èArea MAGAZINE Anno 2 Numero 11

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e AREA Sommario PA G I N A

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finis terrae un uomo contro

itinerari

scanno, un luogo speciale

gorè alimentazione

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gusto Cybo

macondo

Il libro del cavolo - Acqua in bocca

musica

Eugenio Finardi: mutazioni d’artista

intervista

natalia titova, puoi se vuoi

auditorium

Nina Hagen “personal jesus“

intervista

gianluca d’ercole, giocare con la verità senza farsi male

teatro quirino Il malato immaginario

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architettura

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Gehry Partners: Hotel Marquès de Riscal

moleskine

eccellenze Ponte Sisto

arte

6a giornata del contemporaneo

design ciffo

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life style

bmw i100 supercar in versione ibrida

tendenze genio e futurismo

vladi polo a life style

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e AREA

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F focus A CURA DI

Flaminia Colonna Bereti

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Castor, il treno carico di rifiuti nucleari partito dalla Francia venerdì scorso, è riuscito a raggiungere la stazione tedesca di Dannenberg, in Bassa Sassonia dopo un tragitto segnato da ritardi, blocchi e proteste organizzate dagli attivisti anti nucleare. Le scorie radioattive tedesche, dopo essere state trattate in Francia, sono state spedite in un lungo e accidentato viaggio su rotaia verso Gorleben, un piccolo paesino della Bassa

Sassonia stretto tra la brughiera di Lüneburg e il parco naturale dell’Elba. In questo luogo è stata individuata come sito di stoccaggio definitivo, una vecchia miniera di sale, la cui sicurezza però è ancora al vaglio delle analisi di una speciale commissione del Bundestag. Il “treno dell’inferno”, come è stato ribattezzato dai manifestanti, ha trasportato 154 tonnellate di rifiuti vetrificati, l’equivalente del consumo di energia elettrica annuo di 24 milioni di tedeschi, il carico più pericoloso mai trasportato fino ad ora in Germania secondo GreenPeace. Per proteggere il convoglio, costato ai contribuenti tedeschi 50 milioni di euro, sono stati mobilitati circa 20 mila agenti contro i manifestanti, almeno 3 mila, secondo le stime ufficiali, oltre 5 mila per gli organizzatori, che avevano occupato chilometri di ferrovia nella speranza di impedire che il treno giungesse nella stazione di Dannenberg. Un movimento antinuclearista pacifico e non violento, il più grande della storia tedesca degli ultimi decenni contro il quale la polizia è

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intervenuta in modo duro. La mobilitazione è dovuta alla recente decisione del governo di Berlino di prolungare l’attività delle centrali atomiche, superando così il limite del 2020 imposto da una legge del governo rosso-verde di Gerhard Schröder: otto anni per le centrali più vecchie, 14 per quelle di più recente costruzione. Una scelta che ha riacceso il confronto e che ha impegnato, già nelle settimane scorse davanti al Bundestag, tanti manifestanti come non si vedeva da anni. L’unica strada sostenibile in materia di energia è quella del risparmio, dell’efficienza e dello sviluppo delle fonti rinnovabili e pulite. L ’ e n e r g i a nucleare è una fonte energetica da valutare attentamente. Il nucleare costa troppo, da circa 15 anni nessun paese occidentale, salvo la Finlandia, ha messo in cantiere nuove centrali nucleari. Il nucleare comporta costi elevati fin dalla realizzazione degli impianti. Vanno poi ad aggiungersi i costi militari per garantire la sicurezza dagli attentati terroristici e i costi per smantellare la centrale nucleare al termine della sua attività. In breve, il basso costo dell’energia in bolletta potrebbe essere più che compensato dall’aggravio fiscale in termini di imposte. Non dà indipendenza energetica e, soprattutto, costituisce un grave rischio per l’ambientale e per la salute. Ricerche condotte in Germania, Inghilterra e Francia dimostrano che le zone nelle immediate vicinanze di una centrale sono inquinate dalla radioattività, che causa malattie gravi tra la popolazione. Secondo uno studio governativo tedesco, realizzato dagli epidemiologi dell’Università di Magonza sui 16 impianti nucleari della Germania, i bambini che abitano a meno di 5 chilometri dai reattori subiscono un incremento del 76% del rischio di ammalarsi di leucemia rispetto ai coetanei che vivono a più di 50 chilometri.

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Est Area magazine pubblicazione mensile freepress Anno 2 n° 10, dicembre 2010 Direttore Responsabile: Maria Laura Cruciani Direttore Editoriale: Antonio Feliziani Progetto e Direzione Esecutiva: Alessandro Coccia Coordinamento Editoriale: Stefania Ricci Consulente: Giovanna Amato Amministrazione: Cristina Meloni Editor: 3Aadvertising Registrato presso il Tribunale di Tivoli n. 20/2008 In copertina Photo Alessandro Trovati fonte Sùdtirol Marketing Grafica e impaginazione: IMG.ZEROUNO srl Pubblicità: Nancy Amroglini, Claudio Maltese, Stephanie Mayer. Referente per Abruzzo e Emilia-Romagna: Emilio Patacchiola 328 33 56 354 Direzione, Redazione e Segreteria: via Montenero, 36 -00012 Guidonia (RM), 388 1185198 – 335 6156 737 – 392 9290702 estarea@gmail.com www.estarea.it Stampa: Fotolito Moggio Hanno collaborato: Tito Barbini, M.C., Lilli Carmellini, Flaminia Colonna Bereti, Arianna Landi, Donatella Lavizzari, Magenta Comunicazione, Ufficio Stampa Auditorium Parco della Musica, Ufficio Stampa Teatro Quirino, Ufficio Comunicazione Vladi Polo, Marta Rossi, Katerina Shlyakhina, Dr. Raffaele Vincenti Crediti Fotografici: Chenying, cicutaproduzioni.it, Raimondo Luciani, Gerardo Leone, Jacob Montrasio, Katerine Phair, Alessandro Trovati, flickr.com, google.com, Routard, Choo Yut Shing,

Tutto il materiale cartaceo e fotografico inviato alla redazione non verrà restituito. Tutte le collaborazioni ad articoli o servizi sono considerate a titolo gratuito. La riproduzione di testi e immagini anche parziale deve essere autorizzata dall’editore.

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F finis terrae A CURA DI Tito Barbini

un uomo CONTRO è A R E A

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Photo Chenying

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FILTRAVANO POCHE IMMAGINI SULL’ORRORE DELLA RIVOLUZIONE CULTURALE

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No, non ho mai veramente amato il comunismo cinese. Anche negli anni in cui ero immerso nella passione sessantottina, quando a sinistra in parecchi erano infatuati della Cina e dalla Cina prendevano tutto a scatola chiusa, anche allora non riuscivo a sentirmi vicino a questo grande paese. Certo, la Rivoluzione Culturale mi piaceva come idea, anzi, mi piaceva anche solo per il fatto di chiamarsi così.(......) Della Cina com’era effettivamente sapevo ancora poco: filtravano solo poche notizie, poche immagini, sull’orrore della Rivoluzione Culturale. Era facile bollare come propaganda anticomunista quanto veniva detto in giro sulle epurazioni e sui plotoni di esecuzione, sulla fame patita dalle masse dei contadini e sulla distruzione dei monasteri. Se anche i migliori compagni potevano alla fine diventare nemici del popolo, allora il Partito – il Partito con la P maiuscola – doveva avere occhi per tutto, guardarsi da tutto, intervenire su tutto. Il Grande Fratello non era quello ipertecnologico e futuribile del romanzo di Orwell, ma funzionava lo stesso.Cosa si celava dietro le esortazioni sistematicamente ripetute a fare autocritica? Cosa dietro i periodi di

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rieducazione? E cosa voleva dire “imparare a fare la rivoluzione facendola”?Non lo sapevo ancora, oppure cercavo di non saperlo. E tutto quello che posso dire a mio discapito, davvero, è che malgrado quegli slogan la rivoluzione cinese non mi ha mai davvero catturato. Parole urlate, ma con la testa altrove. Gusci di idea, con il cuore che già allora puntava in direzioni diverse.In America Latina, in Africa, piuttosto. Però non in quel continente a se stante che era, che è la Cina. Viva la rivoluzione, la rivoluzione è morta. Se penso alla Cina di oggi sono queste le parole che mi vengono in mente, altro che i quartieri generali da bombardare, i balzi in avanti da spiccare e le fioriture che esplodono in mille colori. Non sono parole memorabili, è ovvio. Ma in mancanza di qualche ispirata perla di saggezza confuciana o taoista, è quanto passa il convento. Tanto più che rende l’idea. Questi giorni di Pechino, sotto una cappa di caldo e di smog, questi giorni che si trascinano tra una noia che monta e un’insofferenza che cerco di tenere a bada, mi inducono almeno a pensieri fantastici. Altre parole mi attraversano e lasciano un lampo di nostalgia, l’eco di una lettura adolescenziale, a volte la sensazione di un profumo o di una musica. Le ricchezze del Catai, la favolosa corte del Kubilai Khan, e poi Cambaluc così come Marco Polo chiamava Pechino. E altro che Cina socialista:

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vorrei saltare con un solo balzo, un solo balzo indietro e non avanti, i tempi di Mao e dei piani quinquennali, tornare indietro, lasciarmi alle spalle anche la Cina della guerra dell’oppio e dei soprusi delle potenze coloniali, arrivare ai tempi in cui la Cina era ancora uno scrigno da aprire, un tesoro da disseppellire. La Cina di Marco Polo, ancora vergine agli occhi dei viaggiatori cristiani, terra incognita per missionari e soldati e affaristi. Un mondo di ineffabili sapienze e di città proibite, di risaie e silenzi. Un passato millenario che in pochi decenni è stato liquidato senza un’esitazione, senza un rimpianto. Prima ci ha pensato il comunismo, nella sua smania di sradicare vecchie abitudini e convinzioni ancestrali. Poi ha provveduto il capitalismo più selvaggio, ancorché tuttora ammantato delle bandiere rosse: senza pretese ideologiche, ma con foga ugualmente micidiale. In questo viaggio, Paolo, ho incontrato un paese sovraeccitato che sta affondando nella sua stessa crescita. Cosa resta qui del comunismo? La salma mummificata del Grande Timoniere nella sua bara di cristallo? Gli echi lontanissimi della

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Lunga Marcia? I foglietti ingialliti del Libretto Rosso? È semplice e non trovo altre parole per dirlo: resta un paese senza valori fondanti che pensa a fare affari senza preoccuparsi dei più elementari diritti umani.Non più le grigie e abbottonate tuniche di Ciu En Lai e Lin Piao, ma le facce tirate dei nuovi mandarini del partito e dello stato. Gli eredi di Deng Xiaoping: espressioni sempre sorridenti, grisaglie scure con camicie firmate e cravatte di seta.Non c’è più posto oggi per i pionieri del socialismo. Oggi servono manager efficienti e spietati, in grado di mandare avanti i giganteschi conglomerati di Stati e lanciare la Cina nei mercati della globalizzazione. Gente che sa decifrare le traiettorie dell’economia, leggerne tentennamenti e accelerazioni, tenere i conti sulle aperture e le chiusure delle borse di New York, Londra e Francoforte. Tutti hanno bussato alla porta di questi nuovi mandarini. Si sono affrettati per siglare accordi bilaterali, hanno sgomitato per partecipare al taglio della torta. Il commercio, prima di tutto. Qualcuno tra loro ha forse chiesto impegni su libertà e democrazia?Scene da capitalismo reale.

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UN MONDO DI INEFFABILI SAPIENZE E DI CITTÀ PROIBITE, DI RISAIE E SILENZI.

Photo Routard f i n i s

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SCANNO un luogo speciale

itinerari A CURA DI Lilli Carmellini

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Non sai come raccontarlo questo luogo che è Scanno fin dai tempi dei tempi. Vieni a Scanno, mi viene da dire a chi di Scanno non sa, non conosce. Vieni e vedi, vieni e respira. Perché io non so raccontare quell’aria che ti passa tra le narici, quei profumi di legna e di dolci che senti nei vicoli, quelle zaffate di muschio e di erbe che respiri quando sei in giro nei boschi. A Scanno tutto sa di stratificazioni di sapienze, di culto della tradizione, di autenticità dei valori . Qui tutti sperimentano la percezione di trovarsi in un luogo speciale, eletto. Vieni a Scanno, mi viene da dire a chi di Scanno non sa come un maestro orafo può parlarti della sua arte, e di come tu puoi perderti nello stupore di una “Presentosa”, il gioiello forse più tradizionale. Vieni a Scanno, se non hai mai visto una vera regina seduta su un trono, perché qui, un’anziana donna in costume tradizionale, seduta su una sedia di paglia così appare: regale, e stupenda, e dalla sua memoria racconti che incantano e ti inchiodano, e ti fanno venire la voglia di appartenere a questo luogo, a questo valore, a questa storia. Vieni a Scanno se vuoi sapere quanto è bianca

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Photo Gerardo Leone i t i n e r a r i


la sua prima neve, di quanti verdi è composta l’acqua del suo lago, del suo fiume, e di quanti colori diventa la montagna in autunno o in primavera. Vieni e porterai con te il ricordo di queste case di pietra addossate le une alle altre per tenersi caldo in inverno, e di quanto è fresco passeggiare su e giù per queste strade che spesso diventano scale, quando in estate hai lasciato l’afa irrespirabile di una città dove non puoi più vivere senza il condizionatore. E il suono delle campane, che ti fa dimenticare l’orologio, e il saluto della gente che si incontra mentre fai “La Ciambella”, che è la passeggiata che fa il giro del paese. E le sue fontane, i suoi portali, le sue chiese, e i boschi con i funghi, i cervi, le volpi, e qualche volta anche l’orso. E l’Eremo di Sant’Egidio e le anatre sul lago, e le sorgenti d’acqua … Non ci sono le stagioni a Scanno, perché è tutto un confluire di un incanto dentro l’altro, perché aspetti che finisca la primavera per goderti l’estate e vedi arrivare l’autunno senza tristezza, perché porterà cose che aspetti ansioso, e così farà l’inverno, anno dopo anno e tu corri un solo rischio: rimanere prigioniero per sempre di questo incanto.

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Questo particolare modello di Presentosa venne realizzato dal bisnonno dell’attuale maestro orafo Francesco Rotolo verso la fine del 1800. Ed è lui che dalla seconda metà del 1800 iniziò nella sua famiglia l’attività di orafo. Francesco ci racconta che la particolarità di questo modello consiste nel fatto che a differenza di quelle realizzate dai diversi artigiani nei diversi paesi dell’Abruzzo, questa è l’unica non realizzata con la tecnica della filigrana ma con quella più originale e complessa detta al traforo. Ancora oggi la riproduce in oro e in argento, restando fedele al modello originale. “La Presentosa” è uno dei gioielli-simbolo di Scanno. La storia e la tradizione le attribuiscono più significati, ma forse quello più accreditato è che rappresenti il pegno d’amore, la promessa fatta prima del matrimonio.

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Orafi Rotolo 1884 Via Abrami, 18 - 67038 Scanno (Aq) Tel. 0864.74518 www.orafirotolo.it

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G goré A CURA DI

Stefania Ricci

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Parlando al Congresso dei giovani della Cdu, l’Unione dei Cristiano Democratici tedeschi, Angela Merkel ha dichiarato che il modello di una Germania multiculturale, nella quale coabitano armoniosamente culture differenti, di una politica volta a riconoscere e a tutelare l’identità culturale e linguistica delle varie componenti etniche presenti, è “completamente fallito”. La cancelliera tedesca ha poi aggiunto che gli immigrati devono adottare cultura e valori della Germania, “chi viene deve integrarsi accettando le regole europee, altrimenti torna a casa”. Per la Merkel, le responsabilità della mancata integrazione sono peraltro ascrivibili più agli stessi immigrati che alla popolazione tedesca. Va sottolineato che dietro all’inattesa presa di posizione del cancelliere non ci sono soltanto i recenti sondaggi d’opinione che mostrano la crescente insofferenza dei tedeschi nei confronti degli stranieri ma le delicatissime elezioni regionali nel Baden-Württemberg, nel marzo dell’anno prossimo. Nei sondaggi l’alleanza democristiana-liberale è ai minimi. La Cdu, ma soprattutto la Csu di Seehofer, tentano di recuperare l’elettorato conservatore, deluso dal rinnovamento imposto dalla Merkel che secondo molti avrebbe spostato il partito troppo a sinistra, tradendo i valori tradizionali della democrazia cristiana tedesca. Secondo la maggioranza dei tedeschi gli immigrati musulmani sono un peso per la Germania. Infatti secondo i dati, che emergono da un sondaggio condotto dall’Istituto Allensbach e pubblicato sul Financial Times Deutschland, il 55% degli intervistati crede che i musulmani “costano dal punto di vista finanziario e sociale molto di più di quanto sia il loro contributo in termini economici” al Paese. Solo un quinto delle persone intervistate traccia un bilancio positivo. Da settimane in Germania imperversa una aspra polemica sull’immigrazione scatenata da un ex membro del direttivo della Bundesbank, la banca centrale tedesca, Thilo

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Sarrazin. In un suo libro edito a fine agosto “Deutschland schafft sich ab” (La Germania si distrugge da sola) - l’ex banchiere, costretto poi alle dimissioni, sostiene che la Germania “si abbrutisce” sotto il peso dell’immigrazione musulmana. Condannate da parte di responsabili politici di qualsiasi schieramento, le sue tesi hanno però trovato larga eco fra la popolazione. Secondo una recente indagine, un’elevata percentuale di immigrati musulmani in Germania, “rischia di perdere il posto di lavoro” e la loro disoccupazione è cresciuta in modo esagerato. Il numero dei giovani che si ritirano da scuola è di gran lunga superiore alla media nazionale; anche chi raggiunge alti livelli scolastici, ha meno “possibilità di trovare lavoro” rispetto ai coetanei germanici. La maggior parte dei musulmani che vivono in Germania abita in case modeste, appartamenti in affitto, in quartieri fatiscenti, dove pochi tedeschi sarebbero disposti ad alloggiare. La popolazione islamica europea, benché cresca di numero, non si è ancora assimilata nel tessuto socio-culturale. E se gli immigrati sono ostili, risentiti, o comunque ribelli al tipo di vita continentale, la popolazione indigena prova una corrispondente avversione. In Germania vivono fra 3,8 e 4,3 milioni di musulmani, pari al 4,6%-5,2% della popolazione; per gran parte di loro la Germania è il Paese in cui sono nati e cresciuti. È la loro patria. Tale constatazione deve rendere i musulmani consapevoli dell’importanza di una fattiva collaborazione alla vita dello Stato, ma anche persuadere la maggioranza non musulmana a creare i presupposti perché questa collaborazione abbia luogo. È necessario ripensare una nuova via all’integrazione e alla pacifica convivenza, consapevoli che da una parte è impossibile riuscire a bloccare un processo che porta la nostra società ad essere sempre più eterogenea, variegata e mista e che dall’altra dobbiamo essere ancor più convinti della necessità di difendere i principi di libertà e democrazia propri di uno stato di diritto occidentale.

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intervista A CURA DI Arianna Landi

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Photo cicutap roduzioni.it i n t e r v i s t a


PUOI SE VUOI N

Natalia Titova non ha certo bisogno di presentazioni. Si mostra al grande pubblico e ne diviene la beniamina grazie alla partecipazione alla trasmissione televisiva “Ballando con le Stelle” in onda su Rai Uno e condotta da Milly Carlucci. Ma Natalia nel mondo della danza era già famosa ed apprezzata da molti anni. Nasce in Russia, a Mosca e la sua impostazione non può essere che quella dei paesi dell’Est, dove tutto quello che si decide di fare, va fatto bene altrimenti non c’è motivo di perdere tempo. Filosofia che rende gli sportivi di quei luoghi apprezzati e ammirati per le loro ottime doti e la bravura che continuano a dimostrare con gli anni. E così, fin da subito, le basta poco per essere notata e per affascinare il pubblico che segue la trasmissione. Sguardo che inchioda, un fisico che fa invidia e un apparente distacco che affascina. Ma chi è realmente Natalia Titova? Ci incontriamo nella sua scuola di danza Dance Lab Studio che si trova sulla via Cassia a Roma. È questo un luogo che le calza a pennello, elegante ma molto accogliente. Iniziamo a parlare, circondate da bambini in attesa di entrare in sala, accompagnati dai genitori. Natalia da consigli alle mamme presenti dicendo di non preoccuparsi se i loro bimbi si mostrano stanchi: “A questa età hanno energia da vendere, devono solo abituarsi al nuovo giochetto!”

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Inizia a raccontarmi di lei, quando da piccola il dottore le disse di avere un problema al ginocchio e che non avrebbe potuto fare nessuna attività: “ Così i miei genitori per non farmi sentire diversa, lo hanno preso come uno stimolo, facendomi fare qualsiasi tipo di attività sportiva. Ho iniziato, a 3 anni e mezzo, a pattinare sul ghiaccio, noi abbiamo quei pattini con due fili, tipo una bicicletta a tre ruote, poi il nuoto. A quattro anni un po’ di sci, poi la danza classica, la pallavolo. Assaggiavo così diversi tipi di sport, ma la danza pian piano ha iniziato ad interessarmi in maniera particolare. Così pur facendo diverse attività, almeno due volte la settimana ero in sala a ballare. A 16 anni, ho vinto una gara e lì ho deciso che sarebbe stata l’unica disciplina che avrei seguito. La convinzione totale è stato quando ho dovuto decidere tra l’università e questo sport. Facevo matematica ed avevo già dato 8 esami, ma non era facile conciliare le due cose, così a 18 anni ho iniziato a studiare tutti i generi di danza,lasciando lo studio, avevo così scelto dove sarebbe andata la mia vita e da quel momento in poi dovevo farlo bene. L’ostacolo ora era convincere i miei genitori di questa scelta. Oggi i ragazzi vengono da me e mi dicono vorrei fare, ma i miei non vogliono. Sono solo scuse, i genitori dicono di no perché i ragazzi per primi non sono convinti e così non convincono neanche loro. Volevo fare di più, ho dimostrato ai miei, anche rinunciando a delle cose, che ero decisa nel mio intento. ” Come li trovi oggi i ragazzi a cui insegni? “Nel libro che ho scritto, racconto la mia

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voglia di gridare! Loro oggi hanno tanto talento e grandi possibilità, che io all’epoca non avevo. Ricordo che noi avevamo il nostro mondo. C’erano solo cose Russe a partire dal cibo per arrivare al ballo. Non c’erano influenze dal mondo esterno. Addirittura i balli latino americani erano vietati, perché si diceva fosse un ballo volgare, provocante e troppo scoperto. L’ho conosciuto attraverso le cassette VHS che arrivavano in maniera illegale. I miei insegnati studiavano proprio attraverso questa fonte i passi e poi ce li trasferivano. Non avevamo quei bellissimi costumi con gli strass o quelle pettinature esagerate, neanche le scarpe da danza a parte quelle da punta per il classico o quelle da folk. Però avevamo la voglia di fare e di crescere. Se non hai fame di diventare qualcuno, non arrivi. Oggi non c’è neanche rispetto per l’insegnante, l’importante è essere arroganti e mi dispiace dirlo, ma trasmissioni televisive, come Amici non aiutano e questo è sbagliato! Se non c’è fiducia e rispetto per l’insegnante, se non hai paura di perdere la sua fiducia, se non hai paura di fare male un esercizio non avrai neanche gli stimoli giusti per andare avanti. Ed è un peccato perché hanno tanto talento, ma con questo atteggiamento si ritrovano a non avere nulla.” Secondo te c’è la voglia da parte degli insegnanti di trasferire le proprie esperienze? “Io ho iniziato a fare l’assistente all’insegnare a 15 anni a Mosca, per l’agonismo, con il nostro metodo. Se un ragazzo viene da me e mi dice che vuole imparare, vuole fare le gare per vincere io faccio di tutto per portarcelo, ma deve fare delle cose necessarie per arrivare a quei livelli. Qui purtroppo vogliono senza voler fare. Quando mi sono resa conto di questa cosa è iniziato una sorta di contrasto, io ho sofferto moltissimo di questo. Simone di Pasquale con il quale ho ballato e insegnato per dieci anni mi diceva –Natalia qui non siamo in Russia, non puoi dire così ad un ragazzo, non puoi dire che non è capace o che deve sudare altrimenti la mamma non lo porta più-. Quando poi ho portato Simone in Russia, ed ha visto con i suoi occhi i nostri insegnamenti, mi ha detto che io al confronto sono un angelo. Quando è tornato è diventato molto più severo di me.“ Quindi tu hai riportato qui in Italia il metodo Russo? “Si ma io non sono una terrorista, non è una dittatrice. Ci sono cose che devi pretendere da un allievo, perché loro quando vanno in gara vogliono vincere e se non vincono la colpa è dell’insegnante. Io mi prendo le mie responsabilità, ma tu devi fare quello che dico altrimenti mi ritiro. Non è semplice, ho portato delle ragazze brave all’estero, in Germania, in Inghilterra, li ci sono i migliori, gli ho fatto vedere che la danza non finisce in Italia e neanche a Roma. Sono arrivate

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VOLEVO FARE DI PIÙ, HO DIMOSTRATO CHE ERO DECISA NEL MIO INTENTO

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cariche, piene di entusiasmo, sono rimaste a bocca aperta di fronte a questo nuovo mondo, hanno anche fatto buoni risultati, ma poi man mano si sono spente, è come se non trovassero i giusti stimoli. Ho dato tutto a queste ragazze, ho portato qui nella mia scuola insegnanti provenienti dalla Norvegia per degli stage, i migliori, per mostrargli che si può sempre fare meglio. All’inizio erano eccitate ma poi si perdevano. Finché sono io ad incitarle con la mia energia vanno, ma se mi fermo si bloccano, non sono abituate a guardarsi dentro e tirare fuori il meglio. Io devo insegnare alle mie allieve a cercare. Nei balli latino americani devi essere il più possibile diverso dagli altri, quindi devi trovare un tuo modo di essere, il tuo stile, che non è mio, io posso insegnarti a capire che donna sei, cosa vuoi raccontare, come lo vuoi interpretare un ballo. Ma sembra che questo sia troppo complicato. Così due anni fa ho deciso di non insegnare più agonismo. Avevo una ragazza di 18 anni che era bravissima, era gommosa ed aveva una morbidezza incredibile. Io le dicevo

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che era più brava di me, ma che nella vita non avrebbe mai ballato perché preferiva stare 10 ore su Facebook o mangiare chili di gelato invece di allenarsi, non sai quanto mi dispiace quando mi trovo di fronte a situazioni simili!” Quanto è colpa della società questo atteggiamento rinunciatario? “Difficile dire se sia o meno un problema della società. Ci sono ragazze brave che conquistano anche premi importanti in Italia, ma lì c’è una voglia di fare, una famiglia che li sostiene e un insegnante che li segue. Quello che nella maggior parte dei casi vedo però è diverso. Quando chiedi cosa vuoi fare nella vita ti rispondo che vogliono fare i medici, ma non dicono che vogliono essere il miglior medico, si accontentano di essere uno qualunque. Non hanno fame di rivincita. Guardano i coetanei invidiandoli, senza fare nulla per migliorarsi. Tutti hanno qualcosa di speciale dentro e tutti se vogliono possono anche vincere un Premio Oscar, se solo tirassero fuori la volontà di fare e di impegnarsi.” Sei una brava insegnante?

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“Spesso i ballerini bravi non sono bravi insegnanti. Perché quando hai ormai la tecnica giusta tutto viene naturale e spontaneo. Ma l’essere normale per te non lo è anche per chi deve imparare. L’insegnante deve spiegare da dove viene il movimento, dove parte e fin dove arriva. Oggi insegno latino americani a ragazzi di 20 e 30. Mi diverto perché loro per primi vengono qui per divertirsi, è un dare avere continuo con loro. Io sono più brava come insegnante che come ballerina. Per il mio problema con la gamba ho faticato molto più degli altri per raggiungere dei buoni livelli.” Certo che sentir parlare in questo modo la donna che, ogni volta che si cimenta in un ballo, lascia a bocca aperta l’Italia è a dir poco strano. Il fatto è che quando chiunque di noi guarda “Ballando con le stelle” o solo ne parla la prima ballerina che salta alla mente o allo sguardo è proprio lei. Natalia non è una che passa inosservata, non è trasparente, lei c’è ed è assolutamente visibile.

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intervista A CURA DI Katerina Shlyakhina

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Photo Katherine Phair i n t e r v i s t a


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Questo è Gianluca D’ercole, un ragazzone alto più di un metro e ottantacinque, con il suo fare elegante e sorriso solare. Classe ’75, marchigiano di provenienza, romano d’adozione ha voluto raccontarmi della sua vita, dei suoi sogni da attore in questa fredda giornata d’autunno. E per quanto fossimo accompagnati da una costante pioggerellina i suoi racconti, la sua passione mi faceva sentire al caldo, in un luogo esotico, in Polinesia ad esempio. Il tuo ultimo film “La Polinesia è sotto casa” è stato candidato al David di Donatello. Che emozione hai provato? Come l’hai saputo? Quale è stata la tua prima reazione? Mi hanno chiamato i registi, Saverio Smeriglio e Andrea Goroni, ridendo e io per mezz’ora non ci ho creduto finché non ho controllato su internet se era vero o no. Ho addirittura pensato che il sito fosse finto. Quando ho capito che era vero la prima persona che ho chiamato è stata mia madre e poi mia sorella, che si è messa a piangere, insomma i famigliari e poi via via fino ai colleghi. Comunque sono molto soddisfatto e un po’ impaurito essendo questa un’ opera prima. Sono candidati molti film e sarà difficile entrare nella rosa dei primi cinque. Inoltre il film verrà giudicato anche da una giuria di 50 studenti delle scuole superiori per il premio David Giovani. Insomma ero incredulo e lo sono ancora, infatti ogni tanto vado sul sito a controllare se è vero o no. Raccontami qualche aneddoto sulle riprese, ma non le mangiate sul set o le serate in discoteca, qualcosa che ti è rimasto impresso? Ho rischiato l’annegamento due volte. Le scene in acqua sono state girate a S.Diego dalla mia controfigura, invece il resto del film l’abbiamo girato sulle coste delle Marche. Saverio è un grande appassionato di surf, e ha voluto insegnarmi a “surfare” in piscina per collegare alcune scene. Dopo dieci giorni di lezioni e panico (da parte mia), ho affrontato il tanto temuto mare. Per mia sfortuna il tempo non era dei migliori e la corrente non faceva altro che trascinarmi verso gli scogli. Non riuscivo più a tornare a riva fin quando il regista mi è venuto a recuperare. Ho anche rischiato di uccidere il cameraman con la tavola da surf che mi era scappata dalle mani. Insomma l’acqua non è proprio il mio ambiente naturale! Qual’è la tua storia? Come è nata la passione per la recitazione? Qual’ è stato l’incontro che ha determinato la svolta? Di tutto un po’, insomma. Io sono cresciuto in una famiglia normalissima con le sue difficoltà. Essendo stato un

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bambino molto timido impiegavo il mio tempo guardando la televisione e inventando un mondo di fantasia dove avevo superpoteri, amici immaginari e con la forza del pensiero spostavo mobili, che per me erano palazzi. Quindi un giorno mi sono detto, come posso usare la fantasia senza essere preso per pazzo? A scuola iniziai a studiare recitazione per poi continuare a farlo, nonostante gli impegni universitari. Alcuni incontri con insegnanti fondamentali nel mio percorso mi hanno fatto capire che il mio destino era fare l’attore. Credo che gli attori siano tutti un po’ timidi, perché racchiudono in sé tantissime emozioni per poi esplodere e regalarle al pubblico. Il mestiere dell’attore è un mestiere generoso, che dona se stesso agli altri, regalando allo spettatore una realtà parallela. Credo che il senso della recitazione è proprio questo: giocare con la verità senza farsi male. Gianluca non è solo attore, ma anche insegnante. Perchè? L’insegnamento è una passione. Credo che sia come un genitore che vuole tramandare al proprio figlio quello che ha imparato dalla vita. Vedere una persona che cresce, si evolve,

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tira fuori lati nascosti, mi rende molto felice. A breve comincerò una meravigliosa avventura con la Fox Academy cercando di creare un percorso valido, dando a tutti la possibilità di approcciarsi a questa arte. Ognuno ha un suo animo e il mio compito sarà quello di accompagnare le rispettive caratteristiche verso la recitazione, nel rispetto della persona stessa. Ti sei ritrovato nel personaggio del film che hai interpretato? Lui è un manager affermato che abbandona la sua passione per il surf fino al giorno in qui si risveglia dal suo torpore per riprendere a surfare. Io ho conosciuto i surfisti ed in effetti hanno un mondo tutto loro, un modo di vivere incentrato sulla sensazione di libertà che ti danno le onde. La libertà di avere e seguire un sogno. È questo che mi accomuna al personaggio: avevo inizialmente scelto di fare medicina per poi abbandonare tutto per un sogno che mi comporta tanto studio, sudore, fame, fatica, privazione, ma mi regala ogni volta grandissime emozioni. Quindi, ti posso dire, che sei hai un sogno “prendi la tavola e buttati”.

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architettura A CURA DI

Donatella Lavizzari donatella@immaginienote.it

Gehry Partners: Hotel Marquès de Riscal

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Su una base di costante attenzione alla tradizione americana più pura, Frank Gehry innesta una concezione di territorialità che assimila paesaggio attuale e paesaggio urbano, omogenealizzandoli in una funzione di risonanza armoniosa delle immagini delle sue architetture portando avanti una propria ricerca formale libera grazie alle suggestioni offertigli dall’ambiente artistico in cui la sua poetica è maturata. Dalla “poor art” anni ’60 egli attinge un repertorio di stimoli vastissimo che lo porta ad alternare accostamenti insoliti a strutture spoglie ed essenziali, sbizzarendosi in giochi prospettici e asimettrici. La Ciudad del Vino, che si trova a Elciego (Alava) in Spagna, è un complesso che comprende la più antica azienda vinicola della Rioja, la cantina di Marqués de Riscal fondata nel 1858. Tradizionalmente le aziende vinicole della regione non erano aperte al pubblico, ma, grazie ad un piano globale per ridefinire e rafforzare la sua immagine pubblica, Marques de Riscal commissionò all’architetto Frank Gehry la progettazione di un edificio destinato a regalare un’esperienza unica per i visitatori della cantina. Il progettista, per questo spettacolare intervento, ha voluto utilizzare i colori marchio del Marqués de Riscal: il rosa del vino, l’oro dell’etichetta e l’argento della parte superiore della bottiglia. La copertura della struttura ricettiva è l’elemento più rilevante e richiama, con le sue onde, il fluttuare del vino: “E’ una creatura meravigliosa, con capelli che volano ovunque, che si allungano sui vigneti.” Come il Guggenheim di Bilbao, l’edificio è rivestito con ampi pannelli in lamiera metallica ondulata che creano effetti cangianti al variare della luce. L’edificio è sorretto da colonne che creano una piazza da cui si gode una vista mozzafiato sul paesaggio circostante. Dalla piazza si accede alla zona reception dotata di bar che si affaccia sui vigneti. Una terrazza esterna conduce ad una piccola piscina ed un patio coperto. Ai piani superiori, distribuiti su tre livelli differenti, ci sono gli altri ambienti, luminosi e flessibili: 14 camere da letto, una spa di vino terapia, una sala di degustazione, 172 posti ristorante , una sala pubblica, una sala da pranzo privata, terrazze per pranzare all’aperto e strutture per riunioni e conferenze.

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E eccellenze A CURA DI

Magenta Comunicazione

Ponte Sisto L

La Società del Travertino Romano nasce nel 1916, esercitando la sua attività di estrazione nella propria cava di 24 ettari, situata in località “Le Fosse”. La Società fino al 1970 consolida la propria capacità estrattiva, allargando e approfondendo il fronte di cava e arricchendo quindi la gamma dei materiali commerciabili. Proprio in funzione dell’aumento e della varietà della produzione, viene avviata, a partire dal 1950, l’attività di trasformazione dei blocchi in lastre e lavorati. Nasce così il primo laboratorio della Società del Travertino Romano che si doterà anno dopo anno, di macchinari da taglio e lucidatura sempre più avanzati, fino a diventare uno degli stabilimenti più innovativi del settore. È negli anni ‘70 che la Società del Travertino Romano comincia la sua grande crescita commerciale. Nel mercato nazionale conquista la “piazza” di Verona e in quello internazionale gli Stati Uniti (eseguendo peraltro la fornitura per la Security Pacific N. B. e per la Texaco Building), della Germania, della Francia e del

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Belgio. Nasce nel 1975 una nuova cava in località “Barco” arricchendo ulteriormente la gamma dei travertini commerciabili. Nella prima metà degli anni ‘80, grazie alla presa in gestione della cava della società Filippo Cecchetti, situata nel bacino estrattivo di “Valle Pilella”, nonchè al grado avanzato di capacità di sviluppo della progettazione e della lavorazione del travertino, la Società del Travertino Romano conquista il mercato mediorientale, eseguendo, specialmente in Arabia Saudita, opere di grande prestigio, come la National Commercial Bank, il Meridien Hotel, il Ministero del Pellegrinaggio. Al termine degli anni ‘80, avvalendosi della collaborazione del prof. Paolo Portoghesi, del prof. Gino Marotta e dello scultore Claudio Capotondi, la Società del Travertino Romano apre la sezione di arte e architettura denominata Officina Romana del Disegno, nella quale si progettano e si eseguono sculture, complementi di arredo, oggetti e arredi urbani. Oggi la Società del Travertino Romano estrae travertino da tutte e tre le zone estrattive del bacino di Tivoli e Guidonia (“Valle Pilella”, “Barco” e “Le Fosse”). La cava di maggior prestigio è situata in localita’ “Valle Pilella” estendendosi per 14 ettari.

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Con questa potenzialità estrattiva e di lavorazione, coadiuvata da tre uffici tecnicocommerciali e amministrativi, la Società del Travertino Romano può soddisfare qualsiasi richiesta provenga da qualunque parte del mondo. La STR può vantare tra le sue commesse la fornitura di materiali per il restauro di Ponte Sisto. Costituito da quattro arcate con un grande “occhialone” circolare sul pilone centrale, che da sempre ha funzionato da campanello d’allarme in caso di piena del fiume, una specie di idrometro, oggi Ponte Sisto si presenta con una struttura in muratura di tufo rivestita da grandi blocchi di travertino, squadrati e sagomati in forme robuste ed essenziali. In quest’opera, il primo pontefice Della Rovere, guardando agli antichi, scelse la pietra tiburtina quale materiale più adatto per esprimere la strutturale consistenza dei lontani prototipi, e così venne replicato nel restauro del 1990. La pelle lapidea e “rugosa”, in un colore luminoso, caldo e cangiante, è il travertino, l’antica pietra che nasce nelle cave della Società del Travertino Romano, sulla storica via Tiburtina.

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SOCIETÀ DEL TRAVERTINO ROMANO

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A arte A CURA DI M.C.

Jacob Hashimoto Silence Still Governs Our Consciousness

Andrea Marcoccia- Torre X 60x50cm, Olio Su Tela

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Il 9 ottobre si è svolto un evento di rilevanza nazionale (e prossimo ad espansione europea), promosso da AMACI (Associazione dei Musei d’ Arte Contemporanea Italiani). AMACI è un’associazione no profit che riunisce 26 fra i più importanti musei di arte contemporanea del nostro paese. Questa giornata nasce, tra i tanti progetti di Amaci, per promuovere, attraverso una capillare rete di iniziative sparse su tutto il territorio nazionale, la sensibilizzazione e l’attenzione verso i più disparati linguaggi ed espressioni della creatività contemporanea; Ed è oramai un appuntamento consolidato, che vede appassionati e neofiti e anche intere famiglie con bambini, entrare ed uscire gratuitamente dai musei, dalle gallerie e dagli

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studi d’artista aperti tutto il giorno, a volte fino a notte inoltrata. A Roma, territorio del quale ci occupiamo, il programma è così goloso che è veramente difficile decidere dove passare le ore a disposizione. Ecco il nostro percorso studiato per questa giornata, nel quale abbiamo cercato, per ottimizzare anche i tempi di spostamento tra un luogo e l’altro, tre tappe non distanti l’una dall’altra. MACRO (MUSEO d’ARTE CONTEMPORANEA di ROMA Via Reggio Emilia 54). Seppure ansiosi di vedere la nuova ala espositiva, non ancora completata, constatiamo soddisfatti che agli spazi disponibili e in uso al museo nulla manca per offrirci vari ed interessanti percorsi: Aaron Young . “Slippery When Wet”. Il giovane artista statunitense propone un viaggio attraverso video, scultura e stencil sul pavimento, in un ambiente urbano fatto

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di traffico di veicoli con le scie di pneumatici, tracce di olio per motori … Un gioco ironico,spontaneo e disinvolto. Gilberto Zorio. “X Y Zorio”. Uno studio sulla continua trasformazione della materia che ci coinvolge in un esperienza sensoriale fisica e psichica attraverso l’alternarsi repentino di luce e buio che trasforma le nostre percezioni rispetto a quello che osserviamo. Una esperienza di immersione completa. Jacob Hashimoto. “Silence Still Governs Our Consciuoness”. Rimaniamo a naso in su e bocca aperta davanti a l’installazione di questi 7.000 aquiloni che ci conducono in un fluttuante stato di trance estetica. E noi, spettatori di questo incanto, dove tutto è silenzioso, meditativo e scultoreo viviamo una sensazione di totale immersione in quest’opera. Raccoglimento e stupore. Indimenticabile.

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Gruppo

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Florence Di Benedetto - Macy’s, 120x180cm, tecnica mista su tela IL SOLE (GALLERIA IL SOLE ARTE CONTEMPORANEA , Via Nomentana, 169). A poche decine di metri dal Macro, troviamo la galleria Il Sole , dove incontriamo il titolare Fabio Ortolani, il suo ben affiatato staff e un nutrito gruppo di visitatori che ci appaiono completamente e beatamente a proprio agio. Mescolati in mezzo a tutti, conosciamo anche alcuni degli artisti le cui opere sono in esposizione. E dobbiamo dire che qui il consueto concetto di mostra assume una connotazione decisamente dinamica. Infatti IL SOLE propone TEMPO PIENO la “movimentata” presentazione di sei artisti ogni cinquantacinque minuti (come a scuola) divertente e particolarmente coinvolgente assistere all’avvicendarsi delle opere sulle pareti che permette di vivere da vicino le fasi dell’allestimento e la simpatica atmosfera che regna tra questi artisti , che già altre volte, ci raccontano di aver condiviso in mostre collettive lo spazio di questa Galleria d’arte giovane e alternativa. Al momento della nostra visita assistiamo al cambio tra le opere di Oriana Ubaldi e quelle di Andrea Marcoccia, la prima con opere invase da una luce quasi abbagliante e dal percepibile dinamismo dei corpi che le percorrono. Il secondo con frammenti di immagini strappate alla strada, ai luoghi e ai percorsi del viaggio, quei tanti viaggi che lo hanno formato ed ispirato come

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artista. E per fortuna, nell’ultima sala della galleria possiamo vedere , appoggiate a terra o alla parete, le opere che hanno già fatto o devono ancora fare il loro turno, e ne siamo felici, perché veramente non avremmo voluto perdercene nessuna: Riccardo Pocci, che elimina dalle sue opere ogni inutile orpello in favore di una visione sintetica, di un armonioso ordine nella composizione. Marco Verrelli con la sua sintesi rigorosa di tutti gli elementi che compongono le sue opere: spazio, forma e colore. Giampaolo Rabito che con sapientissima tecnica ci presenta scorci di edifici ben noti a noi romani e particolari di oggetti di vita quotidiana, presi così, come nel quotidiano spesso li vediamo: un paio di jeans su una sedia … E le luminose opere di Florence Di Benedetto che ci trasportano in una New York che si sente appartenere all’artista, assimilata con migliaia di foto scattate e rielaborate manualmente fino a che non rendano esattamente la sensazione che lei stessa ha percepito e custodito nella sua memoria. IL SOLE ARTE CONTEMPORANEA Via Nomentana, 169 – 00161 Roma Via Alessandria, 110/c – 00198 Roma Tel.06 44251315 – 06 4404940 Web: www.galleriailsole.it

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Oriana Ubaldi - Sguardi dal ponte 160x280cm, Olio su tela

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Creare Regali è un Mestiere. Fare Regali è un’Arte.

Fiera di Roma dal 16 al 19 dicembre 2010

Arti&Mestieri La mostra mercato dell’artigianato e dell’enogastronomia

Giovedì: ore 14-22 - Venerdì, Sabato e Domenica: ore 10-22 Ingresso gratuito - Fiera di Roma, Porta Nord - info 06 65074525-522 - www.artiemestieriexpo.it Con la partecipazione di

ASSESSORATO ATTIVITA’ PRODUTTIVE E POLITICHE DEI RIFIUTI

Organizzata da


il messaggio di contemporaneità non è poi sempre così ermetico e incomprensibile. MICRO (studio d’arte, Via Cagliari 20). Il nostro programma prevede un ultimo appuntamento direttamente nell’atelier di un’artista: Lilli Carmellini. Quando arriviamo, troviamo una piccola folla che tracima dall’interno del piccolo spazio espositivo sul marciapiede antistante; ai visitatori più curiosi lei sta raccontando il suo lavoro: infatti Lilli, che in questo studio solitamente lavora ed espone, presenta la mostra FISSOMUTEVOLE e ci spiega, poiché facciamo in tempo ad unirci al pubblico che attinge le istruzioni per l’uso delle sue opere, che “FISSO” rappresenta questo stato in luogo così rassicurante che è il suo studio; Un punto fisso dove tenere colori, pennelli, libri, e dove andare tutti i giorni, ad un orario più o meno fisso. E “MUTEVOLE” è il richiamo verso cui tende la sua pittura ed il conseguente, variabile “stato di grazia” con il quale lei passa da una tematica all’altra. E queste tematiche ci vengono illustrate con un entusiasmo che ci contagia e ci fa sentire partecipi: E noi, piacevolmente rilassati, davanti a questi quadri pieni di colore e di ottimistica percezione dell’esistenza, constatiamo che

MICRO studio d’arte di LILLI CARMELLINI Via Cagliari 20- oo198 Roma Tel. +39 3289146114 web: www.lillicarmellini.it

Lasciamo soddisfatti quest’ultima tappa del nostro giro dentro alla GIORNATA DEL CONTEMPORANEO, felici di essere riusciti a sfruttare al meglio l’opportunità che AMACI e tutti gli operatori del settore hanno offerto per questa occasione. Questo è il reportage di una scorribanda che ci ha lasciato addosso la voglia di tornare e approfondire quello che non si è riusciti a vedere; Ed è forse con questa intenzione che riteniamo di aver centrato in pieno lo scopo di questa iniziativa: non aspettare l’anno prossimo per avventurarci ancora nel meraviglioso mondo del contemporaneo.

SMILE cm 30 x 30 tecnica mista su tela

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Attraversando anni di ricerca e sperimentazione, nella continua scoperta di forme nuove che prendono vita da un materiale malleabile come il silicone, Alessandro Ciffo è un artista sempre in evoluzione, capace di ascoltare la propria emotività per trasformarla in atto creativo e re-inventare “un mondo nuovo, singolare”. “Singolarità” è la parola giusta per il suo design, ci dice con quella difficoltà, tipica del creativo, nel descrivere concettualmente un atto del tutto istintuale e intimo come quello della creazione. Singolarità a cui si arriva solo attraverso l’ autoproduzione quindi spiega “creare un prodotto dalla A alla Z curandone l’idea, il progetto, il prototipo, la promozione, la vendita. Seguire la vita del prodotto in tutte le sue fasi, per capire, attraverso gli errori che si possono commettere, cosa bisogna fare per arrivare ad un risultato”. Com’è nata l’idea di poter fare del silicone la tua arte? Sono partito da un materiale per fare arte anziché partire dall’idea dell’arte. È il materiale che ti dà gli stimoli per trovare un linguaggio nuovo, ti rendi conto lavorandolo che il silicone può diventare il tuo linguaggio. Nell’epoca della comunicazione, è difficile farsi ascoltare se non trovando dei linguaggi nuovi e interessanti, che avvicinano le persone. Il silicone è un materiale modernissimo ma allo stesso tempo lavorabile in una maniera così primitiva e manuale, racchiude in se i due estremi: la modernità e l’aspetto artigianale. L’incontro con il silicone è stato casuale, ma la consapevolezza che potesse diventare il mio linguaggio per dire ciò che volevo è stata praticamente immediata. Quale messaggio vorresti cogliere nell’occhio dell’osservatore alla vista di una tua creazione? S’impara un linguaggio, s’impara a scrivere e poi bisogna decidere cosa dire. Cosa dire è un percorso di maturità, io sono partito dal design, dalla cultura del progetto, dalla ricerca della bellezza e del virtuosismo, adesso sto cercando un approccio più concettuale del linguaggio: non c’è un concetto definitivo di cosa voglio dire, voglio provare a re-inventare il mio mondo, ogni volta affrontando argomenti diversi, sensazioni, emozioni. Una delle cose più importanti che ho capito nel fare questo tipo di lavoro, è che mi devo emozionare, devo esprimere un’emozione. Le riflessioni e gli argomenti vengono man mano col percorso, con la storia, con le esperienze, non ho nulla di così predisposto per arrivare ad un obiettivo

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con un ideale definitivo, ho un pensiero “work in progress”. Quale delle tue creazioni ti rappresenta maggiormente? Perché? Mi rappresenta molto il silicone, m’identifico molto in questo materiale perché do a lui il merito di quello che faccio, adoro il concetto di materiale, i materiali sono fonte d’ispirazione, ognuno di essi può aprirti un mondo da esplorare. Ogni pezzo ha storia a se, ogni momento è diverso, riprendo cose messe da parte, sfalso i tempi… Non concentrarmi su una cosa mi ha permesso di non cadere in quello in cui si cade sovente: identificandosi si comincia poi a fare sempre la stessa cosa. Io m’identifico solo con il materiale, così posso spaziare a 360° senza soffermarmi su una cosa o sull’altra. Non avendo uno schema lascio molto alle emozioni, alle situazioni, al tempo, non fisserei una cosa particolare in un tempo particolare, tutto quello che ho fatto in questi dodici anni di ricerca ha qualcosa d’interessante, un passaggio, una scoperta, una sfida… Quali sono queste emozioni che sono alla base dell’ispirazione del design di un prodotto? Queste emozioni sono trovarti di fronte ad una spatola sporca di silicone di vari colori, andare per pulirla e mentre la pulisci sullo straccio vederci qualcosa che ti emoziona… da lì ti costruisci un mondo intorno, andando avanti, quel mondo ti emoziona... lì cominci un racconto, di quel mondo che ti emoziona L’atto creativo è una cosa molto intima che emoziona me per primo e beh in alcuni casi vedo che emoziona anche gli altri! (ride) Quali sono gli oggetti su cui ami soffermarti maggiormente e perchè? Posso soffermarmi solo per una questione di tempo sull’ultimo lavoro che è una poltrona gonfiabile, completamente realizzabile in silicone, l’ultima sfida a livello tecnico e per

L’ATTO CREATIVO È UNA COSA MOLTO INTIMA

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quanto riguarda la forma: si costruisce prima con lo stampo, ma gonfiandola prende forma da sola, attraverso l’aria, le tensioni, l’elasticità del materiale. È anche comoda, l’unico inconveniente è che è pesante, non riesco ancora a farne di leggere. Queste poltrone mantengono tra l’altro degli angoli retti insoliti per un gonfiabile, quindi anche la grafica della superficie prende forme imprevedibili. Adesso ho presentato la “Gerhard” che ho chiamato così perché riprende la pittura astratta di Gerhard Richter, la prima è stata quella bianca a pois che riprende i quadri di Damien Hirst infatti l’ho chiamata “Damien”. Questa poltrona è l’ultima evoluzione mentre per le prossime collezioni voglio concentrarmi sulle luci con particolare interesse ai led, una tecnologia che ci permette di trovare forme nuove e di illuminare con un notevole risparmio di energia, quindi speriamo che tutti inizino ad usare i led, è il minimo che potremmo cominciare a fare.

che metta insieme le due scuole: quella classica e quella contemporanea che è molto concettuale, ma che ha trascurato un po’ troppo l’aspetto estetico e manuale. Il cervello ha cominciato a svilupparsi quando ha realizzato l’importanza delle mani, se fermo l’esperienza delle mani fermo anche il cervello. A quale domanda ti piacerebbe rispondere durante un’intervista? Mi tocca pure fare il giornalista? (ride) Forse “Cosa vuoi fare da grande?”… Mi sto rendendo conto e sto verificando a livello di letture che ciò che ci distingue la nostra evoluzione da quella degli animali è stato il riuscire ad allungare il più possibile l’infanzia: la capacità di giocare, di cercare, di scoprire, di sperimentare, lontano dalla finalità. Come risponderesti? Da grande cosa voglio fare?... Beh spero di non diventare grande ecco!

Per quale motivo hai scelto l’autoproduzione? L’autoproduzione è una scelta obbligata se si vuole lavorare con dei materiali, perché il materiale è una cosa che va toccata, va lavorata, va sperimentata e non si può pensare di progettare con un materiale se la sperimentazione la fa qualcun altro, bisogna farla direttamente, il progettista secondo me dovrebbe sempre mettere le così dette “mani in pasta” Oggi si sta spezzettando il concetto di progetto, diventa tutto un “copia incolla”, non c’è più ricerca, se non maneggi un materiale se non lo fai vivere se non ne respiri l’anima non puoi scoprirne le potenzialità, gli aspetti più interessanti, più difficili da vedere, quelli che oggi dopo dieci anni di esperimenti vedo e che all’inizio non vedevo. Riguardo l’autoproduzione, il mio consiglio per chi vuole creare e progettare è quello di non sottovalutare i benefici che si possono ottenere in termini di esperienza nell’autoprodurre i propi progetti, per me è una scelta obbligata perché difficilmente posso trovare qualcuno che riesca a mettere in pratica quello che ho in testa. Quali sono i progetti futuri? Sto lavorando a forme nuove per realizzare lampade con tecnologia led,dobbiamo adottare questa nuova tecnologia il prima possibile perché ci permette di illuminare con un risparmio energetico enorme, una vera tecnologia buona. Se potessi fare un salto nel futuro, quali parole vorresti colpissero le generazioni future riguardo al tuo nome e al tuo design? Vedo il futuro per natura in maniera positiva, per ragione difficile…La parola giusta è “singolarità”, l’idea di una creatività nuova

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Le case automobilistiche si cimentano sempre di più in prototipi e nuove versioni di bolidi potenti e verdi. Dopo la conferma da parte di Porsche di produrre una supercar ibrida, la 918 Spyder, altre case automobilistiche hanno preso ispirazione e tentano di praticare la medesima strada sportiva amica dell’ambiente. BMW i100Coupe ActiveHybrid questo potrebbe essere il nome scelto per la sportiva ibrida che Bmw presenterà nel 2014.

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Concettualmente derivata dal prototipo Vision EfficientDynamics, derivata dalla BMW Serie 1 Coupé, con lievi modifiche e una specifica colorazione – Liquid White metallic e finiture Electric – è azionata da un propulsore elettrico. Le notizie riguardo la motorizzazione di questo gioiello della tecnologia sono varie: secondo alcuni sarà proposta proprio la soluzione della concept, dotata di 2 motori elettrici e di un tricilindrico turbodiesel, per un totale di circa 285 Cv, mentre per altri sarà il recente 6 cilindri turbo 3 litri N55 ad essere abbinato ai propulsori elettrici. In ogni caso, l’autonomia con le sole batterie sarà compresa tra 15 e 50 km, buona per gli spostamenti cittadini, mentre l’uso

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combinato dei motori consentirà prestazioni da sportiva di rango con consumi ed emissioni decisamente ridotti rispetto al passato. La i100 dovrebbe posizionarsi comunque in una nicchia di lusso, con un prezzo intorno ai 100.000 euro, secondo fonti ben informate la casa automobilistica di Monaco di Baviera prevederebbe ben 35.000 esemplari annui con la possibilità di utilizzare motori diversi in base ai singoli mercati senza modificare telaistica e schema costruttivo. Telaio in alluminio, carrozzeria in fibra di carbonio, sedili con struttura in kevlar. L’abitacolo è a 4 posti, con un bagagliaio di 200 litri, il motore elettrico è disposto posteriormente.

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T tendenze A CURA DI

Stefania Ricci

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GEN IO E FUTURISMO tacchi nella mia prima collezione. Barbara Hepworth. Zaha Hadid. Da loro non prendo riferimenti diretti, è più una questione di estetica del design...strati, lacci, strutture simili a ponti”. È un perfetto gioco di geometrie e linee spezzate che si compenetrano creando un’apparente equilibrio instabile che si risolve invece in un’armonia perfetta. Il platform è spezzato e da l’impressione di lasciare la suola senza un supporto sufficiente, poi però lo guardi e capisci che le dona semplicemente leggerezza e libertà. È innegabile il fascino che le scarpe del designer esercitano sulle celebrities: Kate Bosworth, Rihanna, Sienna Miller, Sarah Jessica Parker sono tutte fan. Il modello più paparazzato: sandali in pelle scamosciata e pitone, con tacco a stiletto e tomaia intagliata come una ragnatela, pensare di indossarle per un’occasione diversa da un’uscita in passerella è difficile da immaginare anche per le più audaci, eppure questi bizzarri oggetti chiamati scarpe nella loro essenza nuda e cruda sono solo delle stringate.

Estro, precisione, design unico e l’uso di materiali poco convenzionali hanno fatto di Nicolas Kirkwood l’enfant terribie delle calzature. Forme decise, inconsuete, aggressive, fuori da ogni norma e proprio in virtù di tali caratteristiche le scarpe del designer londinese attirano l’attenzione con quel misto di curiosità e incredulità che ci lascia dubbiosi: chi potrebbe mai indossare scarpe così? La stampa internazionale ne è entusiasta al punto da definirlo “il miglior talento degli accessori”. Kirkwood ama sperimentare con le forme e i materiali fino a stravolgere il concetto di calzatura. Tacchi vertiginosi con plateau, tomaie stravaganti realizzate in pelle in colorazioni vivaci con dettagli in pitone, coccodrillo o lattice. “Anish Kapoor è stata l’ispirazione della mia prima collezione - quell’organicità, la forma, la pura estetica che ho tentato di dare ai miei

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Per coloro che fanno della passione per il Polo uno stile di vita, l’Associazione VLADI POLO lancia un’esclusiva collezione di borse. Modelli unici che traducono ed esprimono l’emozione, l’adrenalina e la competizione tipica di questo sport in accessori di moda di altissima qualità. L’idea di creare una linea glamour, dal marchio VLADI, è nata dall’ispirazione della dr.ssa Vladena Belolipskaia Guerrand Hermès – imprenditrice e prima giocatrice di Polo in Russia. L’intento è di esprimere non solo l’originale ricerca di eleganza e raffinatezza, ma anche il desiderio di diffondere una cultura del Polo in Italia e nel mondo, che diventi un vero e proprio modus vivendi a 360°. Ogni articolo è completamente fatto a mano ed è realizzato con la meticolosa maestria di artigiani fiorentini, -dal taglio del pellame ai

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delicati tocchi di rifinitura che abbelliscono la linea. I modelli sono scelti pensando ad ogni occasione del Polo life style e risultano così perfettamente curati da non poter passare inosservati. Le borse sono resistenti all’acqua, all’idrolisi, all’usura e allo strappo e sono realizzate utilizzando pelli pregiate e certificate di vitello fiore, pitone, coccodrillo e caimano. Sul pellame, una volta trattato in una concia ecologica senza cromo, sono fissati articoli ed immagini relativi al Polo pubblicati su magazine e giornali. Ogni specifica tipologia di pelle ha la caratteristica di adattarsi meglio a certi modelli di borse, escludendone degli altri, con il risultato di metterne in risalto il prestigio. Per soddisfare quanti sono alla ricerca di un prodotto personalizzato, è possibile scegliere la lingua degli articoli di stampa da fissare tra italiano, inglese e russo -, e di scrivere una dedica e il nome del proprietario della borsa, in un cip inserito in una tasca interna.

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Ufficio Comunicazione VLADI POLO Associazione Via Santa Chiara, 57- 00186 Roma Tel. +39 0697612322 Fax. +39 06 97612698 www.vladi-polo.it - ufficio.stampa@vladi-polo.it

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Tasselli e LeAr tigiane.it C

novembre è nella capitale nel nuovo spazio espositivo le Artigiane.it con il primo Corner Shop permanente di Roma a prezzi di Fabbrica. Le Artigiane.it è uno spazio, più di 300 metri su due piani a pochi passi dal Pantheon, in via di Torre Argentina 72, che ospita singoli espositori portavoce del Made in Italy di qualità. Al suo interno una delle principali attrazioni capitoline, la mostra- mercato “Fuori dal Coro”, mostra di prodotti artigianali selezionati per la loro singolarità e ricercatezza. Artigiane provenienti da tutta Italia, scelte per “fare mercato e mettere in mostra” le proprie creazioni, o forse sarebbe meglio dire le proprie “passioni” con orario dalle 10.30 alle 20 e ingresso libero. La qualità e l’originalità dei prodotti sono infatti i principali requisiti della manifestazione, perchè “Fuori dal Coro” è il trionfo della creatività, del “fatto a mano” fuori dagli schemi, ma sempre a prezzi accessibili. Il luogo ideale dove fare acquisti per chi vuole essere oltre la moda, lontano dalla banalità e dall’omologazione del gusto.

Cura dei dettagli, studio della vestibilità, ricerca e innovazione dei filati. Tasselli Cashmere nasce nel 1970 a Bevagna, in Umbria. In poco tempo il marchio della piccola azienda umbra diventa sinonimo di alta qualità e i suoi capi artigianali iniziano ad essere richiesti nelle boutique italiane ed estere più prestigiose. L’eccellenza perseguita nelle proprie lavorazioni si esprime in capi di abbigliamento dall’innegabile personalità in pregiato filato di cashmere, nella qualità dei materiali impiegati, nella ricercatezza delle forme sempre attuali, nel gusto del dettaglio e dei particolari raffinati e nella sperimentazione continua di nuovi materiali che esaltano la bellezza del cashmere. I capi Tasselli sono manifestazione di uno stile di vita originale e raffinato, contemporaneo e mai banale, caldo e leggero, prezioso e ricercato. La Tasselli Cashmere dai primi di

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alimentazione A CURA DI Dr. Raffaele Vincenti

Alimentazione

CONSAPEVOLE

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La necessità di ampliare il concetto di salute e la difficoltà per mantenerla ci deve oggi consapevolmente coinvolgere in prima persona.

Continuiamo il progetto “SANI SI DIVENTA… SANI SI CRESCE” che in modo semplice e divulgativo sviluppa gli argomenti dell’alimentazione e di uno stile di vita efficace per stare bene e praticare una prevenzione efficace per il mantenimento della salute. Conoscere gli strumenti semplici del proprio benessere sono l’obbiettivo di questa rubrica e di una serie di incontri divulgativi del progetto! I prossimi argomenti del progetto saranno proprio quelli legati al nome di questa rubrica: ALIMENTAZIONE CONSAPEVOLE. Infatti occorre sempre di più conoscere come attuare una sana alimentazione personalizzata cioè corrispondente ai fabbisogni reali di ogni persona in modo unico. Solo così

riusciremo a correggere il metabolismo e le tendenze patologiche e quindi attuare una PREVENZIONE. Un’alimentazione consapevolmente personalizzata nutre, da energia e aumenta le capacità di difesa del nostro sistema immunitario e rende persino la mente più brillante e rapida. Il livello energetico dell’essere umano nel suo complesso e nei suoi organi, è il sistema fondamentale per mantenere l’efficienza e lo stato di benessere di mente e corpo e i nutrienti cosi detti essenziali devono essere conosciuti da tutti. L’importanza delle vitamine e dei minerali è abbastanza nota ma pochi sanno che anche per la nostra efficienza intestinale sono fondamentali: 1) le fibre vegetali (contenute nella frutta e verdura) che pur non avendo importanza nutrizionale rendono possibile il transito intestinale 2) i fermenti lattici di vario tipo che attuano ai vari livelli intestinale processi fondamentali per la produzione e assimilazione delle vitamine e che mantenendo l’ecosistema

intestinale sano partecipano a tutti i processi fisiologici (difesa della mucosa intestinale, evitando fermentazioni, gonfiori e putrefazioni) ma anche dell’importantissimo sistema di difesa immunitario delle mucose 3) l’acqua naturale nella quantità minima essenziale di 30 ml per kilo di peso corporeo al giorno (un uomo di 70 kili circa 2,1 litri d’acqua al giorno!) tenendo conto dell’acqua contenuta nei cibi Nei prossimi incontri gli argomenti saranno proprio su “COME PERSONALIZZARE L’ALIMENTAZIONE ” per perdere peso e sgonfiarsi. Come drenare, disintossicare e colmare le carenze e/o combattere gli eccessi. Come attivare il metabolismo. Come individuare e praticare un’alimentazione ideale alla persona? Ci sarà quindi una rassegna delle più importanti diete (dalla dissociata alla dieta zona, dieta pH, dieta metabolica etc etc) e sarà possibile fare un incontro con uno specialista della nuova interessante dieta Tisanoreica.

per chi fosse interessato a partecipare, per conoscere le date degli incontri e prenotarsi contattare il dott. Vincenti Raffaele farmacista e membro docente dell’Associazione Internazionale di Clinica e Terapia Olistica presso la sala conferenze della Farmacia Rossetti Laura Via Maremmana 300 a Villanova di Guidonia. 0774325418

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La Cascina I

Il ristorante La Cascina per un Sogno è situato in un’oasi verde nel cuore dell’Abruzzo, adagiato alle pendici della montagna dove sorge il comune di Tornimparte, in provincia dell’Aquila, circondato da boschi di castagno. L’amore e la passione per il mondo della ristorazione dei titolari Domenico, detto “Franco”, e la moglie Daria, insieme alla cordialità, la cura del servizio e l’attenzione per i clienti, sono gli elementi che contraddistinguono questo ristorante. La cucina è affidata all’esperienza ed alla maestria dello chef Trovarello che, con sapienza ed abilità, unisce i sapori, i profumi e la bontà di ingredienti accuratamente selezionati dal titolare, sempre freschi e genuini nella preparazione di piatti della cucina tipica locale e nazionale. La passione, il servizio attento e la cordialità dello staff, fanno il resto; il personale, di grande esperienza, si prende cura di ogni cliente, circondandolo di

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un’atmosfera conviviale che lo fa sentire come a casa e allo stesso tempo l’ospite d’onore. Nel ristorante “La Cascina per un sogno” cucina e natura si fondono in armonici equilibri: il luogo ideale per matrimoni, cerimonie, ricevimenti ed occasioni speciali. La struttura, di nuova costruzione, si distingue per l’eleganza e lo stile degli ambienti, resi accoglienti e confortevoli dalla cura per gli arredi e la qualità delle finiture. La sala cerimonie offre il massimo in termini di ricettività e comfort e rappresenta l’ideale per i ricevimenti in grande stile, nei quali il sapore dei cibi sposa la bellezza, la pace ed il verde dell’ambiente circostante. La Cascina è munita di otto accoglienti camere accuratamente arredate con gusto ed eleganza dotate di tutti gli optionals: iternet wireless, frigo bar, bagno in camera, asciugacapelli, cassaforte, aria condizionata. Inoltre la struttura è dotata di ascensore e camera per disabili. La Direzione offre ai propri ospiti un servizio di escursioni trekking, escursioni a cavallo e bus navetta per le piste da sci (Campo Felice).

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UN’OASI DI VERDE NEL CUORE DELL’ABRUZZO

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Ristorante Pizzeria La Cascina per un Sogno Via Fonte del Papa,9 Viario di Tornimparte (AQ) tel. 0862 72 85 56 cell 328 71 74 762 www.lacascinaperunsogno.it - info@lacascinaperunsogno.it


G gusto A CURA DI

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CYBO

Un nuovo concetto e una nuova filosofia per una moderna struttura dal design contemporaneo e accogliente nel cuore di Roma dove Osteria Wine e Cocktail Bar coniugano perfettamente il senso di multifunzionalità e qualità. Il Ristorante Cybo a pochi passi da Piazza Navona, all’ombra dell’antica torre medievale Tor Millina, nel cuore del Rione Parione, offre un’atmosfera raffinata in cui poter gustare piatti prelibati in un ambiente piacevole e cordiale. Elementi d’arredo innovativi convivono con particolari architettonici caratteristici del periodo romano, le arcate e le decorazioni creano una cornice incantevole per l’aperitivo con un tripudio di prelibatezze da bere e da gustare con musica di sottofondo. Il clima è cosmopolita mentre la cucina si

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richiama al territorio, qualità e freschezza del prodotto vengono valorizzati dalla gentile vena creativa degli chef. Le specialità spaziano dalle ricette a base di pesce ai piatti di carne; si possono assaporare piatti raffinati come i paccheri con germe di grano al ragù di spigola e pomodorini o l’agnello in crosta di nocciole con carciofi e salsa al pepe oppure il cubo di baccalà in olio d’oliva con crema di patate e guanciale croccante. Fra le tentazioni golose la muosse allo yogurt su gaspacho di melone, pinoli sabbiati e riduzione di porto, perfetto bilanciamento tra leggerezza e dolcezza. Accanto ad un menù ricercato non poteva mancare una ricca carta dei vini per esaltare al massimo le pietanze. Al ristorante Cybo troverete le etichette migliori del panorama nazionale ed internazionale. Profumi, colori, sapori, qui tutto concorre a fare di questo ristorante un luogo unico.

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PIATTI PRELIBATI IN UN AMBIENTE PIACEVOLE E CORDIALE

Via di Tor Millina, 27 - ROMA 06.68210341 www.cyboroma.it

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Un cognac eccezionale, il migliore del mondo per alcuni, preferito da ricchi e potenti nomi del jet set intrenazionale: Christian Dior, Sir Elton John, Francis Ford Coppola e la Regina Elisabetta II, questi alcuni dei suoi estimatori. Si dice che nel 1951 Winston Churchill festeggiò la nomina a primo ministro bevendo questo esclusivo cognac e che il generale De Gaulle, nel dicembre del 1944, celebrò il primo natale nella Francia liberata dai Nazisti brindando con Louis XIII. Il re dei cognac Rèmy Martin Louis XIII, prodotto da un mix di uve pregiate, uve Ugni Blanc, provenienti dai vigneti del Grand Champagne, caratterizzato da aromi unici nel suo genere: chiodi di garofano, fico e spezie. Invecchiato in botti di rovere di Limousin per oltre 18 anni, viene presentato in una limited edition esclusiva e preziosa. Il pregiato nettare è racchiuso in una bottiglia in fine cristallo nero creata da Baccarat lavorata artigianalmente in soli 786 pezzi, il cui costo è di 15mila dollari a esemplare. Un ottimo mix: uve ricercate, design di prim’ordine e prestigioso cristallo, connubio perfetto. Gli estimatori del cognac di altissima classe non possono farsi scappare questo sontuoso e raffinato gioiello del gusto, per brindare in occasioni molto speciali.


una moderna e contemporanea scatola di cristallo con un ingresso dedicato e pochi tavoli da coccolare e seguire come al solito. L’ambiente è caldo e accogliente con poco più di 20 coperti, ineccepibili i dettagli: i cristalli, il tovagliato, le decorazioni, il camino sempre acceso, tutto è pensato per ricreare il clima di un territorio votato all’ospitalità.

ELODIA RISTORANTE

Via Valle Perchiana snc fraz. Camarda (AQ) tel.0862.606830 - www.elodia.it

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Elodia si trova a Camarda, un piccolo paese a 10 km. dall’Aquila, sulla Statale che conduce al Gran Sasso d’Italia. Il ristorante, conosciuto come tra i migliori della regione, dopo il sisma si è spostato in una nuova ed elegante location;

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il Salotto42 è in Piazza di Pietra, area centralissima a pochi passi dal Parlamento e dal Pantheon. Questo risto cocktail & wine bar è un must nella movida capitolina, un luogo di incontro piacevole e ricercato. Al suo interno si respira una contaminazione di stili ed influenze diverse che variano dall’antichità al moderno. Divani anni ‘50, lampadari decò, balaustre in marmo del ‘600 e tappezzeria inglese. Il bookbar Salotto42 è stato concepito come un vero e proprio salotto di una casa newyorkese: alle pareti nessun quadro ma ad attrarre l’occhio e donare calore e fantasia allo spazio i libri, di grafica e design, di moda e fotografia d’autore, di tendenza estrema e erotismo raffinato che i visitatori possono sfogliare. Il Salotto 42 apre i battenti già dalla mattina con le sue ricche colazioni, per poi passare al brunch (solo nel fine settimana) e proseguire fino al pomeriggio quando si trasforma in una accogliente sala da thè, sulle note di una rilassante musica jazz. Al tramonto viene

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Piatti della memoria in cui manualità e sapienze gastronomiche si fondono perfettamente dando vita a menù sempre nuovi e ben ragionati. Nadia e Vilma raccolgono il testimone da mamma Elodia con la loro moderna sensibilità, proponendo le ricette tradizionali con cotture, interpretazioni e presentazioni dei piatti al passo con i tempi. Le sorelle Moscardi scelgono con cura ciò che offre il mercato locale da cui trarre ispirazione per preparazioni dal gusto unico e raffinato. Il fratello Antonello, sommelier professionista, si occupa della gestione della sala e della cantina.

servito un gustoso aperitivo con tartine, stuzzichini e prelibatezze dai sapori nipponici, accompagnati da ottimi vini e cocktail di qualsiasi tipo, mentre per la cena il locale punta sugli originali sapori della cucina scandinava e nord europea. E dopo cena, il Salotto 42 diventa un moderno music & lounge bar, dove è possibile bere ottimi drinks al ritmo di musica lounge, chillout e downtempo.

SALOTTO42 Via di Pietra Papa, 42 Roma 066 785804 www.salotto42.it

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Via Tiburtina km 18,300 - Guidonia Montecelio (RM) Tel. 0774 353506 - info@ocres.it


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sono in compagnia di se stessi. Il linguaggio scanzonato, la parlata fresca, disinibita e sbarazzina di Sigrid, faccine puntini e punti esclamativi inclusi - ormai il cavolettese è diventato un vero e proprio stile - lo rende gradevole e leggero. Un libro da leggere, ma soprattutto da guardare e con cui fare un sacco di cose buone. Insomma Il Libro del cavolo è originale e piacevole, un ingrediente da avere sempre a portata di cucina.

macondo A CURA DI

Redazione èArea

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Sigrid Verbert Edizioni Cibele euro 28

Sigrid Verbert, belga di nascita e calabrese di adozione dopo il matrimonio ma formatasi professionalmente a Roma dove vive e lavora, è l’autrice del famoso cavolettodibruxelles.it, blog di “cucina con fotografia”.

PERSONALE INFORMALE, SEMPLICE, EVOCATIVO E, A TRATTI, IRONICO

Un diario culinario on-line di una giovane cuoca e fotografa, più o meno autodidatta, che da più di quattro anni racconta quotidianamente il suo girovagare incuriosito fra mercati e cucine. Dopo il successo del blog, Sigrid, decide, per gli amanti delle pagine da sfogliare, di farne un libro, un diario personale informale, semplice, evocativo e, a tratti, ironico che in dieci capitoli attraversa Calabria e Sicilia, ma anche Bruxelles, l’Ungheria, il Giappone e molti altri luoghi speciali. Il percorso di ricette costruito in nove capitoli - di cui uno simpaticamente aereo - è aggiornato sulle tendenze, gli chef, le mode e propone delle ricette preziose perché minuziosamente testate, non solo per cucinare, ma semplicemente da leggere e guardare. Ognuno dei 10 capitoli è legato ad un posto, ad un viaggio e ai sapori di quei luoghi. La Spagna raccontata da un bicchierino di pane e pomodoro. La “sua” Calabria con girelle alla ‘nduja e tagliatelle con fichi e prosciutto. E poi ancora una parentesi ungherese, con la ricetta dei langos ungheresi, un salto in Giappone, il fascino della Sicilia, le spiagge del Nord, le patatine fritte fatte dal padre, Bruxelles e, ovviamente, la Francia in cui sono evocate atmosfere malinconiche proustiane in cui i nordici attratti dal sole e dall’azzurro amano rifugiarsi psicologicamente quando

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Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli Minimum Fax euro 10

Un gioco, un esperimento, una collaborazione letteraria senza precedenti: i due «re» del giallo italiano contemporaneo, entrati in contatto durante le riprese del documentario A quattro mani (minimum fax media 2007), uniscono le forze e ci regalano una storia che vede protagonisti i loro personaggi di maggior successo: il commissario Salvo Montalbano e l’ispettrice Grazia Negro.

disincantato, acuto, egocentrico; entrambi agiscono talora ai margini della legalità pur di arrivare al risultato. Due personalità differenti che sembrano quasi incompatibili, ma che in questa storia si incontrano e lavorano molto bene insieme. Due investigatori decisi, che sanno farsi valere, il cui impegno civico è fuor di dubbio e che non temono di disobbedire a un ordine e indagare sulla stessa polizia, sui politici o sui servizi segreti. A metterli in contatto è un insolito omicidio in cui la vittima viene ritrovata con un pesciolino in bocca: il caso è nelle mani di Grazia Negro, che, resasi conto di non trovarsi di fronte a un delitto di ordinaria amministrazione, chiede aiuto al collega siciliano; i due scopriranno di avere a che fare con i servizi segreti deviati e nelle indagini rischieranno la propria stessa vita.
 Il libro è reso unico e appassionante dalla sua struttura: invece che un romanzo convenzionale, è un collage di lettere, biglietti, ritagli di giornale, rapporti e verbali, pizzini che fanno rocambolescamente la spola fra i due detective, stimolando e accompagnando il lettore nella ricostruzione dell’indagine, che si conclude con un finale mozzafiato. Una jam session fra due narratori geniali che si divertono a far interagire il loro immaginario e il loro stile, una lettura imperdibile per gli amanti del poliziesco e del noir. Nei gialli dell’autore emiliano il vero protagonista è l’assassino, con i suoi pensieri, le ossessioni, la sua vita anche normale, mentre in quelli dello scrittore siciliano è l’investigatore, i suoi piccoli tic, le abitudini, il rapporto con i collaboratori. Acqua in bocca ha dovuto necessariamente mediare fra questi due punti di vista narrativi creando una storia che vede al centro i due inquirenti.

UN GIOCO UN ESPERIMENTO UNA COLLABORAZIONE LETTERARIA

Lei energica, coraggiosa, determinata, lui

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Donatella Lavizzari

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La musica di Eugenio Finardi racchiude in sé una potenzialità comunicativa universale. Ripercorrendo la storia musicale di questo grande artista colpisce il suo essere fondamentalmente curioso verso il progredire del mondo, essere quindi sempre qualche battuta avanti rispetto allo spartito della vita. Durante i suoi concerti, Finardi riesce sempre ad affascinarci, a farci divertire ma, soprattutto, a farci riflettere. I suoi sono racconti di vita. Parla di ribellione, di identità, di utopie. Le ragazze di Osaka, Laura degli Specchi, Mezzaluna, Wil Coyote, Diesel, Extraterrestre, Dolce Italia, sono solo alcune delle meravigliose canzoni che, con il passare degli anni, sono diventati “vasi”, “anfore preziose” in cui abbiamo riposto le nostre emozioni.

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Photo Raimondo Luciani m u s i c a


EUGENIO FINARDI:

MUTAZIONI

D’ARTISTA Da cantante rock e dell’impegno ha ampliato i suoi orizzonti dedicandosi sempre con passione a diversi generi, dal blues al fado, alla classica contemporanea, fino ad approdare al teatro-canzone e persino a misurarsi con la scrittura di Paul Auster in una particolare ri-lettura del suo racconto “La città di vetro” tratto dalla “Trilogia di New York”. Una svolta artistica arricchita dal Premio Tenco 2008 per il progetto su Vysotsky: “Interpretando le canzoni di quello straordinario attore che era Vladimir Vysotsky ho riscoperto il gusto di entrare in un ruolo con tutto me stesso, con la fisicità, la vocalità, il canto. Il Teatro mi sembra ormai l’unico sbocco possibile per potermi esprimere a tutto tondo”. Ed è con lo spettacolo “SUONO” che è arrivato a toccare momenti di pura teatralità: un racconto di incontri, di amori, passioni e legami, soprattutto quello che lo unisce alla lotta per i Diritti Civili fino alla speranza che la crisi di questi anni porti ad un “nuovo umanesimo”. “Nei momenti di crisi si torna ai bisogni primari, verità e contenuti. In tempi di crisi ci si trova costretti ad uscire dagli schemi usuali, a reinventare le proprie priorità, a rimettere ordine nella mente e nell’agire” affermava ad una lezione/dibattito tenutasi nel ’94 alla

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Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano. E interessante fu la reazione alla crisi che, proprio in quegli anni, lo portò a fare una tournèe in trio acustico con una scenografia quasi assente: c’erano due lampioni verdi di ghisa molto belli (tipo Aristogatti o Carica dei 101), un semaforo e poche luci ben calibrate. Racconta Finardi: “La tournèe “Acustica” ci ha costretto ad alzare la qualità del nostro vivere la musica, del nostro fare musica. La parola chiave per descrivere questa operazione è spoliazione: denudare del loro vestito, del loro arrangiamento le canzoni, scarnificarle per capirne l’ossatura, andare fino all’intima natura, all’essenza dei contenuti del testo e di quelli musicali. E fare crescere questa essenza con il minimo necessario per comunicarla al pubblico.” E ancora sul fare musica: “Ciò che rende meraviglioso fare il mio lavoro sono quegli attimi in cui sul palco si pulsa tutti con la stessa sensibilità, con la stessa nota. Sono momenti di estasi sensuale ed intellettuale, di trascendenza, dove non sono più io che sto facendo uno spettacolo, ma io e quelli che suonano con me. Si diventa celebranti, sacerdoti, di questa sfera calda, rovente che è la musica, somma dei gesti di ognuno. Per fare questo è necessario sentire se stessi

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ma anche e soprattutto sentire gli altri. Nel momento del concerto diversi ego, diverse capacità tecniche, tipi umani e culture diverse si riuniscono e diventano una sola cosa per costruire una struttura che è molto simile ad un edificio. Se l’architettura crea strutture che stanno ferme nel tempo ma occupano uno spazio, la musica non occupa nessuno spazio ma si muove nel tempo, ne è parte”.

UN MONDO DI INEFFABILI SAPIENZE E DI CITTÀ PROIBITE, DI RISAIE E SILENZI.

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L’ a u t o r e v o l e s e t t i m a n a l e britannico MELODY MAKER definì Nina Hagen “il più importante contributo alla cultura pop tedesca dai tempi di Brecht” ed il personaggio non mancò certo di stupire alla fine degli anni settanta quando, formata la Nina Hagen Band, pubblicò il primo album in piena epoca Punk: dal 1978 sino ai nostri giorni Nina Hagen, a più riprese, ha fatto sempre parlare di sé in ambito musicale e culturale. 
Una personalità difficile da descrivere. Nina la “cantante Punk”, Nina la “vamp frivola”, Nina il “terrore della borghesia” sono solo alcune delle mille definizioni che l’hanno distinta. E solo lei può dire chi è veramente Nina Hagen e raccontare la storia reale vissuta dalla ragazza arrivata da Berlino Est; le sue avventure a Londra, Amburgo, Amsterdam, in India e le tante esperienze, molte volte drammatiche, passate in più di trent’anni di carriera. 
Negli ultimi anni Nina Hagen si è riavvicinata alle sue radici più profonde, alla religione Cristiana ed ha deciso di incidere un album “dedicandolo a Dio, per onorare la mia fede in Dio”; si può definirlo un album di Gospel, un album di “Gospel alla Nina Hagen”. Per tutto “Personal Jesus” Nina Hagen sa essere profonda e diretta come in “God’s Radar”, con echi di musica cajun, o come nei Blues tradizionali “Nobody’s Fault But Mine” e “Sometimes I Ring Up Heaven” in cui sviscera l’essenza divina delle due canzoni. Più dura ed energica invece la sua versione “bluesy” di “Personal Jesus” dei Depeche Mode, la Gospel song “Mean old World” arrangiata con percussioni e chitarre lancinanti, e la rilettura della canzone politica di Woody Guthrie “All You Fascists Bound To Lose”.

auditorium

IN COLLABORAZIONE CON

Ufficio Stampa Auditorium

Venerdì 03/12/2010

ore 21 Sala Sinopoli

Auditorium Parco della Musica

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Ufficio Stampa Quirino

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Il malato immaginario è l’ultimo grande capolavoro comico di Molière. Una farsa all’antica, colma di eccellenti spunti comici, in cui però alcuni strani elementi di verosimiglianza permettono di ipotizzare un certo mondo concreto o – se si preferisce – una certa visione del mondo. La farsa è quella che Molière, primo attore del re, uomo di mestiere, ha ideato e scritto per il divertimento e per la digestione del suo sovrano; la visione del mondo (che mai il poeta riesce a nascondere, neppure nell’opera di più disincantato mestiere) è quella di un uomo che ha smarrito nelle delusioni della vita la fiducia in se stesso e nei propri simili, e la stessa voglia di vivere. L’inconciliabilità, o forse meglio l’antinomia non risolta tra questi due opposti elementi fa de Il malato immaginario un’opera di straordinaria ricchezza d’aspetti e un lancinante documento della condizione interiore di Molière nel suo ultimo anno di vita. Fra i suoi capolavori è quello che ai nostri occhi di posteri appare più circonfuso da un alone sacro: su queste parole Molière si spense, alla quarta replica mentre recitava la parte di Argan, su quel mitico seggiolone al centro della scena, quello stesso, pare, che tuttora si conserva alla Comédie Française. Ma questi tre atti, al di là della loro sostanza satirico-farsesca, dispiegano anche un alone onirico. I personaggi e gli accadimenti si confondono fino a diventare i sogni del Malato. La commedia inizia in tono tradizionale, in un colore comico, ma si trasforma poco a poco. Impercettibilmente evolve verso il tragico, ma questo tragico diventa stravagante e ride sotto i baffi fino all’allucinazione, al delirio e alla morte.

7.19 dicembre Teatro Stabile di Bolzano Paolo Bonacelli Patrizia Milani Carlo Simoni IL MALATO IMMAGINARIO di Molière traduzione Angelo Dallagiacoma scene Gisbert Jaekel costumi Roberto Banci regia Marco Bernardi

IL MALATO IMMAGINARIO È IL TESTAMENTO CHE MOLIÈRE CI LASCIA MORENDO

Il malato immaginario è il testamento che Molière ci lascia morendo; lo lascia da par suo, con gli intrighi di sempre, naufragato e nascosto nella beffa e nel riso, nel gioco di prestigio tra realtà e finzione, o meglio tra finzione e finzione della finzione, che è l’amara filosofia di tutto il suo teatro.

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A novant’anni dalla nascita di Federico Fellini, la Cineteca di Bologna rende omaggio al grande Maestro con questa mostra-evento. 
 Labirinto Fellini, che ha l’ambizioso obiettivo di percorrere, nell’enorme patrimonio artistico che Fellini ci ha lasciato, strade nuove e inedite, si compone di due parti che si integrano vicendevolmente. 
Location di questo percorso labirintico intorno ad una figura che ha segnato in maniera fondamentale il Novecento e il nostro modo di guardare, sarà La Pelanda del MACRO Testaccio, cuore pulsante della mostra-evento che è di per sé un luogo cinematografico, già utilizzato da Fellini, nel 1969, per il suo “Block Notes di un regista”. 
 La prima curata da Sam Stourdzé, dal titolo “La Grande Parata” che, attraverso una selezione di rari materiali, fotografie, spezzoni, disegni, ci restituirà la grande ricchezza e modernità dell’opera di Fellini; l’altra, curata da Ferretti e Loschiavo, sarà una sorta di installazione magica, in grado di portare lo spettatore dentro ai set del grande regista riminese, attraverso una straordinaria esperienza evocativa. 
Uno spazio animato dai luoghi inventati da Fellini, simboli tratti dai suoi film, che rimandano immediatamente al sogno, alle immagini oniriche, ai colori e alle emozioni dei film del Maestro. Scenografie, proiezioni, materiali inediti che immergeranno lo spettatore in un vero e proprio labirinto animato, capace di instillare nei più giovani il desiderio di conoscere Fellini, un artista così importante e moderno, la cui voce è parte fondamentale della nostra cultura. Macro Future di Testaccio La Pelanda Piazza Orazio Giustiniani 4 30 Ottobre 2010 - 30 Gennaio 2011

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