Macerata Opera Festival 2012 | Allievi e Maestri

Page 1



Macerata Opera Festival 48. Stagione Lirica 2012 Direttore artistico Francesco Micheli

Allievi e Maestri a Josef Svoboda

Giuseppe Verdi La Traviata Giacomo Puccini La Bohème Georges Bizet Carmen


a cura di Esserci comunicazione soggetti Carlo Scheggia traduzioni Lola Bourget, Elena Di Giovanni, Franziska Kurth, Agnese Morettini racconto fotografico delle prove Alfredo Tabocchini foto Roberto Bolle Luciano Romano si ringraziano Veronica Antinucci, Andrea Compagnucci, Franziska Kurth, Luciano Messi, Rei Ota, Maria Laura Pierucci, Paola Pierucci, Stefano Ruffini, Gianfranco Stortoni Tutti i diritti sono riservati ai rispettivi autori Impaginazione e Stampa Luglio 2012

Macerata


Presentazione

7

Allievi e Maestri di Dante Ferretti

9

La traviata La traviata: una storia vera di Mauro Rossi Atto primo Atto secondo Atto terzo

13 19 29 37 51

La Bohème Le parole della Bohème di Carla Moreni Quadro primo Quadro secondo Quadro terzo Quadro quarto

59 65 75 89 103 111

Carmen Malvagia, raffinata, fatalistica: malgrado ciò popolare di Angelo Foletto Acte premier Acte deuxième Acte troisième Acte quatrième

123 129 139 151 163 173

Roberto Bolle in Trittico Novecento

180

Serata di stelle per Mario Del Monaco

182

Macerata Festival Off

184



Benvenuti allo Sferisterio. Benvenuti in questo luogo d’incanto, nato per la palla a bracciale e divenuto teatro lirico. Molte le trasformazioni intercorse, ma alcuni elementi rimangono inalterati: l’energia e il talento virtuosistico dei protagonisti, gli uni valenti nel lancio della sfera, gli altri nelle acrobazie vocali; la tifoseria di un pubblico dalle idee forti e chiare; il dialogo tra chi assiste e chi agisce, protetto dall’elegante abbraccio di questo mantello di mattoni. Anche quest’anno lo Sferisterio spalanca le sue porte per una grande festa del teatro lirico: nell’età dell’oro del melodramma romantico l'opera era esperienza trasversale e diffusa, il primo mass medium, il più rappresentativo. Coltiviamo il desiderio paradossale che quei tempi tornino in auge ora, sì, nel pieno dell’età cibernetica e globalizzata: i personaggi di Traviata, Bohème e Carmen cantano la disperata bellezza dell’essere giovani, lanciano un grido vitale che giunge fino a noi. Ascoltare e vedere queste storie è necessario perché ci riguardano ancora. Il benvenuto che vi rivolgiamo ha il valore di un invito, affinché nessuno si senta escluso dal nostro Festival. Sia benvenuto chi giunge qui per la prima volta. Benvenuto chi frequenta lo Sferisterio con tale affetto da sentirlo proprio. Benvenuto chi ama l'opera di quell'insano autentico amore che aumenta inesorabilmente nel tempo. Benvenuto chi proviene da lontano, nella speranza che si senta accolto come a casa. Benvenuto chi vive dietro l'angolo e varcando questa soglia sa di compiere un lungo viaggio. Un benvenuto particolare a tutte le donne: come Violetta, Mimì e Carmen, eroine del vivere quotidiano. Mi concedo un piccolo benvenuto: io, che mi sento accolto come un figlio da questa terra schietta e incantevole, rivolgo il mio ringraziamento a chi mi ha preceduto, Pier Luigi Pizzi, grande maestro. A partire dalla memoria di Josef Svoboda, è il magistero il protagonista del Macerata Opera Festival 2012: in tempi travolgenti e superlativi come questi, abbiamo ancor più bisogno di apprendere. L’opera, ne sono convinto, ha molto da insegnare. Benvenuti tutti. Di cuore. Francesco Micheli



9 Allievi e Maestri

Dante Ferretti

«È proprio dei giovani legarsi ad un uomo più anziano e più saggio non solo per il fascino della parola e l’acutezza della mente, ma pur anche per la forma superficiale del corpo, che ne risulta carissima, come accade per la figura di un padre, di cui si studiano i gesti, e i corrucci, e se ne spia il sorriso – senza che ombra di lussuria inquini questo modo (forse l’unico purissimo) di amore corporale». Umberto Eco, nel prologo de Il nome della rosa, descrive così il rapporto fra allievo e maestro dal punto di vista dell’allievo. La difficoltà sorge nel definire il limite – temporale ma anche sostanziale – in cui si smette di essere tali, pure quando non si è destinati a diventare maestri. Perché, vale forse la pena di domandarsi, si smettono mai davvero i panni dell’allievo, una volta indossati? Certamente col tempo il rapporto cambia e, ferme restando sempre l’ammirazione e la stima, si raggiungono una sintonia ed un’intesa, quanto al metodo di lavoro, che assumono i contorni della familiarità. Io sono – qualcuno direbbe “sono stato” – un allievo, fortunato per il fatto di aver incontrato presto quelli che sarebbero diventati i miei maestri. Poco tempo, infatti, è intercorso fra il momento in cui ho compreso – seduto nei pomeriggi dell’adolescenza nelle sale cinematografiche della mia Macerata – che da grande avrei fatto lo scenografo e il momento in cui avrei incontrato il primo di quelli cui sento di riconoscere l’attributo indelebile di “maestro”, Luigi Scaccianoce. Venni chiamato a fargli da aiuto ne La Parmigiana (1963) dalla produzione per cui avevo lavorato in qualità di assistente alla scenografia, della quale era responsabile l’architetto Aldo Tomassini, in due film di Domenico Paolella, entrambi girati nelle Marche. Scaccianoce, col quale collaborai fino alla fine degli anni

’60, era un professionista di autentico talento e grande esperienza che ricevette la nomination all’Oscar per la scenografia de Il Vangelo secondo Matteo (1964), il film che aveva segnato una svolta cruciale nell’estetica pasoliniana, perfezionata in Uccellacci uccellini (1966) ed Edipo re (1967). È proprio in quegli anni che avvenne per me l’incontro con un altro importante Maestro, Pier Paolo Pasolini. Sua la regia del primo film che ho firmato come scenografo, la Medea (1969). Da acuto intellettuale qual era, mi ha insegnato l’importanza della pittura per il cinema, che si nutre dell’estetica figurativa che gli è, almeno ai miei occhi, consustanziale. Da allora, e per tutta la produzione cinematografica e teatrale alla quale ho collaborato come scenografo, le arti figurative sono diventate per il mio lavoro primigenia fonte di ispirazione. Per rimanere a Pasolini, per le visioni infernali del Decameron (1971) fondamentali sono state le suggestioni derivate dai dipinti di Bosch e Brügel: di quest’ultimo, in modo particolare, la capacità di ritrarre tanto soggetti fantastici quanto personaggi della Bibbia con una laicità cruda, a volte impietosa, grazie all’uso forte dei colori e al gioco netto di luci e ombre. Nelle altre due pellicole che compongono la Trilogia della vita pasoliniana, vale a dire I racconti di Canterbury (1972) e Il fiore delle mille e una notte (1974), forte è l’influenza della pittura medievale e di Paolo Uccello, in particolare. Alle arti figurative e ai suoi interpreti va riconosciuto il merito di saper restituire l’atmosfera del periodo di volta in volta rappresentato in opere scevre di orpelli. Questa sorta di minimalismo storico è l’insegnamento che dalla pittura mi deriva per il tramite di Pier Paolo Pasolini, un insegnamento il suo che, da allora, fa parte del mio modo di lavorare e, anzi, lo caratterizza in maniera imprescindibile. Ne Il nome della rosa (1986) la soluzione verticale del labirinto della biblioteca è ispirata dalle “Carceri” di Piranesi e dalle false prospettive di Escher, che pure mi ha influenzato profondamente per la scenografia del manicomio criminale in Shutter Island (2010). Tutto questo si combina intimamente con il poderoso stimolo alla creatività che ad ogni scenografo, credo, derivi dalla


10 ricerca storica e dalla fase di reperimento della documentazione necessarie ad un’attenta ricostruzione del contesto da portare sulla scena. Non ha poi molta importanza se la sceneggiatura si basi su fatti realmente accaduti o sia una trasposizione di qualche opera di finzione letteraria: la scenografia è sempre la ricostruzione di uno spazio, del mondo in cui si svolge una storia, e il successo di un film dipende anche dall’armonia che si stabilisce fra la narrazione e il contesto ricostruito dallo scenografo che deve, innanzi tutto, avere o acquisire un’approfondita conoscenza del periodo storico di ambientazione del film. La ricostruzione scenografica, però, non va intesa nel senso della correttezza filologica della trasposizione, della mera riproduzione di ambienti appartenuti al passato. Piuttosto, si tratta di un processo di immedesimazione che cerco di compiere ogni volta che mi viene affidato il compito di realizzare una scenografia: quasi fossi un personaggio, un artista, un architetto dell’epoca, mi immergo nel suo periodo storico per portarne alla luce una interpretazione, per renderne le atmosfere che, anche se non pedissequamente fedeli alla realtà storica, risultano però credibili e, di più, vive. Solo a quel punto, filtrata dalla mia visione, dalla mia personalità, la realtà storica diventa suggestione per uno schizzo. È dal carboncino o dalla matita, per lo più, che prende vita ogni ambiente della scenografia. Sono delle prove, su cui posso riflettere prima di realizzare il bozzetto che è, invece, il luogo della ricercatezza nel particolare, nel colore, nel segno, nella sfumatura. Non di rado, i miei bozzetti hanno misure, per così dire, “da megalomane”: anche due metri di lunghezza per un metro di altezza. Bisogna, però, intendere il senso etimologico del termine: una visione dilatata che vada oltre gli angusti limiti imposti dallo schermo e che, passando al piano della realtà, ha bisogno di spazi ampi per potersi dispiegare compiutamente. Si tratta di una visione, quella dello scenografo, che per svilupparsi – oltre alla continuità, all’impegno costante nella pratica lavorativa – ha bisogno di libertà, si alimenta della fiducia del regista in una collaborazione che, nel caso di Federico Fellini,

Macerata Opera festival l’altro grande artista con cui ho avuto la fortuna di intrecciare il mio percorso umano e professionale dopo Pasolini, credo si potesse definire simbiotica. Il primo incontro con Fellini avvenne all’indomani di Medea, quando mi chiese di collaborare al fianco di un altro grande della scenografia, Danilo Donati, a Roma. Avevo allora la consapevolezza di non poter affrontare al meglio una personalità forte come quella di Fellini e chiesi al Maestro di rinviare la nostra collaborazione a quando fossi stato pronto. Quelli che seguirono furono anni comunque intensi, al lavoro con artisti di primissimo piano che non esito a definire, seppure per altri versi, dei maestri: per Elio Petri curai la scenografia di La classe operaia va in paradiso (1971) e Todo modo (1976) e, ancora, Delitto d’amore (1974), Mio Dio, come sono caduta in basso! (1974) e Il gatto (1977) per la regia di Comencini; poi Storie di ordinaria follia (1981) di Marco Ferreri e Il mondo nuovo (1982) di Ettore Scola. Certo Fellini rimane, per me, per la mia esperienza professionale, il faro, come lo chiamavamo, anche per quel suo cercare con me uno scambio continuo – che otteneva, naturalmente –, insistendo nel voler conoscere non solo i miei pensieri ma anche i miei sogni. Voleva ce ne raccontassimo uno ogni mattina all’arrivo sul set: a lui piaceva che gliene raccontassi pur sapendo, senza confessarcelo apertamente, che erano frutto di invenzione. Il nostro legame, prima che artistico, era di appartenenza, appartenenza ad una terra, quella adriatica, quella di provincia, che lui aveva saputo magnificamente rappresentare in pellicole indimenticabili come Amarcord e I vitelloni e che a me sarebbe servita da spunto per quei “sogni”, le esperienze e le storie raccontate molti anni dopo. L’ispirazione – per un artista – nasce da un dettaglio, da un’emozione, da una suggestione. L’invenzione dei film per Fellini nasceva anche da questo nostro scambio. A me il compito di dare corpo ai suoi pensieri, di materializzare la sua visione, una visione che viveva in una dimensione dilatata, perché inventata giorno dopo giorno. L’uso di materiali veri, come il legno, il vetro, i mattoni, il cemento, rendevano quella forma di fantasia – reale


Allievi e Maestri nella mente del regista – una costruzione che, nella sua fisicità, aveva ancor più forza evocativa. Prova d’orchestra (1978), La città delle donne (1980), E la nave va (1983), Ginger e Fred (1986) e La voce della luna (1990) sono frutto di questa sinergia e mi hanno lasciato di Fellini un insegnamento che si è profondamente radicato in me, quello che “nulla è impossibile”. Questa convinzione, che cerco di trasmettere ai miei collaboratori, mi ha portato – proprio perché scenografo di due Maestri universalmente riconosciuti tali – a lavorare con grandissimi professionisti della regia e a ricevere premi anche oltreoceano: fra gli altri, Terry Gilliam (Nomination all’Oscar, The adventures of Baron Mündchausen, 1988), Julie Taymor, JeanJacques Annaud (Nastro d’argento e David di Donatello, Il nome della rosa, 1986), Tim Burton (Oscar alla scenografia, Sweeney Todd, 2008) e Martin Scorsese. Con quest’ultimo ho realizzato la scenografia di film storici, di costume come The age of innocence (Nomination all’Oscar, 1993), Kundun (Nomination all’Oscar, 1997), Gangs of New York (Nomination all’Oscar, 2002), The aviator (Oscar alla scenografia, 2004) e Hugo Cabret, (Oscar alla scenografia, 2012). Con Scorsese condividiamo la passione per la ricostruzione d’epoca, l’immaginario del cinema anni Trenta e Quaranta, il “piacere di fare le cose in grande” e quella sorta di fascinazione per i luoghi angusti, come i corridoi, che non è una vera e propria forma di claustrofobia e che a me, personalmente, deriva dal fatto di essere rimasto intrappolato per ben due giorni sotto le macerie di casa, quando Macerata venne bombardata nel ’45. Ho iniziato a lavorare a Cinecittà a diciassette anni e il mio laboratorio, da sempre, si trova di fronte allo Studio 5, quello che fu il regno di Fellini ed è, ancora oggi, il teatro di posa più grande d’Europa. Il cinema, quindi, è sicuramente la mia dimensione ideale, quella in cui mi piace e mi riesce di esprimere appieno la mia creatività. Eppure negli anni ci sono state collaborazioni intense con il teatro, anche quello lirico. Proprio a Macerata, non molto tempo fa – era il 2008 – sono tornato per la Carmen, sotto la direzione arti-

11 stica di Pier Luigi Pizzi. Credevo inizialmente si trattasse della realizzazione delle scene, com’era nella mia esperienza professionale consolidata, per comprendere, poi, che mi veniva affidata la regia dell’intero spettacolo. Ho voluto ambientare la vicenda, molto nota, inserendo il tango al posto del flamenco. Ottima è stata la risposta del pubblico, amante corrisposto dell’Arena Sferisterio, che è un luogo estremamente suggestivo, pensato e realizzato per il gioco del pallone col bracciale e la tauromachia, ancora molto praticati nel XIX secolo, ma versatile al punto tale da prestarsi con assoluta naturalezza alla rappresentazione di opere liriche. Il muro di fondo, lungo quasi novanta metri, è una tavolozza dalle mille possibilità espressive. Spettacolare l’allestimento de La Traviata di Svoboda per la regia di Henning Brockhaus che ha raccolto un successo planetario, principalmente perché il Maestro ha saputo fondere elementi di forte innovazione in una trama classica, introducendo la profondità della dimensione onirica grazie alla moltiplicazione dei piani prospettici. Si è sempre allievi di quegli artisti che si contraddistinguono per la maestria nel riuscire a rendere un sogno “reale” agli occhi del pubblico.



SFERISTERIO 20, 29 luglio, 4, 12 agosto - ore 21.00 Giuseppe Verdi

La traviata Dramma lirico in tre atti su libretto di Francesco Maria Piave Edizioni Universal Music Publishing Ricordi srl, Milano

Myrtò Papatanasiu Gabriella Sborgi Angela Bella Ricci Ivan Magrì Luca Salsi Stefano Ferrari Cristiano Palli Andrea Pistolesi Alessandro Tirotta Alessandro Pucci Gianni Paci Roberto Gattei

Violetta Valéry Flora Bervoix Annina Alfredo Germont Giorgio Germont Gastone Barone Douphol Marchese d’Obigny Dottor Grenvil Giuseppe Domestico di Flora Commissionario

Direttore Daniele Belardinelli Regia Henning Brockhaus Scene Josef Svoboda Costumi Giancarlo Colis Coreografie Emma Scialfa Luci Henning Brockhaus e Fabrizio Gobbi Assistente alla regia Valentina Escobar Maestro del coro David Crescenzi Fondazione Orchestra Regionale delle Marche Coro Lirico Marchigiano “V. Bellini” Complesso di palcoscenico Banda “Salvadei”



15 Direttore di scena Matteo Mazzoni Direttore musicale di palcoscenico Gianfranco Stortoni Maestro di sala Meri Piersanti, Simone Savina Maestri di palcoscenico Sabrina Scaramelli, Sara Zampetti Maestro alle luci Melissa Mastrolorenzi Maestro ai sopratitoli Natalia Giro Ballerini Alessandro Caruso, Marinella Mazzoni, Noemi Micarelli, Marta Negrini, Martina Pirani, Alice Zucconi Figuranti Egidio Egidi (coordinatore), Federico Bollini, Giacomo Diomedi, Conzuelo Fogante, Massimiliano Greghini, Lucia Leonardi, Rebecca Liberati, Marika Marinsalta, Corrado Monachesi, Matteo Monachesi, Lucrezia Rigucci, Alice Santolini, Vincenzo Scognamiglio, Felipe Sideri, Alia Simoncini, Rebecca Valeri Responsabile allestimento scenico e servizi di palcoscenico Enrico Sampaolesi Logistica Giorgio Alici Biondi Scenografo realizzatore Serafino Botticelli Capo macchinista Secondo Caterbetti Capo elettricista Fabrizio Gobbi Responsabile sartoria Simonetta Palmucci Responsabile vestizioni Maria Antonietta Lucarelli Capo attrezzista Emanuela Di Piro Capo squadra aiuti tecnici Mauricio Cesar Pasquali Responsabili parrucco Anna Anisimova, Serena Mercanti Responsabile trucco Raffaella Cipolato Direttore di sala Marco Coltorti Fotografo Alfredo Tabocchini Scene Specchiopiuma, Aprilia (Lt) - Paolino Libralato, Dosson di Cesier (Tv) - Gobbo Engeneering, Buccinasco (Mi) Attrezzeria Macerata Opera Festival - Costumi Fondazione Pergolesi Spontini, Jesi (An) - Calzature Pompei 2000, Roma Parrucche Audello, Torino - Illuminotecnica Musicalbox, Verona - Fonica AMS, Macerata Sopratitoli e audio descrizioni Macerata Opera Festival e UniversitĂ di Macerata, con il supporto tecnico di Sub-Ti, Londra



17

Io credo che non si possa scrivere e raccontare nulla se non quando si sono conosciute a fondo le persone. Non essendo ancora capace di inventare, mi limiterò a raccontare. […] La storia che vi racconto ha un solo merito: quello di essere vera. Non voglio trarre da questa narrazione la conclusione che tutte le donne del genere di Margherita siano capaci di tanto sacrificio. È che una di esse aveva provato nella sua vita un amore serio, ne aveva sofferto, ne era morta: e vi ho raccontato quello che sapevo. Era mio dovere. Io non sono apostolo del vizio, ma raccoglierò sempre l’eco dell’infelicità, ovunque la senta supplicare. La storia di Margherita Gautier è straordinaria; se fosse stata cosa comune, non sarebbe valsa la pena di scriverla. Da La Signora delle Camelie di Alexandre Dumas



19 La traviata: una storia vera

Mauro Rossi

La libertà di amare dell’essere umano, ristretta e vincolata dalle leggi del vivere comunitario, punita dalla sorte e giudicata dalla società stessa, fu un tema che impressionò Verdi quando, il 2 febbraio 1852 presso il Théâtre du Vaudeville di Parigi, assistette ad una rappresentazione di La dame aux camélias di Alexandre Dumas figlio. Questo dramma fu tratto da Dumas dall’omonimo romanzo che egli aveva pubblicato nel 1848, ispirandosi alla vita di Marie Duplessis, sua giovane amante morta di tubercolosi all’età di ventitrè anni e dama parigina nota per le sue relazioni con uomini dell’alta società francese. «Penso che non si possano creare dei personaggi senza aver studiato a fondo gli uomini, come non si può parlare una lingua che a patto di averla imparata seriamente. Non avendo ancora raggiunto l’età nella quale s’inventa, mi accontento di riferire. Invito pertanto il lettore a convincersi della realtà di questa storia, di cui tutti i personaggi, tranne la protagonista, sono ancora vivi»: l’incipit del romanzo di Dumas pare anticipare quella poetica del Naturalismo che Emile Zola esporrà nel suo saggio Le roman experimental (Il romanzo sperimentale), pubblicato nel 1880, ove egli dichiara che «il romanziere come lo scienziato deve essere insieme osservatore e sperimentatore, considera l’arte come una riproduzione oggettiva del reale governata dalle leggi della natura, rivendica l’impegno morale dello scrittore che, mettendo in luce le cause dei fenomeni sociali deve indurre la società stessa a intervenire per modificarli e migliorarli». Tali dichiarazioni ci inducono a vedere Traviata sotto la luce della volontà di Verdi di portare sulla scena un lavoro “vero”, contemporaneo, reale, che parli della società e della vita del suo tempo, quasi a voler eliminare lo straniamento della rappresentazione, o sfruttando questo aspetto al fine

di indurre lo spettatore a riflettere sulla sua stessa quotidianità, attraverso un linguaggio musicale profondamente calato nel dramma e che ne evidenzia gli aspetti emozionali con una modalità espressiva che spinge l’ascoltatore-spettatore a partecipare quasi attivamente, con il proprio giudizio e le proprie emozioni, alle vicende dei protagonisti. Così come Balzac nella prefazione alla sua Comédie humaine (1842) precisa che «il romanziere deve ispirarsi alla vita contemporanea, studiando l’uomo quale appare nella società», Dumas pochi anni dopo con La dame aux camélias mette in scena uno spaccato della società parigina a lui contemporanea, narrando per altro una vicenda ispirata ad un caso in cui egli stesso era coinvolto a causa della sua relazione con la Duplessis (nel romanzo Marguerite Gautier). Ma se Dumas, quando dichiara di voler riferire i fatti, appare vicino alla “teoria dell’impersonalità” del Flaubert di Madame Bovary, secondo la quale il romanziere non è una figura “super partes” rispetto al suo soggetto, ma un narratore che, ponendosi fianco a fianco ai protagonisti della storia, ne assume stilemi linguistici e modalità espressive, Verdi con la musica può spingersi oltre, entrando nella coscienza dei suoi personaggi, leggendone la mente ed il cuore e traducendo questa interiorità con un’espressività musicale in grado di vivificare i pensieri, i sentimenti, i timori e le speranze dei protagonisti che diventano gli stessi timori e le stesse speranze del pubblico coinvolto in sala. Troppo forte, troppo vero fu il risultato: Verdi e il suo fidato librettista Francesco Maria Piave avevano creato un dramma in grado di destabilizzare l’autocompiacimento, l’appagata agiatezza e la frivolezza della società borghese contemporanea e la censura veneziana accettò di allestire Traviata alla Fenice a patto che le vicende rappresentate fossero retrodatate al ‘700. Verdi aveva preso accordi con Carlo Marzari, segretario del massimo teatro veneziano nell’aprile del 1852, per un’opera da rappresentarsi in occasione del Carnevale dell’anno successivo, senza definire né il titolo né l’argomento; ritiratosi nella villa di Sant’Agata (presso Piacenza) col Piave, aveva lavorato tutta l’estate alla ricerca di un soggetto da



La traviata: una storia vera proporre al censore veneziano, finché a ridosso di questa scadenza, si fece spedire in tutta fretta dall’editore parigino Marie Escudier il testo della Dame di Dumas. Il Piave ne trasse una versione in prosa in soli cinque giorni intitolandola Amore e morte. «A Venezia io rappresento “La dame aux camelias” che avrà per titolo, forse, “La traviata”. È un soggetto del nostro tempo. Un altro forse non l’avrebbe fatto per i costumi, pei tempi, e per mille altri goffi scrupoli, ma io lo faccio con tutto il piacere. Tutti gridavano quando proposi un gobbo da mettere in scena. Ebbene: io era felice di scrivere il “Rigoletto”» così scrisse Verdi il 1° gennaio 1853 all’amico napoletano Cesare De Sanctis, prima che la censura ponesse la clausola di spostare l’epoca della vicenda di Traviata. Il 6 marzo 1853 il sipario della Fenice si alza sul salotto di Violetta Valery, il nuovo nome della Marguerite Gautier di Dumas. La musica è allegra, sfarzosa, brillante; la protagonista manifesta i segni della tisi che la affligge, ma dimostra un carattere forte e sbarazzino, con una volontà assoluta di godere a pieno le gioie della vita. Di fronte all’amore che Alfredo Germont le dichiara durante la festa, ella risponde teneramente donandogli una camelia perché egli la riporti il giorno successivo. Rimasta sola Violetta sogna di poter vivere questo nuovo amore, ma poi torna alla realtà e fa mostra della sua volontà di gioire nella virtuosistica cabaletta Sempre libera degg’io. Alla fine del primo atto il pubblico è eccitato ed applausi scroscianti riempiono la sala. Durante il secondo atto il perbenismo borghese di Giorgio Germont, padre di Alfredo che impone a Violetta di troncare la relazione con suo figlio per preservare il buon nome della sua famiglia, fa storcere i nasi e la reazione di un pubblico che si sente osservato alle spalle è di placare gli entusiasmi e decretare il fiasco della prima rappresentazione. Lo straziante terzo atto poi, con Violetta sul suo letto di morte che canta Addio, del passato bei sogni ridenti stringendo fra le mani una lettera che le annuncia l’arrivo dell’amato Alfredo, le goffe scuse di Giorgio Germont e la morte desolante della protagonista risultarono assoluta-

21 mente inaccettabili, come se Verdi stesse dicendo: «Visto cosa avete fatto con il vostro perbenismo ed i vostri codici di onore e rispettabilità?». La protagonista era stata uccisa dalla società prima che dalla malattia. Improponibile. Così la prima fu un fiasco, un insuccesso decretato dalla straordinaria verosimiglianza della storia, così ben definita dalla musica di un compositore innamorato del suo personaggio e della sua storia, che gli dà pieno appoggio e compassione. Un fiasco forse annunciato da un libretto censurato, da un allestimento ambientato cento anni prima rispetto ai fatti, che strideva rispetto all’attualità della vicenda e soprattutto della musica, la quale segnava così bene i tratti caratteristici della contemporaneità attraverso il ritmo ternario del valzer, la danza mondana per eccellenza in voga nella classe borghese ottocentesca e che ancora non esisteva all’inizio del ‘700. Troppo vero e troppo forte il soggetto di Traviata dovette attendere più di un anno per tornare sulle scene. Grazie all’insistenza amicale di Piave e di Antonio Gallo, impresario del Teatro San Benedetto di Venezia, Verdi rivede cinque numeri del secondo atto e grazie all’allievo e amico Emanuele Muzio, che fa pervenire a Tito Ricordi queste modifiche, pubblica la nuova partitura. Il 6 maggio 1854 La traviata ottiene un successo trionfale al San Benedetto, un successo che, a parte alcuni ostacoli da parte delle censure di tutto il mondo, non conosce fine. Mentre Wagner in quegli stessi anni con L’anello del Nibelungo (la composizione dell’Oro del Reno risale al 1853-54) teorizzava e realizzava un tipo di spettacolo nuovo, manifestazione di un mondo alternativo al reale ma che pur con esso conviveva nella misura in cui il reale si eclissava in esso, Verdi incarnò la figura del compositore in grado di dare la forma del Bello a una vicenda reale, a tratti scabrosa e ad un personaggio intenso e combattuto che da vivace donna di mondo, dalla vocalità virtuosa e ridente, diventa una compagna innamorata con impetuosi accenti drammatici, per morire consumata con un commovente lirismo in dissolvenza.



23 SOGGETTO

ATTO PRIMO Parigi, metà dell’Ottocento. Violetta Valéry, mondana famosa, intrattiene gli ospiti nel salotto della sua casa: è un modo per soffocare l'angoscia che la tormenta, perché sa che la sua salute è gravemente minata. Al sontuoso ricevimento giunge, presentato dal nobile Gastone, Alfredo Germont, che si dichiara subito interessato all’avvenente ospite e le dedica un brindisi. L'attenzione che Violetta dimostra per la nuova conoscenza non sfugge a Duphol, il suo amante abituale. Mentre i convitati si avviano al salone per le danze, la donna ha un improvviso malore. Alfredo le resta accanto e, ormai senza indugi, le dichiara l’amore segreto. Violetta, colpita e incredula, consegna al giovane una camelia, invitandolo a tornare l’indomani, quando il fiore sarà appassito. Alfredo lascia la festa raggiante di felicità e Violetta, congedati gli ospiti, si interroga sulla possibilità che una donna del suo stato possa permettersi un vero amore. ATTO SECONDO L’amore è sbocciato. Alfredo e Violetta Valéry hanno abbandonato la metropoli e vivono felici in campagna. L'uomo viene a sapere, attraverso una confessione della cameriera Annina, che Violetta sta vendendo i suoi gioielli perché è rimasta senza denaro, e si precipita a Parigi per procurarsene. L'amica di Violetta, Flora, la invita a una festa, ma la ragazza rimane in casa e riceve la visita inattesa del padre di Alfredo, Giorgio Germont. Costui l'accusa di condurre il figlio alla miseria, ma Violetta contesta le sue affermazioni e gli fa vedere che, al contrario, è stata lei a vendere i suoi preziosi. Ma Germont padre vuole anche far troncare lo scandaloso legame, ostacolo al matrimonio della figlia. Violetta deve scegliere e fa quello che crede essere il bene

del suo innamorato: lo congeda con una lettera e torna alla sua vecchia vita. Alfredo la ritrova, tempo dopo, a una festa in casa di Flora Bervoix, in compagnia del vecchio barone. Furente di gelosia, non esita ad offenderla pubblicamente, lanciandole in faccia del denaro. ATTO TERZO Il male che da tempo mina la salute di Violetta si è molto aggravato. La donna non può più alzarsi dal suo letto. Le giunge una lettera di Germont: finalmente ha deciso di spiegare tutto a suo figlio. Alfredo si è commosso e giunge all’improvviso al suo capezzale, chiedendole perdono disperatamente. Arriva anche Giorgio Germont, profondamente pentito. Violetta ha solo il tempo per donare al suo amato il ritratto di quand’era bella, poi lo stringe a sé e spira tra le sue braccia nel momento più bello della sua vita.


24 SYNOPSIS

ACT ONE Paris, mid-Nineteenth century. Violetta Valéry, a wellknown courtesan, is entertaining guests in her salon. The party is a way to suppress her anguish, knowing as she does that her health is severely compromised. The noble Gaston brings Alfredo Germont to Violetta’s sumptuous party; Alfredo has long been Violetta’s admirer and makes a toast to her. Baron Duphol, Violetta’s regular lover, has noticed that she pays a lot of attention to Alfredo. While the guests file into the ballroom, Violetta suffers a fainting spell. Alfredo stays by her side and declares his love. Surprised, Violetta gives him a camelia and asks him to come again the next day, when the flower fades. Alfredo is all excited and leaves the party, while Violetta, once all the guests are gone, is left alone with her thoughts and wonders if a woman like herself can, in fact, commit to true love. ACT TWO Love between Violetta and Alfredo has blossomed. They have left Paris and live happily in the country. Alfredo learns from the maid, Annina, that Violetta is selling her jewels to pay for their life together. He sets off for Paris to look for money himself. Flora, Violetta’s friend, invites her to a party but the young lady decides not to attend. Giorgio Germont, Alfredo’s father, unexpectedly pays her a visit and accuses her of leading his son to poverty. Violetta reacts to these accusations and shows him proof that she has been selling her possessions. Nonetheless, Giorgio Germont wishes the liaison to be broken, being also a threat to his daughter’s engagement. Violetta finally gives in to his request, for the love of Alfredo. She writes a farewell note to her beloved and decides to resume her old life. Alfredo sees her again at a party chez Flora Bervoix, accompanied by her

La traviata former lover, Baron Duphol. Mad with jealousy, Alfredo shouts at her and throws money at her face. ACT THREE Violetta’s condition has seriously worsened, she can no longer leave her bed. A letter from Giorgio Germont tells her he has made up his mind to reveal Violetta’s sacrifice to his son Alfredo. The latter, deeply moved, comes to her deathbed and begs her forgiveness. Giorgio Germont also arrives, full of remorse. Violetta hands her lover a portrait of herself in the good old days, she holds him tight and dies in his arms, in the very best moment of her life.


Soggetto DIE HANDLUNG

ERSTER AKT Violetta Valéry unterhält ihre Gäste in ihrem Pariser Salon. Auch Alfredo Germont, von Gastone eingeführt, kommt zu dem prunkvollen Empfang und zeigt sofort sehr großes Interesse für die Gastgeberin, auf die er auch einen Toast ausruft. Während die Gäste sich in den Ballsaal begeben, um die Tänze zu eröffnen, fühlt sich Violetta plötzlich unwohl. Alfredo bleibt bei ihr und, ohne zu zögern, gesteht er ihr seine Liebe, die er inzwischen seit über einem Jahr heimlich für sie empfindet. Ungläubig und betroffen gibt Violetta ihm eine Kamelie und bittet ihn, am nächsten Tag wiederzukommen, wenn die Blume verblüht sein wird. Alfredo verlässt überglücklich das Fest und Violetta fragt sich, nachdem sie ihre Gäste verabschiedet hat, ob sich eine Frau in ihrer Position der wahren Liebe hingeben kann, beschließt dann aber, sich den Wonnen der Liebe hinzugeben. ZWEITER AKT Nach einigen Wochen ist die Liebe aufgeblüht, die beiden leben auf dem Land – weit weg vom Lärm der Feste. Der einzige Schatten über ihrem Glück ist die prekäre finanzielle Situation, in der sie sich befinden, welche Violetta dazu zwingt, ihre Kutsche und Pferde zu verkaufen. Alfredo, den dieses beschämt und verletzt, beschließt mit eigenen Mitteln Abhilfe zu schaffen und fährt nach Paris. Violetta, alleingeblieben, muss einen Besuch seines Vaters, Giorgio Germonts, über sich ergehen lassen. Dieser fordert sie brutal auf, die skandalöse Beziehung zu seinem Sohn aufzugeben, die auch ein Hindernis für die Verlobung seiner Schwester darstellt. Zunächst leistet Violetta Widerstand, gibt dann aber nach und bekennt, an einer unheilbaren Krankheit zu leiden. Sie verabschiedet sich mit einem Brief von Alfredo und kehrt zu ihrem ehemaligen Leben zurück. Nach einiger Zeit treffen die

25 beiden sich zufällig bei einem Fest im Hause Flora Bervoixs - Violetta ist in Begleitung des alten Barons. Rasend vor Eifersucht beleidigt Alfredo sie vor allen Leuten und wirft ihr Geld vor die Füße. DRITTER AKT Erneut in Paris, ist Violetta inzwischen von der Schwindsucht abgezehrt und ohne Geld. Sie ist aber glücklich über den Brief Germonts, aus dem sie erfährt, daß Alfredo von ihrer selbstaufopfernden Haltung weiß. Der junge Mann kommt unerwartet an ihr Krankenbett und fleht sie verzweifelt um Verzeihung an. Violetta bleibt nur noch Zeit, ihm ein Bild von sich zu schenken. Dann umarmt sie ihn und, noch ein letztes Mal auffahrend, entschläft sie in seinen Armen, während draußen der Karneval lärmt.


26 SUJET

PREMIER ACTE Paris, moitié du XIXe siècle Violetta Valéry, courtisane célèbre, divertit les invités dans le séjour de sa maison. C’est un moyen pour elle d’étouffer l’angoisse qui la tourmente car elle sait sa santé gravement compromise. A la somptueuse réception se joint, introduit par le noble Gastone, Alfredo Germont, qui se montre immédiatement intéressé par la charmante maîtresse de maison, pour laquelle il lève son verre. L’attention que Violette porte au nouveau venu n’échappe pas à Duphol, son amant régulier. Alors que les convives se dirigent vers le grand salon pour danser, le jeune femme a soudain un malaise. Alfredo reste à ses côtés et, sans plus attendre, lui déclare son amour secret. Violetta, touchée et incrédule, confie au jeune homme une fleur de camélia et l’invite à revenir le lendemain, quand la fleur sera fanée. Alfredo quitte la fête ivre de joie et Violette, une fois les invités congédiés, s’interroge sur la possibilité pour une femme de sa condition de vivre le grand amour. DEUXIEME ACTE L’amour a éclot. Alfredo et Violette Valéry ont abandonné la métropole et vivent heureux à la campagne. L’homme apprend, par la confession de la bonne Annina, que Violette vend ses bijoux parce qu’elle n’a plus d’argent et il se précipite alors à Paris pour s’en procurer. L’amie de Violette, Flora, l’invite à une fête mais la jeune femme reste chez elle et reçoit la visite inattendue du père d’Alfredo, Giorgio Germont. Celui-ci l’accuse de conduire son fils à la ruine mais Violette dément ses affirmations et lui montre, au contraire, qu’elle a vendu ses bijoux. Mais le père Germont veut également mettre un terme à leur scandaleuse relation qui constitue un obstacle au mariage de sa fille. Violette

La traviata doit choisir et fait ce qu’elle croit être le mieux pour son amant: elle le congédie avec une lettre et s’en retourne à son ancienne vie. Alfredo la retrouve quelques temps après en compagnie d’un vieux baron lors d’une fête chez Flora Bervoix. Fou de jalousie, il n’hésite pas à l’humilier en public en lui lançant de l’argent à la figure. TROISIEME ACTE Le mal qui ronge Violette depuis un moment s’est beaucoup aggravé. La jeune femme ne peut plus se lever de son lit. Lui parvient une lettre de Germont qui a finalement décidé de tout avouer à son fils. Alfredo est bouleversé et se rend à son chevet à l’improviste, lui demandant désespérément pardon. Giorgio Germont arrive lui aussi, profondément désolé. Violette a tout juste le temps de donner à son bienaimé un portrait d’elle quand elle était encore belle. Puis elle se serre contre lui et expire dans ses bras au plus beau moment de sa vie.




29

Atto primo

Marchese Caro Alfredo... Alfredo Marchese...

Coro I Dell’invito trascorsa è già l’ora voi tardaste. Coro II Giocammo da Flora. E giocando quell’ore volar. Violetta Flora, amici, la notte che resta d’altre gioie qui fate brillar fra le tazze è più viva la festa. Flora e Marchese E goder voi potrete? Violetta Lo voglio; al piacere m’affido, ed io soglio col tal farmaco i mali sopir. Tutti Sì, la vita s’addoppia al gioir. Gastone In Alfredo Germont, o signora, ecco un altro che molto vi onora; pochi amici a lui simili sono. Violetta Mio Visconte, merce’ di tal dono.

Gastone T’ho detto: l’amistà qui s’intreccia al diletto. Violetta Pronto è il tutto? Miei cari sedete: è al convito che s’apre ogni cor. Tutti Ben diceste le cure segrete fuga sempre l’amico licor. Gastone Sempre Alfredo a voi pensa. Violetta Scherzate? Gastone Egra foste, e ogni dì con affanno qui volò, di voi chiese. Violetta Cessate. Nulla son io per lui. Gastone Non v’inganno. Violetta Vero è dunque? onde è ciò? Nol comprendo.


30

Alfredo Si, egli è ver. Violetta Le mie grazie vi rendo. Voi Barone, feste altrettanto. Barone Vi conosco da un anno soltanto. Violetta Ed ei solo da qualche minuto. Flora Meglio fora se aveste taciuto. Barone Mi è increscioso quel giovin. Flora Perché? A me invece simpatico egli è.

La traviata

Gastone O barone, né un verso, né un viva troverete in quest’ora giuliva? Dunque a te. Tutti Sì, sì, un brindisi. Alfredo L’estro non m’arride. Gastone E non se’ tu maestro? Alfredo Vi fia grato? Violetta Sì. Alfredo Sì? L’ho già in cor.

Gastone E tu dunque non apri più bocca?

Marchese Dunque attenti.

Marchese È a madama che scuoterlo tocca.

Tutti Sì, attenti al cantor.

Violetta Sarò l’Ebe che versa.

Alfredo Libiam ne’ lieti calici che la bellezza infiora, e la fuggevol ora s’inebri a voluttà. Libiam ne’ dolci fremiti che suscita l’amore, poiché quell’occhio al core onnipotente va.

Alfredo E ch’io bramo immortal come quella. Tutti Beviamo.


Atto primo

Libiamo, amor fra i calici più caldi baci avrà. Tutti Libiamo, amor fra i calici più caldi baci avrà. Violetta Tra voi saprò dividere il tempo mio giocondo; tutto è follia nel mondo ciò che non è piacer. Godiam, fugace e rapido è il gaudio dell’amore; è un fior che nasce e muore, né più si può goder. Godiam c’invita un fervido accento lusinghier. Tutti Godiam la tazza e il cantico la notte abbella e il riso; in questo paradiso ne scopra il nuovo dì. Violetta La vita è nel tripudio. Alfredo Quando non s’ami ancora.

31

la notte abbella e il riso; in questo paradiso ne scopra il nuovo dì. Che è ciò? Violetta Non gradireste ora le danze? Tutti Oh, il gentil pensier! Tutti accettiamo. Violetta Usciamo dunque ohimé! Tutti Che avete? Violetta Nulla, nulla. Tutti Che mai v’arresta. Violetta Usciamo oh Dio!

Violetta Nol dite a chi l’ignora.

Tutti Ancora!

Alfredo È il mio destin così.

Alfredo Voi soffrite?

Tutti Godiam la tazza e il cantico

Tutti O ciel! Ch’è questo?


32

Violetta Un tremito che provo. Or là passate tra poco anch’io sarò. Tutti Come bramate. Violetta Oh qual pallor! Voi qui! Alfredo Cessata è l’ansia che vi turbò? Violetta Sto meglio. Alfredo Ah, in cotal guisa v’ucciderete aver v’è d’uopo cura dell’esser vostro. Violetta E lo potrei? Alfredo Se mia foste, custode io veglierei pe’ vostri soavi dì. Violetta Che dite? Ha forse alcuno cura di me? Alfredo Perché nessuno al mondo v’ama.

La traviata

Violetta Nessun? Alfredo Tranne sol io. Violetta Gli è vero! Sì grande amor dimenticato avea. Alfredo Ridete? E in voi v’ha un core? Violetta Un cor? Sì forse e a che lo richiedete? Alfredo Oh, se ciò fosse, non potreste allora celiar. Violetta Dite davvero? Alfredo Io non v’inganno. Violetta Da molto è che mi amate? Alfredo Ah sì, da un anno. Un dì, felice, eterea, mi balenaste innante, e da quel dì tremante vissi d’ignoto amor. Di quell’amor ch’è palpito dell’universo intero, misterioso, altero, croce e delizia al cor.


Atto primo

Violetta Ah, se ciò è ver, fuggitemi solo amistade io v’offro: amar non so, né soffro un così eroico amor. Io sono franca, ingenua; altra cercar dovete; non arduo troverete dimenticarmi allor. Gastone Ebben? Che diavol fate? Violetta Si foleggiava. Gastone Ah! Ah! Sta ben restate. Violetta Amor dunque non più vi garba il patto? Alfredo Io v’obbedisco. Parto. Violetta A tal giungeste? Prendete questo fiore. Alfredo Perché? Violetta Per riportarlo Alfredo Quando?

33

Violetta Quando sarà appassito. Alfredo O ciel! Domani. Violetta Ebben, domani. Alfredo Io son felice! Violetta D’amarmi dite ancora? Alfredo Oh, quanto v’amo! Violetta Partite? Alfredo Parto. Violetta Addio. Alfredo Di più non bramo. Tutti Si ridesta in ciel l’aurora, e n’è forza di partir; merce’ a voi, gentil signora, di sì splendido gioir. La città di feste è piena, volge il tempo dei piacer;


34

nel riposo ancor la lena si ritempri per goder. Violetta È strano! È strano! In core scolpiti ho quegli accenti! Sarìa per me sventura un serio amore? Che risolvi, o turbata anima mia? Null’uomo ancora t’accendeva oh gioia ch’io non conobbi, essere amata amando! E sdegnarla poss’io per l’aride follie del viver mio? Ah, fors’è lui che l’anima solinga ne’ tumulti godea sovente pingere de’ suoi colori occulti! Lui che modesto e vigile all’egre soglie ascese, e nuova febbre accese, destandomi all’amor. A quell’amor ch’è palpito dell’universo intero, misterioso, altero, croce e delizia al cor. Follie! Follie delirio vano è questo! Povera donna, sola abbandonata in questo popoloso deserto che appellano Parigi, che spero or più? Che far degg’io! Gioire, di voluttà nei vortici perire. Sempre libera degg’io folleggiar di gioia in gioia, vo’ che scorra il viver mio pei sentieri del piacer, nasca il giorno, o il giorno muoia, sempre lieta ne’ ritrovi

La traviata

a diletti sempre nuovi dee volare il mio pensier.




37

Atto secondo

Alfredo Perché? Annina Per alienar cavalli, cocchi, e quanto ancor possiede.

Alfredo Lunge da lei per me non v’ha diletto! Volaron già tre lune dacché la mia Violetta agi per me lasciò, dovizie, onori, e le pompose feste ove, agli omaggi avvezza, vedea schiavo ciascun di sua bellezza ed or contenta in questi ameni luoghi tutto scorda per me. Qui presso a lei io rinascer mi sento, e dal soffio d’amor rigenerato scordo ne’ gaudii suoi tutto il passato. De’ miei bollenti spiriti il giovanile ardore ella temprò col placido sorriso dell’amore! Dal dì che disse: vivere io voglio a te fedel, dell’universo immemore io vivo quasi in ciel. Alfredo Annina, donde vieni? Annina Da Parigi. Alfredo Chi tel commise? Annina Fu la mia signora.

Alfredo Che mai sento! Annina Lo spendìo è grande a viver qui solinghi. Alfredo E tacevi? Annina Mi fu il silenzio imposto. Alfredo Imposto! Or v’abbisogna? Annina Mille luigi. Alfredo Or vanne andrò a Parigi. Questo colloquio ignori la signora. Il tutto valgo a riparare ancora. Alfredo O mio rimorso! O infamia e vissi in tale errore? Ma il turpe sogno a frangere il ver mi balenò. Per poco in seno acquétati, o grido dell’onore; M’avrai securo vindice; quest’onta laverò. O mio rossor! O infamia quest’onta laverò.


38

La traviata

Violetta Alfredo?

Germont D’Alfredo il padre in me vedete!

Annina Per Parigi or or partiva.

Violetta Voi!

Violetta E tornerà?

Germont Sì, dell’incauto, che a ruina corre, ammaliato da voi.

Annina Pria che tramonti il giorno dirvel m’impose. Violetta È strano!... Annina Per voi... Violetta Sta bene. In breve giungerà un uom d’affari, entri all’istante. Violetta Ah, ah, scopriva Flora il mio ritiro! E m’invita a danzar per questa sera! Invan m’aspetterà. Annina È qui un signore. Violetta Ah! Sarà lui che attendo.

Violetta Donna son io, signore, ed in mia casa; ch’io vi lasci assentite, più per voi che per me. Germont (Quai modi!) Pure. Violetta Tratto in error voi foste. Germont De’ suoi beni dono vuol farvi. Violetta Non l’osò finora rifiuterei. Germont Pur tanto lusso.

Germont Madamigella Valéry?

Violetta A tutti è mistero quest’atto a voi nol sia.

Violetta Son io.

Germont Ciel! Che discopro!


Atto secondo

D’ogni vostro avere or volete spogliarvi? Ah, il passato perché, perché v’accusa? Violetta Più non esiste or amo Alfredo, e Dio lo cancellò col pentimento mio. Germont Nobili sensi invero! Violetta Oh, come dolce mi suona il vostro accento! Germont Ed a tai sensi un sacrificio chieggo. Violetta Ah no, tacete terribil cosa chiedereste certo il previdi... v’attesi... era felice... troppo... Germont D’Alfredo il padre la sorte, l’avvenir domanda or qui de’ suoi due figli. Violetta Di due figli! Germont Sì. Pura siccome un angelo Iddio mi die’ una figlia; se Alfredo nega riedere in seno alla famiglia, l’amato e amante giovane,

39

cui sposa andar dovea, or si ricusa al vincolo che lieti ne rendea deh, non mutate in triboli le rose dell’amor. Ai preghi miei resistere non voglia il vostro cor. Violetta Ah, comprendo dovrò per alcun tempo da Alfredo allontanarmi... doloroso fora per me... pur... Germont Non è ciò che chiedo. Violetta Cielo, che più cercate? Offersi assai! Germont Pur non basta. Violetta Volete che per sempre a lui rinunzi? Germont È d’uopo! Violetta Ah, no giammai! Non sapete quale affetto vivo, immenso m’arda in petto... che né amici, né parenti io non conto tra i viventi? E che Alfredo m’ha giurato che in lui tutto io troverò? Non sapete che colpita d’altro morbo è la mia vita? Che già presso il fin ne vedo!


40

Ch’io mi separi da Alfredo? Ah, il supplizio è si spietato, che morir preferirò. Germont È grave il sacrifizio, ma pur tranquilla udite bella voi siete e giovane... col tempo... Violetta Ah, più non dite v’intendo... m’è impossibile lui solo amar vogl’io. Germont Sia pure... ma volubile sovente è l’uom. Violetta Gran Dio! Germont Un dì, quando le veneri il tempo avrà fugate, fia presto il tedio a sorgere che sarà allor? Pensate per voi non avran balsamo i più soavi affetti poiché dal ciel non furono tai nodi benedetti. Violetta È vero! Germont Ah, dunque sperdasi tal sogno seduttore siate di mia famiglia

La traviata

l’angiol consolatore Violetta, deh, pensateci, ne siete in tempo ancor. È Dio che ispira, o giovine tai detti a un genitor. Violetta (Così alla misera - ch’è un dì caduta, di più risorgere - speranza è muta! Se pur beneficio - le indulga Iddio, l’uomo implacabile - per lei sarà) dite alla giovine - sì bella e pura ch’avvi una vittima - della sventura, cui resta un unico - raggio di bene che a lei il sacrifica - e che morrà! Germont Piangi, o misera - supremo, il veggo, è il sacrificio - ch’ora io ti chieggo. Sento nell’anima - già le tue pene; coraggio, e il nobile tuo cor vincerà. Violetta Or imponete. Germont Non amarlo ditegli. Violetta Nol crederà. Germont Partite. Violetta Seguirammi. Germont Allor...


Atto secondo

Violetta Qual figlia m’abbracciate forte così sarò. Tra breve ei vi fia reso, ma afflitto oltre ogni dire. A suo conforto di colà volerete. Germont Che pensate? Violetta Sapendol, v’opporreste al pensier mio. Germont Generosa! E per voi che far poss’io? Violetta Morrò! La mia memoria non fia ch’ei maledica, se le mie pene orribili vi sia chi almen gli dica. Germont No, generosa, vivere, e lieta voi dovrete, mercè di queste lagrime dal cielo un giorno avrete.

41

Violetta Qui giunge alcun: partite! Germont Ah, grato v’è il cor mio! Violetta Partite. Non ci vedrem più forse. A due Siate felice. Addio! Violetta Dammi tu forza, o cielo! Annina Mi richiedeste? Violetta Sì, reca tu stessa questo foglio silenzio và all’istante ed ora si scriva a lui che gli dirò? Chi men darà il coraggio? Alfredo Che fai?

Violetta Conosca il sacrifizio ch’io consumai d’amor che sarà suo fin l’ultimo sospiro del mio cor.

Violetta Nulla.

Germont Premiato il sacrifizio sarà del vostro amor; d’un opra così nobile sarete fiera allor.

Violetta Sì... no.

Alfredo Scrivevi?

Alfredo Qual turbamento! A chi scrivevi?


42

Violetta A te. Alfredo Dammi quel foglio. Violetta No, per ora.

La traviata

lo vedi? Ti sorrido sarò là, tra quei fior presso a te sempre. Amami, Alfredo, quant’io t’amo. Addio. Alfredo Ah, vive sol quel core all’amor mio! È tardi: ed oggi forse più non verrà mio padre.

Violetta Che fu?

Giuseppe La signora è partita l’attendeva un calesse, e sulla via già corre di Parigi. Annina pure prima di lei spariva.

Alfredo Giunse mio padre.

Alfredo Il so, ti calma.

Violetta Lo vedesti?

Giuseppe (Che vuol dir ciò?)

Alfredo Ah no: severo scritto mi lasciava però l’attendo, t’amerà in vederti.

Alfredo Va forse d’ogni avere ad affrettar la perdita. Ma Annina lo impedirà. Qualcuno è nel giardino! Chi è là?

Alfredo Mi perdona son io preoccupato.

Violetta Ch’ei qui non mi sorprenda lascia che m’allontani... tu lo calma ai piedi suoi mi getterò divisi ei più non ne vorrà sarem felici perché tu m’ami, Alfredo, non è vero? Alfredo O, quanto... perché piangi? Violetta Di lagrime avea d’uopo or son tranquilla

Commissionario Il signor Germont? Alfredo Son io. Commissionario Una dama da un cocchio, per voi, di qua non lunge, mi diede questo scritto.


Atto secondo

Alfredo Di Violetta! Perché son io commosso! A raggiungerla forse ella m’invita io tremo! Oh ciel! Coraggio! “Alfredo, al giungervi di questo foglio” Ah! Padre mio! Germont Mio figlio! Oh, quanto soffri! Tergi, ah, tergi il pianto ritorna di tuo padre orgoglio e vanto di Provenza il mar, il suol - chi dal cor ti cancello? Al natio fulgente sol - qual destino ti furò? Oh, rammenta pur nel duol - ch’ivi gioia a te brillò; e che pace colà sol - su te splendere ancor può. Dio mi guidò! Ah! Il tuo vecchio genitor - tu non sai quanto soffrì te lontano, di squallor il suo tetto si coprì ma se alfin ti trovo ancor, - se in me speme non fallì, se la voce dell’onor - in te appien non ammutì, Dio m’esaudì! Né rispondi d’un padre all’affetto? Alfredo Mille serpi divoranmi il petto mi lasciate. Germont Lasciarti!

43

Germont M’ascolti tu? Alfredo No. Germont Dunque invano trovato t’avrò! No, non udrai rimproveri; copriam d’oblio il passato; l’amor che m’ha guidato, sa tutto perdonar. Vieni, i tuoi cari in giubilo con me rivedi ancora: a chi penò finora tal gioia non negar. Un padre ed una suora t’affretta a consolar. Alfredo Ah! Ell’è alla festa! Volisi l’offesa a vendicar. Germont Che dici? Ah, ferma! Flora Avrem lieta di maschere la notte: n’è duce il viscontino Violetta ed Alfredo anco invitai.

Alfredo (Oh vendetta!)

Marchese La novità ignorate? Violetta e Germont sono disgiunti.

Germont Non più indugi; partiamo t’affretta.

Dottore e Flora Fia vero?

Alfredo (Ah, fu Douphol!)

Marchese Ella verrà qui col barone.


44

Dottore Li vidi ieri... ancor parean felici. Flora Silenzio udite? Tutti Giungono gli amici. Zingare Noi siamo zingarelle venute da lontano; d’ognuno sulla mano leggiamo l’avvenir. Se consultiam le stelle null’avvi a noi d’oscuro, e i casi del futuro possiamo altrui predir. I Vediamo! Voi, signora, rivali alquante avete. II Marchese, voi non siete model di fedeltà. Flora Fate il galante ancora? Ben, vo’ me la paghiate. Marchese Che dianci vi pensate? L’accusa è falsità. Flora La volpe lascia il pelo, non abbandona il vizio marchese mio, giudizio o vi farò pentir.

La traviata

Tutti Su via, si stenda un velo sui fatti del passato; già quel ch’è stato è stato, badate/badiamo all’avvenir. Gastone e mattadori Di Madride noi siam mattadori, siamo i prodi del circo de’ tori, testé giunti a godere del chiasso che a Parigi si fa pel bue grasso; e una storia, se udire vorrete, quali amanti noi siamo saprete. Gli altri Sì, sì, bravi: narrate, narrate: con piacere l’udremo. Gastone e mattadori Ascoltate. È Piquillo un bel gagliardo biscaglino mattador: forte il braccio, fiero il guardo, delle giostre egli è signor. D’andalusa giovinetta follemente innamorò; ma la bella ritrosetta così al giovane parlò: cinque tori in un sol giorno vò vederti ad atterrar; e, se vinci, al tuo ritorno mano e cor ti vò donar. Sì, gli disse, e il mattadore, alle giostre mosse il pie’; cinque tori, vincitore sull’arena egli stendé. Gli altri Bravo, bravo il mattadore,


Atto secondo

ben gagliardo si mostrò se alla giovane l’amore in tal guisa egli provò. Gastone e mattadori Poi, tra plausi, ritornato alla bella del suo cor, colse il premio desïato tra le braccia dell’amor. Gli altri Con tai prove i mattadori san le belle conquistar! Gastone e mattadori Ma qui son più miti i cori; a noi basta folleggiar. Tutti Sì, sì, allegri... or pria tentiamo della sorte il vario umor; la palestra dischiudiamo agli audaci giuocator. Tutti Alfredo! Voi!

45

Flora Qui desïata giungi. Violetta Cessi al cortese invito. Flora Grata vi son, barone, d’averlo pur gradito. Barone (Germont è qui! Il vedete!) Violetta (Ciel! Gli è vero!). Il vedo. Barone Da voi non un sol detto si volga a questo Alfredo. Violetta (Ah, perché venni, incauta! Pietà di me, gran Dio!) Flora Meco t’assidi: narrami quai novità vegg’io?

Alfredo Sì, amici.

Alfredo Un quattro!

Flora Violetta?

Gastone Ancora hai vinto.

Alfredo Non ne so.

Alfredo Sfortuna nell’amore vale fortuna al giuoco!

Tutti Ben disinvolto! Bravo! Or via, giuocar si può.

Tutti È sempre vincitore!


46

Alfredo Oh, vincerò stasera; e l’oro guadagnato poscia a goder tra’ campi ritornerò beato. Flora Solo? Alfredo No, no, con tale che vi fu meco ancor, poi mi sfuggìa. Violetta (Mio Dio!) Gastone (Pietà di lei!) Barone Signor! Violetta (Frenatevi, o vi lascio.) Alfredo Barone, m’appellaste? Barone Siete in sì gran fortuna, che al giuoco mi tentaste. Alfredo Sì? La disfida accetto.

La traviata

Alfredo Ed alla manca cento. Gastone Un asse, un fante, hai vinto! Barone Il doppio? Alfredo Il doppio sia. Gastone Un quattro, un sette. Tutti Ancora? Alfredo Pur la vittoria è mia! Coro Bravo davver! La sorte è tutta per Alfredo! Flora Del villeggiar la spesa farà il baron, già il vedo. Alfredo Seguite pur. Servo La cena è pronta.

Violetta (Che fia? Morir mi sento! Pietà gran Dio di me.)

Coro Andiamo.

Barone Cento luigi a destra.

Alfredo Se continuar v’aggrada.


Atto secondo

Barone Per ora nol possiamo: più tardi la rivincita. Alfredo Al gioco che vorrete. Barone Seguiam gli amici; poscia. Alfredo Sarò qual bramerete.

47

Alfredo È tra noi mortal quistione s’ei cadrà per mano mia un sol colpo vi torrìa coll’amante il protettore v’atterrisce tal sciagura? Violetta Ma s’ei fosse l’uccisore? Ecco l’unica sventura ch’io pavento a me fatale! Alfredo La mia morte! Che ven cale?

Violetta Invitato a qui seguirmi, verrà desso? Vorrà udirmi? Ei verrà, ché l’odio atroce puote in lui più di mia voce.

Violetta Deh, partite, e sull’istante.

Alfredo Mi chiamaste? Che bramate?

Alfredo Partirò, ma giura innante che dovunque seguirai i miei passi.

Violetta Questi luoghi abbandonate un periglio vi sovrasta.

Violetta Ah, no, giammai.

Alfredo Ah, comprendo! Basta, basta e sì vile mi credete?

Alfredo No! Giammai!

Alfredo Ma che temete?

Violetta Va’, sciagurato. Scorda un nome ch’è infamato. Va’ mi lascia sul momento di fuggirti un giuramento sacro io feci.

Violetta Temo sempre del Barone.

Alfredo A chi, dillo? E chi potea?

Violetta Ah no, mai!


48

Violetta Chi diritto pien ne avea. Alfredo Fu Douphol? Violetta Sì. Alfredo Dunque l’ami? Violetta Ebben l’amo. Alfredo Or tutti a me. Tutti Ne appellaste? Che volete? Alfredo Questa donna conoscete? Tutti Chi? Violetta? Alfredo Che facesse non sapete? Violetta Ah, taci. Tutti No. Alfredo Ogni suo aver tal femmina per amor mio sperdea

La traviata

io cieco, vile, misero, tutto accettar potea, ma è tempo ancora! Tergermi da tanta macchia bramo qui testimoni vi chiamo che qui pagata io l’ho. Tutti Oh, infamia orribile tu commettesti! Un cor sensibile così uccidesti! Di donne ignobile insultator, di qui allontanati, ne desti orror. Germont Di sprezzo degno se stesso rende chi pur nell’ira la donna offende. Dov’è mio figlio? Più non lo vedo: in te più Alfredo - trovar non so. (Io sol fra tanti so qual virtude di quella misera il sen racchiude io so che l’ama, che gli è fedele, eppur, crudele, tacer dovrò!) Alfredo (Ah sì che feci! Ne sento orrore. Gelosa smania, deluso amore mi strazia l’alma più non ragiono. Da lei perdono - più non avrò. Volea fuggirla non ho potuto! Dall’ira spinto son qui venuto! Or che lo sdegno ho disfogato, me sciagurato! Rimorso n’ho!). Violetta Alfredo, Alfredo, di questo core


Atto secondo

non puoi comprendere tutto l’amore; tu non conosci che fino a prezzo del tuo disprezzo - provato io l’ho! Ma verrà giorno in che il saprai com’io t’amassi confesserai Dio dai rimorsi ti salvi allora; io spenta ancora - pur t’amerò. Barone A questa donna l’atroce insulto qui tutti offese, ma non inulto fia tanto oltraggio - provar vi voglio che tanto orgolio - fiaccar saprò. Tutti Ah, quanto peni! Ma pur fa core qui soffre ognuno del tuo dolore; fra cari amici qui sei soltanto; rasciuga il pianto che t’inondò.

49



51

Atto terzo

Dottore Or, come vi sentite? Violetta Soffre il mio corpo, ma tranquilla ho l’alma. Mi confortò iersera un pio ministro. Religione è sollievo a’ sofferenti.

Violetta Annina?

Dottore E questa notte?

Annina Comandate?

Violetta Ebbi tranquillo il sonno.

Violetta Dormivi, poveretta?

Dottore Coraggio adunque la convalescenza non è lontana.

Annina Sì, perdonate. Violetta Dammi d’acqua un sorso. Osserva, è pieno il giorno? Annina Son sett’ore. Violetta Dà accesso a un po’ di luce. Annina Il signor di Grenvil!

Violetta Oh, la bugia pietosa a’ medici è concessa. Dottore Addio a più tardi. Violetta Non mi scordate. Annina Come va, signore? Dottore La tisi non le accorda che poche ore.

Violetta Oh, il vero amico! Alzar mi vo’ m’aita.

Annina Or fate cor.

Violetta Quanta bontà! Pensaste a me per tempo!

Violetta Giorno di festa è questo?


52

Annina Tutta Parigi impazza è carnevale. Violetta Ah, nel comun tripudio, sallo il cielo quanti infelici soffron! Quale somma v’ha in quello stipo? Annina Venti luigi. Violetta Dieci ne reca ai poveri tu stessa. Annina Poco rimanvi allora. Violetta Oh, mi sarà bastante; cerca poscia mie lettere. Annina Ma voi? Violetta Nulla occorrà... sollecita, se puoi “teneste la promessa... la disfida ebbe luogo! Il barone fu ferito, però migliora Alfredo è in stranio suolo; il vostro sacrifizio io stesso gli ho svelato; egli a voi tornerà pel suo perdono; io pur verrò. Curatevi... meritate un avvenir migliore. Giorgio Germont”. È tardi! Attendo, attendo né a me giungon mai?... Oh, come son mutata! Ma il dottore a sperar pure m’esorta! Ah, con tal morbo ogni speranza è morta.

La traviata

Addio, del passato bei sogni ridenti, le rose del volto già son pallenti; l’amore d’Alfredo perfino mi manca, conforto, sostegno dell’anima stanca ah, della traviata sorridi al desio; a lei, deh, perdona; tu accoglila, o Dio, or tutto finì. Baccanale Largo al quadrupede sir della festa, di fiori e pampini cinto la testa largo al più docile d’ogni cornuto, di corni e pifferi abbia il saluto. Parigini, date passo al trionfo del Bue grasso. L’Asia, né l’Africa vide il più bello, vanto ed orgoglio d’ogni macello allegre maschere, pazzi garzoni, tutti plauditelo con canti e suoni! Parigini, date passo al trionfo del Bue grasso. Annina Signora! Violetta Che t’accadde? Annina Quest’oggi, è vero? Vi sentite meglio?


Atto terzo

Violetta Sì, perché? Annina D’esser calma promettete? Violetta Sì, che vuoi dirmi? Annina Prevenir vi volli una gioia improvvisa. Violetta Una gioia? Dicesti? Annina Sì, o signora. Violetta Alfredo! Ah, tu il vedesti? Ei vien! L’affretta. Alfredo! Amato Alfredo! Alfredo Mia Violetta! Colpevol sono... so tutto, o cara. Violetta Io so che alfine reso mi sei! Alfredo Da questo palpito s’io t’ami impara, senza te esistere più non potrei. Violetta Ah, s’anco in vita m’hai ritrovata, credi che uccidere non può il dolor.

53

Alfredo Scorda l’affanno, donna adorata, a me perdona e al genitor. Violetta Ch’io ti perdoni? La rea son io: ma solo amore tal mi rendé. A due Null’uomo o demone, angelo mio, mai più dividermi potrà da me. Parigi, o cara/o noi lasceremo, la vita uniti trascorreremo: de’ corsi affanni compenso avrai, la mia/tua salute rifiorirà. Sospiro e luce tu mi sarai, tutto il futuro ne arriderà. Violetta Ah, non più, a un tempio Alfredo, andiamo, del tuo ritorno grazie rendiamo. Alfredo Tu impallidisci. Violetta È nulla, sai! Gioia improvvisa non entra mai senza turbarlo un mesto core. Alfredo Gran Dio! Violetta! Violetta È il mio malore fu debolezza! Ora son forte vedi? Sorrido


54

Alfredo (Ahi, cruda sorte!) Violetta Fu nulla Annina, dammi a vestire. Alfredo Adesso? Attendi. Violetta No voglio uscire. Gran Dio! Non posso! Alfredo (Cielo! Che vedo!) Va pel dottor. Violetta Digli che Alfredo è ritornato all’amor mio digli che vivere ancor vogl’io ma se tornando non m’hai salvato, a niuno in terra salvarmi è dato. Gran Dio! Morir sì giovane, io che penato ho tanto! Morir sì presso a tergere il mio sì lungo pianto! Ah, dunque fu delirio la cruda mia speranza; invano di costanza armato avrò il mio cor! Alfredo! Oh, il crudo termine serbato al nostro amor! Alfredo Oh mio sospiro e palpito, diletto del cor mio! Le mie colle tue lagrime confondere degg’io

La traviata

or più che mai, nostr’anime, m’è d’uopo di costanza, ah! Tutto alla speranza non chiudere il tuo cor. Violetta mia, deh, calmati, m’uccide il tuo dolor. Germont Ah, Violetta! Violetta Voi, Signor! Alfredo Mio padre! Violetta Non mi scordaste? Germont La promessa adempio a stringervi qual figlia vengo al seno, o generosa. Violetta Ahimé, tardi giungeste! Pure, grata ven sono Grenvil, vedete? Tra le braccia io spiro di quanti ho cari al mondo. Germont Che mai dite! (Oh cielo è ver!) Alfredo La vedi, padre mio? Germont Di più non lacerarmi


Atto terzo

troppo rimorso l’alma mi divora quasi fulmin m’atterra ogni suo detto oh, malcauto vegliardo! Ah, tutto il mal ch’io feci ora sol vedo! Violetta Più a me t’appressa ascolta, amato Alfredo. Prendi: quest’è l’immagine de’ miei passati giorni; a rammentar ti torni colei che sì t’amò. Se una pudica vergine degli anni suoi nel fiore a te donasse il core sposa ti sia lo vo’. Le porgi questa effigie: dille che dono ell’è di chi nel ciel tra gli angeli prega per lei, per te. Alfredo No, non morrai, non dirmelo dei viver, amor mio a strazio sì terribile qui non mi trasse Iddio sì presto, ah no, dividerti morte non può da me. Ah, vivi, o un solo feretro m’accoglierà con te. Germont Cara, sublime vittima d’un disperato amore, perdonami lo strazio recato al tuo bel core. Germont, Dottore e Annina Finché avrà il ciglio lacrime io piangerò per te

55

vola a’ beati spiriti; Iddio ti chiama a sé. Violetta È strano! Tutti Che! Violetta Cessarono gli spasmi del dolore. In me rinasce... m’agita insolito vigore! Ah! Io ritorno a vivere oh gioia! Tutti O cielo! Muor! Alfredo Violetta! Annina e Germont Oh Dio, soccorrasi. Dottore È spenta! Tutti Oh mio dolor!





SFERISTERIO 21, 27 luglio, 5, 10 agosto - ore 21.00 Giacomo Puccini

La Bohème Dramma lirico in quattro quadri su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica Edizioni Universal Music Publishing Ricordi srl, Milano

Carmen Giannattasio Serena Gamberoni Francesco Meli Damiano Salerno Andrea Porta Andrea Concetti Alessandro Pucci Antonio Stragapede Lucio Mauti Roberto Gattei Gianni Paci Giovanni Di Deo

Mimì Musetta Rodolfo Marcello Schaunard Colline Parpignol Benoît Alcindoro Sergente dei doganieri Doganiere Venditore

Direttore Paolo Arrivabeni Regia Leo Muscato Scene Federica Parolini Costumi Silvia Aymonino Coreografie Michela Lucenti Luci Alessandro Verazzi Assistente alla regia Alessandra De Angelis Assistente ai costumi Caterina Botticelli Assistenti alle coreografie Monica Bianchi, Gianluca Pezzini Maestro del coro David Crescenzi Fondazione Orchestra Regionale delle Marche Coro Lirico Marchigiano “V. Bellini” Complesso di palcoscenico Banda “Salvadei” Coro di voci bianche Pueri Cantores “D. Zamberletti” e “S. Stefano” Ensemble di teatro fisico Balletto Civile



61 Direttore di scena Rei Ota Direttore musicale di palcoscenico Gianfranco Stortoni Maestro di sala Andrea Del Bianco, Simone Savina Maestri di palcoscenico Chiara Cirilli, Marta Tacconi Maestro alle luci Melissa Mastrolorenzi Maestro ai sopratitoli Natalia Giro Ensemble di teatro fisico Balletto Civile Ambra Chiarello, Andrea Capaldi, Andrea Coppone, Yuri Ferrero, Massimiliano Frascà, Francesco Gabrielli, Raffaele Gangale, Filippo Gessi, Francesca Lombardo, Sara Ippolito, Carlo Massari, Livia Porzio, Emanuela Serra, Giulia Spattini, Chiara Taviani, Teresa Timpano Figuranti Franco Bury, Chiara D’Abramo, Giulia Giretti, Marzia Melletti, Paolo Stortini Responsabile allestimento scenico e servizi di palcoscenico Enrico Sampaolesi Logistica Giorgio Alici Biondi Scenografo realizzatore Serafino Botticelli Capo macchinista Secondo Caterbetti Capo elettricista Fabrizio Gobbi Responsabile sartoria Simonetta Palmucci Responsabile vestizioni Maria Antonietta Lucarelli Capo attrezzista Emanuela Di Piro Capo squadra aiuti tecnici Mauricio Cesar Pasquali Responsabili parrucco Anna Anisimova, Serena Mercanti Responsabile trucco Raffaella Cipolato Direttore di sala Marco Coltorti Fotografo Alfredo Tabocchini Scene e attrezzeria Chiediscena, Lanciano (Ch) - Macerata Opera Festival Costumi LowCOSTume, Roma - Sartoria Nori, Bracciano (Rm) - Sartoria Arianna, Corridonia (Mc) - Macerata Opera Festival Calzature Pompei 2000, Roma - Parrucche Audello, Torino - Illuminotecnica Musicalbox, Verona - Fonica AMS, Macerata Sopratitoli e audio descrizioni Macerata Opera Festival e Università di Macerata, con il supporto tecnico di Sub-Ti, Londra. Hanno collaborato alla realizzazione delle scene gli allievi dell’Accademia delle Belle Arti di Macerata



63

Pioggia o polvere, freddo o solleone, nulla arresta questi arditi avventurieri. La loro esistenza è un’opera di genio di ogni giorno, un problema quotidiano che essi riescono a risolvere sempre con l’aiuto di assurde matematiche. Quando il bisogno ve li costringe, astinenti come anacorèti; ma, se nelle loro mani cade un po’ di fortuna, eccoli cavalcare in groppa alle più fantasiose follìe, amando le donne più giovani e bevendo i vini più vecchi; poi – speso l’ultimo quattrino, eccoli ancora cenare alla tavola rotonda del caso ove la loro posata è sempre pronta. Vita da Bohème, allegra e disperata. Da Vita da Bohème di Henri Murger



65 Le parole della Bohème

Carla Moreni

«La giovinezza ha una sola stagione», scriveva Henri Murger nella Vita di Bohème (1849), versione teatrale delle fortunate Scènes de la bohème, pubblicate a puntate, tra il 1845 e il 1849 sul giornale satirico Le CorsaireSatan. “La giovinezza non ha che un tempo», chiosava Fedele d’Amico, intitolando così il più famoso saggio sull’opera di Puccini. Ma il motto non valeva soltanto quale citazione. La ripresa di quel verso, estrapolato dalla fonte originale cui avevano attinto per il libretto Illica e Giacosa, sintetizzava con straordinaria efficacia il nuovo cuore del dramma musicale. A Puccini non interessa la “lotta per vincere la fame”, come voleva Murger tratteggiando la lacrimevole storia dei quattro ragazzi e due fanciulle, in una soffitta, a fare i conti con la povertà della Parigi del 1840. Al compositore interessa quel tempo della giovinezza, imprendibile, fragile, fino ad allora mai tradotto in musica, volatile e perciò così perfetto per le note. Ma quale era il nuovo lessico musicale da inventare per raccontarlo? La giovinezza di Puccini si cala in un’opera estremamente compatta, forse la più formalizzata, chiusa in se stessa. In un recinto. Come se al di fuori non si potesse andare. Oltre il confine, la giovinezza non c’è più. Il carattere musicale compatto è dato dai temi (non Leitmotiv wagneriani) che dipingono con speculare esattezza determinate situazioni, e che continuano a circolare per tutta l’opera, conferendole un aspetto unitario, un carattere statico. Nulla diviene, in Bohème. Nulla progredisce: si ritorna nel quarto quadro alla situazione del primo. Tutto sembra uguale. Non è successo nulla. L’opera non è dinamica, perché il tempo della giovinezza è un tempo fermo. Chiuso ad anello, in un aureo recinto. Infatti è solo la

morte, l’approdo su cui cala il sipario di Bohème. E non potrebbe essere altrimenti. Il tempo della morte, al contrario della indefinitezza di tutto il resto, ha una misura spietatamente esatta: «fra mezz’ora è morta», dice Schaunard. Così succede. «Cinque minuti», aveva detto Rodolfo nel primo atto, chiedendo una minima attesa agli amici, il tempo breve per finire il suo articolo per il Castoro. Quei cinque minuti non sarebbero assolutamente stati rispettati. Accanto alla compattezza dell’architettura, l’altro elemento che restitutisce in musica il carattere della giovinezza sono le pause: tutta la partitura è segnata da minuscoli sospiri. Non c’è frase che non se sia franta. Il primo segno su cui si apre Bohème è una lievissima pausa. Perché sta tutta in levare la giovinezza, non ha il battere. E poi scorre tutta per frasi brevi. Non possiede l’apertura ad ali spianate delle grandi frasi verdiane. Non è Traviata, pur presentando con lei molti punti di contatto, sotto il profilo drammaturgico. Nel primo duetto dell’opera, in pianissimo, con voce piena d’emozione, Rodolfo attacca: «Che gelida manina – se la lasci riscaldar. – Cercar – che giova – al buio non si trova». Essenziale, scarno, efficace. Sotto, un tappeto cameristico, perché anche l’orchestra deve adeguarsi a questa leggerezza della giovinezza, al suo carattere chiuso e volatile, scintillante in questa notte di luna, sui tetti di Parigi, alla vigilia di Natale: 4 violini primi, 4 più 4 secondi, le viole anch’esse divise. Tutti con sordina, “il più piano possibile e ben legato”, come chiede Puccini (e l’edizione critica della partitura ha dimostrato quanto fossero pignole e fitte le indicazioni espressive del compositore, quasi una per nota, cadute poi, nella fretta delle trascrizioni e delle esecuzioni dell’opera tanto popolare). Frasi minime, veloci, spezzate: «Ecco.» «Vorrebbe?...» «S’accomodi un momento.» «Non occorre.» C’è già una sorta di presagio di dialogo giovanile contemporaneo, per sms. E poi inizia il tormentone del verbo “cercare”: “cerco”, “cerchi”. Cercare è il verbo che identifica la giovinezza. Anche Barbarina, nelle Nozze di Figaro, cerca la


66 spilla. Come qui la chiave, e non la trova. In partitura, tutta la breve sezione che precede l’entrata in scena di Mimì ha passo alato, lieve, primaverile: il flauto solo cinguetta un frammento di danza, una minuscola Gavotta, come fosse una citazione dal clavicembalo di Rameau o Couperin, impreziosita di trilli, mordenti, note di passaggio. Una trina. C’è già tutta la spensieratezza di lei, gaia fioraia che ricama fiori, senza profumo, per forza. Quando mai si sono dati ricami profumati? Ma nel linguaggio dei giovani non c’è logica, non razionalità. Si gioca con le parole, le si manda lontane a raggiungere impalpabili malinconie. Sono le parole di Bohème. Quattro “p”, per un tappeto d’archi tenuti, fanno da sostegno all’ingresso di Mimì, che bussa timidamente alla porta. «Chi è là?» «Scusi.» «Una donna!» Le note dei due ragazzi sono ribattute, appena increspate in un salto di terza l’interrogativo, il resto timido sussurrare. Invece sotto, prima i due clarinetti poi i violini, dipingono già la prima frase ad arco di lei: è il tema di «Mi chiamano Mimì». Lo canterà più in là, ma noi grazie all’orchestra sappiamo lei chi è, le abbiamo già dato il suo nome. Oasi sospesa, fatta di canto in dialogo sulla stessa nota (la), tra i due ragazzi, mentre gli archi dilatano a dismisura gli spazi. È anche uno dei pochi “Lento” di tutta l’opera, caratterizzata invece da stacchi veloci, agitati soprattutto: come l’Allegro agitato che lì da presso segue. «Si sente male?». Gli archi smarriscono di colpo la frase morbida, tenuta, e si volgono nel suo contrario: un tremolo nervoso, fitto, inquieto, che contiene tutto il sapore della fine. Sopra il clarinetto incalza, “sensibile, espressivo e con voce omogenea”, lo vuole Puccini, mentre gli impone una doppia frase discendente, sincopata, rocambolesca. Agitazione: altro termine che incide la giovinezza. Onnipresente in Bohème. Lei sviene. Un oboe solo dice quel vuoto, con un do naturale freddo, che scivola nel si della tonalità d’impianto, e chiude su una pausa coronata. Puccini inventa delle zone senza colore, come improvvisi baratri che risucchiano l’azione. Senza colore vuole spesso anche il canto, che si avvicina al parlato, allo

La Bohème Sprechgesang. La prima volta che è proprio in questo duetto, quando Rodolfo trova la chiave della stanza di Mimì, ma subito la nasconde in tasca, in modo che il cercare a tastoni, sul pavimento, possa proseguire ancora un poco. «Ah!» Cosa si dicono questi ragazzi, di cosa parla il tempo della giovinezza? Di nulla. Di sciocchezze, battute, burle. Di eroici poemi, che finiscono bruciati in un attimo nella stufa, e scaldano ben poco. Di scherzi ai danni dei vecchi: l’affittuario, Benoît, gabbato come sciupafemmine, lui sposato, si vergogni; il ricco Alcindoro (col nome è detto tutto) che non solo perde la frivola e petulante Musetta, ma è costretto anche a pagare il conto dei sei ragazzi, al Caffè Momus. Non c’è un momento di serietà. Anche quando si parla d’amore. Anche quando appare il fantasma della morte. Il cupo saluto per il basso Colline, il numero chiuso «Vecchia zimarra, senti», in settenari quasi regolari, pur nella tinta fosca rivela un doppio fondo di ironia: siamo a un passo dalla morte di Mimì, i denari in soffita mancano e ognuno cerca di vendere quello che ha, per ricavarne qualcosa in modo da poter curare la piccola. Colline, il filosofo, ha solo una vecchia giacca. E le parla, come può solo un filosofo (che parla così profondamente a un abito). Le imprime il viatico per l’ascesa al sacro monte (dei pegni), la saluta riconoscente: «mai curvasti il logoro dorso ai ricchi ed ai potenti». Un guizzo sociale, di tempra etica. I corni lo ribadiscono, con cromatismo discendente. «Addio, addio», canta Colline. E l’orchestra conclude da sola, con il tema identico che sarà delle ultime battute dell’opera: il saluto alla vecchia zimarra e il saluto definitivo alla giovinezza. Ecco perché ci commuove. Perché dentro sentiamo già la morte di Mimì. L’abito della giovinezza non resta: è involucro per un solo e determinato tempo. Per qual motivo Puccini abbia voluto anticipare qui quello che in conclusione d’opera sarà bruciante deflagrare, a piena orchestra, mentre cala lentamente il sipario, è interrogativo che apre misteriosi percorsi sotterranei nella partitura. Certamente dice il fine lavoro di cesello


Le parole della Bohème del compositore, perché il disegno tematico è identico, ma viene variato internamente da una sottile discrepanza ritmica. Minima, ma che sposta gli accenti, leggera, di un nulla. Di quel nulla che sta tra vita e morte. Mimì è ancora viva mentre Colline canta al suo cappotto logoro. Puccini vuole dirci che però ha davanti ancora un tempo minimo. Crea quella drammaturgia fine e particolareggiata, che amplificherà in spasmodica tensione le battute finali. Tutto è fatto di nuovo di piccole cose, piccoli gesti, come nel secondo quadro. Là c’era un manicotto, qui la cuffietta rosa. La boccetta delle medicine. Un libro a paravento. L’attesa di un medico, che a differenza di Traviata qui non verrà. Ritorna l’evocazione di «Che gelida manina». In Rodolfo è uguale, identica al primo quadro. In Mimì no, l’altezza non è la stessa. Lei non può, lei è cambiata. Entra un raggio di sole. Una mantiglia viene messa a schermarlo, a chiudere fuori quel mondo, che non entri. Ultimo piccolo gesto di difesa del recinto della giovinezza. Poi la catastrofe, veloce, perché la giovinezza non ha che un tempo. Quello della morte è repentino, vigliacco. «Dormire», chiede Mimì. Mai era capitato, prima, all’opera, che si potesse morire così: dormendo, cullati. Ben diversamente moriranno poi le Tosche, le Butterfly, le Liù. Ma qui non è solo Mimì che muore. Questa è la morte della giovinezza, che esce di scena in punta di piedi. Quasi non ce ne accorgiamo. Quel tempo sospeso, è solo suo.

67



69 SOGGETTO

QUADRO PRIMO Parigi. Nella soffitta dove vivono, Rodolfo e Marcello cercano di riscaldarsi bruciando un manoscritto di Rodolfo. Arrivano anche Colline, il filosofo della compagnia, e Schaunard, un musicista che ha avventurosamente guadagnato qualche soldo. Gli amici decidono di festeggiare la vigilia di Natale al ristorante Momus, ma arriva Benoit, il padrone di casa venuto a reclamare l’affitto. Costui, costretto a bere dagli inquilini, si lascia andare a confidenze sulle sue infedeltà coniugali e viene cacciato dai giovani che si fingono indignati. I quattro amici escono, ma Rodolfo si attarda. Sente bussare alla porta: è Mimì, una giovane inquilina del palazzo che domanda al vicino di riaccenderle il lume spentosi per le scale. Mimì si sente male: è il primo sintomo della tisi e Rodolfo la rinfranca con un po’ di vino accanto al fuoco. Quando la giovane sta per andarsene, si accorge di aver smarrito la chiave della stanza; un colpo d’aria spegne la sua candela e quella del giovane. Inginocchiati sul pavimento, al buio, i due iniziano a cercarla; Rodolfo la trova, la nasconde in tasca e prende la piccola mano di Mimì. Gli amici dalla strada protestano per l’attesa che si prolunga. Rodolfo li assicura che presto li raggiungerà e stringe Mimì in un abbraccio. I due giovani escono scambiandosi parole d’amore. QUADRO SECONDO Tra la folla del Quartiere Latino, davanti al Momus, Colline e Schaunard fanno acquisti, mentre Rodolfo e Mimì camminano felici. Solo Marcello è triste: la bella Musetta lo ha abbandonato per rincorrere nuovi amori. Al caffè di Momus i giovani, dopo la presentazione di Mimì, ordinano la cena e appare intanto Musetta, seguita da un ricco anziano ammiratore, Alcindoro de Mitonneaux. La bella giovane,

allontanato con un pretesto il vecchio amante, civetta con Marcello che non riesce a resisterle e i due fuggono con gli amici unendosi alla folla che segue la banda militare e lasciando i conti da pagare ad Alcindoro. QUADRO TERZO Alla Barriera d’Enfer, Mimì, pallida e sofferente, parla con Marcello: la vita con Rodolfo è diventata impossibile per le continue liti. Dal cabaret esce Rodolfo che ha passato la notte ospite dell’amico. Mimì si nasconde e può ascoltare la dolorosa confessione di Rodolfo a Marcello. L’uomo sa che la giovane è morente per la tisi e avrebbe bisogno di cure e di una casa calda, perciò è necessaria la separazione. La tosse e i singhiozzi tradiscono la sua presenza e Rodolfo la stringe amorosamente tra le braccia. Al colloquio dei due amanti, che si allontanano dopo la decisione di rinviare a primavera l’addio, si intreccia un serio litigio tra Musetta e Marcello, divorati dalla gelosia: anch’essi si separeranno. QUADRO QUARTO Rodolfo e Marcello, ormai separati dalle giovani, pensano con dolorosa nostalgia ai giorni belli dell’amore. Giungono Colline e Schaunard con una magra cena: pane e un’aringa. Arriva anche Musetta, con voce rotta, dicendo che Mimì si è accasciata sfinita per le scale. Ella è tornata morente nel luogo della sua felicità. Circondata dal calore degli amici e dell’amato Rodolfo ricorda con tenerezza i momenti del primo incontro, dell’inizio dell’amore. Adagiata sul guanciale, Mimì muore silenziosamente tra la disperazione dell’amato.


70 SYNOPSIS

ACT ONE Paris. In their garret, Rodolfo and Marcello try to keep warm by burning one of Rodolfo’s manuscripts. They are joined by Colline, the group’s philosopher, and Schaunard, a musician who has incredibly managed to make some money. They decide to celebrate Christmas Eve at the Momus cafè when Benoit, their landlord, turns up to collect the rent. Forced to drink by his tenants, he tells them of his flirtations and they throw him out of the flat in mock indignation. All four friends are about to leave the flat, but Rodolfo decides to stay behind. There is a knock on the door: it is Mimì, a young neighbour who asks Rodolfo to relight her candle which has gone out on the stairs. Mimì feels unwell: the first symptoms of her consumption appear. Rodolfo helps her recover by offering her some wine by the fire. As she is about to leave, she discovers she has dropped her key. Both their candles are blown out as they kneel on the floor to look for the key. In the darkness, Rodolfo finds it, hides it in his pocket and takes Mimì’s little hand. Meanwhile, the three friends in the street call out on Rodolfo to hurry; he says he is about to join them and takes Mimì in his arms. The two declare their love and leave the flat together. ACT TWO In the busy Quartier Latin, right in front of the Momus cafè, Colline and Schaunard buy from street vendors while Rodolfo and Mimì walk happily together. Marcello is sad: beautiful Musetta has left him for some new lover. Once in the cafè, Mimì gets introduced to Rodolfo’s friends and they all order food. Meanwhile Musetta appears, followed by the elderly, wealthy Alcindoro de Mitonneaux. The charming girl manages to send her old lover away and she then flirts

La Bohème with Marcello. The latter can’t resist her and they run away together with the rest of the group, joining the crowd gathered behind a marching military band and leaving Alcindoro to pay the bill. ACT THREE At the Barrière d’Enfer Mimì, pale and suffering, talks to Marcello. Her life with Rodolfo is miserable, as a consequence of their endless fights. Rodolfo, who has spent the night with his friend, emerges from the cabaret. Mimì hides and listens to Rodolfo’s painful confession to Marcello. He knows Mimì is dying of consumption and she needs treatment and a warmer house to live. Therefore, they cannot but part. Overwhelmed by sobs and coughs, Mimì can no longer hide from Rodolfo. He takes her in his loving arms and they vow to wait until spring before they separate. At the same time, Musetta and Marcello argue and storm out on each other, consumed by jealousy. They also resolve to part soon. ACT FOUR Rodolfo and Marcello, both left without a woman, talk nostalgically about the good old days with their lost loves. Colline and Schaunard join them with a meagre meal: bread and one herring. Musetta also comes in, desperately announcing that Mimì has fallen ill on the stairs. About to die, she has wanted to come back where she had found happiness. Surrounded by her friends and her beloved Rodolfo, she tenderly recalls their first meeting, the very beginning of her love. Resting on the pillow, Mimì passes away quitely. Rodolfo desperately cries out her name.


Soggetto DIE HANDLUNG

1. BILD Paris. In ihrer Dachwohnung verbrennen Rodolfo und Marcello ein Manuskript Rodolfos, um sich ein wenig am Feuer zu erwärmen. Auch Colline, der Philosoph der Runde und Schaunard treffen ein. Schaunard ist ein Musiker, der sich auf abenteuerliche Weise ein bisschen Geld zusammen verdient hat. Die Freunde beschließen Heilig Abend im Restaurant Momus zu feiern. Sie werden allerdings von Benoît, dem Vermieter aufgehalten, der seine Miete einklagt. Zum Trinken aufgefordert, lässt er sich zu Trauseligkeiten über seine Untreue in der Ehe hinreißen. Sich ganz empört stellend, schmeißen die vier Freunde ihn aus der Wohnung. Rodolfo erledigt noch ein paar Dinge, während seine Freunde schon einmal voraus gehen. Es klopft an der Tür. Es ist Mimì, eine Nachbarin, die Rodolfo bittet, ihr Feuer für ihr Licht zu geben, das ihr im Treppenhaus ausgegangen ist. Mimì hat einen Schwächeanfall, Rodolfo versucht ihr zu helfen. Als die junge Frau später gehen möchte, merkt sie, dass sie ihren Zimmerschlüssel verloren hat. Da löscht ein Windzug die Kerzen der jungen Leute aus. Beide suchen auf den Knien tastend den Fussboden nach dem Schlüssel ab. Rodolfo findet ihn, versteckt ihn in seiner Tasche und nimmt Mimìs Hände zwischen die seine. Die Freunde rufen Rodolfo von der Straße. Dieser versichert ihnen er komme gleich und umarmt Mimì. Die beiden verlassen, eng umschlungen, die Wohnung. 2. BILD Vor dem Momus im Quartier Latin mischen sich Rodolfo und Mimì unter die Leute, während Colline und Schaunard ein paar Einkäufe tätigen. Nur Marcello ist traurig. Die schöne Musetta hat ihn verlassen, um neuen Liebschaften nachzulaufen. Mimì wird den Freunden vorgestellt und die jungen Leute setzten sich ins Momus. Da erscheint auch Musetta mit

71 Alcindoro de Mitoneaux im Schlepptau, einem reichen, älteren Verehrer. Die schöne Musetta befreit sich unter einem Vorwand von ihm und kokettiert mit Marcello, der ihr nicht widerstehen kann. Die beiden schließen sich ihren Freunden an, die ausgelassen hinter der Blaskappelle herziehen und überlassen die Rechnung des Momus Alcindoro. 3. BILD An der Schranke von Enfer spricht Mimì, bleich und erschöpft mit Marcello über ihre ständigen Streitereien mit Rodolfo, die den beiden das Leben unerträglich machen. In diesem Moment kommt Rodolfo aus dem Kabarett gleich in der Nähe, er hat die Nacht bei seinem Freund geschlafen. Mimì versteckt sich und kann die, für sie schmerzhaften Worte Rodolfos hören. Dieser weiß, daß Mimì Schwindsucht hat und dringend ärztlicher Pflege und eines warmen zu Hauses bedarf. Daher muss er sich von ihr trennen. Ihr Schluchzen und ihr Husten verraten Mimì und Rodolfo schließt sie liebevoll in seine Arme. Das Gespräch der beiden, die beschließen, ihren Abschied in den Frühling zu verlegen, wird öfters vom lautstarken Streit Musettas und Marcellos übertönt, die von Eifersucht zermürbt auch beschließen, sich zu trennen. 4. BILD Rodolfo und Marcello, die inzwischen von ihren Freundinnen getrennt leben, denken sehnsüchtig an die schönen Tage der Liebe zurück. Da treffen auch Colline und Schaunard ein – sie haben ein mageres Abendessen organisiert: trocken Brot und einen Hering. Da kommt auch Musetta, die aufgeregt den Freunden erzählt, Mimì sei auf der Treppe zu ihnen hoch in Ohnmacht gefallen. Als sie den Tod herannahen spürte, wollte sie unter ihren Freunden, am Ort ihres größten Glücks sein. Von den Freunden und ihrem geliebten Rodolfo umgeben, erinnert sie sich noch einmal an ihre erste Begegnung. Zur entsetzten Verzweiflung Rodolfos, stirbt Mimì.


72 SUJET

ACTE PREMIER Paris. Dans le comble dans lequel ils vivent, Rodolfo et Marcello tentent de se réchauffer en brûlant un manuscrit de Rodolfo. Sur ces entrefaites arrivent Colline, le philosophe de la troupe, et Schaunard, un musicien qui a audacieusement réussi à gagner quelques sous. Les amis décident de célébrer la veillée de Noël au restaurant Momus. Mais arrive Benoît, le propriétaire, qui vient réclamer le loyer. Ce dernier, forcé à boire par les locataires, se laisse aller à quelques confidences sur ses infidélités conjugales et se fait finalement chasser par les jeunes garçons qui feignent d’être outrés. Les quatre amis sortent mais Rodolfo s’attarde. Il entend frapper à la porte: c’est Mimì, une jeune locataire de l’immeuble qui demande à son voisin de lui réparer la lumière cassée dans l’escalier. Mimì se sent mal, c’est le premier symptôme de la tuberculose et Rodolfo la ragaillardit avec un peu de vin au coin du feu. Quand la jeune fille est sur le point de partir, il réalise qu’il a perdu la clé de la chambre. Un courant d’air éteint sa bougie et celle de la jeune fille. A genoux dans l’obscurité, les deux commencent à la chercher. Rodolfo la trouve, la cache dans sa poche et se saisit de la petite main de Mimì. Dans la rue, les amis se plaignent de l’attente qui se prolonge. Rodolfo leur assure qu’il les rejoint très vite et serre Mimì dans ses bras. Les deux jeunes gens sortent en s’échangeant des mots d’amour. ACTE DEUXIÈME En face du Momus, parmi la foule du Quartier Latin, Colline et Schaunard font des achats tandis que Rodolfo et Mimì se promènent, heureux. Seul Marcello est triste: la belle Musetta l’a abandonné pour chasser de nouveaux amants. Au café de Momus, les jeunes hommes, après la

La Bohème présentation de Mimì, commande à dîner. Apparaît alors Musetta, suivie par un riche et vieil admirateur, Alcindoro de Mitonneaux. La jolie jeune femme, ayant éloigné son vieil amant avec un prétexte, batifole avec Marcello, qui ne peut lui résister. Les deux amoureux s’enfuient avec leurs amis en s’unissant à la foule qui suit l’orchestre militaire, laissant payer l’addition à Alcindoro. ACTE TROISIÈME A la Barrière d’Enfer, Mimì, pâle et souffrante discute avec Marcello: la vie avec Rodolfo est devenue impossible à cause de leurs disputes incessantes. C’est alors que du cabaret sort Rodolfo qui a passé la nuit chez un ami. Mimì se cache et peut ainsi écouter la douloureuse confession de Rodolfo à Marcello. L’homme sait que la jeune femme est en train de mourir de la tuberculose et qu’elle aurait besoin de soins et d’une maison chaude c’est pourquoi la séparation est nécessaire. La toux et les sanglots de Mimì trahissent sa présence et Rodolfo l’enlace amoureusement. A la conversation des deux amants, qui s’éloignent après avoir pris la décision de reporter leurs adieux au printemps, s’entremêle une grave querelle entre Musetta et Marcello, dévorés par la jalousie. Eux-aussi vont se quitter. ACTE QUATRIÈME Rodolfo et Marcello, désormais séparés des deux jeunes femmes, se remémorent les beaux jours de l’amour avec douleur et nostalgie. Colline et Schaunard les rejoignent avec un maigre souper: du pain et du hareng. Survient Musetta qui explique, la voix brisée, que Mimì s’est effondrée, épuisée, dans l’escalier. Mourante, cette dernière est revenue dans le lieu qui a fait son bonheur. Enveloppée par la chaleur de ses amis et de son bien-aimé Rodolfo, elle repense avec tendresse à leur première rencontre, à la naissance de leur amour. Allongée sur l'oreiller, Mimi meurt en silence au grand désespoir de l'être aimé.




75

Quadro primo

Marcello Ho diacciate le dita quasi ancora le tenessi immollate giù in quella gran ghiacciaia che è il cuore di Musetta... Rodolfo L’amore è un caminetto che sciupa troppo...

Marcello Questo Mar Rosso - mi ammollisce e assidera come se addosso - mi piovesse in stille. Per vendicarmi, affogo un Faraon! Che fai?

Marcello ... e in fretta!

Rodolfo Nei cieli bigi guardo fumar dai mille comignoli Parigi e penso a quel poltrone di un vecchio caminetto ingannatore che vive in ozio come un gran signore.

Marcello ... e la donna è l’alare...

Marcello Le sue rendite oneste da un pezzo non riceve. Rodolfo Quelle sciocche foreste che fan sotto la neve? Marcello Rodolfo, io voglio dirti un mio pensier profondo: ho un freddo cane. Rodolfo Ed io, Marcel, non ti nascondo che non credo al sudore della fronte.

Rodolfo ... dove l’uomo è fascina...

Rodolfo ... l’una brucia in un soffio... Marcello ... e l’altro sta a guardare. Rodolfo Ma intanto qui si gela... Marcello ... e si muore d’inedia!... Rodolfo Fuoco ci vuole... Marcello Aspetta... sacrifichiam la sedia! Rodolfo Eureka!


76

La Bohème

Marcello Trovasti?

Rodolfo e Marcello Che lieto baglior!

Rodolfo Sì. Aguzza l’ingegno. L’idea vampi in fiamma.

Colline Già dell’Apocalisse appariscono i segni. In giorno di vigilia non si accettano pegni! Una fiammata!

Marcello Bruciamo il Mar Rosso? Rodolfo No. Puzza la tela dipinta. Il mio dramma, I’ardente mio dramma ci scaldi. Marcello Vuoi leggerlo forse? Mi geli. Rodolfo No, in cener la carta si sfaldi e l’estro rivoli ai suoi cieli. Al secol gran danno minaccia... È Roma in periglio... Marcello Gran cor! Rodolfo A te l’atto primo. Marcello Qua.

Rodolfo Zitto, si dà il mio dramma. Marcello ... al fuoco. Colline Lo trovo scintillante. Rodolfo Vivo. Colline Ma dura poco. Rodolfo La brevità, gran pregio. Colline Autore, a me la sedia. Marcello Presto. Questi intermezzi fan morire d’inedia. Rodolfo Atto secondo.

Rodolfo Straccia.

Marcello Non far sussurro.

Marcello Accendi.

Colline Pensier profondo!


Quadro primo

77

Marcello Giusto color!

Colline Bordò!

Rodolfo In quell’azzurro - guizzo languente sfuma un’ardente - scena d’amor.

Tutti Le dovizie d’una fiera il destin ci destinò.

Colline Scoppietta un foglio.

Schaunard La Banca di Francia per voi si sbilancia.

Marcello Là c’eran baci! Rodolfo Tre atti or voglio - d’un colpo udir. Colline Tal degli audaci - I’idea s’integra. Tutti Bello in allegra - vampa svanir. Marcello Oh! Dio... già s’abbassa la fiamma. Colline Che vano, che fragile dramma! Marcello Già scricchiola, increspasi, muore. Colline e Marcello Abbasso, abbasso l’autore.

Colline Raccatta, raccatta! Marcello Son pezzi di latta!... Schaunard Sei sordo?... Sei lippo? Quest’uomo chi è? Rodolfo Luigi Filippo! M’inchino al mio Re! Tutti Sta Luigi Filippo ai nostri pie’. Schaunard Or vi dirò: quest’oro, o meglio argento, ha la sua brava storia...

Rodolfo Legna!

Marcello Riscaldiamo il camino!

Marcello Sigari!

Colline Tanto freddo ha sofferto.


78

Schaunard Un inglese... un signor... lord o milord che sia, voleva un musicista...

La Bohème

Marcello Or le candele!

Rodolfo L’esca dov’è?

Schaunard E fu così: suonai tre lunghi dì... Allora usai l’incanto di mia presenza bella... Affascinai l’ancella... Gli propinai prezzemolo!... Lorito allargò l’ali, Lorito il becco aprì, da Socrate morì!

Colline Là.

Colline Pasticcio dolce!

Marcello Qua.

Marcello Mangiar senza tovaglia?

Schaunard E mi presento. M’accetta: gli domando...

Rodolfo Un’idea...

Marcello Via! Prepariamo la tavola! Schaunard Io? Volo!

Colline Arrosto freddo! Marcello Pasticcio dolce! Schaunard A quando le lezioni?... Risponde: «Incominciam... Guardare!» (e un pappagallo m’addita al primo piano), poi soggiunge: «Voi suonare finché quello morire!». Rodolfo Fulgida folgori la sala splendida.

Colline e Marcello Il «Costituzional!» Rodolfo Ottima carta... Si mangia e si divora un’appendice! Colline Chi?!... Schaunard Che il diavolo vi porti tutti quanti! Ed or che fate? No! Queste cibarie sono la salmeria pei dì futuri


Quadro primo

tenebrosi e oscuri. Pranzare in casa il dì della vigilia mentre il Quartier Latino le sue vie addobba di salsicce e leccornie? Quando un olezzo di frittelle imbalsama le vecchie strade? Marcello, Rodolfo e Colline La vigilia di Natal! Schaunard Là le ragazze cantano contente ed han per eco ognuna uno studente! Un po’ di religione, o miei signori: si beva in casa, ma si pranzi fuori. Benoît Si può? Marcello Chi è là? Benoît Benoît! Marcello Il padrone di casa!

79

Schaunard Sola! Benoît Affitto! Marcello Olà! Date una sedia. Rodolfo Presto. Benoît Non occorre. Vorrei... Schaunard Segga. Marcello Vuol bere? Benoît Grazie. Rodolfo e Colline Tocchiamo.

Schaunard Uscio sul muso.

Benoît Questo è l’ultimo trimestre.

Colline Non c’è nessuno.

Marcello Ne ho piacere.

Schaunard È chiuso.

Benoît E quindi...

Benoît Una parola.

Schaunard Ancora un sorso.


80

La Bohème

Benoît Grazie.

Benoît Eh?!

I quattro Alla sua salute!

Marcello L’hanno colto in peccato d’amore.

Benoît A lei ne vengo perché il trimestre scorso mi promise... Marcello Promisi ed or mantengo. Rodolfo Che fai?... Schaunard Sei pazzo? Marcello Ha visto? Or via, resti un momento in nostra compagnia. Dica: quant’anni ha, caro signor Benoît? Benoît Gli anni?... Per carità! Rodolfo Su e giù la nostra età.

Benoît Io? Marcello Neghi. Benoît Un caso. Marcello Bella donna! Benoît Ah! Molto. Schaunard Briccone! Colline Seduttore! Rodolfo Briccone!

Benoît Di più, molto di più.

Marcello Una quercia!... Un cannone! Il crin ricciuto e fulvo.

Colline Ha detto su e giù.

Rodolfo L’uomo ha buon gusto.

Marcello L’altra sera al Mabil...

Marcello Ei gongolava arzillo, pettoruto.


Quadro primo

81

Benoît Son vecchio, ma robusto.

Marcello Si abbruci dello zucchero.

Colline, Schaunard e Rodolfo Ei gongolava arzuto e pettorillo.

Colline Si discacci il reprobo.

Marcello E a lui cedea la femminil virtù.

Schaunard È la morale offesa che vi scaccia!

Benoît Timido in gioventù, ora me ne ripago... è uno svago qualche donnetta allegra... e... un po’... Non dico una balena, o un mappamondo, o un viso tondo da luna piena, ma magra, proprio magra, no e poi no! Le donne magre sono grattacapi e spesso... sopraccapi... e son piene di doglie, per esempio... mia moglie...

Benoît Io di...

Marcello Quest’uomo ha moglie e sconce voglie ha nel cor! Gli altri Orror! Rodolfo E ammorba, e appesta la nostra onesta magion! Gli altri Fuor!

Rodolfo, Colline Silenzio! Benoît Miei signori... Tutti Silenzio!... Via signore! Via di qua! ... e buona sera a Vostra signoria. Ah! Ah! Ah! Ah! Marcello Ho pagato il trimestre. Schaunard Al Quartiere Latino ci attende Momus. Marcello Viva chi spende! Schaunard Dividiamo il bottino! Rodolfo e Schaunard Dividiam!


82

Marcello Là ci sono beltà scese dal cielo. Or che sei ricco, bada alla decenza! Orso, ravviati il pelo. Colline Farò la conoscenza la prima volta d’un barbitonsore. Guidatemi al ridicolo oltraggio d’un rasoio. Marcello, Schaunard e Colline Andiamo. Rodolfo Io resto per terminar l’articolo di fondo del «Castoro». Marcello Fa presto. Rodolfo Cinque minuti. Conosco il mestiere. Colline Ti aspetterem dabbasso dal portiere. Marcello Se tardi, udrai che coro! Rodolfo Cinque minuti. Schaunard Taglia corta la coda al tuo Castoro! Marcello Occhio alla scala. Tienti alla ringhiera.

La Bohème

Rodolfo Adagio! Colline È buio pesto. Schaunard Maledetto portier! Colline Accidenti! Rodolfo Colline, sei morto? Colline Non ancor! Marcello Vien presto! Rodolfo Non sono in vena. Chi è là? Mimì Scusi. Rodolfo Una donna! Mimì Di grazia, mi si è spento il lume. Rodolfo Ecco. Mimì Vorrebbe...?


Quadro primo

83

Rodolfo S’accomodi un momento.

Rodolfo Così?

Mimì Non occorre.

Mimì Grazie.

Rodolfo La prego, entri. Si sente male?

Rodolfo (Che bella bambina!)

Mimì No... nulla.

Mimì Ora permetta che accenda il lume. È tutto passato.

Rodolfo Impallidisce!

Rodolfo Tanta fretta?

Mimì Il respir... quelle scale...

Mimì Sì. Grazie. Buona sera.

Rodolfo Ed ora come faccio?... Così! Che viso da malata! Si sente meglio?

Rodolfo Buona sera.

Mimì Sì.

Mimì Oh! Sventata! La chiave della stanza dove l’ho lasciata?

Rodolfo Qui c’è tanto freddo. Segga vicino al fuoco. Aspetti... un po’ di vino...

Rodolfo Non stia sull’uscio; il lume vacilla al vento.

Mimì Grazie...

Mimì Oh Dio! Torni ad accenderlo.

Rodolfo A lei.

Rodolfo Oh Dio!... Anche il mio s’è spento!

Mimì Poco, poco.

Mimì E la chiave ove sarà?...


84

La Bohème

Rodolfo Buio pesto!

Mimì Mi parve...

Mimì Disgraziata!

Rodolfo In verità...

Rodolfo Ove sarà?

Mimì Cerca?

Mimì Importuna è la vicina...

Rodolfo Cerco!

Rodolfo Ma le pare?...

Mimì Ah!

Mimì Importuna è la vicina...

Rodolfo Che gelida manina! Se la lasci riscaldar. Cercar che giova? Al buio non si trova. Ma per fortuna è una notte di luna, e qui la luna l’abbiamo vicina. Aspetti, signorina, le dirò con due parole chi son, che faccio e come vivo. Vuole? Chi son? Sono un poeta. Che cosa faccio? Scrivo. E come vivo? Vivo. In povertà mia lieta scialo da gran signore rime ed inni d’amore. Per sogni, per chimere e per castelli in aria l’anima ho milionaria. Talor dal mio forziere ruban tutti i gioielli due ladri: gli occhi belli. V’entrar con voi pur ora ed i miei sogni usati e i bei sogni miei

Rodolfo Cosa dice, ma le pare! Mimì Cerchi. Rodolfo Cerco. Mimì Ove sarà?... Rodolfo Ah! Mimì L’ha trovata?... Rodolfo No!


Quadro primo

tosto son dileguati. Ma il furto non m’accora, poiché vi ha preso stanza la dolce speranza! Or che mi conoscete, parlate voi. Chi siete? Vi piaccia dir? Mimì Sì. Mi chiamano Mimì, ma il mio nome è Lucia. La storia mia è breve. A tela o a seta ricamo in casa e fuori... Son tranquilla e lieta ed è mio svago far gigli e rose. Mi piaccion quelle cose che han sì dolce malìa, che parlano d’amor, di primavere, di sogni e di chimere, quelle cose che han nome poesia... Lei m’intende? Rodolfo Sì. Mimì Mi chiamano Mimì, il perché non so. Sola, mi fo il pranzo da me stessa. Non vado sempre a messa, ma prego assai il Signore. Vivo sola, soletta là in una bianca cameretta: guardo sui tetti e in cielo; ma quando vien lo sgelo

85

il primo sole è mio il primo bacio dell’aprile è mio! Germoglia in un vaso una rosa... Foglia a foglia la spio! Cosi gentile il profumo d’un fiore! Ma i fior ch’io faccio, ahimè, non hanno odore. Altro di me non le saprei narrare. Sono la sua vicina che la vien fuori d’ora a importunare. Schaunard Ehi! Rodolfo! Colline Rodolfo! Marcello Olà. Non senti? Lumaca! Colline Poetucolo! Schaunard Accidenti al pigro! Rodolfo Scrivo ancor tre righe a volo. Mimì Chi sono? Rodolfo Amici. Schaunard Sentirai le tue.


86

Marcello Che te ne fai lì solo? Rodolfo Non sono solo. Siamo in due. Andate da Momus, tenete il posto, ci saremo tosto. Marcello, Schaunard e Colline Momus, Momus, Momus, zitti e discreti andiamocene via. Momus, Momus, Momus, il poeta trovò la poesia. Rodolfo O soave fanciulla, o dolce viso di mite circonfuso alba lunar in te, vivo ravviso il sogno ch’io vorrei sempre sognar! Fremon già nell’anima le dolcezze estreme, nel bacio freme amor! Mimì Ah! Tu sol comandi, amor!... (Oh! Come dolci scendono le sue lusinghe al core... tu sol comandi, amore!...) Mimì No, per pietà! Rodolfo Sei mia! Mimì V’aspettan gli amici... Rodolfo Già mi mandi via?

La Bohème

Mimì Vorrei dir... ma non oso... Se venissi con voi? Rodolfo Che?... Mimì? Sarebbe così dolce restar qui. C’è freddo fuori. Mimì Vi starò vicina!... Rodolfo E al ritorno? Mimì Curioso! Rodolfo Dammi il braccio, mia piccina. Mimì Obbedisco, signor! Rodolfo Che m’ami di’... Mimì Io t’amo! Rodolfo Amore! Mimì Amor!




89

Quadro secondo

Mimì Andiamo per la cuffietta? Rodolfo Tienti al mio braccio stretta...

Venditori Aranci, datteri! Caldi i marroni! Ninnoli, croci. Torroni! Panna montata! Caramelle! La crostata! Fringuelli, passeri! Fiori alle belle! La folla Quanta folla! Su, corriam! Che chiasso! Stringiti a me. Date il passo. Dal caffè Presto qua! Camerier! Un bicchier! Corri! Birra! Da ber! Un caffè! Venditori Latte di cocco! Giubbe! Carote! La folla Quanta folla, su, partiam! Schaunard Falso questo Re! Pipa e corno quant’è? Colline È un poco usato... ma è serio e a buon mercato... Rodolfo Andiamo.

Mimì A te mi stringo... Andiamo! Marcello Io pur mi sento in vena di gridar: Chi vuol, donnine allegre, un po’ d’amor! Facciamo insieme a vendere e a comprar! Un venditore Prugne di Tours! Marcello Io dò ad un soldo il vergine mio cuor! Schaunard Fra spintoni e testate accorrendo affretta la folla e si diletta nel provar gioie matte... insoddisfatte... Alcune venditrici Ninnoli, spillette! Datteri e caramelle! Venditori Fiori alle belle! Colline Copia rara, anzi unica: la grammatica Runica!


90

Schaunard Uomo onesto! Marcello A cena! Schaunard e Colline Rodolfo? Marcello Entrò da una modista. Rodolfo Vieni, gli amici aspettano. Venditori Panna montata! Mimì Mi sta bene questa cuffietta rosa? Monelli Latte di cocco! Venditori Oh, la crostata! Panna montata! Dal caffè Camerier! Un bicchier! Presto, olà! Ratafià! Rodolfo Sei bruna e quel color ti dona. Mimì Bel vezzo di corallo!

La Bohème

Rodolfo Ho uno zio milionario. Se fa senno il buon Dio, voglio comprarti un vezzo assai più bel! Monelli Ah! Ah! Ah! Ah! Sartine e studenti Ah! Ah! Ah!... Borghesi Facciam coda alla gente! Ragazze, state attente! Che chiasso! Quanta folla! Pigliam via Mazzarino! Io soffoco, partiamo! Vedi il Caffè è vicin! Andiamo là da Momus! Venditori Aranci, datteri, ninnoli, fior! Rodolfo Chi guardi? Colline Odio il profano volgo al par d’Orazio. Mimì Sei geloso? Rodolfo All’uom felice sta il sospetto accanto. Schaunard Ed io, quando mi sazio, vo’ abbondanza di spazio...


Quadro secondo

Mimì Sei felice? Marcello Vogliamo una cena prelibata. Rodolfo Ah, sì, tanto! E tu? Mimì Sì, tanto! Studenti e sartine Là da Momus! Andiamo! Marcello, Schaunard e Colline Lesto! Parpignol Ecco i giocattoli di Parpignol! Rodolfo Due posti. Colline Finalmente! Rodolfo Eccoci qui questa è Mimì, gaia fioraia. Il suo venir completa la bella compagnia, perché son io il poeta, essa la poesia.

91

Dal mio cervel sbocciano i canti, dalle sue dita sbocciano i fior; dall’anime esultanti sboccia l’amor. Marcello, Schaunard e Colline Ah! Ah! Ah! Ah! Marcello Dio, che concetti rari! Colline «Digna est intrari» Schaunard «Ingrediat si necessit» Colline Io non dò che un «accessit»! Parpignol Ecco i giocattoli di Parpignol! Colline Salame! Bambine e ragazzi Parpignol, Parpignol! Ecco Parpignol, Parpignol! Col carretto tutto fior! Ecco Parpignol, Parpignol! Voglio la tromba, il cavallin, il tambur, tamburel... Voglio il cannon, voglio il frustin, ... dei soldati il drappel. Schaunard Cervo arrosto!


92

Marcello Un tacchino! Schaunard Vin del Reno! Colline Vin da tavola! Schaunard Aragosta senza crosta! Mamme Ah! Razza di furfanti indemoniati, che ci venite a fare in questo loco? A casa, a letto! Via, brutti sguaiati, gli scappellotti vi parranno poco! A casa, a letto, razza di furfanti, a letto! Un ragazzo Vo’ la tromba, il cavallin!... Rodolfo E tu, Mimì, che vuoi? Mimì La crema. Schaunard E gran sfarzo. C’è una dama! Bambine e ragazzi Viva Parpignol, Parpignol! Il tambur! Tamburel! Dei soldati il drappel!

La Bohème

Marcello Signorina Mimì, che dono raro le ha fatto il suo Rodolfo? Mimì Una cuffietta a pizzi, tutta rosa, ricamata; coi miei capelli bruni ben si fonde. Da tanto tempo tal cuffietta è cosa desïata!... Egli ha letto quel che il core asconde... Ora colui che legge dentro a un cuore sa l’amore ed è... lettore. Schaunard Esperto professore... Colline ... che ha già diplomi e non son armi prime le sue rime... Schaunard ... tanto che sembra ver ciò ch’egli esprime!... Marcello O bella età d’inganni e d’utopie! Si crede, spera, e tutto bello appare! Rodolfo La più divina delle poesie è quella, amico, che c’insegna amare! Mimì Amare è dolce ancora più del miele... Marcello ... secondo il palato è miele, o fiele!... Mimì O Dio!... L’ho offeso!


Quadro secondo

Rodolfo È in lutto, o mia Mimì. Schaunard e Colline Allegri, e un toast!... Marcello Qua del liquor!... Mimì, Rodolfo e Marcello E via i pensier, alti i bicchier! Beviam! Tutti Beviam! Marcello Ch’io beva del tossico! Rodolfo, Schaunard e Colline Oh! Marcello Essa! Rodolfo, Schaunard e Colline Musetta! Bottegaie To’! - Lei! - Sì! - To’! - Lei! - Musetta! Siamo in auge! - Che toeletta! Alcindoro Come un facchino... correr di qua... di là... No! No! Non ci sta... non ne posso più!

93

Musetta Vien, Lulù! Vien, Lulù! Schaunard Quel brutto coso mi par che sudi! Alcindoro Come! Qui fuori? Qui? Musetta Siedi, Lulù! Alcindoro Tali nomignoli, prego, serbateli al tu per tu! Musetta Non farmi il Barbablù! Colline È il vizio contegnoso... Marcello Colla casta Susanna! Mimì È pur ben vestita! Rodolfo Gli angeli vanno nudi. Mimì La conosci! Chi è?


94

Marcello Domandatelo a me. Il suo nome è Musetta; cognome: tentazione! Per sua vocazione fa la Rosa dei venti; gira e muta soventi e d’amanti e d’amore. E come la civetta è uccello sanguinario; il suo cibo ordinario è il cuore... mangia il cuore!... Per questo io non ne ho più... Passatemi il ragù! Musetta (Marcello mi vide... Non mi guarda, il vile! Quel Schaunard che ride! Mi fan tutti una bile! Se potessi picchiar, se potessi graffiar! Ma non ho sottomano che questo pellican! Aspetta!) Ehi! Camerier! Cameriere! Questo piatto ha una puzza di rifritto! Alcindoro No, Musetta... Zitta zitta! Musetta (Non si volta.) Alcindoro Zitta! Zitta! Zitta! Modi, garbo!

La Bohème

Musetta (Ah, non si volta!) Alcindoro A chi parli?... Colline Questo pollo è un poema! Musetta (Ora lo batto, lo batto!) Alcindoro Con chi parli?... Schaunard Il vino è prelibato. Musetta Al cameriere! Non seccar! Voglio fare il mio piacere.... Alcindoro Parla pian parla pian! Musetta ... vo’ far quel che mi pare! Non seccar. Sartine Guarda, guarda chi si vede, proprio lei, Musetta! Studenti Con quel vecchio che balbetta...


Quadro secondo

Sartine e studenti ... proprio lei, Musetta! Ah, ah, ah, ah! Musetta (Che sia geloso di questa mummia?) Alcindoro La convenienza... il grado... la virtù... Musetta ... (Vediam se mi resta tanto poter su lui da farlo cedere!) Schaunard La commedia è stupenda! Musetta Tu non mi guardi! Alcindoro Vedi bene che ordino!... Schaunard La commedia è stupenda!

95

Mimì Io t’amo tanto, e son tutta tua!... Ché mi parli di perdono? Colline E l’altro invan crudel... Finge di non capir, ma sugge miel!... Musetta Ma il tuo cuore martella! Alcindoro Parla piano. Musetta Quando men vo soletta per la via, la gente sosta e mira e la bellezza mia tutta ricerca in me da capo a pie’... Marcello Legatemi alla seggiola! Alcindoro Quella gente che dirà?

Rodolfo Sappi per tuo governo che non darei perdono in sempiterno.

Musetta ... ed assaporo allor la bramosia sottil, che da gli occhi traspira e dai palesi vezzi intender sa alle occulte beltà. Così l’effluvio del desìo tutta m’aggira, felice mi fa!

Schaunard Essa all’un parla perché l’altro intenda.

Alcindoro (Quel canto scurrile mi muove la bile!)

Colline Stupenda!


96

Musetta E tu che sai, che memori e ti struggi da me tanto rifuggi? So ben: le angoscie tue non le vuoi dir, ma ti senti morir! Mimì Io vedo ben... che quella poveretta, tutta invaghita di Marcel, tutta invaghita ell’è! Alcindoro Quella gente che dirà? Rodolfo Marcello un dì l’amò. Schaunard Ah, Marcello cederà! Colline Chi sa mai quel che avverrà! Rodolfo La fraschetta l’abbandonò per poi darsi a miglior vita. Schaunard Trovan dolce al pari il laccio... Colline Santi numi, in simil briga...

La Bohème

Musetta (Ah! Marcello smania... Alcindoro Parla pian! Zitta, zitta! Musetta Marcello è vinto!) Sò ben le angoscie tue non le vuoi dir. Ah! Ma ti senti morir. Alcindoro Modi, garbo! Zitta, zitta! Musetta Io voglio fare il mio piacere! Voglio far quel che mi par, non seccar! Non seccar! Mimì Quell’infelice mi muove a pietà! Colline (Essa è bella, io non son cieco, ma piaccionmi assai più una pipa e un testo greco!)

Schaunard ... chi lo tende e chi ci dà.

Mimì T’amo! Quell’infelice mi muove a pietà! L’amor ingeneroso è tristo amor! Quell’infelice mi muove a pietà!

Colline ... mai Colline intopperà!

Rodolfo Mimì!


Quadro secondo

È fiacco amor quel che le offese vendicar non sa! Non risorge spento amor! Schaunard (Quel bravaccio a momenti cederà! Stupenda è la commedia! Marcello cederà!) Se tal vaga persona, ti trattasse a tu per tu, la tua scienza brontolona manderesti a Belzebù! Musetta (Or convien liberarsi del vecchio!) Ahi! Alcindoro Che c’è? Musetta Qual dolore, qual bruciore! Alcindoro Dove? Musetta Al pie’! Marcello Gioventù mia, tu non sei morta, né di te morto è il sovvenir! Musetta Sciogli, slaccia, rompi, straccia! Te ne imploro... Laggiù c’è un calzolaio.

97

Alcindoro Imprudente! Schaunard e Colline, poi Rodolfo La commedia è stupenda! Marcello Se tu battessi alla mia porta, t’andrebbe il mio core ad aprir! Musetta Corri presto! Ne voglio un altro paio. Ahi! Che fitta, maledetta scarpa stretta! Alcindoro Quella gente che dirà? Musetta Or la levo... Alcindoro Ma il mio grado! Musetta Eccola qua. Mimì Io vedo ben ell’è invaghita di Marcello! Alcindoro Vuoi ch’io comprometta? Aspetta! Musetta! Vo’. Musetta Corri, va, corri. Presto, va! Va!


98

La Bohème

Musetta Marcello!

Schaunard Come?

Marcello Sirena!

Rodolfo Ho trenta soldi in tutto!

Schaunard Siamo all’ultima scena!

Colline, Schaunard e Marcello Come? Non ce n’è più?

Rodolfo,, Schaunard e Colline Il conto?

Schaunard Ma il mio tesoro ov’è?

Schaunard Così presto?

Musetta Il mio conto date a me. Bene! Presto, sommate quello con questo! Paga il signor che stava qui con me!

Colline Chi l’ha richiesto? Schaunard Vediam! Rodolfo e Colline Caro! Monelli La Ritirata! Sartine e studenti La Ritirata! Colline,, Schaunard e Rodolfo Fuori il danaro! Schaunard Colline, Rodolfo e tu Marcel? Marcello Siamo all’asciutto!

Rodolfo, Marcello, Schaunard e Colline Paga il signor! Colline Paga il signor! Schaunard Paga il signor! Marcello ... il Signor! Musetta E dove s’è seduto ritrovi il mio saluto! Rodolfo, Marcello, Schaunard e Colline E dove s’è seduto ritrovi il mio saluto!


Quadro secondo

99

Borghesi La Ritirata!

Marcello Giunge la Ritirata!

Monelli S’avvicina per di qua!?

Marcello e Colline Che il vecchio non ci veda fuggir colla sua preda!

Sartine e studenti No, di là! Monelli S’avvicinan per di là! Sartine e studenti Vien di qua! Borghesi e venditori Largo! Largo! Ragazzi Voglio veder! Voglio sentir! Mamma, voglio veder! Papà, voglio sentir! Vo’ veder la Ritirata! Mamme Lisetta, vuoi tacer? Tonio, la vuoi finir? Vuoi tacer, la vuoi finir? Sartine e borghesi S’avvicinano di qua! La folla e i venditori Sì, di qua! Monelli Come sarà arrivata la seguiremo al passo!

Marcello,, Schaunard e Colline Quella folla serrata il nascondiglio appresti! Mimì, Musetta, Rodolfo, Marcello, Schaunard e Colline Lesti, lesti, lesti! Venditori In quel rullio tu senti la patria maestà! La folla Largo, largo, eccoli qua! In fila! La folla e i venditori Ecco il Tambur Maggior! Più fier d’un antico guerrier! Il Tamburo Maggior! Gli Zappator, olà! La Ritirata è qua! Eccolo là! Il bel Tambur Maggior! La canna d’ôr, tutto splendor! Che guarda, passa, va! Rodolfo, Marcello, Schaunard e Colline Viva Musetta! Cuor birichin! Gloria ed onor, onor e gloria del quartier latin!


100

La folla e i venditori Tutto splendor! Di Francia è il più bell’uom! Il bel Tambur Maggior Eccolo là! Che guarda, passa, va!

La Bohème




103

Quadro terzo

Spazzini Ohè, là, le guardie!... Aprite!... Ohè, là! Quelli di Gentilly!... Siam gli spazzini!... Fiocca la neve... ohè, là!... Qui s’agghiaccia! Doganiere Vengo! Voci interne Chi nel ber trovò il piacer nel suo bicchier, ah! D’una bocca nell’ardor, trovò l’amor! Musetta Ah! Se nel bicchiere sta il piacer, in giovin bocca sta l’amor! Voci interne Trallerallè... Eva e Noè! Lattivendole Hopplà! Hopplà!

Lattivendole Hopplà! Buon giorno! Contadine - Burro e cacio! - Polli ed uova! - Voi da che parte andate? - A San Michele! - Ci troverem più tardi? - A mezzodì! Mimì Sa dirmi, scusi, qual’è l’osteria... dove un pittor lavora? Sergente Eccola. Mimì Grazie. O buona donna, mi fate il favore di cercarmi il pittore Marcello? Ho da parlargli. Ho tanta fretta. Ditegli, piano, che Mimì lo aspetta. Sergente Ehi, quel panier! Doganiere Vuoto! Sergente Passi!

Doganiere Son già le lattivendole!

Marcello Mimì?!

Carrettieri Hopplà!

Mimì Son io. Speravo di trovarti qui.


104

Marcello È ver. Siam qui da un mese di quell’oste alle spese. Musetta insegna il canto ai passeggeri; io pingo quel guerrier sulla facciata. È freddo. Entrate. Mimì C’è Rodolfo?

La Bohème

Ahimè! In lui parla il rovello; lo so, ma che rispondergli, Marcello? Marcello Quando s’è come voi non si vive in compagnia. Son lieve a Musetta ed ella è lieve a me, perché ci amiamo in allegria... Canti e risa, ecco il fior d’invariabile amor!

Marcello Sì.

Mimì Dite bene. Lasciarci conviene. Aiutateci voi; noi s’è provato più volte, ma invano. Fate voi per il meglio.

Mimì Non posso entrar.

Marcello Sta ben! Ora lo sveglio.

Marcello Perché?

Mimì Dorme?

Mimì O buon Marcello, aiuto! Marcello Cos’è avvenuto? Mimì Rodolfo m’ama. Rodolfo m’ama mi fugge e si strugge per gelosia. Un passo, un detto, un vezzo, un fior lo mettono in sospetto... Onde corrucci ed ire. Talor la notte fingo di dormire e in me lo sento fiso spiarmi i sogni in viso. Mi grida ad ogni istante: Non fai per me, prenditi un altro amante.

Marcello È piombato qui un’ora avanti l’alba; s’assopì sopra una panca. Guardate... Che tosse! Mimì Da ieri ho l’ossa rotte. Fuggì da me stanotte dicendomi: È finita. A giorno sono uscita e me ne venni a questa volta. Marcello Si desta... s’alza, mi cerca... viene.


Quadro terzo

Mimì Ch’ei non mi veda!

105

Marcello Collerico, lunatico, imbevuto di pregiudizi, noioso, cocciuto!

Marcello Or rincasate... Mimì... per carità, non fate scene qua!

Mimì (Or lo fa incollerir! Me poveretta!)

Rodolfo Marcello. Finalmente! Qui niun ci sente. Io voglio separarmi da Mimì.

Rodolfo Mimì è una civetta che frascheggia con tutti. Un moscardino di Viscontino le fa l’occhio di triglia. Ella sgonnella e scopre la caviglia con un far promettente e lusinghier.

Marcello Sei volubil così? Rodolfo Già un’altra volta credetti morto il mio cor, ma di quegli occhi azzurri allo splendor esso è risorto. Ora il tedio l’assale. Marcello E gli vuoi rinnovare il funerale? Rodolfo Per sempre! Marcello Cambia metro. Dei pazzi è l’amor tetro che lacrime distilla. Se non ride e sfavilla l’amore è fiacco e roco. Tu sei geloso. Rodolfo Un poco.

Marcello Lo devo dir? Non mi sembri sincer. Rodolfo Ebbene no, non lo son. Invan nascondo la mia vera tortura. Amo Mimì sovra ogni cosa al mondo, io l’amo, ma ho paura, ma ho paura! Mimì è tanto malata! Ogni dì più declina. La povera piccina è condannata! Marcello Mimì? Mimì Che vuol dire? Rodolfo Una terribil tosse l’esil petto le scuote e già le smunte gote di sangue ha rosse...


106

Marcello Povera Mimì! Mimì Ahimè, morire! Rodolfo La mia stanza è una tana squallida... Il fuoco ho spento. V’entra e l’aggira il vento di tramontana. Essa canta e sorride e il rimorso m’assale. Me, cagion del fatale mal che l’uccide! Mimì di serra è fiore. Povertà l’ha sfiorita; per richiamarla in vita non basta amore! Marcello Che far dunque? Oh, qual pietà! Poveretta! Povera Mimì! Mimì O mia vita! Ahimè! È finita O mia vita! È finita Ahimè, morir! Rodolfo Che? Mimì! Tu qui? M’hai sentito? Marcello Ella dunque ascoltava?

La Bohème

Rodolfo Facile alla paura per nulla io m’arrovello. Vien là nel tepor! Mimì No, quel tanfo mi soffoca! Rodolfo Ah, Mimì! Marcello È Musetta che ride. Con chi ride? Ah, la civetta! Imparerai. Mimì Addio. Rodolfo Che! Vai? Mimì D’onde lieta uscì al tuo grido d’amore, torna sola Mimì al solitario nido. Ritorna un’altra volta a intesser finti fior. Addio, senza rancor. - Ascolta, ascolta. Le poche robe aduna che lasciai sparse. Nel mio cassetto stan chiusi quel cerchietto d’or e il libro di preghiere. Involgi tutto quanto in un grembiale


Quadro terzo

e manderò il portiere... - Bada, sotto il guanciale c’è la cuffietta rosa. Se... vuoi... serbarla a ricordo d’amor!... Addio, senza rancor. Rodolfo Dunque è proprio finita? Te ne vai, te ne vai, la mia piccina?! Addio, sogni d’amor!... Mimì Addio, dolce svegliare alla mattina! Rodolfo Addio, sognante vita... Mimì Addio, rabbuffi e gelosie! Rodolfo ... che un tuo sorriso acqueta! Mimì Addio, sospetti!... Marcello Baci... Mimì Pungenti amarezze!

107

Soli! Mentre a primavera c’è compagno il sol! Marcello Che facevi, che dicevi presso al fuoco a quel signore? Musetta Che vuoi dir? Mimì Niuno è solo l’april. Marcello Al mio venire hai mutato colore. Musetta Quel signore mi diceva: ama il ballo, signorina? Rodolfo Si parla coi gigli e le rose. Marcello Vana, frivola, civetta! Musetta Arrossendo rispondeva: ballerei sera e mattina. Marcello Quel discorso asconde mire disoneste.

Rodolfo Ch’io da vero poeta rimavo con carezze!

Mimì Esce dai nidi un cinguettio gentile...

Mimì e Rodolfo Soli d’inverno è cosa da morire!

Musetta Voglio piena libertà!


108

La Bohème

Marcello Io t’acconcio per le feste se ti colgo a incivettire!

Marcello Ve n’andate? Vi ringrazio: or son ricco divenuto. Vi saluto.

Mimì e Rodolfo Al fiorir di primavera c’è compagno il sol! Chiacchieran le fontane la brezza della sera.

Mimì e Rodolfo Vuoi che spettiam la primavera ancor?

Musetta Ché mi gridi? Ché mi canti? All’altar non siamo uniti. Marcello Bada, sotto il mio cappello non ci stan certi ornamenti... Musetta Io detesto quegli amanti che la fanno da mariti... Marcello Io non faccio da zimbello ai novizi intraprendenti. Mimì e Rodolfo Balsami stende sulle doglie umane. Musetta Fo all’amor con chi mi piace! Marcello Vana, frivola, civetta! Musetta Non ti garba? Ebbene, pace. ma Musetta se ne va.

Musetta Musetta se ne va sì, se ne va! Vi saluto. Signor: addio! Vi dico con piacer. Marcello Son servo e me ne vo! Musetta Pittore da bottega! Marcello Vipera! Musetta Rospo! Marcello Strega! Mimì Sempre tua per la vita... Rodolfo Ci lasceremo... Mimì Ci lasceremo alla stagion dei fior...


Quadro terzo

Rodolfo ... alla stagion dei fior... MimĂŹ Vorrei che eterno durasse il verno! MimĂŹ e Rodolfo Ci lascerem alla stagion dei fior!

109



111

Quadro quarto

Rodolfo Evviva! Ne son contento. Marcello (Bugiardo, si strugge d’amor.)

Marcello In un coupé? Rodolfo Con pariglia e livree. Mi salutò ridendo. To’, Musetta! Le dissi: - e il cuor? - «Non batte o non lo sento grazie al velluto che il copre». Marcello Ci ho gusto davver! Rodolfo (Loiola, va! Ti rodi e ridi.) Marcello Non batte? Bene! Io pur vidi... Rodolfo Musetta? Marcello Mimì. Rodolfo L’hai vista? Oh, guarda! Marcello Era in carrozza vestita come una regina.

Rodolfo Lavoriam. Marcello Lavoriam. Rodolfo Che penna infame! Marcello Che infame pennello! Rodolfo (O Mimì tu più non torni. O giorni belli, piccole mani, odorosi capelli, collo di neve! Ah! Mimì, mia breve gioventù! E tu, cuffietta lieve, che sotto il guancial partendo ascose, tutta sai la nostra felicità, vien sul mio cuor! Sul mio cuor morto, poich’è morto amor.) Marcello (Io non so come sia che il mio pennel lavori ed impasti colori contro la voglia mia. Se pingere mi piace o cieli o terre o inverni o primavere,


112

egli mi traccia due pupille nere e una bocca procace, e n’esce di Musetta e il viso ancor... E n’esce di Musetta il viso tutto vezzi e tutto frode. Musetta intanto gode e il mio cuor vil la chiama e aspetta il vil mio cuor...) Rodolfo Che ora sia? E Schaunard non torna?

La Bohème

Schaunard Or lo sciampagna mettiamo in ghiaccio. Rodolfo Scelga, o barone; trota o salmone? Marcello Duca, una lingua di pappagallo?

Marcello L’ora del pranzo di ieri.

Schaunard Grazie, m’impingua. Stasera ho un ballo.

Schaunard Eccoci.

Rodolfo Già sazio?

Rodolfo Ebben?

Colline Ho fretta. Il Re m’aspetta

Marcello Ebben? Del pan?

Marcello C’è qualche trama?

Colline È un piatto degno di Demostene: un’aringa...

Rodolfo Qualche mister?

Schaunard ... salata.

Schaunard Qualche mister?

Colline Il pranzo è in tavola.

Marcello Qualche mister?

Marcello Questa è cuccagna da Berlingaccio.

Colline Il Re mi chiama al Minister.


Quadro quarto

Rodolfo, Schaunard e Marcello Bene!

113

Schaunard Azione coreografica allora?...

Colline Però... vedrò... Guizot!

Gli altri Sì! Sì!...

Schaunard Porgimi il nappo.

Schaunard La danza con musica vocale!

Marcello Sì, bevi, io pappo! Schaunard Mi sia permesso al nobile consesso... Rodolfo e Colline Basta! Marcello Fiacco! Colline Che decotto! Marcello Leva il tacco! Colline Dammi il gotto!

Colline Si sgombrino le sale... Gavotta. Marcello Minuetto. Rodolfo Pavanella. Schaunard Fandango. Colline Propongo la quadriglia. Rodolfo Mano alle dame. Colline Io dètto!

Schaunard M’ispira irresistibile l’estro della romanza!...

Schaunard Lallera, lallera, lallera, là.

Gli altri No!

Rodolfo Vezzosa damigella...


114

Marcello Rispetti la modestia. La prego. Schaunard Lallera, lallera, lallera, là. Colline Balancez. Marcello Lallera, lallera, lallera. Schaunard Prima c’è il «Rond». Colline No, bestia!! Schaunard Che modi da lacchè! Colline Se non erro, lei m’oltraggia. Snudi il ferro. Schaunard Pronti. Assaggia. Il tuo sangue io voglio ber. Colline Uno di noi qui si sbudella. Schaunard Apprestate una barella.

La Bohème

Colline Apprestate un cimiter. Rodolfo e Marcello Mentre incalza la tenzone, gira e balza Rigodone. Marcello Musetta! Musetta C’è Mimì... C’è Mimì che mi segue e che sta male. Rodolfo Ov’è? Musetta Nel far le scale più non si resse. Rodolfo Ah! Schaunard Noi accostiam quel lettuccio. Rodolfo Là. Da bere. Mimì Rodolfo! Rodolfo Zitta, riposa.


Quadro quarto

Mimì O mio Rodolfo! Mi vuoi qui con te? Rodolfo Ah! Mia Mimì, sempre, sempre! Musetta Intesi dire che Mimì, fuggita dal Viscontino, era in fin di vita. Dove stia? Cerca, cerca... la veggo passar per via trascinandosi a stento. Mi dice: «Più non reggo... Muoio! lo sento... Voglio morir con lui! Forse m’aspetta... M’accompagni, Musetta?...» Marcello Sst. Mimì Mi sento assai meglio... Lascia ch’io guardi intorno. Ah, come si sta bene qui! Si rinasce, ancor sento la vita qui... No! Tu non mi lasci più! Rodolfo Benedetta bocca, tu ancor mi parli! Musetta Che ci avete in casa? Marcello Nulla!

115

Musetta Non caffè? Non vino? Marcello Nulla! Ah! miseria! Schaunard Fra mezz’ora è morta! Mimì Ho tanto freddo!... Se avessi un manicotto! Queste mie mani riscaldare non si potranno mai? Rodolfo Qui nelle mie! Taci! Il parlar ti stanca. Mimì Ho un po’ di tosse! Ci sono avvezza. Buon giorno, Marcello, Schaunard, Colline... buon giorno. Tutti qui, tutti qui sorridenti a Mimì. Rodolfo Non parlar, non parlar. Mimì Parlo piano, non temere, Marcello, date retta: è assai buona Musetta. Marcello Lo so, lo so. Musetta A te, vendi, riporta qualche cordial, manda un dottore!...


116

Rodolfo Riposa. Mimì Tu non mi lasci? Rodolfo No! No! Musetta Ascolta! Forse è l’ultima volta che ha espresso un desiderio, poveretta! Pel manicotto io vo. Con te verrò. Marcello Sei buona, o mia Musetta. Colline Vecchia zimarra, senti, io resto al pian, tu ascendere il sacro monte or devi. Le mie grazie ricevi. Mai non curvasti il logoro dorso ai ricchi ed ai potenti. Passâr nelle tue tasche come in antri tranquilli filosofi e poeti. Ora che i giorni lieti fuggîr, ti dico: addio, fedele amico mio. Addio, addio. Schaunard, ognuno per diversa via mettiamo insiem due atti di pietà; io... questo! E tu... lasciali soli là!...

La Bohème

Schaunard Filosofo, ragioni! È ver!... Vo via! Mimì Sono andati? Fingevo di dormire perché volli con te sola restare. Ho tante cose che ti voglio dire, o una sola, ma grande come il mare, come il mare profonda ed infinita... Sei il mio amore e tutta la mia vita! Rodolfo Ah, Mimì, mia bella Mimì! Mimì Son bella ancora? Rodolfo Bella come un’aurora. Mimì Hai sbagliato il raffronto. Volevi dir: bella come un tramonto. «Mi chiamano Mimì, il perché non so...». Rodolfo Tornò al nido la rondine e cinguetta. Mimì La mia cuffietta... Ah! Te lo rammenti quando sono entrata la prima volta, là? Rodolfo Se lo rammento!


Quadro quarto

117

Mimì Il lume si era spento...

Rodolfo Zitta, per carità.

Rodolfo Eri tanto turbata! Poi smarristi la chiave...

Mimì Sì, sì, perdona, ora sarò buona.

Mimì E a cercarla tastoni ti sei messo!... Rodolfo ...e cerca, cerca... Mimì Mio bel signorino, posso ben dirlo adesso: lei la trovò assai presto... Rodolfo Aiutavo il destino... Mimì Era buio; e il mio rossor non si vedeva... «Che gelida manina... Se la lasci riscaldar!...» Era buio e la man tu mi prendevi...

Musetta Dorme? Rodolfo Riposa. Marcello Ho veduto il dottore! Verrà; gli ho fatto fretta. Ecco il cordial. Mimì Chi parla? Musetta Io, Musetta. Mimì Oh, come è bello e morbido! Non più le mani allividite. Il tepore le abbellirà... Sei tu che me lo doni?

Rodolfo Oh Dio! Mimì!

Musetta Sì.

Schaunard Che avvien?

Mimì Tu, spensierato! Grazie. Ma costerà. Piangi? Sto bene... Pianger così, perché?

Mimì Nulla. Sto bene.


118

Qui.. amor... sempre con te! Le mani... al caldo... e... dormire.

La Bohème

Che vuol dire quell’andare e venire, quel guardarmi così...

Rodolfo Che ha detto il medico?

Marcello Coraggio!

Marcello Verrà.

Rodolfo Mimì... Mimì!...

Musetta Madonna benedetta, fate la grazia a questa poveretta che non debba morire. Qui ci vuole un riparo perché la fiamma sventola. Così. E che possa guarire. Madonna santa, io sono indegna di perdono, mentre invece Mimì è un angelo del cielo. Rodolfo Io spero ancora. Vi pare che sia grave? Musetta Non credo. Schaunard Marcello, è spirata... Colline Musetta, a voi! Come va?... Rodolfo Vedi?... È tranquilla.






SFERISTERIO 22, 28 luglio, 3, 11 agosto - ore 21.00 Georges Bizet

Carmen Dramma lirico in quattro atti su libretto di H. Meilhac e L. Halévy Copyright ed edizione Edition Choudens, Parigi - Casa musicale Sonzogno di Piero Ostali, Milano

Veronica Simeoni Alessandra Marianelli Pervin Chakar Gabriella Sborgi Roberto Aronica Gezim Myshketa Cristiano Palli Stefano Ferrari Pietro Toscano Daniele Piscopo

Carmen Micaëla Frasquita Mercédès Don José Escamillo Le Dancaïre Le Remendado Zuniga Moralès

Direttore Dominique Trottein Regia Serena Sinigaglia Scene Maria Spazzi Costumi Federica Ponissi Coreografie Michela Lucenti Luci Alessandro Verazzi Assistente alla regia Omar Nedjari Assistente alle scene Maria Paola Di Francesco Assistenti alle coreografie Monica Bianchi, Gianluca Pezzini Maestro del coro David Crescenzi Fondazione Orchestra Regionale delle Marche Coro Lirico Marchigiano “V. Bellini” Complesso di palcoscenico Banda “Salvadei” Coro di voci bianche Pueri Cantores “D. Zamberletti” e “S. Stefano” Ensemble di teatro fisico Balletto Civile



125 Direttore di scena Mauro De Santis Direttore musicale di palcoscenico Gianfranco Stortoni Maestro di sala Cesarina Compagnoni, Simone Savina Maestri di palcoscenico Adamo Angeletti, Marta Marrocchi Maestro alle luci Melissa Mastrolorenzi Maestro ai sopratitoli Natalia Giro Ensemble di teatro fisico Balletto Civile Ambra Chiarello, Andrea Capaldi, Andrea Coppone, Yuri Ferrero, Massimiliano FrascĂ , Francesco Gabrielli, Raffaele Gangale, Filippo Gessi, Francesca Lombardo, Sara Ippolito, Carlo Massari, Livia Porzio, Emanuela Serra, Giulia Spattini, Chiara Taviani, Teresa Timpano Mimi Marco Brinzi, Alessandro Lussiana Figuranti Marco Leombruni (coordinatore), Federico Archetti, Francesco Berto, Armando Biccari, Paolo Ferraccio, Lorenzo Flamini, Omar Flamini, Alberto Lazzarini, Guido Palazzolo, Luca Serangeli, Leonardo Tognetti, Matteo Torresi Responsabile allestimento scenico e servizi di palcoscenico Enrico Sampaolesi Logistica Giorgio Alici Biondi Scenografo realizzatore Serafino Botticelli Capo macchinista Secondo Caterbetti Capo elettricista Fabrizio Gobbi Responsabile sartoria Simonetta Palmucci Responsabile vestizioni Maria Antonietta Lucarelli Capo attrezzista Emanuela Di Piro Capo squadra aiuti tecnici Mauricio Cesar Pasquali Responsabili parrucco Anna Anisimova, Serena Mercanti Responsabile trucco Raffaella Cipolato Direttore di sala Marco Coltorti Fotografo Alfredo Tabocchini Scene e attrezzeria Chiediscena, Lanciano (Ch) - E. Rancati, Milano Costumi Macerata Opera Festival - Sartoria Arianna, Corridonia (Mc) - Sartoria Nori, Bracciano (Rm) Calzature Pompei 2000, Roma - Parrucche Audello, Torino Illuminotecnica Musicalbox, Verona - Fonica AMS, Macerata Sopratitoli e audio descrizioni Macerata Opera Festival e UniversitĂ di Macerata, con il supporto tecnico di Sub-Ti, Londra



127

«Signorina, di dove è lei? Di Cordova?» «No.» «È almeno andalusa? Mi sembra di capirlo dalla sua dolce parlata.» «Se distingue così bene l'accento della gente, dovrebbe ben indovinare chi sono.» «Lei è di questa terra, a due passi dal paradiso» «Bah! il paradiso... le persone di qui dicono che non è fatto per noi.» «Sarebbe allora moresca?... o forse... ebrea?» «Suvvia, andiamo! Lo vede bene che sono una zingara: vuole che le dica la baji? [La buona ventura]. Avrà sentito parlare della Carmencita? Ebbene, sono io.» Era graziosa, Carmen. Perché una donna sia bella – dicono gli spagnoli – bisogna che si possa definire mediante dieci aggettivi adatti ciascuno a tre parti della sua persona. Deve avere ad esempio tre cose nere: gli occhi, le palpebre, le sopracciglia; tre sottili: le dita, le labbra, i capelli. Da Carmen di Prosper Mérimée



129 Malvagia, raffinata, fatalistica: malgrado ciò popolare

Angelo Foletto

Ogni giorno, in qualche angolo della terra, c’è un Don Josè che in palcoscenico cantando uccide la sua Carmen e riscattandone la figura per sempre. E c’è una Violetta che assapora l’estremo “nuovo vigore” prima di morire nel suo letto, circondata da suoi (pochi) affetti, affrancando quello stato di traviata che pareva una macchia umana e sociale indelebile. Statistica non nepotismo culturale: Carmen e Traviata sono le opere più eseguite al mondo. Non importa se, come dicono le cronache, al debutto non convinsero: hanno rimontato. Si sono affacciate al nuovo millennio appaiate nel favore pieno del pubblico e incarnano l’essenza (per alcuni imperdonabile) dell’opera: l’attualità priva di giustificazioni. A suo tempo le due giovani protagoniste, proseguendo l’azione “scandalosa” e destabilizzante avviata da Manon, scompaginarono le certezze degli spettatori abituati al teatro come luogo di astrazioni edificanti o di spettacoli scacciapensieri, mettendo in subbuglio (come i testi da cui derivavano) le norme della società europea più orgogliosa e autoreferenziale, quella parigina. In musica Carmen e Violetta hanno surclassato l’originale letterario, divenendo simboli assoluti del sentire al femminile. A Carmen, in particolare, è toccato il destino di condividere e profetizzare con Salomè e Lulù e altre figure teatrali finti di inquietudini moderne e scomuniche leggendarie, un nuovo profilo femminile. Reincarnandosi nella vitalità senza vie di mezzo morali e comportamentali, nella coerenza e fatale consapevolezza esistenziale di Don Giovanni, anche lui energia teatrale assoluta: senza passato né rimpianti. Eppure l’esordio di Carmen (Parigi, Opéra-Comique, 3 marzo 1875) ebbe solo successo di stima. L’intreccio insolito del dramma in cui non c’è nemmeno un duetto d’amore, la conclusione cruenta in primo piano (il galateo in vigore

all’Opéra-Comique sconsigliava di far morire i protagonisti in palcoscenico) e l’ostentazione sessuale della protagonista (accentuata dalla prima interprete, con “mosse” non proprio da artista di flamengo) furono giudicati poco edificanti. D’altra parte la determinazione tragica di Carmen (sceglie di morire per non rinunciare alla libertà, e pur di non cedere al ricatto dell’affetto) o la novità drammatica (è il primo soggetto operistico che celebra la gelosia maschile non come disperazione autolesionistica ma come atto di possessività mortale nei confronti della donna: un fatto di cronaca nera, per scriverla con i codici dei mass media, purtroppo ancor oggi di attualità) erano oggettivamente troppo nuovi per non scandalizzare. E sono intatti: letterati e psicanalisti, teatranti e musicologi, interpreti e appassionati, trovano sempre qualcosa di plausibile e nuovo alla sfrontata attualità di Carmen e alla bellezza strana di Carmen. Stregato da Carmen, il timido Bizet capì che la sua nuova opera, per salvaguardare la “scandalosa” forza dell’originale doveva essere teatro in musica: qualcosa di inaspettato (ma non accidentale) da ascoltare che unisse in un solo eclettico pentagramma lo stile buffo ascoltato in Italia (praticato, anche, con Don Procopio) e ben presente nell’operetta francese, il canto fluente del maestro Gounod e quello plastico di Verdi, la romanza da salotto e lo stile a metà tra canto e recitazione dei teatri dei Boulevard, il gusto orientalizzante già messo a frutto in Les pécheurs de perles e ‘wagnerianamente” in Diamileh (accolta senza entusiasmi sullo stesso palcoscenico dell’Opéra-Comique tre anni prima). Senza dimenticare la specialità del teatro che gli aveva commissionato l’opera (salvo pentirsi una volta saputo il soggetto) ovvero l’alternanza di numeri cantati e di ampie sequenze di dialogo parlato (o di brevi mèlodrame: parlati sulla musica) che gli ricordava il lavoro sulla parola e sull’espressione drammatica non melodrammatica realizzato con le musiche di scena per L’Arlesienne. Il lavoro sul testo di Daudet (1872) fu il suo primo passo verso il sud musicale, una sorta manovra di avvicinamento ambientale, di immedesimazione mediterranea in vista della Spagna di


130 Carmen e della sua «sensibilità meridionale, più abbronzata, riarsa» (Nietzsche); oltre che l’occasione per sperimentare un’antiwagneriana e realistica miniaturizzazione dell’orchestra. Al Théátre de Vaudeville, per L’Arlesienne, suonò un’orchestra di soli 24 strumenti più harmonium e sassofono. Le parti usate all’Opèra-Comique nel 1875 ci ricordano che Bizet scrisse per 32 archi, legni a due (compresi ottavino e corno inglese), 4 corni, 2 trombe, 3 tromboni, arpa, timpani e percussioni (triangolo, piatti, grancassa, tamburo a cassa chiara, tamburo basco e nacchere): a parte ottavino, corno inglese, percussioni e l’arpa, è l’organico di una sinfonia di Haydn non di un’opera della “Giovane Scuola”. In questo senso, arruolando Carmen tra gli epigoni (anzi archetipi, per rispettare la cronologia) del verismo melodrammatico, complice la trasformazione in recitativi dei dialoghi parlati, la traduzione italiana (adottata fin dal 1876 da Celestine Galli Marié prima Carmen, e subito dopo da tutti i teatri del mondo) e interpreti dalla voce grossa, siamo stati imbrogliati per oltre un secolo. L’eleganza e l’asciuttezza della musica coincidono con le caratteristiche della novella che ispirò Bizet. Scritta nel 1845, Carmen fu organizzata da Prosper Merimée entro una cornice letteraria e scientifica (un’improbabile cronaca turistico-archeologica) in modo da rimarcare l’opposizione tra l’artefatto mondo intellettuale borghese cui l’autore apparteneva (e cui si rivolgeva), e la “diversità” della zingara e del suo universo: naturale, primitivo, quasi selvaggio ma autentico e, a suo modo, candido. Nel passaggio da novella a libretto d’opera, con Henri Meilhac (che si occupò dei dialoghi) e Ludovic Halévy (parti cantate), la migliore coppia di teatranti su piazza, collaborò anche Bizet. Non sappiamo in che misura, al di là di quanto testimoniato da parole e osservazioni aggiunte a penna sulle bozze del libretto. Ma di sua mano sono i versi definitivi dell’habanera (sostituì ad esempio l’originale «tant pis pour toi!» con «prends garde à toi») e la Scena delle carte, autoritratto perfetto della zingara e cuore dell’opera. Al terzetto Bizet associò una musica rituale e concentrica, cupa e sprofondante: sull’assorto recitativo-formula esorcistica di Carmen

Carmen che scopre le carte e ne riepiloga l’anima, alita un soffio freddo di magia e ancestralità presaga, così come nel racconto e nell’opera Carmen spande un’aura “maledetta” stregante. Il lancio del fiore a Don Josè ha il senso e il ruolo teatrale di una diabolica cerimonia iniziatica: un vero e proprio incantamento d’amore che solo la morte potrà esorcizzare. Il libretto di Carmen mantenne e rafforzò il realismo e l’impostazione fondata sul contrasto tra maschio debole ma possessivo e femmina emancipata. Solo per salvaguardare l’economia operistica tradizionale fu disegnata la doppia triangolazione amorosa e nella vicenda furono inseriti Escamillo e Micaëla (“tipi” più che personaggi, l’amante famoso e l’immagine dell’amore puro). Basandosi sulle annotazioni dotte di Mérimée, gli autori elaborarono anche le pittoresche scene di massa necessarie allo stile opéracomique che includeva couplets e pezzi caratteristici. La “cornice”, come i concertati operettistici e i cori dei contrabbandieri, in Carmen sono teatro e drammaturgia non complementi d’arredamento sonoro. Ad esempio il colore militaresco scandisce il dramma d’onore di Don José e nel II atto suscita – intrecciando la voce-canto seduttivo di Carmen (il piacere) e la voce-strumento della ritirata (il dovere) – uno dei passaggi musicali più intriganti della partitura. Il clima bohémienne e le tinte inquietamente notturne forniscono il palcoscenico ideale alle apparizioni di Carmen (prima esteriore e pubblico, poi psicologicamente individuato e individuale; solo nel finale a dissolvenze incrociate, le due dimensioni combaceranno). I paesaggi sonori spagnoli inscrivono il dramma in un’atmosfera a toni e ritmi violenti, ma la musica «malvagia, raffinata e fatalistica resta popolare» (Nietzsche). In Mérimée la tinta gitana conferì indole atipica e antiromantica all’eroina, mentre a Bizet la Spagna servì a evocare una specie di rito collettivo di natura e l’iberismo sonoro fu inventato: usando ritmi e melodie gitane (cioè zingare, non spagnole) usati secondo una concezione del “caratteristico” andaluso non etnico ma musicale che ne coglieva comunque gli umori profondi. Tant’è che per effetto di Carmen e della sua dimensione


Malvagia, raffinata, fatalistica: malgrado ciò popolare paesagistica sicura e memorabile, i termini musica gitana, andalusa e spagnola si sono mischiati e hanno offerto un modello di iberismo musicale artificialmente autentico ai compositori successivi, dentro e fuori Francia: quando Antonio Gades ha intersecato voci, gesti e danze filologicamente flamenghe sulla musica di Bizet l’incontro è parso inevitabile e rivelatore. Il colore, lo spagnolismo, il virtuale folklorismo di Carmen sono paesaggi dell’anima, un dato teatrale: artificioso ma poiché siamo a teatro, più “vero” del vero. I comportamenti anticonformisti (proto-femministi, secondo alcuni) di Carmen non contraddicono la firma musicale vistosa e vantata con impudicizia nella prima parte dell’opera: la successione habanera, chanson, seguidilla, chanson bohèmienne e romalis colorano la diversità di Carmen, facendo coincidere la nozione di esotismo a quella di erotismo, ma la sua anima vera la riconosciamo nelle cupezze rabbiose del III atto e nel convulso duetto finale. Volutamente simmetrica, più che in contrasto, è la dimensione femminile materna e lirica incarnata da Micaëla, figurina degna dello zelante allievo di Gounod che richiama il buon senso borghese tranquillizzando lo spettatore medio dell’OpéraComique. Dal punto di vista vocale, per Don Josè Bizet sceglie una tessitura tenorile centrale che scivola verso il parlato se sale la tensione e l’emozione, la rabbia che non esplode e lo stupore. Indeciso tra rassegnata fidanzata in costume navarrese e indocile amante in odore di zolfo, Don Josè è l’ultimo (pallido) eroe romantico; Carmen invece è protagonista senza avere un’aria amorosa. La noncuranza nei riguardi del rapporto convenzionale (cioè soggetto all’uomo) è dichiarata dal canto rotto, mormorato, ossessivo nelle progressioni modulanti e nelle ripetizioni; la linea vocale è priva di effusioni, l’estensione lambisce il declamato, il timbro l’androginia. La pittura d’ambiente che scandisce gli avvenimenti e spinge in primo piano i sentimenti dei personaggi, isola il fatale determinismo di Carmen: sottolineate dalla musica, le sue scelte senza vie di mezzo sentimentali appaiono - per la concezione perbenista - prive di moralità, come quelle di

131 Lulù. Per questo la sua morte - cercata - non apparve edificante: pochi capirono che solo il coltello assassino dell’amante d’un tempo poteva restituirle, per sempre, la libertà - la sua ossessione. Ma il respiro individuale forte di Carmen, non condiviso né solidale, capriccioso e insaziabile, esaltante e inquieto, genera anche una malinconia inesorabile: nera e lieve come il passo del destino che Carmen, lasciandosi uccidere, non intralcia. Don José invece non crede alle carte che “ne mentiront pas” (“pour tous les deux, la mort!”, avevano detto), perde perché non muore e non ha il coraggio di uccidersi (anzi si costituisce, come il bravo soldato che era), dimostrando che la forza interiore appartiene a una moderna immagine femminile: padrona di se stessa, non solo femme fatale. Gli uomini sono sentimentalmente inconsistenti come Escamillo (“légèrment avec fatuité”, raccomanda Bizet per l’accompagnamento alla sua entrata) o immaturi: con Don Josè inizia la stagione degli anti-eroi maschili, perdenti a teatro e nella vita. Mentre il personaggio-Carmen sfuggito alla realtà-fittizia del palcoscenico entra per sempre nel mondo reale: incastrandosi nella memoria collettiva con la sua verità inattesa come quella dischiusa dall’esplosione del Prélude d’avvio che ognuno ha nell’orecchio anche senza sapere dire come e dove l’ha ascoltato per la prima volta.



133 SOGGETTO

non provare vero amore. All’arrivo del suo superiore Zuniga che gli intima di andarsene, Don José reagisce violentemente: a questo punto è costretto alla diserzione e decide di seguire Carmen ed i suoi amici contrabbandieri.

ATTO PRIMO Una piazza a Siviglia. I soldati del corpo di guardia, tra cui il brigadiere Moralès, si rallegrano per il servizio che prestano in città. Arriva Micaëla, una giovane ragazza di campagna, in cerca di Don José; i soldati le spiegano che il brigadiere giungerà con il prossimo cambio della guardia e tentano di corteggiarla ma lei se ne va. Cambio della guardia. Giungono Don José e il tenente Zuniga, questi gli chiede notizie sulle operaie della manifattura di tabacchi ma egli risponde che non le ha mai guardate poiché innamorato di Micaëla. Dalla manifattura escono le sigaraie, fra loro c’è Carmen che ammalia Don José gettandogli un fiore, poi si allontana senza dire una parola. Torna Micaëla, Don José nasconde prontamente quel fiore stregato ed apprende da una lettera consegnatagli dalla ragazza che sua madre lo invita a tornare da lei e a sposare la giovane. Scoppia una rissa fra le sigaraie, Don José arresta Carmen accusata di aver sfregiato un’altra operaia poi, sedotto dalle sue parole, la lascia fuggire.

ATTO TERZO In una selvaggia regione montuosa, nell’accampamento dei contrabbandieri e degli zingari. Don José si scusa con Carmen per le dure parole che le ha rivolto, la sigaraia lo respinge decretando che vuole vivere libera ed egli la minaccia. Mercédès, Frasquita e Carmen leggono il loro destino nelle carte: felice per le prime due, funesto per l’altra. Giunge il Dancairo, che dà il segnale di partenza ai contrabbandieri ed incarica le donne di distrarre i doganieri, suscitando ancora una volta la gelosia di Don José. Arriva Micaëla nel tentativo di portar via da quel luogo il suo brigadiere. La venuta di Escamillo, che annuncia a Don José di essere lì per incontrare Carmen, causa lo scontro fra i due, poi il torero si allontana invitando tutti alla sua prossima corrida. Don José, informato da Micaëla della madre morente, decide di seguire la giovane ma prima di partire minaccia Carmen di vendicarsi se non gli sarà fedele.

ATTO SECONDO Taverna di Lillas Pastia. Carmen rifiuta le attenzioni del torero Escamillo e di Zuniga: innamorata di Don José ne attende il ritorno. L’uomo, ora libero dalla prigione in cui era stato rinchiuso per la fuga di Carmen, la raggiunge. Nel corso dell’incontro Carmen gli contesta il suo senso dell’onore e Don José le manifesta la sua gelosia. La donna riesce a placarlo ma quando suona la ritirata Don José le spiega che deve lasciarla: Carmen reagisce schernendolo ed accusandolo di

ATTO QUARTO Plaza de Toros a Siviglia. Tra le ovazioni della folla entra Escamillo che ha al fianco Carmen. La donna viene messa in guardia dalle sue amiche della presenza di Don José. I due si incontrano: l’uomo supplica Carmen di tornare da lui ma lei con disprezzo lo rifiuta e gli getta ai piedi l’anello che le aveva donato. Geloso e furioso la uccide mentre dalla piazza giungono le grida per la vittoria di Escamillo. Disperato, Don José si lascia arrestare senza opporre resistenza.


134 SYNOPSIS

FIRST ACT A square in Seville, Spain. A group of soldiers, among them corporal Moralès, are whiling away the time and rejoicing over their service to the town. A young peasant girl named Micaëla comes by, looking for Don José. The soldiers inform her that the corporal will arrive after the change of guard. As they playfully try to flirt with her, she runs away. As soon as the guards are changed, Don José and lieutenant Zuniga appear. The latter enquires about the female workers of the cigarette factory but Don José denies ever looking at them, as he is in love with Micaëla. A group of women starts filing out of the factory. Amongst them is Carmen, whose beauty strikes Don José and fills him with delight as the girl throws a rose at him. She then walks away without saying a word. Micaëla soon comes back and Don José hides the enchanted rose from her. The girl hands him a letter from his mother, who suggests that he comes back to her and marry Micaëla. Moments later, a fight breaks out among the cigarette workers and Don José arrests Carmen, accused of injuring another woman. However, Carmen charms Don José and persuades him to let her go. SECOND ACT At Lillas Pastia’s Inn, Carmen tries to ignore the toreador Escamillo and lieutenant Zuniga: she is in love with Don José and awaits his return. Released from the prison where he was kept for letting Carmen escape, Don José joins her at last. While they talk, Carmen questions Don José’s sense of honour and the corporal displays all his jealousy. The woman then manages to reassure him, but when the bells beat the retreat Don José tells Carmen that time has come for him to quit her. The beautiful gipsy reacts scornfully and accuses him of not loving her enough. As Zuniga orders him to leave,

Carmen Don José defies his commander’s order and is thus forced to desert his regiment. He decides to follow Carmen and his fellow smugglers. THIRD ACT Up in the mountainous retreat where the smugglers hide, Don José begs Carmen to forgive him for his harsh words. The gipsy rejects his apologies, she tells him that she wishes to be free from him and, as a response to such an assertion, Don José threatens her. Mercédès, Frasquita and Carmen tell their fortunes with a deck of cards: the first two will lead a happy life, whereas for Carmen and José the cards spell death. Dancairo comes by to announce that the time is ripe for the smugglers’ departure. He also asks all women to distract the customs officers and, by so doing, he inflames Don José’s jealousy again. Micaëla, unseen by all, arrives at the smugglers’ retreat to try and rescue his beloved one. When Escamillo also arrives, telling Don José that he is there to meet Carmen, the two engage in a fight. The toreador then withdraws, inviting everybody to go and see him at the next bullfight. Informed by Micaëla that his old mother is dying, Don José decides to follow her, but before leaving he threatens Carmen that he will take revenge if she is unfaithful to him. FOURTH ACT Plaza de Toros, Seville. Among the excited crowd who are cheering him, Escamillo appears with Carmen at his side. The girl’s friends warn her that Don José has been seen in the crowd and, a few moments later, the two actually come upon each other. Don José begs her to go back to him but she scornfully rejects his offer and throws at his feet the ring he had given her. Mad with rage and jealousy, Don José kills Carmen while the crowd is heard cheering Escamillo. Seized by despair, Don José lets his fellow officers take him to prison.


Soggetto DIE HANDLUNG

ERSTER AKT Ein Marktplatz in Sevilla. Die Soldaten der Wache freuen sich über ihre Arbeit in der Stadt. Unter ihnen befindet sich auch der Offizier Moralés. Michaela trifft hinzu. Sie ist ein junges Mädchen vom Land und sucht Don José. Die Soldaten erklären ihr, dass er beim nächsten Wachwechsel kommen wird und versuchen, dem Mädchen den Hof zu machen, aber sie geht weg. - Wachwechsel. Don José und der Leutnant Zuniga kommen. Zuniga fragt Don José, was er von den Arbeiterinnen der Tabakfabrik hält. Dieser hat die jungen Frauen noch nie angeschaut, da er in Michaela verliebt ist. Die Arbeiterinnen kommen aus der Fabrik. Unter ihnen ist Carmen, die Don José bezaubert. Sie wirft ihm eine Blume zu und geht dann, ohne ein Wort zu sagen. Michaela kommt zurück. Don José versteckt die Blume hastig und erfährt aus einem Brief seiner Mutter, der ihm von Michaela überbracht wird, dass diese sich wünscht, er möge heimkommen und Michaela heiraten. Die Arbeiterinnen streiten sich lautstark, es kommt zu Handgreiflichkeiten. Don José nimmt Carmen fest, die angeklagt wird eine andere Arbeiterin verletzt zu haben – er lässt sich allerdings verführen und verhilft ihr zur Flucht. ZWEITER AKT In der Taverne von Lillas Pastia. Carmen weist die Aufmerksamkeiten seitens Zunigas und des Torreros Escamillo zurück. Sie ist in Don José verliebt und wartet auf dessen Rückkehr. Nachdem er seine Strafe für ihre Befreiung im Gefängnis abgebüßt hat, folgt er ihr. Bei ihrem ersten Treffen wirft sie ihm vor, sein Ehrenkodex seie lächerlich und er weist dies eifersüchtig zurück. Sie kann ihn beruhigen, als aber der Zapfenstreich geblasen wird,

135 erklärt er ihr, nun gehen zu müssen. Carmen verhöhnt ihn daraufhin und wirft ihm vor, sie nicht wirklich zu lieben. Bei der Ankunft seines Vorgesetzten Zuniga, der ihm befiehlt in die Kaserne zu gehen, reagiert er gewaltsam und ist nun gezwungen zu desertieren und Carmen und ihren Schmugglerfreunden zu folgen. DRITTER AKT - In einer wilden Berggegend, im Lager der Schmuggler und Zigeuner. Don José bittet Carmen wegen seiner harten Worte um Verzeihung. Die Frau weist ihn zurück, sagt ihm, sie wolle frei sein. Er bedroht sie daraufhin. Mercédès, Frasquita und Carmen lesen ihr Schicksal aus den Karten. Für die ersten beiden kündigt sich Glück und Freude an, für Carmen eine dunkle Zukunft. Dancaïro kommt hinzu, gibt den Schmugglern das Signal zum Aufbruch und trägt den Frauen auf, die Zöllner abzulenken, was wieder einmal Don Josés Eifersucht provoziert. Michaela trifft ein, um ihren Offizier dazu zu bringen, mit ihr zu gehen. Als aber auch noch Escamillo kommt, der sagt, er seie Carmens halber dort, bricht ein gewaltsamer Streit zwischen den beiden aus. Der Torrero geht schließlich und lädt alle zu seiner Corrida ein. Als Don José nun von Michaela erfährt, dass seine Mutter im Sterben liegt, beschließt er endlich, ihr zu folgen. VIERTER AKT Plaza de Toros in Sevilla. Unter begeistertem Applaus zieht Escamillo ein – an seiner Seite Carmen. Ihre Freundinnen warnen ihn vor Don José, der sich in der Menge versteckt. Endlich trifft er sie und fleht sie an, zu ihm zurückzukehren. Angewidert weist sie ihn zurück und wirft ihm den Ring vor die Füsse, den er ihr geschenkt hatte. Völlig entfesselt vor Eifersucht bringt er sie um, während aus der Arena die Siegesschreie für escamillo tönen. Verzweifelt lässt sich Don José widerstandslos abführen.


136 SUJET

ACTE PREMIER Une place à Séville. Les soldats de la garde, parmis lesquels le brigadier Moralès, se réjouissent du service qu’ils font dans la ville. Micaëla, une jeune fille de campagne, arrive à la recherce de Don José; les soldats lui expliquent que le brigadier va bientôt venir, avec la relève de la garde et ils tentent de la séduire, mais elle s’échappe. La relève de la garde. Don José et le lieutenant Zuniga arrivent; Zuniga interroge Don José sur les ouvrières de la manufacture de tabac, mais il répond qu’il ne les a jamais regardées, puisqu’il est amoureux de Micaëla. Les cigarières sortent de la manufacture; parmi elles il y a Carmen, qui enchante Don José, en lui lançant une fleur; après elle s’éloigne silencieusement. Micaëla rentre. Don José cache rapidement la fleur ensorcelée et il apprend, par une lettre lui remise par la fille, que sa mère l’invite à rentrer chez elle et à se marier avec la jeune fille. Une bagarre éclate parmi les cigarières; Don José arrête Carmen, accusée d’avoir balafré une autre cigarière; mais, séduit par ses mots, il la laisse s’échapper. ACTE DEUXIÈME La taverne de Lillas Pastia. Carmen refuse les attentions du torero Escamillo et de Zuniga: elle aime Don José et elle attend son retour. L’homme, sorti de la prison où il avait été enfermé pour la fuite de Carmen, la rejoint. Pendant la rencontre, Carmen lui conteste son sens de l’honneur et Don José lui manifeste sa jalousie. La femme réussit à l’apaiser, mais lorsque la retraite sonne, Don José lui explique qu’il doit la laisser: Carmen réagit en se moquant de lui et en l’accusant de ne pas être amoureux d’elle.

Carmen À l’arrivée de son supérieur Zuniga, qui lui intime de s’en aller, Don José réagit avec violence: donc il est contraint à déserter et il decide de suivre Carmen et ses amis contrebandiers. ACTE TROISIÈME Une région sauvage de montagne, dans le camp des contrebandiers et des bohémiens. Don Josè demande pardon à Carmen pour ses mots si durs. La cigarière le repousse, en réclamant qu’elle veut sa liberté et il la menace. Mercédès, Frasquita et Carmen tirent les cartes et elles découvrent leur destin, hereux pour les deux premières, funeste pour Carmen. Dancario arrive; il donne le signal du depart aux contrabandiers et il charge les femmes de distraire les doganiers, en réveillant encore une fois la jalousie de Don José. Micaëla arrive pour éloigner de cet endroit son brigadier. L’arrivée d’Escamillo, qui annonce à Don José d’être venu pour rencontrer Carmen, provoque une querelle entre les deux; ensuite le torero s’eloigne en invitant tous à sa prochaine corrida. Don José, en ayant su par Micaëla que sa mère est en train de mourir, décide de suivre la jeune fille mais, avant de partir, il menace Carmen de se venger, si elle ne lui restera pas fidèle. ACTE QUATRIÈME Plaza de toros à Séville. Parmi les ovations de la foule, entre Escamillo avec Carmen. Les amies de la femme la mettent en garde sur la présence de Don José. Les deux se rencontrent: l’homme supplie Carmen de retourner à lui, mais elle refuse avec mépris et jette à ses pieds la bague qu’il lui avait donné. Don Josè, jaloux et furieux, la tue, en même temps qu’on entend venir de la place les cris de la foule, pour la victoire de Escamillo. Don José, désespéré, se lasse emprisonner sans aucune résistence.




139

Acte premier

Moralès Que cherchez-vous, la belle? Micaëla Moi, je cherche un brigadier.

Choeur Sur la place chacun passe, chacun vient, chacun va; drôles de gens que ces gens-là! Drôles de gens! Drôles de gens! Moralès A la porte du corps de garde, pour tuer le temps, on fume, on jase, l’on regarde passer les passants. Sur la place chacun passe, chacun vient, chacun va; Choeur Sur la place chacun passe, chacun vient, chacun va; drôles de gens que ces gens-là! Drôles de gens! Drôles de gens! Moralès Drôles de gens! Drôles de gens!

Moralès Je suis là... Voilà! Micaëla Mon brigadier, à moi, s’appelle Don José... le connaissez-vous? Moralès Don José! Nous le connaissons tous. Micaëla Vraiment!? Est-il avec vous, je vous prie? Moralès Il n’est pas brigadier dans notre compagnie. Micaëla Alors, il n’est pas là?... Moralès Non, ma charmante, il n’est pas là, mais tout à l’heure il y sera. Oui, tout à l’heure il y sera. Il y sera, quand la garde montante remplacera la garde descendante.

Moralès Regardez donc cette petite qui semble vouloir nous parler... Voyez! Elle tourne... elle hésite...

Tous Il y sera, quand la garde montante remplacera la garde descendante.

Choeur A son secours il faut aller!

Moralès Mais en attendant qu’il vienne,


140

Carmen

voulez-vous, la belle enfant, voulez-vous prendre la peine d’entrer chez nous un instant?

Micaëla Non pas! Non pas! Non! Non!... Au revoir, messieurs les soldats!

Micaëla Chez vous?

Moralès L’oiseau s’envole... On s’en console... Reprenons notre passe-temps et regardons passer les gens.

Choeur Chez nous! Micaëla Non pas, non pas! Grand merci, messieurs les soldats. Moralès Entrez sans crainte, mignonne, je vous promets qu’on aura pour votre chère personne tous les égards qu’il faudra. Micaëla Je n’en doute pas, cependant, je reviendrai je reviendrai, c’est plus prudent. Je reviendrai, quand la garde montante remplacera la garde descendante. Moralès et les soldats Il faut rester car la garde montante va remplacer la garde descendante. Moralès Vous resterez! Micaëla Non pas, non pas! Moralès et les soldats Vous resterez, vous resterez, vous resterez, oui, vous resterez, vous resterez!

Choeur Sur la place chacun passe, chacun vient, chacun va; drôles de gens que ces gens-là! Drôles de gens! Drôles de gens! Moralès et les soldats Drôles de gens! Drôles de gens! Drôles de gens! Choeur des gamins Avec la garde montante, nous arrivons, nous voilà! Sonne, trompette éclatante! Ta ra ta ta, ta ra ta ta. Nous marchons, la tête haute, comme de petits soldats, marquant, sans faire de faute, une, deux, marquant le pas, les épaules en arrière et la poitrine en dehors, les bras de cette manière, tombant tout le long du corps. Avec la garde montante, nous arrivons, nous voilà! Sonne, trompette éclatante! Ta ra ta ta, ta ra ta ta. Nous marchons, la tête haute, comme de petits soldats,


Acte premier

marquant, sans faire de faute, une, deux, marquant le pas, les épaules en arrière et la poitrine en dehors, les bras de cette manière, tombant tout le long du corps. Nous arrivons, nous voilà! Ta ra ta ta, ta ra ta ta. Moralès Une jeune fille charmante vient de nous demander si tu n’étais pas là. Jupe bleue et nattes tombantes. José Ce doit être Micaëla! Les gamins Et la garde descendante rentre chez elle et s’en va. Sonne, trompette éclatante! Ta ra ta ta, ta ra ta ta. Nous marchons, la tête haute, comme de petits soldats, marquant, sans faire de faute, une, deux, marquant le pas. Ta ra ta ta, ta ra ta ta, etc. Zuniga C’est bien là, n’est-ce pas, dans ce grand bâtiment, que travaillent les cigarières? José C’est là, mon officier, et bien certainement on ne vit nulle part filles aussi légères. Zuniga Mais au moins, sont-elles jolies?

141

José Mon officier, je n’en sais rien, et m’occupe assez peu de ces galanteries. Zuniga Ce qui t’occupe, ami, je le sais bien. Une jeune fille charmante qu’on appelle Micaëla. Jupe bleue et nattes tombantes. Tu ne réponds rien à cela? José Je réponds que c’est vrai, je réponds que je l’aime. Quant aux ouvrières d’ici, quant à leur beauté, les voici! Et vous pouvez juger vous-même. Choeur La cloche a sonné, nous, des ouvrières nous venons ici guetter le retour; et nous vous suivrons, brunes cigarières, en vous murmurant des propos d’amour... Voyez-les! Regards impudents, mine coquette! Fumant toutes, du bout des dents, la cigarette. Le cigarières Dans l’air, nous suivons des yeux la fumée, qui vers les cieux monte parfumée; cela monte gentiment à la tête, tout doucement cela vous met l’âme en fête! Le doux parler des amants, c’est fumée! Leurs transports et leur serments,


142

Carmen

c’est fumée! Oui, c’est fumée, c’est fumée.

et c’est l’autre que je préfère, il n’a rien dit, mais il me plaît.

Les jeunes gens Sans faire les cruelles, écoutez-nous, les belles, vous que nous adorons, que nous idolâtrons.

Choeur L’amour est un oiseau rebelle que nul ne peut apprivoiser, et c’est bien en vain qu’on l’appelle, s’il lui convient de refuser.

Le cigarières Dans l’air, nous suivons des yeux la fumée, la fumée. Dans l’air, nous suivons des yeux la fumée qui monte en tournant vers les cieux! La fumée! La fumée!

Carmen L’amour est enfant de Bohême, il n’a jamais connu de loi; si tu ne m’aimes pas, je t’aime; si je t’aime, prends garde à toi!

Choeur Mais nous ne voyons pas la Carmencita! Les cigarières et les jeunes gens La voilà! La voilà! La voilà! Voilà la Carmencita! Les jeunes gens Carmen! Sur tes pas nous nous pressons tous! Carmen! Sois gentille: au moins réponds-nous, et dis-nous quel jour tu nous aimeras. Carmen, dis-nous quel jour tu nous aimeras! Carmen Quand je vous aimerai? Ma foi, je ne sais pas!... Peut-être jamais, peut-être demain; mais pas aujourd’hui... C’est certain. L’amour est un oiseau rebelle que nul ne peut apprivoiser, et c’est bien en vain qu’on l’appelle, s’il lui convient de refuser. Rien n’y fait, menace ou prière, l’un parle bien, l’autre se tait;

Choeur Prends garde à toi! Carmen Si tu ne m’aimes pas, si tu ne m’aimes pas, je t’aime. Choeur Prends garde à toi! Carmen Mais si je t’aime, si je t’aime, prends garde à toi! Choeur L’amour est enfant de Bohême, il n’a jamais connu de loi; si tu ne m’aimes pas, je t’aime; si je t’aime, prends garde à toi! Prends garde à toi! Carmen L’oiseau que tu croyais surprendre battit de l’aile et s’envola;


Acte premier

143

l’amour est loin, tu peux l’attendre; tu ne l’attends plus, il est là! Tout autour de toi, vite, vite, il vient, s’en va, puis il revient; tu crois le tenir, il t’évite; tu crois l’éviter, il te tient!

Carmen Si tu ne m’aimes pas, si tu ne m’aimes pas, je t’aime.

Choeur Tout autour de toi, vite, vite, il vient, s’en va, puis il revient; tu crois le tenir, il t’évite; tu crois l’éviter, il te tient!

Carmen Mais si je t’aime, si je t’aime, prends garde à toi!

Carmen L’amour est enfant de Bohême, il n’a jamais connu de loi; si tu ne m’aimes pas, je t’aime; si je t’aime, prends garde à toi! Choeur Prends garde à toi! Carmen Si tu ne m’aimes pas, si tu ne m’aimes pas, je t’aime. Choeur Prends garde à toi! Carmen Mais si je t’aime, si je t’aime, prends garde à toi! Choeur L’amour est enfant de Bohême, il n’a jamais connu de loi; si tu ne m’aimes pas, je t’aime; si je t’aime, prends garde à toi!

Choeur Prends garde à toi!

Les jeunes gens Carmen! Sur tes pas nous nous pressons tous! Carmen! Sois gentille, au moins réponds-nous! Réponds-nous! Réponds-nous! Carmen! Sois gentille, au moins réponds-nous! Carmen Eh! Compère, qu’est-ce que tu fais là? Choeur L’amour est enfant de Bohême, il n’a jamais connu de loi; si tu ne m’aimes pas, je t’aime; si je t’aime, prends garde à toi! José Quels regards! Quelle effronterie!… Cette fleur-là m’a fait l’effet d’une balle qui m’arrivait… Le parfum en est fort, et la fleur est jolie, et la femme, s’il est vraiment des sorcières, c’en est une certainement. Micaëla José! José Micaëla!…


144

Micaëla Me voici!… José Quelle joie! Micaëla C’est votre mère qui m’envoie… José Parle-moi de ma mère! Parle-moi de ma mère! Micaëla J’apporte de sa part, fidèle messagère, cette lettre! José Une lettre. Micaëla Et puis un peu d’argent, pour ajouter à votre traitement. Et puis...

Carmen

Micaëla Oui, je parlerai. Ce que l’on m’a donné, je vous le donnerai. Votre mère avec moi sortait de la chapelle, et c’est alors qu’en m’embrassant: «Tu vas, m’a-t-elle dit, t’en aller à la ville: la route n’est pas longue; une fois à Séville tu chercheras mon fils, mon José, mon enfant! Et tu lui diras que sa mère songe nuit et jour à l’absent, qu’elle regrette et qu’elle espère, qu’elle pardonne et qu’elle attend. Tout cela, n’est-ce pas? Mignonne, de ma part tu le lui diras; et ce baiser que je te donne, de ma part tu le lui rendras». José Un baiser de ma mère!... Micaëla Un baiser pour son fils!... José Un baiser de ma mère!...

José Et puis?...

Micaëla Un baiser pour son fils!... José, je vous le rends, comme je l’ai promis!

Micaëla Et puis... vraiment je n’ose!... Et puis... encore une autre chose qui vaut mieux que l’argent, et qui, pour un bon fils, aura sans doute plus de prix.

José Ma mère, je la vois! Je revois mon village! Ô souvenirs d’autrefois, doux souvenirs du pays!... Vous remplissez mon coeur de force et de courage! Ô souvenirs chéris! Ma mère, je la vois, je revois mon village!

José Cette autre chose, quelle est-elle? Parle donc...

José Ma mère, je la vois, je revois mon village!


Acte premier

Je te revois, ô mon village! Doux souvenirs, souvenirs du pays, vous remplissez mon coeur de courage. Doux souvenirs, ô souvenirs chéris, je revois mon village! Ô souvenirs chéris! Vous me rendez tout mon courage. Ô souvenirs du pays! Micaëla Sa mère, il la revoit, il revoit son village! Il te revoit, ô ton village! Doux souvenirs, souvenirs du pays, vous remplissez son coeur de courage, doux souvenirs, ô souvenirs chéris, il revoit son village! Vous lui rendez tout son courage. Ô souvenirs du pays! José Reste-là maintenant, pendant que je lirai. Micaëla Lisez, puis je reviendrai. José Tu reviendras?

145

Le cigarières Au secours! N’entendez-vous pas? Au secours! Messieurs les soldats! Premier groupe C’est la Carmencita! Deuxième groupe Non pas, ce n’est pas elle. Premier groupe C’est elle! Deuxième groupe Pas du tout! Premier groupe Si fait, si fait, c’est elle! Elle a porté les premiers coups! Toutes les femmes Ne les écoutez pas, monsieur! Écoutez-nous! Écoutez-nous! Écoutez-nous, monsieur, écoutez-nous!

Micaëla Je reviendrai.

Premier groupe La Manuelita disait, et répétait à voix haute qu’elle achèterait sans faute un âne qui lui plaisait.

José Ne crains rien, ma mère, ton fils t’obéira, fera ce que tu dis. J’aime Micaëla, je la prendrai pour femme. Quant à tes fleurs, sorcière infâme!…

Deuxième groupe Alors la Carmencita, railleuse à son ordinaire, dit: un âne, pour quoi faire? Un balai te suffira.

Zuniga Que se passe-t-il donc là-bas?

Premier groupe Manuelita riposta


146

et dit à sa camarade: pour certaine promenade, mon âne te servira! Deuxième groupe Et ce jour-là tu pourras à bon droit faire la fière, deux laquais suivront derrière t’émouchant à tour de bras.

Carmen

Ne les écoutez pas! Monsieur, écoutez-nous! Premier groupe C’est la Carmencita qui porta les premiers coups! Deuxième groupe C’est la Manuelita qui porta les premiers coups! Premier groupe La Carmencita!

Toutes les femmes Là-dessus, toutes les deux se sont prises aux cheveux!...

Deuxième groupe La Manuelita!

Zuniga Au diable tout ce bavardage!... Prenez, José, deux hommes avec vous, et voyez là-dedans qui cause ce tapage!

Premier groupe Si! Si! Si! Si! Elle a porté les premiers coups! C’est la Carmencita!

Premier groupe C’est la Carmencita!

Deuxième groupe Non! Non! Non! Non! Elle a porté les premiers coups! C’est la Manuelita!

Deuxième groupe Non, non, ce n’est pas elle! Premier groupe Si fait, si fait, c’est elle! Deuxième groupe Pas du tout! Premier groupe Elle a porté les premiers coups!

José Mon officier, c’était une querelle, des injures d’abord, puis à la fin des coups: une femme blessée. Zuniga Et par qui? José Mais par elle.

Zuniga Holà! Éloignez-moi toutes ces femmes-là!

Zuniga Vous entendez; que nous répondrez-vous?

Toutes les femmes Monsieur! Monsieur!

Carmen Tra la la la la la la la coupe-moi, brûle-moi,


Acte premier

je ne te dirai rien; tra la la la la la la je brave tout le feu, le fer et le ciel même. Zuniga Fais-nous grâce de tes chansons et, puis l’on t’a dit de répondre, réponds! Carmen Tra la la la la la la la mon secret, je le garde, et je le garde bien! Tra la la la la la la j’en aime un autre et meurs en disant que je l’aime. Zuniga Puisque tu le prends sur ce ton, tu chanteras ton air aux murs de la prison. La peste! Décidément, vous avez la main leste. C’est dommage, c’est grand dommage, car elle est gentille vraiment, mais il faut bien la rendre sage: attachez ces deux jolis bras. Carmen Où me conduirez-vous?… José À la prison, et je n’y puis rien faire. Carmen Vraiment, tu n’y peux rien faire? José Non, rien, j’obéis à mes chefs. Carmen Eh bien! Moi, je sais bien qu’en dépit de tes chefs eux-mêmes,

147

tu feras tout ce que je veux, et cela, parce que tu m’aimes. José Moi, t’aimer! Carmen Oui, José, la fleur dont je t’ai fait présent, tu sais, la fleur de la sorcière, tu peux la jeter maintenant, le charme opère! José Ne me parle plus, tu m’entends, ne parle plus, je le défends! Carmen Près des remparts de Séville chez mon ami Lillas Pastia, j’irai danser la séguedille et boire du Manzanilla! J’irai chez mon ami Lillas Pastia! Oui, mais toute seule on s’ennuie, et les vrais plaisirs sont à deux; donc pour me tenir compagnie j’emmènerai mon amoureux! Mon amoureux... il est au diable... Je l’ai mis à la porte hier! Mon pauvre coeur, très consolable, mon coeur est libre comme l’air! J’ai des galants à la douzaine, mais ils ne sont pas à mon gré; voici la fin de la semaine: qui veut m’aimer? Je l’aimerai! Qui veut mon âme?... Elle est à prendre! Vous arrivez au bon moment! Je n’ai guère le temps d’attendre, car avec mon nouvel amant,


148

Carmen

près des remparts de Séville chez mon ami Lillas Pastia, j’irai danser la séguedille et boire du Manzanilla. Oui, j’irai chez mon ami Lillas Pastia!

José Tu le promets!... Carmen...

José Tais-toi! Je t’avais dit de ne pas me parler!

José Tu le promets!...

Carmen Je ne te parle pas, je chante pour moi-même!... Et je pense! Il n’est pas défendu de penser! Je pense à certain officier, je pense à certain officier qui m’aime, et qu’à mon tour... je pourrais bien aimer!

Carmen Ah!... Près des remparts de Séville, chez mon ami Lillas Pastia, nous danserons la séguedille et boirons du Manzanilla. Tra la la...

José Carmen! Carmen Mon officier n’est pas un capitaine, pas même un lieutenant il n’est que brigadier; mais c’est assez pour une Bohémienne, et je daigne m’en contenter! José Carmen, je suis comme un homme ivre, si je cède, si je te livre, ta promesse, tu la tiendras... Ah! Si je t’aime, tu m’aimeras! Carmen Oui... José Chez Lillas Pastia... Carmen Nous danserons... la séguedille...

Carmen En buvant du Manzanilla...

José Le lieutenant!… Prenez garde. Zuniga Voici l’ordre; partez et faites bonne garde. Carmen En chemin je te pousserai... Aussi fort que je le pourrai... Laisse-toi renverser... le reste me regarde... Carmen L’amour est enfant de Bohême, il n’a jamais connu de loi; si tu ne m’aimes pas, je t’aime; si je t’aime, prends garde à toi!




151

Acte deuxième

ensorcelait les zingaras! Sous le rythme de la chanson, ardentes, folles, enfiévrées, elles se laissaient, enivrées, emporter par le tourbillon! Tra la la...

Carmen Les tringles des sistres tintaient avec un éclat métallique, et sur cette étrange musique les zingarellas se levaient, tambours de basque allaient leur train, et les guitares forcenées grinçaient sous des mains obstinées, même chanson, même refrain!... Tra la la...

Frasquita Monsieur Pastia me dit...

Frasquita Il dit que le Corrégidor veut que l’on ferme l’auberge.

Carmen, Frasquita et Mercedes Tra la la...

Zuniga Eh bien, nous partirons, vous viendrez avec nous.

Carmen Les anneaux de cuivre et d’argent reluisaient sur les peaux bistrées d’orange ou de rouge zébrées; les étoffes flottaient au vent; la danse au chant se mariait, d’abord indécise et timide, plus vive ensuite et plus rapide... Cela montait, montait, montait! Tra la la... Carmen, Frasquita et Mercedes Tra la la... Carmen Les bohémiens à tour de bras, de leurs instruments faisaient rage, et cet éblouissant tapage

Zuniga Que nous veut-il encore maître Pastia?

Frasquita Non pas nous, nous restons. Zuniga Et toi, Carmen? tu ne viens pas? Ce soldat l’autre jour emprisonné pour toi... Carmen Qu’a-t-on fait de ce malheureux? Zuniga Maintenant il est libre! Carmen Il est libre! Tant mieux. Bonsoir, messieurs nos amoureux!


152

Carmen, Frasquita et Mercedes Bonsoir, messieurs nos amoureux! Choeur Vivat! Vivat le torero! Vivat! Vivat Escamillo! Vivat! Vivat! Vivat! Zuniga Une promenade aux flambeaux! C’est le vainqueur des courses de Grenade. Voulez-vous avec nous boire, mon camarade, à vos succès anciens, à vos succès nouveaux? Choeur Vivat! Vivat le torero! Vivat! Vivat Escamillo! Jamais homme intrépide n’a, par un coup plus beau, d’une main plus rapide, terrassé le taureau! Vivat! Vivat le torero! Vivat! Vivat Escamillo! Escamillo Votre toast, je peux vous le rendre, señors, car avec les soldats, oui, les toreros peuvent s’entendre; pour plaisir ils ont les combats! Le cirque est plein, c’est jour de fête! Le cirque est plein du haut en bas; les spectateurs perdent la tête, les spectateurs s’interpellent à grands fracas! Apostrophes, cris et tapage poussés jusqu’à la fureur! Car c’est la fête du courage! C’est la fête des gens de coeur!

Carmen

Allons en garde! Allons! Allons! Ah! Toréador, en garde! Toréador, toréador! Et songe bien, oui, songe en combattant, qu’un oeil noir te regarde et que l’amour t’attend! Toréador, l’amour, l’amour t’attend! Tous Toréador, en garde! Toréador, toréador! Et songe bien, oui, songe en combattant, qu’un oeil noir te regarde et que l’amour t’attend! Toréador, l’amour, l’amour t’attend! Escamillo Tout d’un coup on a fait silence... On fait silence... ah! Que se passe-t-il? Plus de cris, c’est l’instant! Le taureau s’élance en bondissant hors du toril... il s’élance! Il entre, il frappe!... Un cheval roule, entraînant un picador... «Ah! Bravo! Toro!»... Hurle la foule, le taureau va... il vient... et frappe encore! En secouant ses banderilles, plein de fureur, il court! Le cirque est plein de sang! On se sauve!... On franchit les grilles!... C’est ton tour maintenant! Allons en garde! Allons! Allons! Ah! Toréador, en garde! Toréador, toréador! Et songe bien, oui, songe en combattant, qu’un oeil noir te regarde et que l’amour t’attend! Toréador, l’amour, l’amour t’attend!


Acte deuxième

Tous Toréador, en garde! Toréador, toréador! Et songe bien, oui, songe en combattant, qu’un oeil noir te regarde et que l’amour t’attend! Toréador, l’amour, l’amour t’attend! Mercedes L’amour! Escamillo L’amour! Frasquita L’amour! Escamillo L’amour! Carmen L’amour! Escamillo L’amour! Tous Toréador, toréador! L’amour t’attend! Escamillo La belle, un mot: comment t’appelle-t-on? Dans mon premier danger, je veux dire ton nom. Carmen Carmen! Carmencita! Cela revient au même. Escamillo Si l’on te disait que l’on t’aime…

153

Carmen Je répondrais qu’il ne faut pas m’aimer. Escamillo Cette réponse n’est pas tendre. Je me contenterai d’espérer et d’attendre. Carmen Il est permis d’attendre, il est doux d’espérer. Zuniga Puisque tu ne viens pas, Carmen, je reviendrai. Carmen Et vous aurez grand tort! Zuniga Bah! Je me risquerai. Frasquita Eh bien! Vite, quelles nouvelles? Le Dancaïre Pas trop mauvaises, les nouvelles. Et nous pouvons encore faire quelques beaux coups, mais nous avons besoin de vous… Frasquita, Mercedes et Carmen Besoin de nous? Le Dancaïre Oui, nous avons besoin de vous. Nous avons en tête une affaire... Mercedes et Frasquita Est-elle bonne, dites-nous? Le Dancaïre Elle est admirable, ma chère; mais nous avons besoin de vous!


154

Carmen

Le Remendado Oui, nous avons besoin de vous!

Le Remendado et le Dancaïre N’êtes-vous pas de cet avis?

Carmen De nous?

Frasquita, Mercedes et Carmen Si fait, je suis de cet avis. Si fait vraiment, je suis de cet avis.

Le Dancaïre De vous! Frasquita De nous? Le Remendado De vous! Mercedes De nous? Frasquita, Mercedes et Carmen Quoi! Vous avez besoin de nous? Le Remendado et le Dancaïre Oui, nous avons besoin de vous! Car nous l’avouons humblement, et fort respectueusement. Quand il s’agit de tromperie, de duperie, de volerie, il est toujours bon, sur ma foi, d’avoir les femmes avec soi, et sans elles, mes toutes belles, on ne fait jamais rien de bien! Frasquita, Mercedes et Carmen Quoi! Sans nous jamais rien de bien?

Tous les cinq Quand il s’agit de tromperie, de duperie, de volerie, il est toujours bon, sur ma foi, d’avoir les femmes avec soi, et sans elles, les toutes belles, on ne fait jamais rien de bien! Quand il s’agit de tromperie, de duperie, de volerie, il est toujours bon, sur ma foi, d’avoir les femmes avec soi, oui, sur ma foi, sur ma foi, il est toujours, toujours bon d’avoir les femmes avec soi! Le Dancaïre C’est dit, alors: vous partirez? Frasquita puis Mercedes Quand vous voudrez. Le Remendado Mais... tout de suite. Carmen Ah! Permettez... permettez! S’il vous plaît de partir... partez, mais je ne suis pas du voyage. Je ne pars pas... je ne pars pas!


Acte deuxième

Le Dancaïre et le Remendado Carmen, mon amour, tu viendras, et tu n’auras pas le courage de nous laisser dans l’embarras. Carmen Je ne pars pas... je ne pars pas! Mercedes et Frasquita Ah! Ma Carmen, tu viendras. Le Dancaïre Mais au moins la raison, Carmen, tu la diras! Frasquita, Mercedes, le Dancaïre et le Remendado La raison! La raison! La raison! La raison! Carmen Je la dirai certainement. Frasquita, Mercedes, le Dancaïre et le Remendado Voyons! Voyons! Voyons! Voyons! Carmen La raison, c’est qu’en ce moment... Le Dancaïre et le Remendado Eh bien? Frasquita et Mercedes Eh bien?

155

Frasquita et Mercedes Elle dit qu’elle est amoureuse! Frasquita, Mercedes, le Dancaïre et le Remendado Amoureuse! Amoureuse! Le Dancaïre Voyons, Carmen, soit sérieuse! Carmen Amoureuse à perdre l’esprit! Le Dancaïre et le Remendado La chose, certes, nous étonne, mais ce n’est pas le premier jour où vous aurez su, ma mignonne, faire marcher de front le devoir et l’amour. Carmen Mes amis, je serais fort aise de partir avec vous ce soir; mais cette fois, ne vous déplaise, il faudra que l’amour passe avant le devoir... Le Dancaïre Ce n’est pas là ton dernier mot? Carmen Absolument!

Carmen Je suis amoureuse!

Le Remendado Il faut que tu te laisses attendrir!

Le Dancaïre et le Remendado Qu’a-t-elle dit? Qu’a-t-elle dit?

Tous les quatre Il faut venir, Carmen, il faut venir!


156

Pour notre affaire, c’est nécessaire: car entre nous... Carmen Quant à cela, je l’admets avec vous! Tous les cinq Quand il s’agit de tromperie, de duperie, de volerie, il est toujours bon, sur ma foi, d’avoir les femmes avec soi, et sans elles, les toutes belles, on ne fait jamais rien de bien! Oui, quand il s’agit de tromperie, de duperie, de volerie, il est toujours bon, sur ma foi, d’avoir les femmes avec soi, oui, sur ma foi! Oui, sur ma foi! Il est toujours bon d’avoir les femmes avec soi, toujours les femmes avec soi! Le Dancaïre Mais qui donc attends-tu? Carmen Presque rien, un soldat qui l’autre jour pour me rendre service s’est fait mettre en prison. Le Remendado Le fait est délicat. Le Dancaïre Il se peut qu’après tout ton soldat réfléchisse. Es-tu bien sûre qu’il viendra?

Carmen

José Halte-là! Qui va là? Dragon d’Alcala! Où t’en vas-tu par là dragon d’Alcala? Exact et fidèle, je vais où m’appelle l’amour de ma belle. S’il en est ainsi, passez, mon ami. Affaire d’honneur affaire de coeur, pour nous, tout est là, dragons d’Alcala! Carmen Enfin, c’est toi! José Carmen! Carmen Et tu sors de prison? José J’y suis resté deux mois. Carmen Tu t’en plains? José Ma foi non! Et si c’était pour toi, j’y voudrais être encore. Carmen Tu m’aimes, donc?


Acte deuxième

José Moi? Je t’adore! Carmen Vos officiers sont venus tout à l’heure, ils nous ont fait danser… José Comment, toi? Carmen Que je meure si tu n’est pas jaloux… José Eh! Oui… je suis jaloux… Carmen Tout doux, monsieur, tout doux. Je vais danser en votre honneur. Et vous verrez, seigneur, comment je sais moi-même accompagner! Mettez-vous là, Don José; je commence! La la la la la la la la la la la la José Attends un peu, Carmen, rien qu’un moment... Arrête! Carmen Et pourquoi, s’il te plaît? José Il me semble... là-bas... Oui, ce sont nos clairons qui sonnent la retraite; ne les entends-tu pas? Carmen Bravo! Bravo! J’avais beau faire;

157

il est mélancolique de danser sans orchestre... Et vive la musique qui nous tombe du ciel! La la la la la la la la la la José Tu ne m’as pas compris. Carmen... c’est la retraite. Il faut que, moi, je rentre au quartier pour l’appel! Carmen Au quartier!... Pour l’appel... Ah! J’étais vraiment trop bête!... Je me mettais en quatre et je faisais des frais... Pour amuser monsieur. Je chantais! Je dansais! Je crois, Dieu me pardonne, qu’un peu plus, je l’aimais! Ta ra ta ta... c’est le clairon qui sonne! Ta ra ta ta... il part! Il est parti! Va-t’en donc, canari! Prends ton shako, ton sabre, ta giberne, et va-t’en, mon garçon, va t’en, retourne à ta caserne! José C’est mal à toi, Carmen, de te moquer de moi! Je souffre de partir, car jamais, jamais femme, jamais femme avant toi... Aussi profondément n’avait troublé mon âme! Carmen Il souffre de partir… car jamais femme, jamais femme avant moi aussi profondément n’avait troublé son âme. Ta ra ta ta... mon Dieu! C’est la retraite! Ta ra ta ta... je vais être en retard!… O mon Dieu! O mon Dieu… c’est la retraite! Je vais être en retard! Il perd la tête, il court! Et voilà son amour!


158

Carmen

Carmen Mais non!

Car tu n’avais eu qu’à paraître, qu’à jeter un regard sur moi, pour t’emparer de tout mon être... Ô ma Carmen! Et j’étais une chose à toi! Carmen, je t’aime!

José Eh bien! Tu m’entendras!

Carmen Non! Tu ne m’aimes pas!

Carmen Je ne veux rien entendre!

José Que dis-tu?

José Tu m’entendras!

Carmen Non, tu ne m’aimes pas! Non! Car si tu m’aimais, là-bas, là-bas, tu me suivrais!

José Ainsi tu ne crois pas à mon amour?

Carmen Tu vas te faire attendre! Non! Non! Non! Non! José Tu m’entendras! Oui, tu m’entendras! Je le veux, Carmen, tu m’entendras! La fleur que tu m’avais jetée, dans ma prison m’était restée, flétrie et sèche, cette fleur gardait toujours sa douce odeur; et pendant des heures entières, sur mes yeux, fermant mes paupières, de cette odeur je m’enivrais... Et dans la nuit je te voyais! Je me prenais à te maudire, à te détester, à me dire: pourquoi faut-il que le destin l’ait mise là, sur mon chemin? Puis je m’accusais de blasphème, et je ne sentais en moi-même, je ne sentais qu’un seul désir, un seul espoir: te revoir, ô Carmen, oui, te revoir!

José Carmen! Carmen Oui! Là-bas, dans la montagne! José Carmen! Carmen Là-bas, là-bas tu me suivrais! Sur ton cheval tu me prendrais, et comme un brave à travers la campagne, en croupe tu m’emporterais! Là-bas, là-bas, dans la montagne! José Carmen! Carmen Là-bas, là-bas, tu me suivrais! Tu me suivrais, si tu m’aimais!...


Acte deuxième

Tu n’y dépendrais de personne; point d’officier à qui tu doives obéir, et point de retraite qui sonne pour dire à l’amoureux qu’il est temps de partir! Le ciel ouvert, la vie errante, pour pays l’univers; pour loi ta volonté! Et surtout la chose enivrante: la liberté! La liberté! José Mon Dieu! Carmen Là-bas, là-bas, dans la montagne! José Carmen! Carmen Là-bas, là-bas, si tu m’aimais... José Tais-toi! Carmen Là-bas, là-bas tu me suivrais! Sur ton cheval tu me prendrais, et comme un brave à travers la campagne, oui, tu m’emporterais si tu m’aimais! José Ah! Carmen, hélas! Tais-toi!... Mon Dieu!... Hélas! Hélas! Pitié! Carmen! Pitié! Ô mon Dieu! Hélas! Carmen Là-bas, là-bas tu me suivras, là-bas, là-bas tu me suivras!

159

Tu m’aimes et tu me suivras, là-bas, là-bas emporte-moi! José Ah! Tais-toi! Tais-toi! Non! Je ne veux plus t’écouter! Quitter mon drapeau... déserter... C’est la honte... c’est l’infamie!... Je n’en veux pas! Carmen Eh bien! Pars! José Carmen, je t’en prie! Carmen Non! Je ne t’aime plus! Va, je te hais! José Écoute! Carmen! Carmen Adieu! Mais adieu pour jamais! José Eh bien! Soit! ... Adieu! Pour jamais! Carmen Va-t-en! José Carmen! Adieu! Adieu pour jamais! Carmen Adieu! Zuniga Holà! Carmen! Holà! Holà!


160

José Qui frappe? Qui vient là? Carmen Tais-toi!... Tais-toi! Zuniga J’ouvre moi-même... et j’entre... Ah! Fi! Ah! Fi, la belle! Le choix n’est pas heureux! C’est se mésallier de prendre le soldat quand on a l’officier. Allons, décampe! José Non! Zuniga Si fait! Tu partiras! José Je ne partirai pas! Zuniga Drôle! José Tonnerre! Il va pleuvoir des coups! Carmen Au diable le jaloux! À moi! À moi! Carmen Bel officier, bel officier, l’amour vous joue en ce moment un assez vilain tour! Vous arrivez fort mal hélas! Et nous sommes forcés, ne voulant être dénoncés, de vous garder au moins... pendant une heure.

Carmen

Le Dancaïre et le Remendado Mon cher monsieur, mon cher monsieur nous allons, s’il vous plaît, quitter cette demeure; vous viendrez avec nous? Vous viendrez avec nous? Carmen C’est une promenade… Le Dancaïre et le Remendado Consentez-vous? Consentez-vous? Répondez, camarade! Zuniga Certainement, d’autant plus que votre argument est un de ceux auxquels on ne résiste guère! Mais gare à vous!... Plus tard! Le Dancaïre La guerre, c’est la guerre! En attendant, mon officier, passez devant sans vous faire prier! Le Remendado et les Bohémiens Passez devant sans vous faire prier! Carmen Es-tu des nôtres maintenant? José Il le faut bien! Carmen Ah! Le mot n’est pas galant! Mais qu’importe! Va... tu t’y feras quand tu verras comme c’est beau, la vie errante, pour pays l’univers; pour loi ta volonté!


Acte deuxième

Et surtout, la chose enivrante: la liberté! La liberté! Frasquita, Mercedes, Carmen et les Femmes Suis-nous à travers la campagne, viens avec nous dans la montagne, suis-nous et tu t’y feras, tu t’y feras quand tu verras là-bas, comme c’est beau, la vie errante pour pays l’univers; et pour loi sa volonté! Et surtout, la chose enivrante: la liberté! Le Remendado, le Dancaïre et les Hommes Ami, suis-nous dans la campagne, viens avec nous à la montagne, tu t’y feras, tu t’y feras quand tu verras là-bas, là-bas comme c’est beau, la vie errante pour pays l’univers; et surtout, la chose enivrante: oui, la liberté! Josè Ah! Tous Le ciel ouvert, la vie errante, pour pays tout l’univers; et pour loi sa volonté! Et surtout, la chose enivrante: la liberté! La liberté!

161



163

Acte troisième

qui me croit honnête homme… Elle se trompe, hélas! Carmen Qui donc est cette femme?

Les Contrebandiers Écoute, compagnon, écoute! La fortune est là-bas, là-bas; mais prends garde, pendant la route, prends garde de faire un faux pas!... Mercedes, Frasquita, Carmen, José, le Remendado et le Dancaïre Notre métier est bon, mais pour le faire il faut avoir une âme forte! Et le péril est en bas, le péril est en haut... Il est partout, qu’importe?! Nous allons devant nous, sans souci du torrent, sans souci de l’orage! Sans souci du soldat qui là-bas nous attend, et nous guette au passage, sans souci nous allons en avant! Le Dancaïre Reposons-nous une heure ici, mes camarades. Nous, nous allons nous assurer que le chemin est libre et que sans algarades la contrebande peut passer. Carmen Que regardes-tu donc? José Je me dis que là-bas il existe une bonne et brave vieille femme

José Ah! Carmen, sur mon âme ne raille pas, car c’est ma mère. Carmen Eh bien! Va la retrouver tout de suite. Notre métier, vois-tu, ne te vaut rien. Et tu ferais fort bien de partir au plus vite. José Partir, nous séparer? Carmen Sans doute! José Nous séparer, Carmen… Écoute, si tu redis ce mot… Carmen Tu me tuerais, peut-être? Quel regard! Tu ne réponds rien… Que m’importe? Après tout, le destin est le maître! Mercedes Mêlons! Frasquita Mêlons! Mercedes Coupons!


164

Frasquita Coupons! Mercedes Bien! C’est cela! Frasquita Bien! C’est cela! Mercedes Trois cartes ici! Frasquita Trois cartes ici! Mercedes Quatre là! Frasquita Quatre là! Mercedes et Frasquita Et maintenant, parlez, mes belles, de l’avenir donnez-nous des nouvelles... Dites-nous qui nous trahira! Dites-nous qui nous aimera! Parlez, parlez! Parlez, parlez! Dites-nous qui nous trahira! Dites-nous qui nous aimera! Frasquita Parlez! Parlez! Mercedes Parlez! Parlez! Frasquita Moi, je vois un jeune amoureux qui m’aime on ne peut davantage...

Carmen

Mercedes Le mien est très riche et très vieux; mais il parle de mariage! Frasquita Je me campe sur son cheval et dans la montagne il m’entraîne! Mercedes Dans un château presque royal, le mien m’installe en souveraine! Frasquita De l’amour à n’en plus finir, tous les jours, nouvelles folies! Mercedes De l’or tant que j’en puis tenir; des diamants, des pierreries! Frasquita Le mien devient un chef fameux, cent hommes marchent à sa suite! Mercedes Le mien... en croirai-je mes yeux?... Oui... il meurt! Ah! Je suis veuve et j’hérite! Frasquita e Mercedes Parlez encore, parlez, mes belles de l’avenir donnez-nous des nouvelles... Dites-nous qui nous trahira! Dites-nous qui nous aimera! Frasquita Fortune! Mercedes Amour!


Acte troisième

Carmen Voyons, que j’essaie à mon tour carreau! Pique! La mort! J’ai bien lu… moi, d’abord, ensuite lui… pour tous les deux la mort. En vain, pour éviter les réponses amères, en vain tu mêleras, cela ne sert à rien, les cartes sont sincères et ne mentiront pas! Dans le livre d’en haut si ta page est heureuse, mêle et coupe sans peur, la carte sous tes doigts se tournera joyeuse, t’annonçant le bonheur! Mais, si tu dois mourir, si le mot redoutable est écrit par le sort, recommence vingt fois, la carte impitoyable répétera: la mort!... Encore! Encore! Toujours la mort! Frasquita et Mercedes Parlez encore, parlez, mes belles de l’avenir donnez-nous des nouvelles... Dites-nous qui nous trahira! Dites-nous qui nous aimera! Fortune! Amour!... Carmen Encore! Encore! Le désespoir! La mort! La mort! Encore! La mort! Toujours la mort!...

165

Carmen Toujours la mort! Toutes les trois Encore! Encore! Encore! Encore! Carmen Eh bien?… Le Dancaïre Eh bien, nous essaierons de passer… et nous passerons. Reste là-haut, José, garde les marchandises. Frasquita La route est-elle libre? Le Dancaïre Oui, mais gare aux surprises! J’ai sur la brèche où nous devons passer vu trois douaniers: il faut nous en débarrasser. Carmen Prenez le ballots, et partons: il faut passer… nous passerons! Frasquita, Mercedes et Carmen Quant au douanier, c’est notre affaire! Tout comme un autre il aime à plaire. Il aime à faire le galant; oh! Laissez-nous passer en avant!…

Mercedes Fortune!

Toutes les Femmes Quant au douanier, c’est notre affaire! Tout comme un autre il aime à plaire. Il aime à faire le galant; oh! Laissez-nous passer en avant!…

Frasquita Amour!

Tous Il aime à plaire!


166

Mercedes Le douanier sera clément! Tous Il est galant! Carmen Le douanier sera charmant! Tous Il aime à plaire! Frasquita Le douanier sera galant! Mercedes Oui, le douanier sera même entreprenant! Le Dancaïre, le Remendado et le Choeur Le douanier, c’est leur affaire. Tout comme un autre, il aime à plaire. Il aime à faire le galant; ah! Laissez-les passer en avant!… En avant! En avant! Marchez en avant! Micaëla C’est des contrebandiers le refuge ordinaire, il est ici, je le verrai. Et le devoir que m’imposa sa mère sans trembler je l’accomplirai! Je dis que rien ne m’épouvante, je dis, hélas! Que je réponds de moi; mais j’ai beau faire la vaillante, au fond du coeur je meurs d’effroi! Seule en ce lieu sauvage, toute seule, j’ai peur, mais j’ai tort d’avoir peur; vous me donnerez du courage, vous me protégerez, Seigneur!

Carmen

Je vais voir de près cette femme dont les artifices maudits ont fini par faire un infâme de celui que j’aimais jadis. Elle est dangereuse... elle est belle!... Mais je ne veux pas avoir peur! Non, non, je ne veux pas avoir peur! Je parlerai haut devant elle. Ah! Seigneur… vous me protégerez. Ah! Je dis que rien ne m’épouvante, je dis, hélas! Que je réponds de moi; mais j’ai beau faire la vaillante, au fond du coeur je meurs d’effroi! Seule en ce lieu sauvage, toute seule, j’ai peur, mais j’ai tort d’avoir peur; vous me donnerez du courage, vous me protégerez, Seigneur! Protégez-moi! Ô Seigneur! Donnez-moi du courage! Protégez-moi! Ô Seigneur! Protégez-moi! Seigneur! Micaëla Je ne me trompe pas… c’est lui… sur ce rocher. À moi, José, José! Je ne puis approcher… Mais que fait-il?… Il ajuste… il fait feu… Ah! J’ai trop présumé de mes forces, mon Dieu… Escamillo Quelque lignes plus bas… et tout était fini. José Votre nom? Répondez! Escamillo Eh! Doucement, l’ami. Je suis Escamillo, toréro de Grenade! José Escamillo!


Acte troisième

Escamillo C’est moi! José Je connais votre nom, soyez le bienvenu; mais vraiment, camarade, vous pouviez y rester. Escamillo Je ne vous dis pas non. Mais je suis amoureux, mon cher, à la folie! Et celui-là serait un pauvre compagnon qui, pour voir ses amours, ne risquerait sa vie!

167

Escamillo Ils s’adoraient! Mais c’est fini, je crois, les amours de Carmen ne durent pas six mois. José Vous l’aimez cependant!... Escamillo Je l’aime! Oui, mon cher, je l’aime, je l’aime à la folie! José Mais pour nous enlever nos filles de Bohême, savez-vous bien qu’il faut payer?...

José Celle que vous aimez est ici?

Escamillo Soit! On paiera!...

Escamillo Justement. C’est une zingara, mon cher...

José Et que le prix se paie à coups de navaja!

José Elle s’appelle? Escamillo Carmen. José Carmen! Escamillo Carmen! Oui, mon cher. Elle avait pour amant un soldat qui jadis a déserté pour elle. José Carmen!

Escamillo À coups de navaja! José Comprenez-vous? Escamillo Le discours est très net. Ce déserteur, ce beau soldat qu’elle aime, ou du moins qu’elle aimait, c’est donc vous? José Oui, c’est moi-même! Escamillo J’en suis ravi, mon cher!... Et le tour est complet!


168

José et Escamillo Allons! En garde! Veillez sur vous! Veillez sur vous! Escamillo Je la connais, ta garde navarraise, et je te préviens, en ami, qu’elle ne vaut rien… À ton aise, je t’aurai du moins averti. José Tu m’épargnes, maudit. Escamillo À ce jeu de couteau, je suis trop fort pour toi. José Voyons cela. Escamillo Tout beau, ta vie est à moi, mais, en somme, j’ai pour métier de frapper le taureau, non de trouer le coeur de l’homme. José Frappe ou bien meurs… ceci n’est pas un jeu. Escamillo Soit, mais au moins respire un peu. José En garde! José et Escamillo Mettez-vous en garde et veillez sur vous!

Carmen

Mettez-vous en garde et veillez sur vous! Tant pis pour qui tarde à parer les coups! Mettez-vous en garde et veillez sur vous! Allons! En garde! Veillez sur vous! Veillez sur vous! Carmen Holà! Holà! José! Escamillo Vrai! J’ai l’âme ravie que ce soit vous, Carmen, qui me sauviez la vie! Quant à toi, beau soldat, nous sommes manche à manche, et nous jouerons la belle... Le jour où tu voudras reprendre le combat! Le Dancaïre C’est bon, c’est bon! Plus de querelle! Nous, nous allons partir, et toi... l’ami, bonsoir. Escamillo Souffrez au moins qu’avant de vous dire au revoir, je vous invite tous aux courses de Séville, je compte pour ma part y briller de mon mieux. Et qui m’aime y viendra! Et qui m’aime y viendra! L’ami, tiens-toi tranquille! J’ai tout dit oui, j’ai tout dit!... Et n’ai plus ici qu’à faire mes adieux!... José Prends garde à toi... Carmen, je suis las de souffrir!


Acte troisième

169

Le Dancaïre En route, en route, il faut partir!

José Tu me dis de la suivre!...

Tous En route, en route, il faut partir!

Carmen Oui, tu devrais partir.

Le Remendado Halte! Quelqu’un est là qui cherche à se cacher.

José Tu me dis de la suivre... Pour que toi... tu puisses courir après ton nouvel amant! Non! Non vraiment! Dût-il m’en coûter la vie, non, Carmen, je ne partirai pas! Et la chaîne qui nous lie nous liera jusqu’au trépas!... Dût-il m’en coûter la vie, non, non, non, je ne partirai pas!

Carmen Une femme! Le Dancaïre Pardieu! La surprise est heureuse! José Micaëla! Micaëla Don José! José Malheureuse! Que viens-tu faire ici? Micaëla Moi, je viens te chercher! Là-bas est la chaumière, où, sans cesse priant, une mère, ta mère, pleure, hélas! Sur son enfant! Elle pleure et t’appelle, elle pleure et te tend les bras! Tu prendras pitié d’elle, José!... Tu me suivras, tu me suivras! Carmen Va-t’en, va-t’en, tu feras bien, notre métier ne te vaut rien.

Micaëla Écoute-moi, je t’en prie, ta mère te tend les bras! Cette chaîne qui te lie, José, tu la briseras! Hélas, José! Choeur Il t’en coûtera la vie, José, si tu ne pars pas, et la chaîne qui vous lie se rompra par ton trépas! José Laisse-moi, car je suis condamné! Tous José! Prends garde! José Ah! Je te tiens, fille damnée,


170

je te tiens, et je te forcerai bien a subir la destinée qui rive ton sort au mien! Dût-il m’en coûter la vie, non, non, non, je ne partirai pas! Tous Ah! Prends garde... don José! Micaëla Une parole encore, ce sera la dernière! Hélas! José, ta mère se meurt... et ta mère ne voudrait pas mourir sans t’avoir pardonné! José Ma mère! Elle se meurt! Micaëla Oui, Don José! José Partons! Ah! Partons! Sois contente... je pars... mais... nous nous reverrons! Escamillo Toréador, en garde! Toréador, toréador! et songe bien, oui, songe en combattant, qu’un oeil noir te regarde et que l’amour t’attend! Toréador, l’amour, l’amour t’attend!

Carmen




173

Acte quatrième

Les Marchands A deux cuartos! A deux cuartos! Des éventails pour s’éventer! Des oranges pour grignoter! Le programme avec les détails! Du vin! De l’eau! Des cigarettes!... A deux cuartos! A deux cuartos! Voyez! A deux cuartos! Señoras et caballeros! Choeur À deux cuartos! À deux cuartos! Voyez à deux cuartos! Señoras et caballeros! À deux cuartos! À deux cuartos! À deux cuartos! Voyez! Voyez! Les Enfants Les voici! Les voici! Voici la quadrille! Choeur Les voici! Les voici! Oui, les voici! Voici la quadrille, les voici! Voici la quadrille, la quadrille des toréros!

Sur les lances le soleil brille! En l’air toques et sombreros! Les voici! Voici la quadrille, la quadrille des toréros! Le voici! Le voici! Le voici! Les Enfants Voici, débouchant sur la place, voici, d’abord, marchant au pas... L’alguazil à vilaine face. À bas! À bas! À bas! À bas! Choeur À bas l’alguazil! À bas! À bas! À bas! À bas! À bas! et puis saluons au passage, saluons les hardis chulos! Bravo! Viva! Gloire au courage! Voici les hardis chulos! Voyez les banderilleros, voyez quel air de crânerie! Voyez! Voyez! Quels regards et de quel éclat étincelle la broderie de leur costume de combat!... Voici les banderilleros! Une autre quadrille s’avance!... Voyez les picadors! Comme ils sont beaux! Comme ils vont du fer de leur lance harceler le flanc des taureaux! L’espada! L’espada! L’espada! L’espada! Les Enfants Escamillo! Choeur Escamillo! Escamillo! Escamillo! Escamillo! C’est l’espada, la fine lame,


174

celui qui vient terminer tout, qui paraît à la fin du drame et qui frappe le dernier coup. Vive Escamillo! Vive Escamillo! Ah! Bravo! Les voici! Voici la quadrille, la quadrille des toréros! Sur les lances le soleil brille! En l’air, en l’air, en l’air toques et sombreros! Vive Escamillo bravo! Viva! Bravo! Bravo! Escamillo Si tu m’aimes, Carmen... tu pourras tout à l’heure, être fière de moi! Si tu m’aimes! Si tu m’aimes! Carmen Ah! Je t’aime, Escamillo... je t’aime, et que je meure, si j’ai jamais aimé quelqu’un autant que toi! Carmen et Escamillo Ah! Je t’aime! Oui, je t’aime. Choeur Place! Place! Place au seigneur Alcade! Frasquita Carmen, un bon conseil... ne reste pas ici. Carmen Et pourquoi, s’il te plaît? Mercedes Il est là. Carmen Qui donc?

Carmen

Mercedes Lui! Don José! Dans la foule il se cache, regarde... Carmen Oui, je le vois. Frasquita Prends garde! Carmen Je ne suis pas femme à trembler devant lui... Je l’attends, et je vais lui parler. Mercedes Carmen, crois-moi... prends garde! Carmen Je ne crains rien! Frasquita Prends garde! Carmen C’est toi?! José C’est moi! Carmen L’on m’avait avertie que tu n’étais pas loin, que tu devais venir; l’on m’avait même dit de craindre pour ma vie; mais je suis brave et n’ai pas voulu fuir. José Je ne menace pas... j’implore... je supplie! Notre passé, Carmen, je l’oublie!... Oui, nous allons tous deux


Acte quatrième

commencer une autre vie, loin d’ici, sous d’autres cieux! Carmen Tu demandes l’impossible! Carmen jamais n’a menti; son âme reste inflexible; entre elle et toi... tout est fini. Jamais je n’ai menti; entre nous tout est fini. José Carmen, il est temps encore... Ô ma Carmen, laisse-moi te sauver, toi que j’adore... Ah! Laisse-moi te sauver, et me sauver avec toi. Carmen Non, je sais bien que c’est l’heure, je sais bien que tu me tueras; mais que je vive ou que je meure, non, non, non, je ne te céderai pas! José Carmen, il est temps encore, oui, il est temps encore… Ô ma Carmen, laisse-moi te sauver, toi que j’adore... Ah! Laisse-moi te sauver, et me sauver avec toi... Ô ma Carmen, il est temps encore… Ah! Laisse-moi te sauver, Carmen! Ah! Laisse-moi te sauver, toi que j’adore! Et me sauver avec toi... Carmen Pourquoi t’occuper encore d’un coeur qui n’est plus à toi?

175

Non, ce coeur n’est plus à toi. En vain tu dis: “Je t’adore”! Tu n’obtiendras rien de moi!... Ah! C’est vain... Tu n’obtiendras rien de moi! José Tu ne m’aimes donc plus? Tu ne m’aimes donc plus? Carmen Non, je ne t’aime plus. José Mais moi, Carmen, je t’aime encore, Carmen, hélas! Moi, je t’adore! Carmen A quoi bon tout cela? Que de mots superflus! José Carmen, je t’aime, je t’adore! Eh bien! S’il le faut, pour te plaire, je resterai bandit... tout ce que tu voudras... Tout, tu m’entends... mais ne me quitte pas, ô ma Carmen!... Souviens-toi du passé! Nous nous aimions, naguère!... Ah! Ne me quitte pas, Carmen!... Carmen Jamais Carmen ne cédera! Libre elle est née et libre elle mourra! Choeur Viva! La course est belle! Viva! Sur le sable sanglant, le taureau s’élance! Voyez! Voyez!... Le taureau qu’on harcèle


176

en bondissant s’élance! Voyez! Frappé juste en plein coeur! Voyez! Voyez!... Victoire! José Où vas-tu? Carmen Laisse-moi! José Cet homme qu’on acclame, c’est ton nouvel amant! Carmen Laisse-moi!... Laisse-moi... José Sur mon âme, tu ne passeras pas, Carmen, c’est moi que tu suivras! Carmen Laisse-moi, Don José, je ne te suivrai pas. José Tu vas le retrouver, dis... tu l’aimes donc? Carmen Je l’aime! Je l’aime, et devant la mort même, je répéterais que je l’aime! Choeur Viva! La course est belle! Viva! Sur le sable sanglant, le taureau s’élance!

Carmen

Voyez! Voyez!... Le taureau qu’on harcèle en bondissant s’élance! José Ainsi, le salut de mon âme, je l’aurai perdu pour que toi, pour que tu t’en ailles, infâme, entre ses bras, rire de moi! Non, par le sang, tu n’iras pas, Carmen, c’est moi que tu suivras! Carmen Non, non, jamais! José Je suis las de te menacer! Carmen Eh bien, frappe-moi donc, ou laisse-moi passer. Choeur Victoire! José Pour la dernière fois, démon, veux-tu me suivre? Carmen Non, non! Cette bague, autrefois, tu me l’avais donnée... Tiens! José Eh bien! Damnée! Choeur Toréador, en garde! Toréador, toréador!


Acte quatrième

Et songe bien, oui, songe en combattant, qu’un oeil noir te regarde et que l’amour t’attend! Toréador, l’amour, l’amour t’attend! José Vous pouvez m’arrêter... c’est moi qui l’ai tuée! Ah! Carmen! Ma Carmen adorée!

177





SFERISTERIO 26 luglio - ore 21.30

Roberto Bolle in

Trittico Novecento Danza all’Opera Un progetto di Macerata Opera Festival e Civitanova Danza

Programma

Who Cares? Coreografia: George Balanchine Musica: George Gershwin Interpreti: Juliana Bastos, Magali Guerry, Maria Gutierrez, Roberto Bolle

27'52" Coreografia: Jirí Kylián Musica: Dirk Haubrich Interpreti: Nataša Novotná, Václav Kuneš

Le Jeune Homme et la Mort Coreografia: Roland Petit Musica: Johann Sebastian Bach Interpreti: Jia Zhang, Roberto Bolle



SFERISTERIO 2 agosto - ore 21.30

Serata di stelle per

Mario Del Monaco A cura di Giancarlo Del Monaco ed Elisabetta Romagnolo Direttore Gianluca Martinenghi Fondazione Orchestra Regionale delle Marche

Programma Sinfonia Vespri Siciliani Recondita Armonia (Tosca) - Jorge De León Tacea la notte placida (Il Trovatore) - Silvia Dalla Benetta Aria Gremin (Onegin) - Roberto Scandiuzzi Sempre libera (La Traviata) - Lana Kos, Aquiles Machado Quando le sere al placido (Luisa Miller) - Aquiles Machado Sola perduta e abbandonata (Manon Lescaut) - Nataliya Tymchenko Vesti la giubba (I Pagliacci) - Vladimir Galouzine Vissi d'arte (Tosca) - Daniela Dessì Che gelida manina (La Bohème) - Gianluca Terranova Mario, Mario (Tosca) - Fiorenza Cedolins, Jorge De León Pace, pace mio Dio (La forza del destino) - Daniela Dessì Una furtiva lagrima (L’elisir d'amore) - Celso Albelo O cieli azzurri (Aida) - Sun Xiu Wei Mercè diletti amici… Come rugiada al cespite (Ernani) - Roberto Aronica Nemico della Patria (Andrea Chenier) - Marco di Felice O souverain (Le Cid) - Giancarlo Monsalve Duetto Là ci darem la mano (Don Giovanni) - Anna Malavasi, Roberto Scandiuzzi Cielo e mar (La Gioconda) - Gustavo Porta Io son l'umile ancella (Adriana Lecouvreur) - Fiorenza Cedolins La donna è mobile (Rigoletto) - Celso Albelo Bella figlia dell’amore (Rigoletto) - Silvia Dalla Benetta, Anna Malavasi, Gianluca Terranova, Marco di Felice Niun mi tema (Otello) - Vladimir Galouzine


24 luglio ore 17 Loggiato Sferisterio - Io s[u]ono qui: invasioni sonore - a cura dell’Associazione culturale Les Friches ore 22 Palazzo Conventati - OPERA POP: da Verdi a Mina 31 luglio ore 21 Palazzo Conventati - OPERA POP: da Puccini a Morricone ore 22 Piazza della Libertà - A night at the opera - Coro Pueri Cantores di Macerata 7 agosto ore 20 Teatro Lauro Rossi - Il Flauto Magico pocket - Mozart per bambini ore 22 Palazzo Conventati - OPERA POP: da Bizet a Brel

Ore 21 Teatro Lauro Rossi 25 luglio Nuvole barocche - Giochi e scherzi di seduzione nel madrigale di primo Seicento - Concerto a cura di Marco Mencoboni 1 agosto Omaggio a Stefano Scodanibbio - Concerto a cura di Rassegna Nuova Musica 8 agosto Vent’anni all’Opera - Recital con Andrea Concetti

APERITIVI CULTURALI Ore 12 Antichi Forni - a cura di Sferisterio Cultura 26 luglio Fenomenologia di Roberto Bolle - Gilberto Santini, Silvia Poletti 2 agosto Omaggio a Mario del Monaco - Giancarlo Del Monaco, Elisabetta Romagnolo 9 agosto Violetta, Carmen, Mimì - Francesca Coltrinari, Federica Curzi, Simone Di Crescenzo

NOTTE DELL’OPERA

9 agosto, dalle ore 21 Centro Storico di Macerata Macerata diventa un palcoscenico d’opera: Violetta, Mimì e Carmen per le vie del centro con spettacoli e performance fino a notte fonda


APERITIVI CULTURALI - a cura di Sferisterio Cultura Ore 12 Antichi Forni Artisti, giornalisti, filosofi indagano i temi della stagione lirica

POMERIDIANA - a cura di ADAM Accademia Delle Arti Macerata Reading con musica dal vivo Prima di ogni recita ore 19 Palazzo Buonaccorsi per Traviata Palazzo Ciccolini per Bohème Cortile Municipale per Carmen

Foyer Musicali Ore 20 Piazza Mazzini Duo Fileuse

VOCI D’ORGANO - Concerti 10, 11, 12 agosto, ore 18 S. Maria della Misericordia in collaborazione con Marche Organi e Coro Lirico Marchigiano “V. Bellini”, nell’ambito del progetto “REFRESH! Lo Spettacolo delle Marche per le Nuove Generazioni” a cura del Consorzio Marche Spettacolo

MOSTRE Percorsi al femminile dallo Sferisterio ai musei civici di Macerata - a cura di Francesca Coltrinari Musei civici di palazzo Buonaccorsi - Prefettura | dal 14 luglio al 30 settembre

Installazioni e performance a cura dell’Accademia delle Belle Arti di Macerata Centro Storico di Macerata | dal 17 luglio al 12 agosto


Franziska C-Kurth

Luciano Messi


Federica Ponissi - Omar Nedjari

Maria Spazzi


Gruppo tecnici

Gruppo sorveglianti


Alessandro Verrazzi

Melissa Mastrolorenzi - Fabrizio Gobbi


Giancarlo Colis

Cristiano Palli - Simonetta Palmucci - Raffaella Cipolato


Emma Scialfa

Michela Lucenti - Gianluca Pezzini


Rossano Romagnoli - David Crescenzi

Simone Savina - Meri Piersanti - Cesarina Compagnoni - Andrea Del Bianco


Enrico Pulsoni - Gruppo studenti Accademia

Emanuela Di Piro


Silvia Aymonino

Federica Parolini


Matteo Mazzoni - Mauro De Santis - Rei Ota


Associazione Arena Sferisterio Macerata Opera Festival Direttore Artistico Francesco Micheli Consiglio d’Amministrazione Presidente Romano Carancini Vicepresidente Antonio Pettinari Consiglieri Raffaele Berardinelli Flavio Corradini Nicola Di Monte Luigi Lacchè Fiorenzo Principi Orietta Maria Varnelli Walfrido Cicconi (Società Civile dello Sferisterio) Consulente per le collaborazioni internazionali ed eventi speciali Giancarlo Del Monaco Assemblea dei soci Romano Carancini Rappresentante Ente Socio Fondatore Comune di Macerata Antonio Pettinari Rappresentante Ente Socio Fondatore Provincia di Macerata Collegio dei Revisori dei Conti Giorgio Piergiacomi Presidente Fabio Pierantoni e Carlo Maria Squadroni Revisori


Direttore dell’organizzazione tecnico-artistica Luciano Messi Responsabile amministrativo Carla Scipioni Amministrazione Maria Sara Rastelli Contabilità ed Economato Roberta Spernanzoni Rosa Silvestri Segreteria Paola Pierucci Mario Pierini collaboratore Rapporti istituzionali Mauro Perugini Segreteria della direzione artistica e della produzione Franziska C-Kurth Direttore di palcoscenico e ufficio produzione Rei Ota Responsabile servizi musicali Gianfranco Stortoni Promozione e comunicazione Esserci Comunicazione Responsabile comunicazione Andrea Compagnucci Comunicazione istituzionale Carlo Scheggia Ufficio Stampa Paolo Besana responsabile Hetel Pigozzi Servizi di Biglietteria Ditta Sergio del Gobbo


Resp. allestimento scenico e servizi di palcoscenico Enrico Sampaolesi Consulente logistica e magazzini Giorgio Alici Biondi Scenografo realizzatore Serafino Botticelli Macchinisti Secondo Caterbetti capo macchinista Federico Montemarani resp. Teatro Lauro Rossi Angelo Boccadifuoco Frediano Brandetti Leandro Bruno Francesco Cervigni Luka Adamo Ciccarelli Sandro De Leva Franco Diprè Marco Gagliardini Francesco Lozzi Roberto Petritoli Mario Rossetti Alfredo Rossi Federico Rossi Antonio Santagada Gennaro Santo Gruista Rezart Hoxhara Aiuti tecnici Mauricio Cesar Pasquali capo squadra Matteo Bruni Luigi Candice Daniele Caruso Giorgio Caruso Giuseppe Cesca Claudio Donati William Ferraro Filippo Gallo Paolo Gallo Christos Kagias Ruben Leporoni Mauro Pettinari Stefano Prosperi Sauro Tartari Roberto Tabocchini Attrezzisti Emanuela Di Piro capo attrezzista Federica Bianchini

Andrea Conti Stamatis Kanellopoulos Daniele Pettorossi Aleksandr Proskurin Alessandro Prosperi Marco Romoli Elettricisti Fabrizio Gobbi capo elettricista Ludovico Gobbi consolle Claudio Bellagamba Stefano Callimaci Lorenzo Caproli Federico Caterbetti Gustavo Federici Marco Gentili Cosimo Maggini Laura Piccioni Roberto Valentini Sartoria Simonetta Palmucci resp. sartoria Maria Antonietta Lucarelli resp. vestizioni Elisabetta Seu assistente resp. sartoria Maria Dignani Roberta Fratini Giuseppina Giannangeli Maria Rosa Messi Luciana Micozzi Pierina Moretti Daniela Patacchini Gemma Tasso Franca Della Volpe allieva Silvia Luchetti allieva Giulia Pacci allieva Paola Catalini serale Anna Maria Tallè serale Parrucchieria Anna Anisimova responsabile Serena Mercanti responsabile Patrizia Castelletti Anna Maria Ciocci Monica Marini Gloria Melagrani Paola Pierini Trucco Raffaella Cipolato responsabile Glenda Consorti assistente resp. Sara Croci assistente resp. Ambra Bellotti Mara Del Grosso

Cristina Pallotta Andrea Montani allievo Hisako Mori allieva Direttore di sala Marco Coltorti Giampietro Lupidi vice Medico Marco Sigona Coordinamento figuranti Egidio Egidi Marco Leombruni Fonici Fabio Alfonsi Franco Alfonsi Sopratitoli e audio descrizioni Elena Di Giovanni coordinatrice Claudia Ribustini sopratitoli Lucia Giachini audio descrizioni Carla Lugli voce audio descrizioni Hanno collaborato al Macerata Opera Festival gli allievi dell’Accademia di Belle Arti di Macerata Elisa Accattoli Marta Bontempi Yohara Cariddi Emanuela D’Ascenzo Ana Doreste Beatrice Livi Lucia Mengoni Michela Oddis Enrico Pulsoni docente tutor Master Verona Accademia per l’opera italiana Carla Conti Guglia Oxana Kremleva Vittoria Lai Irene Noli


Orchestra Filarmonica Marchigiana Violini primi Alessandro Cervo ** Giannina Guazzaroni * Stefano Corradetti Roberta Di Rosa Elisa Mancini Elisabetta Matacena Luca Mengoni Matteo Metalli Lisa Maria Pescarelli Cristiano Pulin Emanuele Rossini Elisabetta Spadari Paolo Strappa Olena Sulimovska Lavinia Tassinari Violini secondi Simone Grizi * Laura Barcelli Sandro Caprara Daniela Carlini Baldassarre Cirinesi Simona Conti Gilda Damiani Alberto De Stefani Elisa Facchini Sergio Morellina Debora Piras Andrea Poli Viole Lorenzo Anibaldi Massimo Augelli Stefano Campolucci Fabio Cappella Cristiano Del Priori Martina Novella Laura Pennesi Vincenzo Pierluca Andrea Pomeranz Daniele Vallesi Ladislao Vieni Violoncelli Alessandro Culiani * Gabriele Bandirali Graziano Benvenuti Denis Burioli Elisabetta Cagni

Nicolino Chirivì Antonio Coloccia Federico Perpich Tamara Toppi Contrabbassi Marco Cempini * Luca Collazzoni * Andrea Dezi Michele Mantoni David Padella Eolo Taffi Michele Valentini Flauti Stella Barbero * Francesco Chirivì * Saverio Salvemini Oboi Giovanni Pantalone * Fabrizia Broglia Marco Vignoli Clarinetti Danilo Dolciotti * Alfonso Giancaterina * Gabriele Bartoloni Luigino Ferranti Fagotti Luca Franceschelli * Giacomo Petrolati * Francesco Bellagamba Corni David Kanarek * Giovanni Cacciaguerra Alessandro Fraticelli Roberto Quattrini Trombe Giuliano Gasparini * Mario Bracalente Manolito Rango Tromboni Eugenio Gasparrini * Alberto Pedretti Simone Tisba Tuba David Beato

Timpani Adriano Achei * Deny Mina * Percussioni Adriano Achei Alessandro Carlini Valerio Marcantoni Deny Mina Arpa Margherita Scafidi Ispettore d’orchestra Michele Scipioni Direttore organizzativo Fabio Tiberi * prime parti ** spalla dei violini primi


Coro Lirico Marchigiano “V. Bellini” Soprani e Mezzosoprani Sara Baciocchi Fiorella Barchiesi Gigliola Barchiesi Anna Maura Barigelli Denise Biga Lucia Caggianao Emanuela Campolucci Roberta Carota Cristiana Cecchi Valentina Chiari Raffaella Chiarolla Mirela Cisma Penelope Colella Angela De Pace Manuela Luigia Di Martino Loreta Ferrini Doriana Giuliodoro Svetlana Glamoglija Margherita Hibel Giuliana Loccioni Monica Manferdini Silvia Marcellini Maria Elena Marinangeli Mariangela Marini Rossella Massarini Alessandra Molinelli Nausica Nisati Adriana Palmese Cinzia Pasquinelli Maria Olga Salati M. Elisabetta Santarelli Leonora Sofia Rita Stocchi Antoaneta Stoyanova Marta Torbidoni Tenore I e II Sante Alosi Enzo Boccanera Roberto Bruglia Giovanni Carità Andrea Carniani Giovanni Di Deo Giacomo Gandaglia Emanuele Genovese Stefano Grassoni Nenad Koncar Luca Mancini Alberto Martinelli

Alfonso Mendola Massimo Morosetti Gregorio Pedrini Francesco Pesaresi Alberto Piastrellini Alessandro Pucci Andrea Reginelli Stefano Stella Bassi e Baritoni Stefano Carlini Emanuele Dell’Oso Franco Di Girolamo Roberto Gattei Stefano Gennari Giorgio Grazioli Loris Manoni Vladimer Mebonia Alessandro Menduto Domenico Mento Gianni Paci Alessandro Rossi Roberto Scandura Alberto Signori Andrea Pistolesi

Complesso di palcoscenico Banda “Salvadei” Clarinettista Fabrizio Del Gobbo Anna Maria Di Iulio Silvia Lanari Federico Morosi Michele Scipioni Simona Tisba Cornista Sabrina Barboni Lorenzo Perugini Flautista Agnese Cingolani Elisa Ercoli Marta Montanari Marica Tittarelli Percussionista Marco Germani Andrea Piermartire Trombettista Mario Biancucci Mario Bracalente Devid Buresta Andrea Canzonetta Andrea Mennichelli Michele Pancotto Yuri Valenti Trombonista Diego Copponi Andrea Marconi Andrea Piergentili Tubista Agostino Marzoli Resp. organizzativo Marco Gasparrini


Pueri Cantores “D. Zamberletti” Pueri Cantores “S. Stefano”

Maschere e sorveglianti

Gianluca Paolucci maestro Rossano Romagnoli maestro

Andrea Angelini Federica Barcaglioni Matteo Canesin Eleonora Cavarischia Erika Ceresani Federica Chmielewski Michela Cinti Annalisa Cippitelli Marzia Ercoli Marilena Ferra Alexandra Florescu Matteo Francioni Lodiana Gentiletti Cinzia Giacomini Federica Gironelli Greta Guardati Alison Guerrero Marta Innocenzi Daniele Latini Roberta Losito Sara Malaspina Marta Menghi Eleonora Mercuri Caterina Moroni Caterina Ortolani Cristiano Palucci Chiara Pazzelli Riccardo Persichini Simone Pettinari Mattia Piccioni Mariam Ronconi Serena Rossetti Lorenzo Scoppa Federica Severini Simone Simonetti Alex Stizza Laura Teneriello Ilaria Tobaldi Eleonora Travanti Stefano Valchi

Chiara Affede Leonardo Bagazzoli Elena Basso Marta Bettucci Sara Cacchiarelli Virginia Caponi Francesca Ciampechini Marta Ciampechini Milena Ciampechini Daniele Cipriani Sofia Cori Rebecca Del Vecchio Eleonora Del Veccho Federica Fata Silvia Foresi Emily Gattari Cecilia Gentili Jey Gnaga Manuel Gnaga Caterina Guadagno Dorotea Leonori Petra Leonori Alberto Liberatore Pietro Marangoni Giulia Marchionni Ludovica Mazza Federica Paolucci Luca Paolucci Alessio Perucci Leonardo Perucci Caterina Piergiacomi Lucia Pistolesi Clarissa Silvestrelli Ilenia Silvestrelli Francesca Stura Elisa Trisciani Federica Ulisse Veronica Valeri


48. Stagione Lirica 2012

enti sostenitori


48. Stagione Lirica 2012

main sponsor

main sponsor OFF

major partner


48. Stagione Lirica 2012

sponsor

Informazioni Finanziarie Immobiliari


48. Stagione Lirica 2012

supporter


48. Stagione Lirica 2012

official car

media partner

vini

fornitori ufficiali

food


48. Stagione Lirica 2012

ordini professionali e associazioni di categoria

partner tecnici


48. Stagione Lirica 2012

albo comuni

Camerino

Porto Recanati

Corridonia

Recanati

Monte San Giusto

Tolentino

Pioraco

Urbisaglia




Impagabile Avere sempre informazioni esclusive e raccolte alla fonte. Entra in iTunes e Google play e scarica la tua app. &RQVXOWD VXO WXR VPDUWSKRQH SURÀOL ELRJUDÀFL GHL SHUVRQDJJL GL PDJJLRUH ULOLHYR H SURÀOL GHOOH D]LHQGH H ,VWLWX]LRQL piÚ rappresentative in Italia. ,O QRVWUR FRVWDQWH DJJLRUQDPHQWR WL RIIUH XQD YLVLRQH UHDOH GL FKL FRQWD QHO SDQRUDPD HFRQRPLFR SROLWLFR VRFLDOH H FXOWXUDOH 1HZV FRPXQLFDWL VWDPSD H LQWHUHVVDQWL FRQWULEXWL YLGHR 8QR VWUXPHQWR GL ODYRUR LPSUHVFLQGLELOH FKH SRUWD QHO PRQGR LO YDORUH OD FRPSHWLWLYLWj H DIÀGDELOLWj GHO QRVWUR 3DHVH WHO’S WHO IN ITALY S.r.l. email: whoswhogc@whoswho.eu

www.whoswho.eu





La cultura dell’Abitare sposa la passione per l’Opera

Main sponsor Festival OFF

“Senza cultura non può esserci crescita. Investire in cultura significa investire nella ripresa. La passione per l’arte, in tutte le sue manifestazioni, dalla lirica al design, è uno degli elementi qualificanti del nostro vivere quotidiano.” Alberto Simonetti, Presidente F.lli Simonetti S.p.A.

scopri i nostri servizi e i nostri showroom su www.fratellisimonetti.com | www.livingandmore.it



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.