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“Nutrire l’anima”- 51° Macerata Opera Festival 2015 Arena S...
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17, 25, 31 luglio – 9 agosto, ore 21.00 “Rigoletto” Musica di Giuseppe Verdi. Direzione: Francesco Lanzillotta
(http://www.gbopera.it /2015/07/streamoperai-titoli-di-luglio/)
Regia: Federico Grazzini Scene: Andrea Belli – Costumi: Valeria Donata Bettella – Disegno Luci: Alessandro Verazzi
Interpreti principali:
Rigoletto: Vladimir Stoyanov Gilda: Jessica Nuccio Il Duca di Mantova: Celso Albelo Sparafucile: Gianluca Buratto Maddalena: Nino Surguladze
(http://www.gbopera.it /2015/07/verona-93-arena-
18-24 luglio – 2, 8 agosto, ore 21.00
opera-festival-
“Cavalleria Rusticana” Musica di Pietro Mascagni.
don-giovanni/)
Interpreti principali: 1 di 5Santuzza: Anna Pirozzi
Turiddu: Rafael Davila
09/07/15 19:50
“Nutrire l’anima”51° Gazale Macerata Opera Festival 2015 Arena S... Alfio: Alberto
http://www.gbopera.it/2015/06/nutrire-lanima-51-macerata-op...
“Pagliacci” Musica di Ruggero Leoncavallo Cast Nedda/Colombina: Anna Pirozzi Canio/Il Pagliaccio: Rafael Davila Silvio: Giorgio Caoduro Beppe/Arlecchino: Pietro Adaini Tonio/Taddeo: Marco Caria Direzione: Christopher Franklin Regia: Alessandro Talevi Scene: Madeleine Boyd – Costumi: Manuel Pedretti – Disegno
(http://www.gbopera.it /2015/07/concerto-liricoa-villa-mosconi-bertaninegrar-verona/)
Luci: Alessandro Verazzi 26.07 – 1, 7.08 ore 21.00 “La Bohème” Musica di Giacomo Puccini Direttore: David Crescenzi Regia: Leo Muscato Scene: Federica Parolini Costumi: Silvia Aymonino
(http://www.gbopera.it
Disegno Luci: Alessandro Verazzi
/2015/06/jules-
Interpreti principali:
massenetmes-souvenirs-
Mimì: Carmela Remigio
i-miei-ricordi-a-cura-
Rodolfo: Arturo Chacón-Cruz
di-riccardo-viagrande/)
Musetta: Larissa Alice Wissel Colline: Andrea Concetti Schaunard: Andrea Porta Marcello: Damiano Salerno Il Festival Off Oltre alle opere anche quest’anno sono tanti gli appuntamenti del Festival Off: dopo il successo di Patty Smith del 2013 e di Renzo
(http://www.gbopera.it
Arbore dello scorso anno, domenica 19 luglio il pianista Ludovico
/2015/06/tosca-allarena-
Einaudi, accompagnato da un ensemble di archi, percussioni ed
di-verona-opera-festival-
elettronica presenterà il suo ultimo lavoro discografico, In a Time
2015/)
Lapse. Tra gli ospiti attesi c’è Rinaldo Alessandrini, reduce dal successo alla Scala per l’Incoronazione di Poppea di Monteverdi con le scene di Robert Wilson, che sarà ospite al clavicembalo al Teatro Lauro Rossi, mercoledì 22 luglio, per un omaggio a Bach. Sempre per il ciclo Mercoledì Mania, il 29 luglio, Francesco Dillon al violoncello e Emanuele Torquati al pianoforte, saranno impegnati in un programma di musica contemporanea. Mercoledì 5 agosto al Lauro Rossi, Carmela Remigio sarà invece protagonista di un recital dal titolo Salotto italiano, accompagnata 2 di 5al pianoforte da Leone Magiera.
Testimonial della stagione intitolata Nutrire l’Anima è il teologo
(http://www.gbopera.it /2015/06/al-via-il-bando2015-del-concorso-liricointernazionale-jole-de09/07/15 19:50 maria-monterotondo-
“Nutrire l’anima”51° Macerata Opera Festival 2015vita, Arena S... http://www.gbopera.it/2015/06/nutrire-lanima-51-macerata-op... laico Vito Mancuso, autore di Questa conoscerla, nutrirla, roma-24-27-giugno-2015/)
proteggerla (Garzanti), applaudito calorosamente a Genova per il suo intervento all’ultima edizione de la Repubblica delle Idee, che taglia il nastro giovedì 16 luglio con una lectio magistralis al Teatro Lauro Rossi e inaugura il ciclo d’incontri con importanti psicologi sul tema del Festival. La Notte dell’Opera Appuntamento imperdibile dell’estate marchigiana e del Festival è la Notte dell’Opera, in programma giovedì 30 luglio. L’evento cittadino è ispirato quest’anno al Rigoletto verdiano e alle sue pittoresche scene di convivialità, dalla festa dell’atto primo, alla corte del Duca di Mantova, ai ritrovi nella locanda di Sparafucile. Come nelle precedenti edizioni, che hanno registrato oltre 40.000 presenze, il centro storico di Macerata si trasformerà in un unico banchetto, inneggiante alla ricca tradizione gastronomica ed enologica locale, con spettacoli musicali e di danza, giochi all’aperto per bambini e adulti. Lo sforzo di coinvolgimento del territorio perseguito dalla direzione artistica di Francesco Micheli, con la collaborazione del Comune di Macerata e di decine di enti, associazioni, imprese, commercianti, cittadini maceratesi ha restituito lo Sferisterio ai maceratesi, facendone di nuovo un perno dell’identità collettiva, una risorsa culturale, turistica e economica, con oltre 500 lavoratori coinvolti direttamente e nell’indotto. Il MOF sul web Anche quest’anno le attività web faranno rimbalzare il tema del Festival sui social network con il contest #nutrimilanima. Tutti potranno interagire con l’hashtag dedicato e far parte della community del Festival condividendo immagini, opinioni, pensieri, sensazioni, passioni, interessi attraverso i Social. Tutti i Post saranno visibili in tempo reale sul sito www.sferisterio.it (http://www.gbopera.it/2015/06/nutrire-lanima-51-macerataopera-festival-2015-arena-sferisterio-macerata/?format=pdf) "
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festival-2015-arena-sferisterio-macerata/#respond) Share This
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09/07/15 19:50
“Nutrire l’anima”- 51° Macerata Opera Festival 2015 Arena S...
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News ed eventi (http://www.gbopera.it/archives/category/news-ed-eventi/)
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redazioneGBopera (http://www.gbopera.it/author/redazionegbopera/)
Cavalleria Rusticana (Http://www.gbopera.it/tag/cavalleria-rusticana/), Giuseppe
Verdi (Http://www.gbopera.it/tag/giuseppe-verdi/), La Bohème. Giacomo Puccini
(Http://www.gbopera.it/tag/la-boheme-giacomo-puccini/), Macerata Opera Festival
2015 (Http://www.gbopera.it/tag/macerata-opera-festival-2015/), Pagliacci
(Http://www.gbopera.it/tag/pagliacci/), Pietro Mascagni (Http://www.gbopera.it
/tag/pietro-mascagni/), Rigoletto (Http://www.gbopera.it/tag/rigoletto/), Ruggero
Leoncavallo (Http://www.gbopera.it/tag/ruggero-leoncavallo/)
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← Napoli, Teatro San Carlo: “La Cenerentola” (http://www.gbopera.it/2015/06 /napoli-teatro-san-carlola-cenerentola/)
Giuseppe Verdi (1813-1901): “Otello” → (http://www.gbopera.it/2015/06 /giuseppe-verdi-1813-1901otello/)
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09/07/15 19:50
Nutrire l'anima a Macerata - #music approfondimenti
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NUTRIRE L'ANIMA A MACERATA Quattro titoli allo Sferisterio Quattro i titoli proposti quest'anno al Macerata Opera Festival, diretto da Francesco Micheli (nella foto). Titoli di repertorio, Rigoletto, Cavalleria rusticana, Pagliacci e Bohème, ma i cui allestimenti si preannunciano, sull'onda della fisionomia che Micheli ha dato al Festival, del tutto innovativi sotto vari aspetti. «I classici hanno la capacità di essere immortali e sempre attuali e di tradurre gli umori delle generazioni che si susseguono- dice Micheli- I capolavori ci parlano con efficacia, e il grande spazio del teatro maceratese è senz'altro uno stimolo per mettere in atto un rinnovamento linguistico nelle scelte di regia e negli approcci drammaturgici. Federico Grazzini e Alessandro Talevi, che curano gli allestimenti rispettivamente di Rigoletto e Cavalleria/Pagliacci, sono registi giovani, di talento e di solida tecnica, a cui la prospettiva inedita del palcoscenico richiede un lavoro davvero grande. L'altro regista impegnato, Leo Muscato, riprenderà il fortunato allestimento"sessantottino" di Bohème del 2013, vincitore del premio Abbiati» E come sarà il Rigoletto di Grazzini? «Sarà un'opera in stile "Gomorra", dove il duca è il capobanda di una cricca di malavitosi di periferia, e Rigoletto un clown che lavora in un luna park. In fondo Hugo, Verdi e oggi Grazzini sono animati da un medesimo intento di denuncia verso i giochi di potere e la corruzione che li governa, proprio come fa la letteratura politica italiana di oggi, e penso a Saviano». E Cavalleria? «Talevi, regista italo-sudafricano, dà una lettura apparentemente nostalgica ma in realtà ipercontemporanea all'opera. Il colore meridionale è filtrato dallo sguardo dell'emigrante che torna a casa e dalla sua memoria (Alessandro è figlio di un anconetano emigrato in Sudafrica), la Sicilia è presentata non nel consueto cliché folkloristico ma nello stile liberty che caratterizza molta architettura siciliana dei primi del 900». Il festival di quest'anno si intitola "Nutrire l'anima". Qual è il punto di incontro tra le opere in programma e il tema di Expo 2015 di cui lei ha parlato? «L'opera in sé, proprio come la convivialità, si configura già come aggregatore sociale: non per niente in passato, quando non esistevano ancora luoghi di ritrovo più "specialistici"come il cinema, il cibo e il banchetto facevano parte del rito laico dell'opera. Il cibo poi assume un valore simbolico in Rigoletto, le orge del duca hanno come oggetto sia i corpi umani che le libagioni, in una aberrazione degli "appetiti"dell'uomo. Un cibo diverso, spirituale, è quello attorno a cui ruota la Pasqua di Cavalleria, e una fame cronica, vera, di cibo, vita e poesia è quella dei bohémiens di Puccini. Diverse sono quindi le declinazioni in cui le opere presentano questa idea del nutrimento dell'anima». Prosegue anche in questa edizione del Festival il percorso di valorizzazione di giovani interpreti dalle grandi qualità sceniche e vocali, che di fronte ad un pubblico di 2000-2500 persone disposto a 180 gradi come accade allo Sferisterio si trovano davvero ad un banco di prova sia sul piano vocale che scenico. Tra gli altri, il soprano Jessica Nuccio, che dopo il successo del suo debutto a Macerata nel 2014 nella Traviata di Henning Brockhaus interpreterà quest'anno il personaggio di Gilda, mentre Anna Pirozzi, soprano rivelazione del Festival di Salisburgo 2013 sotto la direzione di Riccardo Muti, sarà protagonista di Cavalleria Rusticana e Pagliacci, prima di approdare sul palcoscenico della Scala nel 2016. A completare il cartellone il Festival off, con concerti che spaziano da Ludovico Einaudi alla musica antica, con Rinaldo Alessandrini, e alla contemporanea con il duo Dillon-Torquati. Testimonial della stagione è il teologo laico Vito Mancuso, autore di Questa vita, conoscerla, nutrirla, proteggerla (Garzanti), che con una lectio magistralis al teatro Lauro Rossi inaugura un ciclo d'incontri con importanti psicologi sul tema del Festival. Il 30 luglio, infine, appuntamento con la Notte dell'Opera, evento ispirato quest'anno al Rigoletto verdiano e alle sue pittoresche scene di convivialità, e che vede un grande coinvolgimento del territorio: come nelle precedenti edizioni, che hanno registrato oltre 40.000 presenze, il centro storico della città si trasformerà in un unico banchetto, un tripudio di profumi e sapori della ricca tradizione gastronomica ed enologica locale, con spettacoli musicali e di danza, giochi all'aperto per bambini e adulti.
Lucia Fava
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2 di 2
10/07/15 10:22
Vito Mancuso ambasciatore del Macerata Opera Festival 2015
http://www.teatro.it/rubriche/news/vito_mancuso_testimonial...
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Vito Mancuso ambasciatore del Macerata Opera Festival 2015 Al teologo e scrittore è stata affidata la lectio magistralis che apre il festival sul tema Nutrire l'anima, mentre Ludovico Einaudi si esibisce in un concerto esclusivo: in mezzo le prime dei due nuovi allestimenti, Rigoletto e Cavalleria Rusticana – Pagliacci. Nutrire l’Anima, tema del Macerata Opera Festival 2015, si ispira al rapporto tra uomo e nutrimento, le cui radici s’intrecciano alle più primitive forme di culto, che ritroviamo in alcune sue declinazioni di forte valenza simbolica nelle quattro opere in programma: Rigoletto, Cavalleria rusticana e Pagliacci, La Bohème. A fare da contorno, molti appuntamenti del Festival OFF che sollecitano riflessioni sul cibo essenziale per l'animo umano, di cui l’Opera ne è sicuramente uno particolarmente pregiato e che identifica immediatamente l'Italia nel mondo. A inaugurare il primo lungo weekend sarà l'ambasciatore del Festival: Vito Mancuso, teologo, studioso e autore che ha fatto VITO MANCUSO dell’anima l’oggetto della sua indagine sulla bellezza, sulla giustizia e sul senso della vita. Il teorico dell’anima come energia libera, editorialista del quotidiano La repubblica, direttore della collana I grandi libri dello spirito di Garzanti, con cui ha appena pubblicato Questa vita, conoscerla, nutrirla, proteggerla, sarà a Macerata il 16 luglio alle ore 21con una lectio magistralis in programma al Teatro Lauro Rossi. L'ingresso è gratuito.
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In linea con il tema della stagione è anche l'appuntamento di domenica 19 luglio alle 21 con Ludovico Einaudi allo Sferisterio con un concerto fortemente evocativo e di grande impatto emotivo accompagnato da un ensemble di archi, percussioni ed elettronica, un tour esclusivo che fa tappa in tre luoghi suggestivi e carichi di significato: Sferisterio di Macerata, Terme di Caracalla a Roma e Arena di Verona. Nel mezzo, fra Vito Mancuso e Ludovico Einaudi, le prime dei due nuovi allestimenti: Rigoletto il 17 luglio e il dittico verista Cavalleria Rusticana e Pagliacci il 18 luglio, sempre alle 21. Maggiori informazioni e prevendita biglietti sul sito www.sferisterio.it Inserita il 10 - 07 - 15 Francesco Rapaccioni
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Macerata, la prima volta Per la prima volta il nostro sito è partner del Macerata Opera Festival: una sezione dedicata conterrà interviste e recensioni e tanto altro su quanto c'è in programma sia nello Sferisterio che in altri luoghi di Macerata. La prima volta: il nostro sito è partner per la comunicazione del Macerata Opera Festival con una sezione dedicata e il resoconto dell'attività, curiosità e interviste esclusive. Il titolo della presente edizione del Festival, legata ai temi dell'Expo, è Nutrire l'anima e parte dall'idea del direttore artistico Francesco Micheli che l'opera sia cibo per l'anima e per la mente, proponendo titoli in vario modo legati al cibo. Rigoletto di Giuseppe Verdi chiude la programmazione triennale per il compositore (sono state rappresentate Il trovatore nel 2013 e La traviata nel 2014 in modo da celebrare il bicentenario con la trilogia popolare in tre anni) e apre la stagione con un nuovo allestimento affidato alla regia di Federico Grazzini e alla direzione di Francesco Lanzillotta; LO SFERISTERIO DI MACERATA PROGETTATO NEL 1823 DA dopo l'anteprima riservata ai giovani del 14 luglio, quattro le IRENEO ALEANDRI recite in cartellone: 17-25-31 luglio e 9 agosto; nel cast Vladimir Stoyanov nel ruolo del titolo, Jessica Nuccio è Gilda, Celso Albelo il Duca di Mantova, Gianluca Buratto e Nino Surguladze Sparafucile e Maddalena. A seguire un altro nuovo allestimento, il dittico verista Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni e Pagliacci di Ruggero Leoncavallo, regia Alessandro Talevi e direzione Christopher Franklin; protagonisti Anna Pirozzi, Rafael Davila, Alberto Gazale e Marco Caria; dopo l'anteprima riservata ai giovani del 15 luglio, quattro le recite in cartellone: 18-24 luglio e 2-8 agosto. Terzo titolo la ripresa della splendida Bohème con la regia di Leo Muscato che vinse il premio Abbiati; sul podio dell'opera di Giacomo Puccini David Crescenzi, sul palco Carmela Remigio, Arturo Chacon-Cruz, Larissa Alice Wissel, Damiano Salerno, Andrea Porta, Andrea Concetti; dopo l'anteprima riservata ai giovani del 23 luglio, tre le recite in cartellone: 26 luglio, 1-7 agosto. Tutti gli spettacoli iniziano alle 21 e prevedono la partecipazione dell'Orchestra filarmonica marchigiana e del Coro lirico marchigiano. Nell'arena neoclassica di Aleandri sono previsti altri appuntamenti, come anche nel settecentesco teatro Lauro Rossi progettato dal Bibbiena e in altri luoghi della città con il Festival OFF. Seguiteci in queste settimane di intesa programmazione. Maggiori informazioni e prenotazioni sul sito www.sferisterio.it
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Macerata, il Festival OFF riempie la città oltre lo Sferisterio
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Macerata, il Festival OFF riempie la città oltre lo Sferisterio Mostre, aperitivi, incontri, recital, concerti: oltre 50 eventi in cartellone per il Festival OFF che in un mese anima infiniti luoghi del centro storico di Macerata.
CERCA LO SPETTACOLO Anche quest'anno il Macerata Opera Festival propone un ricco e articolato cartellone per il Festival OFF: oltre 50 appuntamenti, in programma tutti i giorni da martedì a domenica accanto al cartellone ufficiale per le vie, sotto i portici, nei cortili dei palazzi storici, quasi tutto con ingresso gratuito. Il programma di appuntamenti parallelo alla stagione d'opera, ideato dal direttore artistico Francesco Micheli, coinvolge cittadini, associazioni, commercianti, animando per oltre un mese il centro storico di Macerata oltre lo Sferisterio. Si comincia giovedì 16 luglio alle ore 21 al Teatro Lauro Rossi con la lectio magistralis del teologo Vito Mancuso, testimonial del Festival 2015 che inaugura Lo spazio dell'anima, un ciclo di incontri per riflettere intorno al tema del Festival Nutrire l'anima. Poi il concerto di Ludovico Einaudi domenica LO SFERISTERIO, ATTORNO A CUI SI SVOLGE IL FESTIVAL OFF 19 luglio: il pianista e compositore arriva allo Sferisterio accompagnato da un ensemble di archi, percussioni ed elettronica per presentare il suo ultimo lavoro discografico, In a Time Lapse.
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Il mercoledì è Mercoledì Mania al Teatro Lauro Rossi: Rinaldo Alessandrini, clavicembalista e direttore d'orchestra, mercoledì 22 luglio si esibisce al clavicembalo in un raffinato programma barocco dedicato a Bach. Dalla collaborazione con la rassegna di musica contemporanea Nuova Musica nasce l'appuntamento del 29 luglio con il duo Francesco Dillon al violoncello e Emanuele Torquati al pianoforte impegnati in musiche di Arvo Pärt, Šostakovi? e della giovane compositrice italiana Silvia Borzelli. Mercoledì 5 agosto Carmela Remigio, Mimì in Bohéme, è invece protagonista di un recital dal titolo Salotto italiano, accompagnata al pianoforte da Leone Magiera. L’ingresso è gratuito con prenotazione obbligatoria: grazie all’iniziativa la luce dell'anima di Hera Comm, energy sponsor del 51° Festival, è possibile effettuare la prenotazione con una donazione a favore della Lega del filo d'oro su energia.sferisterio.it, www.lucedellanima.com o in biglietteria. Il giovedì è la serata dei grandi eventi e l’apertura è affidata alla festa cittadina, divenuta ormai l’evento più partecipato della città: la Notte dell’Opera in programma il 30 luglio è ispirata quest’anno al Rigoletto verdiano e alle sue pittoresche scene di convivialità. Come nelle precedenti edizioni il centro storico di Macerata si trasforma in un unico banchetto, inneggiante alla ricca tradizione gastronomica ed enologica locale, con spettacoli musicali e di danza, giochi all’aperto per bambini e adulti preceduti dalla parata in costume lungo le mura della città.
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Grande attesa per la serata dedicata al Genius Loci in programma il 6 agosto: dopo Beniamino Gigli e Anita Cerquetti è la figura del basso maceratese Sesto Bruscantini a essere omaggiata con una serata ideata da Francesco Micheli che diventa anche un’importante occasione di solidarietà a favore di Lega del Filo d'Oro, charity partner della stagione 2015. Proseguono anche quest’anno i format Aperitivi Culturali, a cura di Sferisterio Cultura (alle ore 12), e Pomeridiana, a cura di Adam (alle ore 18). Nei giorni delle rappresentazioni risuonano i Fiori musicali nel parco di Villa Cozza, curati da Cesarina Compagnoni. Iniziativa di grande rilievo sociale è quella dei Percorsi Tattili, realizzati in collaborazione con l'Università di Macerata e il Museo Tattile Omero: un magico viaggio dietro le quinte dello spazio scenico è dedicato ai non vedenti nel weekend 31 luglio - 2 agosto. Due le mostre in città: dal 17 luglio a Palazzo Buonaccorsi apre Germinazioni, che ospita opere di artisti marchigiani contemporanei; il 19 luglio alla Biblioteca Mozzi-Borgetti inaugura il percorso espositivo Lux, a cura di David Miliozzi. Da segnalare inoltre sabato 8 agosto alle ore 18.30, in occasione del 70° anniversario della scomparsa di Pietro Mascagni, la nipote Maria Teresa Mascagni e la pronipote Francesca Albertini Mascagni saranno a Macerata per un incontro dedicato alla figura del compositore in programma nella sala Castiglioni della Biblioteca Mozzi-Borgetti. Quattro infine gli appuntamenti all’enoteca civica con Opera Prima, Prima dell’Opera... a cura del Comitato Imprenditoria Femminile della Camera di Commercio, con momenti musicali all’insegna dell’imprenditorialità al femminile. Programma completo del Festival OFF su www.sferisterio.it Inserita il 10 - 07 - 15 Francesco Rapaccioni
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Live tweeting per prime allo Sferisterio
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Live tweeting per prime allo Sferisterio Altre notizie Louis Tomlinson: bebè in arrivo?
Gwyneth Paltrow consola Ben Affleck
La tensione è alta a "Moon & Stars"
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#nutrimilive per Rigoletto, Boheme, Cavalleria-Pagliacci
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(ANSA) - MACERATA, 13 LUG - Sferisterio sempre più social: per le prime di Rigoletto, Cavalleria rusticana-Pagliacci e La Bohème previsto un live tweeting, seguendo il profilo Twitter @MacerataOpera o l'hashtag #nutrimilive è possibile prender parte agli spettacoli, dai luoghi meno accessibili al pubblico come il backstage, ai più bei momenti sul palcoscenico. Intanto il Macerata Opera Festival si prepara ad aprire i cancelli dell'arena in anteprima per gli under 30, gli studenti e gli Amici dello Sferisterio. Condividi (0)
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In attesa del Macerata Opera Festival
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In attesa del Macerata Opera Festival
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Paola Cecchini (/paolacecchini) (/paolacecchini) Giornalista, scrittrice e traduttrice, è appassionata di arte, musica e teatro. Ha pubblicato numerosi libri, presentandoli nei più importanti Istituti Italiani di Cultura in Europa e America...
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Creato da Paola Cecchini (/paolacecchini) · Recensione (/articles/category/recensioni)
Guarda al tema di Expo 2015 (Nutrire il pianeta) il banchetto musicale preparato da Francesco Micheli per la 51a stagione di Macerata Opera Festival, intitolata Nutrire l’anima, in programma dal 17 luglio al 9 agosto 2015 all’Arena Sferisterio di Macerata, nota per la sua eccezionale acustica, dove gli spettacoli di lirica non hanno bisogno di amplificazione alcuna. Progettato nel 1823 dal poliedrico architetto neoclassico Ireneo Aleandri, lo Sferisterio era uno stadio concepito per un gioco oggi completamente dimenticato, ma molto popolare nell’Ottocento: il pallone col bracciale, ricostruito accuratamente nel film Il giovane favoloso, di Mario Martone. In cartellone quattro titoli, nei quali spicca il rapporto tra l'uomo e il nutrimento con una forte valenza simbolica, per ricordarci che l'opera lirica è energia e nutrimento essenziali per l'animo umano. Sto parlando di Rigoletto di Giuseppe Verdi per la regia di Federico Grazzini e la direzione di Francesco Lanzillotta (17 luglio-9 agosto); del dittico verista costituito da Pagliacci di Ruggero Leoncavallo e Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni, con la regia di Alessandro Talevi e la direzione di Christopher Franklin (18 luglio-8 agosto) e La Bohème di Giacomo Puccini, ripresa dello spettacolo del 2013 con la regia di Leo Muscato, vincitore del Premio Abbiati e la direzione di David Crescenzi (26 luglio-7 agosto). Tra le voci più attese, figurano quelle di Vladimir Stoyanov, Jessica Nuccio e Celso Albelo, rispettivamente nel ruolo di Rigoletto, Gilda e del Duca (Rigoletto). Anna Pirozzi (soprano rivelazione del Festival di Salisburgo 2013 sotto la direzione di Riccardo Muti) sarà protagonista di Cavalleria Rusticana e Pagliacci, prima di approdare sul palcoscenico scaligero nel 2016. Al suo fianco Rafael Davila vestirà i panni di Turiddu in Cavalleria e Canio in Pagliacci. Carmela Remigio sarà Mimì ne La Bohème, unitamente a Arturo Chacón-Cruz che ricoprirà il ruolo di Rodolfo. Testimonial della stagione è il teologo laico Vito Mancuso, autore di Questa vita, conoscerla, nutrirla, proteggerla (Garzanti), applaudito calorosamente a Genova per il suo intervento all’ultima edizione de La Repubblica delle Idee: taglierà il nastro giovedì 16 luglio con una lectio magistralis al Teatro Lauro Rossi, inaugurando il ciclo d’incontri con importanti psicologi sul tema del Festival. Mettetevi in ascolto... Data 13/lug/2015
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In attesa del Macerata Opera Festival
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Un pensiero triste che si balla: si aprono i concerti della rassegna Rocca Costanza Scena Aperta (/articles/13292/un-pensiero-triste-che-si-balla-si-aprono-i-concerti-della-rassegnarocca-costanza-scena-aperta)
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13/07/2015
Live tweeting per prime allo Sferisterio ANSA.it Cultura Musica Live tweeting per prime allo Sferisterio Live tweeting per prime allo Sferisterio #nutrimilive per Rigoletto, Boheme, Cavalleria-Pagliacci © ANSA +CLICCA PER INGRANDIRE Redazione ANSA MACERATA 13 luglio 201517:52 News Suggerisci Facebook Twitter Google+ Altri Stampa Scrivi alla redazione Archiviato in (ANSA) - MACERATA, 13 LUG - Sferisterio sempre più social: per le prime di Rigoletto, Cavalleria rusticana-Pagliacci e La Bohème previsto un live tweeting, seguendo il profilo Twitter @MacerataOpera o l'hashtag #nutrimilive è possibile prender parte agli spettacoli, dai luoghi meno accessibili al pubblico come il backstage, ai più bei momenti sul palcoscenico. Intanto il Macerata Opera Festival si prepara ad aprire i cancelli dell'arena in anteprima per gli under 30, gli studenti e gli Amici dello Sferisterio. RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA
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14 Luglio 2015 - Il Piccolo (ed. Trieste)
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17/07/2015
Macerata Opera Festival: il programma Musica Macerata Opera Festival: il programma Si apre la 51esima edizione ispirata al tema di Expo 2015. Una carrellata di immagini per presentarla 1/12 2014 - Aida- Regia di Francesco Micheli Credits: Ufficio Stampa Macerata Opera Festival 2/12 2014 - La traviata - Regia di Henning Brockhaus Credits: Ufficio Stampa Macerata Opera Festival 3/12 2014 - Turandot - Costumi di Hugo De Ana Credits: Ufficio Stampa Macerata Opera Festival 4/12 2013 - Il Trovatore Regia di Francisco Negrin Credits: Ufficio Stampa Macerata Opera Festival 5/12 2012 - Bohe?me - Regia di Leo Muscato Credits: Ufficio Stampa Macerata Opera Festival 6/12 2008 - Carmen - Regia e scene di Dante Ferretti Credits: Ufficio Stampa Macerata Opera Festival 7/12 2007-Macbeth- Regia di Pier Luigi Pizzi Credits: Ufficio Stampa Macerata Opera Festival 8/12 2006 - Turandot - Regia di Pier Luigi Pizzi Credits: Ufficio Stampa Macerata Opera Festival 9/12 2004- Racconti -Regia di Pier Luigi Pizzi Credits: Ufficio Stampa Macerata Opera Festival 10/12 1984Traviata-Baritono Renato Bruson Credits: Ufficio Stampa Macerata Opera Festival 11/12 1984- Giselle- Nureyev Credits: Ufficio Stampa Macerata Opera Festival 12/12 Macerata, Sferisterio Credits: Ufficio Stampa Macerata Opera Festival A.Tabocchini 17 luglio 2015 Panorama Musica Macerata Opera Festival: il programma Rita Fenini Con l'ottima acustica naturale, circa 2500 posti, 104 palchi e un palcoscenico di dimensioni notevoli, le Stagioni liriche dello Sferisterio di Macerata, dal 1967 ad oggi, richiamano il pubblico più esigente ad applaudire originali proposte e cast prestigiosi, in una struttura felicissima, monumentale ma intima, che garantisce una perfetta visibilità ed una eccellente acustica. Artisti famosissimi in tutto il mondo hanno calcato questo palco e per la cinquantunesima stagione del "Macerata Opera Festival", il banchetto musicale preparato da Francesco Micheli guarda al tema di Expo 2015 già a partire dal titolo: "Nutrire l'anima". In programma dal 17 luglio al 9 agosto all' Arena Sferisterio di Macerata, in cartellone quattro opere cardine del repertorio italiano: "Rigoletto" di Giuseppe Verdi, per la regia di Federico Grazzini e con al direzione di Francesco Lanzillotta (che chiude la trilogia popolare inaugurata nel 2013 con "Il trovatore" e proseguita nel 2014 con la ripresa di "La traviata degli Specchi"); segue il dittico "verista" costituito da "Pagliacci" di Ruggero Leoncavallo e "Cavalleria rusticana" di Pietro Mascagni, con la regia di Alessandro Talevi e la direzione di Christopher Franklin; completa il programma "La Bohème" di Giacomo Puccini, ripresa dello spettacolo del 2013 con la regia di Leo Muscato (vincitore del Premio Abbiati) e la direzione di David Crescenzi Nutrire l'anima 51 Macerata Opera Festival 17 luglio - 9 agosto 2015 Arena Sferisterio, Macerata www.sferisterio.it Riproduzione Riservata
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18 Luglio 2015 - Donna Moderna
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17/07/2015
"Vi racconto il mio Macerata Festival" Francesco Micheli direttore artistico del Macerata Festival Intervista a Francesco Micheli, direttore artistico del festival che parte domani e finisce il 9 agosto Luca Pavanel - Ven, 17/07/2015 - 08:56 No, il treno non può aspettare. Oggi a Milano, ieri a Roma, il giorno prima magari a Londra; il suo tempo è così: arte, bel canto, regie, viaggi e dinamismo. Il quarantatrenne Francesco Micheli, origini orobiche, direttore artistico del Macerata Opera Festival (dal 17 luglio al 9 agosto) e della Fondazione Donizetti di Bergamo, dall’altra parte del filo sta al gioco: "Iniziamo dalle domande facili ". Non è un cervello in fuga e neppure "di rientro", ma è uno di quegli "emergenti" di successo che partono e tornano senza problemi, tra una rassegna all’estero e l’altra in casa. La sua produzione negli ultimi tempi spesso è finita sotto gli spot, i concerti-spettacolo da lui ideati, creati per "il desiderio di dare forma a un teatro lirico di ricerca (tra i molti si ricorda Bianco Rosso e Verdi per il teatro Massimo di Palermo, che nel 2009 ha vinto il premio Abbiati). Dagli esordi come regista e autore con Aslico e i Pomeriggi Musicali alle produzioni in quel di Nizza l’anno scorso, passando per le collaborazioni con l’orchestra Filarmonica della Scala, coi suoi progetti Sound Music e MusicEmotion, per giungere al festival di Macerata, dove quest’anno il tema-titolo in sintonia con l’Expo 2015 in corso nel capoluogo lombardo, è: Nutrire l’anima. (http://www.sferisterio.it/?f=1). Ma partiamo dal principio -, dal bivio. "Se non avessi fatto quello che faccio? - fa eco alla domanda -. Già da bambino sentivo il richiamo del palcoscenico; ricordo ancora quando mi regalarono un teatrino con le marionette ; comunque mi sarebbe piaciuto fare anche lo chef o insegnare letteratura italiana". Tutte le strade portano all’Opera, "perché fare teatro è come stare in cucina, bisogna saper mescolare bene gli ingredienti; e per la letteratura ", ca va sans dire. Ma a dire il vero a riemergere spesso, come un fiume carsico, è anche la sua inclinazione- passione a trasmettere conoscenza sull’opera lirica, musica classica e dintorni, con progetti dedicati ai giovani e più in generale al pubblico. "Per i ragazzi l’opera è un approccio meraviglioso alla vita - afferma - è una favola e al tempo stesso parla della realtà e insegna, con la narrazione e la bellezza della musica". La proposta di Micheli passa anche per il piccolo schermo di casa: tra le sue esperienze, la collaborazione con la rete satellitare Sky Classica nell’ideazione e conduzione di programmi sulla lirica: "La televisione è un territorio vergine. Riguardo ai programmi si sono visti incursioni e traslochi, in Italia insomma c’è ancora molto da fare. Si può parlare a un ascoltatore che non necessariamente conosce la materia, una bella occasione oltre che di fare cultura, anche e soprattutto per scovare, formare e trovare nuovo pubblico per le sale dei teatri". Già. Il "ripopolamento" delle platee. I teatri operistici resistono bene - in quanto pilastro della cultura e tradizione musicale del Belpaese - ma più generale l’emorragia dalla sale dura in maniera preoccupante. "Svecchiare- svecchiare-svecchiare ", è il mantra che da un po’ di tempo si sente. Come campo per giocare questa sfida, i festival non sono esclusi. Anzi. Il discorso riguarda anche la gestione. "Delle cose sono cambiate - continua - ed è un fatto generazionale. La missione di chi fa direzione artistica attualmente è, per cominciare, pareggiare i conti per poi portarli in attivo. Inoltre la presenza dei privati, con i quali viene instaurato un rapporto diretto, diventa più importante". Come a dire addio "alla politica e alle scelte spendaccione senza ritorno". Parola d’ordine: ottimizzare. E subito. A dimostrazione Micheli potrebbe vantare i risultati ottenuti a Macerata: l’incasso della stagione 2014 è stato di 1.188.000 euro; con una media a serata di 103mila euro, contro una media di 90mila nel 2013). Segno zodiacale toro ascendente ariete ("mi arrabbio spesso e forte"), libro preferito L’uccello che girava le viti del mondo del giapponese Haruki Murakami e film amato Senso di Luchino Visconti, Francesco Micheli arrivato a questo punto che cosa vuole fare da grande? "Mantenere la grande passione che mi ha portato fin qui ".
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Festa marchigiana allo Sferisterio Terzo anno per celebrare il genius loci: Nutrire l'anima da Leopardi a Sesto Bruscantini con due madrine d'eccezione, Lella Costa e Maria Paiato e l'abbinamento con l'enogastronomia marchigiana. Giovedì 6 agosto prima festa in musica sotto il segno dell’enogastronomia ideata con l'Istituto Marchigiano di Tutela Vini e dedicata alla Lega del Filo d'Oro, charity partner del Macerata Opera Festival: un percorso che alterna musica, approfondimenti gastronomici, danza e letture per attraversare progressivamente le fasi di una vita, dall’infanzia alla vecchiaia. Oltre allo spettacolo in Arena, è previsto un aperitivo in piazza Mazzini nel tardo pomeriggio, preparato da chef con eccellenze della cultura gastronomica marchigiana e in compagnia dei vini doc delle Marche. Per chi acquista il biglietto di Nutrire l’anima, festa marchigiana da Sesto Bruscantini a Giacomo Leopardi, è prevista una riduzione sul ticket dell’aperitivo: un’opportunità per nutrire in modo elegante e raffinato contemporaneamente corpo e anima. LELLA COSTA La serata è condotta da due madrine di eccezione, le attrici Lella Costa e Maria Paiato. Lella Costa torna allo Sferisterio dopo aver presentato la serata “Festa per Anita” dello scorso anno e “Sogni di una notte di mezza estate” del 2013 in cui recitava nella parte di Puck. maggiori informazioni, prenotazioni e donazioni sul sito dello Sferisterio. Inserita il 30 - 07 - 15 Francesco Rapaccioni
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Finger music a Macerata Concerto al Teatro Lauro Rossi per violoncello e pianoforte con un programma suggestivo e minimalista concentrato sui compositori del nord Europa. Il Teatro Lauro Rossi, un luogo in cui risuona una certa classicità, un teatro di vecchia tradizione col sipario celestepolvere e le poltrone in tinta, ha ospitato Finger Music, secondo appuntamento di “Mercoledì Mania”, parte integrante del Festival Off della stagione dello Sferisterio. Francesco Dillon al violoncello ed Emanuele Torquati al pianoforte hanno scelto compositori minimalisti del Novecento, accomunati dall’essere nati in un regime di estetica musicale ben precisa, il cui clima si presentava sfavorevole a una rivoluzione del linguaggio musicale: Arvo Pärt, Dimitri Shostakovich e una poesia di Tomas Tranströmer composta da Silvia Borzelli. Se dapprima la musica evocava in pieno questa difficoltà alla sperimentazione, il percorso emozionale ha coinvolto anche altri sentimenti: la speranza della possibilità, la felicità della pace EMANUELE TORQUATI E FRANCESCO DILLON e la tristezza della disillusione. Le emozioni erano incentivate dai gesti degli esecutori, soavi al suono soave e duri al tocco duro; le loro bocche a tratti semi aperte erano il portale d’uscita di una musica così controversa e "difficile": un percorso emotivo impegnativo. Il bagliore della luce di scena riflessa sul violoncello fungeva da coreografia, come se le note stesse volessero uscire dalle sonate, delicate e sofferte al contempo, e danzare tra il pubblico. Un pubblico attento e col fiato sospeso fino alla fine, fino a quando, dopo pochi intensissimi secondi dall’ultima nota, è scoppiato in un applauso esplosivo e liberatorio.
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La notte dell'opera Rinaldo Alessandrini a Macerata Ludovico Einaudi allo Sferisterio Sferisterio: debuttano Cavalleria rusticana e Pagliacci
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Tra il mare e i Sibillini. Slow Macerata - Repubblica.it
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Weekend
Tra il mare e i Sibillini. Slow Macerata
Un evento nello Sferisterio di Macerata
Un'idea per un weekend estivo, la città marchigiana è una tra le più vivibili del pae litorali famosi come Porto Recanati e Civitanova e il fascino spettrale del parco ap una stagione lirica dedicata nel suo teatro all'aperto, lo Sferisterio di ERIKA MARINIELLO
Vicoli, stradine, scalinate, piazze piccole e maestose, palazzi storici.
E la cinta muraria, medievale, che protegge tutto questo. Protegge una città, Macerata, tra le più vivibili d
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Tra il mare e i Sibillini. Slow Macerata - Repubblica.it
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e per gli spazi verdi che offre, capoluogo dell'omonima provincia marchigiana, città natale di Padre Matte tra le più antiche al mondo (l'undicesima in Italia in fatto di qualità) e dello Sferisterio, tempio dell'Opera. settimana durante tutto l'anno e ancor di più d'estate quando può essere una buona meta per una vacan dimore antiche, spazi aperti, la città di Macerata che si trova a metà strada tra rinomati centri balneari co i borghi montani nel parco dei Sibillini, offre tanti luoghi di interesse. Tra fine luglio e l'inizio d'agosto prota classica. Lo Sferisterio, teatro all'aperto progettato agli inizi del 1800, d'estate ospita il Macerata Opera F Rigoletto, la Cavalleria Rusticana, I Pagliacci e la Boheme in cartellone fino ai primi di agosto. Dedicare così come una o più giornate alla visita della città passeggiando tra i vicoli che la caratterizzano. Salisce campagna e l'altro, portano alle piazze principali: Mazzini e della Libertà dove si trova il palazzo del Com in altri edifici della città) e si può ammirare l'unico esemplare al mondo di orologio planetario, recentemen Gorla.
Macerata e Fiastra. Il bello delle Marche
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Non molto lontano c'è il settecentesco Palazzo Buonaccorsi con il piano nobile e i suoi saloni decorati ch e la meravigliosa stanza affrescata dell'Eneide che celebra l'eroe virgiliano con le scene delle Nozze di B Ricciolini e con un ciclo di dipinti su tela alle pareti. Il secondo piano è caratterizzato dalla raccolta di ope contemporanea e il seminterrato dal museo della carrozza realizzato grazie alla donazione del conte Pie Dopo aver visitato il centro storico, aver assaggiato un buon piatto dei tipici vincisgrassi (la variante marc
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uno dei ristoranti della cittadina ricca di punti di ristoro, bar e negozi, essere saliti sul trenino turistico che d'interesse e, se capitate a Macerata a fine agosto aver partecipato alla festa del patrono San Giuliano, p un piacevole itinerario.
La città vista dai suoi... tetti Condividi
Da non perdere, per esempio, a circa 13 chilometri di distanza l'Abbadia di Fiastra, inserita nell'omonima proteggere le terre appartenute ai monaci cistercensi che oggi, gestita dalla Fondazione Giustiniani Band ben tenuti e accoglienti, un'area pic-nic, sentieri natura, percorsi da fare a cavallo o in bicicletta, bar e ris l'area potete acquistare un biglietto (al costo di 5 euro per gli adulti, di 3 euro per studenti, visitatori sopra persone), seguire il percorso e scoprire il chiostro, simbolo della vita monastica dove è possibile vedere e mattoni, usato per attingere acqua dalla cisterna sottostante, la sala delle oliere, il dedalo di grotte sott la chiesa, il museo del vino che custodisce antichi strumenti usati dai contadini e una serie di documenta chiesa. L'abbazia di Chiaravalle di Fiastra, tra i comuni di Tolentino e Urbisaglia, è uno dei monumenti m cistercense, costruita utilizzando il materiale prelevato dalle rovine della vicina città romana di Urbs Salv conserva numerosi affreschi tra cui quelli della cappella dedicata a San Benedetto e una copia della Sac
Dall'Abbadia potete proseguire il viaggio seguendo la strada che conduce in montagna. Sono molti i borg statale picena, da Urbisaglia a Loro Piceno fino a Colmurano, San Ginesio e Sarnano, solo per citarne a ricchi di tradizioni da non perdere. Come Medievalia a San Ginesio dove ogni anno va in scena la rievoc agosto (quest'anno dall'8 al 15) si apre con la Battaglia della Fornarina e prosegue con il Palio e le gare Serafino che dopo molti anni torna ad animare il centro di Sarnano. Una manifestazione tra le più seguite
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partecipazione di tutto il paese e degli atleti delle 4 contrade che si sfideranno domenica 9 agosto.
L'abbadia di Fiastra Condividi
Proseguendo il viaggio, dopo circa 40 minuti potete raggiungere Amandola, in provincia di Fermo. Il paes pendici orientali dei Monti Sibillini, domina la valle del Tenna ed è un caratteristico borgo ricco di storia e prima di raggiungere la città di Ascoli che dista solo 40 chilometri. Continuando il tour in auto, passando Fluvione si raggiunge la città della Quintana, la famosa rievocazione medievale che da metà luglio ad ini La città ricca di chiese, torri, palazzi antichi trova il suo massimo splendore nella meravigliosa Piazza de suggestive d'Italia. In questo che è stato definito un elegante salotto cittadino si affacciano la Chiesa di S Capitani, sede del Comune. Bella e maestosa, la piazza è amata dagli ascolani come piazza Arringo, ch piedi e che ospita i più importanti monumenti della città. Come la pinacoteca Civica, il Duomo di Sant'Em e il palazzo Episcopale, sede del Museo Diocesano. Passando qualche giorno in città potrete godere di t assaporare la cucina tipica. In tavola non possono mancare le olive ascolane, il piatto più rappresentativ Una portata squisita che sembra facile da preparare e invece in sé racchiude prodotti di qualità a base d tanta cura e tempo di preparazione. Regine della tavola insieme alle altre tipicità della zona come le tagl liquori locali.
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Cibo e musica il 6 agosto a Macerata
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di Davide Eusebi Dall’omaggio di Moreno Cedroni all’infanzia con “Morte alla minestrina”, dedicato a Leopardi, a quello di Michele Biagiola all’adolescenza con “L’orto nel piatto”, passando per la maturità con “L’impero dei sensi” di Errico Recanati, fino a “La natura per amica” di Simone Salvini. Sarà una serata attraverso le stagioni della vita quella di "Nutrire l'anima", il racconto musicale sotto il segno del'enogastronomia ideato, in occasione dell'Expo, da Macerata opera festival e Istituto marchigiano tutela vini a sostegno della lega del Filo d'oro. Uno spettacolo, quello in programma il 6 agosto allo Sferisterio, che a musica e parole abbinerà approfondimenti gastronomici, show cooking, letture e danze per raccontare i temi scelti dalle Marche per l'Expo. Sul palco dello Sferisterio, oltre ai cantanti d’opera Celso Abelo e Alfonso Antoniozzi, alle madrine della serata,Lella Costa e Maria Paiato, orchestre e band ci saranno infatti anche gli chef marchigiani che sveleranno le ricette-ricordo della loro vita cucinandole dal vivo e abbinandole ad un vino IMT. Si parte con Verdicchio dei Castelli di Jesi e “Morte alla minestrina”di Cedroni - una finta minestra ispirata alla poesia di un Leopardi 11enne e realizzata con gli ingredienti prediletti dal celebre poeta marchigiano –.per poi proseguire con Colli Maceratesi (Ribona) per “L’orto nel piatto” firmato da Biagiola. Un piatto vegetale con erbe spontanee, quest’ultimo, che simboleggia‘i fiori dell’adolescenza’e le sue trasgressioni. Recanati con il Verdicchio di Matelica porta invece in scena la Teoria del piacere di Leopardi e la piena maturità della vita, con la sua battuta di carne marchigiana “L’impero dei sensi”, mentre l’accoppiata Salvini – Vernaccia di Serrapetrona racconterà l’età del tramonto, dove la natura diventa amica con una ricetta tutta vegan. Ospite d’onore della serata, sarà la campionessa olimpica di scherma e ambasciatrice del Verdicchio, Elisa Di Francisca, reduce dalla recente vittoria della medaglia d’oro ai mondiali di Mosca nel fioretto femminile a squadre. “Nutrire l’Anima, festa marchigiana da Sesto Bruscantini a Giacomo Leopardi” sarà anche un viaggio attraverso i sensi: una riflessione che mette al centro le cause sostenute dalla Lega del Filo d'oro, associazione a supporto delle persone sordo cieche e pluriminorate sensoriali, che quest’anno è charity partner del Festival.Parte del ricavato della serata sarà infatti devoluto alla Lega del Filo d’Oro per la costruzione di un’aula di musicoterapia nel nuovo centro nazionale. Lo spettacolo, scritto da Francesco Micheli, direttore artistico del Macerata Opera Festival, Carlo Cambi, giornalista enogastronomico, e Andrea Foresi, musicologo e biografo di Sesto Bruscantini (famoso baritono civitanovese riconosciuto in tutto il mondo), si inserisce nell’ambito del progetto Genius loci del Festival,con l’obiettivo di celebrare i talenti del territorio marchigiano. L’evento sarà preceduto dagli assaggi di streetfood - a base di prodotti Food Brand Marche -in piazza Mazzini (Macerata) degli chef Biagiola, Recanati e Salvini, in abbinamento a Verdicchio, vino bianco più premiato d’Italia,Colli Maceratesi (Ribona), San Ginesio, Serrapetrona e Vernaccia di Serrapetrona (assaggi aperti al pubblico. Costo:10 euro. Per chi ha già acquistato il
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biglietto dello spettacolo il costo è 8 euro). Per Alberto Mazzoni, direttore dell'Istituto marchigiano di tutela vini: “Con questo evento di solidarietà, ispirato ai temi di Expo, celebriamo i talenti e le eccellenze della nostra regione continuando a scommettere sulla contaminazione tra cultura, musica ed enogastronomia. Elementi strettamente collegati, questi, espressione di un territorio unico come le Marche, che siamo fieri di portare su un palcoscenico di livello quale il Macerata Opera Festival, in occasione dell’anno dell’Esposizione Universale di Milano”. Nell’acquisto del biglietto dello spettacolo (€ 12, 22, 32 - in vendita suwww.vivaticket.it e presso la biglietteria dello Sferisterio) è compresa una donazione alla Lega del Filo d’Oro (da € 2 a 12). Per chi acquista il biglietto di Nutrire l’anima, festa marchigiana da Sesto Bruscantini a Giacomo Leopardi, è prevista una riduzione sul ticket dell’aperitivo. E’ possibile donare anche sucrowdfundingsferisterio.unicam.it.La serata è realizzata con il fondamentale contributo di Eurosuole, rappresentata Germano Ercoli, che conferma il proprio impegno come charity sponsor.Info www.imtdoc.it oppure www.sferisterio.it
29/07/2015
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La notte dell'opera Notte bianca a Macerata sui temi del Rigoletto: il centro città si anima con centinaia di iniziative gratuite per ogni età. Dalla direzione artistica di Francesco Micheli è tradizione a Macerata la Notte dell'Opera, una specie di notte bianca dedicata alla lirica che si ispira a una delle opere in cartellone e “occupa” tutto il centro della città. Dunque anche quest'anno l'evento si ripete: giovedì 30 luglio Macerata diventa un grande palcoscenico a cielo aperto ispirato al Rigoletto verdiano e alle sue pittoresche scene di convivialità. Proprio come nella festa dell'atto primo, alla corte del Duca di Mantova, e nella locanda di Sparafucile, il Centro storico, Corso Cairoli e Corso Cavour si animano di spettacoli musicali e di danza, giochi all’aperto per bambini e adulti, per un banchetto rinascimentale inneggiante alla ricca tradizione gastronomica ed enologica locale e rifinito dalle eleganti scenografie realizzate dall’Accademia di Belle Arti Macerata. LA NOTTE DELL'OPERA NEGLI SCORSI ANNI Per l’occasione tutti i negozi resteranno aperti fino a notte fonda e sarà possibile accedere al wi-fi di Macerata tramite il social login: una connessione gratuita attraverso i social per condividere i momenti più belli della serata. Si comincia alle 19.30 con l’invito a corte: per prepararsi al grande banchetto il ritrovo è al monumento della Vittoria. Alle ore 20, Gran Parata con nobili e cortigiani, grandi e piccini si muoveranno lungo le mura fino allo Sferisterio a ritmo della musica di Verdi. Alle 20.30 appuntamento con “La reggia del piacer”, momento in cui la città si trasforma in una grande corte rinascimentale allietata da musica, danze e spettacoli. Gran finale previsto a mezzanotte con “Le feste, la danza, ben tutto gli sta”, in piazza della Libertà con i tanti artisti impegnati per tutta la serata e il direttore artistico Francesco Micheli. Poi tante iniziative in tre diverse zone: centro storico, corso Cavour e corso Cairoli, tutto a ingresso gratuito. Mostre e conferenza completano l'offerta culturale. Maggiori informazioni sul sito www.sferisterio.it
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TAG: MACERATA A SFERISTERIO NOTTE OPERA RIGOLETTO VERDI MICHELI
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Rinaldo Alessandrini a Macerata Ludovico Einaudi allo Sferisterio Sferisterio: debuttano Cavalleria rusticana e Pagliacci Sferisterio: debutta Rigoletto
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06 Agosto 2015 - Il Giorno (ed. Milano)
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Alessandro il Grande
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Lunedì 20 Luglio 1863 » Nasce a New York il maestro del coro e didatta William Harold Neidlin
Almanacco
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Alessandro il Grande Chiamato da Francesco Micheli per curare la regia del dittico verista “Cavalleria rusticana” e “Pagliacci”, il sudafricano Alessandro Talevi ci parla della sua incalzante ascesa, trasmettedo un’energia contagiosa (/abbonamento)
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di Nicoletta Lucatelli Alessandro Talevi ha radici italiane come il nome lascia intendere, ma accento inglese e proprietà di linguaggio spesso modellata sui libretti operistici. 40 anni, nato a Johannesburg e studi a Londra al Royal College of Music, in effetti di questo si occupa: debutta domani allo Sferisterio di Macerata Cavalleria e Pagliacci con la sua regia. Francesco Micheli infatti si è assicurato la sua presenza per il felice riscontro di molte delle opere allestite nell’ultimo anno: in Italia L’amour des trois oranges di Prokof’ev , ultima opera del vecchio Comunale fiorentino prima del trasferimento nel nuovo teatro, che ha spopolato per brillantezza e verve ma anche sensibilità ed eleganza; Rigoletto ad Ancona. Una Cenerentola pirotecnica già vista a Mälmo sarà presente nella prossima stagione al Regio di Torino. In autunno a Bergamo porterà la sua fortunata Anna Bolena (Welsh National Opera) mentre alla Fenice di Venezia metterà in scena Idomeneo.
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Alessandro il Grande
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Cavalleria Rusticana e Pagliacci: come le racconterebbe a un neofita della lirica per poterle apprezzare al meglio? «Sono due esempi del primo verismo Italiano, in cui l’autore, come dice il narratore del Prologo di Pagliacci, ha cercato di dipingere “uno squarcio di vita’”. Questo vuol dire, in termini veristi, un brutale e sensuale ‘triangolo d’amore’ tra due amanti (tenore/soprano) e un povero disdegnato (il baritono). Finisce con l’uccisione uno (o due) degli amanti».
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Fino a poco tempo fa il verismo musicale era considerato troppo popolare. I temi che queste opere presentano sono socialmente superati o contengono aspetti che ci riguardano? «Per il pubblico borghese del tardo ottocento queste opere rappresentavano una specie di fuga dalle usanze soffocanti dell’epoca. E, certamente, ci sono degli elementi nelle storie che sembrano un po’ arcaici, per esempio la religiosita’ di Cavalleria. Il soggetto della gelosia però è ancora molto contemporaneo, e continua a dare sostanza a queste opere, non solo per il pubblico, ma anche per gli interpreti». Lo Sferisterio di Macerata è un palcoscenico adatto? «Porta delle sfide particolari, essendo uno dei palcoscenici più larghi del mondo (100 metri in totale!). Ma qui si può sfruttarne il senso del campo epico che è molto evidente nella trama particolarmente in Cavalleria, e fare delle entrate/uscite spettacolari».
Recensione Dischi
(/recensioni-dischi
Il Festival è stato recentemente rinfrescato da Francesco Micheli: che aria si respira dietro le quinte? «Secondo me è una delle miglior compagnie italiane. C’e un’atmosfera fantastica tra tutti i collaboratori (artisti, tecnici, macchinisti), una grande voglia di produrre il miglior lavoro possibile». L’opera lirica è uno spettacolo costoso e impegnativo, in Italia ci sono un sacco di problemi a mantenerlo. Ha dei pensieri in proposito? «È vero che e’ molto costoso, però con un po’ di creatività si possono trovare delle soluzioni. L’Italia è’ un paese che guadagna tanto dal turismo, ma non credo che i teatri abbiano sfruttato abbastanza la presenza dei turisti in quasi ogni città. L’unico teatro che l’ha veramente capito è La Fenice a Venezia. E adesso è il teatro nella miglior posizione dal punto di vista economico di tutto il paese».
/2015/say-
say-plays-say)
say-plays-say) Fazil Say (/recensioni-dischi /2015/say-
Say - Say plays Say
(/recensioni-dischi /2015/prokofev-suite-from-romeoand-juliet) Sergej Prokof’ev (/recensioni-dischi/2015/prokofev-suite-from-romeo-and-juliet) Prokof’ev - Suite from Romeo and
In Inghilterra collabora con realtà dinamiche (Sadler’s Wells, Opera North, Welsh National Opera, Royal Academy of Music) in cui lavorano molti giovani, alle prese con titoli del passato e nuove creazioni. E’ una situazione speciale o una tendenza potenzialmente generale? «E’ vero che la Gran Bretagna ha una vita culturale molto dinamica, con tante opportunità per giovani artisti. Non c’è il grande numero di teatri lirici, come qui in Italia, ma i pochi che ci sono offrono una programma molto variegato. Questo deriva forse del fatto che in Inghilterra la distinzione tra ‘high art’ e ‘low art’ non è così definita. E, sicuramente, e’ piu’ facile per un giovane artista cominciare una carriere, perchè li i teatri pagano subito!» Ha messo in scena opere italiane in Italia e all’estero. Si accorge delle differenti caratteristiche dell’audience? «Certamente i gusti sono diversi all’estero. Gli italiani sono molto più esigenti dal punto di vista vocale, quando si tratta del repertorio italiano. All’estero, (almeno in Inghilterra), non buano mai i cantanti, anche quando non hanno cantato bene...Ricordo una produzione d’un opera italiana in cui il direttore (un italiano) arrivò alla prima prova e voleva licenziare subito il tenore, creando grande costernazione nel teatro, neanche il sovrintendente capiva perchè. E’ una questione di gusti diversi. E poi, c’e’ la discussione della regia
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Juliet
(/recensioni-dischi /2015/the-completeworks) Sergej Rachmaninov (/recensioni-dischi /2015/the-complete-works) Rachmaninov - The Complete Works
(/recensioni-dischi /2015/aa-vv-la-lira-d-
esp-ria-ii)
esp-ria-ii) AA.VV. (/recensionidischi/2015/aavv-la-lira-d-
AA.VV. - La lira d’Espéria II
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Alessandro il Grande
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progressiva contro la regia tradizionale… forse all’estero il pubblico non Questo sito utilizza i cookie (leggi le condizioni) (http://www.amadeusonline.net/privacy) ok, ho (/recensioni-dischi capito e accetto! tratta il repertorio italiano come “sacro”, come succede spesso qui. Ma, devo /2015/beethovendire che se la regia è sensibile alla musica, il pubblico italiano è aperto complete-pianoanche a nuove idee registiche. Ad Ancona ho fatto una Rigoletto moderno sonatas) con una scena composta esclusivamente di tubi innocenti, e non sono stato Ludwig van Beethoven (/recensioni-dischi massacrato!» /2015/beethoven-complete-pianosonatas)
Come si lavora in Italia rispetto ad altri paesi? «Nel mondo lirico, tutto qui è deciso nei periodi piu brevi e c’è sempre la sensazione che tutto puo’ cambiare all’improvviso, fatto che crea una grande perplessità negli alnglosassoni che vengono qui a lavorare per la prima volta, perchè sono abituati a periodi di gestazione/prove più lunghi e organizzati con molto anticipo. Ma c’e’ una creatività e una energia qui che è molto attraente, e i professionisti sanno i loro mestieri (direttori, pittori, sarti, ecc.): sono fra i migliori del mondo». I suoi maestri? «La mia formazione è stata musicale, non ho frequentato una scuola di regia. Quando cominciai a fare regia, ne ho imparato solo l’aspetto pratico. Ho fatto da assistente a personaggi come John Copley un gran maestro (molto tradizionale, che probabilmente detesterebbe la mia cifra di oggi!) che mia ha inesgnato le cose più importanti per un regista. Sono un forte credente nell’idea che si impara solo nell’atto di farla». Metodi di lavoro? «Il mio lavoro con i cantanti è molto legato al testo e alle esigenze musicali… quando inizio le prove, comincio quasi subito a mettere l’azione in scena con la musica e il canto (non faccio grandi discussioni o esercizi). Così si scoprono quali sono le sfide, ma anche i piccoli dettagli e i momenti di ispirazione che vengono solo nell’atto di recitare». Che differenza c’è fra far recitare un attore e un cantante? «I cantanti spesso non hanno l’abilità o l’esperienza di recitare come un grande attore. Ma io credo, con passione, che ogni cantante può portare qualcosa che vale la pena sulla scena, anche quelli che non hanno un talento naturale per recitare. E’ compito del regista nascondere le loro debolezze e svelare i loro talenti». I registi spesso approdano dalla prosa alla lirica, lei no… «Forse perche’ ero una pianista e un accompagnatore, prima: ho vissuto sempre nel mondo musicale». Come è finita in Sudafrica la sua famiglia e quando? «I miei nonni paterni hanno lasciato l’Italia nel 1953 (a mio nonno era stato offerto un lavoro come ingegnere vicino a Johannesburg).Bisogna ricordarsi che, ia quel tempo il Sud Africa era una destinazione privilegiata, come l’America, l’Australia o il Brasile, per tanti emigranti italiani». La sorella della nonna è stata una cantante lirica famosa… L’ha conosciuta? «Purtroppo Giulia Tess è morta quando avevo solo 1 anno, ma ha lasciato una forte eredità sulla mia famiglia. Io la considero come la mia “fata benefattrice”. Nella casa di famiglia, sul Lago Maggiore, abbiamo la sua collezione di spartiti, e foto firmate dai grandi artisti del periodo, ricordi delle produzioni cin cui ha lavorato. Tutti dei grandi nomi del periodo:… Toscanini, de Sabata, Strauss, Wolf-Ferrari ma anche cantanti perchè erano tutti amici. Toti del Monte, Maria Caniglia, Beniamino Gigli, solo per nominarne alcuni. Ho sentito tanti aneddoti familiari su di lei, ma quelli che mi interessano di più sono i racconti dei suoi allievi (era anche regista e insegnante di arte scenica). Ho avuto la grande fortuna di pranzare l’anno scorso con Rolando
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Beethoven - Complete Piano Sonatas
(http://www.europainvestimenti.com/)
Speaker's Corner
(/speaker-corner /2015/officium) Jan Garbarek - The Hilliard Ensemble (/speaker-corner /2015/officium) Officium
(/speaker-corner /2015/in-viaggiocon-svjatoslavrichter) Valentina Čemberdži (/speaker-corner /2015/in-viaggiocon-svjatoslav-richter) In viaggio con Svjatoslav Richter
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Alessandro il Grande
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Brass (/speaker-corner Panerai, chesito erautilizza suo studente scuola del Maggio Musicale all’inizio degli Questo i cookie alla (leggi le condizioni) (http://www.amadeusonline.net/privacy) ok, ho capito e accetto! /2014/mansur-scott-donald-smithanni ’40. Mi ha detto che la sua arte scenica era assolutamente tradizionale, gregory-porter-paul-zauner-s-bluebrass-great-voices-of-harlem) classica, legata alla scuola del pre-1914… e guai a te se volevi introdurre i Great Voices of Harlem gesti moderni dei film o teatro di prosa! Posso solo immaginare cosa penserebbe della cifra che distingue le mie regie oggi!»
Lei è nato quando l’apartheid è stato dichiarato crimine contro l’umanità e aveva vent’anni quando è stato eletto Mandela. Ha ricordi, anche infantili, che non potrà cancellare? «E’ quasi impossibile dimenticare tutti le insegne che dichiaravano se questo bagno o spiaggia o panca era per bianchi o per ‘il resto’ della popolazione. E la polizia… quanti poliziotti c’erano… ino non volevo imparare l’afrikaans, perche’ mi pareva, anche se avevo solo 6 anni, che fosse la lingua dell’oppressore. Addesso amo l’afrikaans, è una delle lingue più particolari e interessanti del mondo».
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ettorre-sextet) Giuseppe Ettorre (/speaker-corner /2014/giuseppe-
Giuseppe Ettorre - Sextet
Che vita musicale ha condotto a Johannesburg, classica e non? C’è un teatro lirico attivo che la sua famiglia o lei frequentava? «Ho avuto una buona formazione musicale classica a Johannesburg: la città ha tratto profitto in questo ambito, negli anni ’30, d’un grande afflusso di musicisti ebrei che portavano con loro la tradizione tedesco/russa. I miei insegnanti erano top. Putroppo non c’era un grande mondo lirico, per lo più era strumentale, ma nel teatro di prosa gli anni ’80 e ’90 sono stati un’ epoca d’oro a Johannesburg per un teatro molto sperimentale e radicale. Ho assistito, per esempio, ad alcune prime rappresentazioni mondiali del grande drammaturgo Athol Fugard». Un regista d’opera sudafricano a Londra: ha contato la difficile atmosfera del suo paese nella scelta di lasciarlo? Come è andata? «I sudafricani in generale si addattano a sopravvivere in qualsiasi posto o paese… perchè sono abituati a confrontarsi con grandi cambiamenti e insicurezze… è solo il clima Londinese che detestiamo!» Il suo punto di vista oggi sul Sudafrica, la sua vita artistica e culturale, e gli artisti che ammira «La vita culturale sudafricana di oggi è un favoloso miscuglio di elementi africani e europei, spprattutto a Johannesburg, che considero la città più interessante e dinamica del paese. Ammiro artisti come William Kentridge, Brett Bailey e The Handsping Pupper Company che ha fatto Warhorse a Londra». Anche Andrew Porter, re della critica a Londra e New York, era sudafricano. Vi siete conosciuti? «Andrew Porter era uno di quei sudafricani che, avendo vissuto un’ intera vita in Inghilterra, non era più tanto sudafricano – infatti sono venuto a saperlo solo dopo la sua morte. Ci siamo incontrati solo poche volte – era sempre molto gentile e quasi paterno con me, anche se le mie produzioni che ha visto erano abbastanza sperimentali e forse non proprio del suo genere preferito. Secondo me era un po’ troppo ossessionato dall’idea che le opere liriche allestite in Inghilterra per il pubblico inglese dovessero essere cantante in inglese. Io non sono assolutamente d’accordo…» Spesso suscita reazioni positive nella critica qualcuno l’ha definita un genio. Che cosa le dà soddisfazione leggendo una buona recensione di un suo spettacolo? «A me piace quando le critiche confermano che ho lavorato bene con i cantanti: quando hai fatto bene questo, allora considero d’aver fatto un buon lavoro». Le sue opere preferite al momento
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Alessandro il Grande
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«Pelléas et Mélisande». Questo sito utilizza i cookie (leggi le condizioni) (http://www.amadeusonline.net/privacy)
ok, ho capito e accetto!
Una playlist attuale non necessariamente classica «In questo momento sono ossessionato da Aida».
(http://advs.itala.it/uno/www/delivery/ck.php?oaparams=2__bannerid=64__zoneid=2__cb=513c1a1a80__oadest=http %3A%2F%2Fwww.associazionebottesini.com)
Ultime News (/news/2015/i-red-priest-gli-stones-della-musica-antica) I Red Priest, gli Stones della musica antica (/news/2015/i-red-priest-gli-stones-della-musicaantica) 18/07/2015 (/news/2015/la-musica-classica-a-verbier) La musica classica a Verbier (/news/2015/la-musica-classica-a-verbier) 17/07/2015 (/news/2015/vivaio-di-talenti-a-expo) Vivaio di talenti a Expo (/news/2015/vivaio-di-talenti-a-expo) 17/07/2015 (/news/2015/da-bach-verso-oriente-e-oltre) Da Bach verso Oriente e oltre (/news/2015/da-bach-verso-oriente-e-oltre) 16/07/2015 (/news/2015/due-band-e-un-dj-set) Due band e un DJ-set (/news/2015/due-band-e-un-dj-set) 16/07/2015
Paragon Edizioni S.r.l. Pubblicazione periodica telematica registrata presso il Tribunale di Milano il 9/5/2005 con il n.352 Redazione via Lanzone 31 - 20123 Milano Tel. 02.4816353 - Fax 02.4818968 Mail: news@amadeusonline.net Direttore responsabile: Riccardo Santangelo Proprietario ed editore Paragon edizioni s.r.l. via Lanzone 31 - 20123 Milano P.iva 08567100964 Provider: Infocom Group s.r.l. / iNet S.p.A. Pubblicità Paragon edizioni s.r.l. Simona Riva Mail: simona@amadeusonline.net
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Cavalleria-Pagliacci incanta Sferisterio ANSA.it Cultura Musica Cavalleria-Pagliacci incanta Sferisterio Cavalleria-Pagliacci incanta Sferisterio Palco da cartolina in stile liberty conquista pubblico Macerata FOTO Š ANSA +CLICCA PER INGRANDIRE Redazione ANSA MACERATA 19 luglio 201513:35 News Suggerisci Facebook Twitter Google+ Altri Stampa Scrivi alla redazione Archiviato in (ANSA) - MACERATA, 19 LUG - Sferisterio sold out ieri sera per il debutto del dittico Cavalleria Rusticana di Mascagni e Pagliacci di Leoncavallo a Macerata Opera Festival. Il regista italo-sudafricano Alessandro Talevi ha voluto ricreare un Sud da cartolina delineandone i confini storici attraverso una piazza sormontata da una scalinata in stile liberty, per fissare - con effetto a contrasto - l'attenzione drammaturgica sulla dimensione dei sentimenti di passione, gelosia e morte che anima le due opere veriste. RIPRODUZIONE RISERVATA Š Copyright ANSA
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Applausi per Rigoletto alla Tarantino ANSA.it Cultura Musica Applausi per Rigoletto alla Tarantino Applausi per Rigoletto alla Tarantino Stupro di gruppo fuori scena non suscita reazioni a Macerata FOTO Š ANSA +CLICCA PER INGRANDIRE Redazione ANSA MACERATA 18 luglio 201512:40 News Suggerisci Facebook Twitter Google+ Altri Stampa Scrivi alla redazione Archiviato in (ANSA) - MACERATA, 18 LUG - Ovazioni, applausi a scena aperta e Sferisterio sold out per Rigoletto di Verdi stile Quentin Tarantino, ambientato in una Luna Park dismesso tra cortigiani narcotrafficanti e prostitute, che ha inaugurato il Macerata Opera Festival. Nel primo atto anche uno stupro di gruppo (fuori scena), che non ha suscitato reazioni negative da parte del pubblico, a differenza di quanto avvenuto nel Guillaume Tell al Covent Garden, dove la violenza era stata mostrata con grande crudezza. RIPRODUZIONE RISERVATA Š Copyright ANSA
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Torna asito Macerata Boheme sessantottina - Cultura ANSA.it e per migliorare http://red.presstoday.com/pt_pdf.php?pid=149&url=http://ww... Questo utilizza cookie, anche di terze parti, a scopi -pubblicitari servizi ed esperienza dei lettori. Per maggiori informazioni o negare il consenso, leggi l'informativa estesa. Se decidi di continuare la navigazione consideriamo che accetti il loro uso.
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Torna a Macerata Boheme sessantottina Applausi per ripresa opera Puccini ambientata Maggio Francese - Redazione ANSA - MACERATA 27 luglio 2015 - 12:36 - NEWS
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(ANSA) - MACERATA, 21 LUG - Applausi allo Sferisterio per la pucciniana Boheme 'sessantottina' di Leo Muscato che porta le vicende di Mimì, Rodolfo e dei bohemiens nella Parigi del Maggio Francese. Coloratissimo l'allestimento (scene di Federica Parolini e costumi di Silvia Aymonino) tra loft, discoteche e fabbriche occupate. Successo per il cast - Carmela Remigio, Damiano Salerno, Andrea Porta, Andrea Concetti, Arturo Chacon-Cruz, Larissa Alice Wissel - e per la direzione di David Crescenzi sul podio della Form.
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T R AV E L
Macerata
On a Road Less Travelled
Before leaving the house, I open my large arched window and lean on the terracotta windowsill. It is scorching and for the fortieth day in a row, I think to myself, I could bake focaccia on this brick ledge. The heat wave in Italy has been relentless, with little to no rain, and I don’t look forward to travel in August. But travel we do, and for good reason. We are going to attend the Macerata Opera Festival. To reach Macerata, one must be willing to travel to one of the out-of-the-way corners of central Italy, but it is a trip worth taking to experience the thrill of its renowned opera festival. Macerata, a modest, medieval city of 45,000 citizens, is located on a hill between the Chienti and Potenza rivers in the region of Le Marche. Perched about 1,000 feet above sea level, its climate is influenced by the Appennine Mountains. The Adriatic Sea is about 30 kilometres away. Can I count on the sea and mountains to bring us some relief? A drop in temperature? A soft breeze? Our arrival tells us otherwise. So we picnic in the air-conditioned comfort of our hotel room and take a nice long siesta. By early evening, we venture out to Piazza Mazzini, the heart of this rosetinted city. At an outdoor restaurant, we wile away the time, dining and enjoying
occupied by groups of immigrants – a band of Bangladeshi seems content in the spirit of their own community. With them are wives and children that soften the hardships of life far from their native country. The Africans, mostly men, on the other hand, appear lonely, forlorn; perhaps in this heat they think of another warm country, one they call ‘Home’.
Cavalleria Rusticana
the parade of citizens that stroll in front of us. It is the passeggiata hour with a variety of sights and sounds to enliven this quiet ritual. A little girl, in a rainbowstriped dress, skits back and forth with endless energy as her brother learns to ride his two-wheel bike. A fluorescent orange moto-cross bike thunders past, but little Giovanni holds steady and dreams of the day that he will be all grown up on a similar bike. Directly across the square, the benches are
Sferisterio
City Gate & Sferisterio
Our attention turns repeatedly to the parade of opera-goers, as we consider the fashions that sway women (and men) to create a certain bella figura. It is clear that the heat does not deter the women in their lovely choices for the event, but the men are dressed more casually, forgiven this transgression on this simmering August evening. Regardless of their attire, opera-goers have a certain look that hints of the anticipation. Will the performance live up to their high standards and enthusiasm? It’s easy to fall in love with opera in Italy – a part of what makes life here so special – like gelato, or Church bells at noon on Sundays, or a steaming bowl of perfectly prepared spaghetti alle vongole veraci, or aged pecorino or the bouquet of a robust red wine. Opera is not simply part of the Italian culture, it reflects and embraces it. Life lived with passion… Tonight’s venue includes two operas – Cavalleria Rusticana in one act by composer Pietro Mascagni and Pagliacci
T R AV E L
Madonna della Misericordia
divided into two acts by Ruggero Leoncavallo. It is a thrill to see these operas staged at the famed Sferisterio, a huge open-air neoclassical arena constructed in 1820 as a stadium for handball. The side of the arena used by the audience is a wall 88 metres long with a line of arches separated by 56 columns supporting a double row of boxes, and a stone gallery. The arena was eventually transformed into a real outdoor theatre capable of seating an audience of 2,500, with a proper stage and orchestra pit, so wide, it is said that the musicians at either end cannot hear one another. It easily compares with the Arena of Verona and Baths of Caracalla in Rome. In 1921, the first opera performed here was Aida by Giuseppe Verdi, one of the most influential composers of Italian opera, having written 28 operas in his lifetime. Because of its perfect acoustics, the Sferisterio has attracted the leading singers of the world. I believe we have the privilege tonight to hear some of those voices. The simplicity of the stage design of Cavalleria Rusticana, with little to distract our attention, lends to a
Piazza della LibertĂ
Osteria dei Fiori chefs
fully focused enjoyment of those voices, and Santuzzaâ&#x20AC;&#x2122;s part as sung by Anna Pirozzi is enough to makes oneâ&#x20AC;&#x2122;s heart skip a beat. The music of an invigorating chorus transitions easily to the moving, mournful notes of the church scene with flickering lanterns, a setting that simply mesmerizes. Having the libretto discreetly projected on either end of the stage wall is a nice addition to assist the audience in following the dialogue being sung. It is a brief walk downhill to our hotel, and we are grateful to end the evening in the stillness of our room. We awake early to take advantage of the coolness that lingers from the night. We slip out of bed, have a light breakfast and head uphill to the Duomo. Not many are about on this Sunday morning. The only sounds are the cooing of the pigeons and the slow, soft patter of our own footsteps on the smooth, timeworn cobblestones. The town is lit in soft pastel shades, but there is no
breeze. Occasionally we hear the echo of car tires trundling out of its parking space to head who knows where on this day of rest. Perhaps to the sea, where the beaches may provide some respite from this unremitting heat? We attend Mass in this serene cathedral built over a period of two decades beginning in 1771. Neoclassical in style, its interior was designed by Cosimo Morelli and it is exquisite. Older still is the University of Macerata, founded in 1290, with an enrollment of about 13,000 students. We wander through the streets admiring the handsome buildings devoted to the different faculties of study. Soon, we give in to simply sitting
Street Scene
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Rigoletto di giuseppe verdi regia federico grazzini, direttore f...
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RIGOLETTO LO SPETTACOLO Autore: giuseppe verdi Regia: federico grazzini, direttore francesco lanzillotta Genere: opera Compagnia/Produzione: associazione arena sferisterio di macerata Cast: vladimir stoyanov, jessica nuccio, celso albelo, gianluca buratto, nino
Smithfield
surguladze, orchestra filarmonica marchigiana, coro lirico marchigiano
151,86 € 166,73 € 118,88 €
Descrizione
nuovo allestimento Scheda spettacolo a cura di Francesco Rapaccioni
Date repliche a cura di Francesco Rapaccioni
Generator Hostel Dublin
Belfast
Δουβλίνο
Jurys Inn Belfast
Trinity College Hotel
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SFERISTERIO v. S. Maria della Porta 65 - Macerata (MC) Tel: 0733 261334 Email: info@sferisterio.it; boxoffice@sferisterio.it Sito Web: www.sferisterio.it
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LE REPLICHE Posizionati sulla data per conoscere orario e prezzo max
In scena dal: 09/08/2015 al: 09/08/2015
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La recensione di Francesco Rapaccioni Fuori dal luna park Il tema del Festival 2015 è Nutrire l’anima e si richiama a Expo Milano, proponendo quattro titoli in qualche modo legati al cibo: Rigoletto, Cavalleria Rusticana, Pagliacci e Bohème, dopo la straordinaria lectio magistralis inaugurale di Vito Mancuso. Francesco Micheli ha poi costruito intorno allo Sferisterio una serie di appuntamenti che completano la programmazione nelle
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LA NEWSLETTER
06/08/15 15:44
Rigoletto di giuseppe verdi regia federico grazzini, direttore f...
http://www.teatro.it/spettacoli/sferisterio/rigoletto_1440_325...
varie ore del giorno e nelle sere in cui non c’è recita in Arena.
<- tua e-mail ->
Il Rigoletto che apre la stagione lirica chiude la trilogia verdiana proposta in tre anni ed è un nuovo allestimento. Federico Grazzini ha spostato la vicenda a oggi e l’ha ambientata all’ingresso di un luna park abbandonato, dove si aggira una banda di malavitosi alle dipendenze di un signorotto. La scena fissa di Andrea Belli lascia visibile l’alto muro in mattoni e contorna l’apertura centrale con la bocca spalancata di un pagliaccio. Ai lati tende bicolore a forma di casetta, quelle a strisce bianche e rosse dei circhi per intenderci, con vicino il baracchino dei biglietti. Una roulotte sulla destra e un camioncino-bar sulla sinistra consentono di ricreare la casa di Gilda e la locanda di Sparafucile. Alti lampioni illuminano il piazzale al di fuori del luna park, dove sostanzialmente avviene tutto. I costumi di Valeria Donata Bettella chiariscono il tempo dell’azione e sono appropriati alle scelte registiche e di buon gusto. Perfette le luci di Alessandro Verazzi che, pur privilegiando effetti naturalistici, conferiscono allo spettacolo i toni di una cupa drammaticità che scivola nell’incubo. Grazzini affronta l’opera con coerenza e attinenza a testo e musica. La regia mantiene i caratteri del libretto e i pesi dinamici tra i personaggi che restano praticamente identici. Nessuno stravolgimento, dunque; anzi, la scelta di Grazzini di far apparire in scena nel finale il fantasma di Gilda, che sulla carta poteva lasciare dubbi, ha invece risolto quello che forse è un limite drammaturgico, la lunghezza della scena con Gilda morente dentro il sacco tra le braccia del padre e i suoi acuti a piena voce. L’omicidio avviene nel camioncino di Sparafucile e il sacco viene gettato fuori; Rigoletto resta solo, il furgone pian piano si sposta e, nell’ombra, si vede Gilda in sottoveste bianca, replicata da una controfigura nel sacco: il dialogo tra lei e il padre, perfettamente coerente con le parole cantate, è credibile, emozionante e avvincente.
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Francesco Lanzillotta sceglie un allargamento dei tempi evidentemente necessario a lasciar spiegare il canto e al raccordo tra l’allungata buca e il grande palco ma l’appiombo non sempre riesce. Il giovane direttore dirige con buon senso della musica e grande sensibilità delle diverse componenti della partitura. Vladimir Stoyanov è Rigoletto, il clown del luna park che si traveste per far divertire la banda di malavitosi e prestare piccoli servizi al suo capo; non ha una vera e propria gobba ma, considerato “diverso” dagli altri, finisce con l’assumere una posa sghemba con le spalle asimmetriche che aumenta man mano che l’opera va avanti e soprattutto quando è in mezzo agli altri. La voce del baritono è morbida e duttile, l’emissione calibrata con buona tecnica e la pronuncia curata; nonostante il peso vocale per il ruolo non sia particolarmente spiccato, si sono apprezzati i lunghi fiati e il modo garbato di porgere il canto in adesione con il personaggio che finisce a braccia allargate davanti alla bocca del clown, che pare urlare all’infinito la maledizione in un incubo senza fine. Durante il prologo Gilda e Giovanna si sistemano nella roulotte trovata per loro da Rigoletto e, in effetti, nel primo atto si fa riferimento al loro recente trasferimento e all’incontro padre-figlia avvenuto qualche settimana indietro. Jessica Nuccio è una Gilda spaesata e che fatica a rapportarsi a un ambiente sconosciuto e chiaramente ostile e violento; il soprano ha voce dolce e buona presenza scenica e, se le agilità in “Caro nome” sono parse leggermente frenate al cospetto dell’ampio spazio aperto, la voce ha pienamente convinto per i toni sinceri e partecipi. Grande merito, nel primo atto, va alla Giovanna di Leonora Sofia, attorialmente straordinaria: gli ampi gesti delle braccia, il muoversi non in linea retta nelle grandi scarpe, il ruolo determinante nei fatti espresso con una mimica facciale intensa. Celso Albelo ha iniziato in maniera cauta per poi fornire una prestazione eccellente con prodiga vocalità; la pienezza del registro centrale dà massimo risalto alla componente lirica e amorosa del canto. Se gli acuti sono muscolari e senza scalfiture, le note piene e sicure si accompagnano a uno stile maturo declinato in dizione perfetta e accompagnato a un ottimo senso della recitazione. Ha conquistato il pubblico, meritatamente, lo Sparafucile di Gianluca Buratto: voce scurissima, da brivido, usata con grande sapienza nei centri spessi e materici e nei gravi ampi e profondi come laghi di notte. Accanto a lui, di gran lusso la Maddalena di Nino Surguladze, abbigliata da prostituta come le altre ragazze su tacchi vertiginosi e con microvestiti che ronzano attorno al furgone-bar. Adeguati vocalmente Alessandro Battiato (Marullo), Giacomo Medici (Conte di Ceprano) e Ivan Defabiani (Matteo Borsa), peraltro assai bravi nella recitazione. Deludente il Monterone di Mauro Corna: il ruolo è breve ma fondamentale per il senso della storia; qui la maledizione è calante e non risuona con tono abbastanza drammatico. Con loro Rachele Raggiotti (Contessa di Ceprano), Vladimir Mebonia (Usciere) e Silvia Giannetti (Paggio della duchessa): “Al suo sposo parlar vuol la duchessa” ben si accompagna al gesto del porgere il cellulare che ha in mano. Il coro lirico marchigiano, preparato da Carlo Morganti, bene esegue il coro a bocca chiusa nella scena della tempesta e degnamente sta in scena in linea con i dettami registici.
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Dopo l’anteprima riservata ai giovani e la prima a cui abbiamo assistito, tre le recite in cartellone (25 e 31 luglio, 9 agosto), una delle quali (31 luglio) con audio-descrizione per i non vedenti. Visto il 17/7/15 a macerata (mc) Teatro: sferisterio Galleria immagini (clicca sull'immagine per ingrandire)
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Rigoletto fa di necessità virtù Viaggio “low cost” al luna park LA RECENSIONE - La trasposizione del capolavoro verdiano ai giorni nostri del regista Federico Grazzini e un cast di buon livello convincono il pubblico alla prima del Macerata Opera Festival nonostante i limiti di un budget ridotto. Applausi per tutti, in particolare per Rigoletto, Gilda e Sparafucile, il vero fuoriclasse di questa produzione. Non brilla la direzione d'orchestra di Francesco Lanzillotta sabato 18 luglio 2015 - Ore 17:18 - 2.653 letture Tweet
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Lo Sferisterio gremito per la prima del Rigoletto
di Maria Stefania Gelsomini Se di Venere (come di Marte) non si dà principio all’arte, la cinquantunesima edizione del Macerata Opera Festival sfida la scaramanzia di cui
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pure è intriso il teatro, e debutta di venerdì 17 col Rigoletto firmato dal giovane regista toscano Federico Grazzini e diretto dall’altrettanto giovane direttore d’orchestra Francesco Lanzillotta. Diciamolo subito: la recita fila via senza intoppi e il pubblico alla fine applaude, con maggiore o minore intensità, tutti i protagonisti. Il pubblico ha sempre ragione è vero, ma deve anche accontentarsi di quello che offre la piazza. Pardon, l’arena. Il Rigoletto inaugurale è uno spettacolo corretto e onesto nel suo insieme. Convincente non completamente, memorabile non di sicuro. Sia sotto il profilo dell’allestimento, sia dal punto di vista vocale e musicale. È sempre il solito problema: da una prima allo Sferisterio ci si aspetta uno scossone emotivo, una trovata registica geniale, una voce celestiale, un’interpretazione da ricordare negli anni a venire.
Rigoletto e Gilda Ma non è più tempo di cast stellari e di budget astronomici si sa, e anche Rigoletto già gobbo e deforme di suo deve piegarsi sotto i colpi della spietata mannaia chiamata spending review. Con finanziamenti ridotti all’osso andare in scena è già un miracolo, altri non se ne possono pretendere. La parola d’ordine è fare il massimo con il minimo indispensabile. E allora si spiegano scene e costumi al risparmio, che non cambiano mai per tutta la durata dell’opera. L’ingresso centrale è sormontato da un’enorme grottesca maschera con le fauci spalancate, e sul fondo campeggia la scritta luminosa LUNA PARK con qualche lettera fulminata. I colori dominanti sono il rosso, il grigio e il bianco sporco. Ai lati, addossate alla parete di fondo, due gruppi di tende di stoffa a strisce rosse e bianche, con il botteghino della biglietteria sulla sinistra.
Un furgoncino malmesso e una vecchia roulotte, dei lampioni sul palco e due panchine di legno rivolte verso il pubblico completano la scenografia. Quanto ai costumi c’è poco da dire. Rigoletto alterna i suoi poveri abiti civili col costume da pagliaccio, le scarpe lunghe, la marsina rossa e una parrucca scarmigliata. Gilda indossa una sottoveste bianca e una semplice vestaglietta celeste da educanda, tranne nel terzo atto quando è vestita da uomo. Il Duca entra in scena nella festa iniziale con una giacca giallo senape, occhiali da sole e una corona dorata di carta in testa, poi è vestito come un qualsiasi giovane uomo d’oggi, con un paio di occhiali da vista che mette e toglie ogni tanto, chissà perché. Eppure nel secondo atto, quando il Duca si spoglia in scena togliendosi anche le scarpe prima di andare all’incontro
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amoroso con Gilda, gridano vendetta tremenda vendetta quegli orrendi fantasmini bianchi che ha ai piedi, in totale contrasto con la vestaglia rosso fuoco che gli è stata portata come fosse una muleta da matador. Non sarebbe il caso di toglierseli per non ledere in maniera irreparabile un’immagine di spietato macho conquistatore lunga secoli? Molto meglio restare a piedi nudi caro Duca.
Il Duca
Gilda Calzini a parte, continuando a parlare di risparmio, anche i movimenti scenici dei cantanti risultano nel complesso piuttosto statici – a parte una vecchia ma sgambettante Giovanna che non fa che correre avanti e indietro sul palco –, in contrasto con il coro dei cortigiani-malavitosi che avanza sempre in maniera compatta dietro al proprio capobanda (il Duca) come un’agguerrita pattuglia militare, incoraggiandone le bravate e mimando in maniera fin troppo esplicita i racconti delle proprie malefatte, come il discutibile (e inutile?) gesto corale dell’ombrello sfoderato durante il racconto del rapimento dell’amante a Rigoletto. Della lettura registica si è già parlato e scritto nei giorni scorsi: la vicenda si trasferisce dalla corte di Mantova a un malridotto Luna-park dei giorni nostri. La visione di un Rigoletto sospeso fra incubo e realtà annunciata dal regista non apporta chissà quali elementi di originalità. Il conflitto fra la maschera e l’uomo, la netta divisione fra la dimensione pubblica del giullare e quella privata di padre amorevole in Rigoletto non è certo una novità, è ciò che sostanzia l’opera anche quando questa è ambientata nella corte ducale del XVI secolo, senza bisogno di calarsi nella degradata periferia urbana del Duemila. Anche l’ispirazione ai cattivi e violenti dei film di Tarantino non sembra trovare piena corrispondenza con ciò che avviene sul palco. Perché questo branco di criminali e di corrotti senza arte né parte, che si ubriacano e vanno a prostitute, che girano ben vestiti e armati di pistole, che usano violenza a turno alla figlia di Monterone, è poi lo stesso che improvvisa divertenti balletti quasi da avanspettacolo strizzando l’occhio al pubblico e strappando qualche sorriso.
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Gilda e Rigoletto Che poi il Luna-park dove si muove la vicenda del buffone Rigoletto sia luogo per eccellenza di doppiezza e finzione, dove il gioco degli specchi deforma la realtà, appare quasi scontato. Comunque, la trasposizione contemporanea che nel teatro lirico di oggi appare ormai quasi inevitabile non disturba, anche se quella forza narrativa e quella drammaticità di cui le cupe trame cinquecentesche sono cariche, ne risultano un po’ scalfite. L’idea più originale dell’opera, apprezzata anche dal pubblico, si trova alla fine, nell’ultima scena. Il regista Grazzini, grazie a Dio, ci risparmia la solita Gilda moribonda che fuoriesce dal sacco tra mille scomodità (e anche Jessica Nuccio di sicuro gliene è riconoscente), grazie a un riuscito sdoppiamento fra anima e corpo. Quando Rigoletto scopre la terribile verità, che nel sacco non c’è il Duca ma sua figlia colpita a morte da Sparafucile che lui stesso ha pagato e urla “ È dessa!”, al centro della scena compare l’anima di Gilda, in piedi, vestita con la sottoveste bianca. Avanza come un fantasma mentre nel sacco c’è il suo corpo inanimato, e sussurra al padre le ultime parole in un dialogo che diventa immaginario, più che reale in punto di morte. Gilda canta ispirata “Lassù in ciel” e Rigoletto in ginocchio la implora “No, non morir”. Andando verso il sacco dice addio al padre ed esce di scena indietreggiando con passo lento avvolta nella luce, finché la luce si spegne. Gilda è morta. “Ah la maledizione” è l’ultimo grido disperato di Rigoletto, lo stesso della fine del primo atto: ma lì aveva perduto l’onore, qui ha perso la vita di sua figlia, ha perso tutto. La grande maschera tragica che incombe su di lui si illumina di una luce tetra e lo fagocita col suo ghigno mortale.
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I cortigiani
Ma riavvolgiamo il nastro della vicenda per tornare al primo atto. Nel preludio entrano Gilda (Jessica Nuccio) e Giovanna (Leonora Sofia), sua custode e custode del Luna-park, che chiude la ragazza a chiave dentro la roulotte. Entra anche Rigoletto (Vladimir Stoyanov) con una valigia in mano e si siede su una delle panchine, la apre e inizia a truccarsi e a vestirsi da pagliaccio, pronto per entrare in scena. Irrompono ubriachi e molesti i partecipanti alla festa e alcuni di loro, a turno, violentano la figlia di Monterone già abusata dal Duca, chiudendola nella biglietteria, mentre chi resta fuori mima con spavalderia l’atto sessuale in corso. Il padrone del furgoncino, Sparafucile (Gianluca Buratto), apre bottega per vendere cibo e alcolici: i moderni “cortigiani” e le donne di facili costumi che li accompagnano bevono, fanno baccano, accennano a scene di sesso. Il Duca (Celso Abelo) intona la celebre aria “Questa o quella per me pari sono” e mentre canta tutti i suoi compari sono schierati compatti a fare il tifo per lui. Rigoletto rientra con un mazzo di palloncini bianchi e rossi in mano, mentre il Duca corteggia la contessa di Ceprano li tira in aria e alcuni cortigiani spacconi gli sparano con le pistole per farli scoppiare. Nel frattempo Marullo (Alessandro Battiato) racconta ai suoi amici sbigottiti che Rigoletto ha niente meno che un’amante (“Gran nuova, gran nuova”)! E mentre Rigoletto dal canto suo suggerisce al Duca di rapire la contessa di Ceprano, iniziano a deridere il povero conte: “Ah sempre tu spingi lo scherzo all’estremo” rimprovera il Duca al suo buffone. Tutto finisce con “Sì vendetta sì vendetta… tutto è gioia tutto è festa” e la banda di malfattori schierati in fila al centro della scena. In quel momento entra furente il conte di Monterone (Mauro Corna), ma l’atmosfera della corte carica di pathos e di tensione qui si è persa tutta. Rigoletto lo deride (nel “Voi congiuraste…” il baritono bulgaro si cala alla perfezione nel suo ruolo di pagliaccio), e intanto il Duca fuma indifferente su una panchina. Il “Novello insulto!” di Monterone non risuona però terribile come dovrebbe essere, un po’ perché sembra troppo giovane nell’aspetto e un po’ perché vocalmente non risulta perfetto. Lo stesso quando canta “Slanciare il cane a leon morente è vile, o Duca… e tu, serpente, tu che d’un padre ridi al dolore, sii maledetto!”. Dopo il concertato tutti escono e la figlia di Monterone viene caricata a spalla e portata via come un sacco. Rigoletto resta solo sulla panchina, apre la valigia e si sveste mostrando il suo fisico storto e sciancato, è molto turbato (“Quel vecchio maledivami”), mentre dietro passa Sparafucile vestito di nero e si presenta, gli spiega cosa fa e come lo fa, e gli dà un biglietto da visita (“Sparafucil mi nomino…”).
Rigoletto
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Bello il duetto basso-baritono, con un ottimo Buratto che conclude tenendo in maniera impeccabile la lunga nota bassa dell’ultimo Sparafucil. Ma Rigoletto non si toglie dalla testa le parole di Monterone e il suo canto è dolente, l’interpretazione intensa: “O uomini! o natura! Vil scellerato mi faceste voi!… O rabbia! esser difforme, esser buffone! Non dover, non poter altro che ridere!”. È il momento di tornare da Gilda, ancora chiusa nella roulotte. Nonostante le preoccupazioni che lo agitano, racconta con nostalgia e sofferenza alla figlia della madre morta (“Deh non parlare al misero del suo perduto bene…”). Bravi entrambi, la Nuccio (“quanto dolor, quanto dolor”) e Stoyanov (“Culto, famiglia, patria”) offrono una prova convincente, appassionata e senza sbavature nella scena che li vede duettare. Ma l’inganno è dietro l’angolo, come il Duca che arriva e si nasconde con la complicità di Giovanna, a cui pure Rigoletto si raccomanda “Veglia o donna questo fiore” (molto lento musicalmente). Questa, senza scrupoli, prende soldi dall’uno e dall’altro. Il duetto Rigoletto-Gilda continua, e la scena risulterebbe abbastanza statica se Giovanna, preoccupata per la presenza del Duca, non si muovesse avanti e indietro per tutto il palcoscenico. Ciò che manca è il pathos, non si respira l’odore del dramma, e l’orchestra non aiuta. Gilda è innamorata di un giovane sconosciuto visto in chiesa (“Signor né principe io lo vorrei”), e quando il Duca che la ascolta compiaciuto le compare davanti ha una reazione un po’ esagerata: scappa da tutte le parti, lo scaccia, lo spinge, poi si chiude nella biglietteria per la vergogna. Il Duca che deve sedurla canta mellifluo “E’ il sol dell’anima, la vita è amore”, ma con un tempo davvero troppo lento. “Adunque amiamoci donna celeste” la esorta, finché lei cede e si baciano attaccati a un lampione. Ma i due innamorati devono salutarsi per non essere scoperti (“Addio addio speranza ed anima”), è tutto un tira e molla tra i due, con Giovanna che vuole trascinare via Gilda e il Duca che si riavvicina. Anche qui la custode corre dietro ai due in continuazione ma è un movimento un po’ troppo frenetico per una vecchietta malandata qual è, diventa caricaturale, fa gesti plateali con le mani, diventa quasi comica. Bene comunque gli acuti finali.
È il momento del “Caro nome”: la giovane soprano palermitana è precisa, quasi scolastica a volte, canta l’aria con la dovuta dolcezza, tenendo una lunga nota finale molto apprezzata dal pubblico, ma anche qui l’orchestra è troppo lenta. È una Gilda piuttosto infantile quella voluta dal regista, che pensa al suo innamorato e gioca a stare in equilibrio sulla panchina, un’infanzia che presto deve fare i conti con la realtà perché mentre invoca il nome di Gualtier Maldè entrano i rapitori mascherati che la credono l’amante di Rigoletto per rapirla. Scatta l’inganno a Rigoletto, che viene bendato e reso complice del rapimento della sua presunta amante, in realtà sua figlia. L’artificio scenico è reso tramite una scala posta in mezzo al palco, che Rigoletto crede appoggiata al palazzo del conte di Ceprano, sulla quale saltano e fanno capriole i beffardi rapitori. Il primo atto si chiude con la terribile scoperta: la donna rapita è Gilda, e Rigoletto lancia il suo primo urlo di dolore “Ah la maledizione!”. Il secondo atto si apre con un Duca irritato (“Ella mi fu rapita!”) che lancia via gli occhiali e la giacca, canta sulla scala che è rimasta in scena e poi la butta in terra (anche se le mani in tasca stridono un po’ con il suo disappunto). Dopo l’aria “Parmi veder le lagrime”, che Abelo si porta a casa con dignità ma senza cesellarla con raffinate sfumature rientrano i rapitori, che svelano al Duca l’identità della rapita imbastendo un balletto volgare volutamente ridicolo per sfottere il povero Rigoletto. Il Duca non perde tempo e si prepara all’incontro con Gilda, calandosi i pantaloni di schiena (coperto dai suoi complici con la famosa vestaglia rossa) e restando con i sexy fantasmini ai piedi di cui sopra. Dietro le transenne, gli amici lo incoraggiano per quest’ennesima prossima conquista. La drammaticità della situazione cede ancora una volta il passo alla pantomima. “Possente amor mi chiama” finisce col tenore di spalle e un acuto piuttosto urlato e chiuso non alla perfezione.
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Rigoletto e il Duca
Maddalena Rigoletto vestito da pagliaccio entra e comincia il suo amaro battibecco con i rapitori della figlia (“Ch’hai di nuovo buffon?”). A questo punto il paggio della duchessa, una ragazza in abito nero che parla al cellulare, entra cercando il Duca e così Rigoletto scopre che Gilda è dentro con lui. È il momento della rivelazione: “Io vò mia figlia!” e corre per andare da lei ma gli sbarrano la strada. “Cortigiani vil razza dannata” è uno dei momenti più impressionanti e drammatici dell’opera, e Stoyanov sa renderne bene il dolore e l’intensità. Per impedirgli di entrare lo minacciano con le pistole e cerca allora la via della pietà (“Miei signori… perdono… pietate”) ma i criminali gli voltano tutti le spalle. Gilda lo raggiunge con indosso la vestaglia del Duca e padre e figlia restano soli. Lei raccoglie la parrucca che lui si è tolto poco prima e gli confessa tutta la storia (“Tutte le feste al tempio”). Bene la Nuccio e bene Stoyanov (“Piangi, piangi fanciulla”), bello il duetto fra i due, ma tutto risulta un po’ piatto perché ancora una volta troppo lento. All’ingresso di Monterone prigioniero Rigoletto gli assicura, da padre a padre, che lo vendicherà col Duca. Scaglia via con rabbia i panni da buffone e toglie la vestaglia del Duca a Gilda, che si inginocchia e chiede pietà per lui perché lo ama nonostante tutto. Sul muro viene proiettata una luce rossa e l’atto si chiude con il furioso “Sì vendetta tremenda vendetta”.
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Gilda va incontro la maorte nella locanda di Sparafucile Il terzo atto si apre con quattro prostitute sotto ai lampioni e il furgoncino dello street-food di Sparafucile posizionato al centro del palco. Arriva Maddalena (la mezzosoprano georgiana Nino Surguladze) fasciata in un tubino maculato e stivaloni al ginocchio. Il proprietario del furgoncino è suo fratello, che spolvera i due tavolini lì davanti. Arrivano anche Gilda e Rigoletto, che di nascosto vuole mostrare alla figlia la vera indole del Duca (“E l’ami? Sempre”). Sparafucile apre il suo chiosco ambulante, arriva il Duca e gli chiede “tua sorella, e del vino”. Seduto al tavolino canta una delle arie più famose, “La donna è mobile”, e mentre le prostitute se lo contendono con moine e carezze lui non disdegna e beve insieme a loro. Gilda assiste anche al corteggiamento (“Bella figlia dell’amore”) a Maddalena. Dopo il quartetto Gilda-Rigoletto e Duca-Maddalena, sempre di grande effetto, Rigoletto manda via Gilda, e mentre i due futuri amanti si appartano su una panchina il buffone si accorda con Sparafucile e lo paga per ammazzare il Duca. Maddalena che lo vuole salvare (“Povero giovin”) suggerisce al fratello di uccidere Rigoletto al posto suo ma questi rifiuta. Mentre il Duca trova alloggio per la notte e Sparafucile smonta il suo furgoncino, Gilda che è tornata indietro decide di sacrificare la sua vita per salvare quella dell’amato. La tempesta è in arrivo, le luci tremolano e funzionano a intermittenza, Gilda muore così: accoltellata all’interno del chiosco da Sparafucile. Il finale è già raccontato sopra.
Rigoletto piange la morte di Gilda
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Rigoletto incontra il fantasma di Gilda Applausi per tutti, ma in particolare per Rigoletto, Gilda e Sparafucile, il vero fuoriclasse di questa produzione. Il giovane basso Gianluca Buratto non solo non ha sbagliato una nota, ma ha sfoderato una grande sicurezza e una voce davvero bella e potente. Il baritono bulgaro Vladimir Stoyanov, classe 1969, per la seconda volta allo Sferisterio dopo il Don Carlo del 2005, è specializzato nei ruoli verdiani e canterà di nuovo Rigoletto a Firenze il prossimo dicembre. Accanto all’ottima dizione dispone di un bel timbro, anche se non molto scuro. Il volume non è poderoso ma canta con gusto ed eleganza, con la indiscussa capacità di rendere i toni più sofferenti del personaggio. La soprano trentenne Jessica Nuccio, che è stata protagonista lo scorso anno di Traviata e che dal palco dello Sferisterio è ormai lanciata verso una promettente carriera internazionale, è ben centrata nella parte e svolge il suo compito fino alla fine senza incertezza, anche se a volte forse a causa della giovane età e della non lunga esperienza non trasmette quell’emozione che ci si aspetterebbe.
Il tenore spagnolo Celso Abelo, classe 1976, vanta un corso di perfezionamento con Carlo Bergonzi nell’Accademia di Busseto e ha debuttato questo ruolo nel 2006 accanto a Leo Nucci proprio nel Festival Verdi a Busseto. Esordisce tutto sommato bene, dotato di una voce anche potente, ma non dà l’impressione di una grande raffinatezza e di un perfetto controllo nell’emissione dei suoni, a volte un po’ urlati, a volte un po’ nasali nelle note alte, e in certi passaggi che richiederebbero una morbidezza maggiore. Apprezzabile ma senza acuti particolari anche la prova della mezzosoprano di Tbilisi Nino Surguladze, reduce dal successo del Nabucco inaugurale all’Arena di Verona in giugno, dove riprenderà il ruolo in agosto. Completano il cast Mauro Corna (il conte di Monterone), Alessandro Battiato (Marullo), Leonora Sofia (Giovanna), Ivan Defabiani (Matteo Borsa), Giacomo Medici (il conte di Ceprano), Rachele Raggiotti (la contessa di Ceprano) e Silvia Giannetti (un paggio della duchessa). La conduzione del maestro Francesco Lanzillotta, al quale è stata affidata la responsabilità dell’inaugurazione dopo la direzione de Il piccolo spazzacamino di Britten al Lauro Rossi nel 2013, bisogna dirlo, non brilla per vigore e incisività. La lentezza di certi passaggi soprattutto non aiuta a sottolineare il pathos. Considerato uno dei più promettenti giovani direttori nel panorama musicale italiano, Lanzillotta è l’attuale direttore stabile dell’Orchestra Toscanini e ha già collaborato con San Carlo di Napoli, Maggio Musicale Fiorentino e Fenice di Venezia. Della regia di Federico Grazzini si è detto, le scene sono di Andrea Belli, i costumi di Valeria Donata Belletta, le luci di Alessandro Verazzi. (Foto di scena di Alfredo Tabocchini)
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Rigoletto esce di scena
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19 Luglio 2015 - Corriere Adriatico (ed. Macerata)
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Macerata Opera - Rigoletto
Con il nuovo allestimento di Rigoletto che inaugura il 51° festival di Macerata Opera, si conclude il progetto di messa in scena della trilogia popolare voluta dal direttore artistico Francesco Micheli, iniziato nel 2013 con Il Trovatore, e proseguito l’anno scorso con La Traviata. Allestimento per la regia di Federico Grazzini, le scene di Andrea Belli e i costumi di Valeria Donata Bettella con molti spunti interessanti, e che si può dire complessivamente riuscito. Posto che al giorno d’oggi la decontestualizzazione dei libretti sembra essere quasi una necessità ogni volta che si affronta il teatro operistico, soprattutto per il grande repertorio, va riconosciuto al regista il merito di aver rispettato la drammaturgia di fondo e di aver posto l’azione scenica sempre al servizio della musica (condizioni da rispettare più volte espresse, a modesto parere di chi scrive, per un legittimo progetto registico). Nel caso specifico, Rigoletto è sempre un buffone di corte, e sempre al servizio di un potente, ma di una corte di sbandati malavitosi che si riuniscono in un luna park in disuso, e il cui capo è un piccolo boss locale. Del protagonista, vecchio clown ormai in disarmo, si percepisce l’evoluzione psicologica e drammatica grazie a sapienti tocchi di regia: si veste e si trucca stancamente sotto il preludio, per andare a intrattenere il suo padrone passando dall’arcovolo centrale sormontato da un enorme mascherone consunto, e tenterà di riappropriarsi della sua dignità liberandosi progressivamente di quei panni. In questo senso il solo gesto di strapparsi la parrucca prima dell’invettiva ai cortigiani è teatralissimo, e parimenti il finale del secondo atto con la giacca colorata e le scarpe scagliati rabbiosamente. Ma il vero colpo di teatro si ha nel finale, quando Rigoletto scopre che nel sacco buttatogli da Sparafucile non c’è l’odiato Duca bensì Gilda : usando una controfigura nel sacco, Grazzini immagina la scena come un dialogo tra il padre distrutto dal dolore e lo spirito della figlia ormai morta, che aleggia sulla scena fino a scomparire progressivamente nel buio. Bellissimo momento molto ben realizzato, e in piena sintonia con la musica. Concorre in modo decisivo alla riuscita dell’allestimento l’uso sapientissimo del grande spazio dello Sferisterio, sfruttato con molta intelligenza nell’immaginare una grande piazza esterna all’ingresso del luna park, e soprattutto ben visibile da ogni settore dell’arena. È anche vero che qualche particolare poteva essere meglio calibrato, segnatamente il gesto dell’ombrello con il quale il coro chiude il balletto stile Pulp Fiction sotto Scorrendo uniti remota via, ma il risultato finale è sicuramente di
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La locandina Data dello spettacolo: 18 Jul 2015 Il Duca di Mantova
Celso Albelo
Rigoletto
Vladimir Stoyanov
Gilda
Jessica Nuccio
Sparafucile
Gianluca Buratto
Maddalena
Nino Surguladze
Giovanna
Leonora Sofia
Monterone
Mauro Corna
Marullo
Alessandro Battiato
Matteo Borsa
Ivan Defabiani
Il Conte di Ceprano
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Rachele Raggiotti
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Orchestra Filarmonica Marchigiana
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Macerata Opera - Rigoletto | OperaClick
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una coerenza di regia davvero apprezzabile. Benissimo impostato anche il disegno luci di Alessandro Verazzi, nel dare un rilievo assoluto alla Coro Lirico Marchigiano “Bellini” grande maschera dell’arcovolo centrale come proiezione concreta dei sentimenti di rivalsa e maestro del coro Carlo Morganti disperazione di Rigoletto. I cantanti si sono calati nell’allestimento con molta partecipazione, e fra loro ha spiccato il debuttante a Macerata Celso Albelo, autore di una buonissima prova sia vocale che Direttore Francesco Lanzillotta interpretativa. Il suo duca, lungi dall’essere libertino a tutto tondo, convince per essere anch’egli parte di un’evoluzione psicologica ma al contrario, da uomo Regia Federico Grazzini sinceramente innamorato di Gilda, costretto in un matrimonio politico, a politico dissoluto una volta Scene Andrea Belli raggiunta la preda. Fa fede la sincera trepidazione amorosa che traspare da una semplice frase come Costumi Valeria Donata Bettella Sua figlia!, rinforzata dalla magnifica linea di Parmi veder le lagrime, e che porta alla cabaletta Possente Disegno luci Alessandro Verazzi amor eseguita due volte per precisa esigenza scenica: in questo punto, infatti, il duca cambia definitivamente, si spoglia nel daccapo e va a prendere la sua preda (daccapo che peraltro non ostacola Albelo dall’emettere un corposo re naturale alla fine). L’unico appunto di un certo rilievo può essere un ricalco sempre più evidente del modello krausiano, anche in un’ombra di nasalità che comincia a fare capolino. Vladimir Stoyanov ha manifestato un certo depauperamento negli armonici e nel timbro, ma l’intelligenza e la sensibilità dell’interprete hanno compensato ampiamente, grazie a un’eccellente dizione e a un fraseggio sempre appropriato, soprattutto nei grandi momenti cantabili come Veglia o donna e Piangi fanciulla. Difficile udire anche da un italiano, altro esempio, una scansione così decisa e cupa della frase Se il Duca vostro d’appressarsi osasse, ch’ei non entri, gli dite! E ch’io ci sono!. Jessica Nuccio ha mostrato doti vocali cospicue, anche se nel primo atto la voce ha manifestato occasionali durezze ma senza che la linea ne risentisse più di tanto: il timbro è fresco e luminoso, e il canto si è fatto sempre più sicuro, facendosi apprezzare soprattutto per la sicurezza dell’emissione, come testimoniato dal finale di Caro nome tenuto morbido e con trillo a spegnersi a scena aperta, senza andare dietro le quinte come quasi sempre si vede. Bellissimo anche il finale dell’opera, per la morbidezza dei suoni e il legato, a rendere, in linea con la regia, una Gilda non morente ma figlia dolente. Di bella voce e ottima resa scenica anche lo Sparafucile di Gianluca Buratto, rappresentato come un losco venditore di bibite e panini su uno scalcinato furgone dove si consuma l’omicidio di Gilda, adeguatamente differenziato nel fraseggio dal freddo duetto del primo atto con il baritono alla concitazione dell’assassinio nel terzo. Sufficiente la Maddalena di Nino Surguladze, disinvolta in scena e abbastanza sorvegliata quanto a gusto ma con alcuni problemi di intubazione della voce nel registro centro-grave. Nel folto numero dei personaggi di fianco, ottima prova di Alessandro Battiato come Marullo, mentre pressoché disastrosa quella del Monterone di Mauro Corna, voce grande ma fissa e sgraziata. Francesco Lanzillotta debutta allo Sferisterio dopo un buon Piccolo Spazzacamino del 2013 al teatro Lauro Rossi, e realizza una concertazione nella quale si apprezzano la chiarezza di ascolto delle varie sezioni e l’equilibrio trovato con le voci sul palcoscenico. Un po’ di mordente, quanto ad accento orchestrale, è sembrato mancare in passi topici come Cortigiani vil razza dannata o Sì, vendetta, riscattati però da un finale poeticissimo, nel ricamo di clarinetto e archi sotto le voci. Buona la prova dell’impegnatissimo Coro, e franco successo finale da parte del pubblico che riempiva lo Sferisterio in ogni ordine di posti. Domenico Ciccone
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Il soprano Dafne Tian Hui canterà accanto al grande Josè Carreras Comunicato Stampa
Saranno tre le sezioni proposte da Armonied’ArteFestival 2015 all’interno del suggestivo “Parco archeologico Scolacium” di Roccelletta di Borgia, un palcoscenico naturale che ogni sera le... leggi tutto...
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Il Rigoletto di Giuseppe Verdi inaugura il Macerata Opera Festival 2015 By Opera World
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23 July 2015
FFeeddeerriiccoo G Grraazzzziinnii, per l’ambientazione del suo Rigoletto aa M Maacceerraattaa, ha pensato ad un vecchio Luna Park semi abbandonato, al centro del quale troneggia l’enorme maschera di un inquietante pagliaccio stile Joker posto contro l’apertura di accesso al palcoscenico praticata nel grande muraglione di fondo dello Sferisterio e che consente agli artisti di entrare in scena attraverso la bocca spalancata del pagliaccio stesso. Intorno una serie di logore tende a strisce bianche e rosse, il baracchino dei biglietti, una roulotte, che sarà poi la casa di Gilda, e un camioncino per la vendita di bibite e panini che nel terzo atto, portato al centro del palcoscenico, fungerà in modo molto efficace da taverna di Sparafucile. In questo contesto degradato, ben sottolineato dalle luci dalle tonalità piuttosto cupe di AAlleessssaannddrroo VVeerraazzzzii e dai bei costumi curati da VVaalleerriiaa D Doonnaattaa BBeetttteellllaa,, si aggirano prostitute e masse di festaioli in giacca e cravatta che ricordano molto certe scene de La grande bellezza. Lo spettacolo nel suo complesso funziona bene e, nella sostanza di fondo, non si allontana di molto dalle richieste del libretto, se si eccettua l’idea finale di una Gilda che in punto di morte appare al padre già sotto forma di spirito e non come corpo reale rinchiuso all’interno del sacco. La regia di FFeeddeerriiccoo G Grraazzzziinnii rivela sempre un buon senso del teatro e si dimostra molto efficace soprattutto nel movimento delle masse
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che risultano naturali e non scontati. VVllaaddiim miirr SSttooyyaannoovv é un Rigoletto a M Maacceerraattaa forse non così fortemente caratterizzato, ma che spicca
Música clásica y homosexualidad: algunos compositores “orgullosos”
d’altro canto per un colore di voce delicatamente vellutato e una linea di canto fluida e al contempo sempre precisa. Al suo fianco la Gilda di JJeessssiiccaa N Nuucccciioo è una fanciulla modesta che dimora all’interno di una vecchia roulotte, abbigliata in modo piuttosto trascurato, totalmente al di fuori dell’ambiente smaliziato e festaiolo che caratterizza il mondo che la circonda: la messa di voce è molto buona, il registro centrale solidissimo e, a fronte di qualche attimo in cui il passaggio di registro appare perfettibile, l’acuto si innalza comunque sicuro e il personaggio risulta totalmente convincente. CCeellssoo AAllbbeelloo è un Duca di Mantova dalla vocalità generosa, il timbro ha un vago retrogusto nasale, ma la potenza del suono e l’intonazione sono ineccepibili. Assolutamente straordinario lo Sparafucile di G Giiaannlluuccaa BBuurraattttoo: la voce è calda, scura, brunita, profonda, la presenza scenica efficacissima. Al suo fianco, nei panni della sexy sorella Maddalena, un’ottima N Niinnoo SSuurrgguullaaddzzee, abbigliata al pari delle
Elina Garança se retira temporalmente de los escenarios
altre prostitute che frequentano il camioncino dei panini gestito dal fratello, ben caratterizza la figura di una donna spigliata e volitiva: la voce non ha un gran volume, ma gli accenti sono sempre più che appropriati. Fra i comprimari senz’altro degna di nota la Giovanna di LLeeoonnoorraa SSoofifiaa davvero eccezionale nel tratteggiare l’immagine di una grigia domestica tuttofare dal l’ampio gesticolare e dalla camminata nervosa e frenetica. Poco autorevole e dagli evidenti problemi di intonazione il Monterone di M Maauurroo CCoorrnnaa. Con loro AAlleessssaannddrroo BBaattttiiaattoo (Marullo), G Giiaaccoom moo M Meeddiiccii (Conte di Ceprano) e IIvvaann D Deeffaabbiiaannii (Matteo Borsa). Bacchetta sicura per FFrraanncceessccoo LLaannzziill loottttaa che ha staccato tempi un po’ distesi e ha cercato di ottenere il massimo di coesione possibile da un’O Orrcchheessttrraa RReeggiioonnaallee ddeellllee M Maarrcchhee che non sempre
Reflexiones sobre algunas puestas en escena de la actualidad
ha brillato per nitore di suono. Qualche problema di tempi e attacchi anche per il CCoorroo LLiirriiccoo M Maarrcchhiiggiiaannoo ““VViinncceennzzoo BBeelllliinnii””. SSiim moonnee M Maannffrreeddiinnii
CELSO ALBELO
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SIMONE MANFREDINI
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Autore Paola Cecchini (/paolacecchini)
(/paolacecchini) Giornalista, scrittrice e traduttrice, è appassionata di arte, musica e teatro. Ha pubblicato numerosi libri, presentandoli nei più importanti Istituti Italiani di Cultura in Europa e America...
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Creato da Paola Cecchini (/paolacecchini) · Recensione (/articles/category/recensioni)
Sold out per Rigoletto di Verdi stile Quentin Tarantino che ha inaugurato il 17 luglio la 51a edizione di Macerata Opera Festival: anziché nella corte del Duca di Mantova (come recita il libretto di Francesco Maria Piave) la storia é ambientata in un Luna Park dismesso, tra cortigiani, narcotrafficanti e prostitute (repliche il 25, 31 luglio, 9 agosto). La regia dell'opera, firmata da Federico Grassini, è estremamente moderna. “Ho scelto un ambiente squallido, caratterizzato da alcol, depravazione e droga, perché mi è parso il più congeniale per ambientare il male. Ho voluto leggere l'opera con una chiave nuova ma non per questo negativa: é più vicina a noi, alla nostra epoca, quindi più facile da comprendere. Ho voluto scavare nell'animo umano e porre lo spettatore di fronte al personaggio di Rigoletto ed al suo doppio: buffone di corte (e quindi membro di quell'ambiente depravato) da un lato e padre straziato per la purezza violata della figlia dall'altro”- ha spiegato il regista alla stampa ed al pubblico, riunitosi
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Tra narcotrafficanti e prostitute, è di scena Rigoletto
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numeroso il giorno della prima per un aperitivo culturale presso gli Antichi Forni, nel centro cittadino. In effetti Rigoletto è sempre con la valigia in mano: si spoglia e si veste in continuazione a seconda del ruolo che ricopre. La scena, firmata da Andrea Belli, è unica: sul palco sono posteggiate una roulotte (la casa di Gilda), un camioncinopaninoteca (che nasconde l'attività da prostituta di Maddalena e quella da sicario del fratello Sparafucile), una cabina biglietteria, 6 tende e 6 lampioni di strada di periferia: il tutto dominato dall'enorme testa di un clown di cartapesta. In questa scena minimale, le luci di Alessandro Verazzi svolgono un ruolo importante, così come i costumi di Valeria Donata Bettella, veramente azzeccati: redingote di velluto rosso e grandi scarpe da clown per Rigoletto, smoking giallo acido e giubbotti di pelle per il Duca, completi neri per i cortigiani e abiti da escort per le signore. Francesco Lanzilotta ha diretto la Form ed il Coro lirico marchigiano “Vincenzo Bellini” di Ancona, in modo misurato, funzionale alla lettura intimistica del personaggi, voluta dal regista. E' molto piaciuta al pubblico la voce di Jessica Nuccio (Gilda), la sua “freschezza e coloratura” e soprattutto l'interpretazione teatrale di Vladimir Stoyankv : è un Rigoletto di consumata esperienza il suo, capace di fornire un'interpretazione “intimista e dolente che non calca sull'aspetto grottesco, ma evidenzia tutte le sfumature dell'immortale personaggio verdiano”. Applausi a scena aperta per il tenore Celso Abelo che impersona il Duca di Mantova e che interpreta le arie più note dell'opera: “La donna è mobile” e “Bella figlia dell'amore”. “Sono più che certo che Verdi sarebbe stato felice di questa rilettura così particolare”- ha commentato Francesco Micheli, direttore artistico del festival. Rigoletto mostra un’anima tutta social grazie alla collaborazione con “Scritture Brevi”, una delle community web più attive su Twitter. Fino al 9 agosto (data dell’ultima recita in programma) ci si può appassionare all’opera verdiana anche seguendo l’hashtag #Rigoletto e attraverso i tweet inviati dall’account ufficiale del Festival @MacerataOpera, contenenti foto e brevi estratti video dal back stage dello spettacolo. Una vera e propria incursione social, che accompagna il lavoro degli artisti fin dalle prime fasi . (spettacolo visto il 25 luglio) Data 25/lug/2015
Paola Cecchini (/paolacecchini) ha aggiunto un articolo (/articles/13582/tra-narcotrafficantie-prostitute-e-di-scena-rigoletto). (/paolacecchini) ! Oggi alle 14:23
Tra narcotrafficanti e prostitute, è di scena Rigoletto (/articles/13582 /tra-narcotrafficanti-e-prostitute-e-di-scena-rigoletto) (Macerata Opera Festival, 17 luglio-9 agosto)
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Tra narcotrafficanti e prostitute, è di scena Rigoletto
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(/articles/13582/tra-narcotrafficanti-e-prostitute-e-di-scena-rigoletto) Data 25/lug/2015 Sold out per Rigoletto di Verdi stile Quentin Tarantino che ha inaugurato il 17 luglio la 51a edizione di Macerata Opera Festival: anziché nella corte del Duca di Mantova (come recita il libretto di Francesco Maria Piave) la storia é ambientata in un Luna Park dismesso, tra cortigiani, narcotrafficanti e prostitute (repliche il 25, 31 luglio, 9 agosto). La regia dell'opera, firmata da Federico Mostra di più
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di Enrico Bettinello Mi piace quello che Francesco Micheli scrive nella nota di presentazione di questa stagione del Macerata Opera Festival: «…ogni sera la nostra lingua e la nostra musica invadono i teatri, da Sydney a San Francisco, da Buenos Aires a Tokyo tramite il linguaggio che da sempre fa parlare italiano al mondo intero: l’Opera. Onore dunque al primo vero esperanto che ha fatto innamorare di noi tanti stranieri». Quello che Micheli non scrive, ma che lascia intendere non solo ogni volta che rivolge le sue parole al pubblico, ma soprattutto attraverso gli allestimenti, è la sua convinzione che l’opera contenga messaggi universali e sempre pregni di significato, declinabili nella loro polisemicità in vari tempi e luoghi mantenendo il proprio potenziale comunicativo forte. E i destinatari di questa comunicazione, pur all’interno di una manifestazione che ha anche un sapore, perché no, turistico (penso alle file di pulmann di olandesi, tedeschi, inglesi che intasano ogni sera le strade più prossime all’arena Sferisterio) sono soprattutto i giovani. Micheli non rinuncia a parlare alle centinaia di studenti che affollano la platea nelle prove generali, e offre allestimenti che proiettano i personaggi nel presente, rendendo lo spettacolo teatrale uno strumento di denuncia, o di riflessione, o di espressione poetica. Giovani sono la maggior parte degli artisti, registi, cantanti, direttori d’orchestra, e questa attenzione verso il mondo giovanile mi sembra proprio la cifra che anima il lavoro del direttore artistico da quattro anni. Così abbiamo visto un Rigoletto ambientato nella contemporaneità, dove il duca si trasforma in un boss malavitoso e la sua corte in una banda di spacciatori e prostitute che bazzicano un luna park di periferia; il protagonista non è un gobbo deforme ma un clown dimesso e malinconico che vive in una roulotte con la figlia. Il regista Federico Grazzini ha sottolineato lo spessore di questi due personaggi chiedendo un’interpretazione intima, dolente e assai poco gestuale, contrapposta allo sfoggio di volgarità del duca e della sua corte. Ben riuscito e poetico il finale, con Rigoletto chino sul sacco a terra, e l’apparizione in veste bianca di Gilda, come in una visione, che canta gli ultimi versi di addio al padre. Ugualmente ambientata nel mondo contemporaneo Bohème di Leo Muscato, allestimento già presentato allo Sferisterio tre anni fa ed insignito del Premio Abbiati: uno squarcio fresco e coloratissimo degli anni 60/70, tra zeppe e zampe d’elefante, dove il caffè Momus diventa una discoteca, la Barriera d’Enfer una fabbrica occupata e la soffitta dove Mimì muore una stanza d’ospedale. Cupa e spoglia invece la scena di Cavalleria e Pagliacci: solo una grande scala in stile liberty al centro del palcoscenico, ben riusciti giochi di ombre sul muro di fondo scena, costumi fine Ottocento, molto belli e con splendidi accostamenti di colori per Pagliacci. Unica perplessità in quest’allestimento di Alessandro Talevi è stata l’apparizione della Madonna in persona che nell’Intermezzo si presenta a Santuzza: mi è sembrata un’operazione gratuita, senza significato. Nei cast, è svettata Anna Pirozzi, nei ruoli di Nedda e Santuzza, affermatasi due anni fa a Salisburgo con Muti: voce splendida, di grande spessore pur nell’immenso palcoscenico all’aperto, duttile in tutti i registri, espressiva. Ma ho apprezzato anche Rafael Davila nei ruoli di Turiddu e Canio, voce piena e di bel colore, anche se a volte si slabbrava nei vibrati degli acuti; così come lo Sparafucile di Gianluca Buratto, la limpidezza della Gilda di Jessica Nuccio, il bel timbro di Celso Albelo nel ruolo del Duca, e la raffinatezza di fraseggio del Rigoletto di Vladimir Stoyanov, voce tuttavia che mi è sembrata poco adatta ai teatri all’aperto. In Bohème le prove migliori sono state quelle di Arturo Chacón-Cruz (Rodolfo) e Damiano Salerno (Marcello); per Mimì avrei preferito un voce più cristallina e delicata rispetto a quella scura di Carmela Remigio. L’orchestra Form e il coro “Bellini”, preparato da Carlo Morganti, hanno dato il meglio di sé nelle direzioni di Christopher Franklin (Cavalleria e Pagliacci) , David Crescenzi (Bohème) e Francesco Lanzillotta (Rigoletto).
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Una roulotte, un camioncino-paninoteca, una cabina biglietteria, sei tende e sei vecchi lampioni di strada di periferia: il tutto dominato dall’enorme testa di un clown di cartapesta. Ed inoltre…uno stuolo di prostitute, drogati e trafficanti. E’ la scenografia (firmata Andrea Belli) stile Quentin Tarantino, del Rigoletto di Verdi che ha inaugurato il 17 luglio scorso la 51a edizione di Macerata Opera Festival: la storia é ambientata in un Luna Park dismesso, tra cortigiani, narcotrafficanti e prostitute (repliche il 25, 31 luglio, 9 agosto).
LA RUBRICA DI CRISULA STAFIDA
La regia dell’opera, firmata da Federico Grassini, è estremamente moderna. “Ho scelto un ambiente squallido, caratterizzato da alcol, depravazione e droga, perché mi è parso il più congeniale per ambientare il male. Ho voluto rileggere l’opera con una chiave nuova ma non per questo negativa: é più vicina a noi, alla nostra epoca, quindi più facile da comprendere. Ho voluto scavare nell’animo umano e porre lo spettatore di fronte al personaggio di Rigoletto ed al suo doppio: buffone di corte (e quindi membro di quell’ambiente depravato) da un lato e padre straziato per la purezza violata della figlia dall’altro”- ha spiegato il regista alla stampa ed al pubblico, riunitosi numeroso il giorno della prima per un aperitivo culturale presso gli Antichi Forni, nel centro cittadino. In effetti Rigoletto è sempre con la valigia in mano: si spoglia e si veste in continuazione a seconda del ruolo che ricopre. La scenografia, estremamente minimalista, si avvantaggia delle luci di Alessandro Verazzi e soprattutto dei costumi di Valeria Donata Bettella, veramente azzeccati: redingote di velluto rosso e grandi scarpe da clown per Rigoletto, smoking giallo acido e giubbotti di pelle per il Duca, completi neri per i cortigiani e abiti da escort per le signore. Francesco Lanzilotta ha diretto la Form ed il Coro lirico marchigiano “Vincenzo Bellini” di Ancona, in modo misurato, funzionale alla lettura intimistica del personaggi, voluta dal regista.
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E’ molto piaciuta al pubblico la voce di Jessica Nuccio (Gilda), la sua “freschezza e coloratura” e soprattutto l’interpretazione teatrale di Vladimir Stoyankov : è un Rigoletto di consumata esperienza il suo, capace di fornire un’interpretazione “intimista e dolente che non calca sull’aspetto grottesco, ma evidenzia tutte le sfumature dell’immortale personaggio verdiano”. Applausi a scena aperta per il tenore Celso Abelo che impersona il Duca di Mantova e che interpreta, in quanto tale, le arie più note dell’opera: “La donna è mobile” e “Bella figlia dell’amore”. “Sono più che certo che Verdi sarebbe stato felice di questa rilettura così particolare”ha commentato Francesco Micheli, direttore artistico del festival. Rigoletto mostra un’anima tutta social grazie alla collaborazione con “Scritture Brevi”, una delle community web più attive su Twitter. Fino al 9 agosto (data dell’ultima recita in programma) ci si può appassionare all’opera verdiana anche seguendo l’hashtag #Rigoletto e attraverso i tweet inviati dall’account ufficiale del Festival @MacerataOpera, contenenti foto e brevi estratti video dal back stage dello spettacolo. Una vera e propria incursione social, che accompagna il lavoro degli artisti fin dalle prime fasi .
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Un discutibile “Rigoletto” allo Sferisterio di Macerata Eccellente cast per l’opera di apertura del MOF. Note dolenti invece per la regia di Federico Grazzini che opta per soluzioni poco credibili, poco efficaci e pericolosamente banalizzanti della storia. Foto di Alfredo Tabocchini
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Teatro
di Alberto Pellegrino
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Redazione
1 agosto 2015
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Macerata (17.07.2015). Bisogna riconoscere che la direzione artistica di Francesco Micheli ha sempre assicurato la presenza di cast formati da cantanti di notevole valore o comunque di un buon profilo professionale, mentre le scelte registiche non sono
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risultate sempre positive (si pensi al Nabucco di Vacis o alla
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Tosca di Ripa di Meana) soprattutto se contrapposte ad
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alcune messe in scena pienamente riuscite (si pensi alla
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Carmen di Serena Sinigaglia, al Trovatore di Negrin, all’Aida
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dello stesso Micheli). Il valore del cast per l’opera d’apertura della presente stagione non può essere messo in discussione: il baritono Vladimir Stoyanov, con la sua tecnica e la sua personalità, ha saputo conferire un notevole spessore drammatico al suo Rigoletto; Il giovane soprano Jessica Nuccio, astro nascente nel panorama melodrammatico italiano, è stata una Gilda perfetta con la sua voce carica di raffinato lirismo; il tenore Celso Albelo (da poco approdato al repertorio verdiano), dopo un inizio alquanto incerto, ha messo voce e tecnica al servizio del Duca, un personaggio complesso e scarsamente calibrato dalla regia; Gianluca Buratto, uno dei migliori bassi italiani, ha disegnato con efficacia la figura di Sparafucile senza tralasciare nessuno dei chiaroscuri propri del personaggio; il mezzosoprano georgiano Nino Surguladze, usa a frequentare ruoli verdiani, è stata un’efficace Maddalena interpretata recentemente anche al Metropolitan di New York. La direzione del giovane maestro Francesco Lanzillotta, esemplare per linearità e fedeltà allo spartito, ha saputo ben sorreggere l’interpretazione dell’intero cast che ha fatto emergere tutto il suo valore nell’esecuzione dello splendido quartetto del terzo atto. Le note dolenti sono da riservare alla regia di Federico Grazzini che, secondo lo stile politico dell’ultimo ventennio, è fatta di grandi annunci e di scarsi contenuti, senza un guizzo di fantasia, senza la capacità di trasmettere emozioni se non quelle che sono arrivate (per fortuna) dalla musica verdiana dall’interpretazione dei cantanti; è mancata quella pretesa sensualità derivante dalla violenza del branco che appena s’intravede, è mancato completamente il “gigantismo” del protagonista ridotto a un povero clown di periferia (a proposito, che ci fa un poveraccio vestito da clown in un luna park ormai in disuso, a chi vende i palloncini rossi e bianchi che porta a spasso? forse ai bulli di periferia?). Al di là dell’idea alquanto sfruttata dell’ambientazione circense, questa smania dell’attualizzazione e della semplificazione di questi giovani registi porta alla creazione di non-luoghi completamente avulsi dalla storia che si svolge, in una specie di deserto geografico e sociologico, per cui risulta inattendibile il desiderio della regia di rimanere “attaccata al reale” e di volersi ispirare alle Iene di Tarantino (ci vuole altra stoffa). Si arriva invece a un’assurda banalizzazione della storia che si riduce al desiderio di vendetta di un povero storpio, cui un bullo di periferia ha violentato la figlia; si approda a un feuilleton con il sacrificio di una vergine sull’altare di una violenza urbana più annunciata che resa visibile, dopo che è stata costretta a cantare Caro nome appoggiata a un lampione come una prostituta di periferia; con il povero Duca di Mantova che si è aggirato sulla scena senza riuscire a sapere chi fosse veramente (un capo gangster, un seduttore da strapazzo, un capobranco da banlieue),
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privato del carisma derivante dal suo Potere istituzionale e privato anche di quel barlume di umanità e di sentimento che esprime quando canta “Ella mi fu rapita” e Possente amor mi chiama”. A questi giovani registi servirebbe un po’ di modestia in più e una maggiore voglia di studiare, perché non si può dimenticare che dietro ogni grande opera lirica si erge la figura di un gigante della letteratura o del teatro di cui bisogna comunque tenere conto se non si vuole cadere in una lettura del testo del tutto decontestualizzata. Eppure sarebbe stato sufficiente leggere con attenzione la magistrale presentazione dell’opera da parte di Umberto Curi nel libro di sala per meglio capire con che materiale si aveva a che fare. La regia ha completamente dimenticato che dietro Rigoletto si staglia l’ombra gigantesca di Victor Hugo (ben tenuto presente da Verdi e da Francesco Maria Piave), un uomo che per tutta la vita si è battuto per la difesa della libertà e dei dritti umani, sempre dalla parte dei “miserabili” in lotta contro l’arroganza del Potere nell’eterno scontro tra il Sublime (l’eroico, il nobile, il bello) e il Grottesco (l’orrido, il deforme, il ripugnante), in un conflitto dove il Popolo è destinato inevitabilmente a soccombere. Eroici perdenti sono il gobbo Quasimodo di Notre Dame, schiacciato dal potere politico e clericale; lo sfregiato Gwinplane dell’Uomo che ride, stritolato da una società corrotta e crudele; Ruy Blas, il valletto divenuto primo ministro di Spagna, che muore suicida dopo aver visto fallire la “sua” rivoluzione contro i “Cortigiani vil razza dannata”. A questa schiera di eroici perdenti appartiene a pieno diritto il Tribolet-Rigoletto di Le roi s’amuse, testo teatrale non a caso perseguitato dalla censura per lesa maestà regale proprio per la violenta contrapposizione tra il buffone di corte complice di un sovrano dissoluto e tenero padre e un potente seduttore che disprezza le donne (“Questa o quella, “La donna è mobile”), che si rivela tenero amante occasionale solo dinanzi al candore di Gilda. La stessa persecuzione del resto coglie l’opera verdiana costretta a cambiare titolo (La maledizione, Il Duca di Vendome, Triboletto) fino a far cadere la scelta su Rigoletto (dal francese rigolo, strambo, scombinato, scriteriato), ritenuto il più innocuo dalle autorità censorie. Di tutto questo non si trova traccia nel Rigoletto maceratese, dove il protagonista è solo un povero padre che vuole vendicare l’onore offeso della propria figlia, mentre Rigoletto è anche un giustiziere che, nonostante sia schiacciato dal Fato incarnato dalla Maledizione, vuole ripristinare la Giustizia violata dalle angherie che il Potere ha imposto al Popolo, quando dice del Duca “Egli è delitto, Punizion son io” e quando conclude dinanzi a quello che crede il cadavere di un potente in un’esplosione di momentaneo orgoglio “Or mi guarda, o mondo! Quest’è un buffone, ed un potente è questo! Ei sta sotto i miei piedi!”. Lo scontro con il Potere istituzionale risulta completamente assente e questo non fa che indebolire l’intero impianto dell’opera che si conclude con un’idea alquanto bislacca, non certo originale e del tutto inutile: mente il fantasma di Gilda si aggira sulla scena senza nessuna connotazione di spiritualità (come rendere astratta la florida bellezza siciliana della Nuccio?), il povero Rigoletto è costretto a cantare la sua straziante disperazione di padre stringendo fra le braccia un sacco vuoto. Un incubo.
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Federico Grazzini
Francesco Micheli
Macerata Opera Festival
MOF
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Rigoletto
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04/08/15 10:26
All’aria aperta - Cultweek «Addio maceratesi! Voi avete meritato che ci dividiamo commossi», scrissero nel Settecento dei pellegrini diretti nella ben più sacra Loreto, ma sensibili alle piazze storte e agli scorci di campagna marchigiana che si schiudono dall’ermo colle di Macerata. Un saluto che condivido, dopo il primo weekend di mare di questa torrida estate, soprattutto se si tiene conto che la mia ostinata milanesità mi ha sempre tenuto lontano dalla costa tra Rimini e il Salento: e così si può scoprire a poco meno di trent’anni che Macerata non è sul mare, ma per poco, e che quindi avrei dovuto portare il costume da bagno. Tra i tanti motivi per discendere la riviera adriatica fino a Macerata ci sono il tecnologicissimo allestimento di arte antica di Palazzo Buonaccorsi, con la Galleria dell’Eneide appena restaurata, e in cui si può giocare a decidere quale stemma degli accademici catenati ci rappresenta di più – se l’ardito, il custodito, l’angustiato o uno dei tanti altri. Poi c’è il Palazzo della Biblioteca, e soprattutto c’è l’Opera allo Sferisterio, alle nove di sera per tre fine settimana tra luglio e agosto. La struttura dello Sferisterio è strana, non proprio semicircolare perché più schiacciata, direi tra il semiovale e il semiellittico, e ogni estate vi si sprigionano i tormenti melodrammatici del Macerata Opera Festival, col tramonto che scorta tutti – cantanti e pubblico – nelle ore notturne. Sono pop e di grande effetto i tre titoli della programmazione (in corso dal 17 luglio) di Francesco Micheli, che dal 2012 porta avanti lo storico appuntamento musicale, giunto alla cinquantunesima edizione: Rigoletto, il dittico verista Cavalleria rusticana–Pagliacci e la Bohème, tre opere corporee, piene di ruvidezza e istinti.
Nutrire l’anima è il tema del 2015, un riferimento all’Expo per cui potevano andare bene anche altre opere, purché grandi abbastanza da diventare «per lo spirito necessità primarie non meno del cibo per il corpo» dice Micheli. Se quindi il tema propriamente alimentare c’entra solo come analogia, il tratto comune ai quattro titoli è che segnano il punto di svolta dei rispettivi compositori: sono opere di rinnovamento. Con Rigoletto e Bohème, Verdi e Puccini quasi quarantenni si sono aperti uno spiraglio per una poetica inedita, cercata più o meno confusamente in tutta la prima parte della carriera. Cavalleria e Pagliacci sono invece capolavori non più replicati di Mascagni e Leoncavallo.
Così si capisce ancora di più come in questo clima di svecchiamento dell’Opera, priorità assoluta dell’impostazione di Micheli, le serate siano state affidate a tre giovani registi già di buona fama. Federico Grazzini, fiorentino poco più che trentenne, ha allestito un Rigoletto horror in un luna park abbandonato, per i titoli veristi si è scelto Alessandro Talevi, regista sudafricano con evidenti ascendenze italiane, molto amato da una parte della critica, infine il pluripremiato Leo Muscato con la sua Bohème, che debuttò proprio allo Sferisterio nell’edizione del 2012. Due debutti e una ripresa: questo lo sforzo miracoloso di un festival sano, ma minacciato da tagli economici spregiudicati stabiliti da gente che non nota l’attività di chi fa cultura con energia e concretezza, portando tra le stradine di un paesone bello ma un po’ defilato un respiro europeo da fare invidia alle iniziative milanesi di quest’estate. I numeri sono infausti: dal 2012 la Camera di commercio ha ridotto il finanziamento da duecento a trentasei mila euro, l’agonizzante Provincia da quattrocento a cinquanta mila, mentre il bilancio provvisorio della Regione sta confermando solo il venti percento del finanziamento di trecento mila euro. Tutto questo per un festival che sotto la gestione di Micheli è arrivato a cinquecento mila euro di sponsor e sala sempre piena. Ma per dimenticare i numeri, passiamo agli spettacoli. La prova di Grazzini è splendida, e segue con disinvoltura l’incalzante rapidità dell’azione di Rigoletto. Non è tanto la roulotte dove sta Gilda, o il chiosco di Sparafucile che riscalda piadine ai travestiti a rendere interessante lo spettacolo, quanto aver compreso che Verdi ha scritto un’Opera oscura e inquietante: realistica prima che tragica. Dall’incontro tra il buffone e l’aguzzino, al rapimento di Gilda, fino alla tempesta l’atmosfera è notturna, cupa, persino paurosa. La qualità delle scene è cinematografica, angosciante come in un episodio di True detective.
La direzione di Francesco Lanzillotta è buona, mai sottotono, giusta nell’impellente raffigurazione melodica. E se Vladimir Stoyanov è un ottimo Rigoletto, con begli acuti e recitazione completa, Jessica Nuccio è una Gilda graziosissima, specie nel suo Caro nome bambinesco in cui saltella su una panchina; Celso Albelo convince come Duca, un personaggio che va sempre lasciato un po’ abborracciato, incompiuto; strepitoso infine lo Sparafucile di Gianluca Buratto, in un ruolo troppo marginale per una voce così importante. La regia di Talevi di Cavalleria e Pagliacci non trova invece unità, né locale né globale, ma si accontenta di una bella cornice liberty che resta contenitore senza riuscire a diventare scena. E non basta la Madonna in persona che compare nell’intermezzo di Cavalleria, o i bambini che sventolano uccellini appesi durante Stridono lassù in Pagliacci. In compenso è molto intensa la prova vocale di Anna Pirozzi, Santuzza in Cavalleria e Nedda in Pagliacci, con al suo fianco Rafael Davila che la abbandona o la uccide a seconda del titolo. Validissimo Marco Caria, baritono nell’atto unico di Leoncavallo, e che avrebbe forse fatto meglio di Alberto Gazale, Alfio nell’opera di Mascagni. La direzione di Christopher Franklin manca di quel respiro sinfonico che le partiture richiederebbero.
È un’occasione infine la ripresa della Bohème di Leo Muscato, perfetta nella fresca programmazione di quest’anno, con l’ambientazione in una Parigi sessantottina, tra discoteche e comuni di artisti variopinti e teneri, giovani, romantici, che si ingegnano per distrarsi dal freddo, dalla fame, per cavarsela e venir fuori da una bella gioventù che li relega nelle soffitte. E quindi scioperi, murales, parrucche e “cannoni” da fumare, con la vita che incombe in tutte le sue declinazioni, vita che è spesso deviazione e imprevisto, incomprensioni, malattia e una morte a vent’anni, anche se «quando si è giovani è strano», come canta Guccini. Commovente la complicità tra Carmela Remigio e Arturo ChacónCruz, bellissimi e in totale sintonia con l’atmosfera scapestrata e sorridente dello spettacolo. Un poco disordinata la direzione di David Crescenti, soprattutto nel secondo quadro, gioiello d’insieme da seguire con più scioltezza.
Nutrire l’anima – Macerata Opera Festival 2015. Ancora in programmazione: La Bohème (7 agosto), Cavalleria Rusticana/Pagliacci (8 agosto), Rigoletto (9 agosto)
Il Rigoletto infiamma lo Sferisterio • Vivere Macerata
http://www.viveremacerata.it/index.php?page=articolo&artic...
Il Rigoletto infiamma lo Sferisterio Proseguono allo Sferisterio le rappresentazioni di Rigoletto del regista Federico Grazzini (è proprio con quest'opera che il direttore artistico Francesco Micheli ha scelto di inaugurare la 51esima stagione lirica) e non si mitiga la curiosità del pubblico che alla seconda replica continua a riempire il grande anfiteatro. Federico Grazzini, come oramai sempre più spesso accade, si discosta dalla tradizione e ci offre un Rigoletto in chiave moderna; siamo in un Luna Park dismesso, circondati da tendoni a righe bianche e rosse, insegne luminose malfunzionanti, un vecchio botteghino su cui lampeggia la scritta "tickets" e una sclacinata roulotte che funge da casa di Gilda. L'atmosfera generale di abbandono generata dall'ambientazione decadente è resa funesta dall'elemento scenico che più di ogni altra cosa caratterizza questo Rigoletto: l'enorme installazione posta al centro del palcoscenico, un imponente e grottesco mascherone a fauci spalancate che sembra la porta di ingresso di un tunnel degli orrori; la soglia da cui gli attori escono come "vomitati" sul palco e nella storia, in un crescendo di fatti drammatici, dallo scherno alle violenze sessuali, fino al rapimento ed omicidio. In linea con l'ambientazione "parco divertimenti", scopriamo fin da subito che il protagonista, il giullare di corte Rigoletto, veste i panni di un clown malconcio, il Duca di Mantova è il capo di una banda di corrotti malavitosi (i cortigiani) e anche Maddalena, Sparafucile e le attrici nel ruolo di prostitute contribuiscono ad accentuare il genere "pulp" voluto dal regista Grazzini: «Ci siamo ispirati al mondo della malavita, ma soprattutto ai super cattivi dei film di Tarantino perché c’è una forte violenza che regola i rapporti tra i personaggi. È un mondo dalle tinte fosche fatto di depravazioni, noia e brutalità» Le vicende di Rigoletto -già da libretto- ruotano attorno alla finzione e ai travestimenti (Rigoletto che è padre della sventurata Gilda ma veste il ruolo di giullare di corte, Il Duca che si presenta come uno studente innamorato a Gilda, la stessa Gilda che sceglie di vestire gli abiti di mendicante per salvare l'amato Duca...) per questo motivo la trasposizione moderna, seppur calzante, sembra forse un po' ridondante ed obbliga il pubblico a fare un doppio sforzo per risalire alla narrazione originale. Gilda vive in una vecchia roulotte, il Duca e i selvaggi cortigiani vanno e vengono da un Palazzo Ducale solo immaginato; nell'ottica di una visione in chiave moderna la scelta forse più coraggiosa, ma anche la più riuscita, è quella di collocare la dimora di Sparafucile in un furgone ambulante, un chiosco per la vendita di panini e bibite, il luogo dove si compie il delitto e Gilda viene pugnalata dal sicario in una sorta di rivisitazione Psyco. Sparafucile, il baritono Gianluca Buratto, colpisce per la voce potente e termina la messa in scena applauditissimo; allo stesso modo Gilda, impersonata da Jessica Nuccio, conquista il pubblico per la vocalità limpida, molto apprezzata in "Caro Nome", la romanza affidata al suo personaggio alla fine del primo atto. Rigoletto è il baritono Vladimir Stoyanov, Celso Albelo riveste il ruolo del Duca di Mantova, Nino Surguladze è Maddalena, ancora sul palco Leonora Sofia (Giovanna) , Mauro Corna (Monterone), Alessandro Battiato (Marullo) e Giacomo Medici (l Conte di Ceprano). Alla direzione dell'Orchestra filarmonica Marchigiana il Direttore Francesco Lanzillotta. E' possibile assistere all'ultima replica di Rigoletto Domenica 9 Agosto. da Elena Sagrati Tweet Mi piace
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Questo è un articolo pubblicato sul giornale del 06/08/2015 - 130 letture - 0 commenti In questo articolo si parla di articolo, Elena Sagrati, musica, opera, rigoletto, sferisterio, spettacoli. L'indirizzo breve di questo articolo è http://vivere.biz/amSo
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Rilasciato con licenza Creative Commons. Maggiori info: vivere.biz/gkW
06/08/15 10:11
Cavalleria rusticana - Pagliacci di pietro mascagni - ruggero l...
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CAVALLERIA RUSTICANA - PAGLIACCI LO SPETTACOLO Autore: pietro mascagni - ruggero leoncavallo Regia: alessandro talevi, direttore christopher franklin Genere: opera Compagnia/Produzione: associazione arena sferisterio di macerata Cast: anna pirozzi, rafael davila, orchestra filarmonica marchigiana, coro lirico
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nuovo allestimento Scheda spettacolo a cura di Francesco Rapaccioni
Date repliche a cura di Francesco Rapaccioni
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SFERISTERIO v. S. Maria della Porta 65 - Macerata (MC) Tel: 0733 261334 Email: info@sferisterio.it; boxoffice@sferisterio.it Sito Web: www.sferisterio.it
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In scena dal: 02/08/2015 al: 08/08/2015
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La recensione di Francesco Rapaccioni L'esclusa Secondo nuovo allestimento del Festival 2015, il dittico verista Cavalleria rusticana e Pagliacci va in scena in un nuovo allestimento. La scena di Madeleine Boyd è lineare e vagamente liberty: un piano rialzato scende in una scala curva di ampi gradini e contorna uno spazio ovale, la piazza di un paese del sud (la Sicilia per Cavalleria Rusticana e la Campania di
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LA NEWSLETTER
06/08/15 15:46
Cavalleria rusticana - Pagliacci di pietro mascagni - ruggero l...
http://www.teatro.it/spettacoli/sferisterio/cavalleria_rusticana...
Piedigrotta per Pagliacci). La balaustra a motivi floreali continua nelle linee circolari del pavimento, spire geometriche di mero decoro oppure inizio di gorgo a cui è impossibile sottrarsi. I costumi di Manuel Pedretti si richiamano a un sud di fine Ottocento, folkloristico idealizzato come in certe cartoline d’epoca. Le luci di Alessandro Verazzi sono antinaturalistiche e preferiscono sottolineare gli snodi drammaturgici invece che il passare delle ore. La regia di Alessandro Talevi non imprime una forte impronta personale: i movimenti sono principalmente dettati dal libretto e i gesti assecondano il canto anche nei minimi dettagli (si nomina la frusta ed eccola in mano ad Alfio). Se questo consente di seguire bene la storia, manca però quel pathos che avvince gli spettatori, in particolare nella pantomima piacevolmente ambientata sul carro di artisti girovaghi e con scene e costumi bidimensionali. Il muro dello Sferisterio viene usato per il gioco delle ombre che rende visibili le azioni solitamente fuori scena, compreso il duello e la morte di Turiddu.
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Christopher Franklin privilegia tinte drammatiche di impronta ottocentesca, evitando agganci col verismo in una messa in scena che preferisce il dato meno realistico. Nel cast ha primeggiato Anna Pirozzi in entrambe le opere: il soprano ha convinto vocalmente e attorialmente. Santuzza è l’esclusa: seduta al di fuori del cerchio, allontanata e spinta a terra dalle donne del paese, condannata a un’esistenza di sguardi sbiechi e malevoli, trova rifugio nel rosario che sempre stringe in mano al punto da vedere la Madonna durante l’Intermezzo che la accompagna in chiesa in una luce azzurrata. Esclusa è anche Nedda che cerca una via di scampo dal quotidiano e finisce col pagarlo con la vita. La Pirozzi ha volume importante e impostata in modo perfetto al fine di rendere ogni sfumatura dei due ruoli; se i centri sono estesi e ben timbrati, gli acuti risuonano sicuri e svettanti e il registro grave ha fascino e peso drammatico. Accanto a lei Rafael Davila garantisce una buona prestazione nei ruoli di Turiddu e Canio; il tenore è dotato di bella voce sia per colore che per spessore ma gli acuti hanno ampie oscillazioni che tuttavia non inficiano i ruoli di cui riesce a cogliere anche i dettagli. In Cavalleria rusticana Alberto Gazale non ha il peso vocale drammatico per convincere in Alfio, mentre sono di ottimo livello, se pur le parti siano di contorno, Elisabetta Martorana (Lola sensuale e spavalda) e Chiara Fracasso (Mamma Lucia dimessa e turbata). In Pagliacci i comprimari sono tutti assai bravi: Marco Caria bene introduce nel Prologo e poi è un Tonio demoniaco e preciso, Pietro Adaini è un Beppe sincero e partecipe e conquista il pubblico con la canzone di Arlecchino cantata dal tetto del carrozzone, Giorgio Caoduro è un Silvio aitante e innamorato. Sempre presente il Coro lirico marchigiano ben preparato da Carlo Morganti (in Cavalleria però pare eccessivo il suo continuo entrare e uscire di scena).
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Dopo l’anteprima riservata ai giovani e la prima a cui abbiamo assistito, tre le recite in cartellone (24 luglio, 2 e 8 agosto), una delle quali (2 agosto) con audio-descrizione per i non vedenti. Ti piace
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Visto il 18/7/15 a macerata (mc) Teatro: sferisterio Piace a te e ad altri 3 amici Galleria immagini (clicca sull'immagine per ingrandire)
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Cavalleria – Pagliacci conquista lo Sferisterio | Cronache Mac...
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Fanno l’autostop per tornare a casa,
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20:49 La Libreria Mondadori ai saluti:
Cavalleria – Pagliacci conquista lo Sferisterio LA RECENSIONE Il pubblico apprezza l'allestimento classico del regista Talevi e la conduzione d'orchestra del maestro Franklin. Successo personale per la soprano Anna Pirozzi nel doppio ruolo di Santuzza e Nedda. Il secondo titolo del Macerata Opera Festival riceve più consensi del Rigoletto domenica 19 luglio 2015 - Ore 16:52 - caricamento letture Tweet
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PAGLIACCI – Rafael Davila
di Maria Stefania Gelsomini È il classico che non passa mai di moda. Il dittico da cartolina d’antan Cavalleria Rusticana-Pagliacci, a giudicare dagli applausi, piace più del Rigoletto. Un successo, quello decretato ieri sera alla prima dal pubblico dello Sferisterio, dovuto alla combinazione di diversi elementi: un’idea X registica che non indulge a troppi fronzoli e senza strafare sa trovare felici intuizioni, una conduzione musicale intensa e coinvolgente, la voce e il temperamento di Anna Pirozzi, autentica stella di un doppio cast all’altezza del compito. Le opere di Mascagni e Leoncavallo vengono rappresentate in coppia da quando lo stesso Mascagni le diresse insieme alla Scala nel 1926, e il regista sudafricano (ma di papà anconetano) Alessandro Talevi, formatosi alla Royal Academy of Music di Londra, ha saputo imbastire fra l’una e l’altra un filo conduttore tale da farle sembrare due pagine di uno
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stesso racconto. Dimostrando che si può ancora trovare un modo originale e non necessariamente polveroso di riproporre un allestimento tradizionale, una visuale fresca che permetta di innestare lungo la narrazione idee registiche nuove senza stravolgere l'impianto originario del libretto. PAGLIACCI - Rafael Davila Caria, Pirozzi PAGLIACCI – Rafael Davila Marco Caria e Anna Pirozzi L’azione di entrambe viene spostata in avanti di qualche decennio, dalla seconda metà dell’Ottocento ai primi del Novecento, ma si resta nel Meridione d’Italia. Sono memorie da cartolina quelle proposte da Talevi, incorniciate da una grande balaustra di ferro battuto in stile liberty che domina la scenografia. Sono fermi immagine di vecchie foto di famiglia, conservate gelosamente dai figli degli emigrati italiani di fine Ottocento grazie ai racconti nostalgici di genitori e nonni. I paesini della Calabria e della Sicilia nei quali sono ambientate le vicende veriste di Cavalleria e Pagliacci diventano stereotipi folcloristici di un profondo Sud Italia che fu, ma senza caricature o forzature, piuttosto con garbo, affetto e rispetto. Luoghi in cui però, alla bellezza dei paesaggi e al ricordo idealizzato di isole felici, fanno da contrasto sentimenti violenti e drammi d’amore, condizioni di vita aspre tutt’altro che idilliache. Anna Pirozzi Anna Pirozzi La cura particolare nei dettagli, dai costumi ai movimenti di scena, rende il tutto particolarmente gradevole. Le scene di Madeleine Boyd sono sì essenziali ma eleganti e funzionali al racconto, dominate dalla grande ringhiera decorata che incornicia uno spazio soprelevato, un lungo corridoio nel senso della lunghezza che scende con una scalinata fino al palcoscenico. Uno spazio che viene sfruttato al massimo da masse e artisti, specie in Cavalleria. Bell’effetto d’insieme anche per i costumi di Manuel Pedretti, più seriosi e giocati sui toni del bianco e nero in Cavalleria, alleggeriti da bustini, grembiuli e accessori colorati in Pagliacci. Le luci sono disegnate da Alessandro Verrazzi. Entrambe le opere sono affidate alla brillante bacchetta del maestro americano Christopher Franklin, che ha saputo valorizzare i due spartiti con piglio e personalità, e che torna allo Sferisterio a dirigere l’Orchestra Filarmonica Marchigiana dopo Sogno di una notte di mezza estate nel 2013. Franklin, specializzato nel repertorio barocco e contemporaneo, si divide tra lirica e sinfonica, e questo nei preludi e negli intermezzi sinfonici si sente.
CAVALLERIA RUSTICANA – Turiddu e Mamma Lucia
Cavalleria rusticana, melodramma in un atto del compositore livornese Pietro Mascagni su libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci, rappresentato per la prima volta nel 1890 a Roma, è tratto dalla novella omonima di Giovanni Verga. L'azione si svolge nel giorno di Pasqua, in un paesino della Sicilia. Il meraviglioso preludio carico di dolcezza, che si fa via via più cupo e drammatico, anticipa i temi più forti dell'opera. Protagonista assoluta è Santuzza, una strepitosa Anna Pirozzi, soprano napoletana dalla carriera in rapida ascesa nei teatri di tutto il mondo dopo il trionfo di due anni fa al Festival di Salisburgo nei panni di Abigaille con Riccardo Muti (nel febbraio 2016 il debutto alla Scala ne I due Foscari accanto a Placido Domingo sotto la direzione musicale di Michele Mariotti). Anna Pirozzi e Fracasso Anna Pirozzi e Chiara Fracasso Una voce calda, imperiosa, impeccabile nella tecnica, emozionante nella sua drammaticità. Santuzza, la giovane contadina fidanzata di Turiddu, entra in scena con un grande fiore in mano e lo posa in terra accanto agli altri già disposti in circolo sul pavimento. Indossa una gonna di colore rosso X la serenata d'amore scuro, un bustino e uno scialletto nero. Sgrana un rosario fra le mani, il suo viso e il suo vagare sono inquieti. In lontananza si sente (la Siciliana) di compare Turiddu a Lola, la donna di cui è da sempre innamorato ma che, al ritorno dal servizio militare, ha scoperto sposata col carrettiere Alfio. È un duro colpo per Santuzza, che assiste folle di dolore e di gelosia all’incontro d’amore clandestino attraverso le ombre giganti dei due amanti ritrovati proiettate sul muro dello Sferisterio. Ma le campane suonano, è un giorno di festa, i contadini accorrono nella piazza del paese, si
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affacciano dalla lunga ringhiera e scendono giù, vestiti con gli abiti buoni, le donne con camicie bianche e gonne nere bordate di rosso e di bianco, gli uomini in giacca o gilet, coppola nera e fazzoletto rosso al collo. Le contadine raccolgono i fiori e ballano in coppia con i mariti intonando un canto soave, "Gli aranci olezzano", e gli uomini rispondono con un canto d'amore ("O belle occhi di sole").
Pagliacci.AnnaPirozzi- A.Tabocchini Tonio confessa il suo sentimento a Nedda Esclusa da questa atmosfera gioiosa, Santuzza che se ne sta in disparte in un angolo. Finito il balletto, quando tutti escono di scena, entra Lucia (il contralto Chiara Fracasso), mamma di Turiddu. Santuzza disperata le chiede notizie del figlio, vuole sapere dov'è ("Dite, mamma Lucia"), la supplica, ma Lucia non lo sa e la invita ad entrare in casa ma Santuzza rifiuta, non può ("Sono scomunicata"). Si viene catapultati in un lampo nel dramma, la tensione è al massimo e la Pirozzi dà subito dimostrazione delle sue qualità vocali (squillo, potenza, bellissimo timbro, non manca nulla) e interpretative. Intanto fa il suo ingresso compare Alfio (il baritono Alberto Gazale) che canta con baldanza l'aria "Il cavallo scalpita", e i paesani gli rispondono con la celeberrima "O che bel mestiere fare il carrettiere". Alfio fa un po' il piacione nel suo elegante abito blu e le donne del paese gli si fanno intorno, ma lui strafottente le avvisa "M'aspetta a casa Lola che m'ama e mi consola". Ma quando chiede a Lucia il vino per la festa e questa gli risponde che se ne occupa Turiddu, le rivela preoccupato di averlo visto la mattina vicino casa sua. CavalleriaGazalePirozzi- Tabocchini Alfio e Santuzza È l’ora di entrare in chiesa per la messa di Pasqua. Il quadro è semplice ma molto suggestivo: tutte le paesane al buio tengono in mano un cero acceso e inneggiano al Signore, mentre gli uomini fanno da corona sulla balaustra. Anche Santuzza, isolata, in ginocchio, canta "Inneggiamo al Signore risorto" ma quando fa per avvicinarsi viene scacciata dalle donne in malo modo. Tutti entrano in Chiesa l’enorme lampadario acceso si intravede oltre l’apertura di fondo restano fuori solo Lucia e Santuzza che finalmente le rivela la verità: Turiddu l'ha disonorata, l'ha illusa, e poi è tornato fra le braccia di Lola. Il suo "M'amò, l'amai" è carico di dolore, impreziosito da un bellissimo acuto finale. Ma vuole supplicare ancora una volta Turiddu (il tenore Rafael Dàvila) e chiede a Lucia di pregare per lei. I due fidanzati si incontrano dando vita a un duetto carico di tensione e di drammaticità. Santuzza gli chiede spiegazioni, dov'è stato, se è stato da Lola, se la ama, ma lui nega, non vuole parlarle. Lo implora in ginocchio ma viene scansata ("Bada Santuzza schiavo non sono di questa vana tua gelosia") e disperata risponde "Battimi, insultami, t'amo e perdono". Elegante nel suo abito viola e con aria impertinente, Lola (il mezzosoprano Elisabetta Martorana) se ne va a messa intonando "Fior di giaggiolo". CavalleriaMartorana- Pirozzi Elisabetta Martorana È il triangolo in scena: le due rivali si stuzzicano, poi Lola se ne va e restano Turiddu e Santuzza, e il duetto cresce di intensità. Alle implorazioni di lei rispondono il rifiuto e il disprezzo di lui, fino alla maledizione ("Bada!", "Dell'ira tua non mi curo", "A te la mala Pasqua, spergiuro!"). In un pianto disperato, Santuzza rivela poi la tresca di Lola e Turiddu ad Alfio ("Turiddu mi tolse l'onore e vostra moglie lui rapiva a me") che promette vendetta ("in odio tutto l'amor mio finì"): è il duetto dei due traditi che prelude alla tragedia. Santuzza però si sente in colpa ("Infame io son"), ed è a questo punto, durante l’intermezzo sinfonico che segue, che il regista Talevi stupisce il pubblico con un piccolo coup de théâtre: in cima alla ringhiera compare la Madonna, una figurina che sembra staccarsi da un quadro, con le braccia aperte, la veste bianca, il manto celeste intessuto d’oro e la corona in testa. Percorre lentamente il corridoio soprelevato e scende verso Santuzza in lacrime, la quale si inginocchia e si prostra ai suoi piedi. Anche Maria si inginocchia e la aiuta a rialzarsi, poi ritorna indietro e la invita a seguirla, finché entrambe scompaiono all'interno della chiesa. Risuonano di nuovo le campane, la Messa è finita, gli uomini e le donne scendono festosi sul palco ("A casa, a casa, amici" "A casa, a casa, amiche"). Fra loro anche Lola e Turiddu, che invita gli amici a bere con uno dei più famosi brindisi della lirica: "Viva il vino spumeggiante, nel bicchiere scintillante". Rafael Dávila, tenore americano cresciuto in Porto Rico, che vanta un repertorio di 60 ruoli e ha già cantato Cavalleria e Pagliacci al San Carlo di Napoli, offre una prestazione generosa e non si risparmia dall’inizio alla fine, la voce ha un bel colore ed è possente ma non priva di qualche problema nella tenuta delle note alte: lo sforzo si sente e il suono spesso balla (come nell’ultimo "S’io non tornassi"). Pagliacci.Pirozzi- A.Tabocchini PAGLIACCI – La commedia nella commedia Quando Turiddu offre del vino anche ad Alfio questi lo rifiuta furioso scagliando in terra il bicchiere, i paesani se ne vanno e i due rivali rimasti soli si affrontano. Il morso dell'orecchio è il segno della sfida di Turiddu, sebbene confessi che il torto è suo, e raccomandi ad Alfio di prendersi cura di Santuzza nel caso dovesse morire. Dopo il doloroso addio a mamma Lucia, e la nuova raccomandazione per Santuzza il duello mortale si compie, con le ombre gigantesche dei due sfidanti proiettate sul muro. Alfio pugnala il rivale, e mentre Lucia e Santuzza pregano cariche d'angoscia irrompe l'urlo agghiacciante di una popolana: "Hanno ammazzato compare Turiddu, hanno ammazzato compare Turiddu!" Le due donne urlano di dolore, e il dramma si compie così, con mamma Lucia accasciata al suolo e Santuzza piegata in ginocchio. Il pubblico riserva lunghi e calorosi applausi a tutti i cantanti, ma il trionfo personale è tutto per Anna Pirozzi che non interpreta Santuzza, è Santuzza. Buone prestazioni anche per il resto del cast, la Lucia di Chiara Fracasso, il compare Alfio di Alberto Gazale, e la Lola di Elisabetta Martorana. CavalleriaDavilabrindisi- Tabocchini Turiddu versa del vino a Lola X
Giusto una mezz’ora di intervallo, e per Anna Pirozzi e Rafael Dávila, impegnati nel doppio ruolo di Santuzza-Nedda e Turiddu-Canio, è subito tempo di trasferirsi dalla Sicilia in Calabria dramma in un prologo e due atti (ma qui ridotto a uno) su musica e libretto di Ruggero Leoncavallo, rappresentato per la prima volta a Milano nel 1892 con la direzione di
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Arturo Toscanini. La scenografia, con la grande ringhiera, è la stessa di Cavalleria. Entrano dai due lati i contadini e le contadine e si abbigliano per la festa di mezz’agosto. Le donne aiutano gli uomini e i bambini, si allacciano i grembiuli decorati in vita, annodano fazzoletti intorno al collo, sistemano cappelli di paglia. Gli abiti seriosi di Cavalleria si arricchiscono di dettagli colorati, di giacche a righe bianche e rosse, di bustini dalle tinte pastello. Nel frattempo il commediante Tonio, affacciato dall’alto, si rivolge al pubblico del paese ("Si può? Si può?… Io sono il Prologo"), enunciando i principi veristi che ispirano l’opera che andranno a presentare. Pagliacci.ScenaFinale- A.Tabocchini Canio accecato dall’ira pugnala Nedda e Silvio Ottimo avvio per il baritono Marco Caria, fin dall’inizio perfettamente dentro la parte, come voce e come interpretazione. I paesani hanno finito di sistemarsi in piccoli gruppi familiari: le donne sedute coi bambini in braccio e i mariti in piedi accanto stanno come al cinema, in una fissità che ricorda le pose delle vecchie foto di famiglia, un’immagine resa ancor più poetica dai toni delicati degli abiti punteggiati di rosa e di albicocca, di giallo oro di celeste e di verde acido. Grande animazione ed esultanza per l’arrivo degli attori, con i bambini che vanno incontro al carro festanti e gli adulti che si apprestano ad assistere allo spettacolo ("Viva Pagliaccio, viva Pagliaccio!"). La scena, pur con pochi elementi, riesce a trasmettere grande allegra e vivacità. Spuntando in cima al carro Canio annuncia alla folla lo spettacolo ("Un grande spettacolo a ventitré ore"). Il tenore Dávila forse un po' stanco comunque non si risparmia, e non si risparmierà da qui alla fine con grande generosità, ciò che lo fa apprezzare dal pubblico e gli fa perdonare dei passaggi non proprio impeccabili. Nel frattempo viene montato il palcoscenico della compagnia ambulante e cominciano le prime schermaglie, scherzose ma non troppo, fra Tonio (innamorato di Nedda) e Canio, gelosissimo di sua moglie, il quale avverte: un conto è il tradimento sulla scena e un altro il tradimento nella vita reale, finché se ne va dopo averla baciata ("Adoro la mia sposa"). Arrivano gli zampognari e risuonano le campane della chiesa "Din don, din don". Nedda è un po' turbata dalle parole del marito e teme che possa scoprire i suoi veri sentimenti, ma poi si lascia andare ai suoi sogni d'amore: è innamorata di Silvio, un giovane paesano. Anna Pirozzi, al debutto come Nedda, è eccellente anche in questo ruolo, molto diverso da quello precedente. Stessa sicurezza e una voce bellissima, che lasciati da parte i toni esplosivi e foschi di Santuzza si immedesima nei toni più melodiosi e leggeri di Nedda ("Ah che bel sole"). CavalleriaDavilaGazale- Tabocchini Il duello finale tra Alfio e Turiddu Mentre canta, quattro bambine alla sua destra e quattro alla sua sinistra muovono delle canne flessuose su cui sventolano degli uccellini ("oh, che volo d'augelli") in un’atmosfera di bucolica serenità, interrotta però dall’arrivo di Tonio deciso confessare il suo sentimento a Nedda ("So ben che difforme, contorto son io"). Anna Pirozzi e il baritono Caria riescono a dare vita a una scena ricca di drammatiche sfaccettature, vocali e psicologiche. La derisione di lei, le minacce di lui fino al maldestro tentativo di baciarla con la forza, Nedda che lo colpisce e lo insulta e Tonio che giura vendetta. Pagliacci.Insieme- A.Tabocchini Pagliacci L’arrivo di Silvio (il baritono Giorgio Caoduro, autore anche lui di una prova dignitosa), riporta in Nedda la felicità. Le chiede di abbandonare tutto e di fuggire con lui ("Decidi il mio destin"), Nedda esita ("Non mi tentar!") ma alla fine gli professa il suo amore e accetta ("Tutto scordiam", cantato con grande eleganza). Non sanno che Canio, avvertito da Tonio, li sta ascoltando di nascosto. Nedda cede all’amore e promette a Silvio di lasciare tutto per lui ("Sì mi guarda e mi bacia! t’amo, t’amo… Sì ti guardo e ti bacio! t’amo, t’amo"). Alle parole di Nedda "A stanotte e per sempre tua sarò", Canio urla furente e Silvio scappa, mentre Tonio se la ride. La lite degenera e non riuscendo a strappare a Nedda il nome dell’amante Canio estrae un coltello ("Svergognata") ma accorre Peppe, lo disarma e cerca di calmare gli animi. È tempo di recitare, la gente aspetta, tutto si risolverà. Anche Tonio lo consiglia di aspettare, per smascherare più tardi l’amante che di sicuro sarà fra il pubblico. Canio deve indossare la sua maschera tragica, il suo costume di scena, è il momento dell’aria più celebre "Vesti la giubba e la faccia infarina. La gente paga e rider vuole qua. E se Arlecchin t’invola Colombina, ridi, Pagliaccio… e ognun applaudirà!". Il pubblico dello Sferisterio applaude a scena aperta, per l’interpretazione più che convincente, per le parole cariche di amarezza, di odio, di sofferenza.
Marco Caria
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Il genio di Leoncavallo e la fantasia di Talevi riescono a stemperare il momento forse più drammatico dell’opera con una scena di estrema tenerezza, una boccata d’aria fresca prima iziosi bambini e mentre il maschietto si siede
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a guardare lo spettacolo, la bimba va a sbirciare dietro il sipario chiuso del teatrino e poi si appropria del piccolo palcoscenico accennando dei passi di danza. L’inchino finale della piccola non può che strappare un sonoro applauso. Ora la commedia nella commedia può avere inizio, il pubblico impaziente si accalca davanti al piccolo palco, e mentre le contadine si accomodano sulle sedie e i bambini si siedono in terra, i contadini si posizionano intorno alla ringhiera ("Ah! s’alza la tela! Silenzio! Silenzio!"). Dentro una finta casetta delle bambole appare Colombina/Nedda, la moglie di Pagliaccio/Canio, sopra al carro spunta Arlecchino/Peppe (il tenore Pietro Adaini) e intona una serenata. Divertente la scenetta fra Colombina e Taddeo/Tonio che tenta invano di sedurla. Sembrano due figurine ritagliate nella carta e si muovono come marionette, Colombina con la sua gonna lunga e rigida, i movimenti a scatti e l’espressione fissa, Taddeo con la sua maschera dipinta e il costume colorato. All’arrivo dell’amato Arlecchino Taddeo si arrende e li lascia soli. I due, proprio come nella realtà Nedda e Silvio, progettano la fuga e Pagliaccio/Canio, sentendo la moglie pronunciare in scena le stesse parole pronunciate al suo amante ("A stanotte, e per sempre io sarò tua"), stravolto dalla gelosia dimentica la recita e si spoglia degli abiti di scena ("No pagliaccio non son"). Nedda è impietrita e anche il pubblico comincia ad allarmarsi per quella veemenza un po’ troppo veritiera. CavalleriaPirozzi- Tabocchini Santuzza Finzione e realtà ormai si intrecciano ("Sperai, tanto il delirio accecato m’aveva"), Canio insulta la moglie chiamandola meretrice abbietta, deciso ad annientarla. I paesani applaudono a tanta immedesimazione, e mentre lei tenta invano di riportare la lite sulla scena, lui la riporta nella vita vera. Vuole quel nome, ormai è furioso "Il nome, o la tua vita". I due si sfidano, Nedda non cede ("Non parlerò a costo della morte") e Canio la accoltella. Gridando aiuto invoca il nome di Silvio, che si slancia sul palco e viene a sua volta accoltellato a morte. A Taddeo non resta che annunciare la tragica conclusione: "La commedia è finita"! Anche Pagliaccio si uccide, prima che il sipario si chiuda per l’ultima volta. Applausi per l’intero cast, completato dai due contadini Andrea Cutrini e Francesco Solinas, dall’Orchestra Filarmonica Marchigiana, dal coro lirico Bellini diretto da Carlo Morganti, dalle voci bianche Pueri Cantores Zamberletti dirette da Gian Luca Paolucci e dal complesso di palcoscenico Banda Salvadei. Repliche il 24 luglio, il 2 e l’8 agosto alle 21. Rigoletto invece tornerà in scena il 25 e 31 luglio e il 9 agosto sempre alle 21, mentre domenica 26 luglio è in programma la prima de La Bohème di Giacomo Puccini per la regia di Leo Muscato, terza opera in cartellone del Mof.
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Macerata Opera - Cavalleria Rusticana/Pagliacci Il regista sudafricano Alessandro Talevi torna nella marchigiana terra d’origine di suo padre dopo un Rigoletto alle Muse di Ancona datato 2013, avvio di una brillante carriera italiana, dopo tante esperienze in giro per il mondo. C’è molta tradizione nello spettacolo di Talevi, ma una tradizione filtrata con l’occhio del moderno figlio di emigranti, viaggiatore e cosmopolita che vede le sue origini culturali con i propri occhi e le interpreta secondo la propria sensibilità. Il regista ha dichiarato a più riprese di aver voluto creare un forte contrasto fra il contesto in cui le opere sono nate, un sud quasi "esotico" per la borghesia del nord che vedeva il meridione come terra di aranci olezzanti e infinite processioni religiose, e la realtà fatta di duro lavoro, povertà e repressioni. Così il centro di entrambi gli allestimenti è una piazza circolare, dove Santuzza, cacciata e isolata da tutto il paese, riesce ad entrare solo in solitudine all’inizio dell’opera e alla fine nell’abbraccio a Mamma Lucia. Il tentativo di andare in chiesa è duramente represso dalle altre donne, che la respingono fisicamente; durante il resto dell’opera assiste isolata in un angolo a quanto accade, rosario in mano e spalle strette, a guardare con sofferenza danze, cori e passerelle volutamente portati all’estremo del gesto saltellante e gioioso, come uno sguardo esterno che condanna la finzione di quell’ambiente. Sola contempla il languore di Lola che aspetta Turiddu durante la Siciliana, e l’amplesso fra i due amanti, proiettato sul grande muro dell’arena con un gioco di ombre: in tempi di proiezioni computerizzate e tridimensionali, un’idea semplice quanto drammaticamente efficacissima, pressoché perfetta per valorizzare lo spazio dello Sferisterio. E sola vivrà la morte di Turiddu, di nuovo cacciata, a causa dell'ipocrisia perbenista delle donne del paese, dall’abbraccio con Mamma Lucia, che piomba esanime a terra all’annuncio della morte del figlio. La piazza accoglierà poi la carretta dei teatranti di Canio con il tradizionale armamentario di feste, bambini e spintoni, ma con la presenza di una Nedda dall’aria triste a annoiata, chiaramente insofferente al mondo del teatro di fiera e al suo matrimonio. Torna la
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La locandina Data dello spettacolo: 18 Jul 2015 CAVALLERIA RUSTICANA Santuzza
Anna Pirozzi
Lola
Elisabetta Martorana
Turiddu
Rafael Davila
Alfio
Alberto Gazale
Mamma Lucia
Chiara Fracasso
PAGLIACCI Nedda
Anna Pirozzi
Canio
Rafael Davila
Tonio
Marco Caria
Beppe
Pietro Adaini
Silvio
Giorgio Caoduro
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solitudine della protagonista, appena stemperata dall’amore per Silvio, ma chiaramente visibile nel volto anche durante la ballatella. E alla fine, dopo Orchestra Filarmonica Marchigiana aver ucciso moglie e amante, Canio si pugnala a sua volta, mentre Tonio ritto fra i cadaveri giganteggia al centro del carretto con il suo “La commedia è finita”, Coro Lirico Marchigiano "Bellini" dopo aver recitato per l’intero dramma curvo sotto un tamburo: sconfitta estrema e, ancora, solitudine che direttore Carlo Morganti vince su tutto e tutti. Curatissimo scenicamente il carretto, con costumi sgargianti e arredamento disegnato a matita da cartone animato, e molto Pueri cantores "D. Zamberletti" riuscita come idea registica l’immobilità costante di Nedda durante il tragico finale, fino a quando Canio direttore Gianluca Paolucci non le strappa il vestito dopo Il nome o la tua vita! : l’improvviso rianimarsi dà un notevole effetto drammatico, al quale peraltro contribuisce l’autentica Complesso di palco Banda "Salvadei" folgore del si naturale emesso da Anna Pirozzi prima di No per mia madre!. Completa la scena fissa una balaustra liberty che corre lungo il piano rialzato che Regia Alessandro Talevi dalla piazza porta all’arcovolo centrale, di bell’effetto e realizzata in autentico ferro battuto da fabbri Scene Madeleine Boyd maceratesi. Pure nella positività del giudizio generale, alcune Costumi Manuel Pedretti perplessità vanno espresse sulla necessità di Luci Alessandro Verazzi realizzare una controscena sotto il celeberrimo intermezzo di Cavalleria nel quale la Madonna, con manto e corona, si anima ed esce dalla chiesa per portare Santuzza con lei; o il gioco delle ombre, tanto efficace in Cavalleria, utilizzato in Pagliacci non è sembrato ugualmente funzionante a rendere visibile il librettistico Volo d’augelli tramite bambini che agitano degli uccellini di plastica sotto i fari. Inizialmente scritturato per il solo ruolo di Canio, Rafael Davila si è fatto carico anche di quello di Turiddu, dopo la rinuncia del collega previsto: onore al merito di aver terminato la recita senza incidenti, ma non si può tacere di un progressivo affaticamento che, soprattutto in Pagliacci, si è tradotto in una monotonia di canto piuttosto evidente. Buono l’inizio, con una Siciliana baldanzosa e ben accentata, e apprezzabile anche la tenuta drammatica nel duetto con Santuzza, ma già in Mamma, quel vino è generoso si è cominciata a percepire la spinta nel raggiungere gli acuti, affetti da durezza e vibrato largo. Acuti sempre più problematici, quanto a tenuta, in Pagliacci fin dall’evitabilissima puntatura al si naturale di A ventitrè ore, appena toccato e subito lasciato, per arrivare a un finale dove è subentrata una piattezza di fraseggio e una quasi totale assenza di colori, pur in una generale tenuta di voce. Ha rimediato in parte una innegabile presenza scenica, ma la differenziazione drammatica fra i due personaggi ha latitato alquanto. All’opposto, Anna Pirozzi ha offerto una notevole prestazione, sia vocalmente che interpretativamente, riuscendo benissimo a rendere diversi e autonomi i due personaggi. La sua Santuzza è donna ancora giovane e avvenente, sia nel timbro che nel fraseggio dolente ma non debordante, come dimostrato da Voi lo sapete o mamma, cantato con uniformità di voce senza produrre note di petto fasulle (di effetto i due Io piango finali, quasi emessi con pudore eppure ben udibili). Passando a Nedda, oltre a dominare senza sforzo l’acuta tessitura della ballatella, fa ascoltare mezzevoci timbrate e appoggiate nel duetto con Silvio (bello, bello davvero il pianissimo di Tutto scordiam in coppia con l’altrettanto bravo Caoduro), per arrivare al finale con una compattezza e una solidità impressionanti. Solido il Compar Alfio di Alberto Gazale, giusto nell’accento ma un po’ debole nel registro centrale almeno nella sua entrata; la voce è sembrata più a fuoco nel duetto con Santuzza, dove ha risposto da pari alla collega quanto a volume e intensità di interpretazione. Note liete anche da Chiara Fracasso e Elisabetta Martorana, le quali interpretano Mamma Lucia e Lola con voci sane e tecnicamente a posto, e con perfetta aderenza scenica. Marco Caria e Giorgio Caoduro non sembrano differenziarsi molto nei timbri, ma i rispettivi personaggi sono ben delineati grazie alla diversificazione del fraseggio e alla presenza sul palcoscenico: Caoduro riesce ad esprimere la passionalità bruciante di Silvio grazie a un fraseggio appassionato e virile nel duetto con Nedda, in special modo nella frase E quando tu di qui sarai partita che addiverrà di me, de la mia vita? e Caria lavora benissimo con l’accento trovando momenti di languore amoroso nella dichiarazione a Nedda, subito trasfigurato in sete di vendetta al rifiuto di lei. Pietro Adaini ha voce timbricamente gradevole e cesella con molto gusto la serenata di Arlecchino, pezzo tutt’altro che “di sorbetto” quanto a difficoltà. Pregevole la direzione di Christopher Franklin, tutta impostata su sonorità asciutte e rapinose che non lasciano spazio all’edonismo sonoro nei tanti duetti delle due opere, ma che si liberano in squarci più lirici e rattenuti in altri momenti, come nell’intervento di Lola, e trovando un adeguato spessore sonoro negli attesi finali d’atto con il ritorno dei temi portanti. Un filo più di freddezza è sembrato contraddistinguere la concertazione di Pagliacci, ma ritengo solo per personale sensibilità artistica. Coro non perfettamente a fuoco nei passi iniziali di Cavalleria, ma più a posto ne I Pagliacci, e bravi i Pueri Cantores. Successo finale per un pubblico che ancora una volta ha gremito lo Sferisterio.
Domenico Ciccone
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ULTIME NEWS 22 luglio 2015
Anima mundi, Pisa, settembre 2015 Comunicato Stampa
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Amore, gelosia e morte: va in scena il dittico verista “Cavaller...
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Autore Paola Cecchini (/paolacecchini)
(/paolacecchini) Giornalista, scrittrice e traduttrice, è appassionata di arte, musica e teatro. Ha pubblicato numerosi libri, presentandoli nei più importanti Istituti Italiani di Cultura in Europa e America...
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Creato da Paola Cecchini (/paolacecchini) · Recensione (/articles/category/recensioni)
Macerata Opera Festival, 25 luglio 2015 E’ merito indubbiamente anche della regia del sudafricano Alessandro Talevi, il grande successo del dittico verista “Cavalleria Rusticana” di Mascagni e “Pagliacci “ di Leoncavallo (18, 24 luglio-2 e 8 agosto 2015) in scena al Macerata Opera Festival, giunto quest’anno alla 51a edizione.
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Amore, gelosia e morte: va in scena il dittico verista “Cavaller...
http://www.circuitomusica.it/articles/13583/amore-gelosia-e-...
La conduzione musicale dell’Orchestra Filarmonica Marchigiana da parte del M°Christopher Franklin (coinvolgente ed Home Login intensa), le scenografie di Madeleine Boyd (eleganti e funzionali), gli splendidi costumi di Manuel Pedretti (giocati sui toni del bianco e nero in “Cavalleria” e caratterizzati da bustini, grembiuli ed accessori colorati in “Pagliacci”), le luci disegnate ad arte da Alessandro Varrazzi e -the last but not the least- la voce ed il temperamento di Anna Pirozzi, autentica stella di un doppio cast (interpreta Santuzza e Nedda) hanno fatto il resto. L’allestimento di Talevi (papà marchigiano) è classico e non ha stravolto l'impianto originario del libretto: anche per questo é stato molto apprezzato dal pubblico. Le scene proposte sembrano autentiche cartoline d’epoca, incorniciate come sono, da una grande balaustra di ferro battuto in stile liberty che domina completamente il palcoscenico, lungo quasi 100 metri. I paesini siciliani e calabresi dove si svolgono le storie sono riprodotti in immagini del profondo Sud d’Italia, presentate con delicatezza e garbo, senza farle mai diventare caricature (l’azione di entrambe le opere viene spostata in avanti di qualche decennio, dalla seconda metà dell’Ottocento ai primi del secolo scorso). Tra l’una e l’altra opera (abbinate dallo stesso Mascagni già nel 1926 presso il Teatro della Scala) esiste un filo conduttore che le fa sembrare pagine di uno stesso racconto: in entrambe, infatti, è l’amore, la passione e la gelosia a far la parte del leone, “sentimenti antichi e sempre moderni”, ha commentato Talevi. Tutto il cast è all’altezza della situazione: Rafael Dàvila (nel duplice ruolo di Turiddu-Canio), i baritoni Marco Caria (Tonio/Taddeo), Giorgio Coaduro (Silvio), Elisabetta Martorana (Lola), Chiara Fracasso (mamma Lucia), Pietro Adaini (Beppe/Arlecchino) ma la stella della serata è la napoletana Anna Pirozzi, reduce del trionfo al festival di Salisburgo (2013) nei panni di Abigaille (“Nabucco”) diretta da Riccardo Muti e prossima debuttante alla Scala (2016) come protagonista de “I due Foscari” con Placido Domingo (direzione di Michele Mariotti). Completano il cast 90 elementi del Coro lirico “Vincenzo Bellini” diretto da Carlo Morganti, il coro di voci bianche Pueri Cantores “D.Zamberletti” dirette da Gian Luca Paolucci e il complesso di palcoscenico “Banda Salvadei”. Nato a Johannesburg quaranta anni fa, Alessandro Talevi ha studiato al Royal College of Music di Londra. Nell’ultimo anno ha lavorato molto in Italia (“L’amour des trois oranges” di Prokof’ev al Comunale di Firenze e “Rigoletto” alle Muse di Ancona). Nella prossima stagione curerà la regia di “Cenerentola” al Regio di Torino, “Anna Bolena” al “Donizetti” di Bergamo e “Idomeneo” alla Fenice di Venezia.
www.youtube.com/watch (https://www.youtube.com/watch?v=HmjPCIGLdfE) Data 24/lug/2015
Paola Cecchini (/paolacecchini) ha aggiunto un articolo (/articles/13583/amore-gelosia-e-morte-va-inscena-il-dittico-verista-cavalleria-rusticana-e-pagliacci). (/paolacecchini) ! Oggi alle 15:09
Amore, gelosia e morte: va in scena il dittico verista “Cavalleria Rusticana” e “Pagliacci” (/articles/13583/amore-gelosia-e-morte-va-in-scena-il-dittico-veristacavalleria-rusticana-e-pagliacci) Data 24/lug/2015 Macerata Opera Festival, 25 luglio 2015
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Amore, gelosia e morte: va in scena il dittico verista “Cavaller...
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E’ merito indubbiamente anche della regia del sudafricano Alessandro Talevi, il grande successo del dittico verista Home Login “Cavalleria Rusticana” di Mascagni e “Pagliacci “ di Leoncavallo (18, 24 luglio-2 e 8 agosto 2015) in scena al Macerata Opera Festival, giunto quest’anno alla 51a edizione. La conduzione musicale dell’Orchestra Filarmonica Marchigiana Mostra di più
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Macerata, Cavalleria rusticana/ Pagliacci, 24/07/2015
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Nutrire l’anima e lo spirito di Antonio Caroccia
Si fa apprezzare a Macerata la regia di Alessandro Talevi per il dittico verista, mentre la pur valida direzione di Christofer Franklin non realizza appieno le peculiarità delle due opere. Pur con i dovuti distinguo, si fa valere il cast ben assortito, con alcuni elementi di spicco. MACERATA, 24 luglio 2015 - Alla Cinquantunesima edizione del Macerata Opera Festival, ossia Arena Sferisterio – per amici e affezionati – non sono mancate di certo le sorprese; per alcuni aspetti già annunciate dal titolo della manifestazione, ossia “Nutrire l’anima”. Il fantasioso direttore artistico Francesco Micheli, pur mantenendo una linea alquanto rigorosa nell’ambito di una tradizionale stagione, senza peraltro azzardare scelte di inediti titoli (a questo proposito, ricordiamo, ancora, la Cleopatra di Lauro Rossi di qualche anno fa, con l’ammaliante regia di Pier Luigi Pizzi), si collega idealmente all’Expo Italia: «Abbiamo preso molto sul serio il motto dell’Esposizione Universale che si svolge quest’anno a Milano e lo abbiamo fatto nostro: l’Arte, la Musica, il Teatro sono per lo spirito necessità primarie non meno del cibo per il nostro corpo» (Francesco Micheli, Nutrire il pianeta, energia per la vita, in Nutrire l’anima, Macerata Opera Festival-Arena Sferisterio, Macerata, Biemmegraf, 2015, p. 7). Non v’è che dire, un bel binomio: cibo e musica. Ora dovremmo coinvolgere il gentilissimo lettore in un turbinio di cibi marchigiani suscitando in lui quell’acquolina in bocca, che a noi certo non è mancata nell’assaporare i gustosi e tradizionali piatti delle dolci colline maceratesi. Preferiamo, invece, rimandare questa lista alle prossime occasioni, ma invitiamo il gentile lettore a visitare di persona questi ameni luoghi leopardiani. Concentriamoci, invece, sulla musica. Si sa, Cavalleria rusticana di Mascagni sintetizza il caldo color delle passioni estreme, che si esprime attraverso precise scelte narrative (intreccio conciso) e musicali (orchestrazione a tinte forti). In Pagliacci, invece, Leoncavallo descrive dall’interno i risvolti che le passioni estreme inducono nell’animo dei personaggi, e se in Cavalleria prevale l’azione, in Pagliacci prevale la riflessione. Purtroppo, Christopher Franklin (giovane direttore d’orchestra australiano), pur dimostrando un gesto nobile, sicuro e preciso, non riesce mai ad imprimere all’orchestra quel giusto calore delle tinte forti che avvolge Cavalleria rusticana e a rendere quella scrittura raffinata e sottile dei Pagliacci. Certo, va da sé che l’Orchestra Filarmonica Marchigiana non sempre brilla per chiarezza sonora, ma di più, certo non si può chiedere ad un organico che soffre di limitazioni economiche. Encomiabili, davvero, il Coro Lirico Marchigiano “V. Bellini” diretto dal maestro Carlo Morganti e i Pueri Cantores “D. Zamberletti” diretti da Gian Luca Paolucci; qui sì, che il vero calore del dittico operistico è emerso in tutta la sua bellezza, grazie, anche, alle precise scelte registiche del sudafricano Talevi, a cui torneremo a breve. Anna Pirozzi (Santuzza e Nedda/Colombina) ci ha convinto di più nel ruolo di Nedda/Colombina, molto meno in quella di Santuzza. Pur dimostrando buone dote vocali e interpretative, l’artista sembra non aver ancora assimilato a dovere la parte di Cavalleria, come dimostra la debole interpretazione di “Voi lo sapete o mamma”. Decisamente meglio l’acuta “ballatella” di Pagliacci e il bellissimo duetto con Silvio “Tutto scordiam”,
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28/07/15 16:24
Macerata, Cavalleria rusticana/ Pagliacci, 24/07/2015
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per giungere poi al solido finale. Qui si vede un’abile costruzione nella ricercatezza di un timbro e una tessitura vocale, che ben si allinea alle finissime raffinatezze orchestrali di Leoncavallo. Alquanto sufficiente Rafael Davila (Turiddu e Canio/Il Pagliaccio) non sempre all’altezza dei ruoli, soprattutto nella difficoltà di raggiungere gli acuti come è accaduto per il si naturale di “Un grande spettacolo a ventitré ore” o nella mancanza dei colori vocali e nell’assenza di fraseggio nel finale leoncavalliano; difficoltà peraltro già avvertite nella Cavalleria durante il duetto con Santuzza “Mamma, quel vino è generoso”. Molto ben impostato Alberto Gazale (Alfio): la sua voce giusta negli accenti, riesce ad imprimere nel duetto con Santuzza la giusta intensità interpretativa. Nulla da rilevare per Elisabetta Martorana (Lola) e Chiara Fracasso (Lucia): voci perfettamente a fuoco e aderenti ai dettami della partitura, con una buona dose di interpretazione scenica. Marco Caria (Tonio/Taddeo) e Pietro Adaini (Beppe/Arlecchino) dimostrano anche loro di aver ben assimilato le esigenze vocali dei rispettivi personaggi; molto bella e gradevole, sia vocalmente sia interpretativamente, la serenata di Arlecchino. Lodevole l’interpretazione di Giorgio Caoduro (Silvio) che riesce a far vibrare e a toccare le corde dell’animo nell’appassionato e virile duetto con Nedda. Veniamo ora alla regia di Alessandro Talevi. Questa, forse, è la parte che ci ha convinti maggiormente. Sebbene la scelta di utilizzare in scena, nell’intermezzo di Cavalleria, l’apparizione della Madonna incoronata, che si palesa a Santuzza, risulta difficile da accettare. Dobbiamo ammettere che a noi non è dispiaciuta, anzi, ai molti potrebbe sembrare una sana provocazione in tempi cristianamente difficili. Quell’apparizione celeste riesce per un istante a far emergere il lato virginale del personaggio della giovane contadina. In effetti, pur sempre di seduzione si tratta: non terrena, ma celestiale. Talevi, a parte questa provocazione, cerca di mantenere un buon livello registico sfruttando ampiamente l’intera profondità dell’Arena, con giochi di luci e di ombre che ben si amalgamano con le buone scenografie di Madeleine Boyd. Seppure queste ultime a volta risultano alquanto discrete, se non un po' misere. Nella norma, anche, i costumi di Manuel Pedretti. Funzionali e molto interessanti i giochi di luci e ombre creati da alcuni bambini nel volo degli uccelli suggeriti dal testo di Pagliacci. Nel complesso il pubblico che gremiva l’Arena-Sferisterio sembra aver gradito questo spettacolo, per alcuni aspetti entusiasmante ma per altri perfettibile. Alla fine, applausi convincenti e per “nutrire l’anima” e lo spirito “viva il vino spumeggiante, nel bicchiere scintillante”.
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foto ©A.Tabocchini
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Messaggi d'opera #musica
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di Susanna Franchi
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MESSAGGI D'OPERA di Lucia Fava
L'opera, che scoperta! Torino: il successo di "The Best of Italian Opera" al Teatro Regio segue >
di Enrico Bettinello Mi piace quello che Francesco Micheli scrive nella nota di presentazione di questa stagione del Macerata Opera Festival: «…ogni sera la nostra lingua e la nostra musica invadono i teatri, da Sydney a San Francisco, da Buenos Aires a Tokyo tramite il linguaggio che da sempre fa parlare italiano al mondo intero: l’Opera. Onore dunque al primo vero esperanto che ha fatto innamorare di noi tanti stranieri». Quello che Micheli non scrive, ma che lascia intendere non solo ogni volta che rivolge le sue parole al pubblico, ma soprattutto attraverso gli allestimenti, è la sua convinzione che l’opera contenga messaggi universali e sempre pregni di significato, declinabili nella loro polisemicità in vari tempi e luoghi mantenendo il proprio potenziale comunicativo forte. E i destinatari di questa comunicazione, pur all’interno di una manifestazione che ha anche un sapore, perché no, turistico (penso alle file di pulmann di olandesi, tedeschi, inglesi che intasano ogni sera le strade più prossime all’arena Sferisterio) sono soprattutto i giovani. Micheli non rinuncia a parlare alle centinaia di studenti che affollano la platea nelle prove generali, e offre allestimenti che proiettano i personaggi nel presente, rendendo lo spettacolo teatrale uno strumento di denuncia, o di riflessione, o di espressione poetica. Giovani sono la maggior parte degli artisti, registi, cantanti, direttori d’orchestra, e questa attenzione verso il mondo giovanile mi sembra proprio la cifra che anima il lavoro del direttore artistico da quattro anni. Così abbiamo visto un Rigoletto ambientato nella contemporaneità, dove il duca si trasforma in un boss malavitoso e la sua corte in una banda di spacciatori e prostitute che bazzicano un luna park di periferia; il protagonista non è un gobbo deforme ma un clown dimesso e malinconico che vive in una roulotte con la figlia. Il regista Federico Grazzini ha sottolineato lo spessore di questi due personaggi chiedendo un’interpretazione intima, dolente e assai poco gestuale, contrapposta allo sfoggio di volgarità del duca e della sua corte. Ben riuscito e poetico il finale, con Rigoletto chino sul sacco a terra, e l’apparizione in veste bianca di Gilda, come in una visione, che canta gli ultimi versi di addio al padre. Ugualmente ambientata nel mondo contemporaneo Bohème di Leo Muscato, allestimento già presentato allo Sferisterio tre anni fa ed insignito del Premio Abbiati: uno squarcio fresco e coloratissimo degli anni 60/70, tra zeppe e zampe d’elefante, dove il caffè Momus diventa una discoteca, la Barriera d’Enfer una fabbrica occupata e la soffitta dove Mimì muore una stanza d’ospedale. Cupa e spoglia invece la scena di Cavalleria e Pagliacci: solo una grande scala in stile liberty al centro del palcoscenico, ben riusciti giochi di ombre sul muro di fondo scena, costumi fine Ottocento, molto belli e con splendidi accostamenti di colori per Pagliacci. Unica perplessità in quest’allestimento di Alessandro Talevi è stata l’apparizione della Madonna in persona che nell’Intermezzo si presenta a Santuzza: mi è sembrata un’operazione gratuita, senza significato. Nei cast, è svettata Anna Pirozzi, nei ruoli di Nedda e Santuzza, affermatasi due anni fa a Salisburgo con Muti: voce splendida, di grande spessore pur nell’immenso palcoscenico all’aperto, duttile in tutti i registri, espressiva. Ma ho apprezzato anche Rafael Davila nei ruoli di Turiddu e Canio, voce piena e di bel colore, anche se a volte si slabbrava nei vibrati degli acuti; così come lo Sparafucile di Gianluca Buratto, la limpidezza della Gilda di Jessica Nuccio, il bel timbro di Celso Albelo nel ruolo del Duca, e la raffinatezza di fraseggio del Rigoletto di Vladimir Stoyanov, voce tuttavia che mi è sembrata poco adatta ai teatri all’aperto. In Bohème le prove migliori sono state quelle di Arturo Chacón-Cruz (Rodolfo) e Damiano Salerno (Marcello); per Mimì avrei preferito un voce più cristallina e delicata rispetto a quella scura di Carmela Remigio. L’orchestra Form e il coro “Bellini”, preparato da Carlo Morganti, hanno dato il meglio di sé nelle direzioni di Christopher Franklin (Cavalleria e Pagliacci) , David Crescenzi (Bohème) e Francesco Lanzillotta (Rigoletto).
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Amore, gelosia e morte
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Carnevale a Città del Capo Wednesday, 29th July 2015
Amore, gelosia e morte Details Created on Monday, 27 July 2015 18:12
Il sudafricano Alessandro Talevi dirige il dittico verista “Cavalleria Rusticana” e “Pagliacci” al Mof di Macerata Paola Cecchini dal Macerata Opera Festival E’ merito indubbiamente anche della regia del sudafricano Alessandro Talevi il grande successo del dittico verista “Cavalleria Rusticana” di Mascagni e “Pagliacci “ di Leoncavallo in scena al Macerata Opera Festival, giunto quest’anno alla 51a edizione. La conduzione musicale dell’Orchestra Filarmonica Marchigiana da parte del M°Christopher Franklin (coinvolgente ed intensa), le scenografie di Madeleine Boyd (eleganti e funzionali), gli splendidi costumi di Manuel Pedretti (giocati sui toni del bianco e nero in “Cavalleria” e caratterizzati da bustini, grembiuli ed accessori colorati in “Pagliacci”), le luci disegnate ad arte da Alessandro Varrazzi e - last but not the least - la voce ed il temperamento di Anna Pirozzi, autentica stella di un doppio cast (interpreta Santuzza e Nedda) hanno fatto il resto. L’allestimento di Talevi (papà marchigiano) è classico e non ha stravolto l'impianto originario del libretto: anche per questo é stato molto apprezzato dal pubblico. Le scene proposte sembrano autentiche cartoline d’epoca, incorniciate come sono da una grande balaustra di ferro battuto in stile liberty che domina completamente il palcoscenico, lungo quasi 100 metri. I paesini siciliani e calabresi dove si svolgono le storie sono riprodotti in immagini del profondo Sud d’Italia, presentate con delicatezza e garbo, senza farle mai diventare caricature (l’azione di entrambe le opere viene spostata in avanti di qualche decennio, dalla seconda metà dell’Ottocento ai primi del secolo scorso). Tra l’una e l’altra opera (abbinate dallo stesso Mascagni già nel 1926 presso il Teatro della Scala) esiste un filo conduttore che le fa sembrare pagine di uno stesso racconto: in entrambe, infatti, è l’amore, la passione e la gelosia a far la parte del leone “Sentimenti antichi e sempre moderni”, ha commentato Talevi. Tutto il cast è all’altezza della situazione: Rafael Dàvila (nel duplice ruolo di Turiddu-Canio), i baritoni Marco Caria (Tonio/Taddeo), Giorgio Coaduro (Silvio), Elisabetta Martorana (Lola), Chiara Fracasso (mamma Lucia), Pietro Adaini (Beppe/Arlecchino) ma la stella della serata è la napoletana Anna Pirozzi, reduce del trionfo al festival di Salisburgo (2013) nei panni di Abigaille (“Nabucco”) diretta da Riccardo Muti e prossima debuttante alla Scala (2016) come protagonista de “I due Foscari” con Placido Domingo (direzione di Michele Mariotti). Completano il cast 90 elementi del Coro lirico “Vincenzo Bellini” diretto da Carlo Morganti, il coro di voci bianche Pueri Cantores “D.Zamberletti” dirette da Gian Luca Paolucci e il complesso di palcoscenico “Banda Salvadei”. Nato a Johannesburg quaranta anni fa, Alessandro Talevi ha studiato al Royal College of Music di Londra. Nell’ultimo anno ha lavorato molto in Italia (“L’amour
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29/07/15 10:55
Amore, gelosia e morte
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des trois oranges” di Prokof’ev al Comunale di Firenze e “Rigoletto” alle Muse di Ancona). Nella prossima stagione curerà la regia di “Cenerentola” al Regio di Torino, “Anna Bolena” al “Donizetti” di Bergamo e “Idomeneo” alla Fenice di Venezia. Paola Cecchini https://www.youtube.com/watch?v=HmjPCIGLdfE
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28 Luglio 2015 - Gazzetta di Parma
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In scena dal: 01/08/2015 al: 07/08/2015
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La recensione di Francesco Rapaccioni Trois couleurs Dopo i due nuovi allestimenti di Rigoletto e del dittico Cavalleria Rusticana – Pagliacci, torna allo Sferisterio la splendida Bohème di Leo Muscato che debuttò nel 2012 e vinse il premio Abbiati come migliore regia lirica. A tre anni di distanza lo spettacolo non solo non ha perso nulla della sua intelligente rilettura, ma è parso ancora forte dal punto di vista comunicativo. Prova ne è stata, semmai ce ne fosse stato bisogno, la reazione dei giovani alla generale: risate nei primi due quadri, lacrime nel terzo e nel quarto, applausi scroscianti continui a scena aperta.
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La bohème di giacomo puccini regia leo muscato, direttore da...
http://www.teatro.it/spettacoli/sferisterio/la_bohme_1440_32...
Convince pienamente la scelta di Muscato di ambientare nel Sessantotto parigino l'opera pucciniana, mantenendo totale fedeltà alla storia, al punto che il libretto sembra adattato alla riscrittura di Muscato e invece è tutto originale. Ecco dunque la soffitta, a cui si accede da una botola, che pare un appartamento di giovani universitari: Rodolfo alle prese con il lavoro di giornalista fa ticchettare una “Lettera 22”, Marcello dipinge con lo spazzolone (e il pavimento è coperto da un telo con bave di colore che rimandano a un delicato sogno surrealista ma rivisto con lo sguardo di Jackson Pollock), Schaunard suona la chitarra elettrica esprimendo la sua anima rock e Colline non si separa dai suoi libri trascinandoli in un carrellino. Nel secondo quadro, colorato e divertente, la festa al bar diventa un party di Natale in stile musical: i coristi sui cubi ballano e cantano, gli arredi zebrati come i vestiti dei camerieri, la banda che ricorda i Boney M., l'albero della cuccagna di Parpignol, i bambini coi palloncini in mano che poi volano nel cielo, bianchi, rossi e blu. Il terzo quadro mostra l'altro volto degli anni Sessanta, le proteste operaie e gli scontri con la polizia per il riconoscimento dei diritti dei lavoratori. Siamo davanti alle fonderie d'Enfer, una lunga barricata confina gli operai dentro la fabbrica, guardati a vista da poliziotti in tenuta antisommossa, mentre gli spazzini sono intenti a rimuovere i cubetti di porfido appena lanciati dai contestatori. Il rimando all'originale è raffinato: un cartellone in un angolo propone il menu del bistrot d'Enfer. Musetta arringa gli operai come una sindacalista, Marcello dorme in un camioncino oltre le barricate. Seduti su una panchina solitaria in proscenio, Mimì e Rodolfo sembrano i celebri fidanzati di Peynet. Nel quarto quadro siamo di nuovo nella soffitta, ma il tempo è trascorso e i ragazzi se ne vanno, imballando i pochi averi dentro scatoloni chiusi con lo scotch che trasportatori in tuta portano via in seguito al pignoramento eseguito da Benoit per il mancato affitto. Il passaggio dal primo momento al secondo momento del quadro è assai efficace, un taglio di luce con effetto cinematografico che porta dalla soffitta alla camera di un ospedale. Rispetto alla scorsa edizione, ha convinto pienamente la scena dell'ospedale sia per i tempi in cui la rappresentazione è ambientata sia per la crudezza del momento che risulta emotivamente ancora più efficace e commovente. La disperazione di Rodolfo diventa straziante nel momento in cui gli amici lo trattengono dall'abbraccio con l'amata, ormai morta. Quindi i quattro ragazzi e Musetta restano in ombra e una lama di luce evidenza la scritta sul muro “combat avec nous pur vivre libre”. La scena di Federica Parolini è perfetta, sobria e colorata al tempo stesso sui toni prevalenti dei tre colori francesi, simbolo universale dei valori fondanti le società contemporanee (i due cambi scena a vista sono essi stessi uno spettacolo), come perfette sono le coreografie: il valzer di Musetta è un momento di altissimo spettacolo; splendidi i costumi di Silvia Aymonino, come splendide sono le luci di Alessandro Verrazzi che, in questa edizione, sono state riviste e rese ancora più incisive a evidenziare i vari momenti e i dettagli dei costumi (ad esempio le cerate gialle degli spazzini all'apertura del terzo quadro, impegnati a raccogliere i sampietrini lanciati per protesta). Leo Muscato è regista sensibile e di grande talento, in grado di applicare la cura attoriale della prosa anche all'opera lirica e così scolpendo personaggi a tutto tondo e conferendo all'azione grande pregnanza drammaturgica. Muscato pone al centro di tutto il ruolo del cantante-attore e ricorre a pochi, economici (ma poeticissimi) elementi per ricreare un mondo. Ben collaborano i cantanti, tutti impegnati in prove attoriali di grande bravura: a ogni movimento ne corrisponde un altro, azione e reazione in ogni gesto in modo da catturare l'attenzione dello spettatore consentendo di seguire perfettamente il dipanarsi della storia raccontata da Puccini.
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David Crescenzi assicura i tempi giusti e crea un buon raccordo tra palco e buca, guidando la Filarmonica marchigiana con impegno. Carmela Remigio e Arturo Chacon-Cruz sono molto affiatati e perfettamente credibili nei ruoli dei protagonisti; se le voci non sono particolarmente grandi, i due cantanti hanno un modo eccellente di porgere il canto e di rendere le pieghe dei personaggi; la Remigio, in particolare, conquista per la sensibilità delle mezze voci e per una linea di canto ferma e ricca di armonici, tesa a rendere una Mimì che si sente inadeguata al cospetto di ragazzi così dotati di talento, lei che, operaia nella fonderia d'Enfer (nel primo quadro indossa il camice azzurro che nel terzo vedremo sulle altre), passa il tempo libero a ricamare i fiori di stoffa. Larissa Alice Wissel è una Musetta di grande bellezza, sicura sulla scena e con voce ampia e sonora. Damiano Salerno ha voce scura che ben si presta al ruolo di Marcello, affrontato con un controllo del proprio mezzo. Andrea Porta è un intenso Schaunard dall'anima rock, il ricciuto Colline di Andrea Concetti non fa fatica nell'aria della zimarra. Con loro, adeguati ai ruoli, Alessandro Pucci (Parpignol), Antonio Stragapede (Benoit) e Giacomo Medici (Alcindoro). A completare il cast Roberto Gattei, Gianni Paci, Giovanni Di Deo, il coro lirico marchigiano preparato da Carlo Morganti, i Pueri cantores Zamberletti e la Banda Salvadei. Dopo l’anteprima riservata ai giovani e la prima a cui abbiamo assistito, due le recite in cartellone (1 e 7 agosto), la prima delle quali con audio-descrizione per i non vedenti. Visto il 26/7/15 a macerata (mc) Teatro: sferisterio Voto:
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Macerata Opera Festival 2015: “La Bohème” | GBOPERA
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Musica di Giacomo Puccini
barbiere-di-siviglia/)
Mimì CARMELA REMIGIO Rodolfo ARTURO CHACON-CRUZ Musetta LARISSA ALICE WISSEL Marcello DAMIANO SALERNO Schaunard ANDREA PORTA Colline ANDREA CONCETTI Benoît ANTONIO STRAGAPEDE Alcindoro GIACOMO MEDICI Parpignol ALESSANDRO PUCCI Sergente dei doganieri ROBERTO GATTEI 1 di 6
Un doganiere GIANNI PACI FORM Orchestra Filarmonica Marchigiana
(http://www.gbopera.it /2015/08/martina-franca41-festival-della-valle-ditriameda-in-corinto/) 06/08/15 15:08
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Macerata, 1 agosto 2015
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(http://www.gbopera.it /2015/07/milano-teatroalla-scala-il-barbieredi-siviglia/) (http://www.gbopera.it/wp-content/uploads/2015/08 /boheme1.jpg)Dopo Rigoletto ed il dittico Cavalleria Rusticana e Pagliacci, la stagione lirica dell’Arena Sferisterio di Macerata riprende con il terzo ed ultimo titolo in cartellone, La Boheme di Giacomo Puccini per la regia di Leo Muscato e le scene di Federica Parolini. Si tratta dell’unica ripresa della stagione, un allestimento questo che infatti debuttò proprio qui nel 2012 e che subito si distinse nello scenario lirico, tanto da meritare il premio Abbiati per la miglior regia. Per di più, in questa ripresa lo spettacolo si avvale del nuovo light design di Alessandro Verazzi, più intenso
(http://www.gbopera.it /2015/07/teatro-carlo-felicedi-genova-la-vedovaallegra/)
ed incisivo rispetto alla prima edizione, nonché di un’attenzione maggiore
in
alcuni
dettagli
registici.
Potremmo
citare
il
meraviglioso libro di Lawrence Ferlinghetti “Parigi, 1968: L’amore nei giorni della rabbia” per presentare La Bohème firmata da Leo Muscato. Intorno ai personaggi di Mimì e Rodolfo tutto si muove continuamente, mentre le febbrili passioni e le manifestazioni di piazza
si
(http://www.gbopera.it/wp-content/uploads/2015/08
(http://www.gbopera.it
/Boheme-sferisterio-2015-1.jpg)avvicendano senza sosta. Parigi è
/2015/07/61-festival-puccini-
la vera protagonista della scena, con il suo quartiere latino dove il
torre-del-lago-turandot/)
Café Momus si trasforma in una discoteca con cubi zebrati su cui si esibisce il Coro in un ballo di gruppo durante i festeggiamenti 2 di 6
natalizi. La barriera d’Enfer all’occasione trasformata nelle Fonderie d’Enfer con la lunga cancellata reticolata presidiata da
06/08/15 15:08
Macerata Opera Festival 2015: “La Bohème” | GBOPERA
http://www.gbopera.it/2015/08/macerata-opera-festival-2015-...
picchetti di scioperanti, e nel finale, la soffitta tra i tetti di Parigi, ormai svuotata dei colori e delle illusioni, diventa una stanza di ospedale con tanto di medici, infermieri nell’atto di assistere la povera Mimì morente a causa proprio delle esalazioni tossiche della fonderia. Tante immagini che ricordano i moti rivoluzionari, i murales con i loro evocativi messaggi, imbrattati con l’intento di trasmettere il desiderio di cambiamento ed esprimere la propria rabbia contro “l’establishment”. Nonostante evidenti forzature rispetto
al
libretto,
l’allestimento
è
(http://www.gbopera.it
/wp-content/uploads/2015/08/boheme-3.jpg)sempre
credibile
e
coerente rispetto alla propria dimensione narrativa. Le scene di Federica Parolini sono di grande impatto visivo, con uno sfondo che si sposa perfettamente alla regia di Leo Muscato che ha saputo ancora una volta trarre il massimo profitto dal lavoro con i cantanti/attori. I costumi di Silvia Aymonino
sono
coloratissimi: materiali e foggia in pieno “hippy style”, ma con un gusto
tutto
squisitamente
francese.
Dirigeva
l’Orchestra
3 di 6Filarmonica Marchigiana David Crescenzi che è riuscito a far
risaltare la parte musicale con i giusti accenti. Il suono giunge
06/08/15 15:08
Macerata Opera Festival 2015: “Lamorbido, Bohème” | o GBOPERA http://www.gbopera.it/2015/08/macerata-opera-festival-2015-... qualche volta troppo debole, ma nel quadro delle
lunari
atmosfere
suggerite
dalla
vicenda,
la
prestazione
complessiva risulta positiva. Mimì è Carmela Remigio, che da esperta professionista qual è, non ha problemi ad avere ragione della parte, pur non imponendosi né per meriti vocali né per una particolare fantasia interpretativa. Più volte si è notato infatti una linea di canto discontinua e come intaccata da tratti veristi non propriamente in linea con la partitura pucciniana. L’artista ha comunque emozionato soprattutto nel terzo quadro e nel duetto finale regalando momenti di (http://www.gbopera.it/wp-content
/uploads/2015/08/boheme-2.jpg) sfumata liricità. Arturo Chazon Cruz è un Rodolfo corretto ma non ancora completo. Manca in verità di fibra e la voce alle volte risulta poco proiettata, tendendo quindi a venire talvolta coperta dall’orchestra. Ciononostante, il tenore possiede uno strumento vocale abbastanza versatile, mentre risulta scenicamente credibile solo a tratti, spingendo anch’egli il personaggio verso una caratterizzazione un po’ troppo “nevrotica”. Bellissima l’interpretazione di Larissa Alice Wissel nel ruolo di Musetta. Con la sua disinvoltura scenica ed il bellissimo timbro ha incantato il pubblico di Macerata che ha saputo ripagarla con convinti applausi a scena aperta. Il quartetto degli scapestrati “bohèmiens” vede emergere il Colline di Andrea Concetti, che con voce ineccepibile ha cantato un’elegante “Vecchia Zimarra”. Non meno centrato il gruppo degli altri interpreti, tutti ben calati nei rispettivi personaggi; Damiano Salerno
(Marcello),
Andrea
Porta
(Shaunard),
Antonio
Stragapiede (Benoit), Alessandro Pucci (Parpignol) e Giacomo Medici (Alcindoro). Inappuntabile la prova del Coro Lirico Marchigiano diretto dal maestro Carlo Morganti. 4 di 6
(http://www.gbopera.it/2015/08/macerata-opera-festival-
06/08/15 15:08
Una modernissima Bohème
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Autore Paola Cecchini (/paolacecchini)
(/paolacecchini) Giornalista, scrittrice e traduttrice, è appassionata di arte, musica e teatro. Ha pubblicato numerosi libri, presentandoli nei più importanti Istituti Italiani di Cultura in Europa e America...
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Parigi nel Sessantotto: periodo di fermento politico per antonomasia: esplosione di ideali e tensioni contrapposte, legami, amori e passioni, ma anche giovani in piazza, proteste, scioperi e nuove consapevolezze... tutti elementi che si sposano con il mondo musicale e drammaturgico della Bohème di Puccini (uno dei capolavori più emozionanti del teatro musicale italiano e non), in scena al Macerata Opera Festival ieri sera, attraverso la regia di Leo Muscato (repliche 1° e 7 agosto). A tre anni di distanza dal debutto allo Sferisterio e dal Premio Abbiati, Muscato ha presentato in anteprima l'opera nell'ambito degli Aperitivi Culturali, l'iniziativa di grande successo che com'è noto, anima gli Antichi Forni durante il Festival operistico.
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Una modernissima Bohème
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Il caffè Momus trasformato in discoteca dove i membri del Coro Bellini si esibiscono in un ballo di gruppo sfrenato, la Home Login barriera d’Enfer trasformata nelle Fonderie d’Enfer con una lunga cancellata presidiata da picchetti di scioperanti e poliziotti pronti ad intervenire : si scoprirà poi che Mimì morirà per le esalazioni tossiche della fabbrica dove lavora, in un'asettica stanza ospedaliera, circondata da medici e infermieri... Certo, il libretto é superato ampiamente ma l’allestimento, firmato da Federica Parolini è di grande impatto visivo e comunque non trascende mai la vicenda. In puro “hippy style” i costumi, coloratissimi, curati da Silvia Aymonino, mentre le luci di Alessandro Verazzi (che ha lavorato anche in Cavalleria Rusticana, Pagliacci e Rigoletto) creano una cornice perfetta a questa “macchina da guerra” assolutamente travolgente. Moderna é anche l'interpretazione di Mimì da parte del soprano pescarese Carmela Remigio, cui si apriranno nella prossima stagione le porte del Donizetti di Bergamo (Anna Bolena), della Scala (Incoronazione di Poppea), del Festival di Salisburgo (Don Giovanni) e della Fenice di Venezia (Amico Fritz). “La Bohème di Muscato rappresenta uno splendido e delicato incastro tra modernità e tradizione- ha commentato la Remigio alla stampa- Mimì fa sempre pensare alla fragile fanciulla che bussa ingenuamente alal porta del vicino per chiedergli di accendere il suo lume. Proviamo per uan volta a pensare ad una ragazza che spia i ragazzi della porta accanto e trova infine un pretesto per conoscerne uno. Non potrebbe essere? Resterebbe sempre dolce e fragile ma sarebbe per una volta anche un po' audace!” Data 26/lug/2015
Paola Cecchini (/paolacecchini) ha aggiunto un articolo (/articles/13588/una-modernissimaboheme). (/paolacecchini) ! Oggi alle 16:19
Una modernissima Bohème (/articles/13588/una-modernissima-boheme) (Sessantotto a Parigi: balli e proteste sindacali)
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(/articles/13588/una-modernissima-boheme) Data 26/lug/2015 Parigi nel Sessantotto: periodo di fermento politico per antonomasia: esplosione di ideali e tensioni contrapposte, legami, amori e passioni, ma anche giovani in piazza, proteste, scioperi e nuove consapevolezze... tutti elementi che si sposano con il mondo musicale e drammaturgico della Bohème di Puccini (uno dei capolavori più emozionanti del teatro musicale italiano e non), in scena al Mostra di più
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Una Bohème ricca d’allegria ma povera di pathos | Cronache...
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17:57 Unimc con affitto.it aiuta gli studenti17:41 Il tolentinate Simone Ruffini
Una Bohème ricca d’allegria ma povera di pathos LA RECENSIONE - Il ritorno del festoso ma nostalgico allestimento di Leo Muscato dispensa applausi per la regia e la direzione d'orchestra di David Crescenzi. Carmela Remigio e Arturo Chacón-Cruz offrono una prova corretta ma non entusiasmante. Buon successo personale per la Musetta di Larissa Alice Wissel e per il Colline di Andrea Concetti. Pubblico poco disciplinato e poco elegante nell'abbigliamento e nel comportamento in teatro
lunedì 27 luglio 2015 - Ore 15:42 - 2.060 letture Tweet
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La festa del secondo quadro
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Una Bohème ricca d’allegria ma povera di pathos | Cronache...
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di Maria Stefania Gelsomini Trenta e lode per la recitazione, l’interpretazione, l’intenzione. Per il resto, visto che siamo nel Sessantotto, è un diciotto politico. Il debutto ieri sera della Bohème di Giacomo Puccini firmata Leo Muscato, terzo titolo del Macerata Opera Festival, è un atteso ritorno sul palcoscenico dello Sferisterio dopo il successo del 2012. La regia di Muscato, che viene dalla prosa e non si dimentica mai di essere stato anche attore, non lascia niente al caso e cura ogni dettaglio fin nei minimi particolari, ma questo si era già avuto modo di apprezzarlo tre anni fa. A maggior ragione dispiace dover prendere atto che il canto raggiunge la sufficienza ma nulla di più, o per meglio dire, che le voci non sono le protagoniste né rappresentano il valore aggiunto di uno spettacolo così ben confezionato.
Il caffè Momus (secondo quadro) Funziona alla perfezione il cast dei comprimari, ormai collaudato. Marcello (il baritono Damiano Salerno), Schaunard (il baritono Andrea Porta) e Colline (il basso Andrea Concetti, il Bottom dei Sogni di una notte di mezza estate di Micheli nel 2013) sono le imperdibili simpatiche canaglie di questo show. Ognuno di loro sa offrire una prova generosa sotto il profilo vocale e recitativo, che convince e che diverte dall’inizio alla fine: un pittore, un musicista e un filosofo, tre giovani scanzonati e sgangherati che incarnano alla perfezione l’idea degli scapigliati (e capelloni) sessantottini, eredi naturali dei bohémien di un secolo e mezzo prima raccontati da Puccini, Illica e Giacosa. Un trio affiatato e scatenato che si ritrova sullo stesso palco a distanza di tre anni senza aver perso un filo di smalto. Lo stesso vale per il Benoit di Antonio Stragapede, riconfermato dall’edizione precedente, e per l’Alcindoro affidato alla new entry Giacomo Medici, caricature di due vecchi idioti entrambi gabbati (e spennati) dalle furbesche trovate del gruppo di giovani spiantati.
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Rodolfo, Schaunard, e Colli
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Una Bohème ricca d’allegria ma povera di pathos | Cronache...
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Carmela Remigio, Mimì In questa Bohème c’è allegria, c’è spensieratezza, c’è energia, ci sono tutti i colori dell’arcobaleno. Ma manca il pathos, e manca la potenza delle voci. Nessuno può mettere in dubbio la bravura e la tecnica di Carmela Remigio, ma forse non è Mimì. La soprano pescarese, che sarà impegnata anche nel recital dei Mercoledì Mania “Salotto Italiano” (il 5 agosto al Lauro Rossi accompagnata al piano dal maestro Leone Magiera), è ormai una “vecchia” conoscenza del pubblico maceratese, che la ricorda come Fiordiligi nel Così fan tutte al Lauro Rossi nel 2011 con Pizzi, come Helena nei Sogni di una notte di mezza estate di Micheli e nel concerto in onore di Beniamino Gigli nel 2013. Dal barocco alle opere di Mozart, la Remigio ha incluso ormai nel suo repertorio anche ruoli verdiani e pucciniani, come appunto Mimì. Canta bene la Remigio, e anche ieri sera ha eseguito tutto come si deve, ma resta chissà perché quella sensazione quasi di affettazione, di una certa rigidità anche fisica, nei movimenti fin troppo accentuati e caricati, che non sembra farla stare a suo agio in questo ruolo da ragazzina fragile. Ciò che invece riesce benissimo al suo innamorato Rodolfo, un Arturo Chacón-Cruz iperattivo e quasi ginnico nelle sue corse, nei suoi salti e capriole e nel suo stare sul palco, perennemente con le mani fra i capelli nei momenti di inconsolabile drammaticità. Ce la mette tutta Chacón-Cruz, e siccome alla fine alle note alte ci arriva, il pubblico lo gradisce. Ma anche lui non è Rodolfo, o non un Rodolfo con la consistenza richiesta da un teatro all’aperto. La voce non è grande e il giovane tenore messicano canta spesso con la voce indietro, tecnica che fa risultare la voce innaturalmente più scura e grossa di quanto non sia. Nonostante una partenza in sordina (Nei cieli bigi) – in tutti i sensi perché sul serio, nonostante l’acustica senza uguali dell’arena Sferisterio, si sentiva poco e spesse volte era coperto dall’orchestra – poi recupera nel corso della recita e ottiene comunque un buon successo personale. Dopo Macerata Chacón-Cruz, protagonista nei Racconti di Hoffmann alla Scala nel 2012, canterà nello Schicchi a Los Angeles, quindi a Budapest e a Londra nella Royal Festival Hall. Due voci forse non adatte per lo smisurato palco dello Sferisterio, fatto sta che non arriva quel tuffo al cuore che da Rodolfo e Mimì sempre ci si aspetta.
Colline, Schaunard, Marcello e Rodolfo (Primo quadro)
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28/07/15 11:13
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Il direttore d’orchestra David Crescenzi, vive a Porto Recanati Molto apprezzata dal pubblico la Musetta della giovane soprano tedesca Larissa Alice Wissel, volutamente sopra le righe e dotata di una voce dallo squillo potente. Buona prova sul podio anche per il maestro David Crescenzi, il marchigiano che vive a Porto Recanati, attualmente direttore artistico e musicale dei teatri del Cairo, Bucarest e Timisoara, che torna in veste di direttore d’orchestra nel suo Sferisterio (è stato direttore del coro Bellini), dove ha inaugurato la stagione lirica 2008 con Cleopatra di Lauro Rossi – in prima mondiale in epoca moderna –, dopo il Galà Gigli del 2013 e la serata in onore del cinquantenario del Festival dello scorso anno.
Mimì e Rodolfo (terzo quadro) La rivoluzione raccontata da Muscato non è più quella del luglio 1830 di Puccini ma quella più vicina a noi del Sessantotto. Il primo atto, che si apre nella soffitta ingombra di tele giganti, vecchie poltrone e oggetti di ogni tipo, è l’ingresso nel mondo colorato e folle dei quattro amici: Rodolfo, che batte a macchina i suoi versi d’amore, Marcello avvolto in uno scialletto patchwork che dipinge una tela in terra come un madonnaro, Schaunard che entra con un caschetto in testa, un cappotto maculato e un basso a tracolla, e Colline, col suo carrellino zeppo di libri e la zimarra-trench a scacchi gialli e neri. Senza un soldo, senza cibo e senza potersi riscaldare vivono, giocano e scherzano tra una cyclette azzurra, letti sfatti con le coperte a fiori e latte di vernice. Una goliardia di cui fa le spese anche il padrone di casa, il signor Benoit, che viene scaraventato dalla poltrona direttamente giù per le scale della soffitta. L’arrivo di Mimì, già malata (ma un po’ stile brunetta dei Ricchi e Poveri) quando gli altri se ne sono andati a festeggiare la vigilia di Natale per le strade di Parigi, sconvolge tutto. È amore a prima vista, è la fine della spensieratezza. Rodolfo incontra la gelida manina di Mimì, e la luna si illumina sul muro di fondo dello Sferisterio che diventa un cielo blu elettrico per il tempo dell’aria. Alla fine applausi, seppur non scroscianti, sia per Rodolfo (Chi son? Sono un poeta) che per Mimì (Sì mi chiamano Mimì) e dopo il duetto di finale d’atto.
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Una Bohème ricca d’allegria ma povera di pathos | Cronache...
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Lo Sferisterio, ieri sera (foto Andrea Petinari) Un pubblico un po’ strano e indisciplinato quello di ieri sera, che ne ha combinata più di una. Cominciamo dall’eleganza, non pervenuta. Non era la serata inaugurale del Festival d’accordo, ma era pur sempre una prima! E per essere una prima mancavano tacchi, abiti lunghi e gioielli, sostituiti da sandali, zaini e acciaccati abitini di lino. Va beh, ci può anche stare. Ma una parte di pubblico che fa scattare l’applauso (e un’altra buona parte pronto ahimè a seguirlo) nel finale del primo atto, credendo che sia finito solo perché Rodolfo e Mimì escono di scena, quando invece devono ancora finire di cantare sembra troppo, non ci può stare. Possibile? Altri tentativi di applauso a scena aperta nel secondo atto all’indirizzo di una divertente e brava Musetta, quando però si sta ancora cantando, e sul finale di atto prima del bacio di riconciliazione fra Musetta e Marcello. Possibile? E che dire dei cambi scena tra primo e secondo atto e fra terzo e quarto atto? Starnuti che rimbombano per tutta l’arena, voci stentoree che parlano senza ritegno a tutto volume. Possibile? Oltre alle trame bisognerebbe insegnare anche l’educazione per stare a teatro e il rispetto, per lo spettacolo che si sta guardando e per le persone che ci stanno lavorando.
Rodolfo e Mimì (Secondo quadro) Il secondo atto è la raffigurazione della festa all’ennesima potenza. Luci, colori, danza, risate. Ci sono i bambini seduti sul bordo palco con i palloncini in mano e il cappellino di Babbo Natale in testa, ci sono i parigini agghindati di tutto punto che eseguono coreografie sui cubi, camerieri del caffè Momus che corrono indaffarati da un lato all’altro della scena, c’è Parpignol coi suoi giocattoli vestito da Babbo Natale. Rodolfo e Mimì fanno già coppia fissa e gli altri amici se la spassano ai tavolini del locale, fino all’arrivo di Musetta, sirena d’argento fasciata in un abito di lamé, una diva che si trascina dietro il vecchio babbeo Alcindoro, pacchi, facchini e poltrone zebrate. Comincia il dialogo a distanza con il suo innamorato Marcello, pazzo di gelosia, che lei stuzzica con ogni astuzia, anche con un sensuale balletto reso comico dai quattro mimi che ne imitano le movenze ispirandosi ai passi dei danzatori classici.Completano il divertimento i capelloni della banda (la Salvadei Brass) che entra in scena sul finale di atto, capitanata dal direttore musicale di palcoscenico Gianfranco Stortoni, irriconoscibile con la parrucca bionda, occhialoni, baffi spioventi e chitarra elettrica. Con un lancio patriottico di palloncini bianchi rossi e blu liberati nel cielo di Macerata/Parigi si va all’intervallo.
Marcelo e Rodolfo (Terzo quadro) Nel terzo atto lo scenario cambia completamente. Siamo all’esterno della Fonderie d’Enfer, il colore dominante è il grigio, alte barriere dividono gli scioperanti dai poliziotti che fanno la ronda, gli spazzini raccolgono le pietre e i mattoncini lanciati per protesta, una due cavalli azzurra furgonata prende il posto del locale dove Marcello dipinge. L’ingresso di Mimì segnata ormai dalla malattia completa il quadro. Al posto del cappottino azzurro del primo atto ora ne indossa uno color ocra, al posto del baschetto rosa (la cuffietta) regalatole da Rodolfo ne calza uno rosso. Il petto è scosso dalla tosse, le forze iniziano a mancare. Bello il duetto carico di dolore tra Marcello e Mimì, bene anche quello successivo fra Marcello e Rodolfo, anche se quest’ultimo si sente sempre poco, come nel successivo “Che? Mimì! tu qui”, quando si accorge della presenza di lei, nascosta dietro una panchina. La Remigio qui forza un po’ troppo i movimenti, simile a una bambola che si muove a scatti, e nel suo tentativo iniziale di allontanare Rodolfo risulta quasi quasi antipatica. L’Addio senza rancor è cantato bene da entrambi, ma il pathos dov’è? Sempre efficace il quartetto finale con X e drammatico di Marcello e Musetta, che si stuzzicano, si insultano e poi fanno la pace rifugiandosi dentro la macchina, in contrasto con l’amore tenero Rodolfo e Mimì (Ci lasceremo alla stagion de
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Musetta (Secondo quadro)
Mimì e Rodolfo (Quarto quadro) Altro cambio scena tra terzo e quarto atto e si ritorna nella soffitta ormai vuota dei quattro bohémien, con Marcello e Rodolfo intenti a impacchettare le ultime cose rimaste, fingendo indifferenza per la sorte delle rispettive amate, che hanno perso di vista da qualche tempo. Ma la nostalgia ha il sopravvento (O Mimì, tu più non torni), e culmina nel duetto tenore-baritono in cui la voce di Arturo Chacón-Cruz si sente poco, ricevendo un applauso poco convinto. È l’ultimo momento di allegria, con i quattro monelli che improvvisano improbabili passi di danza tra fandango e minuetto, con Rodolfo che imita Charlot e Colline e Schaunard che fingono un incontro di boxe.
Mimì e Rodolfo (Quarto quadro) X
Con l’entrata in scena improvvisa di Musetta tutto finisce: Mimì è in fin di vita e ha voluto essere accompagnata lì. Perciò, l’ingresso di Mimì su una barella d’ospedale circondata da medici infermieri forza e non poco il senso del libretto. Ottimo Andrea Concetti quando si spoglia della sua Vecchia zimarra, applaudito convintam imì li passano su quel lettino bianco, lei distesa e lui ad abbracciarla, accarezzarla, i per il futuro Mimì, col manicotto che le ha
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La Bohème del maggio francese allo Sferisterio di Macerata Oltrecultura: Recensioni Musica © - Lirica ®
Scritto da Demetrio Spinola Sabato 08 Agosto 2015 00:59
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(in progress) La felice stagione estiva, con affluenza di pubblico da anni d'oro e con buona qualità media delle produzioni, ha avuto in La Bohème di Giacomo Puccini, rappresentata allo Sferisterio di Macerata dal 23 luglio al 7 agosto 2015, una conferma piena. Con l'originale e storico-materialistica regia di Leo Muscato, la conduzione di David Crescenzi, le scene di Federica Parolini e un cast che ha visto in Carmela Remigio nel ruolo di Mimì una protagonista di grande classe, accanto ad Arturo Chacón-Cruz in Rodolfo; Larissa Alice Wissel nel ruolo di Musetta, Andrea Concetti, eccellente in Colline, Damiano Salerno interprete di
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Marcello e un brillante Andrea Porta in Schaunard, l'opera di Puccini che celebra gioventù e utopie ha fatto registrare il sold-out in tutte le repliche. L'idea di Muscato di "fingere l'azione" nei mesi che precedettero, o seguirono, il Maggio francese è stata perseguita con coerenza, nitidezza e didascalica intelligibilità. Il saggio di Diego Fusaro riportato sul programma di sala pone ancora in maggior rilievo il taglio ideologico della lettura di Muscato. Se le interpretazioni borghesi lungo un secolo avevano sbalzato il monito, sottinteso in Illica e Giacosa, che recitava di una tragedia consumatasi anche in conseguenza di scelte di vita fuori dagli schemi perbenisitici e conformisti di fine '800, Leo Muscato, pur obbligato a mantenere l'epilogo tragico, conferisce valenza al portato di utopie di quattro giovani del Sessantotto francese, mostrandoli come vittime di una società repressiva, ma immortalandoli come profeti di una stagione, rivelatasi poi troppo breve, di progresso nei diritti e nel benessere. Quella famiglia, il cui valore viene strumentalmente usato per irridere e quasi ricattare il fedifrago Benoît (impersonato nella circostanza da Antonio Stragapede), per quasi due secoli era stato strumento nelle mani del capitalismo in espansione; la responsabilità del proprio nucleo familiare agiva da deterrente contro azioni rivoluzionarie della classe lavoratrice, inoltre i bisogni familiari creavano una fascia di consumi irrinunciabili e di pseudo-necessità per far fronte alle quali ricorrere al credito, determinando in tal modo una circolazione di denaro e di beni che, dilazionando il debito, allontanava le crisi di sottoconsumo, autentico spettro in sistema imperialistico non globalizzato. L'attuale assetto, invece, permette un mercato globale nel quale il produttore di beni può vedere sempre più compresso il proprio potere
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d'acquisto, poiché è entrata in piena vigenza la separazione tra paesi produttori di beni, con classi lavoratrici ipersfruttate, e paesi consumatori di beni, popolati in prevalenza da lavoratori e operatori della finanza pura, priva di riscontro materiale di economia di produzione, La famiglia perde il ruolo calmieratore di mercati e di pretese e può divenire mero argomento etico-religioso, fatta eccezione per quel comandamento, forse smarrito da Mosè, che dispone di non riversare la pensione sui superstiti. Ma torniamo all'argomento proprio di La Bohème. Andata in scena per la prima volta a Torino , al Teatro Regio il 1° febbraio del 1896, con la definizione di "Scene liriche in quattro quadri", la tragica storia di Mimì rappresenta probabilmente la più autentica ed alta espressione del decadentismo in musica; il primato è conteso in “famiglia Puccini” da opere quali Tosca, Turandot, Manon Lescaut, ma ciascuna possiede qualcosa in difetto o in eccesso. L’eroina romana rivela “scorie” romantico-risorgimentaliste e tracce di verismo in nuce, Manon è carente di momenti di reale abbandono, Turandot è al tempo stesso moderna nel linguaggio ma antichissima nell’utilizzo dell’enigma e sposta, soprattutto, l’episodio tragico su una deuteragonista come Liù. “Tutta poesie e niente fatto”, questa è una definizione che Giuseppe Giacosa attribuì a La Bohème. La storia di Mimì era stata pubblicata dapprima a puntate come feuilleton, romanzo d’appendice di Murger tra marzo 1845 e l’aprile 1849 su “Le Corsaire Satan” col titolo di “Scenes de la Bohème” e divenuta commedia come “La vie de Bohème”, rappresentata nel 1849 con tale successo da indurre l’autore a realizzarne un romanzo col titolo con cui è giunto ai librettisti di fine secolo di “Scènes de la vie de Bohème”. Già Leoncavallo era da qualche mese al lavoro sul medesimo soggetto quando Puccini, probabilmente il 1 9 il 20 marzo del 1893, a Milano, informò il suo collega di avere intenzione di porre immediatamente mano a La Bohème. I giornali cittadini si schierarono dividendosi in due fazioni, ma non vi fu in realtà una lotta per la primogenitura. "Del resto cosa importa al Maestro Leoncavallo di questo? Egli musichi, io musicherò, il pubblico giudicherà. La precedenza in arte non implica che si debba interpretare il medesimo soggetto con uguali intendimenti artistici”. Tuttavia sembrerebbe che le rimostranze di Leoncavallo avessero un’altra motivazione che non fosse il primato temporale; infatti lo stesso musicista di Pagliacci, aveva sottoposto, in qualità di librettista, il soggetto di Bohème a Puccini e questi non lo reputò, nel 1892, degno di attenzione.
Luigi Petrosino - Grafico e Pittore
E’ probabile che il Maestro lucchese non fosse stato ben impressionato dalla qualità poetica del lavoro di Leoncavallo e ne abbia anche frettolosamente abbandonata la lettura. A dar forma alla storia creata da Henri Murger (1822-1861), che vi introdusse forti connotazioni autobiografiche (l’amante del poeta morì di tisi) furono chiamati due autori che avrebbero segnato tappe importanti del teatro musicale; Giuseppe Giacosa e Luigi Illica.
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Il primo avrebbe ricoperto il ruolo di rimatore, mentre al secondo sarebbe stato affidato quello di sceneggiatore: un sodalizio mai pareggiato! “Gli autori del presente libretto, meglio che seguire a passo a passo il libro di Murger (anche per ragioni di opportunità teatrali e soprattutto musicali) hanno voluto ispirarsi alla sua essenza racchiusa in questa mirabile prefazione”. Scrivono Illica e Giacosa, riferendosi alla premessa di Murger al romanzo che riportiamo stralciata: “La loro esistenza è un’opera di genio (...) quando il bisogno ve li costringe, astinenti come anacoreti – ma se nelle loro mani cade un po’ di fortuna, eccoli cavalcare in groppa alle più fantasiose matterie, amando le più belle donne e le più giovani, bevendo i vini migliori (....)". Il "trio" Puccini-Illica-Giacosa aveva colto perfettamente il clima della società borghese di fine XIX secolo, desiderosa di certezze e preoccupata per le nuove dinamiche sociali che l'industrializzazione avanzata stava promuovendo. Le argomentazioni risorgimentaliste, che avevano costituito elemento centrale o di sfondo alla produzione verdiana, non solo avevano perduto ragion d'essere, una volta raggiunta lUnità d'Italia, ma rischiavano persino di incrinare i processi di pacificazione interna e di
Dove saremo
reclutamento delle classi medie ancora nostalgiche del recente passato, in cui, pur sotto dominazioni straniere, si erano ritagliate piccoli e grandi privilegi. La letteratura e ancor più il melodramma avevano la necessità di porre al centro vicende e personaggi della vita comune. Il bivio che si prospettava conduceva al verismo, da un ramo, e all'impressionismo, dall'altro; il primo con maggiore affinità con le
Area Riservata
istanze socialiste e populiste, che diverranno prede, spesso incolpevoli, del fascismo; il secondo aperto a vedute più europee e a forte impronta borghese. La gran parte del mondo musicale italiano imboccò la via verista, costituendo la "Giovane Scuola", Puccini ebbe il coraggio di differenziarsi da subito rinunciando ad ogni suggestione verista: in questa scelta va ricercato il motivo del successo della versione pucciniana de La Bohème rispetto a quella di Leoncavallo, che pure musicista di talento e di ottima scuola era. L'argomento bohémien transalpino visto con occhi veristi si prestava poco all'ironia e a quel quadro di gioventù perduta che sono precipui in Puccini;Leoncavallo puntò sugli aspetti tragici e sulla rispondenza alla realtà. La malinconia e la tragedia sentimentale, rimovibile con un fazzoletto bene a portata di mano (Puccini), diventavano evocazione di privilegi perduti definitivamente o di ingiustizie sociali a cui porre fine (Leoncavallo). Claudio Sartori :"La sua vicenda scenica è sempre fantastica, mai naturalistica, mai verista, è un puro prodotto dell'immaginazione, d'intuizione, di sensibilità, di arte, è sottilmente simbolica e profondamente, costituzionalmente irreale". Non sarà un caso se il musicista lucchese rifiutò di musicare "La lupa" di GiovanniVerga, autore che invece era stato, sia pure con mistificazioni e controverse attribuzioni di diritti, protagonista del successo di Cavalleria rusticana di PietroMascagni solo cinque anni prima. Al progetto impressionista del musicista contribuiscono in piena sintonia, malgrado i vivaci scambi epistolari, Illica e Giacosa, che confezionano un libretto volutamente privo dell'unità di azione di aristotelica memoria e che è suddiviso in quadri, anziché in atti, a sottolineare che di momenti isolati si tratta e che non va nemmeno ricercata la continuità della vicenda. Si è detto come la fonte letteraria per la coppia di librettisti siano stati il romanzo d'appendice "Scènes de la Bohème" e la commedia "La vie de la Bohème" e la versione finale, sempre curata da Henri Murger, edita nel 1851 con il titolo di "Scene de la vie de Bohème"; i personaggi protagonisti del racconto in massima parte autobiografico di Murger subirono trasformazioni nel corso delle tre riedizioni e ancor più nella trasposizione per melodramma che operarono sui testi Illica, Giacosa e lo stesso Puccini. In Rodolphe, Murger aveva rappresentato se stesso, ai tempi in cui divideva una soffitta parigina col pittore Léon Noël, quest'ultimo autore di una biografia in collaborazione con Nadar e con André Lélioux. E' sui personaggi femminili che la fantasia dei vari autori si impegna maggiormente; Murger aveva amato una Lucille, detta Mimì, che era morta a soli ventiquattro anni di tisi all' Ospedale de La Pitié. La Mimì pucciniana, tuttavia, corrisponde in Murger a Francine, anche lei malata di tisi, innamorata di un altro poeta bohémien, nelle braccia del quale ella muore in una fredda soffitta. La Mimì di Murger non è una creatura angelica; è arrivista e incline al tradimento; Puccini prende su di sè l'onere di tradire e fonde Lucille e Francine in un unico personaggio, perpetrando un tradimento del testo autobiografico di Murger, ma, in un certo senso, restituendo al romanziere uomo parte dell' "onore". In Puccini, nel primo e secondo quadro Mimì è indiscutibilmente Francine: sentimentale, dolce, credente anche se "non va spesso a messa"; Musetta esordisce come una donna consapevole del proprio appeal di cui si serve senza scrupoli. Nel terzo quadro scopriamo una donna insospettabilmente diversa; Illica e Giacosa hanno tagliato l'atto della commedia di Murger in cui fa la comparsa il "viscontino" che diventerà l'amante di Mimì. In Murger agisce uno zio ricco di Rodolphe, Durandin, che minaccia di diseredare lo squattrinato nipote a causa della condotta immorale di questi; in una scena che ricorda un'analoga ne La Dame aux camelias di Dumas, l'anziano parente si reca nella dimora di Rodolphe dove incontra Mimì e la implora di interrompere la relazione col giovane poeta, pena la diseredazione per immoralità. Troppo ottocentesco e, soprattutto, troppo verdiano perchè la situazione potesse trovare ospitalità nella partitura di Puccini. La scelta di distinguersi dalla temperie verista e di rompere ogni continuità con il melodramma verdiano rappresentò un atto di coraggiosa autonomia che sconcertò più di un critico del tempo; "Come non lascia grande impressione sull'animo degli uditori, non lascerà grande traccia nella storia del teatro lirico" , sono le parole che Carlo Bersezio dedicò alla prima rappresentazione di Bohème, guadagnando per sè la fama di critico dalle corte vedute; Alfredo Colombani, dalle pagine del Corriere della Sera scriveva, con ben altro giudizio: "Ha qualità che possono farla piacere tanto a quelli che amano nella musica avere solo diletto, come a quelli che hanno maggiori esigenze". Certo, dovettero sorprendere quelle ricercate incertezze armoniche introdotte con finalità impressioniste, come negli accordi di primo rivolto di settima del primo quadro usati, al di fuori delle regole dell'armonia funzionale, non verso una tonica o una dominante, ma come a realizzare un'allegoria musicale dell'ondeggiare delle fiamme della stufa, ovvero quelle gelide quinte vuote del terzo quadro, affidate ad arpa e flauti, per descrivere un gelo di stillicidio di sentimenti e soffi di respiri interrotti dall'inesorabile male che strapperà Mimì alla sua giovinezza, elevando la fragile fioraia a simbolo di un'età senza ritorno. In questa immagine è, probabilmente, racchiuso il segreto del fascino di La Bohème: la nostalgia per momenti che non potranno tornare, a cui sono legati i primi amori e le fatiche per le conquiste della vita e il ricordo commosso di coloro a cui il destino, che spesso ha le sembianze di un mondo che ignora la solidarietà, ha sottratto per sempre il fiato per cantare "quelle cose che han nome poesia". La regia di Muscato convince per la nitidezza, anche se i quattro uomini, intellettuali, alternativi quanto la messa in scena ha voluto, ma non certo impegnati in fabbrica, evocano una tipologia fin troppo presente, di personaggi radical-chic, bohemien per scelta di libertà, salvo il biglietto di ritorno dalla soffitta all'attico di famiglia. Ma è quanto il libretto fa emergere e l'ottimo regista non poteva che rileggere, non certo riscrivere. Marcello dipinge murales, Rodolfo adopera una mitica Lettera 22 per scrivere commedie e articoli per "Il Castoro", Schaunard imbraccia una chitarra elettrica e Colline esibisce un look da figlio dei fiori, mentre Musetta ricorda Barbarella, fasciata di tessuto color argento; i costumi sono disegnati da Silvia Aymonino. Il terzo quadro è il più politico nella messa in scena di Muscato; la barriera diventa l'esterno di una fonderia, il selciato antistante la quale mostra recenti segni di scontri tra dimostranti e gendarmi, questi ultimi in scena in assetto antisommossa. Sampietrini divelti e scritte inneggianti ai valori anni '60 del '900. La Bohème è l'opera di Puccini che presenta meno contenuti cosiddetti politici, e, forse paradossalmente proprio in virtù di questa asetticità, è quella che negli ultimi decenni meglio si è prestata a rappresentare ascesa e decadenza di valori e ideologie e dell'apparato utopico ad essi connesso e di supporto. Carmela Remigio, giunta in forma vocale e fisica smagliante all'appuntamento, ha reso la Mimì operaia con intensità espressiva e scenica ed esibendo una vocalità purissima e capace di raggiungere ogni angolo del meraviglioso Sferisterio. La perizia con cui il soprano sa passare da lunghe volute di frase in legato, a passaggi recitati con dizione quasi sillabata, consente al personaggio di Mimì di interagire sulla scena e di parlare allo spettatore, creando empatia con esso prima di commuoverlo. Ebbene proprio la grande e variegata folla di pubblico nell'arena maceratese ha permesso a chi ha trentennale frequentazione operistica di spingersi a scorgere sui visi di spettatori diversi per anagrafe e per censo, convergenza di emozioni; alcune celate per pudore in rivoli umidi lungo il vissuto delle rughe, altre mescolate alla vibrante passione giovanile e sussurrate con bisbiglio salato di labbra fuse in timidi baci da neofiti del melodramma e della vita.
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Magia di Puccini cui Carmela Remigio ha fornito uno strumento di efficacia e di poesia, che se in "Mi chiamano Mimì" e in "Donde lieta" è stata cesellata nel canto, in una frase come "Sono andati? Fingevo di dormire.." è stata distillata nella più alta essenza. Quando di una grande interpretazione si riesce a ricordare una singola frase non appartenente ad un numero "chiuso", si deve convenire ci sia trovati al cospetto di una prova di eccellenza. Arturo Chacón-Cruz ha patito il confronto con la personalità della sua partner sulla scena, ma se si soprassiede ad una eccessiva apertura dei suoni e ad una timbrica non particolarmente fascinosa, la prova del giovane tenore nel difficile ruolo di Rodolfo va salutata con favore. Andrea Concetti si conferma un Colline di grande classe; anche negli ampi spazi dell'arena maceratese, il basso marchigiano ha voluto e saputo sfoggiare filati nel medio-acuto e appoggi nel grave che hanno impressionato in "Vecchia zimarra". Il Marcello di Damiano Salerno, a nostro avviso, è mancato della necessaria goliardia vocale, se l'espressione ci è consentita; piccole incertezze nel quarto quadro, ma prova diligente nel complesso. Avvenenza e qualità vocali non mancano a Larissa Alice Wissel, efficace in Musetta, anche se poco civettuola e adagiata su andamenti troppo lenti in "Quando men vo". Goliardia quanto necessita e buona estensione vocale ha rivelato Andrea Porta interprete di un ottimo Schaundard. Alessandro Pucci, Giacomo Medici, Roberto Gattei. Giovanni Paci e Giovanni Di Deo hanno completato il cast, rispettivamente interpretando Parpignol, Alcindoro, Sergente dei Doganieri, Doganiere, Un Venditore. Più che sufficiente la prestazione del Coro Lirico Marchigiano "Vincenzo Bellini", preparato e diretto dall'esperto e validissimo Carlo Morganti. Il Coro di Voci Bianche "Pueri Cantores" è stato preparato da Gian Luca Paolucci; Il complesso di Palcoscenico è stato, come da anni a Macerata, la Banda Salvadei. L'Orchestra è stata quella della Fondazione Orchestra Regionale delle Marche e, con qualche sporadica ombra, ha ben risposto al gesto di David Crescenzi, solido nel mantenere le verticalità necessarie tra le parti e valido nel bilanciare buca e palco. Demetrio Spinola Le foto sono di Tabocchini
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procurato Musetta in versione Nina Zilli, piano piano spira. Non serve la preghiera della donna inginocchiata di fronte alla statuina della Madonna, non servono i sacrifici degli amici. L’urlo di Rodolfo, disperato ma non troppo, non basta a spiegare, a distanza di tre anni, perché gli venga impedito di avvicinarsi alla morta, che viene portata via in fretta e furia dai sanitari. Rodolfo cade a terra piangendo, raggomitolato nel dolore lancinante della sua perdita, avvolto dalla luce bianca e fredda della morte. Resta, illuminato sul fondo, uno dei pannelli del secondo atto: Avec nous, combat pour vivre libre. Applausi per tutti, in particolare per Musetta e Colline, e per la bacchetta di David Crescenzi alla guida dell’Orchestra Filarmonica Marchigiana, del coro lirico V. Bellini, delle voci bianche dei Pueri Cantores D. Zamberletti e del complesso di palcoscenico Salvadei Brass. Completano il fantasmagorico cast Alessandro Pucci, Roberto Gattei, Gianni Paci, Giovanni Di Deo.
Mimì e Rodolfo
Mimì (secondo quadro)
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RIGOLETTO Scritto da Simone Ricci |
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Macerata, 9 agosto 2015. Rigoletto in versione tetra e pulp allo Sferisterio di Macerata: il capolavoro verdiano conquista il pubblico con un cast vocale di primo livello.
Visto da Simone Ricci
Locandina
Quentin Tarantino alla corte del Duca di Mantova: si può riassumere in questa maniera il Rigoletto "pulp" e tetro messo in scena all'Arena Sferisterio di Macerata: la stagione lirica 2015 del capoluogo marchigiano, giunta ormai all'edizione numero 51, ha puntato su un tema legato indirettamente all'Expo milanese ("Nutrire l'anima") e oltre al titolo verdiano ha inserito nel cartellone "Cavalleria RusticanaPagliacci" e "La bohème". La recensione del sottoscritto si riferisce all'ultima serata della stagione, quella che è coincisa con la recita conclusiva del "Rigoletto". Non sono mancati gli applausi a scena aperta e i momenti emozionanti, con qualche stonatura eccessiva per quel che riguarda la regia.
Federico Grazzini ha deciso di far sparire la Mantova del XVI secolo e l'intera corte del duca per dare spazio a un buio luna park sgangherato e abbandonato, luogo ideale per il ritrovo del duca, capo di una banda criminale dedita al sesso e alla violenza, e dei suoi narcotrafficanti. Rigoletto si è invece trasformato nel pagliaccio del luna park, una leggera forzatura che però poteva anche essere tollerata. Gilda è stata confinata in una squallida roulotte, mentre Sparafucile e Maddalena sono diventati, rispettivamente, un paninaro-killer e una escort avvenente. Non sono mancate nemmeno orge fuori scena, una scenografia dominata da un grosso e inquietante clown in cartapesta e colpi di pistola indirizzati a dei palloncini lanciati in aria da Rigoletto.
Grazzini ha cercato di sottolineare soprattutto l'ambigua personalità del protagonista del titolo e gli aspetti più profondi del male. Apprezzabile è stata l'aggiunta al coro di sei ballerini che hanno dato movimento e
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RIGOLETTO
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sinuosità alle azioni dei cortigiani, senza dimenticare che gli abiti non sono stati sopra le righe: Rigoletto indossava grandi e lunghe scarpe da pagliaccio, mentre gli stessi cortigiani si facevano notare per i loro abiti scuri (i costumi erano di Valeria Donata Bettella). Le incongruenze, però, erano dietro l'angolo. Ad esempio, il finale faceva storcere il naso con il sacco lasciato al buffone dentro cui ci aspetterebbe la presenza di Gilda morente.
La figlia di Rigoletto, invece, appariva magicamente in piedi al suo fianco, quasi una visione angelica, ma che non faceva intuire la morte imminente. Il Mincio stilizzato da una semplice luce blu, poi, non dava l'idea del fiume, così importante e misterioso in quest'opera. Qualche gesto volgare poteva essere evitato, i cortigiani mimavano spesso il simbolo fallico con le bottiglie oppure davano sfogo alla loro trivialità con chiarissimi gesti dell'ombrello. Se c'è stato qualche elemento incoerente con la drammaturgia verdiana, invece il versante vocale ha conquistato pienamente il pubblico maceratese.
Vladimir Stoyanov ha mostrato grande esperienza nel tratteggiare l'animo complicato e tormentato di Rigoletto: l'esecuzione era intensa e ben calata, con un fraseggio morbido e adeguato al personaggio, in particolare è riuscito a trascinare Gilda nel finale del secondo atto con una "Vendetta" euforica e rabbiosa. Jessica Nuccio ha convinto pienamente e sembra quasi incredibile che questa sia stata la sua prima interpretazione nel ruolo. Caro nome ha scatenato il pubblico del loggione grazie a una vocalità delicata e preziosa che è riuscita a cogliere l'evoluzione psicologica, arricchendola di sfumature davvero intense. Non è stata da meno la performance di Celso Albelo, tenore possente e sicuro dei suoi mezzi.
Il cantante spagnolo aveva la giusta tempra, oltre al piglio e all'arroganza sfacciata che sono tratti caratteristici del Duca di Mantova: gli acuti sono stati nitidi e pieni, soprattutto si è notato come fosse a suo agio nel celebre quartetto Bella figlia dell'amore, con note innamorate e spavalde. Molto efficaci sono stati anche Gianluca Buratto, uno Sparafucile che non vorremmo mai incontrare in una notte buia e tempestosa e in grado di spaventare con suo timbro cupo, e Nino Surguladze, una Maddalena seducente e con incredibile freschezza giovanile. Un cenno lo merita anche il Monterone di Mauro Corna, inquietante e intenso al punto giusto.
Completavano il cast Leonora Sofia, una Giovanna precisa e puntuale, i vivaci Alessandro Battiato (Marullo) e Ivan Defabiani (Matteo Borsa), Giacomo Medici (Conte di Ceprano), Rachele Raggiotti (Contessa di Ceprano), Vladimir Mebonia (uscire di corte) e Silvia Giannetti (paggio della duchessa). La direzione di Francesco Lanzillotta era sicura e partecipe, nonostante qualche accelerazione di troppo, ma i chiaroscuri dell'opera sono stati resi con intensità drammatica: l'Orchestra Regionale delle Marche sapeva accompagnare e valorizzare tutti gli interpreti, mentre il Coro Lirico Marchigiano "Vincenzo Bellini" ha dominato con sicurezza le scene. La stagione si è dunque chiusa degnamente, nel 2016 il tema del festival maceratese sarà il Mediterraneo.
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10/08/15 10:49
Macerata, Sferisterio Opera Festival, 07-08-09/08/2015
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Far teatro sul serio di Giovanni Chiodi Per la 51^ edizione del Macerata Opera Festival è tempo di bilanci, al termine di una stagione ricca di proposte. All’ultima serie di recite si percepiva ancora il clima delle grandi occasioni e si toccava con mano l’entusiasmo per tutto il lavoro creativo svolto. Nella cornice peculiare dello Sferisterio anche quest’anno si sono alternati giovani talenti del canto, direttori emergenti, e soprattutto si è fatto teatro sul serio, sfatando l’erroneo pregiudizio che le dimensioni e le particolarità degli spazi all'aperto siano impedimenti. Siamo dunque alla chiusura del festival, ma la voglia di dare il massimo è ancora palpabile, sull’onda dell’impegno e della competenza spesi in prima persona dal direttore artistico Francesco Micheli, forza propulsiva e trainante della macchina dello Sferisterio, in grado ogni anno di trasformare in evento speciale ogni rappresentazione. Il cartellone del 2015 è formato da due nuove produzioni e da una ripresa. La bohème (leggi la recensione) (/joomla/recensioni/17-opera/opera2015 /1885-macerata-sferisterio-opera-festival-07-08-09-08-2015?showall=& start=1) - Cavalleria e Pagliacci (leggi la recensione) (/joomla/recensioni /17-opera/opera2015/1885-macerata-sferisterio-opera-festival07-08-09-08-2015?showall=&start=2) - Rigoletto (leggi la recensione) (/joomla/recensioni/17-opera/opera2015/1885-macerata-sferisterio-operafestival-07-08-09-08-2015?showall=&start=1) Indietro Avanti >> (/joomla/recensioni/17-opera/opera2015/1885macerata-sferisterio-opera-festival07-08-09-08-2015?showall=&start=1)
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Recensioni
Pesaro, concerto Alaimo, 21/08/2015 (/joomla/recensioni/18-concerti2015/1889-pesaro-concerto-alaimo21-08-2015) Santiago del Cile, Il turco in Italia, 14-22/08/2015 (/joomla/recensioni/17-opera/opera2015/1888-santiago-del-cileil-turco-in-italia-14-22-08-2015) Buenos Aires, concerto Stotijn, 17/08/2015 (/joomla/recensioni/18-concerti2015/1886-buenos-aires-concerto-
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Macerata, Sferisterio Opera Festival, 07-08-09/08/2015
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La rivincita di Rigoletto MACERATA, 9 agosto 2015 - Eccezionale, viceversa, il Rigoletto, che ha aperto la stagione di quest'anno. Nel suo insieme, il miglior Rigoletto all'aperto degli ultimi anni e forse anche di certe stagioni di teatri al chiuso. Un'operazione riuscita e completa. In questo caso abbiamo avuto tutto: voci, direttore e regista. Le voci, molto bene assortite, tra giovani, giovanissimi e interpreti maturi con varie frecce ancora al loro arco. Vladimir Stoyanov, anzitutto, ha delineato un protagonista di accento sorprendente e di ancora buona tenuta vocale: canta correttamente, sa fraseggiare anche piano e così è in grado di esprimere molto più di quanto non si faccia nella norma in passaggi solitamente arroccati sul forte e qui invece aperti finalmente ad espressioni più dolci e affettuose. Celso Albelo è un Duca di Mantova portentoso, grazie a una tecnica che gli consente ascese facili e spavalde fino al settore sovracuto, nonché suoni perfettamente emessi ed omogenei in tutti i registri. A tanta perizia vocale si aggiunge analoga cura per colori e sfumature a sigla di una interpretazione eccelsa sotto ogni punto di vista. Egregia anche la prova di Gilda, impersonata da Jessica Nuccio, che è un talento in formazione alla quale si riconoscono volentieri doti cospicue: voce chiara e pura, tendente al lirico e con centri già abbastanza consistenti, buon dominio anche del settore acuto. E’ brava anche in scena e ha una grinta notevole. C’è poi, a chiudere il cerchio di una compagnia quasi ideale, uno Sparafucile di rilievo eccezionale, per voce e intenzioni espressive, che è Gianluca Buratto. In tono minore, invece, la Maddalena di Nino Surguladze (con brutti suoni aperti nei gravi). L'opera è stata diretta benissimo da Francesco Lanzillotta, che non solo ha assicurato coesione e unità in tutto l’arco dell’esecuzione, senza mai calare di tensione, ma ha anche sperimentato tempi e fraseggi interessanti, solitamente difficili da realizzare all’aperto e quindi ancor più meritevoli di nota. Sulla scena Federico Grazzini ha dimostrato le qualità che si richiedono a un vero regista. Il suo è un Rigoletto che spazza via la routine che spesso affossa capolavori arcinoti come questo e vince la sfida con le regie più innovative degli ultimi anni. Promette molto già l’ambientazione in un luna park dismesso, dove il duca è un boss malavitoso di oggi, circondato da una corte osannante di donne e di gregari pronti a servirlo, Gilda abita in una modesta roulotte fuori da questo spazio e Sparafucile gestisce un’attività di ristoro ambulante su un marciapiede che, nel terzo atto, vediamo percorso da prostitute (tra cui la sorella) in tenuta da lavoro. Fortunatamente il regista non si ferma a tutto questo, ma sa anche suggerire agli attori (e alle masse) le mosse opportune e una gestualità specifica, che va oltre le convenzioni, offrendoci una lettura lucida, cruda e non edulcorata di quello che nella realtà non è affatto una novella sentimentale, ma un vero e proprio psico-dramma. E' l'apice di una edizione, la cinquantunesima, che ha registrato il tutto esaurito, il massimo gradimento del pubblico, e a cui aggiungo volentieri l'apprezzamento personale. E' difficile far rivivere in modo originale capolavori ormai entrati nell'orecchio e nell'occhio. A Macerata ci sono riusciti. Una chiosa finale: dopo quanto detto e attestato, sicuramente il festival meritava un contributo pubblico per il 2015 quanto meno pari a quello dell'anno scorso. I punteggi assegnati hanno condotto invece a un taglio di 95.000 euro, che desta non poca preoccupazione, visti i risultati artistici di alto livello raggiunti. Urge una riflessione seria, evidentemente, sul modo di valutare i teatri italiani, affinché l’efficienza vada a braccetto con l’alta qualità artistica e il buon senso, e perché realtà vive e produttive come quella di Macerata non debbano più trovarsi in cima alla classifica del gradimento del pubblico e della critica (in una realtà, oltre tutto, culturalmente così vivace come quella delle Marche), e in basso nelle tabelle ministeriali. Lo si deve a chi ha progettato e curato una rete di altissimo livello professionale, all'abnegazione e alla fantasia creativa che costituiscono un vanto unico di questo festival, che si appresta ora a costruire con qualche pena in più la sua prossima edizione, con immutata voglia di mantenere ai vertici il suo standard di qualità.
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25/08/15 16:52
Macerata, Sferisterio Opera Festival, 07-08-09/08/2015
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Il ritorno parigino
del
maggio
MACERATA, 7 agosto 2015 - Incomincio da quest’ultima: la Bohème di Puccini nella versione di Leo Muscato, che tanto colpì per la sua fresca irruenza nel 2012. Rivista a distanza di anni, non ha perso un grammo del suo fascino originario e si conferma forse la migliore regia d'opera del regista pugliese. Una produzione frizzante, moderna e poetica, ma anche lucidamente cruda, lontana da falsi sentimentalismi, alla quale giova essere ambientata in un mitico Sessantotto, emblema fantastico di un mondo di speranze, di illusioni, di briglia sciolta al divertimento, di ritmi sfrenati o anticonformisti di vita, ma anche di ribellioni, contestazioni, tensioni. E’ un mondo in cui la penna di Rodolfo è sostituita da una meccanica (oggi antidiluviana) macchina da scrivere, la porta di casa è una botola, i quadri di Marcello sono manifesti, il café Momus è un caos di personaggi bizzarri, una masnada di boys fa da corona a Musetta, fasciata in un conturbante lamé d’argento, la barriera d’Enfer è una fabbrica occupata, davanti alla quale Musetta arringa la folla, la polizia fa la ronda e vi sosta pure un camioncino, nel quale Marcello e Musetta si chiuderanno per fare all’amore. Emerge su tutti il meraviglioso e commovente quarto atto, che si apre con i suoi occupanti intenti a fare gli scatoloni, perché nel frattempo sono stati effettivamente sfrattati per morosità, e si chiude con lo spettacolare e durissimo colpo di scena di Mimì, che muore in un letto d’ospedale, come in Murger. In Bohème bisogna sapere fare squadra, stare insieme e non solo brillare da soli. Qui tutti ci riescono alla perfezione. Cast rinnovato, rispetto a tre anni fa, con alcune preziose conferme, e per alcuni elementi anche superiore. E’ senz’altro il caso della Mimì di Carmela Remigio, interprete consapevole, moderna e acuta, di Puccini e non dello pseudo-Puccini lacrimoso e finto che spesso viene contrabbandato per quello vero. Musicista straordinaria e vocalista provetta, sicura su tutta la gamma al punto da non rinunciare ad eseguire meticolosamente tutti i segni d’ espressione e a variare l’accento, in corrispondenza all’evoluzione del personaggio. Non c’è nota o parola che non sia sorretta da una vigile intelligenza. E’ veramente un accento diverso, sostenuto però dallo stesso corpo di voce pieno e omogeneo, quello con cui questa Mimì illumina ogni frase del primo atto, per poi culminare nello straziante addio del quarto atto, eseguito come è scritto, allucinato, pur senza alcuna enfasi, in virtù della nuda, pura e dolce semplicità di chi è già in un’altra dimensione. Prestazione ammirevole anche quella del tenore Arturo Chacón-Cruz, in virtù di una correttezza di canto (e di intonazione) che gli consente involi senza problemi nel settore acuto, una solida tenuta al centro e un bel gioco di sfumature, che si uniscono a una disposizione naturale in scena. Ma anche gli altri non sono da meno. Larissa Alice Wissel è una Musetta ottima, spigliata e non spiritata. Damiano Salerno (Marcello) e Andrea Porta (Schaunard) sono efficacissimi e Andrea Concetti è un Colline strepitoso, che ha cantato una Vecchia zimarra di fronte alla quale ha trattenuto il respiro tutto lo Sferisterio: tutta in piano e di una malinconia lancinante. Direttore notevole David Crescenzi. Successo pieno e meritato.
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25/08/15 16:50
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Tutto per Nedda e Santuzza Leggi anche la recensione della recita del 24/07/2015 (/joomla/recensioni /17-opera/opera2015/1841-macerata-cavalleria-rusticana-pagliacci24-07-2015) MACERATA, 8 agosto 2015 - Cavalleria Rusticana e Pagliacci: in questo caso il giudizio si fa doppio, occorrendo scindere la resa musicale dalla regia. La direzione artistica ha colto nel segno nello scritturare la stessa protagonista femminile per Santuzza e Nedda, affidate entrambe ad Anna Pirozzi, con risultati eccellenti. Voce sana, robusta, tonda, che sale agli acuti con facilità e con la stessa lungimiranza sostiene i centri e non forza i gravi, con uno stile immacolato, impeccabile e alieno da ogni forzatura. La migliore in Cavalleria rusticana. Nei Pagliacci è di pari statura il Tonio di Marco Caria. Partiamo anche in questo caso da un materiale di qualità timbrica di prim’ordine e da una voce di ampiezza, risonanza e omogeneità fuori dall’ordinario, con acuti che sono vere e proprie saette. In un ruolo come questo stravince. Benissimo anche le altre parti minori, distribuite a regola d'arte: Alberto Gazale (Alfio), Elisabetta Martorana (Lola), Chiara Fracasso (Lucia) e specialmente Giorgio Caoduro, Silvio di prim'ordine, e il giovane Pietro Adaini squisito Arlecchino. Da ultimo il protagonista, Rafael Davila: materiale tanto e di ottima fibra, ma acuti da sistemare, con troppo vibrato, e accento no sempre appropriato. Direzione corretta di Christopher Franklin. Regia di Alessandro Talevi, un giovane sudafricano, che vedremo spesso prossimamente anche sulle scene italiane. La sua lettura, però, non è il vertice del festival. Le masse si possono muovere meglio e ci sono un paio di errori patenti che non gli si possono proprio perdonare: la comparsa della madonna nell'intermezzo di Cavalleria e il volo degli uccellini durante la romanza di Nedda nei Pagliacci. Si può fare di più; anzi molto di più.
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25/08/15 16:49
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12-08-2015 2 1
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