oh madre, addio!
Manrico Oh fulmine!
Azucena Manrico!... Ov’è mio figlio?
Leonora Senti! La mano è gelo... Ma qui... Qui foco orribile arde...
Conte A morte corre!...
Manrico Che festi!... O cielo! Leonora Prima che d’altri vivere... Io volli tua morir!...
Azucena Ah ferma!... M’odi... Conte Vedi?... Azucena Cielo!
Parte quarta
Conte Ăˆ spento! Azucena Egli era tuo fratello!... Conte Ei!... Quale orror!... Azucena Sei vendicata, o madre! Conte E vivo ancor!
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Per Benjamin Britten
97 Un muro, che separa e unisce
Carla Moreni
«Uno di noi dovrà fare la parte del Muro. Basterà impiastrarlo con un po’ di calcina e d’intonaco e di malta, e lui sarà il Muro. E terrà aperte le dita di una mano – in questo modo – e per quella fessura Piramo e Tisbe bisbiglieranno». Mai si diede più efficace descrizione e rappresentazione di un muro: che cosa sia tutti lo sappiamo, ma solo nel Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare esso viene immaginato con una visionarietà tanto comica quanto plausibile. Il linguaggio ha il tono innocente della parlata dei bambini, quando nel gioco ‘fanno teatro’ e hanno la necessità di tramutare anche gli oggetti in persone. La compagnia di attori dilettanti, dalle mani ruvide di artigiani, che si raduna di notte, nello stesso bosco dove è addormentata Titania, la regina delle fate, replica con mimesi perfetta la creatività infantile. Siamo nell’atto terzo scena prima della Commedia, e Bottom – che di lì a poco subirà la trasformazione zooantropica in asino e potrà godere, inaspettatamente, dell’amore di Titania – sta distribuendo le parti e i ruoli da recitare ai compagni. Sotto la sua maschera si nasconde il Bardo, in una rappresentazione surreale della scena teatrale: al capo della compagnia spetta la spiegazione dell’intreccio. Qui si tratta del mito di Piramo e Tisbe, giovani innamorati (così in Ovidio, Metamorfosi) a incarnare l’archetipo dell’amore, che scaturisce più forte tra coppie separate da leggi sociali. Un divieto familiare impone a Piramo e Tisbe di non parlarsi, un muro li separa. Quel muro ha la stessa funzione del balcone in Romeo e Giulietta: è il simbolo della distanza, ingrediente necessario perché si alimenti l’amore da lontano. Era l’amore insegnato da Jaufré Rudel, il trovatore, il poeta provenzale che cantava l’amor de lonh: principe di Blaia, in Aquitania, si innamorò della contessa di Tripoli, senza averla mai vista. Per lei inventò la poesia come canto della distanza, forgiando un concetto cardine della letteratura moderna.
Per incontrare la contessa, Rudel si fece crociato, in mare si ammalò mortalmente, venne portato in un albergo di Tripoli dove la contessa volle vederlo, dopo aver conosciuto la storia di un innamorato tanto devoto. L’incontro durò un attimo, il tempo di recuperare vista e udito, dopo di che il poeta spirò: l’amore era possibile solo da lontano. Perché l’amore vuole la distanza. Shakespeare scrive la commedia Il sogno di una notte di mezza estate tra il 1593 e il 1595, e la intreccia quasi negli stessi anni con la tragedia Romeo e Giulietta. In entrambe al centro è l’amore contrastato, impossibile, diviso. Lontano. Certo, nella commedia gli ingredienti sono molti di più, ma se si scende come in una spirale tra i battibecchi di Oberon e Titania, tra i contrasti delle due coppie di giovani variamente innamorati, tra le squisite disquisizioni di Teseo e Ippolita, alla vigilia delle nozze, si approda al nucleo vero della commedia, rappresentato dalla doppia scena – a specchio – della compagnia degli attori dilettanti, che prima preparano e poi porteranno in scena la triste storia di Piramo e Tisbe. Il mito classico fa da sfondo a un caleidoscopio sfaccettato di contrasti e incontri amorosi, spesso licenziosi, con gli scambi tra le due coppie di giovani, e tranquillamente pornografici (nell’incontro tra Titania e Bottom trasformato in asino, ma anche tra Oberon e il giovane paggio di Titania, il prediletto). La classicità, con il suo sorriso ambiguo, sembra l’argine protettivo agli sconfinamenti possibili della licenziosità amorosa. Nell’evocazione dell’amore tragico di Piramo e Tisbe non si sfoga solamente il piacere grottesco di vedere una compagnia di rozzi dilettanti alle prese con un soggetto aulico (e con tutti i doppi sensi che scaturiscono da quella fessura, nel muro, dove i due amanti si bisbigliano parole tenere). In qualche modo nella leggenda antica si stemperano anche tutte le ambiguità sollevate da un’indagine sull’amore: troppo spietata per approdare a una risposta razionale, impossibile. Se la distanza fonda l’irrequietezza amorosa, il mondo classico la assorbe, senza placarla. Un muro, che collega giovinezza e maturità Una delle pagine più famose nel catalogo di Felix Mendelssohn è senza discussione la Marcia nuziale, onnipresente in qualsia-
98 si matrimonio, nella trascrizione di bell’effetto all’organo. Non tutti sanno che questa pagina rappresenta il numero sette delle musiche di scena, scritte nel 1843 per una rappresentazione della commedia di Shakespeare a Potsdam. Committente del lavoro era Friedrich Wilhelm IV, re di Prussia, da tre anni assurto al trono, tenuto fino al 1861. Paladino delle arti, in particolare appassionato di storia e di eredità medioevali, il re manifestò da subito l’intenzione di far sfolgorare Berlino come capitale culturale della Germania. Aveva intorno molte corti rivali, eredi di una tradizione di mecenatismo. Per raggiungere l’obiettivo, cercò di conquistare alla città la presenza stabile dei protagonisti più in vista della cultura dell’epoca. Una delle sue prime prede fu Mendelssohn, il quale tuttavia allora viveva e lavorava felicemente a Lipsia: era direttore principale del Gewandhaus (dal 1835) ed era in procinto di varare il nuovo Conservatorio, creatura a cui teneva particolarmente e che avrebbe significativamente plasmato il corso della vita musicale in Germania negli anni successivi, avendo quali primi insegnanti Ferdinand David, Ignaz Moscheles e Robert Schumann. Il musicista non accettò il trasferimento, ma con una sorta di compromesso nei confronti dell’autorità del re, scrisse le musiche di scena richieste per quattro allestimenti teatrali: Antigone di Sofocle (1941), Ein Sommernachtstraum di Shakespeare (1942), Athalie di Racine (1943-45) e Oedipus in Kolonos di Sofocle (1945). Tutti i lavori vennero rappresentati nelle residenze reali di rappresentanza, a Potsdam, nel teatro del Neues Palais, e a Charlottenburg. Per quanto riguarda il Sogno appare straordinaria la capacità del compositore di ritornare su una pagina scritta sedici anni prima (nel 1826, quando era ancora allievo diciassettenne dell’Università di Berlino) e distillando da essa i principali elementi tematici delle nuove musiche di scena. Il muro del tempo si ergeva tra la Ouverture e gli altri tredici brani, op.61 (alcuni per due soprani, coro, e anche in forma di melologo), ma Mendelssohn lo rese non percepibile: collegando in un unico stile giovinezza e maturità. Rigorosamente in forma-sonata, l’Ouverture illustrava con sensibili intuizioni timbriche lo spirito notturno, magico e immaginario del Sogno di Shakespeare. In casa Mendelssohn, il Bardo era conosciuto e apprezzato, il ragazzo lo aveva letto nelle tra-
Per Benjamin Britten duzioni di Ludwig Tieck e di August Schlegel, le stesse che sarebbero arrivate negli anni immediatamente successivi anche in Italia, attraverso le versioni di Andrea Maffei, ammirate da Verdi. Nella tonalità centrale di mi maggiore, l’Allegro di molto della Ouverture op.21, fa sentire gli squilli di fanfara dell’ingresso aristocratico di Teseo, ma anche il raglio buffonesco (quanto avrebbe imitato poi Richard Strauss!) di Bottom trasformato in asino. Non manca il ruggito del leone, per mettere in fuga Tisbe, altro esempio di spettacolare dominio della strumentazione, che il giovane Felix utilizza con gioiosa felicità adolescenziale. Ma sono soprattutto i gesti timbrici degli archi a incantare: lo spolvero notturno del suono, parcellizzato in pulviscolo, a restituire l’iridescenza della commedia fantastica. La ritroviamo nella Marcia degli elfi (Elfenreigen), che si accompagna all’entrata di Oberon e Titania, nello Scherzo, che ripropone il clima degli incantesimi, protagonisti degli scambi di coppie e dell’inganno di Titania. Il Coro delle fate si distende come immacolata ninna-nanna, boschiva e tranquillizzante. L’Intermezzo, Allegro appassionato, in origine eseguito alla fine del secondo atto, evoca le inquietudini dei quattro giovani amanti e insieme il clima grottesco degli attori dilettanti. Nel Notturno si omaggia con delicatezza e semplicità la notte, scesa con sonno ipnotico attraverso il filtro magico di Puck. Segue la Marcia nuziale, Allegro vivace, in origine destinata a sostenere pomposamente le ridicole nozze di Titania e Bottom: il classico e misurato Mendelssohn non avrebbe mai scritto una pagina tanto retorica per nozze vere! Infatti dopo la finta marcia nuziale, ecco una marcia funebre, ad aprire il Finale, anch’essa intinta nell’inchiostro della finzione: Piramo è morto, ma nella interpretazione degli artigiani dilettanti la situazione tragica diventa comica. Dopo la Bergamasca, che essi ballano alla buona, come vuole Shakespeare, entra con congiunzione fatata il tema iniziale della Ouverture. A chiudere a cerchio, per siglare il sogno. Un muro di camino, per evadere Era dal tempo della Dido and Aeneas di Henry Purcell (1689), scritta per un saggio di fine anno scolastico di una scuola femminile di Chelsea, che il teatro in musica per ragazzi non conosceva un titolo così centrato: Il piccolo spazzacamino (The Little
Un muro, che separa e unisce Sweep) di Benjamin Britten non solo ha per protagonisti dei bambini, ma è destinato a un pubblico di piccoli, costituendo la seconda parte di un progetto didattico intitolato Let’s Make an Opera!. Il titolo veniva rappresentato per la prima volta nel 1949 al Festival di Aldeburgh, fondato dal compositore, e si ispirava – nel libretto di Eric Crozier – a due liriche di William Blake, intitolate The Chimney Sweeper. Nella prima esecuzione, gli interpreti erano i figli della troupe impegnata ad Aldeburgh. L’opera è un omaggio esplicito alla grande eredità inglese della vocalità infantile, ma si lega anche alla tradizione ottocentesca del romanzo di denuncia sociale, delle condizioni di sfruttamento lavorativo dei minori. Sam, il piccolo spazzacamino, ha solo otto anni. È stato venduto dai genitori a due spazzacamini (basso e tenore) che lo costringono a calarsi nella cappa fuligginosa di un camino di una ricca casa inglese. È la prima volta per Sam, che cade ritrovandosi nel salone accogliente dove stanno giocando tre fratellini (Juliet, Gay, Sophie) coi tre cuginetti (Johnny, Hughie, Tina). I piccoli subito proteggono il coetaneo, nascondendolo alla cinica governante Miss Baggott (contralto) e contando invece sull’aiuto della tata Rowan (soprano). Sam, lavato e rifocillato, viene nascosto in un baule dei cugini, che partiranno l’indomani. Dopo una serie di imprevisti, il finale è lieto e sospeso: il piccolo spazzacamino è libero, la discesa dal camino è stata una simbolica seconda nascita. Ora ha la nuova vita davanti. Britten chiede una minuscola orchestra da camera (quartetto d’archi, pianoforte a quattro mani e percussioni) dalla scrittura raffinatissima, e numeri vocali chiusi alternati a parti recitate. I bambini non vengono esposti a “sfruttamento” vocale (gesto contraddittorio, in un’opera contro il lavoro minorile), ma al contrario esaltati proprio nella minuta preziosità delle linee melodiche, nel contrappunto e soprattutto nelle stupefacenti scelte armoniche. Con queste viene restituito il magico e innocente mondo dell’infanzia. La magia fa da pedale anche all’altra partitura che alcuni anni dopo, nell’agosto del 1959, di nuovo viene portata in scena al Festival di Aldeburgh, per inaugurare la nuova Jubilee Hall, ingrandita, e che ora arriva a ben 316 posti. Britten in soli sette mesi deve terminare la stesura e con la collaborazione di Peter
99 Pears provvede all’adattamento del testo di Shakespeare, tagliato di metà dei versi e ricomposto in tre atti. L’omaggio indiretto, di nuovo, va alla musica di Purcell, che nel 1692 aveva scritto le musiche per The Fairy Queen, semi-opera barocca, che inseriva dei masques (musicati) negli atti della commedia. La prima attenzione del compositore andò ai ruoli vocali, distribuiti con perfetta progressione drammaturgica: il quartetto dei giovani innamorati ha le stesse voci del quartetto del Così fan tutte (soprano-mezzosoprano, tenore-baritono) ma virate su semplice declamato. Giusto: perché la situazione è identica. Le quattro fate di Titania sono voci bianche, il coro delle fate è formato da voci bianche o soprani. Puck poneva maggiori difficoltà, superate con la scelta del ruolo parlato, con capacità sceniche acrobatiche (Britten aveva appena visto dei mimi acrobati a Stoccolma, e ne era rimasto affascinato). Gli artigiani hanno tutti voci maschili, tra tenori, baritoni, basso-baritono (Bottom) e bassi. Teseo e Ippolita, che a differenza di Shakespeare compaiono solo nell’ultimo atto, sono basso e contralto. Per Oberon e Titania la vocalità non poteva che rispecchiare il mondo di un re e regina delle fate: mondo irreale, come quello dell’opera barocca, qui reinventata con l’introduzione di un soprano di coloratura e dell’incantevole timbro del controtenore. Accompagnati da strumenti, come la celesta o l’arpa, che li proiettano in una dimensione incantata. Intanto si scende dall’ambiguità delle stelle alla realtà tutta terrena - nell’autentico ‘teatro nel teatro’ - rappresentato dalla scena finale degli artigiani: minuscola opera buffa, in quattordici parti, chiusa da una ruvida Bergomask, dai ritmi irregolari. Suona mezzanotte. Le fate hanno l’ultima danza, in ritmo sghembo, svolazzante, mentre augurano per ogni talamo prole felice e fedeltà amorosa. È l’ultimo momento di féerie, prima del saluto di Puck, tra squilli di tromba: il teatro, regno delle ombre, ha forse per caso irritato gli spettatori? Che nessuno se la prenda. È stato tutto solo un sogno.
TEATRO LAURO ROSSI 28, 30, 31 luglio - ore 21.00 Benjamin Britten
The Little Sweep - Il piccolo spazzacamino Libretto di Eric Crozier Edizioni Boosey & Hawkes, London - Rappresentante per l’Italia Casa Ricordi, Milano
Giacomo Medici Silvano Paolillo Asia D’Erme Lara Rotili Ilaria Frenquelli Ilenia Silvestrelli Sara Cacchiarelli Angela Bella Ricci Luca Paolucci Veronica Valeri Caterina Piergiacomi
Nerone (brutale spazzacamino) e Tommaso (cocchiere) Clementino (suo figlio) e Alfredo (giardiniere) Sem (nuovo garzone) La signorina Bracco (governante) Giulietta (ragazza di 14 anni) Gaio (ragazzo di 13 anni) Sofia (bambina di 10 anni) Rosa (bambinaia) Gianni (ragazzo di 15 anni) Ugo (bambino di 8 anni) Tina (bambina di 8 anni)
Direttore Francesco Lanzillotta Regia Henning Brockaus Scene, costumi e luci Accademia di Belle Arti Macerata Maestro del coro di voci bianche Gian Luca Paolucci Assistente alla regia Valentina Escobar Fondazione Orchestra Regionale delle Marche Coro di voci bianche Pueri Cantores “D. Zamberletti”
103 Direttore di scena Sabrina Scaramelli Direttore musicale di palcoscenico Gianfranco Stortoni Maestro di sala Meri Piersanti Altro Maestro pianoforte a quattro mani Claudia Foresi Maestro di palcoscenico Matteo Angeloni Maestro alle luci Melissa Mastrolorenzi Maestro ai sopratitoli Natalia Giro Responsabile allestimento e servizi di palcoscenico Enrico Sampaolesi Logistica Giorgio Alici Biondi Scenografo realizzatore Serafino Botticelli Capo macchinista Secondo Caterbetti Capo elettricista Fabrizio Gobbi Responsabile sartoria Simonetta Palmucci Responsabile vestizioni Maria Antonietta Lucarelli Capo attrezzista Emanuela Di Piro Capo squadra aiuti tecnici Mauricio Cesar Pasquali Responsabili parrucco Serena Mercanti Responsabile trucco Raffaella Cipolato Direttore di sala Marco Coltorti Fotografo Alfredo Tabocchini Allestimento Macerata Opera Festival - Accademia di Belle Arti Macerata Illuminotecnica Etabeta, Ancona - Fonica AMS, Macerata Sopratitoli Macerata Opera Festival e UniversitĂ di Macerata, con il supporto tecnico di Sub-Ti, Londra
104 SOGGETTO
Il piccolo spazzacamino è uno spettacolo nello spettacolo e fa parte di un progetto più ampio dal titolo Let’s Make an Opera! – e cioè: Facciamo un’opera! La storia parla del piccolo Sem, otto anni, che viene venduto dai genitori poveri e malati allo spazzacamino Nerone, che lo avvia al mestiere. Il primo comignolo in cui il piccolo deve lavorare è quello di una grande abitazione di campagna. La governante della casa, la cinica Signora Bracco, esige una pulizia fatta alla perfezione. Nonostante Sem sia terrorizzato, Nerone ed il figlio Clementino lo spingono dentro al camino, ordinandogli di darsi da fare. Incastrato, solo e al buio, Sem si dimena e chiede aiuto. Nella casa, intanto, i tre fratelli Giulietta, Gaio e Sofia, stanno giocando tranquillamente con i loro cugini, Gianni, Ugo e Tina, in visita con la loro bambinaia Rosa, quando vengono attirati dalle grida di aiuto di Sem. Per soccorrerlo, i sei bambini si avvicinano e strattonano a più riprese la fune che penzola dalla canna fumaria, finché non riescono a liberarlo. Vedendolo sporco di fuliggine e terrorizzato, si impietosiscono e, con la complicità della tata, lo nascondono nella nursery. Decidono anche di mettere in scena la sua fuga, stampando delle finte orme nere sul pavimento, dal camino alla finestra. La Signora Bracco e i due spazzacamini, credendo che Sem sia fuggito, si gettano fuori all’inseguimento. La buona Rosa, intanto, recupera il bambino dal suo nascondiglio, gli fa fare un bagno e gli dà da mangiare. Una volta ripulito, sazio e tranquillo, Sem racconta la sua triste storia. Commossi, i piccoli decidono di aiutarlo a scappare dai suoi aguzzini: lo nascondono nel baule dei cugini, in partenza l’indomani, per farlo scappare.
Il piccolo spazzacamino Il piano è ben congegnato, ma il baule dove è nascosto Sam è troppo pesante e il piccolo spazzacamino rischia di venire scoperto. Grandi momenti di suspense anticipano un lieto finale che vede anche la partecipazione del pubblico.
Soggetto SYNOPSIS
“The Little Sweep” is a show within a show. It is a part of the three-act play “Let’s make an opera!” by Benjamin Britten. The opera tells the story of Sam, an eight-year-old boy, sold by his poor and sick parents to Black Bob, a master chimney sweep who takes the child on as his apprentice. Sam is driven up his first chimney in a big country house for which the sharp-tongued housekeeper, Miss Baggott, requires an impeccable cleaning. Black Bob and his son Clem, after sending the terrified Sam up the chimney, leave him to it. Stuck and alone in the dark, the frightened boy struggles and cries out for help. Meanwhile in the house, Juliet, Gay and Sophie are playing with their cousins Johnny, Hugh and Tina, who are accompanied by their nursery-maid Rowen. Their play is interrupted when they hear Sam screaming. The six children, determined to rescue the young sweep, all take hold of the rope hanging loose from the chimney and pull it until they succeed in setting him free. Upon seeing Sam, the children take pity on the scared boy covered in soot. Together with Rowen, they decide to hide him in the nursery while faking up a line of black footprints on the floor to make it seem as if he has escaped through the window. Miss Baggott and the two sweeps, believing that Sam has escaped, run off in his pursuit. In the meantime, the kindhearted Rowen lets the child come out from his hiding place, gives him a bath and something to eat. Cleaned, sated and relaxed, Sam starts telling his sad story. Moved, the children decide to help him escape from his persecutors: they will smuggle the little sweep into a traveling trunk so that he can be carried out of the house
105 unseen when the cousins leave the following day. The plan is well conceived but the trunk is too heavy and the little sweep risks being discovered. Great moments of suspense are brought to a close with a happy ending which will engage the audience.
106 DIE HANDLUNG
Der kleine Schornsteinfeger ist eine Schauspieloper in einer Schauspieloper und Teil von Brittens “Let's make an Opera!”, also Machen wir eine Oper! Die Geschichte erzählt von dem 8-jährigen Sem, der von seinen armen und kranken Eltern an den Schornsteinfeger Nerone verkauft wird. Dieser nimmt ihn als seinen Helfer für die Arbeit. Der erste Schornstein, in dem er arbeiten muss, ist der eines grossen Landhauses. Die Gouvernante der Familie, die gemeine Frau Bracco, verlangt, dass der Schornstein perfekt gereinigt wird. Obwohl der kleine Sem fürchterliche Angst hat, schubsen ihn Nerone und sein Sohn Clementino in den Schornstein. Ganz alleine im Dunkeln, klemmt Sem plötzlich fest und fleht um Hilfe. Während dessen spielen im Haus die drei Geschwister Giulietta, Gaio und Sofia mit ihre Cousine Tina und ihren Cousins Ugo und Gianni, die mit ihrer Kinderfrau Rosa zu Besuch sind. Plötzlich hören sie die Hilferufe. Um den Jungen zu befreien ziehen die sechs Kinder mit aller Kraft an dem Strick, der von oben in dem Kamin hinunter baumelt. Endlich klappt es und als sie den ganz verrussten und ängstlichen kleinen Jungen sehen, tut der ihnen leid und mit Hilfe von Fräulein Rosa verstecken sie ihn im Kinderzimmer. Um so zu tun als wäre er geflüchtet drücken sie falsche Spuren mit den Schuhen vom Kamin bis zum Fenster. Tatsächlich fallen Frau Bracco und die beiden Schornsteinfeger darauf herein und sie suchen Sem draussen. Rosa, die sehr nett ist, badet den kleinen Jungen und gibt ihm etwas zu essen. Warm, satt und zufrieden erzählt Sem den Kindern seine traurige Geschichte. Die erschüttert alle sehr. Sie beschliessen, Sem vor seinen Peinigern zu retten und planen seine Flucht. Sie verstecken ihn in einem grossen Koffer, der am nächsten Tag auf die Reise gehen soll.
Il piccolo spazzacamino Der Plan ist gut ausgedacht, aber der Koffer ist zu schwer. Nach sehr spannenden Momenten geht die Geschichte glücklicherweise gut aus – auch danke der Hilfe des Publikums.
Soggetto SUJET
Le petit ramoneur est un spectacle dans le spectacle, faisant partie d’un projet plus vaste intitulé Let’s Make an Opera ! – Faisons un opéra! C’est l’histoire du petit Sem, âgé de huit ans, vendu par ses parents, pauvres et malades, à Nerone, le ramoneur, qui entend lui apprendre le métier. La première cheminée que l’enfant doit ramoner est celle d’une grande maison de campagne. La gouvernante de la maison, la cynique Madame Bracco, exige que le ramonage soit fait à la perfection. Bien que Sem soit terrorisé, Nerone et son fils Clementino le poussent dans la cheminée et l’obligent à s’atteler à la tâche. Seul et coincé dans le noir, Sem se démène et appelle à l’aide. Pendant ce temps, les trois frères et sœurs Giulietta, Gaio et Sofia sont tranquillement en train de jouer dans la maison avec leurs cousins, Gianni, Ugo et Tina, venus leur rendre visite accompagnés de leur nurse Rosa, lorsque, très vite, ils sont alertés par les appels au secours de Sem. Les six enfants s’approchent pour le secourir et tirent à plusieurs reprises sur la corde qui pend dans le conduit, jusqu’à ce qu’ils n’arrivent à le dégager. Pris de pitié et avec la complicité de leur nounou, les enfants, voyant le petit ramoneur affolé et couvert de suie, décident de le cacher dans la nursery. Ils décident également de mettre en scène sa fuite en dessinant sur le plancher de fausses empreintes noires, allant de la cheminée à la fenêtre. Madame Bracco et les deux ramoneurs, croyant que Sem s’est enfui, se lancent à sa poursuite. Pendant ce temps, Rose, la gentille nounou, sort l’enfant de sa cachette, lui donne un bain et lui sert à manger. Une fois calmé, propre et rassasié, Sem raconte sa triste histoire. Emus, les six enfants décident de l’aider à s’échapper de l’emprise de ses bourreaux: ils organisent sa fuite en le cachant dans la malle des petits cou-
107 sins qui repartent le lendemain. Le plan est bien ficelé, mais la malle où Sem se cache est bien trop lourde et le petit ramoneur risque de se faire prendre. De grands moments de suspense annoncent un happy end auquel le public prend part également.
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Atto primo
quattordici anni. E aveva un fratello chiamato Gaio… E una sorella più giovane, Sofia. Anna Giulietta, Gaio e Sofia…
Beatrice Bambini silenzio! Ho una storia da proporvi per lo spettacolo di quest’anno! Tutti Ma non una commedia! Ne abbiamo fatta una l’anno scorso! Io voglio cantare! Beatrice Con calma, fatemi prima raccontare! Allora cominciamo. La storia si svolse tanto tempo prima che io nascessi… Colomba È una storia vera? Beatrice Certo! Accadde realmente a mia nonna! Si chiamava Giulietta e viveva in una grande casa sulle rive di un fiume, lontana chilometri dal villaggio e circondata da alberi dove facevano il nido gli aironi e dove i gufi gridavano la notte. Rodolfo Ha l’aria di essere una storia di fantasmi! Pamela e Anna Shhh! Beatrice Quando ha inizio la storia, Giulietta aveva
Beatrice I loro cugini erano venuti da loro a passare le vacanze… Colomba Come si chiamavano? Beatrice Gianni, Ugo e Tina. Ugo e Tina erano gemelli. Anna Gianni, Ugo e Tina. Beatrice Le vacanze si avvicinavano alla fine, e i cugini presto sarebbero tornati dove abitavano. Essi avevano portato con sé la loro bambinaia, ed era stata una bella cosa perché tutti i bambini amavano Rosa, mentre a nessuno dei bambini piaceva la sig.na Bracco, la governante della casa. Pamela La sig.na Bracco! Non sembra un nome simpatico. Beatrice Infatti non lo era, era una vecchia governante burbera, stizzosa e autoritaria, sempre pronta a comandare e sgridare. Norman Scusa se ti interrompo, Beatrice, ma quando accadde questa storia?
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Beatrice All’inizio del secolo: nel 1809 o 10. In quei tempi le case di campagna avevano grandi focolari e tortuosi camini di mattoni. Quando c’era bisogno di pulirli dei bambini piccoli venivano mandati su in mezzo alla fuliggine e al buio per raschiare via tutto lo sporco. Sem era uno di questi spazzacamini. E aveva solo otto anni, povero bambino! Bambini Otto! Beatrice Suo padre faceva il carrettiere, ed era così terribilmente povero che non poté fare altro che vendere il piccolo Sem allo spazzacamino Nerone. Oh, uno scellerato, ecco che cos’era Nerone! Nero dentro e fuori, e suo figlio Clementino, che gli faceva da assistente, era crudele come il perfido padre. Provate ad immaginare lo stato d’animo del povero Sem quando lo portarono nella casa in cui si svolge la nostra storia, lo spogliarono di tutti i suoi vestiti e lo spinsero su nell’oscurità del primo camino. Ragazze Povero Sem!
Il piccolo spazzacamino
Beatrice Nerone gli aveva legato una fune intorno alla vita, in caso di incidenti. I bambini tirarono e, “crash!”, Sem precipitò giù. Monica Avrebbero potuto ucciderlo! Pietro Mi piacerebbe prendere a calci Nerone! Rodolfo E anche Clementino! Beatrice Erano in sei, sei ragazzini in abiti graziosi e puliti con un sudicio negretto disteso nel camino che singhiozzava come se gli si spezzasse il cuore. Tutto quello che riuscirono a tirargli fuori fu: “ Non mandatemi più su!” E lo ripeté tante volte! Norman Momento ideale per la musica! Colomba Che cosa fecero di lui? Beatrice Che cosa avreste fatto voi di lui? Consegnarlo agli spazzacamini?
Beatrice Egli si arrampicò e raschiò, e poi si arrampicò un po’ più in alto e raschiò ancora, soffocando per la fuliggine, e su, sempre più su, finché si trovò incastrato nel tubo della cappa, e non poté più muoversi né su né giù. Allora gridò: “Aiuto! Aiuto! Sono bloccato!”. Fortunatamente Giulietta e gli altri lo udirono.
Bambini No!
Pietro Come riuscirono a tirarlo giù dal camino?
Bambini No di sicuro!
Beatrice L’ avreste detto alla sig.na Bracco?
Atto primo
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Giovanni Io lo so! Io l’ avrei nascosto!
Monica Spero proprio che in seguito visse sempre felice!
Beatrice È proprio quello che Giulietta e gli altri fecero. Per prima cosa tracciarono con la fuliggine delle orme sino alla finestra, in modo che gli spazzacamini pensassero che Sem fosse fuggito…
Beatrice Certo! La zia di Giulietta ebbe pietà di lui e lo mise a lavorare nei giardini della sua casa. Quando mia madre era una ragazza, il vecchio Sem era diventato niente meno che capo-giardiniere… Ecco dunque la mia piccola storia. Vi piace?
Anna Come sono stati furbi! Beatrice … E poi lo nascosero nel ripostiglio dei giocattoli fra i loro cerchi e le loro bambole per tutto un giorno e una notte! Bruno La sig.na Bracco non lo scoprì? Beatrice Erano troppo intelligenti per lei! Non solo fecero il bagno a Sem e lo nutrirono e gli misero degli abiti puliti, ma riuscirono a farlo sgattaiolare fuori di casa proprio sotto i suoi occhi! Ragazze Ci riuscirono? Ragazzi Come? Raccontaci come! Beatrice Era giunto il momento per i cugini di ritornare a casa loro. Sem fu caricato sulla carrozza, nascosto dentro un baule. Poi lo fecero uscire non appena furono lontani dalla casa, e proseguirono al galoppo per la strada maestra felici come grilli!
Ragazzi Mi è piaciuta tanto! Sono contento che l’abbiano fatta alla sig.na Bracco! Che bravi bambini! Beatrice È piaciuta a te Norman? Norman Certamente! È vera e semplice, proprio il tipo di storie che mi piacciono! Il problema è: formerà un’opera? Beatrice Tu sei il nostro compositore! Devi decidere tu! Anna Prima ci sono due spazzacamini: Nerone e Clementino… Norman Basso e tenore. Anna La sig.na Bracco, la governante… Norman Contralto. Questa è per te, Beatrice.
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Il piccolo spazzacamino
Beatrice Me l’aspettavo!
Norman In dieci settimane?
Anna Rosa, la bambinaia…
Bambini Sì!
Pamela Oh, io voglio cantare Rosa!
Pamela Norman, c’è soltanto una cosa che vorrei dire prima che proseguiamo…
Norman Soprano, ad ogni modo. Anna Ci sono tre bambine: Giulietta, Sofia e Tina. I ragazzi sono Gaio, Gianni e Ugo, più Sem.
Norman Coraggio, dunque!
Beatrice Ad Anna si adatterebbe splendidamente la parte di Giulietta.
Pamela Sono completamente d’accordo con voi riguardo la storia di Beatrice. Ha molte possibilità musicali e anche drammatiche, ma non posso fare a meno di domandarmi se abbiamo ragione nel volerne fare un’opera.
Anna Sono troppo vecchia per farlo!
Bambini Oh, Pamela! Non fare la guastafeste!
Beatrice Non sulla scena, mia cara! Non dimostrerai un solo giorno di più di quattordici anni.
Pamela A me piace l’opera, ma a molte persone no. Pensano che sia noiosa e fuori moda e irrimediabilmente artificiale; e in realtà non potete biasimarle, dal momento che difficilmente hanno mai avuto l’occasione di vedere delle buone rappresentazioni. Sarebbe stupido lavorare per mesi e fare qualcosa che nessuno vuol vedere. Non sarebbe più sicuro lasciar perdere l’opera e volgere la storia in commedia?
Norman Clementino è una difficoltà. Non abbiamo un tenore. Beatrice Ne troveremo uno. Norman A parte lui la compagnia è al completo; ma riusciremo a fare l’opera?
Norman Certamente…
Bambini Certo che ci riusciremo!
Bambini Noi vogliamo fare un’opera!
Atto primo
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Monica Le opere non trattano sempre d’amore?
Norman Visto? Facile!
Bambini Amore?!
Bruno Dov’è l’esperimento?
Anna Possono trattare di qualsiasi cosa che si presti alla musica.
Norman Ora cantalo. Ti darò le note. Capito?
Beatrice Che cosa ne dite del mio piccolo spazzacamino? Si presta alla musica? Norman C’è in lui moltissima musica! Fiumi di musica! Guardate! Voglio tentare un esperimento molto semplice. Norman Giovanni, vieni qui! Pamela, ti ricordi quel momento della storia in cui il piccolo spazzacamino sta singhiozzando nel camino? Pamela Quando implora: “Non mandatemi più su!”? Norman Sì, quello. Basta che lo pronunci. Avanti! Giovanni Mi vergogno! Norman Pietro, vieni e dillo tu! Giovanni No! Adesso sono pronto. Allora: “Non mandatemi più su!”.
Norman Cantalo due volte. La prima volta salendo di un semitono, la seconda volta scendendo di un semitono sull’ultima nota. Via, a te! Bambini Oh, sì! Molto meglio così che parlato! Norman Vedi, Pamela? Quando parla potrebbe dire nello stesso modo: “Non mandatemi a prendere il giornale!”. Bada, Giovanni, che non ti sto criticando! Norman Quando invece canta, nella frase musicale si avverte la sua disperazione. Beatrice Ti abbiamo convinta, Pamela? Opera o commedia? Bambini Opera! Pamela Non c’è bisogno che vi affatichiate tanto per convincermi! Sono stata dalla vostra parte fin da principio, ma pensavo che dovessimo riservare un pensiero per le migliaia e migliaia di persone che pensano all’opera solo in termini di voluminosi soprani e di tenori panciuti.
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Norman L’opera invece li potrà divertire! Ora però dobbiamo pensare alla quantità di lavoro che ci aspetta. Io scriverò la musica, e sono contento di farlo. Chi scriverà le parole?
Anna Beh, quanto tempo ci vorrà?
Bambini Anna! Anna!
Beatrice Penso che dovremmo cercare di dare la rappresentazione fra dieci settimane; durante le quali dovremo scrivere la musica…
Anna Io? Non potrei! Non ne sarei capace! Non saprei neppure come cominciare. Scrive prima la musica Norman e poi io vi adatto le parole o è il contrario? Norman Noi lavoreremo insieme, Anna, sino alla fine. Qual è il senso di un’opera? Raccontare una storia con parole e musica. Beatrice ci ha dato la storia. Noi abbiamo un insieme di personaggi: spazzacamini, bambini, una governante e una bambinaia. Sappiamo perfettamente che cosa accade loro: ora dobbiamo decidere il modo in cui ciò deve accadere. Dopo che avremo lavorato sulla storia per una settimana o due, i personaggi cominceranno a prender vita in noi. Quindi tu troverai le parole che si allineeranno in punta alla tua penna, e io presterò orecchio alle note che esse richiameranno. Anna Sembra tutto splendido Norman, ma sei sicuro di non esagerare?
Norman Questo vorrei saperlo anch’io.
Norman Copiarla… Anna Scrivere le parole… Pamela Batterle a macchina… Bambine Imparare la musica… Ragazzi Imparare le parole… Norman Costruire le scene… Pamela Procurare l’arredamento e gli attrezzi…
Norman Certo!
Beatrice Cucire i costumi…
Pamela Sei d’accordo, non è vero, Anna?
Anna Trovare un’orchestra…
Beatrice Coraggio, Anna, dì che scriverai il libretto!
Norman Affittare un teatrino…
Atto primo
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Pamela Stampare i biglietti e i programmi…
Norman La stanza dei bambini!
Beatrice Provare…
Anna Due porte, un camino e una finestra…
Bambine Provare…
Bruno E il ripostiglio dei giocattoli!
Ragazzi Provare…
Anna Potremmo prendere l’avvio dall’arrivo degli spazzacamini che si trascinano Sem nella stanza, tutta avvolta in teli per la polvere…
Tutti E provare… Anna È impossibile! Norman Assolutamente impossibile! Beatrice Ma ce la faremo; in qualche modo ce la faremo! Bambini Ci riusciremo! Pamela Non voglio pensare a cosa ne sarà dei vostri compiti di scuola. Bambine Al diavolo i compiti! Ragazzi Questo è molto più importante! Beatrice A proposito, che cosa decidiamo per le scene?
Beatrice Anna e Norman, potete continuare a far progetti fino a domani, ma è arrivato il momento di mandare a casa questi bambini. Bambini Facci restare! Ancora cinque minuti! Norman Ehi! Aspettate! Questa è una grande occasione! Non potete filar via così! Anna Dobbiamo festeggiare! Beatrice Allora, un brindisi musicale! Bambini Oh, sì! Un brindisi musicale! Norman Un brindisi musicale! Eccovelo! “Facciamo un’opera!” Cantate fortissimo.
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Atto secondo
Norman Ehi! Che cosa è successo alle luci? Pietro Quello è Bruno che si trastulla con l’interruttore. Luci, Bruno!
Norman Ehi! Chi ha tirato il sipario? Pietro Sono stato io Norman! Norman Richiudilo, pezzo d’idiota! La sala è piena di gente! Pietro Lo so. Norman Si può sapere perché mai vuoi aprire il sipario? Pietro Me l’ha detto il Maestro. Norman Perché, se è lecito? Pietro Vuole provare con l’orchestra.
Bruno Un momento sto cambiando una valvola. Norman Che momento per mettersi a cambiare le valvole! Stai ritardando tutta la prova generale. Non vogliamo essere pronti tra una settimana per lasciarti giocare con le valvole! Bruno Sarà fatto in un batter d’occhio! Massimo Norman! Norman! Dove sei? Norman Ciao, Massimo! Sono sul palcoscenico! Hai trovato il baule? Massimo Sì! L’ho portato qui, ma non trovo la porta.
Norman Cosa? Con il sipario alzato? Così si mostrano al pubblico tutti i retroscena. Si toglie l’illusione…
Norman Bruno! Per l’amor del cielo rimetti quella valvola da dove l’hai tolta e dacci un po’ di luce.
Pietro Lo devo richiudere?
Bruno Eccola che arriva!
Norman Il danno è fatto, ormai.
Bruno Come va?
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Norman Per niente bene! Dacci una luce per lavorare! Della semplice luce bianca! Il cielo sia ringraziato! Ora vieni in palcoscenico e lascia stare quelle valvole! Massimo Eccoci, Norman! Mi dispiace di averci impiegato tanto, ma c’è voluto il suo tempo per trovare un baule della misura giusta. Spero che sia grande abbastanza per Giovanni. Si è presentato Rodolfo? Pietro No, non ancora. Norman Gli avevo detto che la prova generale sarebbe cominciata alle sette e mezzo, accidenti! È sempre Rodolfo che ritarda!
Il piccolo spazzacamino
Massimo C’è già abbastanza pubblico mi pare. Norman Che ci possiamo fare? È colpa nostra se cominciamo così tardi. È con gli altri? Anna Qualcuno ha visto Rodolfo? Giovanni È quello il suo baule? Monica Accipicchia! Non c’è troppo spazio per un bambino lì dentro? Norman Entra Giovanni. Stai comodo?
Massimo Non si riesce più a tenerlo da quando ha quella bicicletta da corsa.
Giovanni Molto comodo, grazie! Farò un sonnellino!
Norman Chiama tutti in palcoscenico per la scena del baule.
Norman Cominciamo a provare. Tutti in posizione!
Pietro (In scena, per favore! Tutti pronti per la scena del baule!).
RECITATIVO
Norman Che ore sono? Massimo Un quarto alle otto. Norman Potrebbe essere peggio. Non ho mai sentito di una prova generale che sia iniziata in tempo.
Norman (Tommaso) “Non riusciamo!” Massimo (Alfredo) “È troppo pesante!” Beatrice (La sig.na Bracco) “Ohibò! Pesante non è!” Norman (Tommaso) “Lei dovrà disfarlo!”
Atto secondo
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Beatrice (La sig.na Bracco) “Siete matti da legare!”
Pamela (Rosa) “Sì, presto, tutti qui!”
Norman (Tommaso) “Allora starà lì!”
Bambini “Sì, eccoci qui!”
Beatrice (La sig.na Bracco) “Impertinente!”
ENSEMBLE
Norman (Tommaso) “O il baule vien disfatto con Massimo (Alfredo) … O se no starà dov’è!” Bambini “Oh, no!” Norman (Tommaso) con Massimo (Alfredo) “Oh, sì!” Bambini “Oh, no!” Norman (Tommaso) con Massimo (Alfredo) “Oh, sì!” Pamela (Rosa) “Signor Tommaso, vi aiuteremo noi!” Bambini “Sì, vi aiuteremo!”
Tutti “Ecco va! Hip, hip, hurrah! Ecco va! Hip, hip, hurrah! Molte mani, per davvero, il lavoro fan leggero!” Norman Bene! Ritornate tutti qui! Non preoccupatevi del baule! Beatrice È andata bene. Anna Vuoi ripeterla, Norman? Norman Non c’è tempo! Beatrice Sapete, sono terribilmente preoccupata per Rodolfo. È bene che qualcuno si infili il cappotto e vada a casa sua. Sta diventando una faccenda seria!
Norman (Tommaso) “Questo è un gentile pensiero, molto gentile. Non è vero, Alfredo?”
Anna Non può aver dimenticato il giorno?
Massimo (Alfredo) “Sì, molto gentile!”
Norman No di sicuro. Gli ho parlato proprio prima della merenda.
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Pamela Potrebbe darsi che gli sia capitato qualcosa…
Il piccolo spazzacamino
Bambini Oh, Rodolfo! Sei un gran somaro! Lo ha dimenticato! Come ha potuto? Niente costume!
Beatrice Quella bicicletta nuova! Va in giro pedalando forte come un corridore in pista!
Norman Ora andrai di corsa a casa a prendertelo!
Massimo Norman, vado a vedere. Non impiegherò più di dieci minuti.
Tutti Oh, birbante che non sei altro! Stupido! Lui pensa di fare lo spiritoso! Prenderci in giro! Oh, Rodolfo!
Pamela Santo cielo!
Rodolfo Ah! Ah! Ah! Vi ho giocati tutti!
Bambini Guardate!... Beatrice Gesù, Gesù! Rodolfo! Dove sei stato? Perché sei così in ritardo, ragazzaccio? Norman Ti avevo detto alle sette e mezzo! Alle sette vestito e truccato! Guarda che ore sono! Le otto! Beatrice Hai ritardato la prova generale! Guarda quelle persone laggiù! Hai fatto aspettare anche loro! Ebbene, dì qualcosa! Rodolfo Scusate. Pamela Rodolfo, dov’è il tuo costume? Norman Non dirmi che hai dimenticato il tuo costume!
Il maestro Norman! Ehi, Norman! Anna È il Maestro! Norman Sì? Che c’è? Il maestro Sai che ore sono? Quasi le otto! Norman Siamo quasi tutti pronti! Vorrei ancora provare la scena di Sem su per il camino. Tre minuti al massimo. Perché non prova una delle canzoni per il pubblico intanto che aspetta? Il maestro D’accordo. Comincerò dalla numero uno. Norman Bene! Vi daremo i riflettori. Bruno, accendili, per favore!
Atto secondo
Il maestro Norman! La prima canzone la sanno abbastanza bene! Anna Sono davvero bravi! Il maestro Siete pronti per continuare? Pamela “Ohibò, è svenuta!”, per l’ennesima volta? Il maestro Ascoltate tutti, per favore! Ci sono due scene che devo provare prima di dare inizio all’opera. Per prima “Sei appena un bambino” con Rosa e i bambini e poi “Ohibò è svenuta”. Anna Dobbiamo fare anche i movimenti? Norman Si, naturalmente! In posizione. Pamela Ai vostri posti, bambini! Ai posti!
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verso “La mamma e il babbo stan così lontano!”, cominciate pianissimo, cantate più forte nella seconda battuta e poi fate un diminuendo nella nota lunga. Non dimenticate il diminuendo o non sentiremo quando entrerà Giovanni. Provate questa frase al pianoforte una volta. “La mamma e il babbo...”: dai loro le note, Roberto! Bambini “La mamma e il babbo stan così lontano” Il maestro Mi raccomando! Bene! Bambini “Tanto lontano!” Il maestro Molto bene! Ora partiamo dall’inizio. Giovanni, tu ci dai la battuta d’entrata. “… Nove anni il prossimo compleanno”. Giovanni “Ma è ora che io cominci a lavorare, mi dicono. Compirò nove anni il prossimo compleanno” Bambini “Soltanto nove…”
Anna Giovanni, tu sei in mezzo a noi. CANZONE Norman Prima che cominci, ricordi loro quel diminuendo alla fine di ogni strofa. Il maestro Si, ci stavo appunto pensando. Sentite!...Voglio che voi notiate in particolar modo la fine di ogni strofa, quando, ad esempio nella prima, cantate insieme il
Pamela (Rosa) “Sei appena un bambino e sei uno spazzacamino!” Monica (Sonia) “Sei spazzacamino così bambino?”
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Tutti “La mamma e il babbo stan così lontano!” Giovanni (Sem) “Tanto lontano!” Pietro (Gianni) “Sei stato venduto, infelice a quel bruto!” Bruno (Gaio) “Perché a quel bruto ti han venduto?” Tutti “Il tuo paese è molto lontano!” Giovanni “Tanto lontano!” Anna (Giulietta) “Per essere sfruttato t’hanno comprato!” Colomba e Rodolfo (I Gemelli) “Ti hanno comprato e poi sfruttato?” Tutti “La tua casetta è lontano lontano!” Giovanni (Sem) “Tanto lontano!” Il maestro Molto bene! Ah ricordate: c’è un diminuendo anche nell’ultimo verso, “la tua casetta è lontano lontano!” non dimenticatevene. Ora passiamo alla numero 13: “Ohibò, è svenuta!”. Numero 13, orchestra! Siete pronti in scena?
Il piccolo spazzacamino
Anna Giovanni dovresti essere nel ripostiglio! Vai dentro in fretta! Pronti, Maestro! Beatrice (La sig.na Bracco) “Su, avanti, i giochi raccogliamo! Presto, muovetevi! Ohibò! Nel ripostiglio li mettiamo! Cerchiamo di fare ordine un po’!” Anna (Giulietta) “Aaaaahhh!” Beatrice (La sig.na Bracco) “Ohibò, è svenuta! Ohibò, qui ci vogliono i sali! Ohibò, è caduta! Non state lì come pali!” Pamela (Rosa) “Prendiam l’acqua!... Qua, qua, qua! L’acqua spruzzatele sul viso! Ancora un po’! Ancora un po’! Portiamola a letto! Dell’acqua spruzzate sul viso un pochetto! Poi la sollevate e la portiamo a dormir nel suo letto!” Bambini “Giulietta giace! Forse muore? A noi non piace il suo pallore! In volto è più bianca che alabastro! Il cuore ci manca! Oh, che disastro!” Il maestro Ciascuno di voi deve fare molta attenzione alla mia bacchetta, altrimenti si troverà fuori strada!
Atto secondo
Monica Dobbiamo guardare di fronte a noi? Il maestro Non importa dove guardiate, purché vediate me! Rodolfo Dovremmo avere occhi anche dietro la testa! Norman Non essere così stupido, Rodolfo! Io sto guardando verso di te, ma posso vedere il direttore con la coda dell’occhio. Rodolfo Davvero? Si vede che sei strabico! Beatrice Ha finito con noi, Maestro? Il maestro Oh, no, non ancora: voglio che mi aiutate a provare la canzone della carrozza, per favore. Poi potete chiudere il sipario e prepararvi, mentre io provo le altre canzoni per il pubblico. Norman Accendi di nuovo i riflettori, Bruno! Tutti, la canzone della carrozza! Non preoccupatevi delle posizioni! Basta che cantiate! Il maestro Grazie a tutti! Ho finito con voi per alcuni minuti. Chiudete il sipario! Norman Fermi un momento! Signore, signori e bambini! Voglio dirvi da parte di
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tutti noi attori che siamo spiacenti di avervi fatto aspettare per la prova generale. Avete visto quanto abbiamo avuto da fare: montare le scene, creare l’illuminazione, provare e un’infinità di altri lavoretti. Ma finalmente ora siamo pronti: quando il Maestro avrà provato le altre canzoni per voi. Non vediamo l’ora di cominciare. Grazie per essere stati così pazienti, e arrivederci per il momento... Speriamo che la nostra piccola opera vi piaccia! Sipario! Chiudete il sipario! Tutti Arrivederci! Arrivederci a presto!
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Atto Terzo
CANZONE DELLO SPAZZACAMINO Pubblico Spazzacamino! Spazzacamino! Su, presto, all’opera di buon mattino! Coi tuoi compagni e col mulo in cammino! C’è in quella casa a cui siete diretti tanta fuliggine nei caminetti! Spazzacamino! Spazzacamino! Ecco Nerone venire col figlio, un giovanotto dal cupo cipiglio. Le loro grida si senton lontano; fanno spavento alla lepre e al fagiano. Spazzacamino! Spazzacamino! Sem vien con loro, che è ancora un bambino, dato dal padre allo spazzacamino. Oggi la mente ha piuttosto sconvolta: sale il camino per la prima volta. Spazzacamino! Spazzacamino! Passano un bosco foltissimo e nero, seguono un piccolo e arduo sentiero, van, fra cespugli, fra canne e fra giunchi, verso la casa, finché non son giunti. Spazzacamino! Spazzacamino! Nerone e Clementino Spazzacamino! Spazzacamino! Su, presto, all’opera di buon mattino! Con i compagni e col mulo in cammino! C’è in quella casa a cui siamo diretti tanta fuliggine nei caminetti! Spazzacamino! Spazzacamino! Spazzacamino!
QUARTETTO La sig.na Bracco Su, spazzate! Cominciate da codesto! Ohibò, Rosa! Non restare lì come un’oca! Su, spazzate e fate presto! Ohibò! La fuliggine da grattar via non sarà poca! Rosa Oh, mio Dio, quel bambino mi fa pena! Fa pena! Oh, mio Dio, poverino come è afflitto! Di tristezza sono piena! Trascinato come fosse un cane! No! Non ne hanno il diritto! Nerone e Clementino Come il cane al cacciatore così a noi serve il bambino! Non c’è arnese che migliore la pulizia sappia fare nel camino. La sig.na Bracco Attenzione! Che non mi sporchiate in giro! Se sporcate!... Se sporcate solo un poco state attenti che mi adiro! Ohibò! E allor l’avrete a far con me, e vedrete: non sarà un gioco! Rosa Oh, mio Dio, quel bambino l’han venduto! Venduto! Niente giochi, ma botte e imprecazioni! Come posso fargli aiuto? Maltrattarlo come fosse un cane! No! No, mascalzoni! Nerone e Clementino Smilzo e lesto è bene che sia
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per salire nel camino. Fa perfetta pulizia: che cosa importa se anche piange un pochino? DIALOGO La sig.na Bracco Ohibò! Svelta, Rosa! Mettiamo i teli anche nella camera appresso! Ohibò! Rosa Signor spazzacamino! Per l’amore del cielo, non mandi quel bambino su nel camino! Guardi come è pallido! Sta piangendo di paura!
Il piccolo spazzacamino
Nerone e Clementino Dentro il camino stacci un pochino, tingi il visino col carboncino, e un nero omino scenderà giù! RIMPIATTINO Gemelli Giulietta! Con Sofia Giulietta!
Nerone Paura? Dio ti benedica, ragazza; quelle sono lacrime di gratitudine! Non vede l’ora di salirvi. Non è vero, Sem?
Con Gianni Giulietta!
DUETTO
Con Gaio Giulietta!
Nerone e Clementino Ora, carino... Tremi, piccino? Vedi il buchino? Devi andar su! Via il vestitino! Mi dai il calcino? Mi dai il morsino? Devi andar su! Spazzacamino... Fai il birichino? Spazzacamino... Mi dai un bacino? Devi andar su!
Sofia Nell’armadio, nel guardaroba!
Nerone Gratta bene quella cappa, o ti arrostirò vivo!
Sofia Ugo!... Tina!...
Tutti Arriviamo! Gianni Nella stanza delle mele!
Gemelli Aspettateci! Gemelli Non è qui!
Atto terzo
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Gemelli Aspettateci!...
Sem Aiuto! Aiuto!
Gaio, Sofia e i gemelli In cantina!
Giulietta Chiama gli altri, svelto, Gianni!
Gianni Ti ho presa!
Gli altri Eccoli qui! Che cosa succede?
Giulietta Svelto, Gianni! Nasconditi anche tu! C’è posto per tutti e due!
Giulietta e Gianni Sssh!
Gemelli Gianni! Con Sofia Gianni! Con Gaio Dove sei?
Sem Aiuto! Sto soffocando! Giulietta Tiriamolo giù! Gianni Non possiamo aspettare!
Sem Aiuto! Aiuto! Sono bloccato!
Giulietta Tieniti strettissimo senza mollare, che noi la fune proviamo a tirare!
Giulietta e Gianni Che cos’è?
Bambini Pronto?
Sem Aiuto! Tiratemi giù!
Sem Pronto!
Giulietta È uno spazzacamino!
Giulietta Tiriamo la corda pian piano! Bisogna che arrivi giù sano!
Gianni Nella cappa!
SHANTY
Gli altri Gianni! Gianni! Dove sei?
Tutti i bambini Tira la corda pian piano per non fargli male!
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Tira! Piano! Tira la corda pian piano per non fargli male! Tira! Piano! Sem Non riesco! Giulietta Tiriamo più forte questa volta; ma non troppo!
Il piccolo spazzacamino
ENSEMBLE Sofia Come stai? Giulietta Dove hai battuto? Gianni Dovevam tirati giù.
Tutti Tira la corda più forte, ma non fargli male! Tira! Forte! Tira la corda più forte, ma non fargli male! Tira! Forte!
Gemelli Volevamo darti aiuto
Sem Sono ancora bloccato!
Sem Non mandatemi più su!
Giulietta Proviamo tutti insieme, contando: uno, due e tre!
Sofia Poverino!
Tutti Tira coi numeri: uno, due e tre! Tira coi numeri: uno, due e tre! Uno, due e tre! Uno, due e tre! Sem Owwwwwwwww!!! Bambini Ooooooohhhh! Gemelli con Sofia Lo abbiamo ucciso!
Con Gaio Volevamo darti aiuto!
Giulietta È piccolino! Gianni È piombato proprio giù! Gemelli Dalla cappa del camino! Con Gaio Dalla cappa del camino! Sem Non mandatemi più su! Non mandatemi più su!
Atto terzo
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Giulietta Se ora vien la governante...
Tutti Non andrai mai più lassù!
Gianni Non lo vuole!
RECITATIVO
Con Sofia Non lo vuole! Con Giulietta Oh. Gesù! Gemelli Lo consegna a quel furfante! Con Gaio Lo consegna a quel furfante! Sem Non mandatemi più su! Non mandatemi più su! Giulietta Qui ci vuol dell’intelligenza... Sofia e Gianni Far che non si trovi più!... Gemelli E il padrone andrà via senza! Con Gaio E il padrone andrà via senza! Tutti Non andrai mai più lassù! Non andrai mai più lassù! Sem Non mandatemi più su!
Gaio Nascondiamolo qui, fra i nostri giocattoli! Gianni C’è posto abbastanza per venti ragazzi! Gli altri Svelti, allora! Giulietta Ma aspettate un momento! Quelli devono credere che sia fuggito!... Sofia Attraverso la finestra!... Gemelli Giù per la pianta rampicante!... Gli altri bambini Vieni, piccolo spazzacamino! CANZONE A MARCIA Bambini Stampa le impronte per di qua, sulla poltrona e sul sofà: chi il tuo percorso seguirà nella tua fuga crederà! Passa poi sopra il canapè, sopra il tappeto ed il parquet: tutti dovranno creder che Sem è fuggito e più non c’è!
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Anche i gemelli Sulla finestra fa che sia bene evidente la tua scìa: segno che sei scappato via! Chi sta venendo? Chi sta venendo? Presto! Presto! Via! DIALOGO La sig.na Bracco Ohibò! Le undici e mezzo! Sveglia, fannulloni! Ohibò! Passate alle altre stanze! Nerone Abbaia proprio come un vecchio bracco da caccia. Con Clementino O come un vecchio trombone, non è vero? La sig.na Bracco Ohibò! Cosa è stato? Ohibò! La finestra aperta!?... CANZONE A MARCIA La sig.na Bracco, Nerone e Clementino Dalla finestra sul parquet… Sopra il tappeto e il canapé… Passano le orme sul sofà… Son di lui! Son di lui! È scappato! TERZETTO FURIOSO
Il piccolo spazzacamino
La sig.na Bracco, Nerone e Clementino Se sarà acciuffato le busse prenderà finché non avrà tutte le ossa rotte! Brutto disgraziato, a noi non la si fa: sul tuo groppone ne darem di botte! Nerone Se sarai acciuffato!... Disgraziato! Sentirai che botte!... Avrai le ossa rotte!... La sig.na Bracco Ohibò! Ohibò! I caminetti non sono finiti! Ohibò! Ohibò! Ohibò! Ohibò!... CANZONE DI ROSA Rosa Fuggi! Fuggi! Sii veloce! Svelto! Muovi i tuoi piedini! Senti la tremenda voce dei tuoi aguzzini! Lungo il fiume che costeggia la foltissima boscaglia corri! Mentre il grido echeggia della sordida canaglia! Corri, caro! Oh, non fermarti! T’inseguono come cani! Non hai più fiato? Se riescono a pigliarti, sventurato, sventurato! E nessuno che ti aiuti a sottrarti da coloro: da quei cani, da quei bruti che ti danno quel lavoro!
Nerone Sem!!!
RECITATIVO
Con Clementino Sem!!!
Gianni Cara Rosa!...
Atto terzo
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Sofia Oh, cara Rosa!...
Gemelli Nutrirlo!...
Gemelli Cara, cara, carissima Rosa!...
Sofia Il poveretto ha fame.
Rosa Che vuol dir ciò?
Giulietta Vedi, Rosa, non possiamo consegnarlo a quegli orribili spazzacamini, non ti pare?...
Bambini Ssssssssssssshhh! DIALOGO Rosa Santo cielo benedetto! Il piccolo spazzacamino! Bambini Il nostro piccolo spazzacamino! Rosa Cosa mi dirà la sig.na Bracco? Gaio Lei non lo sa… Gianni Non c’è bisogno che lo sappia… Giulietta E non deve saperlo! Gemelli Lui è un segreto! Rosa Ma cosa avete intenzione di fare di lui?
Bambini No! Giulietta … Non possiamo neppure dirlo alla mamma, perché è via… Gaio È andata incontro a papà. Gemelli … Non possiamo naturalmente dirlo alla sig.na Bracco… Giulietta … Così tu sei la sola persona grande a cui possiamo dirlo! Rosa Va tutto bene per te, Giulietta, e per Gaio e per Sofia; ma devo ricordarvi che io e i vostri cugini siamo solo degli ospiti in questa casa… Giulietta Lasciamo stare i cugini e gli ospiti! Questo è il nostro ultimo ospite, e quando tu hai un ospite che ha freddo e fame ed è coperto di fuliggine da capo a piedi, che cosa gli fai prima di tutto?
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Il piccolo spazzacamino
Gemelli Gli fai un bagno!
Rosa Va bene…
Gaio Sì, un bel bagno!
Gemelli Noi prenderemo la vasca da bagno e un catino nel solaio!...
Sofia Ma come la mettiamo con la sig.na Bracco? Gianni Oh, chi se ne importa della sig.na Bracco!
Gianni Io aiuterò a portare l’acqua!... Gaio Io accenderò il fuoco!...
Rosa Beh, per un po’ possiamo anche non preoccuparci di lei: l’ho vista attraversare il cortile con gli stivali…
Giulietta Io prenderò sapone e asciugamani!... È tutto chiaro?
Gianni Urrah! Sta inseguendo gli spazzacamini!
Tutti Sì!
Gaio Così abbiamo almeno un’ora a disposizione per…
Giulietta Allora rimani nel tuo nascondiglio, Sem, e fra cinque minuti saremo di ritorno per la “Scena della grande trasformazione”! Andiamo!...
Rosa Non so se stai facendo bene, Giulietta… Giulietta Ma guardalo! Ha o non ha bisogno di un bagno?
Tutti Andiamo!... PUBBLICO
Bambini Sì! Rosa Vorresti fare un bagno, Sem? Sem Oh, sì! Grazie! Giulietta Allora va a riempire i secchi, Rosa…
INTERLUDIO CANZONE DEL BAGNO DI SEM Si accenda un bel fuoco! Sveltissimi, orsù! Le pentole un poco si mettono su! Dobbiamo lavare costui che ad ogni costo
Atto terzo
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vogliamo salvare e tenere nascosto! Noi ci affaccendiamo con molta allegria, e l’acqua portiamo, scaldata che sia, a Rosa, che aspetta, con vasca e catino, per far la toeletta allo spazzacamino. Poi Sem vien tuffato, sembra uno zulù: lo sporco è grattato, vien via e non c’è più. E Rosa in gran festa l’ha tutto lavato dai piedi alla testa, che pare un bucato! Lo sporco è sparito; ragione per cui Sem vien rivestito, e non sembra più lui. Nei nuovi indumenti si gongola altero; son tutti contenti che non sia più nero.
Oh, che bella festa! Oh, che bella festa! Oh, che…
Bambini e Rosa È forse la neve men bianca di te. La veste è più lieve di quella testé. Non sei il poverello di prima, perché sei ora più bello del figlio di un re. Non più la tristezza, bensì l’allegrezza! Oh, che bella festa!
Gianni E dov’è la tua casa?
Sem A tutti grazie! DIALOGO Rosa Svelti bambini! Dobbiamo ripulire la stanza prima che ritorni la sig.na Bracco. Giulietta Un momento, Rosa! Dimmi, Sem, hai il babbo e la mamma? Sem Sì, signorina. Gaio E dove sono? Sem A casa…
Sem A Valchiappina. Rosa Valchiappina? Ma io vengo da un paese vicino a Valchiappina! Di chi sei figlio? Sem Il papà si chiama lo Sparuto, il carrettiere.
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Rosa Giosuè lo Sparuto, quello che sta in quel piccolo campo? Sem È lui, signorina. Giulietta E lui ti ha venduto a quel cattivo spazzacamino? ... Gianni Venduto!?... Sofia Per denaro!?... Gaio Venduto suo figlio!?... Gemelli Come ha potuto!? Sem Non voleva, ma si è rotto un fianco durante l’ultima trebbiatura, e non c’era niente da mangiare… Rosa Pover’uomo! Bambini Povero Sem! Sem Ma è ora che io cominci a lavorare, mi dicono. Compirò nove anni il prossimo compleanno. Bambini Soltanto nove!...
Il piccolo spazzacamino
CANZONE Rosa Sei solo un bambino e già spazzacamino! Sofia Già spazzacamino così bambino? Tutti E la mamma e il babbo stan così lontano! Sem Tanto lontano! Gianni Sei stato venduto, infelice, a quel bruto! Gaio Perché a quel bruto ti han venduto? Tutti Il tuo paese è molto lontano Sem Tanto lontano! Giulietta Per esser sfruttato ti hanno comprato! Gemelli Ti hanno comprato e poi sfruttato?
Atto terzo
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Tutti La tua casetta è lontano lontano!
Gaio No, vedrai che non soffocherà!
Sem Tanto lontano!
Giulietta Potrete farlo uscire non appena sarete lontani da qui.
DIALOGO
Rosa Non riesco a immaginare quello che vi diranno vostro padre e vostra madre
Gianni Io ho un’idea! Giulietta Quale? Gianni Rosa! Quando farai i nostri bauli? Rosa Questa notte, quando voi sarete a letto. Gianni Vuoi lasciare un po’ di spazio in cima al mio? Gaio Capisco! Mettere Sem nel baule... Giulietta E portarlo a casa con voi! Sofia Oh, sì! Gemelli Urrah! Rosa Ma soffocherà nel baule!...
Gianni Ci aiuteranno! Sono sicuro che ci aiuteranno! Rosa E dove lo terrete questa notte? Gaio Nel ripostiglio! È l’unico posto. Gemelli Svelti! Svelti! Sta arrivando! Giulietta Chi sta arrivando? Gemelli La sig.na Bracco! Gaio Dov’è? Sofia Sta attraversando il cancello del giardino! Tutti Via! Nascondiamo Sem! Puliamo la stanza!
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PANTOMIMA E SCENA
Il piccolo spazzacamino
Ancora un po’! Ancora un po’! Portiamola a letto!
RECITATIVO ED ARIA La sig.na Bracco Ah!... Cani! Brutti! Perfidi!... Oh! I miei piedi… Ahi!... Ahi!... Furfanti! Farmi correre così!... Oh!... Che male!... Mai! Mai mi era successo!... “Tornate! Tornate e finite il lavoro!”. Chiamavo! Gridavo!... E quelli, macché!... Ma riderà bene chi riderà per ultimo! Ed il puro di spirito trionferà! Che accusa!... Furfanti!... Accusare me di avergli nascosto il servo!... Che accusa!... Furfanti!... Magari quel moccioso l’avessi qui fra le mani!... Ma che disordine!... Come mai?... Aiutatemi! Su! Ohibò! Guarda che macchie sulle tende! Guarda che sporco sul parquet! Non hai sbrigato le faccende! Ah! Non c’è pigro peggio di te! Guarda che schifo quel caminetto! Uh! Che macello! Guarda qui! Dite se neanche un gabinetto può esser sudicio così! Su avanti, i giochi raccogliamo! Presto, muovetevi! Ohibò! Nel ripostiglio li mettiamo: cerchiam di fare ordine un po’! Giulietta Aaaaahhh! La sig.na Bracco Ohibò, è svenuta! Ohibò, qui ci vogliono i sali! Ohibò, è caduta! Non state lì come pali! Prendiam l’acqua!... Qua, qua, qua! L’acqua spruzzatele sul viso!
Rosa Dell’acqua spruzzate sul viso un pochetto! Poi la sollevate e la portiamo a dormir sul letto! Bambini Giulietta giace: forse muore? A noi non piace il suo pallore! In volto è bianca che alabastro! Il cuore ci manca! Oh, che disastro! Bambini Su, portatela di là: sul suo letto si riavrà con i sali ed un cognac! È successo un patatrac! Il termometro dirà se ha la febbre; e se ce l’ha fate berle del caffè. Gianni Coraggio Sem! Che domani sarai libero! Bambini Di Giulietta in verità, molto il merito sarà se costui si salverà. Più nessun lo cercherà! Che felicità! Hip, hip, hurrà!
Atto terzo
INTERLUDIO
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Giulietta Uova fritte col prosciutto!
CANTO NOTTURNO Pubblico Il gufo, uccello infido, fa intendere dal nido il suo sinistro grido: Tu-whuuu! Tu-whuuu! L’airone al suo compagno, sull’orlo dello stagno, esprime il proprio lagno: Kaaaah! Kaaaah! Alla colomba bianca di voce non ne manca, se canta e mai si stanca: Pruuuuh! Pruuuuh! Ed il fringuello invia, volando in compagnia, un canto d’allegria: Pink! Pink! Pink! Si canta a nord e a oriente, a sud e ad occidente, ed incessantemente! Tu-whuuu! Tu-whuuu! Kaaaah! Kaaaah! Pruuuuh! Pruuuuh! Pink! Pink! Pink! Il sole è ormai ardente. Il canto dolcemente svanire lo si sente. Tu-whuuu! Tu-whuuu! Kaaaah! Kaaaah! Pruuuuh! Pruuuuh! Pink! Pink! Pink! DIALOGO Rosa Pronta, Sem, la colazione!
Rosa Stavi stretto in quel cantone!... Giulietta Ma hai dormito dopotutto! Rosa Svelto, Sem! Fra pochi istanti giungeranno tutti quanti! Giulietta Prendi, Sem, hai fame, no? Sem Oh, sicuro che ce l’ho! Giulietta Io il baule qui preparo, ed intanto mangia, caro. Giulietta Ormai bisogna prepararsi... Noi ci diremo: arrivederci!... E poi... Vedremo la carrozza allontanarsi... Allontanarsi Sem da noi... Eri nero, povero innocente! Facevi brutto assai, in verità! E adesso sei pulito e rilucente! Sei tu quello stesso di poco fa? Finalmente tu sei libero, grazie a Dio! Da quel lavoro là, che maledico! Ti offriamo un dono, Sofia, Gaio ed io, segno di affetto per il nuovo amico.
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DIALOGO Sem Oh, no signorina! Non posso accettarle, veramente non posso, anche se è molto gentile da parte vostra... Giulietta Suvvia, Sem, non fare complimenti! Sem Ma non ho mai visto così tanto denaro in vita mia!
Il piccolo spazzacamino
Gaio Salve, Sem, sei un gran bel fusto! Osteria! Ci ho provato proprio gusto! Sem Salve! Salve! Gemelli Salve, Sem, che bella cera! Non hai più la faccia nera! Tutti i bambini Salve, Sem!
Giulietta Allora mettilo in tasca e sarai un uomo ricco!
Sem Salve! Salve!
Sem Oh, ma signorina...
DIALOGO
Giulietta Svelto! Ecco gli altri che vengono!
Gianni La carrozza sta arrivando Gaio Salta dentro il baule!
ENSENBLE Gianni Salve, Sem, ti trovo bene! Partiremo tutti insieme! Sem Salve! Salve! Sofia Salve, Sem, che bel bambino! Non sei più spazzacamino! Sem Salve! Salve!
Rosa Andrò a prendere i vostri cappotti, i berretti e le sciarpe. Giulietta Salta dentro! Gaio Prendi con te un po’ di pane e burro Giulietta Arrivederci, caro Sem, e buona fortuna! Sofia Arrivederci, caro Sem!
Atto terzo
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Gaio Tanta buona fortuna Sem!
La sig.na Bracco Ohibò! Andiamo, giovanotti!
Rosa In fretta, bambini! La carrozza è alla porta!
Tommaso Piano, signorina, con la briglia di comando! Come va con il braccio destro, Alfredo, vecchio mio?
Sofia Svelti! Svelti! Svelti! Sento delle voci! Gaio Finito! Giulietta Stai bene, Sem? Sem Si, grazie, signorina, sto molto comodo. La sig.na Bracco Ohibò! Andiamo, voi due! E attenzione alle pareti, altrimenti so io come sistemarvi!... Ohibò! Tommaso Auf! Queste scale mi hanno tolto il fiato! Auf! Alfredo Terribili le vecchie case per le scale, questa poi! La sig.na Bracco Quello è il baule e attenti agli angoli! Ohibò! Tommaso Ehilà, signorina! Mica c’è bisogno di frustare il cavallo che va! Ci pensa da solo! Alfredo Quelle scale sono state un colpo per la mia lombaggine!
Alfredo Sono le reni che mi rovinano, Tommaso. Lo spirito è pronto, ma le reni mi dicono: “Attento, Alfredo, attento!”. Tommaso Proviamo a dare uno strappetto a quel vecchio baule? Alfredo Non c’è fretta Tommaso. Con calma. Tommaso Allora, vecchio mio, mettiamoci d’accordo. Quando dico “tre” solleviamo; hai ben capito?: “Uno, due e tre”, e quello vola come un cavallo alato. TERZETTO E ENSEMBLE Tommaso Pronto, Alfredo? Alfredo Tira su! Tommaso Mo’ provvedo. Alfredo Sei un po’ giù.
140
Il piccolo spazzacamino
Tommaso Conta, Alfredo!
La sig.na Bracco Non è mica di cemento! Non scherzate, che se no!...
Alfredo Conta tu!
Alfredo e Tommaso È inchiodato al pavimento! No, no, no, no, non si può!
Tommaso Uno, due e tre oh!... Alfredo Non vien su! Tommaso Ora, Alfredo, conta tu! La sig.na Bracco Su, Tommaso e Alfredo! Alfredo Uno, due e tre oh!...
La sig.na Bracco Come può qualche indumento pesare così tanto! Ohibò! RECITATIVO Tommaso Non riusciamo! Alfredo È pesante! La sig.na Bracco Ohibò! Pesante non è!
Tommaso Non c’è verso che venga su!
Tommaso Lei dovrà disfarlo!
La sig.na Bracco Svelti! Va portato giù!
La sig.na Bracco Siete matti da legare!
Alfredo Che c’è dentro?
Tommaso Allora starà lì!
Tommaso Che ci sarà?
La sig.na Bracco Impertinente!
Alfredo Come mai non ce la si fa?
Tommaso O il baule vien disfatto
Tommaso Sembra quasi che sia un monumento!
Con Alfredo o se no starà dov’è!
Atto terzo
Tutti i bambini Oh, no! Tommaso e Alfredo Oh, si! Bambini Oh, no! Tommaso e Alfredo Oh, si! Rosa Signor Tommaso, vi aiuteremo noi! Bambini Si, vi aiuteremo! Tommaso Questo è un gentile pensiero, molto gentile. Non è vero, Alfredo? Alfredo Si, molto gentile. Rosa Su, presto, tutti qui!
141
La sig.na Bracco Non così! Non così! Attenti! Procedete piano! Procedete piano! Attenti! Attenti! Attenti! Attenti! Attenti!... DIALOGO Bambini e Rosa È andato, grazie al cielo, per la sua strada! E grazie a voi per la bella vacanza! Arrivederci, miei cari, arrivederci! Gaio Svelta! Apri la finestra! Giulietta Guarda! Ecco il baule! Lo stanno mettendo sulla carrozza! Sofia È in salvo, finalmente! Sem è salvo! Gaio Ecco che vengono gli altri! Salgono sulla carrozza!
Bambini Si, eccoci qui!
Giulietta, Gaio e Sofia Arrivederci Rosa! Arrivederci Gianni! Arrivederci gemelli!
ENSEMBLE
Gli altri Arrivederci! Arrivederci!
Tutti Ecco va! Hip, hip, hurràh! Ecco va! Hip, hip, hurràh! Molte mani, per davvero, il lavoro fan leggero!
Giulietta, Gaio e Sofia E arrivederci Sem, caro Sem! Gaio Tommaso è a casetta!...
142
Giulietta Sta alzando la frusta!... Tutti e tre E se ne vanno via! CANZONE DELLA CARROZZA Tutti gli attori È pronto a partire, s’ode nitrire, scalpita già il cavallo ecco qua! Col pubblico È qua! È qua! Scalpita già? Il cavallo galopperà. Tutti gli attori Con una frustata ben assetata, eccolo là il cavallo che va! Col pubblico È là! È là! Che cosa fa? Il cavallo galoppa già. Tutti gli attori Ognuno è evidente quello che sente; mostra che ha una gran felicità! Col pubblico Mostra... Mostra... Che cosa mostra? Una gran felicità!
Il piccolo spazzacamino
Tutti gli attori Son tutti gli amici allegri e felici: van via di quattordici dando a Sem la libertà! Col pubblico Van via! Van via! Come vanno via? Dando a Sem la libertà! Tutti gli attori Così questa storia termina in gloria! Hai visto, tu, cosa sia la virtù? Col pubblico Gloria! Gloria! Che vuol dir la storia? Che chi vince è la virtù. Tutti gli attori col pubblico Virtù! Virtù! Che è la virtù? Non voler la servitù! Dunque vada in libertà tutta la comunità! Arrivedervi! Viva la libertà!
Illustrazione di Francesca Ballarini
Nel 1819 cento maceratesi decisero di costruire una struttura per il gioco del pallone al bracciale, allora molto in voga, fondando la Società Civile dello Sferisterio. Da allora l’arena è al centro della vita culturale e sociale dei cittadini. Gli Eredi dei “cento consorti”, nel marzo del 1985, cedettero gratuitamente la struttura all’Amministrazione comunale e alla cittadinanza, continuando, comunque e con il medesimo spirito dei fondatori, a sostenere la vita culturale della città, con l'attenzione rivolta ai vari generi di spettacolo, musica, arte, cinema e, naturalmente, alla stagione operistica. Quest’anno si è scelto di sostenere la realizzazione di un’opera, prodotta dal Macerata Opera Festival, nella ricorrenza dei cento anni dalla nascita di uno dei più prolifici compositori inglesi dell'ultimo secolo, Benjamin Britten, che si tiene al Teatro Lauro Rossi, per la regia di H. Brockhaus e la fattiva collaborazione dei giovani studenti dell'Accademia di Belle Arti della nostra città, opera in tre atti di profondo significato umano e compositivo, a suo modo innovativa nell'uso strumentale e vocale. La Società Civile dello Sferisterio eredi dei cento consorti si augura che lo spettacolo riceva l’attenzione che merita, susciti interesse e piacere agli appassionati. Questo pensiero ci gratifica e ci sostiene per il futuro. www.centoconsorti.it
SFERISTERIO 8 agosto - ore 21.00
Sogni di una notte di mezza estate Festa teatrale da Mendelssohn a Britten Felix Mendelssohn Bartholdy, Ein Sommernachtstraum op.61 Musik zu Shakespeares Schauspiel - Sogno di una notte di mezza estate Edizioni Breitkopf, Wiesbaden - Rappresentante per l’Italia Casa Ricordi, Milano Benjamin Britten, The Midsummer Night’s Dream op. 64 - Sogno di una notte di mezza estate Edizioni Boosey & Hawkes, London - Rappresentante per l’Italia Casa Ricordi, Milano I due sogni si basano su testo di William Shakespeare Lella Costa Carmela Remigio Gabriella Sborgi Blagoj Nacoski Haris Andrianos Andrea Concetti Pervin Chakar Rasha Talaat Mariangela Marini
Puck Helena Hermia Lysander Demetrius Bottom Tytania Prima fata Seconda fata
Direttore Christopher Franklin Messa in scena Francesco Micheli Progetto scenico Accademia di Belle Arti Macerata Maestro del coro di voci bianche Gian Luca Paolucci Maestro del coro David Crescenzi Fondazione Orchestra Regionale delle Marche Coro di voci bianche Pueri Cantores “D. Zamberletti” Coro Lirico Marchigiano “V. Bellini”
149 Direzione di scena Mauro De Santis, Luisella Caielli, Chiara Cirilli Direttore musicale di palcoscenico Gianfranco Stortoni Maestro di sala Andrea Del Bianco Altro Maestro Cesarina Compagnoni Maestro alle luci Melissa Mastrolorenzi Maestro ai sopratitoli Natalia Giro Responsabile allestimento e servizi di palcoscenico Enrico Sampaolesi Logistica Giorgio Alici Biondi Scenografo realizzatore Serafino Botticelli Capo macchinista Secondo Caterbetti Capo elettricista Fabrizio Gobbi Responsabile sartoria Simonetta Palmucci Responsabile vestizioni Maria Antonietta Lucarelli Capo attrezzista Emanuela Di Piro Capo squadra aiuti tecnici Mauricio Cesar Pasquali Responsabili parrucco Serena Mercanti Responsabile trucco Raffaella Cipolato Direttore di sala Marco Coltorti Fotografo Alfredo Tabocchini Allestimento Macerata Opera Festival - Pellegrini Garden, Civitanova Marche (Mc) Per l’Accademia di Belle Arti di Macerata hanno collaborato Paolo Andrenucci, Laura Perini, Licia Tofani Costumi Macerata Opera Festival - Tombolini, Urbisaglia (Mc) Illuminotecnica Etabeta, Ancona - Fonica AMS, Macerata Sopratitoli Macerata Opera Festival e Università di Macerata, con il supporto tecnico di Sub-Ti, Londra
150 SOGGETTO
Alla corte di Atene, il duca Teseo sta per sposare la regina delle Amazzoni, Ippolita. Davanti a lui compaiono il nobile Egeo, sua figlia Ermia e due giovani ateniesi, Demetrio e Lisandro, entrambi innamorati della fanciulla. Da parte sua, la ragazza è innamorata di Lisandro, mentre la sua amica Elena ama, non corrisposta, Demetrio. Egeo, tuttavia, ha promesso la figlia in sposa a Demetrio e, secondo la legge di Atene, la giovane è costretta ad accettare la decisione paterna oppure a prendere il velo monacale. Ermia decide allora di fuggire con Lisandro nei boschi, dove le leggi non possono raggiungerli. Elena mette al corrente Demetrio della fuga dei due e l’uomo, innamorato di Ermia, li insegue, rincorso a sua volta da Elena. Altre sono le leggi della foresta; ad amministrarle ci sono Oberon, re degli elfi, e la moglie Titania, regina delle fate. I due consorti sono in lite ed egli si vendica spremendole sugli occhi il succo del fiore vermiglio di Cupido, che fa innamorare della prima persona che si incontra al risveglio. Visti poi Demetrio ed Elena sperduti nel bosco, Oberon ordina al folletto Puck di stregare Demetrio con lo stesso filtro, affinché si innamori di Elena. Puck, per errore, versa però il filtro sugli occhi di Lisandro, che al risveglio vede Elena ed inizia ad amarla. Oltre alle due coppie di innamorati e al popolo delle fate, nel bosco di Atene c’è anche un gruppo di artigiani, capeggiati da Nick Bottom, che frequenta la foresta per svago. Puck, infastidito da quella presenza molesta, opera un incantesimo, trasformando la testa di Bottom in quella di un asino: ed è proprio di lui che, svegliandosi, Titania s’innamora, sotto l’effetto del filtro d’amore. Oberon e Puck assistono divertiti agli equivoci scaturiti dai loro incantesimi, poi iniziano a sistemare le cose, liberando Titania e Bottom dai rispettivi incanti.
Sogni di una notte di mezza estate Oberon, inoltre, accortosi dell’errore di Puck, mette del succo sugli occhi di Demetrio, per far sì che ami Elena. Ora Lisandro e Demetrio, entrambi innamorati della stessa donna, si accapigliano tra loro. Puck, allora, fa scendere una nebbia fatata sul bosco e, mentre i quattro ragazzi dormono, utilizza il filtro d’amore per far sì che Lisandro ami di nuovo Ermia. Ora tutto è a posto: Oberon e Titania sono riconciliati, mentre le due coppie non sono più spaiate. Teseo trova i giovani addormentati al limitare del bosco. Verranno celebrati tre matrimoni: Teseo e Ippolita, Elena e Demetrio, Lisandro ed Ermia. A suggellare il lieto fine, entra in scena Puck e dice al pubblico che, se non ha gradito lo spettacolo, può far finta di aver dormito e considerare la rappresentazione un prodotto dei sogni.
Soggetto SYNOPSIS
Theseus, the Duke of Athens, is preparing for his marriage to Hippolyta, the Queen of the Amazons. The Athenian nobleman Egeus, his daughter Hermia and two young men, Demetrius and Lysander, appear before him at court. Both men are in love with Hermia, but she is in love with Lysander. Her friend, Helena, loves Demetrius who no longer returns her feelings. Egeus has already chosen Demetrius as his daughter’s suitor and by Athenian law, the young woman must either accept her father’s decision or enter a convent. Hermia decides to flee with Lysander to the forest, far from the laws of the city. Helena tells Demetrius of the elopement and he leaves in pursuit of his intended bride and her lover. Helena follows behind him. The laws of the forest are different. They are managed by Oberon, the fairy king, and his queen Titania. The two spouses are locked in a dispute and Oberon decides to seek revenge by sprinkling the juice of Cupid’s vermilion flower on the sleeping Titiana’s eyelids to make her fall in love with the first creature she sees upon waking. When Oberon sees Demetrius and Helena lost in the forest he orders his elf, Puck, to bewitch Demetrius with the same potion so that he will fall in love with Helena. Puck mistakenly places the juice of the magic flower on Lysander’s eyelids and upon waking he falls madly in love with Helena. Besides the two couples of lovers and all the Fairies, there is a group of craftsmen lead by Nick Bottom, amusing themselves in another part of the forest. Puck, bothered by their disturbing presence, casts a spell by turning the head of Nick Bottom, the weaver of the group, into that of a donkey: once awake, Titania, under the effects of the love potion, falls in love with him.
151 Oberon and Puck delight in the mayhem and confusion they have caused but decide to release Titania and Bottom from their spells. Oberon, aware of Puck’s mistake, applies some juice on Demetrius’ eyelids in order to make him love Helena. Lysander and Demetrius are now in love with same woman and start fighting over her. Puck makes a thick fog rise and while the four are sleeping, he uses the love poison so that Lysander will love Hermia again. In the morning all is well: Oberon and Titania are reconciled and the two young couples are back together. Theseus discovers the sleeping lovers in the forest. Three weddings will be celebrated: Theseus and Hippolyta, Helena and Demetrius, Lysander and Hermia. Only Puck remains on stage to seal the happy ending and he tells the audience that if they did not enjoy the show, they can pretend that what they just experienced might be nothing but a dream.
152 DIE HANDLUNG
Am Hof von Athen bereitet sich der Graf Theseus auf seine Hochzeit mit der Königen der Amazonen, Hyppolyta vor. Vor ihm erscheinen der Adlige Egeus, dessen Tochter Hermia und zwei junge Athener, Demetrius und Lysander, diese beiden sind in die junge Frau verliebt. Diese ist ihrerseits in Lysander verliebt, während ihre Freundin Helena in Demetrius verliebt ist, der sie aber nicht liebt. Egeus hat die Hand seiner Tochter Demetrius versprochen und nach dem Gesetz von Athen, ist sie gezwungen sich der väterlichen Entscheidung zu unterwerfen, oder aber den Schleier zu wählen und sich ins Kloster zurück zu ziehen. Hermia beschliesst mit Lysander zu fliehen und in den Wäldern zu leben, wo die Gesetze sie nicht erreichen können. Helena berichtet Demetrius von diesen Plänen und dieser, in Hermia verliebt, folgt den beiden und er wird seinerseits von Helena verfolgt. Im Wald herrschen andere Gesetze: Diese werden von Oberon, dem König der Elfen und seiner Frau Titania, der Königin der Elfen verwaltet. Die beiden streiten und er rächt sich bei ihr, indem er ihr den zinnoberroten Saft der Cupidoblume in die Augen spritzt. Dieser Saft macht, dass man sich in die erste Person verliebt, die man beim Aufwachen sieht. Nachdem Oberon auch Demetrius und Helena im Wald gesehen hat, befiehlt er Puck, Demetrius mit dem selben Liebestrank zu verzaubern, damit dieser sich in Helena verliebt. Puck sprüht aber versehentlich den Trank in die Augen Lysanders, der nach seinem Aufwachen Helena sieht und sich in sie verliebt. Abgesehen von den Liebespaaren, leben im Wald auch eine Gruppe von Handwerkern, die von Nick Bottom angeführt werden, der aus Spass im Wald lebt. Puck, den dieser nervige Typ stört, verzaubert den Kopf Bottoms in einen Eselskopf. Und ausgerechnet in ihn verliebt sich Titania, als sie aufwacht und ihn sieht.
Sogni di una notte di mezza estate Oberon und Puck wohnen amüsiert den Missverständnissen bei, die sie durch ihre Zauberkünste ausgelöst haben. Dann bringen sie aber die Sachen wieder in Ordnung und fangen bei Titania und Bottom an – sie erlösen die beiden von ihrer Verzauberung. Oberon hat ausserdem den Fehler Pucks bemerkt und spritzt noch ein bisschen Liebestrank auf die Augen von Demetrius, damit dieser sich in Helena verliebt. Nun sind beide Männer in Helena verliebt und raufen sich. Puck lässt daher einen Zaubernebel kommen und während die vier jungen Leute schlafen, benutzt er den Trank, damit Lysander wieder Hermia liebt. Jetzt ist alles in Ordnung. Theseus findet die Schlafenden am Waldrand – es werden drei Hochzeiten gefeiert: Theseus und Hyppolyta, Helena und Demetrius und Lysander und Hermia. Um das glückliche Ausgehen zu besiegeln, wendet sich Puck ans Publikum und sagt ihnen, sie können gerne so tun, als haben sie geschlafen, falls ihnen dieses Ende nicht gefällt und es als ein Produkt ihrer Träume ansehen.
Soggetto SUJET
Thésée, le duc d’Athènes, est sur le point d’épouser devant sa cour Hippolyte, reine des Amazones. Devant lui, se tiennent Egée, un gentilhomme, sa fille Hermia et deux jeunes athéniens Démétrius et Lysandre, tous deux amoureux de la jeune fille. Celle-ci, de son côté, aime Lysandre, tandis que son amie Héléna est amoureuse, sans retour, de Démétrius. Mais Egée a promis la main de sa fille à Démétrius et, selon la loi d’Athènes, la jeune fille est contrainte à se soumettre à la décision paternelle ou à prendre le voile. Hermia décide alors de s’enfuir dans les bois avec Lysandre, là où les lois ne pourront les rattraper. Héléna révèle à Démétrius la fuite des deux amants et le jeune homme, amoureux d’Hermia, part à leur poursuite, poursuivi à son tour par Héléna. Mais il existe d’autres lois de la forêt: c’est au roi des elfes, Obéron, et à son épouse, la reine des fées Titania de les administrer. Les deux époux se disputent et Obéron se venge alors en versant sur les yeux de son épouse le suc de la fleur vermeille de Cupidon qui peut rendre une personne amoureuse de la première créature qui lui apparaît au réveil. Plus tard, voyant Démétrius et Héléna perdus dans les bois, Obéron ordonne à Puck, son lutin, de jeter un sortilège à Démétrius avec ce même philtre d’amour afin qu’il tombe amoureux d’Héléna. Mais Puck se trompe et répand le philtre sur les yeux de Lysandre qui, au réveil, aperçoit Héléna et en tombe amoureux. En plus des deux couples d’amants et du peuple des fées, dans les bois d’Athènes, se trouvent également un groupe d’artisans avec en tête Nick Bottom, qui s’amuse à fréquenter les bois. Puck, agacé par cette présence fastidieuse, change la tête de Bottom en tête d’âne; c’est justement de lui que, sous l’effet du philtre d’amour, Titania tombe amoureuse à son réveil. Obéron et Puck assistent, amusés, aux équivoques décou-
153 lant de leurs maléfices et commencent à arranger les choses en délivrant Titania et Bottom de leurs sortilèges respectifs. D’ailleurs Obéron, s’apercevant de l’erreur de Puck, répand le suc magique sur les yeux de Démétrius pour qu’il tombe amoureux d’Héléna. Lysandre et Démétrius, maintenant épris de la même femme, en viennent aux mains. Mais Puck fait descendre un brouillard enchanté sur les bois et pendant que les quatre jeunes gens sont endormis, se sert du philtre d’amour pour que Lysandre puisse à nouveau aimer Hermia. Tout s’arrange maintenant : Obéron et Titania se sont réconciliés et les deux couples sont de nouveau assortis. Thésée trouve les quatre jeunes gens endormis à l’orée du bois. Trois mariages seront finalement célébrés: Thésée et Hippolyte, Démétrius et Héléna, Lysandre et Hermia. Afin de sceller l’heureux dénouement, Puck entre en scène et s’adresse aux spectateurs en leur disant que si le spectacle ne leur a pas plu, ils peuvent toujours faire semblant d’avoir dormi et se dire que le spectacle n’est qu’un pur produit de leurs rêves.
155
Act I
Atto primo
MENDELSSOHN Ouverture “Allegro di molto”
BRITTEN
Fairies 1 Over hill, over dale, throughout bush, throughout briar over park, over pale, thorough flood, thorough fire we do wander everywhere.
Fate 1 Per colli e valli, macchie e praterie, per parchi e prati, tra onde e fiamme, noi siamo ovunque.
Fairies 2 Over hill, over dale, throughout bush, throughout briar over park, over pale, thorough flood, thorough fire we do wander everywhere.
Fate 2 Per colli e valli, macchie e praterie, per parchi e prati, tra onde e fiamme, noi siamo ovunque.
Fairies 1 Swifter than the Moon’s sphere; and we serve the fairy queen, to dew her orbs upon the green cowslips tall, her pensioners be.
Fate 1 Rapidi come un raggio di luna, serviamo delle fate la regina, imperliamo di rugiada i sentieri dove lei s’incammina primule e fiori le son servitori.
Solo fairies In their gold coats, spots you see, those be rubies, fairy favours, in those freckles live their savours.
Fate solista Sui loro manti d’oro ci sono macchie, sono rubini, dono delle fate, di primavera profumate.
156
All fairies We must go seek some dew-drops here, and hang a pearl in every cowslip’s ear.
Sogni di una notte di mezza estate
Tutti Andiamo cercando di rugiada una stella per ornare d’ogni fiore la corolla.
MENDELSSOHN Elves’ March - Marcia degli Elfi “Allegro vivace”
BRITTEN Lysander Fair love, you faint with wandring in the wood, and to speak truth, I have forgot our way. We’ll rest us Hermia, if you think it good, and tarry for the comfort of the day.
Lisandro Mio dolce amore, sverrai se camminiamo ancora, ed ho dimenticato la strada. Fermiamoci, Ermia, e riposiamo fino allo spuntare del giorno.
Hermia Be it so, Lysander; find you out a bed. For I upon this bank will rest my head
Ermia Va bene, Lisandro; cercati un giaciglio. Io mi stenderò qui.
Lysander One turf shall serve as pillow for us both. One heart, one bed, two bosoms, and one troth.
Lisandro Una sola zolla ci farà da cuscino. Un cuore, un letto, due anime, e un amore.
Hermia Nay, good Lysander, for my sake, my dear, lie further off yet, do not lie so near. So far be distant, and good night, sweet friend; thy love ne’er alter, till thy sweet life end.
Ermia No, buon Lisandro, ti prego, dormi un po’ più in là, non così vicino. Allontanati e buona notte, caro amico. Che il tuo amore duri per sempre.
Lysander, Hermia Amen to that fair prayer, say I, and then end life, when I end loyalty.
Lisandro, Ermia E così sia, che la tua preghiera possa avverarsi, e che io muoia, se la fedeltà vien meno.
Act I
157
Puck Through the forest have I gone, but Athenian found I none, on whose eyes I might approve this flower’s force in stirring love. Night and silence; who is here? Weeds of Athens he doth wear; this is he (my master said) despised the Athenian maid: churl, upon thine eyes I throw all the power this charm doth owe: so awake when I am gone: for I must now to Oberon.
Puck Ho percorso l’intera foresta, ma di Ateniesi neanche l’ombra. A chi spargere sugli occhi questo fiore dell’amore? Notte e silenzio; chi c’è qui? Porta panni ateniesi. Costui (dice il mio padrone) disprezza la fanciulla di Atene. Zotico, ti getto sul viso tutto il potere della magia. Risvegliati quando sarò già partito, ora Oberon m’attende.
Hermia Amen, amen to that fair prayer, say I.
Ermia E così sia, possa la tua giusta preghiera venire ascoltata.
Helena Stay, tho’ thou kill me, sweet Demetrius.
Elena Fermati, foss’anche per uccidermi, dolce Demetrio!
Demetrius I charge thee, hence, and do not haunt me thus.
Demetrio Vattene, smettila di seguirmi, è un ordine!
Helena O, wilt thou darkling leave me? Do not so.
Elena Vuoi lasciarmi qui al buio? Non farlo.
Demetrius Stay, on thy peril, I alone will go.
Demetrio Rimani a tuo rischio, me ne andrò da solo.
Helena O I am out of breath in this fond chase, the more my... prayer, the... lesser ismy... grace, happy is Hermia, wheresoe’er she lies, for she hath blessed and attractive eyes. Alas, I am as ugly as a bear; for beasts that meet me, run away for fear. But who is here? Lysander on the ground; dead or asleep? I see no blood, no wound, Lysander, if you live, good sire, awake.
Elena Ho perso il fiato in questa corsa sfrenata. Più prego, meno mi ascolta. Ermia è fortunata, ovunque sia, perché ha degli occhi incantevoli. Ahimè, io sono brutta come un orso; le bestie fuggono solo a vedermi. Ma chi è là? Lisandro steso a terra! È morto o dorme? Non vedo sangue né ferite. Svegliati, Lisandro, se sei vivo.
158
Sogni di una notte di mezza estate
Lysander And run through fire I will for thy sweet sake. Transparent Helena, nature shows her art, that through thy bosom makes me see thy heart. Where is Demetrius? O, how fit a word is that vile name to perish on my sword!
Lisandro Mi getterei nel fuoco per te, Elena trasparente! Che artista è la natura a fare ch’io ti veda il cuore in petto. Dov’è Demetrio? Nome vile, degno di morire sulla mia spada!
Helena Do not say so, Lysander, say not so: what though he love your Hermia? Lord, what though? Yet Hermia still loves you; then be content.
Elena Non dire così, Lisandro, no: se lui ama la tua Ermia, che t’importa? Ermia ama te: sii felice.
Lysander Content with Hermia! No, I do repent the tedious minutes I with her have spent. Not Hermia, but Helena I love; who will not change a raven for a dove?
Lisandro Felice con Ermia! No, mi pento dei momenti tediosi passati con lei. Non amo Ermia, ma Elena. Chi non cambierebbe un corvo per una colomba?
Helena Wherefore was I to this keen mockery born? When at your hands did I deserve this scorn? Good troth, you do me wrong (good sooth, you do) in such disdainful manner me to woo. But fare you well; perforce I must confess, I thought you Lord of more true gentleness.
Elena Cos’ho fatto per subire questa beffa? Quando ho meritato il tuo disprezzo? Davvero mi fai male, a corteggiarmi per scherzo. Addio, e devo confessarti che ti credevo un gentiluomo.
Lysander She sees not Hermia: Hermia, sleep thou there, and never mayst thou come Lysander near; sleep thou there; and all my powers address your love and might, to honour Helen, and to be her knight.
Lisandro Non ha visto Ermia. Ermia, dormi pure, e non tornar più da Lisandro. Dormi pure. Io con tutte le mie forze amerò Elena, sempre la onorerò e proteggerò.
Hermia Lysander, help me, what a dream was here, Lysander look, how I do quake with fear:
Ermia Lisandro, aiuto! Che sogno crudele! Guarda, tremo di terrore.
Act I
methought a serpent eat my heart away, and you sat smiling at his cruel prey. Lysander, what remov’d? Lysander, Lord, what, out of hearing, gone? No sound, no word? Alack where are you? Speak and if you hear: speak of all loves; Lysander, I swoon almost with fear. Lysander, Lord...
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Sognavo il mio cuore divorato da una serpe, e tu guardavi tale crudeltà sorridendo. Lisandro, sei partito? Lisandro, mi senti, non rispondi? Ahimè, dove sei? Parla, se mi senti; dimmi parole dolci. Lisandro, io svengo dal terrore. Lisandro, mio caro...
MENDELSSOHN Lullaby - Ninna Nanna “Allegro ma non troppo”
Elf 1 You spotted snakes with double tongues, thorny hedgehogs be not seen, newts and blind-worms do no wrong; come not near our fairy queen. Hence away! You spotted snakes with double tongue, thorny hedgehogs be not seen, hence away!
Elfi 1 Serpenti maculati dalle lingue biforcute, porcospini e rettili, via da qui! Il vostro veleno non portate nel bosco della regina! Via da qui! Serpenti maculati dalle lingue biforcute, porcospini e rettili, via da qui!
All Elves Philomel with melody, sing in our sweet lullaby, never harm nor spell nor charm, come our lovely lady nigh. So good night with lullaby.
Tutti gli Elfi Usignolo melodioso, canta con noi la ninnananna! Né incantesimo, né maleficio, mai si faccia alla padrona. Buona notte, ninnananna!
Elf 2 Weaving spiders come not here, hence you long-legged spinners, hence! Beetles black approach not near, worm nor snail do no offence. Hence away! Weaving spiders come not here, hence you long-legged spinners, hence!
Elfi 2 Ragni neri, andate via, tessitori zampelunghe! Blatte, non ci insidiate, vermi e insetti non vi avvicinate! Ragni neri, andate via, tessitori zampelunghe!
160
Sogni di una notte di mezza estate
All Elves Philomel with melody sing in our sweet lullaby, Never harm nor spell nor charm, come our lovely lady nigh. So good night with lullaby. (rip)
Tutti gli Elfi Usignolo melodioso, canta con noi la ninnananna! Né incantesimo, né maleficio, Mai si faccia alla padrona. Buona notte, ninnananna!
Elf 1 Hence away! Now all is well. One aloof stand sentinel.
Elfi 1 Bene ora, andiamo via. A sentinella uno sia.
MENDELSSHON First spell - Primo incantesimo “Andante”
MENDELSSOHN Intermezzo “Allegro appassionato” - “Allegro molto comodo”
161
Act II
Atto secondo
MENDELSSOHN Second spell - Secondo incantesimo “Andante”
BRITTEN
Bottom The woosell cock, so black of hue, with orange-tawny bill, the throstle, with his note so true, the wren, with little quill...
Bottom Il merlo, becco giallo e piuma nera, il tordo, la leggiadra capinera, il vispo cardellino dal gaio pennacchino…
Tytania What angel wakes me from my flow’ry bed?
Titania Quale angelo mi desta dal mio letto fiorito?
Bottom The finch, the sparrow and the lark, the plain-song cuckoo grey, whose note full many a man doth mark and dares not answer, nay.
Bottom L’allodola, il cuculo, l’allegro colombello, il monotono fringuello, la cui nota più d’un uomo ascolta e risponder “no” non osa…
Tytania I pray thee, gentle mortal, sing again; mine ear is much enamour’d of thy note; so is mine eye enthralled to thy shape, thou art as wise, as thou art beautiful.
Titania Dolce mortale, canta ancora; il mio orecchio è rapito dal tuo canto, e l’occhio dalla tua bellezza. Sei saggio quanto bello.
Bottom Not so, neither, but if I had wit enough to get out of this wood...
Bottom Né l’uno né l’altro, ma se fossi saggio abbastanza per uscire da questo bosco...
162
Sogni di una notte di mezza estate
Tytania Out of this wood do not desire to go, thou shalt remain here, whether thou wilt or no. I am a spirit of no common rate; I’ll give thee fairies to attend on thee; peaseblossom!
Titania Da questo bosco non voler uscire; resterai, che tu lo voglia o no. Sono uno spirito d’alto rango, e metterò le fate ai tuoi ordini. Fiordipisello!
Peaseblossom Ready.
Fiordipisello A disposizione.
Tytania Cobweb!
Titania Ragnatela!
Cobweb And I.
Ragnatela Eccomi.
Tytania Moth!
Titania Falena!
Moth And I.
Falena Eccomi.
Tytania Mustardseed!
Titania Mostardino!
Mustardseed And I.
Mostardino Eccomi.
All four fairies Where shall we go?
I quattro elfi Dove dobbiamo andare?
Tytania Be kind and courteous to this gentleman; hop in his walks and gambol in his eyes, feed him with apricocks, and dewberries, with purple grapes, green figs, and mulberries, the honey-bags steal from the humble bees, and for night-tapers crop their waxen thighs, and light them at the fiery glow-worm’s eyes,
Titania Siate dolci e cortesi con questo gentiluomo, seguitelo, saltategli attorno, nutritelo di more e di albicocche, d’uve purpuree e fichi verdi; rubate il miele ai calabroni e delle zampette cerose fatene candele, da appicciare alle lucciole,
Act II
163
to have my love to bed, and to arise: nod to him, elves, and do him courtesies
per far strada al mio amore verso il letto, inchinatevi a lui, miei elfi.
All four fairies Hail, mortal, hail!
I quattro elfi Salute a voi, o mortale!
Bottom I cry your worship’s mercy, your mercy, heartily.
Bottom Imploro perdono, miei signori...
All four fairies Hail, mortal, hail!
I quattro elfi Salute a voi, o mortale!
Bottom I cry your worship’s mercy, I beseech your wor-ship’s name.
Bottom Imploro perdono, miei signori, chiedo umilmente i vostri nomi.
Cobweb Cobweb. Hail, mortal, hail.
Ragnatela Salute a voi, o mortale!
Bottom I shall desire you of more acquaintance, good Master Cobweb. Your name, honest gentleman?
Bottom Vorrei conoscervi meglio, messer Ragnatela. E il vostro nome, galantuomo?
Peaseblossom Peaseblossom. Hail, mortal, hail.
Fiordipisello Fiordipisello. Salute a voi, o mortale!
Bottom I pray you commend me to Mistress Squash, your mother, and to Master Peascod, your father. Your name, I beseech you sir?
Bottom Riveritemi madama Buccia, vostra madre, e messer Baccello, vostro padre. E il vostro nome, di grazia?
Mustardseed Mustardseed. Hail, mortal, hail.
Mostardino Mostardino. Salute a voi, o mortale!
Peaseblossom, Cobweb, Mustardseed Hail, mortal, hail!
Fiordipisello, Ragnatela, Mostardino Salute a voi, o mortale!
Bottom Your kindred hath made my eyes water ere now,
Bottom I vostri parenti mi han fatto spesso piangere, messer
164
Sogni di una notte di mezza estate
good Master Mustardseed, I desire you more acquaintance. Your name, sir?
Mostardino. Vorrei conoscervi meglio. Il vostro nome, signore?
Moth Mo...
Falena Fa...
Tytania Come, sit thee down upon this flowery bed, while I thy amiable cheeks do coy, and stick musk-roses in thy sleek smooth head, and kiss thy fair large ears, my gentle joy.
Titania Vieni, siedi su questo letto di fiori dove carezzerò le tue tenere guance, coronerò di rose la tua testina morbida, e bacerò le tue grandi orecchie, gioia mia.
Bottom Where’s Peaseblossom?
Bottom Dov’è Fiordipisello?
Peaseblossom Ready.
Fiordipisello Agli ordini.
Bottom Scratch my head Peaseblossom. Where’s Mounsieur Cobweb?
Bottom Grattami la testa, Fiordipisello. Dov’è messer Ragnatela?
Cobweb Ready.
Ragnatela Pronto.
Bottom Monsieur Cobweb, get you your weapons in your hand, and kill me a red-hipped humble-bee, and good Mounsieur, bring me the honey-bag. Where’s Mounsieur Mustardseed?
Bottom Messer Ragnatela, impugnate l’arma e ammazzatemi un calabrone, e portatemi la sua sacca del miele. Dov’è messer Mostardino?
Mustardseed Ready.
Mostardino A disposizione.
Bottom Give me your neaf, Mounsieur Mustardseed. Pray you leave your courtesy good Mounsieur.
Bottom Qua la zampa, Mostardino. Fai poche smancerie.
Act II
165
Mustardseed What’s your will?
Mostardino Cosa comandi?
Bottom Nothing, good Mounsieur, but to help Cavalery Cobweb to scratch. I am such a tender ass, if my hair do but tickle me, I must scratch. Where’s Mounsieur Moth?
Bottom Niente, solo di aiutare messer Ragnatela a grattarmi la testa. Sono un asino tanto tenero che se mi prude il pelo devo grattarmi. Dov’è messer Falena?
Moth H...
Falena Ecc...
Tytania What, wilt thou hear some music, my sweet love?
Titania Vuoi ascoltare un po’ di musica, dolce amore mio dolce?
Bottom I have a reas’nable good ear in music. La la la la... Let’s have the tongs and the bones. Ah! Ah! I have a reas’nable good ear in music. La la la la! But I pray you let none of your people stir me, I have an exposition of sleep come upon me.
Bottom Ho un discreto orecchio in fatto di musica. La la la la... Sentiamo un po’ tamburelli e sonagli. Ah, ah! Ho un discreto orecchio in fatto di musica. La la la la! Abbiate la compiacenza di non disturbarmi ora. Sento che mi viene un colpo di sonno.
Tytania Sleep thou, and I will wind thee in my arms. Fairies be gone, and be all ways away. So doth the woodbine, the sweet honeysuckle gently entwist; the female ivy so enrings the barky fingers of the elm. O how I love thee! How I dote on thee!
Titania Dormi, e ti cullerò fra le mie braccia. Andate, fate, disperdetevi qua e là. Sarò come la vite che abbraccia il caprifoglio, come l’edera che s’intreccia all’olmo rugoso. Oh, quanto t’amo! Sono folle di te!
BRITTEN Puck Captain of our fairy band, Helena is here at hand, and the youth, mistook by me;
Puck Capitano della nostra coorte di fate, ecco Elena qui giunge col giovane da me stregato.
166
Sogni di una notte di mezza estate
shall we their fond pageant see? Lord, what fools these mortals be!
Ora vedremo un bel quadretto. Che sciocca razza sono i mortali!
Lysander Why should you think that I should woo in scorn?
Lisandro Perché pensi che ti ami per scherzo?
Helena These vows are Hermia’s. Will you give her o’er?
Elena Queste sono le parole di Ermia. Vuoi forse lasciarla?
Lysander I had no judgment, when to her I swore.
Lisandro Non ero in me, quando le ho dette.
Helena Nor none in my mind, now you give her o’er.
Elena Ancora più fuori di senno, se la vuoi lasciare.
Lysander Demetrius loves her, and he loves not you.
Lisandro Demetrio ama lei, non te.
Demetrius O Helen, goddess, nymph, perfect, divine, to what, my love, shall I compare thine eyne? Crystal is muddy. O how ripe in show thy lips, these kissing cherries, tempting grow! That pure congealed white, high Taurus’ snow, fann’d with the eastern wind, turns to a crow when thou hold’st up thy hand. O let me kiss this Princess of pure white, this seal of bliss. O Helen!
Demetrio Oh Elena, mia dea, ninfa divina! A che posso paragonare i tuoi occhi? È torbido il cristallo. Le tue labbra, ciliegie mature e tentatrici! La neve candida dei monti Tauri, è nera come un corvo, di fronte alla tua mano. Oh, fammi baciare la regina del candore, il sigillo della felicità. Oh Elena!
Helena O spite!
Elena Oh bugiardo!
Demetrius Goddess!
Demetrio Oh dea!
Helena O hell!
Elena Oh demonio!
Demetrius Nymph, perfect, divine!
Demetrio Mia ninfa divina!
Act II
167
Helena I see you all are bent to set against me for your merriment.
Elena Vi siete uniti per prendervi gioco di me.
Lysander You are unkind Demetrius; be not so, for you love Hermia, this you know I know.
Lisandro Sei ingiusto, Demetrio, guardatene; io lo so che tu ami Ermia.
Demetrius Look, where thy love comes. Yonder is thy dear.
Demetrio Guarda, arriva il tuo amore. È lei che ti sta a cuore.
Hermia Ah, Lysander, why unkindly didst thou leave me so?
Ermia Ah, Lisandro, perché mi hai abbandonata?
Helena Injurious Hermia, most ungrateful maid, have you conspir’d, have you with these contriv’d to bait me with this foul derision? Is all the counsel that we two have shar’d, the sisters’ vows, the hours that we have spent, when we have chid the hasty-footed time for parting us; o is all forgot? All school-days’ friendship, childhood innocence? We, Hermia, like two artificial gods, have with our needles created one flower, both on one sampler, sitting on one cushion, both warbling of one song, both in one key; two lovely berries, moulded on one stem, so with two seeming bodies, but one heart. And will you rent our ancient love asunder, to join with men in scorning your poor friend? It is not friendly, ’tis not maidenly.
Elena Ermia infame e perfida, hai congiurato, stretto con loro un patto per deridermi così? Tutti i consigli che ci siamo scambiate, le promesse eterne, le ore passate insieme, i rimproveri contro il tempo che fuggiva rapido quando eravamo insieme; l’hai forse dimenticato? L’amicizia a scuola, l’innocenza dell’infanzia? Noi due, o Ermia, come divinità artificiali, ricamavamo con due aghi un fiore, da un unico modello, sedute sullo stesso cuscino, cantando una sola canzone, all’unisono; due frutti nati dallo stesso ramo, due corpi ma un solo cuore. E vuoi ora spezzare il nostro affetto, insieme a questi due, per ingannarmi? Non è da amica, né da brava ragazza.
Hermia I am amazed at your passionate words. I scorn you not: it seems that you scorn me.
Ermia La tua rabbia mi sorprende, io non t’inganno, sei tu che mi offendi.
Helena Ay do, persever, counterfeit sad looks,
Elena Ma sì, continua, fai lo sguardo triste,
168
Sogni di una notte di mezza estate
make mouths upon me when I turn my back, wink at each other, hold the sweet jest up: but fare ye well, ’tis partly my own fault.
deridimi, quando mi volto, ammicca, continua il gioco. Addio, è anche mia la colpa...
Lysander Stay, gentle Helena, hear my excuse.
Lisandro Ferma, dolce Elena, ascoltami,
Helena Which death or absence soon shall remedy.
Elena ... L’esilio o la morte saranno il rimedio.
Lysander My love, my life, my soul, fair Helena!
Lisandro Amor mio, vita mia, anima mia, Elena bella!
Helena O excellent!
Elena Bravissimo!
Hermia Sweet, do not scorn her so.
Ermia Amore, non trattarla così!
Demetrius If she cannot entreat, I can compel.
Demetrio Se lei non ascolta, posso forzarla.
Lysander Thou canst compel no more than she entreat.
Lisandro Non puoi forzarla, se non ti ascolta.
Demetrius I say, I love her more than you can do.
Demetrio Io dico che l’amo più di te.
Lysander If thou say so, withdraw and prove it, too.
Lisandro Allora vieni qui a provarlo.
Demetrius Quick, come.
Demetrio Forza, vieni!
Hermia Lysander, where to tends all this?
Ermia Lisandro, che vuoi fare?
Lysander Away, you Ethiope.
Lisandro Vattene, mostro!
Act II
169
Demetrius No, no, sir, seem to break loose: you are a tame man, go.
Demetrio Guarda, sembri scatenato, ma sei solo un codardo!
Lysander Hang off, thou cat, thou burr, vile thing, let loose, or I will shake thee from me like a serpent.
Lisandro Levati, gatta, sanguisuga, lasciami stare, o ti sbatto via come una serpe.
Hermia Why are you grown so rude? What change is this, sweet love?
Ermia Perché sei crudele? Cosa ti è successo, amore mio?
Demetrius Seem to break loose, take on as you would follow.
Demetrio Scatenati, combatti se ne hai il coraggio!
Lysander Thy love? Out tawny tartar, out.
Lisandro Amor mio? Via, immonda, fuori!
Hermia Sweet love.
Ermia Dolce amore mio.
Demetrius You are a tame man, go.
Demetrio Sei un codardo!
Lysander Out loathed medicine, hated potion, hence.
Lisandro Via, impiastro rancido, veleno, vattene!
Hermia Do you not jest?
Ermia Non scherzi?
Helena Yes, sooth, and so do you.
Elena Sì, e secondo me anche tu.
Lysander Demetrius, I will keep my word with thee.
Lisandro Demetrio, io manterrò la mia parola con te.
Demetrius I would I had your bond; I’ll not trust thy word.
Demetrio Mettilo per iscritto, non mi fido della tua parola.
170
Sogni di una notte di mezza estate
Lysander What, should I hurt her, strike her, kill her dead? Although I hate her, I’ll not harm her so.
Lisandro Che devo fare? Picchiarla, ammazzarla? La odio, ma non voglio farle del male.
Hermia What, can you do me greater harm thanhate? Am not I Hermia? Are not you Lysander? O me! You juggler, you canker-blossom, you thief of love.
Ermia Che puoi farmi di peggio, più che odiarmi? Non sono Ermia? Non sei tu Lisandro? Ah, cospiratrice, verme, ladra d’amore!
Demetrius Lysander, keep thy Hermia, I will none. If e’er I lov’d her all that love is gone.
Demetrio Lisandro, tieni pure Ermia, io non la voglio. Se mai l’ho amata, ora non più.
Lysander Ay, by my life; be certain ’tis no jest, that I do hate thee and love Helena.
Lisandro Ti giuro che non scherzo: io odio te e amo Elena.
Helena You both are rivals and love Hermia, and now are rivals to mock Helena. Fie, fie! You counterfeit, you puppet, you.
Elena Siete entrambi rivali nell’amore di Ermia, ed ora anche nel beffare Elena. Tu sei falsa come una marionetta!
Hermia Puppet? Why so? Ay, that way goes the game. Now I perceive that she hath made compare between our statures; she hath urg’d her height, and with her personage, her tall personage, her height (forsooth) she hath prevail’d with him. And are you grown so high in his esteem, because I am so dwarfish and so low? How low am I, thou painted maypole? Speak, how low am I? I am not yet so low but that my nails can reach unto thine eyes.
Ermia Marionetta? Ah, ora capisco il gioco. Vedo che lei fa paragoni tra la nostra statura, per mostrare la sua altezza, e con la sua figura slanciata, lo ha conquistato. Dunque sei divenuta tanto importante per lui, perché io son piccola di statura? Io sono bassa, vero, albero da cuccagna? Sarò bassa, ma non tanto da non arrivare a strapparti gli occhi.
Helena I pray you though you mock me, gentlemen, let her not hurt me; you may perhaps think, because she is something lower than myself, that I can match her.
Elena Vi prego, signori, prendetemi in giro, ma non lasciate che mi ferisca; forse pensate che, per quanto è bassa, io possa difendermi da sola.
Act II
171
Hermia Lower? Lower? Hark again!
Ermia Bassa? Di nuovo!
Helena O when she’s angry, she is keen and shrewd, she was a vixen when she went to school, and though she be but little...
Elena Quando va in furia, è perfida e tagliente. Era una peste a scuola e, pur essendo piccoletta...
Hermia Little again?
Ermia Mi chiami piccoletta?
Helena ... She is fierce.
Elena ... È una belva.
Hermia Nothing but low and little?
Ermia Bassa e piccola?
Helena Get you gone, you dwarf.
Elena Vattene, nana!
Hermia Hark again!
Ermia Sentitela!
Helena You minimus of hind’ring knot-grass made.
Elena Tu, cumulo di sterpaglie!
Hermia Why will you suffer her to flout me thus?
Ermia Perché le permettete d’insultarmi?
Helena You bead!
Elena Sassolino!
Hermia Hark again!
Ermia La sentite?
Helena You acorn!
Elena Nocciolina!
172
Sogni di una notte di mezza estate
Hermia Let me come to her!
Ermia Lasciatela a me!
Helena You bead!
Elena Sassolino!
Hermia Why will you suffer her to flout me?
Ermia Perché le permettete d’insultarmi?
Helena Get you gone, you dwarf.
Elena Vattene, nana!
Lysander Be not afraid, she shall not harm thee, Helena.
Lisandro Elena, non temere. Non ti farà del male.
Demetrius No, sir, she shall not, though you take her part.
Demetrio Nossignore, neanche se ti metti dalla sua parte.
Lysander You are too officious in her behalf that scorns your services.
Lisandro Sei troppo gentile con chi disprezza il tuo aiuto.
Demetrius Let her alone; speak not of Helena.
Demetrio Lasciatela stare. Non parlate di Elena.
Lysander Now follow, if thou dar’st.
Lisandro Seguimi, se ne hai il coraggio.
Demetrius Nay, I’ll go with thee, cheek by jowl...
Demetrio Ti seguirò eccome, sarò la tua ombra…
Lysander, Demetrius ... To try whose right, or thine or mine is most in Helena.
Lisandro, Demetrio ... Per vedere chi, tra me e te, merita Elena.
Helena, Hermia You, mistress, all this coil is ’long of you.
Elena, Ermia Guarda, tutto questo è colpa tua.
Hermia Nay, go not back.
Ermia No, non fuggite.
Act II
173
Helena I will not trust you, I...
Elena Di voi non mi fido.
Helena, Hermia ...Nor longer stay in your curst company.
Elena, Ermia Via dalla vostra infausta compagnia!
Hermia Nay, go not back.
Ermia No, non fuggite.
Helena Your hands than mine are quicker for a fray, my legs are longer though to run away.
Elena Siete svelta di mano per colpire, ma più svelta io di gamba a scappar via.
BRITTEN
Puck Up and down, up and down, I will lead them up and down: I am fear’d in field and town. Goblin, lead them up and down. Up and down, up and down, here comes one.
Puck Su e giù, su e giù; io li porto su e giù. Sono temuto, giù in città, questo elfo vi porterà su e giù, su e giù. Ecco, ne arriva uno.
Lysander Where art thou, proud Demetrius? Speak thou now.
Lisandro Dove sei, Demetrio oroglioso? Rispondi!
Puck Here, villain, drawn and ready. Where art thou? Follow me then to plainer ground.
Puck Son qui, furfante, pronto e in guardia. Dove sei? Seguimi su un terreno più piano.
Demetrius Lysander, speak again. Thou runaway, thou coward, art thou fled?
Demetrio Lisandro, parla ancora. Vigliacco, coniglio, sei scappato?
174
Sogni di una notte di mezza estate
Puck Art bragging to the stars and wilt not come?
Puck Ululi alla luna e ti nascondi?
Demetrius Yea, art thou there?
Demetrio Allora, ci sei?
Puck Follow my voice, we’ll try no manhood here.
Puck Segui la mia voce; non combatteremo qui.
Lysander He goes before me, and still dares me on.
Lisandro Mi precede, e ancora mi sfida.
Puck Lysander!
Puck Lisandro!
Lysander When I come where he calls, then he is gone, and I am fall’n in dark uneven way, and here will rest me. Come, thou gentle day. For if but once thou show me thy grey light I’ll find Demetrius, and revenge this spite.
Lisandro Chiama, io giungo, ma lui scappa prima che io arrivi. Il sentiero è buio e mi sono perso. Riposerò qui. Vieni, cara luce del giorno. Alla prima luce dell’alba troverò Demetrio, e mi vendicherò.
Puck Ho, ho, coward, why com’st thou not?
Puck Ah, vigliacco, vieni fuori o no?
Demetrius Abide me if thou dar’st. Where art thou now?
Demetrio Fatti vedere, se hai coraggio. Dove sei adesso?
Puck Come hither, I am here.
Puck Fatti sotto, sono qua.
Demetrius Nay, then, thou mock’st me; thou shalt buy this dear, if ever I thy face by daylight see, now go thy way; faintness constraineth me to measure out my length on this cold bed. (he lies down.) By day’s approach look to be visited.
Demetrio Adesso ridi, ma la pagherai cara, se mai arrivo a vederti in faccia. Vattene pure, ora la stanchezza mi forza a distendermi su questo freddo letto. Allo spuntare del giorno mi rivedrai.
Act II
175
Helena O weary night, o long and tedious night, abate thy hours, shine comforts from the East, and sleep that sometimes shuts up sorrow’s eye steal me awhile from mine own company.
Elena Terribile notte, lunga e tediosa, abbrevia le tue ore, splenda da oriente il mio conforto, e il sonno, che al dolore chiude gli occhi, mi sottragga per un poco a me stessa.
Puck Yet but three? Come one more, two of both kinds make up four. Here she comes, curst and sad, cupid is a knavish lad thus to make poor females mad.
Puck Solo tre? Ne serve ancora un’altra, che due per ciascun genere fan quattro. Ecco che giunge, triste e disperata. Cupido è una canaglia, a far impazzire le ragazze.
Hermia Never so weary, never so in woe, bedabbled with the dew, and torn with briers, I can no further crawl, no further go, my legs can keep no pace with my desires. Here will I rest me till the break of day. Heavens shield Lysander, if they mean a fray.
Ermia Più esausta e disperata che mai, fradicia di brina, lacerata dai rovi, non posso più continuare. Le gambe non mi obbediscono più. Resterò qui, fino all’alba. Cielo, proteggi Lisandro, se ci sarà un duello.
Fairies On the ground, sleep sound: he’ll apply to your eye, gentle lover, remedy. When thou wak’st, thou tak’st true delight in the sight of thy former lady’s eye: and the country proverb known, in your waking shall be shown: Jack shall have Jill, nought shall go ill, the man shall have his mare again, and all shall be well.
Fate Sulla terra dormi sodo: porterà al tuo ciglio il rimedio dell’amore. Al risveglio tu proverai gran delizia nel rivedere il tuo precedente amore, come dice il proverbio contadino: ad ognuno una compagna e che niente vada storto. L’erba cresca, là nell’orto tutto bene giù in campagna.
176
Sogni di una notte di mezza estate
MENDELSSOHN Notturno “Andante tranquillo”
MENDELSSOHN Wedding March - Marcia nuziale “Allegro vivace”
MENDELSSOHN Ending - Finale “Allegro di molto”
All Elves Throught this house give glimmering light, by the dead and drowsy fire, every elf and dairy sprite, hop as light as bird on from brier, and this ditty, and this ditty, after me, sing and dance it trippingly!
Tutti gli elfi Accanto al fuoco quasi spento, elfi e fate, comparite! Nelle variopinte stanze, lievi fare un girotondo! Cantate le vostre canzoni! Cantate e saltate, piano piano!
Elf 1 First, rehearse your song by rote, each word a warbling note; hand in hand, with fair grace, will we sing, and bless this place!
Elfi 1 Intonate con fine arte, una nota a ogni parola; mano nella mano, con grazia fatata, cantate e benedite questo luogo!
All Elves Throught this house give glimmering light, by the dead and drowsy fire, every elf and dairy sprite, hop as light as bird on from brier, and this ditty, and this ditty, after me, sing and dance it trippingly! Trip away, make no stay, meet him all by break of day.
Tutti gli elfi Accanto al fuoco quasi spento, elfi e fate, comparite! Nelle variopinte stanze, lievi fare un girotondo! Cantate le vostre canzoni! Cantate e saltate, piano piano! Basta così, via d’un balzo, al crepuscolo lo incontrerete!
Act II
Puck If we shadows have offended, think but this, and all is mended, that you have but slumber’d here while these visions did appear. And this weak and idle theme, no more yielding but a dream, gentles, do not reprehend: if you pardon, we will mend: and, as I am an honest Puck, if we have unearned luck now to ’scape the serpent’s tongue, we will make amends ere long; else the Puck a liar call; so, good night unto you all. Give me your hands, if we be friends, and Robin shall restore amends.
177
Puck Se noi ombre abbiam offeso immaginate, a mo’ di compensazione, di esservi qui solo assopiti, e aver avuto, in sogno, la nostra apparizione. E se la storia vi è sembrata debole e insulsa, se non vi lascia più di un sogno, gentili signori, non vi alterate: se ce lo consentite, faremo ammenda: è parola di Puck, un uomo onesto, che se la fortuna abbiamo perso e dobbiam sfuggire alla lingua del serpente, faremo ammenda degnamente; altrimenti, ditemi pure bugiardo; buonanotte a tutti voi, intanto. Batteteci le mani, se siete amici, e poi per voi Robin risolverà ogni cosa.
SFERISTERIO 21 luglio - ore 21.00
Vita e Arte di Beniamino Gigli con Nazareno Antinori Fabio Armiliato Daniela Dessì Aquiles Machado Simone Piazzola Carmela Remigio Roberto Scandiuzzi Direttore David Crescenzi Fondazione Orchestra Regionale delle Marche
Programma Giuseppe Verdi - La forza del destino - Sinfonia Amilcare Ponchielli - La Gioconda - Sì, morire ella de Giacomo Puccini - Tosca - E lucean le stelle Francesco Cilea - Adriana Lecouvreur - Io son l’umile ancella Giuseppe Verdi - Il trovatore - Il balen del suo sorriso Giuseppe Verdi - I vespri siciliani - Mercè dilette amiche Salvatore Cardillo - Core ’ngrato Giuseppe Verdi - La forza del destino - Or siam soli Giacomo Puccini - La Bohème - O Mimì, tu più non torni Umberto Giordano - Andrea Chenièr - Improvviso Umberto Giordano - Andrea Chenièr - La mamma morta Giacomo Puccini - Gianni Schicchi - O mio babbino caro Giuseppe Verdi - Luisa Miller - Quando le sere al placido Wolfgang Amadeus Mozart - Don Giovanni - La ci darem la mano Ernesto De Curtis - Non ti scordar’ di me Giuseppe Verdi - Otello - Già nella notte densa Bixio - Cherubini - Mamma
Foto di Alfredo Anceschi
SFERISTERIO 25 luglio - ore 21.30
Romeo and Juliet Danza all’Opera Un progetto di Macerata Opera Festival e Civitanova Danza Fondazione nazionale della danza Aterballetto Direttore generale Giovanni Ottolini Direttore artistico Cristina Bozzolini da un’idea di Mauro Bigonzetti e Fabrizio Plessi
Coreografia Mauro Bigonzetti Danzatori compagnia Aterballetto Scene e costumi Fabrizio Plessi Montaggio musicale da Sergej Prokofiev Luci Carlo Cerri
in coproduzione con Reggio Emilia Danza Festspiele Ludwigshafen, Marella Gruppo Max Mara con il supporto di Kuopio Dance Festival (Finlandia) Lucent Danstheater / Holland Dance Events (Olanda) L’ormai consueto appuntamento con Danza all’Opera vede protagonista la compagnia Aterballetto, formazione tra le più interessanti della danza italiana, con Romeo and Juliet di Mauro Bigonzetti, unico coreografo italiano ad aver creato un’opera per il New York City Ballet. Nello spettacolo - nato dall’incontro di Bigonzetti con l’artista visivo Fabrizio Plessi - diciotto danzatori, nove donne e altrettanti uomini, con i corpi ricoperti da involucri ipertecnologici, in fibre di carbonio, i caschi da motociclisti ai piedi, ginocchiere, paragomiti, si alternano in passi a due, terzetti, quartetti e pezzi d’insieme.
SFERISTERIO 29 luglio - ore 21.30
Patti Smith and her band
Direttori e Maestri di palcoscenico
David Crescenzi, Gianfranco Stortoni
Maestri di sala
Silvana Massacesi
Angela Saroglou
Luciano Messi
Franziska Kurth
Enrico Sampaolesi
Emanuela Di Piro
Fabrizio Gobbi
Simona Palmucci, Maria Antonietta Lucarelli
Amministrazione
Gruppo sarte
Fabio e Franco Alfonsi
Studenti dell’Accademia di Belle Arti di Macerata con il docente Enrico Pulzoni
Gruppo tecnici
Orchestra Filarmonica Marchigiana
Associazione Arena Sferisterio Macerata Opera Festival Direttore Artistico Francesco Micheli Consiglio d’Amministrazione Presidente Romano Carancini Vicepresidente Antonio Pettinari Consiglieri Raffaele Berardinelli Flavio Corradini Nicola Di Monte Luigi Lacchè Fiorenzo Principi Orietta Maria Varnelli Walfrido Cicconi (Società Civile dello Sferisterio) Assemblea dei soci Romano Carancini Rappresentante Ente Socio Fondatore Comune di Macerata Antonio Pettinari Rappresentante Ente Socio Fondatore Provincia di Macerata Collegio dei Revisori dei Conti Giorgio Piergiacomi Presidente Fabio Pierantoni e Carlo Maria Squadroni Revisori
Direttore dell’organizzazione tecnico-artistica Luciano Messi Responsabile amministrativo Carla Scipioni Amministrazione Maria Sara Rastelli Contabilità ed Economato Roberta Spernanzoni - Rosa Silvestri Segreteria Paola Pierucci Rapporti istituzionali Mauro Perugini Segreteria della direzione artistica Franziska Kurth Responsabile servizi musicali Gianfranco Stortoni Direttore di palcoscenico Mauro De Santis Assistente di produzione Adriana Malandrino Promozione e comunicazione Esserci Comunicazione Andrea Compagnucci responsabile Carlo Scheggia comunicazione istituzionale Alessio Ruta - Domenico Dialetto - Veronica Antinucci Ufficio Stampa Paolo Besana responsabile Marco Ferullo Pubbliche relazioni Angela Tassi - Alessia Tombesi Illustrazioni e grafica Francesca Ballarini Servizi di Biglietteria Ditta Sergio Del Gobbo
Resp. allestimento e servizi di palcoscenico Enrico Sampaolesi Consulente logistica e magazzini Giorgio Alici Biondi Scenografo realizzatore Serafino Botticelli Ufficio tecnico Francesco Lozzi Macchinisti Secondo Caterbetti capo macchinista Federico Montemarani resp. Teatro Lauro Rossi Angelo Boccadifuoco Leandro Bruno Francesco Cervigni Sandro De Leva Franco Diprè Marco Gagliardini Roberto Petritoli Mario Rossetti Alfredo Rossi Federico Rossi Antonio Santagada Gennaro Santo Gruista Emin Aliu Aiuti tecnici Mauricio Cesar Pasquali capo squadra Matteo Bruni Daniele Caruso Giuseppe Cesca Claudio Donati Pietro Ferraioli Filippo Gallo Paolo Gallo Christos Kagias Ruben Leporoni Stefano Prosperi Roberto Tabocchini Sauro Tartari Attrezzisti Emanuela Di Piro capo attrezzista Federica Bianchini Luigi Candice Andrea Conti Paolo Copparoni Daniele Pettorossi Aleksandr Proskurin Alessandro Prosperi Elettricisti Fabrizio Gobbi capo elettricista Ludovico Gobbi consolle Claudio Bellagamba
Olmo Callimaci Stefano Callimaci Lorenzo Caproli Federico Caterbetti Gustavo Federici Marco Gentili Laura Piccioni Roberto Valentini Roberto Butani Jacopo Pace Massimiliano Peppoloni Roberto Vignola Sartoria Simonetta Palmucci resp. sartoria Maria Antonietta Lucarelli resp. vestizioni Elisabetta Seu assistente resp. sartoria Roberta Fratini tagliatrice Maria Dignani Giuseppina Giannangeli Pierina Moretti Daniela Patacchini Gemma Tasso Anna Maria Tallè Caterina Botticelli Franca Della Volpe allieva Silvia Luchetti allieva Giulia Pacci allieva Parrucchieria Serena Mercanti responsabile Patrizia Castelletti Massimiliano Ciferri Monica Marini Gloria Melagrani Paola Pierini Trucco Raffaella Cipolato responsabile Sara Croci assistente resp. Ambra Bellotti Mara Del Grosso Cristina Pallotta Andrea Montani Fonici Fabio Alfonsi Franco Alfonsi Direttore di sala Marco Coltorti Giampietro Lupidi vice Medico Marco Sigona RSPP Giorgio Meschini
Consulente per la sicurezza Giorgio Domizi Medico competente Carlo Gualco Sopratitoli e audio descrizioni Elena Di Giovanni coordinatrice Letizia Anteni sopratitoli Daniele Gabrielli sopratitoli Giada Mariani sopratitoli Claudia Ribustini sopratitoli Lucia Giachini audio descrizioni Chiara Mennichelli audio desc. e percorsi tattili Carla Lugli voce audio descrizioni Hanno collaborato al Macerata Opera Festival gli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Macerata Paolo Andrenucci, Ferdinando Armeni, Diana Avenoso, Agnese Burini, Antonella Cerroni, Michele Cipriani, Matteo Dessi, Gloria Frapiccini, Beatrice Livi, Matteo Lorenzini, Xing Jinhua, Viola Marchegiani, Lucia Mengoni, Martino Messi, Hisako Mori, Michela Oddis, Barbara Passeri, Miriam Passeri, Eleonora Pepa, Laura Perini, Andrea Sabbatini, Caterina Santochirico, Laura Sassaroli, Simone Sdolzini, Tiziano Speranza, Gloria Tirabasso, Licia Tofani, Gloria Tranchina, Roberta Ulissi, Lorenzo Vennitti, Chen Yuxin Piergiorgio Capparucci, Francesca Cecarini, Giancarlo Colis, Pierfrancesco Giannangeli, Enrico Pulsoni, Maurizio Quarello docenti tutor Laboratorio Opera Blog Giulia Boschi, Cristina Cipolloni, Leilani Corvari, Camilla Domenella, Andrea Mancini, Maria Silvia Marozzi, Ilaria Piampiani Paola Nicolini docente tutor Master Verona Accademia per l’opera italiana Elena Marcelli, Susanna Quaranta, Luisa Travaglini Corso di regia Accademia di Brera, Milano Giulia Bassani Corso di drammaturgia Milano Teatro, Scuola Paolo Grassi Sara Culzoni
Orchestra Filarmonica Marchigiana
Michele Mantoni David Padella Michele Valentini
Direttore Organizzativo Fabio Tiberi
Violini primi Alessandro Cervo ** Giannina Guazzaroni * Elisabetta Matacena * Lavinia Tassinari * Laura Calamosca Stefano Corradetti Roberta Di Rosa Olena Larina Elisa Mancini Matteo Metalli Lisa Maria Pescarelli Cristiano Pulin Emanuele Rossini Elisabetta Spadari Silvia Stella Paolo Strappa
Flauto Francesco ChirvĂŹ *
* prime parti ** spalla dei violini primi
Violini secondi Simone Grizi * Laura Barcelli Sandro Caprara Daniela Carlini Baldassarre Cirinesi Simona Conti Gilda Damiani Alberto De Stefani Luca Mengoni Sergio Morellina Debora Piras Andrea Poli Viole Ladislao Vieni * Lorenzo Anibaldi Massimo Augelli Fabio Cappella Claudio Cavalletti Cristiano Del Priori Martina Novella Laura Pennesi Vincenzo Pierluca Andrea Pomeranz Daniele Vallesi Contrabbassi Marco Cempini * Luca Collazzoni * Andrea Dezi
Ottavino Saverio Salvemini Oboe Fabrizio Fava* Corno inglese Marco Vignoli Clarinetti Danilo Dolciotti * Luigino Ferranti Fagotti Luca Franceschelli * Giacomo Petrolati * Francesco Bellagamba Corni Alessandro Fraticelli * Giovanni Cacciaguerra Roberto Quattrini Andrea Caretta Trombe Giuliano Gasparini * Manolito Rango Tromboni Eugenio Gasparrini* Simone Tisba Diego Copponi Tuba David Beato Timpani Adriano Achei* Deny Mina* Percussioni Alessandro Carlini Valerio Marcantoni Ispettore D’orchestra Michele Scipioni
Coro Lirico Marchigiano “V. Bellini” Tenori I - II Sante Alosi Enzo Boccanera Alejandro Benavides Roberto Bruglia Giovanni Carità Andrea Carniani Giovanni Di Deo Giacomo Gandaglia Nenad Koncar Luca Mancini Alberto Martinelli David Mazzoni Alfonso Mendola Massimo Morosetti Gregorio Pedrini Francesco Pesaresi Alberto Piastrellini Alessandro Pucci Andrea Reginelli Alessandro Santos Baritoni-Bassi Simone Buonasorte Stefano Carlini Lucio Di Giovanni Franco Di Girolamio Massimiliano Fiorani Stefano Grassoni Giorgio Grazioli Loris Manoni Lado Mebonia Alessandro Menduto Domenico Mento Gianni Paci Andrea Pistolesi Vincenzo Ricucci Alessandro Rossi Roberto Scandura Alberto Signori Alessandro Spadano Soprani Denise Biga Lucia Caggiano Cristiana Cecchi Valentina Chiari Raffaella Chiarolla Mirela Cisman Catia Cursini
Angela De Pace Linda Ferrari Loreta Ferrini Doriana Giuliodoro Svetlana Glamoclija Margherita Hibel Silvia Marcellini Alessandra Molinelli Adriana Palmese Cinzia Pasquinelli Antoaneta Stoyanova Mezzi-Contralti Monica Astolfi Sara Baciocchi Fiorella Barchiesi Annamaura Barigelli Emanuela Campolucci Manuela Di Martino Giulia Loccioni Monica Manferdini Maria Elena Marinangeli Mariangela Marini Rossella Massarini Olga Maria Salati Leonora Sofia Rita Stocchi
Complesso di palcoscenico Banda “Salvadei” Clarinettista Lorenzo Ciavattini Fabrizio Del Gobbo Silvia Lanari Federico Morosi Simona Tisba Cornista Sabrina Barboni Riccardo Moglie Martino Torquati Flautista Marta Montanari Flicornista baritono Antonio Affede Giuseppe Boccucci Percussionista Federico Gasparrini Andrea Piermartire Yuri Valenti Trombettista Mario Biancucci Devid Buresta Marco Gasparrini Trombonista Marco Columbro Andrea Marconi Frank Jardilino Tubista Agostino Marzoli
Pueri Cantores “D. Zamberletti”
Maschere e sorveglianti
Gian Luca Paolucci Maestro Chiara Affede Marta Bettucci Beatrice Biagetti Sara Cacchiarelli Giacomo Canullo Valeria Cazacu Alessandro Ceresani Michele Cippitelli Sofia Cippitelli Laura Coppari Mariasole Copparo Tommaso Copparo Virginia Copparo Sofia Cori Asia D’Erme Federica Fata Silvia Foresi Ilaria Frenquelli Elisa Gattari Dorotea Leonori Petra Leonori Pierpaolo Melchiorri Matteo Monachesi Federica Paolucci Luca Paolucci Martina Paolucci Alessio Perucci Leonardo Perucci Caterina Piergiacomi Elena Piergiacomi Emily Segura Clarissa Silvestrelli Ilenia Silvestrelli Francesca Stura Camilla Tarquini Jacopo Torresi Pietro Torresi Elisa Trisciani Alessandro Ulisse Federica Ulisse Veronica Valeri Leonardo Vallesi
Andrea Angelini Alice Branchesi Eleonora Cavarischia Federica Chimielewski Annalisa Cippitelli Benedetta Clementi Giada Ebuli Marzia Ercoli Cristina Fiorelli Mattia Fioretti Alexandra Florescu Giordano Forconi Lodiana Gentiletti Alessandra Giacomelli Elisabetta Giorgi Federica Gironelli Francesca Governatori Marta Innocenzi Daniele Latini Giulia Maponi Eleonora Mercuri Caterina Moroni Giulia Pacella Francesca Pasquini Riccardo Persichini Simone Pettinari Alice Pizzichini Fabio Prosperi Clara Provenziani Martina Riccucci Serena Rossetti Cecilia Rossi Maria Elena Saracino Federica Severini Simone Simonetti Francesco Sopranzi Giulia Spina Laura Teneriello Ilaria Tobaldi Matteo Tombesi Elisabetta Torresi Stefano Valchi Vittorio Vicomandi
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