èArea GENNAIO 2011

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Anno 3 n째 1, febbraio 2011




www.beautypoint.it


ROMA

APPIA 1: Via Appia,162/164 Tel. 06/77250242 APPIA 2: Via Cerveteri, 21 Tel. 06/70475550 AXA 1: Via Eschilo, 72/T (Centro Comm.le Axa) Tel. 06/52361226 AXA 2: Piazza Eschilo, 72 Tel. 06/52355380 CASALPALOCCO: Via F. Il Macedone ed. 2 isola 53 Tel. 06/50931055 CASSIA: Via Cassia, 925 F Tel. 06/30363906 CENTRO STORICO 1: Via Barberini, 10/12 Tel. 06/42020202 CENTRO STORICO 2: Via Belsiana, 67 Tel. 06/69190754 CENTRO STORICO 3: Via del Corso, 312/313/314 Tel. 06/6780734 CENTRO STORICO 4: Via del Tritone, 20 Tel. 06/69190745 CENTRO STORICO 5: P.zza di Spagna, 12 Tel. 06/69924534 CENTRO STORICO 6: Via Nazionale, 50 Tel. 06/48989371 CENTRO STORICO 7: Via della Croce, 23 Tel. 06/6781901 CENTRO STORICO 8: Via di Ripetta, 16 Tel. 06/3211587 CENTOCELLE 1: Via dei Castani, 107/109/115 Tel. 06/2314116 CENTOCELLE 2: Viale Primavera, 182 Tel. 06/24408101 COLLI ANIENE: Via Palmiro Togliatti, 1592 Tel. 06/4070398 EUR 1: Via Duccio Di Boninsegna, 48/50/52 Tel. 06/5035862 EUR 2:Via Cesare Pavese, 451/453/455 Tel. 06/50524529 EUR 3: (Fiera di Roma) Via Mantegna, 25/27/29 Tel. 06/5433231 EUR 4: Via Oceano Pacifico, 83 (Centro Comm.le EUROMA2) Tel. 06/97606149 MONTAGNOLA: Via Benedetto Croce, 81 Tel. 06/5407672 MONTEVERDE: Via di Donna Olimpia, 191/195 Tel. 06/53276830 COLLATINA: via Collatina, 67/69 Tel. 06/45547637 OLGIATA: Via A. G. Bragaglia (Centro Comm.le Olgiata) Tel. 06/30887245 PARIOLI 1: Via Stoppani, 12/14 Tel. 06/80687157 PARIOLI 2: Via Filippo Civinini, 113 Tel. 06/8072535 PORTUENSE: Via della Pisana, 280 (Centro Comm.le Saving) Tel. 06/66149211 PRATI: Via Attilio Regolo, 12-12/A Tel. 06/32507021 PRENESTINO: Piazza R. Malatesta, 9/10 Tel. 06/2148324 QUARTIERE AFRICANO: Viale Libia, 217/223 Tel. 06/86204145 QUARTIERE CALTAGIRONE: Via Nino Taranto, 21/23/25 Tel. 06/5258794 SALARIO 1: Via Salaria, 25 Tel. 06/8417757 SALARIO 2: Via Po, 128/130/132 Tel. 06/8548161 SAN GIOVANNI: Via Corfinio, 13/15 Tel. 06/7008611 SAN LORENZO: Via dei Sabelli, 117 Tel. 06/490502 SAN PAOLO 1: Viale Marconi, 122 Tel. 06/55301201 SAN PAOLO 2: Viale Marconi, 286/288 - Tel. 06/55300428 TIBURTINA: Via Tiburtina, 375-377 Tel. 06/4386349 TORREVECCHIA 1: Via di Torrevecchia, 293/A - 295/B Tel. 06/35511324 TORREVECCHIA 2: Via di Torrevecchia, 46/54 Tel. 06/30610471 TUSCOLANA: Via Tuscolana, 977 Tel. 06/71077184 TRASTEVERE: Viale Trastevere, 133/139 Tel. 06/5885188 BALDUINA: Piazza Carlo Mazaresi, 1 Tel. 06/35404267 FONTE NUOVA: Via Palombarese, 154 G-M Tel. 06/90532121 VIGNA CLARA: Piazza Stefano Jacini, 16/17/18 Tel. 06/3292912

PROVINCIA

ALBANO:(Rm) Corso Matteotti, 176 Tel. 06/93260647 BRACCIANO: Via Sandro Pertini, 2 (Centro Comm.le Bracciano) Tel. 06/9987174 CAPENA:(Rm) Via Tiberina Km. 16, 400 (Centro Comm.le Arca) Tel. 06/9073508 CASTEL MADAMA: (Rm) Via della LibertĂ , 24 Tel. 0774/449367 COLLEFERRO: (Rm) Via Casilina km. 49 (Centro Comm.le Colleferro) Tel. 06/9770410 FIUMICINO: (Rm) Via Giorgio Giorgis, 1/a/b/c Tel. 06/65025349 FORMELLO: (Rm) Viale Africa, 1 Loc. Le Rughe (Centro Comm.le Le Rughe) Tel. 06/90127722 FROSINONE: (Fr) Via Le Lame, 1 Tel. 0775/292061 (Centro Comm.le Le Sorgenti) FROSINONE1: (Fr) Via Aldo Moro, 209/211 Tel. 0775/874482 GUIDONIA: (Rm) Via maremmana inferiore, 218 Tel. 0774/526171 INFERNETTO: (Rm) via maurice ravel, snc (Centro Comm.le I Parchi )Tel. 06/5053484 LADISPOLI: (Rm) Piazza Marescotti, 1/1 A Tel. 06/99223520 LATINA: (Lt) Corso della Repubblica, 222 Tel. 0773/473450 MONTALTO DI CASTRO: (Vt) Via Ferento, 11 Tel. 0766/879686 MONTEPORZIO: (Rm) Via Roma, 25 Tel. 06/9447315 MORENA: (Rm) Via Di Morena, 123 Tel. 06/7910701 NETTUNO: (Rm) Via Scipione Borghese (Centro Comm.le Le Vele) Tel. 06/98579184 OSTIA 1: (Rm) Via delle Baleniere, 70 Tel. 06/5698290 OSTIA 2: (Rm) Via orazio dello sbirro, 16 Tel. 06/5696753 PALESTRINA:(Rm) Via Prenestina Antica, 220 Loc. I Cori (Centro Comm.le I Platani) Tel. 06/95310047 POMEZIA 1: (Rm) Via Castelli Romani, 14 (Centro Comm.le I Padiglioni) Tel. 06/9105543 POMEZIA 2: (Rm) Via Roma, 76a/80/82 Tel. 06/91622078 RIETI: (Ri) Via Roma, 39 Tel. 0746/491666 TIVOLI: (Rm) Via V. Pacifici, 3 Tel. 0774/317576 VELLETRI: (Rm) Via Filippo Turati, 20/22/24/26 Tel. 06/97609586 VITERBO: (Vt) Via dell'Orologio Vecchio, 3 Tel. 0761/332029

CAMPANIA

NAPOLI: in Piazza Garibaldi, Stazione Napoli Centrale Tel. 081/201357

UMBRIA

PERUGIA: in Via Cortonese, 131 Tel. 075/5000748 FOLIGNO: (Pg) Via Daniele Manin, 22 Tel. 0742/699432

SARDEGNA

VILLACIDRO: (CA) Zona Industriale Strada C1 (Centro Comm.le S. Ignazio) Tel. 070/9313075


e AREA Sommario PA G I N A

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finis terrae vieni via con me

PA G I N A PA G I N A

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viaggi

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perso nella medina

green economy

gusto

giulio terrinoni talento e passione

scarti di produzione

gusto

MODICA CITTÀ D’ARTE e del Cioccolato più antico del mondo PA G I N A

gusto

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le tavole della nostra storia: 150 anni insieme

alimentazione sindrome metabolica

intervista

PA G I N A

58 PA G I N A

60 PA G I N A

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musica

PA G I N A

68 musica 70

neri marcorè, artista in evoluzione

luigi grechi, un cantastorie folk

PA G I N A

22 PA G I N A

28 PA G I N A

34 PA G I N A

36 PA G I N A

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46 PA G I N A

48 PA G I N A

52 PA G I N A

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attualità

marco marconi, cristian panetto

meno carne per tutti

macondo

jazz modern style mente e bellezza

intervista

laura lattuada, dal teatro al web

teatro olimpico i live you

intervista

ilaria caprioglio, narrare la vita con sentimento

life style

sessa marine, link to the sea

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teatro quirino

PA G I N A

PA G I N A

i pugni in tasca

PA G I N A

72 PA G I N A

74 PA G I N A

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auditorium

architettura

equilibrio festival della nuova danza VII edizione

roma capita dell’arte contemporanea

design

la ceramica policroma di silvia zotta PA G I N A

arte

Takashi Murakami: POP ART nipponica

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vladi polo

la passione per il polo

golf

european tour: joburg open in sudafrica

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s o m m a r i o






FOCUS | di Alessandro Coccia

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La ricerca scientifica è un elemento di grande importanza per lo sviluppo economico e sociale di una nazione. La politica economica di alcuni dei paesi industrializzati ha pianificato già da tempo spese atte a migliorare la qualità dell’istruzione, della ricerca e dello sviluppo; elementi considerati indispensabili per incrementare la produttività delle imprese e dei sistemi innovativi nazionali. Dati e giudizi sullo stato critico della cultura e della ricerca scientifica in Italia sono ormai diventati luoghi comuni. L’erogazione di risorse finanziarie destinate alla produzione di conoscenza, raffrontata con quella di altri Paesi, evidenzia un quadro di “poche risorse, pochi investimenti, basse remunerazioni per i ricercatori”. La cultura scientifica è una ‘’priorità predicata e non praticata’’. Nel nostro paese si registra una situazione di forte ritardo sia rispetto ai principali paesi industriali che ad alcune economie europee di minori dimensioni come quella svedese e finlandese. L’Italia che investe in conoscenze scientifiche e tecnologiche e nell’impiego di risorse umane per ricerca assai meno della maggior parte delle nazioni più progredite economicamente, (per esempio meno della metà del Giappone, degli stati Uniti, della Germania) rimane abbondantemente sotto la media europea e riesce a fare meglio soltanto di Portogallo, Grecia e Polonia. Fortunatamente, nonostante i tagli alla ricerca, si intravedono spiragli di luce. La vitalità del nostro sistema scientifico è, infatti, testimoniata dalla percentuale di citazioni di articoli scientifici italiani che è aumentata negli ultimi anni di quasi l’1% sul totale mondiale delle citazioni. Meglio di Spagna,

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Paesi Bassi, Svezia, Canada, Cina e Svizzera. Il rapporto tra le pubblicazioni scientifiche più citate e il numero dei ricercatori ci colloca tra i Paesi europei più agguerriti nella ricerca. È incredibile, infatti, quanti risultati i ricercatori italiani riescono ad ottenere anche in Italia, nonostante le enormi difficoltà cui sono sottoposti. Le risorse umane ci sono, occorre investire più denaro nella “ricerca di qualità” altrimenti le perderemo. L’Italia non ha certo una tradizione scientifica paragonabile alla Germania, Gran Bretagna o Francia, e ancor meno agli USA. Tuttavia ha una storia scientifica invidiabile con punte di assoluta eccellenza. Purtroppo quello a cui stiamo assistendo in questi anni è il lento e inarrestabile declino di questo ruolo sulla scena mondiale e per di più si ha l’impressione che la classe politica italiana abbia dato per persa la battaglia della ricerca e della innovazione. Le giustificazioni non mancano: l’enorme debito pubblico italiano impedisce investimenti cospicui in ricerca e sviluppo, il distacco dai paesi leader è ormai troppo grande. Giustificazioni che, a prima vista, appaiono non prive di senso, non fosse che ci sono controesempi: il Belgio ha un debito pubblico di dimensioni paragonabili a quello italiano ma una politica scientifica estremamente aggressiva, la Finlandia, che anni fa non era certo un paese leader nella ricerca scientifica, sta raggiungendo livelli di assoluta eccellenza grazie ad uno sforzo e un impegno persistenti negli ultimi anni. Per l’Italia non è troppo tardi e non è troppo difficile. Il finanziamento ben gestito alla ricerca non è un costo ma l’investimento più lungimirante per il futuro del Paese e per quello delle nuove generazioni.

Est Area magazine pubblicazione mensile freepress Anno 3 n° 1, febbraio 2011 Direttore Responsabile: Maria Laura Cruciani Direttore Editoriale: Antonio Feliziani Progetto e Direzione Esecutiva: Alessandro Coccia Coordinamento Editoriale: Stefania Ricci Consulente: Giovanna Amato Amministrazione: Cristina Meloni Editor: 3Aadvertising Registrato presso il Tribunale di Tivoli n. 20/2008 Grafica e impaginazione: IMG.ZEROUNO srl Pubblicità: Stephanie Mayer Referente per Abruzzo e Emilia-Romagna: Emilio Patacchiola 328 33 56 354 Referente per l’Umbria: Gianni Civica 335 53 83 084 Referente per Rieti e provincia: Se.Ge.Co.V srl 0746 27 10 10 Direzione, Redazione e Segreteria: via Montenero, 36 -00012 Guidonia (RM) 388 1185198 – 335 6156 737 – 392 9290702 estarea@ gmail.com www.estarea.it Stampa: Grafica Ripoli snc

Hanno collaborato: Tito Barbini, Flaminia Colonna Bareti, Francesco Calvani, Donatella Lavizzari, F.I.G, Fondazione Musica per Roma, Claudia Origoni, Eva Peach, Ufficio Stampa Teatro Quirino, Ufficio Media Relation Teatro Olimpico, Ufficio Comunicazione Vladi Polo, Fabrizio Ricci, Marta Rossi, Secondome Edizioni, Dr. Raffaele Vincenti, Katerina Shlyakhina Crediti Fotografici: Giovanni Antoci, Paola Giorgi, Raimondo Luciani, Fabrizio Ricci, flickr.com, google.com.

Tutto il materiale cartaceo e fotografico inviato alla redazione non verrà restituito. Tutte le collaborazioni ad articoli o servizi sono considerate a titolo gratuito. La riproduzione di testi e immagini anche parziale deve essere autorizzata dall’editore.

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FINIS TERRAE | di Tito Barbini

VIENI

VIA CON ME è A R E A

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E dunque, è questa la prima cosa che mi è successa giorni fa, pochi attimi dopo che il mio aereo era finalmente atterrato a Buenos Aires. Il viaggio era stato lungo, ma ero più che contento. Avevo appena rimesso piedi in quello che da tanti anni è un paese che ormai sento mio, la mia seconda casa, per così dire. Sono salito su un taxi e quasi non ho avuto tempo di indicare la mia destinazione. È stato l’autista ad aprire subito bocca, dopo che mi ha riconosciuto come italiano. Ha preso e mi ha domandato, con un mezzo sorriso: “Allora come va in Italia? Come va la nipote di Mubarak?”. Poche volte ho sentito cosi chiaramente che il mio paese non apparteneva a nessun luogo. È stato difficile per me raccontare al tassista qualcosa di un paese che è mio e che oggi ha una storia che rimane irrimediabilmente

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sospesa in un’atmosfera di ridicolo e di volgarità. È stato senz’altro più facile, e più piacevole, guardare la città che scorreva sotto i miei occhi. Quella città che ora vorrei cominciare a raccontare a tutti voi: e chissà che non aiuti a capire meglio anche la vita nella nostra Italia. Buenos Aires è stata fondata sulle sponde di un immenso fiume dalle acque marroni, dal colore del deserto, secondo Jorge Luis Borges. A metà del Novecento, lo splendore di Buenos Aires mozzava il fiato a ogni viaggiatore. Parte di quella bellezza si conserva ancora. Appena il viaggiatore alza lo sguardo per le strade del centro, scopre palazzi e cupole con fregi bellissimi. La città è ancora maestosa a partire dal secondo e terzo piano degli edifici, ma all’altezza della strada si vedono le sue rovine, come se lo splendore del passato fosse sospeso in alto rifiutandosi di scendere o sparire. È nelle strade la storia di questo paese. Il

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tango, che era caduto in decadenza negli anni della dittatura, è di nuovo di moda tra i giovani. Si ballano milonghe tutti i giorni nei grandi spazi culturali della città dalla Confiteria Ideal al Torquato Tasso. Spesso si odono terzetti amatoriali che suonano per la strada o nei tunnel delle gallerie che si aprono a delta sotto l’obelisco di Plaza della Repubblica , all’incrocio tra l’Avenida de Nueve de Luglio e la calle di Corrientes. All’ingresso di una di queste gallerie c’è una fila di poltrone con i poggiapiedi destinate ai pochi passanti che si fanno lucidare le scarpe. I turisti visitano il maestoso Teatro Colon , appena restaurato, o il Museo Nazionale. Qui esiste la più bella collezione di un grande pittore della Buenos Aires della massiccia emigrazione italiana della fine dell’Ottocento. Sono particolarmente straordinari i ritratti delle prostitute e dei mendicanti. C’è chi visita il Centro Culturale della Recoleta con accanto il bellissimo cimitero che custodisce le spoglie di Evita.

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Personalmente, dopo le giornate passate nelle biblioteche e negli archivi alla ricerca del mio missionario De Agostini, faccio il giro dei caffè dell’Avenida de Mayo e della calle Corrientes , dove nessuno ritira la tazzina fino a quando il cliente non si è alzato dal tavolino al contrario di quanto succede in Italia . Con il caffè arriva anche l’acqua al seltz e un piccolo dolce a forma di mezza luna. In pochi altri luoghi posso scrivere pagine del mio libro con tanta concentrazione come qui: raramente qualcuno ti interrompe. Tutto quello che c’è intorno sembra reale, forse anche troppo, e quando ci si siede in questi caffè è meno difficile capire perché gli argentini hanno avuto Borges e, aggiungo io, anche Osvaldo Soriano. Storie fantastiche e inverosimili che raccontano di una realtà cosi vitale.

LO SPLENDORE DI BUENOS AIRES MOZZA IL FIATO

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VIAGGI | di Fabrizio Ricci

PERSO NELLA MEDINA è A R E A

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Di nuovo. E questa volta ero stato attento. Avevo preso punti di riferimento e controllato la mappa ad ogni svolta. Ma le distrazioni e le bellezze di questi vicoli sono troppe ed alla fine il risultato è sempre lo stesso: perso. Da qualche parte avevo letto che questa è la cosa più affascinante della Medina di Fès. Perdersi. Inutile affannarsi, è troppo estesa, troppo complicata, troppo coinvolgente. Questa Medina non ha niente a che vedere con le altre. Quella di Meknès ad esempio, è molto più piccola e meno intricata. Nella splendida Marrakech, invece, l’orientamento è garantito dal continuo flusso di turisti che, alla fine, ti conduce sempre e comunque nella grande piazza centrale Djemaa el-Fnaa. Quindi decido di seguire il consiglio. Via la

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mappa, via la guida, inizio a farmi trascinare dal fiume di persone brulicanti per queste anguste vie che formano veri e propri labirinti. Le strade sono percorribili solo a piedi e i trasporti avvengono con asini carichi fino all’inverosimile che ingombrano i vicoli più stretti fino a costringere i passanti a schiacciarsi contro le pareti. Ogni tanto si aprono slarghi o piccole piazze con mercati di ogni tipo e gli odori di spezie o di frutta secca prima appena percepiti qui si fanno intensi ed inebrianti. I negozi espongono merci di ogni tipo ma, un po’ come tutti, sono attratto dai prodotti dell’artigianato marocchino: il legno, il metallo, il cuoio, la ceramica qui assumono forme e colori mai viste prima, dagli accesi jellabah (gli abiti a maniche lunghe e cappuccio appuntito), alle babouches passando per le tajine o per le lanterne in ferro battuto. Arrivo al mercato di Porta di Bab Boujloud, posto dove gli abitanti fanno la spesa. È qui il cuore della Medina. Camminando fra i piccoli banchi di frutta, carne, pesce, verdura, dolci, si vive la vera essenza di Fès. Il canto dei galli, il richiamo dei venditori, le radio che emettono canzoni popolari, il rumore degli zoccoli degli asini, l’odore forte e selvaggio dei prodotti alimentari e quello della polvere, rimarranno un ricordo indelebile. Spesso mi capita di fermarmi ad ammirare le fontane – ce ne sono a centinaia nella medina - decorate con splendidi mosaici colorati, oppure di sorprendermi di fronte ai grandi portoni di legno intarsiati delle moschee o delle scuole coraniche. Una di queste, la Medersa Bu’Inayna, è aperta al pubblico e ne approfitto subito per curiosare all’interno. La Medersa è una scuola coranica con alloggio per gli studenti, fronteggiata da un orologio ad acqua e da un arco che scavalca la strada. Le stanze sono molto piccole e spoglie: un letto, una scrivania, la sedia e piccole mensole per i libri. L’idea è quella che gli studenti si debbano concentrare solo sullo studio e la preghiera, pertanto non c’è spazio per altre distrazioni. Scendo nel bellissimo cortile centrale e mi siedo a terra in un angolo ad osservare e a godere del silenzio di questo posto. Quasi mi dimentico di essere nel bel mezzo della caotica medina. Scatto foto ad ogni dettaglio, con particolare attenzione per i mosaici che decorano ogni parte di questo edificio: pavimento, pareti, colonne sono ricoperte di tasselli di pietra dei più svariati colori e su tutti predomina il verde, colore dell’Islam. 
Esco per ricominciare a gironzolare ma neanche il tempo di fare due passi e sono immediatamente “catturato” da un venditore di tappeti. In fondo è una tappa che sarò comunque obbligato a fare qui in Marocco, quindi entro nel negozio. Il proprietario è gentilissimo, mi fa accomodare e mi offre tè e datteri facendo segno ai suoi collaboratori di

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Industrie

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iniziare a mostrarmi i bellissimi tappeti. Dopo un quarto d’ora(!) cerco di spiegargli (sia in inglese sia con il mio pessimo francese) che non sono interessato all’acquisto, - la mia era solo curiosità – ma non c’è nulla da fare, lui va avanti senza sosta e con grande fatica riesco a convincerlo che devo proseguire il mio giro e quindi mi congedo gentilmente. Sono le tre del pomeriggio e nonostante l’abbondante colazione mattutina nel Riad (casa tipica marocchina che qui in Marocco fa le veci del Bed & Breakfast) la fame torna a farsi sentire. Appena fuori dal negozio, decido di fermarmi in un locale per assaggiare qualche altro piatto tipico. La scelta ricade su degli antipasti di verdure con spezie e una tajine con prugne e mandorle (Djaj bil berquq), che insieme al couscous alle sette verdure (Seksu bedawi) di Casablanca rimarrà tra i miei piatti preferiti. Il caldo inizia a farsi sentire, ma non posso tornare a casa senza aver visto le famose Concerie di Fès. Chiedo informazioni nel locale e mi viene data qualche generica indicazione che però mi consente di trovare il posto senza troppe difficoltà. Un anziano signore seduto su uno sgabello accanto ad una porta mi invita a salire per delle strette scale celesti che mi portano al piano superiore di una casa. Dalla terrazza si apre un panorama incredibile. Decine e decine di vasche riempite con diversi colori e persone immerse fino alle ginocchia lavorano le pelli

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che serviranno per produrre borse, cuscini, scarpe, cinture, portafogli. I composti utilizzati per la colorazione sono in gran parte naturali, di origine animale o vegetale e le esalazioni che arrivano dal basso, trasportate dal calore e dal vento, ti mettono a dura prova. Mi viene offerto infatti un piccolo ramo di una pianta di menta, da tenere sotto il naso, per rendere più sopportabile il forte odore. La mia attenzione è catturata dagli anziani, in piedi tra le vasche, che sorseggiando il loro tè osservano come lavorano i più giovani e danno loro consigli su come trattare al meglio le pelli durante la delicata fase della colorazione. Mi guardo ancora un po’ intorno e lentamente alzo lo sguardo oltre le concerie, verso i tetti e le case fittissime che compongono la Medina: migliaia di parabole satellitari, a perdita d’occhio, perfettamente allineate come tanti girasoli bianchi sono l’emblema di un paese in bilico tra forti ed antiche tradizioni e voglia di modernità. È quasi l’ora del tramonto. Riscendo le strette scale blu e, girato l’angolo, mi siedo fuori al tavolino di un bar, posto al riparo sotto un albero di fichi. Il caldo afoso viene mitigato da una leggera brezza proveniente da nord. Il muezzin richiama alla preghiera dal vicino minareto. Qualcuno si ferma per pregare altri proseguono sulla loro via. Io continuo a sorseggiare il mio tè alla menta pensando a come ritrovare la strada di casa.

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LE STRADE SONO PERCORRIBILI SOLO A PIEDI

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DAL 6 GENNAIO 2011

SALDI


GREEN ECONOMY | di Scarti di Produzione

Scarti di Produzione …Non lasciare che tutto il mondo finisca in discarica

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Scarti Di Produzione vuole diffondere una cultura economica alternativa fondata sul rispetto e la salvaguardia dell’ambiente, fornendo un supporto pratico a tutti i soggetti che svolgono attività di “riutilizzo, recupero e riciclo” in Italia e nel Mondo focalizzandosi su alternative di utilizzo di quei beni consumati e di sfridi aziendali che, inceneriti o buttati nelle discariche, produrrebbero solo inquinamento e distruzione. In ogni attività produttiva, agricola o industriale, gran parte delle risorse impiegate vengono “restituite” in natura sotto forma di

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residui solidi, liquidi o gassosi non smaltibili; è necessario considerare anche tali residui come materia utile, in modo tale che lo scarto diventi risorsa disponibile e riutilizzabile da altre realtà produttive o artigianali. L’obiettivo di Scarti Di Produzione è quello di fornire tutte le informazioni sul mondo degli scarti o sfridi di lavorazione industriale e dei rifiuti solidi urbani (beni post-consumo), e allo stesso tempo di favorire l’incontro tra i produttori di scarti e gli utilizzatori degli stessi (prevalentemente gli artigiani), il mondo della ricerca, i designer, gli architetti, gli artisti ed il mondo dei media, contribuendo alla nascita di una società del recupero che mira a consentire risparmi individuali e collettivi. Lo scenario informativo vuole essere una finestra sul mondo della ricerca scientifica, dei materiali, delle aziende, delle iniziative commerciali, della normativa giuridica e su i tutti i principali eventi di mercato, che possano interessare produttori, utilizzatori, appassionati, sostenitori e curiosi.

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Scarti Di Produzione disegna una piazza virtuale d’incontro (Sezione “Bacheca”) tra chi fa ricerca e informazione, tra chi gli scarti li produce e chi li utilizza. Rappresenta nel contempo una vetrina per le aziende e gli artigiani che producono manufatti con materiali post-consumo, fornendo loro, previa iscrizione gratuita al sito, visione e notorietà ed un canale di sensibilizzazione e di educazione al riciclo (Sezione “Aziende” e “Siti Utili e Partners”). Scarti Di Produzione è entusiasta della collaborazione con èArea Magazine, per diffondere la propria iniziativa ed i valori connessi, è felice di anticipare alcuni argomenti che tratterà nei prossimi numeri: - Una barca a vela costruita con 12.000 bottiglie di plastica; - La “Bioplastica” dagli scarti dello zucchero. Nulla si crea nulla si distrugge tutto si trasforma. www.scartidiproduzione.it

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ATTUALITÀ | di Stefania Ricci

Meno carne

PER TUTTI L

La metà delle terre fertili del Pianeta viene usata per coltivare cereali, semi oleosi e foraggi destinati all’alimentazione degli animali “da carne”. Per dare spazio a nuovi pascoli e a nuovi terreni designati a produrre cibo per gli animali, si distruggono ogni anno migliaia di ettari di foresta pluviale, il polmone verde del Pianeta, provocando così la desertificazione di immense porzioni di territorio. Latte e carne sono indiscutibilmente i “cibi” più dispendiosi, inefficienti e inquinanti che si possano concepire: oltre alla perdita di milioni di ettari di terra coltivabile (che potrebbero essere usati per coltivare vegetali per il consumo diretto degli umani) e all’uso indiscriminato della chimica, non vanno dimenticate la questione dell’enorme consumo d’acqua in un Mondo irrimediabilmente assetato, il consumo di energia, il problema dello smaltimento delle deiezioni animali e dei prodotti di scarto, l’erosione del suolo e la desertificazione di vaste zone della Terra. Il ragazzo prodigio della narrativa americana, Jonathan Safran Foer, nel suo ultimo libro,

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“Se Niente Importa..” ha attirato l’attenzione di migliaia di lettori sul fatto che “gli allevamenti industriali di bestiame sono la causa principale del riscaldamento terrestre”, ha dimostrato che la carne che mangiamo quotidianamente è “una delle cause dei problemi ambientali: inquinamento dell’aria e dell’acqua, deforestazione e alterazione della biodiversità”. Foer diventato padre, ripensa all’insegnamento della nonna: lei, quasi morta di fame durante la guerra, è stata capace di rifiutare della carne di maiale che l’avrebbe tenuta in vita, perché non era cibo kosher, perché «se niente importa, non c’è niente da salvare» e inizia a interrogarsi su cosa sia la carne, perché nutrire suo figlio non è come nutrire se stesso, è più importante. È nato così un libro che è racconto, inchiesta e testimonianza sugli orrori dell’allevamento intensivo. La scelta di adottare un’alimentazione basata su cibi vegetali può essere originata da motivazioni diverse che possono basarsi su aspetti etici, eco-ambientalisti, sociali e salutistici. L’organismo umano non ha alcuna necessità biologica di consumare carne, anzi, l’alimentazione vegetariana presenta numerosi vantaggi per la salute.
Le ragioni che spingono la maggior parte delle persone a includere la

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carne nella propria dieta non hanno nulla a che vedere con la necessità di sopravvivere. Gli uomini mangiano carne semplicemente per abitudine o perché ne amano il sapore. 2 miliardi di persone sono malnutrite e quasi 1 miliardo vivono ai limiti della sopravvivenza. È impossibile alimentare tutta l’umanità con una dieta come quella dell’americano o dell’europeo medio, in cui oltre il 60% delle proteine deriva da fonti animali. La produzione di carne necessita di enormi quantità di prodotti vegetali da destinare all’alimentazione degli animali allevati e quindi grandissime estensioni di terreno da adibire al pascolo o alla coltivazione di foraggio. Circa un terzo della produzione cerealicola mondiale viene utilizzata per il bestiame e ben il 65% della terra coltivabile serve ad alimentare gli animali negli allevamenti, mentre nel terzo mondo milioni di persone muoiono letteralmente di fame.
Destinando un ettaro di terra all’allevamento bovino, otteniamo in un anno 66 Kg di proteine, destinando lo stesso terreno alla coltivazione della soia otterremmo nello stesso tempo 1848 Kg di proteine, cioè 28 volte superiore! La produzione di alimenti vegetali è ecologicamente più sostenibile della produzione di alimenti animali. Il 70%

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È IMPOSSIBILE ALIMENTARE TUTTA L’UMANITÀ CON UNA DIETA COME QUELLA DELL’AMERICANO O DELL’EUROPEO MEDIO

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dell’acqua utilizzata sul pianeta è consumata dalla zootecnia e dall’agricoltura, i cui prodotti servono per la maggior parte a nutrire gli animali d’allevamento. Affinché il prezzo della carne e dei derivati animali risulti compatibile con i livelli produttivi richiesti dal mercato, l’industria zootecnica adotta un allevamento di tipo intensivo. Nelle stalle industriali gli animali trascorrono la propria breve “esistenza” costretti in spazi ridottissimi e sovraffollati, che rendono loro impossibile soddisfare ogni esigenza etologica. Nei mattatoi gli animali vengono abbattuti senza pietà, non esiste compassione che impedisca a chi uccide di fare il proprio “lavoro”, gli animali sono solo oggetti da sfruttare e ammazzare.
Nel corso della propria vita (80 anni in media), ogni italiano uccide per cibarsene circa 1.400 animali tra bovini, polli, tacchini e altri volatili, maiali, conigli, cavalli. 
Le diete vegetariane sono in grado di ridurre considerevolmente l’incidenza di numerose patologie, in particolare quelle cardiache e tumorali che sono le prime cause di morte nei paesi industrializzati.
Molti studi rilevano il ruolo determinante della carne nell’insorgenza delle più gravi e diffuse patologie dei paesi occidentali. Non è un caso che vegetariani e vegani si ammalano considerevolmente

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meno di tumore, ipertensione, arteriosclerosi, infarto, ictus, diabete, obesità, calcoli e altre patologie. Secondo gli esperti di biologia e di nutrizione, la ragione di tutto risiede semplicemente nel fatto che il tratto intestinale umano non è adatto alla digestione della carne. Gli animali che consumano carne hanno un intestino breve, tre volte la lunghezza del corpo, per far si che le tossine prodotte dalla putrefazione della carne lo attraversino rapidamente. Dal momento che il cibo vegetale si deteriora più lentamente chi ne consuma deve avere un intestino almeno sei volte più lungo del corpo, e questo è precisamente il caso dell’uomo. Il secondo problema è dato dalle sostanze chimiche usate come additivi sia nell’alimentazione del bestiame, sia nel trattamento degli animali dopo la macellazione. Sostanze che, anche quando non riportate sull’etichetta, sono certamente presenti nella carne.

Gli studi epidemiologici compiuti sui vegetariani rilevano che la loro dieta, se correttamente bilanciata, è perfettamente in grado di fornire tutti i nutrienti necessari senza comportare rischi di carenza rispetto alle diete onnivore.

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Tila Institute è un’esclusiva Beauty Spa dedicata a chi ricerca l’armonia e il relax, in un ambiente prezioso in cui la cura del cliente diventa l’unica priorità con trattamenti e programmi benessere personalizzati eseguiti da personale altamente qualificato. Nutrizionista, podologo, dermatologo, personal trainer, estetiste professioniste e operatori specializzati nei trattamenti più avanzati vi seguiranno attentamente, consigliando la cura più indicata alle vostre necessità dopo un’attenta consulenza personalizzata con beauty & epil check e DNA Vanity Test in collaborazione con l’A.M.I.A. (Associazione Medici Italiani Antiaging). È difficile esprimere a parole le sensazioni di impareggiabile benessere che vi regalerà il Tila Institute, le luci soffuse, i colori dei mosaici e il profumo degli oli essenziali contribuiranno al recupero della mente e del corpo, del corpo e dell’anima. In questo spazio la proprietaria Dasantila Myftari ha creato un ambiente suggestivo ed intenso, per ritrovare l’equilibrio psicofisico e allontanare lo stress con metodologie finalizzate a dare delle risposte concrete a quanti sentono la necessità di mantenersi in forma e migliorare la qualità della vita. Qui potrete riscoprirvi più belle ed affascinanti grazie al rituale dell’Hammam. Nel tepidarium saturo di vapore e esalazioni profumate, in una danza sinergica di acqua calda e fredda sapienti mani effettuano trattamenti di purificazione del corpo con preziosi prodotti naturali, come il sapone nero del Marocco,che dona alla pelle morbidezza e luminosità ed il peeling eseguito con il Kasha, tipico guanto ruvido setificato che prepara il corpo a ricevere tutte le altre proposte della SPA. Negli spazi di questa elegante beauty spa si può scegliere fra un’ampia gamma di trattamenti e varie tipologie di massaggi: bioenergetico olistico, shiatsu, linfodrenaggio, massaggio estetico, massaggio a quattro mani e altri ancora che consentono di preservare e migliorare il benessere e la forma fisica aiutando a sciogliere le tensioni e a liberare le emozioni. Ne vanno dimenticati i trattamenti viso eseguiti con linee cosmetiche ed apparecchiature all’avanguardia. Dopo un approfondito “beauty-check”, che permette di individuare con precisione le caratteristiche personali e i problemi estetici, verranno adottate le migliori tecniche e strategie di intervento. Potrete trovare trattamento cosmetico ai microcristalli in grado di rinnovare lo strato superficiale dell’epidermide minimizzando gli inestetismi:

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INTERVISTA | di Katerina Shlyakhina

LauraLattuada, dal teatro al web.

La passione prima di tutto. è A R E A

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Occhi curiosi, sorriso raggiante e riccioli biondi. Frizzante e piena di allegria, Laura Lattuada si racconta in maniera sincera, autoironica e, per chi la ascolterebbe per altre dieci ore, affascinante. Una bambina a volte, quando ride, una donna sicura di se quando ti guarda. E ti nasce una domanda spontanea alla quale probabilmente neanche lei stessa sa dare una risposta: ma quanto è vasto il mondo di Laura? Il teatro non si scorda mai ed è la più grande passione, scrive su di se nel proprio blog. Ma come nasce questa passione? Io non credo che si nasca con una passione o, almeno io, non avevo la passione del teatro perché credo che prima bisogna conoscere bene la materia alla quale poi ci si appassionerà. Da bambina andavo molto spesso a teatro, ma non ho mai pensato di diventare un’attrice. Poi, quando ero al liceo, essendo una ragazzina molto curiosa mi sono iscritta alla Accademia del Filodrammatici di Milano ad un corso di mimo, perché ne ero affascinata. Ovviamente, facendo parte di un’accademia dovevo fare anche altra cose, quindi all’ammissione dovetti per forza portare dei brani di recitazione e lettura. Ed anche se non capivo cosa stessi facendo mi presero. Finita l’accademia non avevo ancora deciso se fare l’attrice o meno, ma niente, secondo me, capita per caso. Così accompagnai una

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mia amica ad un provino ed il regista mi vide e mi chiese di fare il provino io stessa. E mi prese! Da lì sono susseguite diverse cose importanti e meno. Spesso capitava che mi proponevano un ruolo mentre io andavo lì “ tanto per ”. Finché un giorno, dopo un provino che io considerai pessimo, fui contattata dal regista Salvatore Nocita per il mio primo film, che si intitolava “Storia di Anna”. E si può dire che è stato lì che ho capito che mi piaceva fare l’attrice. Laura e i suo tanti interessi che si intersecano continuamente in diversi periodi della sua vita. Dal cinema al teatro, dalla televisione al mondo del web con un personale blog. Ma a Laura cosa piace? L’ideale per me sarebbe fare tutto, anche se i tempi del cinema, teatro o televisione ovviamente sono diversi. Come è diverso il tipo di comunicazione o, per meglio dire, scambio di comunicazione. Quando fai teatro la comunicazione ce l’hai tutta solo dopo, perché non puoi interagire nel momento che stai sul palco. Non puoi capire cosa pensa chi ti sta guardando, lo puoi solo immaginare. Così vale anche per il cinema e la televisione. Ed è questo che mi stupisce del blog. Che mi affascina. È tutto immediato, lo scambio delle emozioni è più veloce. Il tempo si ferma, e ti ritrovi a scambiarti frasi, immagini, pensieri che non hanno un’età definita. Io sono arrivata tardi al computer per questo mi stupisce ancora vedere come le persone mi seguano, mi suggeriscano quello che devo indossare o truccare nei programmi. Complimenti, critiche,

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sogni. È un mondo incredibile e tutto da scoprire. Ed ogni giorno scopro qualcosa di nuovo. Io stessa all’inizio scrivevo solamente cose inerenti al mio lavoro, adesso scrivo anche di me. Il blog è legato al programma Passepartout: ospite a sorpresa. Una nuova sfida. Ce ne parli? È un nuovo format di SKY che va in onda il mercoledì alle 21 su Leonardo. È nato tutto in maniera inaspettata. Un giorno mi hanno chiamato perché volevano creare qualcosa di moderno ed interessante che non sia presentato da un giornalista, ma da un’attrice e soprattutto da donna normale. La cosa interessante è che non mi dissero di cosa si trattasse, ma mettendomi dentro un cucina mi fecero immaginare di trovarmi nella casa di un personaggio famoso. Dovevo intervistarlo. Così cominciai ad improvvisare usando come appoggio una delle cose che amo di più: il cinema. Mentre mi muovevo all’interno di questa casa “immaginaria” citavo le case rese famose dai film. Così ci siamo piaciuti a vicenda. Ed è nato il programma, dove non sono solo la presentatrice, ma anche l’autrice. Ed i miei ospiti sono i padroni di casa - personaggi del mondo dello spettacolo, della cultura e dello sport che mi fanno entrare nella loro casa mostrandomi lati nascosti della loro vita, sogni, ricordi, scelte attraverso fotografie, oggetti di culto, mobili. Un susseguirsi di immagini che ogni volta regalano tante emozioni.

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INTERVISTA | di Marta Rossi

Neri Marcorè artista in evoluzione è A R E A

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La prima volta che l’ho incontrato è stato a casa mia diversi anni fa. Neri Marcorè in quel periodo entrava in tutte le case degli italiani con un celebre spot pubblicitario in cui impersonava un uomo a dir poco molto ingenuo… Mio fratello, vedendolo in carne ed ossa tra noi, con l’innocenza della tenera età, gli chiese: “Ma tu sei veramente così o …..?”. Lui furbescamente rispose: “...un po’ ci sono…un po’ ci faccio!!” Da quel ricordo nasce la mia riflessione su un artista che sembra si ritrovi nei ruoli più diversi quasi per caso. La sua grandezza? Essere una persona vera, semplice, ma allo stesso tempo misteriosa. Caratteristica che lo contraddistingue è la poliedricità, la gran capacità di interpretare personaggi lontani tra loro: da Papa Luciani, al ragazzo autistico di “E poi c’è Filippo”. In passato al cinema con i film “La Seconda notte di nozze” e “Il cuore altrove” di Pupi Avati; ora è nelle sale in “The tourist” con Johnny Depp e Angelina Jolie. Oggi, dopo tanto tempo, l’impressione è di una persona dallo stile “understatement”, di chi non vuole apparire, ma che con la giusta dose di umiltà trasmette grande professionalità, intelligenza e valore. Sulla tua biografia si legge: attore, conduttore televisivo, doppiatore e imitatore italiano. La tua più grande caratteristica è quella di essere un personaggio eclettico, in realtà chi è Neri Marcorè? Ogni individuo è in continua evoluzione a seconda del periodo che attraversa, delle persone che frequenta e delle attività che svolge, perciò è molto difficile per me rispondere ad una domanda del genere. Diciamo che se da una parte tendo a separare nettamente il mio aspetto pubblico da quello privato, che difendo e riservo solo alle persone a me care, nel mio lavoro, pur facendo cose tra loro molto diverse, cerco di non fare mai cose diverse o lontane da me. Persino nelle imitazioni in cui sono più camuffato credo s’intraveda un mio stile, chiamiamolo così, e quindi il mio modo di essere che tende sempre alla pacatezza, all’ironia e al rispetto degli altri. Tu eri interprete parlamentare d’inglese e tedesco, quale episodio ti ha indirizzato verso lo spettacolo? Non ho mai esercitato la professione d’interprete e traduttore in realtà, poiché l’episodio cruciale che mi ha deviato verso il mondo dello spettacolo si verificò giusto un mese dopo il diploma, quando partecipai per gioco a “Stasera mi butto”, nel 1990, dal quale scaturirono poi tutte le altre opportunità e

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scelte professionali che arrivano fino ad oggi. Nel 1988 Corrado ti lancia a “La Corrida”, che ricordo hai di quella situazione e del grande personaggio di Corrado? Ottimi ricordi. È stata la mia primissima apparizione su un canale nazionale, e se “Stasera mi butto” era un gioco, “La corrida” lo era ancora di più. Ero ovviamente emozionato di esibirmi davanti al pubblico de La corrida, sapendo che poi mi avrebbero visto da tutta Italia, ma soprattutto ricordo l’incoscienza e la felicità di ritrovarmi lì e per uno che in quegli anni era davvero molto timido ciò rappresentava un bel traguardo personale. Corrado poi era per me un vero mito, perché sapeva abbinare benissimo professionalità, leggerezza e ironia. Durante la mia esibizione sorrideva divertito e poiché il pubblico in sala teneva conto anche delle sue reazioni credo che quel successo sia dipeso molto anche da lui. Come nasce un’imitazione? Perchè decidi di imitare un personaggio e non un altro? Quali sono le sfumature che cogli? Nasce da un’intuizione o dall’esigenza di raccontare la realtà, che sia politica o sociale, attraverso la satira. Mi piacciono quei personaggi noti, sì, ovviamente, ma non esageratamente. Faccio due esempi su tutti: Alberto Angela e Maurizio Gasparri nel 2001 erano ben conosciuti, ognuno a suo modo, come personaggi pubblici, ma non erano, faccio per dire, Pippo Baudo e Silvio Berlusconi, già straimitati e quotidianamente in prima pagina. Ecco, a me incuriosiscono

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maggiormente quei personaggi un po’ in secondo piano, sui quali si può costruire una caratterizzazione partendo dal vero ma inserendo anche invenzioni non vere, purché verosimili. Mi piace leggere tra le righe perversioni e fantasie, per poi rappresentarle e fornire una chiave in più per “leggere” quel personaggio, anche quando si osserva l’originale, non l’imitazione. Conduci da anni la trasmissione “Per un pugno di libri”, qual è il tuo libro preferito e perchè? Quale consiglieresti ai lettori in questo momento? Risposta facile, poiché non esiste UN libro preferito, ma una lista molto molto lunga. Anche qui, lo stesso libro può essere fondamentale o dimenticabile non solo secondo chi lo legge ma anche a seconda del periodo esistenziale in cui lo si legge. Ma per non evitare del tutto la domanda dirò che mi piacciono molto gli scrittori sudamericani e il loro stile avvolgente e fantasioso. A teatro sei stato protagonista dello spettacolo “Un certo Signor G”, perchè hai deciso di cimentarti nell’opera di Gaber? Perché quando il regista Giorgio Gallione mi ha proposto di affrontare insieme quest’esperienza ho capito che mi stava spingendo in una direzione che forse io, da solo, non avrei avuto il coraggio di affrontare pur stimolandomi molto. Amavo e amo Gaber come uno degli artisti più eclettici, profondi e originali del nostro tempo, un vero filosofo con la capacità di incantare con le sue doti di attore e la sua voce magica, senza dimenticare

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i testi scritti in collaborazione con Sandro Luporini. Rappresentarlo a distanza di 5 anni dalla sua morte mi sembrava rischioso da una parte, per i confronti che poteva innescare o per il pericolo di rendergli un cattivo servizio, ma doveroso dall’altra, per colmare un vuoto e continuare a vivere le sue canzoni e i suoi monologhi condividendoli, nel luogo che lui amava di più, in altre parole il teatro. L’opera di Gaber viene definita come riflessione ironica e malinconica sul destino dell’uomo, smarrito tra contraddizioni, utopie e paure, solo, di fronte al paradosso di un’asfissiante normalità... quali sono secondo te le paure dell’uomo qualunque? Qual è una tua paura se c’è? Ci sono paure ataviche, come quella della morte, la morte dei propri cari, o legate alla salute, e paure del tempo che si vive. Ho l’impressione che questo periodo caratterizzato da crisi economica, da scenari sociali in continuo mutamento, da disoccupazione e precarietà crescenti proietti sull’individuo una destabilizzante preoccupazione per il futuro, proprio e dei propri figli, e questa paura finisca per essere canalizzata, spesso ad arte, a volte per ignoranza (e le due cose si legano) verso capri espiatori o verso i più deboli o meno tutelati. I montanti episodi xenofobi sono una risposta falsa, sbagliata, a problemi che noi o i nostri rappresentanti politici non sappiamo decodificare, per limiti effettivi o di

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convenienza. Ovvio che ci vogliano sicurezza e rispetto delle regole, ma la mia opinione è che travestite da soluzioni illuminanti circolino così tanta falsa coscienza, retorica e demagogia utili solo a chi se ne serve per galleggiare miseramente in questo squallido scenario di potere fine a se stesso. Le mie paure non sono diverse da quelle sopraelencate; in particolare, pensando al futuro dei miei figli, spero che crescendo trovino o contribuiscano a formare un paese con meno conflitti sociali, con maggiori opportunità per tutti, con prospettive di orizzonti più ampi e non di vita giorno per giorno, senza progetti né possibilità di crescere e progredire. Qui mi tocca scomodare anche Pasolini, che in tempi non sospetti già distingueva sviluppo e progresso. Quale valore ti rappresenta? Come vedi la vita? Domandona. Come si fa a rispondere in poche righe? Ci provo dicendo che tra i valori cui faccio più spesso riferimento ci sono l’umiltà, che non significhi però svilirsi, e il rispetto verso se stessi e gli altri. La vita sottopone a prove molto dure e gioie incontenibili, cerco di non farmi abbattere troppo dalle prime e di non esaltarmi con le seconde, mantenendo sempre un occhio all’equilibrio generale che non può fare a meno dell’autoironia e della leggerezza (quella calviniana però, non quella dei rotocalchi rosa!). L’estate scorsa eri a teatro con Luca Barbarossa per lo spettacolo “Attenti a quei due”, qual è il segreto del successo di questo spettacolo? È nato e si sviluppa sulla spontaneità e sull’autentica amicizia tra me e Luca. Oltre a condividere momenti privati tra noi e le nostre famiglie (abbiamo molte passioni in comune, tra cui il tennis, il calcio e la buona cucina…), sul palco impariamo l’uno dall’altro e ci diamo consigli. Lui oltre ad essere molto spiritoso già di suo è diventato una spalla formidabile, mentre io, grazie ai suoi consigli, mi sento più sicuro quando canto. C’è poi una grande e tacita intesa che ci sostiene anche quando improvvisiamo grazie alla quale ci capiamo anche senza accordarci prima. Sapresti definire l’emozione che ti dà la recitazione in una sola parola? Quale sarebbe? Come spiegavo prima mi ritrovo a fare questo mestiere quasi per caso, per cui non posseggo il “sacro fuoco”, quello che ti fa dire “o recito, o muoio”. Mi riconosco senza falsa modestia un discreto talento nell’osservare persone e comportamenti, caratteristica importante se si vogliono riprodurre sensazioni, impressioni, tipologie umane o caricature, e mi fa piacere riscontrare nel pubblico se fanno effetto o meno, misurarmi con questo grande giudice per migliorare in un percorso che resta infinito. Ecco, mi piace suscitare emozioni, provarle in

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quel modo che solo il palcoscenico può dare, attraverso le quali conoscere sempre più me stesso, come fosse una sorta di dimensione introspettiva. È un piacere vero fare questo lavoro, che contrariamente a come pensano in tanti è molto faticoso, ma è talmente stimolante e vario che mi ritengo davvero fortunato ad aver trovato e imboccato questa strada. Come vedi non c’è una sola parola, ma parecchie: soddisfazione, crescita, libertà, confronto… e chissà quante altre. Tra tutte le parti recitate, qual è quella che ti ha appassionato di più? Quella in cui ti riconosci maggiormente? Ti sei divertito a girare “Tutti pazzi per amore”? Ci sarai nella terza serie? Esistono sicuramente lavori più riusciti di altri, ma non saprei rispondere, tante e varie sono state le belle esperienze finora accumulate. Non posso fare a meno di citare la figura di Papa Luciani, persona verso la quale nutrivo molta ammirazione e rispetto per la sua densa semplicità, è stato un vero privilegio interpretarlo. Ma il ruolo cui forse sono più legato è quello di Nello de “Il cuore altrove” che mi ha aperto, grazie alla scelta di Pupi e Antonio Avati, molte porte da lì in avanti, oltre al fatto che il personaggio mi aveva conquistato già mentre leggevo la sceneggiatura. Michele di “Tutti pazzi per amore” è senz’altro uno dei personaggi più riusciti e apprezzati dal pubblico e diciamo che se dovessi riconoscermi in un personaggio dovremmo fare la media tra Nello e Michele… :-) Non ci sarò nella terza serie, no, non credo nelle lunghe serialità e temo molto le parabole, che cerco sempre di anticipare nella traiettoria discendente: preferisco abbandonare lasciando un buon ricordo prima di stancare, preferisco lasciare nel pubblico un po’ d’appetito piuttosto che sazietà e quindi disinteresse. Non sempre è facile capire quand’è il momento di fermarsi, se è già troppo tardi o se c’erano margini per continuare, però è senz’altro più semplice che indovinare il momento più alto di un titolo in borsa! Quali sono i progetti futuri? Come in ogni stagione cerco di non farmi mancare niente, e quindi teatro, con un reading di Roberto Saviano, televisione, con “Per un pugno di libri” e la fiction “Fuoriclasse”, con Luciana Littizzetto, e cinema: esce a breve il film “La scomparsa di Patò” di Rocco Mortelliti, tratto da un romanzo di Camilleri, poi “The tourist”, nel quale faccio un piccolo ruolo ma ho a che fare con Angelina Jolie e Johnny Depp, e poi ancora il film che reputo più importante della mia stagione, “Tous les soleils” di Philippe Claudel, con Stefano Accorsi, recitato in francese. A quale domanda ti piacerebbe rispondere durante un’intervista? “Sei contento che abbiamo finito?” “Sì… :-)”

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INTERVISTA | di Donatella Lavizzari

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NARRARE

LAVITA CON SENTIMENTO.

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Il piccolo libro di Ilaria Caprioglio “Gomitoli srotolati”, piccolo nel suo formato ma non nei sentimenti, ha la levigatezza dei ciottoli di fiume, si legge d’un fiato, ma potrebbe essere considerato quasi un breve saggio. È una riflessione profonda sulla nostra mortalità e sulla voglia di vivere, un percorso nelle ragioni e nelle non ragioni della medicina moderna, alle prese con la malattia innominabile che il secolo scorso si illudeva di essere riuscito a debellare, ma che ancora oggi, alla fine del primo decennio del nuovo secolo continua a rappresentare un’insidia, capace di sconvolgere la nostra vita. Con un linguaggio preciso, secco, funzionale e, nello stesso tempo, quasi scritto sull’acqua, Ilaria ha tenuta ben ferma la veridicità ed essenzialità del racconto tanto che la sua vicenda e la sua famiglia diventano le nostre, diventano nostri i sentimenti che la animano, le sensazioni, i ricordi. Ciao Ilaria c’è qualcosa di autobiografico nel tuo nuovo romanzo? Sì, si tratta di un romanzo autobiografico scaturito dall’esigenza di superare un profondo dolore. Una scrittura intesa come forma di aiuto, una sorta di “levatrice”, per usare una definizione del filosofo Duccio Demetrio, che ci rimette al mondo, aiutandoci a comprendere quale ruolo abbiamo avuto e abbiamo nella nostra storia familiare. Desideravo, inoltre, offrire ai miei figli, attraverso il ricordo, la consapevolezza della continuità dei legami fra generazioni, costruendo un ponte fra passato e futuro nell’eterna staffetta della vita. Un libro nel quale, tuttavia, molti lettori si sono rispecchiati, rileggendo passaggi di vita che

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appartengono indistintamente a ciascuno di noi. Dalle pagine del tuo libro, dove vita e morte si fronteggiano, risulta forte il legame con il passato ed il tuo rapporto con i ricordi e l’importanza della memoria. Ce ne vuoi parlare? Il mio racconto è un inno alla vita la quale, con il patrimonio genetico che l’accompagna, riuscirà sempre a schernire e ingannare la morte, poiché un nuovo inizio nasce sempre da una fine. Concordo, dunque, con le parole del Professore Umberto Veronesi quando esorta l’uomo a non temere la morte, bensì a sentire, nel disegno biologico della vita, la sua scomparsa come una necessità per lasciare spazio e tempo alle generazioni future. Senza, tuttavia, far cadere nell’oblio chi ci ha preceduto ma, facendolo rinascere ogni

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giorno attraverso il ricordo. Un invito, inoltre, a scartare come gustose caramelle gli attimi che il destino ci regala accanto alle persone a noi care, senza permettere al tempo di srotolare nell’indifferenza il gomitolo della nostra vita. Ci racconti del tuo progetto benefico il “libro nella teca”? Il libro nella teca nasce dal mio incontro con il Maestro Gianni Celano Giannici, pittore e scultore, autore della copertina del mio romanzo. Si tratta di un’edizione d’arte, confezionata in una teca-cornice in plexiglass con allegata la serigrafia a tiratura limitata, resa unica mediante interventi cromatici del Maestro. I fondi raccolti sono stati devoluti a sostegno dell’Unità di Oncologia dell’Ospedale S.Paolo di Savona.

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LIFE STYLE | di Gabriele Nobile

Sessa Marine

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La storia di Sessa Marine è la storia di una famiglia che generazione dopo generazione porta avanti il sogno dell’eccellenza del proprio marchio e dei propri prodotti. Nata nel 1958 e presto evolutasi dallo stampaggio delle materie plastiche alle applicazioni della resina poliestere rinforzata col vetro, Sessa Marine, forte della sua specifica competenza tecnica entra nel

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settore nautico nel 1968 come produttrice di imbarcazioni. La volontà di trasferire in un settore fino ad allora artigianale i concetti di gestione industriale, la spingono verso la progettazione di imbarcazioni che possano garantire i numeri per una produzione di serie. Grazie all’idea fortemente innovativa di puntare su sistemi di distribuzione di tipo automobilistico con concessionari esclusivi, Sessa Marine si impone sul mercato nazionale ed estero con le sue caratteristiche barche di piccole dimensioni, ma dal design accattivante e dai colori vivaci. Nel 1988 con l’acquisizione di Fyberstamp, azienda bergamasca specializzata nella costruzione di scafi di grandi dimensioni per i maggiori players del settore, Sessa Marine inizia il percorso di crescita che la porterà ad entrare progressivamente nel mercato delle imbarcazioni più prestigiose. Lo stabilimento di Cividate al Piano, vicino al Lago d’Iseo, diventa il polo produttivo principale dell’azienda e, con l’ingresso in azienda della terza generazione, a partire dai primi anni novanta, Sessa Marine intraprende il percorso che la porterà, a quasi 50 anni dalla sua nascita, ad essere protagonista nel proprio settore. Oggi, infatti, Sessa Marine con quasi 800 imbarcazioni prodotte nell’anno 2008 e un fatturato in costante e rapida crescita, è una

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delle realtà nel panorama nautico europeo di maggior successo. Si sono conclusi da poco i lavori di ampliamento dello stabilimento di Cividate al Piano, che, in un’area di 37.000 mq, ha ora una superficie coperta di 18.000 mq. con un organico di più di 250 persone ed è pronta alla realizzazione di yacht di grandi dimensioni in tutto il loro ciclo di produzione. A Roccelletta di Borgia, in provincia di Catanzaro, è stata realizzata un’altra unità produttiva di oltre 4500 mq. coperti su di un’area di 12.000mq, in compartecipazione con la Società Seal Marine. In questa nuova struttura, Sessa Marine produce i Fishing della Line Dorado e le imbarcazioni Sessa fino ai 54”, con programmi importanti di ampliamento per il futuro. Dal 2005 l’azienda ha stabilito i propri uffici commerciali, marketing e finanziari nella nuova prestigiosa sede direzionale di Vimercate. Infine, da ottobre 2006 Sessa Marine è direttamente presente negli USA, dove la nuova filiale, a Danya Beach, in Florida, rappresenta il punto di partenza per l’espansione nel mercato dell’America settentrionale e meridionale. Quest’anno è stato inaugurata la nuova struttura dedicata alla progettazione e all’industrializzazione dei nuovi progetti; qui un’ equipe di tecnici di alta professionalità realizza i modelli di imbarcazioni sempre più

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PORTIAMO AVANTI IL SOGNO DELL’ECCELLENZA

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RITAGLIA QUESTO INSERTO, AVRAI DIRITTO AD ACQUISTARE UN TITOLO D’INGRESSO A EURO 9 ANZICHE’ EURO 12 SOLO NEI GIORNI DI SABATO E DOMENICA* *la riduzione non è cumulabile con altre agevolazioni sull’ingresso


affidabili, potenti ed eleganti, facendo leva su materiali e componenti di primissima qualità, grazie ad una tecnologia in costante sviluppo ed alla attenzione ai dettagli, all’estetica e al design in linea con le esigenze dei clienti più esclusivi. Fondata da Camillo Braga, padre di Raffaella Radice, interamente controllata dalla famiglia Radice, Sessa Marine ha unito nella propria filosofia di gestione l’imprenditorialità tipica della family company e la managerialità e l’attenzione agli aspetti gestionali proprie delle grandi imprese. La filosofia della family company si rispecchia nella gestione etica di Sessa Marine, nell’attenzione agli investimenti rivolti al futuro e nella formazione delle risorse umane. Più in generale, nell’entusiasmo con cui collaboratori diretti e partner sviluppano, producono e vendono ogni giorno un prodotto unico, riconoscibile per qualità, stile e design. Solidità, innovazione e continuità: questi i valori che hanno permeato le tre generazioni che si sono susseguite a capo dell’azienda con lo sguardo sempre rivolto all’eccellenza e alla sfida competitiva ai cantieri più prestigiosi del mondo Sessa MARINE C 54 Perfetta unione tra comfort ultra chic e sportività dirompente. Sessa Marine mette a segno un altro colpo da maestro presentando un 16 metri in grado di esprimere tutta la forza creativa e la competitività del cantiere. Fedele alla personale vocazione di creatore di tendenze, Sessa Marine ha deciso, continuando a completare la propria gamma di Yacht sportivi, di dare allo stesso tempo, una “sveglia” a questo segmento di mercato Una rivoluzione per il segmento “sport open” 16-17 metri La natura di questa barca è indiscutibilmente definita dal ponte principale dove, per la prima volta, Sessa Marine propone un salone “chiuso” e immerge i suoi ospiti in un ambiente accogliente, confortevole, spazioso e raffinato. L’obiettivo del cantiere è chiaro: portare su un 54 piedi le prestazioni e lo stile caratteristici del C68, elementi che ne hanno decretato il successo dal giorno della sua presentazione lo scorso settembre. Unendo le caratteristiche di un open sportivo e performante, di cui Sessa ormai conosce a perfezione la ricetta, a quelle di uno yacht elegante e confortevole, il C54 propone una distribuzione generosa degli spazi. “Questa barca si rivolge ad un cliente moderno e raffinato che cerca una barca comoda e spaziosa da usare tutto l’anno ma non scende a compromessi in termini di bellezza e stile” – afferma Riccardo Radice, Vice-Presidente Sessa Marine Il concetto di yacht approda su un open Sessa Marine È uno dei pochi cantieri a poter

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vantare già la quarta generazione di barche concepite con la trasmissione IPS (dopo il C46, C43 e Fly54). Un bagaglio di esperienze che ha assicurato al cantiere l’ottimizzazione di questa tecnologia ed insieme un’attenta gestione dei volumi interni. Esemplare di razza, dal forte carattere, il C 54 propone così, tutte insieme, le prestazioni che ci si aspetterebbe da uno yacht: 3 cabine di cui una master a centro barca, confortevole e completamente immersa nella luce proveniente dalla grande vetrata, dotata anche di locale bagno separato; la cucina spaziosa ed abitabile situata intelligentemente presso il ponte inferiore, al fine di assicurare maggior spazio al ponte principale, vero e proprio fulcro della vita di bordo grazie all’immenso prendisole ed al tavolo da 8 posti a sedere. Non vanno dimenticate poi la plancetta di poppa a movimento idraulico verticale e la crew cabin altamente rifinita, adatta a trasformarsi in una vera e propria cabina ospiti aggiuntiva. Un design che sembra prendere vita sulla scia del Fly 54 e del C68, presentati l’anno passato, dalla firma di Christian Grande la C 54 nasce con al suo interno le linee fondamentali di un design incisivo ed esplosivo che lo stesso designer ama definire “animale”: le linee che disegnano la barca sono come muscoli e la barca sembra prendere vita. Una linea esterna dai profili decisi e un allestimento interno chic e moderno offrono uno spazio dall’atmosfera pulita in cui ogni dettaglio diventa essenziale, facendo in modo che ogni momento passato a bordo diventi una vera e propria esperienza di vita.

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SAIL’INGLESE?

L’INGLESE DI BOLINA è A R E A

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Se state già sognando il mare e state pensando alle prossime vacanze estive, magari in barca, è senz’altro da prendere in considerazione la nuova iniziativa dal titolo L’INGLESE DI BOLINA - SAIL’INGLESE? (to sail = andare a vela). Questa è un’idea diversa per divertirsi, imparando l’inglese. Sviluppata da Futurviaggi Tour Operator con la LuxurySailing in collaborazione con la British School, la Spartivento Charter e la North Sardinia Sail, l’Inglese di Bolina propone come aule Panarea o Stromboli per ripassare il present perfect continuos sotto la Sciara del Fuoco o tra le splendide insenature della Costa Smeralda. L’idea di Giulio e Alessia è quella di imparare una lingua straniera divertendosi: si può essere seri e professionali anche con il sorriso: “e si impara anche meglio”, ci dice Giulio skipper da 20 anni ed ideatore dell’iniziativa. “Dopo un lungo inverno rimettersi in aula in estate, per apprendere una lingua estera, è dura, invece sulle nostre barche, veleggiando tra le isole, otteniamo grandi risultati; su ogni barca è a disposizione un insegnante madrelingua che

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segue l’equipaggio e i passeggeri.” La Futurviaggi mette in campo i suoi 35 anni di esperienza come leader per tour organizzati in Europa, Nord Africa e Stati Uniti e garantisce a tutti il massimo della professionalità e serietà. La British School da parte sua insegna inglese dal 1954, ha sedi in tutta Italia (presso di loro si sostengono gli esami Cambrige ESOL) ed ha adattato il suo metodo didattico alla vita di bordo. “La British School ha pensato a tutto, dal materiale didattico ai test di ingresso, in modo da strutturare il corso sul livello di conoscenza di ognuno” ci dice Alessia. Si va a vela, ovviamente, e la Spartivento Charter insieme a North Sardinia Sail mette a disposizione tutte imbarcazioni nuove dai 12 ai 15 metri. Le basi di partenza sono Reggio Calabria per le Eolie, Portisco per la Costa Smeralda e Castiglioncello per le isole toscane. Un mix eccezionale di esperienze per poter imparare o migliorare il vostro inglese a vela. La settimana vola via tra tuffi e conversation tra veleggiate e reading, tra aperitivi al tramonto e giochi di apprendimento, tra una chiacchiera sotto le stelle (o una serata in discoteca) e il writing. “L’anno scorso abbiamo fatto il tutto esaurito, nonostante fossimo partiti in sordina, siamo stati costretti a chiudere le iscrizioni per

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le eccessive richieste” continua Alessia della Futurviaggi. Insomma, una gran bell’idea per tutte le età! L’iniziativa verrà riproposta e ripresentata al BIG BLU, fiera nautica di Roma dal 19 al 27 febbraio. L’INGLESE DI BOLINA ti aspetta a bordo delle sue imbarcazioni al motto di: sail’inglese? Se pensate di aver una scarsa conoscenza dell’inglese, salpate con noi.

FUTURVIAGGI Via Nomentana, 261 00161 Roma Tel: 06. 44. 01. 84. 20 www.futurviaggi.eu alessia.marini@futurviaggi.it

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ARCHITETTURA | di Flaminia Colonna Bareti

ROMA CAPITALE

dell’Arte contemporanea.

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Il Museo di Arte Contemporanea Roma, MACRO, nasce dalla riconversione e dal restauro di un edificio industriale del XX secolo, l’ex birreria Peroni progettata nel 1912 in stile liberty. Il museo sorge tra i palazzi della Roma di fine Ottocento, ideato e realizzato dall’archistar francese Odil Decq, vincitrice del concorso internazionale bandito dal Comune di Roma, è costato 20 milioni di euro e nove anni di lavori. Le forme dinamiche e sinuose della nuova struttura, vera opera d’arte contenitore di altre

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opere d’arte, creano un paesaggio sensuale e luminoso in cui i diversi linguaggi del contemporaneo trovano il loro spazio naturale. Le aree interne ed esterne non sono concepite in modo statico, ma diventano dinamiche ed offrono ai visitatori l’attrattiva di una scoperta continua. Al centro del piano terra, di colore tutto nero, spicca la «meteora» color rosso lacca all’interno della quale si trova l’Auditorium, completano la struttura un bookshop, un ristorante, una caffetteria, un’area didattica e sei sale espositive per un totale di 19.590 metri quadrati. Dal livello più alto dell’edificio è possibile accedere ad una grande terrazza una sorta di giardino panoramico astratto, dove

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gli storici palazzi di via Nizza,via Cagliari e le masse acquatiche della grande fontana posta sul tetto costituiscono le quinte scenografiche. Tre passerelle sospese nel vuoto in acciaio e vetro attraversano lo spazio offrendo nuove prospettive delle opere guardando in basso. Il nuovo Macro nasce, secondo Odile Decq, ponendosi due obiettivi: “Trasgredire un atteggiamento monovalente di integrazione in un contesto di carattere storico e offrire un’esperienza sensoriale. Un luogo in costante tensione, in cui i visitatori siano invogliati a muoversi e ad entrare”. Un palcoscenico astratto in cui rampe, prospettive e linee di fuga evocano la dinamica instabilità dell’arte contemporanea.

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DESIGN | di Stefania Ricci

La ceramica

policroma

di Silvia Zotta

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Durante una delle mie visite alla Design Gallery Secondome sono rimasta affascinata da un’istallazione composta da centinaia di ceramiche di forme e colori diversi, Silvia Zotta. Ho chiesto alla proprietaria e ormai amica Claudia Pignatale chi fosse quell’artista e lei, entusiasta e orgogliosa della parete appena allestita, mi ha risposto che si trattava di una giovane esponente di punta della ceramica contemporanea. Il suo elemento è la ceramica, antica arte che interpreta con una visione contemporanea dove forma, colore, pittura e incisione trovano un loro naturale equilibrio. Oggetti dall’aspetto volutamente irregolare per rendere ognuno di essi un pezzo unico, la cui superficie è smaltata con colori che vanno dal verde mela al giallo, dal rosso ciliegia al bianco, dal blu notte al violetto, all’arancio, profili essenziali e accostamenti cromatici chock che sorprendono lo spettatore. A Silvia Zotta non importano la tecnica e la precisione del ceramista-tipo che fa estrema attenzione ai gradi di cottura e al materiale, ma racconta una nuova realtà con una pasta così antica: è lontana dalla perfezione e dalla maniacalità. Vasi, teiere, scatole, pannelli da pareti e cerchi le cui fattezze richiamano esplicitamente taralli e ciambelle in maiolica policroma, Silvia ha portato nel compassato e ingessato mondo ceramico un’aria apparentemente domestica e allegra, accattivate e simpatica. L’artista italo argentina ha ottenuto numerose menzioni nei più importanti concorsi ceramici: ha vinto il prestigioso Premio Faenza, ricevuto ex aequo al 54° Concorso Internazionale della Ceramica d’Arte nel 2005, e il Primo Premio al Settimo Concorso Nazionale “Viaggio attraverso la ceramica” di Vietri sul Mare nel 2001. È stata selezionata per lavorare al centro di ricerca ECWC (European Ceramic Work Centre) in Olanda, e ha partecipato a simposi internazionali, workshop e residenze d’artista. Ha esposto, tra l’altro, in Francia, Spagna, Cina, Olanda, Svizzera, Corea e Italia, anche al MIAAO, il Museo Internazionale delle Arti Applicate Oggi di Torino, al Museo Industriale Europeo della Porcellana di Plössberg in Germania, al Museo Eduardo Sivori di Buenos Aires, al Centenario dell’Esposizione Internazionale d’Arte Decorativa Moderna di Torino, a Palazzo Bricherasio, nel 2002, al Salone Satellite del Salone Internazionale del Mobile di Milano, al MIART di Milano e ad Artefiera a Bologna, a Pitti Casa a Firenze.

www.silviazotta.com www.secondome.eu è A R E A

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ARTE | di Eva Peach

Takashi

Murakami

POP ART nipponica

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Takashi Murakami, 47 anni, occhiali tondi e pizzetto è il volto orientale della Pop Art, considerato uno degli artisti giapponesi più influenti nel panorama dell’arte moderna e come Andy Warhol trae ispirazione da oggetti ed immagini appartenenti alla cultura di massa. Oltre all’aver sdoganato in tutto il mondo un tipo di iconografia tipicamente Giapponese, libera da qualsiavoglia influenza occidentale, ha raggiunto sia gli ambienti elitari e snob dell’arte moderna che gli oggetti d’uso quotidiano, ha creato opere destinate ad un pubblico vario e con diverse possibilità di spesa firmando magliette, giocattoli, tavole da skate, carte da parati, biancheria per la casa, scarpe e accessori. Colori accesi e atmosfere del mondo dei fumetti e dei cartoni animati manga sono il suo marchio di fabbrica. I soggetti delle sue opere, quotate migliaia di euro, sono coloratissimi personaggi post-atomici, funghi radioattivi, mostri dai denti aguzzi oversize, piccoli fiori sorridenti, ragazzine che spruzzano latte dai seni e creaturine dagli enormi sorrisi. Takashi proveniente da una famiglia di umili origini, fin da bambino sognava di diventare un disegnatore di fumetti, detestava l’arte classica Giapponese a cui preferiva l’iconografia e i beniamini dei videogiochi e cartoni manga . Murakami si ispira alle icone degli otaku (i ragazzi che passano gran parte del loro tempo chiusi in casa con una passione ossessiva per i manga e le anime) tanto da definire il proprio stile “Poku”, fusione di “pop” e “otaku”. Il mondo degli otaku è la via che l’artista sceglie per indagare la società. Dietro i colori vivaci e le facce buffe delle sue opere c’è la denuncia dell’emarginazione di questa sub cultura che l’artista vede come l’estrema manifestazione di un malessere che attraversa l’intero popolo giapponese. Benchè l’opera di Murakami si mostri multicolore, gioiosa, movimentata, richiama anche momenti tragici della storia: la sua arte divora i fantasmi del tempo trascorso, il disastro atomico della seconda guerra mondiale, le bombe di Hiroshima, e li “vomita” sotto il naso delle nuove generazioni trasformati in gradevoli forme ludiche che ridisegnano l’inferno come un eterno paradiso adolescenziale. Il risultato della sua produzione artistica è irresistibilmente divertente, giocando sul contrasto tra Occidente e Oriente e tra passato e presente in maniera ludica ed intelligente, l’artista nipponico mescola magicamente le tradizioni antiche della cultura giapponese con

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il mondo manga. Sculture, quadri, installazioni che riproducono bestie antropomorfe, fatine pettorute, ragazzini in lentigginosa fase puberale, simpatici animali domestici che musei, gallerie e collezionisti del globo fanno a gara per avere nei loro forzieri. Recentemente le opere fantasmagoriche di Takashi Murakami, geniale continuatore giapponese dello spirito pop, sono state esposte nella Reggia di Versailles. I critici non hanno tardato a contestare duramente la scelta di utilizzare il sontuoso palazzo, che un tempo accoglieva i reali di Francia, per esporre le opere multicolori dell’artista nipponico . L’eleganza e il fasto dei sontuosi appartamenti e della famosa galleria degli specchi contrastano effettivamente con le opere di Murakami ispirate all’universo manga…ma l’arte contemporanea è fatta anche di questo.

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VLADI POLO | di Ufficio Comunicazione Vladi Polo

LA PASSIONE

PER IL POLO è A R E A

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L’estate romana 2011 ospiterà la seconda edizione dell’International Rome Polo Challenge – Coppa della Federazione Polo Italiana. Promossa dalla Federazione Polo Italiana, ancora una volta in collaborazione con VLADI POLO Associazione, prevede un programma ricco di eventi. Lo scopo dell’Associazione è quello di avvicinare il pubblico ad una delle discipline sportive più antiche e nobili. La manifestazione, rivolta a bambini ed adulti, mostra una particolare attenzione verso i diversamente abili. L’associazione infatti, sensibile a questo aspetto, promuove la pratica del nobile sport del polo nell’ambito sociale. Oltre al match, durante la giornata sono previste numerose attività per i più piccoli: il battesimo del pony ed altre occasioni per gli adulti per trascorrere una giornata speciale tra mostre d’arte e degustazioni di prodotti tipici regionali. Un’occasione indimenticabile per vivere forti emozioni dove i ragazzi saranno coinvolti nell’interazione con il cavallo: un’importante funzione terapeutica oltre che ludica. Un modo per riscoprire a Roma la natura, l’amore per gli animali e un nuovo sport, sano e completo, da vivere all’aria aperta. Saranno organizzati attività di gioco gestite da istruttori preparati per i giovani atleti che potranno simulare una partita di polo con un cavallo di legno e una stecca. A loro disposizione ci saranno anche spazi per giocare e fare il pic-nic con la famiglia. Gli adulti invece potranno visitare gli stands allestiti lungo il perimetro del campo dove le aziende regionali esporranno prodotti tipici agroalimentari ed artigianali, offrendo degustazioni agli ospiti-spettatori, sarà presentata, inoltre, una mostra fotografica e artistica sulla storia del polo. Dalle 16:00 in poi si assisterà all’emozionante partita di Polo che vedrà affrontarsi tre squadre - Italia, Russia ed Inghilterra - rappresentate da giocatori di fama internazionale. Dopo il successo della scorsa edizione, ci auguriamo un evento indimenticabile all’insegna della passione per il Polo.

Ufficio Comunicazione VLADI POLO Associazione Via Santa Chiara, 57- 00186 Roma Tel. +39 0697612322 Fax. +39 06 97612698 www.vladi-polo.it - ufficio.stampa@vladi-polo.it

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GOLF | di F.I.G.

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Con lo Joburg Open (13-16 gennaio), in programma sui due percorsi East e West del Royal Johannesburg & Kensington GC a Johannesburg, si esaurisce con il quarto torneo stagionale la fase sudafricana dell’European Tour.
 
Insolito il numero dei giocatori ammessi alla gara, ben 210, tra i quali vi saranno Emanuele Canonica, Lorenzo Gagli e Federico Colombo, che hanno l’obiettivo di una buona prestazione in quanto nel corso dell’anno non avranno molte occasione di esibirsi sul circuito continentale.
 
Difende il titolo il sudafricano Charl Schwartzel, che attraversa un momento di buona forma come ha dimostrato il quarto posto ottenuto la scorsa settimana nell’Africa Open (era campione uscente anche in quella circostanza) a un colpo dal trio che si è disputato il titolo in uno spareggio vinto da Louis Oosthuizen, assente in questa occasione.
 
Tra i possibili protagonisti gli altri giocatori di casa Thomas Aiken, James Kingston, Richard Sterne, Jaco Van Zyl ed Hennie Otto, vincitore di un

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EUROPEAN TOUR: JOBURGOPENINSUDAFRICA CON CANONICA, GAGLI E COLOMBO Open d’Italia (2008), gli inglesi Robert Rock e Ross McGowan, il danese Soren Hansen, l’irlandese Darren Clarke e lo svedese Alexander Noren.
 
Anche se i giocatori in campo saranno in numero superiore alla norma, il taglio dopo 36 buche promuoverà come sempre i primi 65 classificati e i pari merito al 65° posto. Il montepremi è di 1.300.000 euro dei quali 206.050 riservati al vincitore.
 
Successivamente il tour si sposterà negli Emirati Arabi dove si svolgeranno in sequenza l’Abu Dhabi Championship (20-23 gennaio, Abu Dhabi GC con i due Molinari e Manassero), il Volvo Golf Champions (2730 gennaio, The Royal GC, Bahrain), il Qatar Masters (3-6 febbraio, Doha GC, Qatar), e il Dubai Desert Classic (10-13 febbraio, Emirates GC, Dubai).

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GUSTO | di Stefania Ricci

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TERRINONI Talento e Passione

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Intervista a Giulio Terrinoni, Executive Chef e proprietario del Ristorante “ A c q u o l i n a ” premiato nel 2009 dalla prestigiosa guida Michelin con 1 stella per la grande dedizione, la passione e l’attenzione costante per i prodotti, la loro scelta, l’acquisto e l’appassionata applicazione nel creare nuovi piatti a base di pesce. Come inizia la sua carriera di chef e quale ritiene sia la dote principale di un grande cuoco? La mia prima esperienza come capo cuoco è stata al Panda Restaurant di Roma nel 2003, esperienza che mi ha formato soprattutto per quanto riguarda l’organizzazione; penso che per essere un buono chef ci voglia tanta dedizione al lavoro, tenersi aggiornati in continuazione e soprattutto grande umiltà e amore per il proprio lavoro. Innovazione o tradizione. In cosa si identifica la sua cucina? Cerco di proporre una cucina che vada di pari passo tra innovazione e tradizione. A mio avviso bisogna semplicemente mettersi d’accordo sul termine innovazione. Per me innovazione vuol dire il giusto mix tra tecnica e tradizione, riuscire a comunicare un pensiero tramite un piatto con l’aiuto di un ingrediente fondamentale: l’amore. La tecnica è fondamentale ma non bisogna eccedere altrimenti si rischia di non essere capiti e soprattutto di produrre dei piatti freddi “senza anima”. Il cibo parla una sola lingua, sostengono molti chef. Che piatto cucinerebbe ad un ospite straniero per presentarsi e comunicare il suo bagaglio culturale? Sono d’accordo sull’affermazione, penso che una pietanza realizzata con cura rimanga un buon piatto a prescindere dalla presentazione o da chi lo assaggerà. Ad un ospite straniero probabilmente offrirei il carrè di rombo, che nasce dall’idea di reinterpretare l’agnello alla cacciatora ma in chiave marina. Il gioco è sulla forma del Rombo che si trasforma, assomigliando ad una costoletta di agnello. Nel suo piacevolissimo ristorante la materia prima, per lo più proveniente dal litorale laziale, è trattata con i guanti bianchi ed esaltata a dovere. Come avviene la selezione del pesce? Lo sceglie personalmente? Grazie per il complimento, ad Acquolina cuciniamo solo pesce, potremmo dire a Km 0. La spesa in generale è la cosa che non delego mai, tutte le mattine mi reco personalmente a scegliere la materia prima. Sappiamo che al perfezionamento di una

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ricetta lavora mesi, come crea un nuovo piatto? Dove trae ispirazione? È vero ma anche anni, ci sono dei piatti nel nostro menu che anno dopo anno acquistano più maturità e più sfumature, questo perché dietro c’è sempre tanta voglia di portare le cose sempre un passo avanti. Penso che l’ispirazione venga innanzitutto dalla curiosità. C’è un ingrediente verso il quale nutre una sorta di diffidenza o che preferisce non impiegare nelle sue ricette? Qual è, secondo lei, quello più inflazionato in questo momento? Diffidenza da nessun ingrediente, a volte evito di usarne altri diventati ormai di moda. Ad Acquolina già da 4 anni non usiamo il tonno, non perché non ci piaccia, ma per una scelta fondamentalmente etica e contro le mode. Durante i primi anni di attività i clienti ci chiedevano solo il tonno, mentre pesci come triglie, scorfano, sanpietro venivano snobbati.

È così che abbiamo preso la decisione di bandirlo dalla nostra cucina. Oggi Acquolina si definisce “amica del tonno” e la cosa più bella è che la nostra clientela lo ha capito ed ha sposato scelta. Negli ultimi anni c’è grande attenzione nella ricerca di ingredienti di qualità, cibo biologico, maggiore consapevolezza dell’importanza di una dieta varia e equilibrata; ma non solo. Anche ricerca di nuovi accostamenti per stupire le proprie papille e culto del mangiar bene. Qual è la sua opinione in merito? Penso che la ricerca della qualità vada vista come una grossa opportunità per tutti. Per quanto ci riguarda la qualità è l’unica arma che abbiamo per avere un ritorno di clientela, è la nostra parola d’ordine. Cerchiamo di “educare il cliente” da sempre, il che significa che cerchiamo di renderlo partecipe di ogni nostro pensiero, di ogni nostro gusto per cercare di far capire cosa c’è dietro un abbinamento. La cosa che noto è che c’è un grande interesse ad approfondire.

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Qual è il piatto preferito e più richiesto da una clientela esigente come quella del Ristorante L’Acquolina? I piatti che hanno maggiore successo sono: la torta di baccalà e patate con bagna cauda moderna e la carbonara di mare, ormai due must del locale. Un piatto che non toglierei mai è proprio la torta di baccalà, mi ha portato tanta fortuna e lo ammetto, sono scaramantico. Un libro di gastronomia di cui consiglierebbe la lettura? Un libro di cui consiglio la lettura, soprattutto ai colleghi, è il libro: “il cibo e la cucina” di McGee Harold, che più che essere un libro di gastronomia è uno studio che cerca di rispondere alla miriade di problemi tecnicoscientifici che la cucina pone. C’è una frase del maestro Angelo Paracucchi nel libro che dice: “continuavo a bruciar padelle senza capire bene che cosa vi accadesse dentro”. È un libro da studiare. Fa parte dei Jeunes Restaurateurs d’Europe, ce ne parla? Si, faccio parte di questa prestigiosa associazione di cuochi. “Talento e Passione” è il motto dei giovani ristoratori d’Europa “JRE”; associazione nata in Francia nella metà degli anni ’70 con l’obiettivo di stimolare solidarietà e amicizia fra gli chef. Attualmente in Italia siamo 61 giovani ristoratori. Praticamente è una grande famiglia che cerca di garantire qualità della buona tavola e assicurare ad ogni ospite di ciascun ristorante un’esperienza unica sotto il segno dell’eccellenza. Sono molto fiero di farne parte. La prima stella Michelin è ormai consolidata. In attesa della seconda a quali altri premi e gratificazioni ambisce Giulio Terrinoni? La conquista della 1° stella Michelin insieme al mio staff è stato il momento più bello della mia vita a livello professionale. Da allora la parola d’ordine è stata “blindare la stella”, per dire che è difficile raggiungere questo traguardo, ma è ancora più difficile mantenerlo. Per il momento l’aspirazione maggiore è quella di consolidare Acquolina come uno dei punti di riferimento della cucina di pesce a Roma e in Italia. A tutti i lettori mi permetto di dire che mi piacerebbe che Roma e il Lazio diventassero il “vero” centro della cucina italiana e che per renderlo possibile abbiamo bisogno di una clientela sempre più esigente e in grado di riconoscere la qualità.

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GUSTO | di Claudia Origoni

MODICA

CITTÀ D’ARTE

e del Cioccolato più antico del mondo

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Fui giovane e felice un’estate, nel cinquantuno. Né prima né dopo: quell’estate. E forse fu grazia del luogo dove abitavo, un paese in figura di melagrana spaccata; vicino al mare ma campagnolo; metà ristretto su uno sprone di roccia, metà sparpagliato ai suoi piedi; ( da Argo il Cieco .G. Bufalino) Più antica di Roma di origine siciliota e greca ,Modica ha saputo prendere dai vari dominatori preziosità e spunti sia nell’arte sia in cucina: dai romani le tipiche focacce “Scacce” insieme al “coniglio alla Stimpirata e al formaggio ragusano”, dagli arabi gli agrumi e i dolci come la cubaita,l’aranzata ed infine dagli spagnoli il famoso cioccolato. Modica oggi è ancora la capitale della Contea del Barocco che affascina per la varietà dei paesaggi e bellezze che custodisce, nel raggio infatti di 30 km sono presenti ben 6 siti patrimonio dell’Unesco Modica, Scicli,Ragusa Ibla,Ispica,Noto, il Castello di Donnafugata:

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Modica è il punto strategico per visitare tutta la provincia. Questi sono il luoghi del Commissario Montalbano,che di Modica (Luca Zingaretti) è cittadino onorario,Città d’arte e di cultura è diventata da qualche anno il buen ritiro di manager,giornalisti ed intellettuali italiani e stranieri . Modica Alta e Modica Bassa: città dalla doppia anima come i suoi Patroni (San Giorgio e San Pietro) offre tutto l’anno la possibilità di una vacanza intensa e ricca sia per le sue bellezze, sia per l’intensità delle sue feste religiose (San Giorgio 23 aprile e Madonna Vasa Vasa a Pasqua),sia per gli appuntamenti gastronomici primo fra tutti Choccobarocco (6/ 11 dicembre 2011) dove tutta la città diventa il laboratorio del cioccolato più antico del mondo. Granuloso e aromatizzato, lavorato a freddo seguendo l’originale e incontaminata ricetta atzeca che gli spagnoli importarono dalle colonie. Nel paesaggio coabitano, grazie al suo particolare microclima, varietà e specie floreali diversissime tra loro : abeti e fichi d’india immersi nel profumo di zagare e

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gelsomini. Tale connubio consente al viaggiatore di esplorare la Contea, gli è possibile ammirare in ogni stagione il verde degli ulivi e dei carrubbi miscelato ai colori mediterranei più accesi, i gialli dei campi arati, il viola delle buganvillee,i rossi dei papaveri mentre i nastri bianchi dei muragghiuni – i tipici muretti di confine a pietra secca -disegnano nella campagna merletti dalle linee irregolari. Il fascino di questo territorio autentico offre la possibilità di un viaggio nel tempo, che diventa sempre più emozionante se si alloggia in dimore d’epoca di proprietà della catena alberghiera “Le Case dello Zodiaco” (www. lecasedellozodiaco.it), dove lo charme è inconfondibile. È questo il primo esempio di albergo molto diffuso in provincia in grado di coniugare eleganza e autonomia all’interno del tessuto urbano di Modica Alta.Le serate miti d’inverno e fresche d’estate nella zona alta, consentiranno di vedere gli usci aperti, di ascoltare gli uomini e le donne che, seduti sulle soglie delle proprie case, si raccontano la giornata di una Sicilia che va sparendo.

Photo Giovanni Antoci g u s t o



GUSTO | di Claudia Origoni

LE TAVOLE DELLA NOSTRA STORIA:

150 anni insieme

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“A Tavola si è fatta l’Italia e a Tavola si sono fatti gli italiani”. Parafrasando la celebre frase attribuita a Massimo D’Azeglio o forse di Ferdinando Martini, Fiera Roma srl ha aperto i festeggiamenti del 150 ° anniversario dell’Unità d’Italia, inseriti nella 5° edizione della manifestazione Arti e Mestieri Expò.Una mostra storicogastronomica ha ripercorso, attraverso una ricerca attenta e ampiamente declinata con supporti visivi e ambientali, le trasformazioni delle nostre consuetudini alimentari. Burro e olio extravergine, riso e pasta, patate e pomodori, fontina e mozzarella hanno rappresentato simbolicamente la riuscita Unità d’Italia, almeno a tavola. Dalle Arancine alle Crispelle di riso alla Benedettina dei Vicerè di De Roberto, dalla pasta sfusa avvolta nella carta da pacchi ai “Maccheroni io vè distruggo” di Alberto Sordi, dalla Pasta e Fagioli dei Soliti Ignoti, fino alle

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pennette alla vodka e al risotto alla milanese della Milano da Bere degli anni ’90, tutto è stato rappresentato nella Mostra ideata e progettata dall’Ufficio studi della Fiera di Roma in collaborazione con la dott.ssa Elena La Delfa. Quest’ultima ha curato e realizzato gli aspetti gastronomici, mentre la Fondazione Teatro dell’Opera di Roma si è occupata degli allestimenti e delle ambientazioni scenografiche. In sei spazi sono stati rappresentati: Il 1861,La grande guerra 1915/18, Gli anni ’40,Gli anni ‘50/’60, gli anni ’70 e gli anni 80/90. Non sono mancate sei tavole apparecchiate con stoviglie del tempo e cibi cucinati per l’occasione, completavano la ricostruzione storica gli abiti d’epoca, nel frattempo la proiezione di films, documenti e pubblicità, relative ai periodi trattati, riapriva il baule dei ricordi. I circa 50.000 visitatori che hanno affollato Arti e Mestieri Expò, si sono emozionati davanti alle tavole, hanno ripescato nella memoria usi familiari e vecchie tradizioni. È stato divertente seguire alcune immagini e battute

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dei films dedicati ad ogni stagione storica. Nel contempo i più giovani mostravano curiosità nello scoprire un mondo ormai lontano: il confezionamento della pasta con la carta da pane , le forme delle mafaldine, gli spaghetti a metro e i candeloni realizzati, ancora oggi, in trafile di bronzo da “ La Fabbrica della Pasta di Gragnano” dei fratelli Moccia. Ha attirato particolare attenzione il contenitore del latte a forma di tetraedo realizzato dalla Tetrapak Italia. Una rievocazione semplice, diretta ed efficace del percorso unitario e d’identità nazionale realizzato attraverso il vissuto quotidiano. Interessante il pensiero di Giuseppe Garibaldi tratto dalla prefazione del libro “i Mille”, scelto dalla curatrice e responsabile dell’ufficio studi della Fiera di Roma,come incipit della mostra, che può valere anche come giudizio per l’intera vicenda unitaria :” Finisco, contando sulla vostra simpatia nel credere ch’io avrei desiderato d’essere capace di far meglio ” Caprera 1873…. ma di certo a tavola siamo tutti italiani.

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ALIMENTAZIONE | di Dr Raffaele Vincenti

Sindrome Metabolica

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Come sappiamo il problema di fondo della nostra alimentazione moderna è che contiene troppi carboidrati semplici, grassi e proteine e nel complesso presenta una quantità di calorie elevata. A Natale è anche fin troppo facile esagerare con una cattiva alimentazione ipercalorica che sicuramente sovraccarica il nostro metabolismo. Consigli utili sono stati dati comunque ma sono spesso proprio difficili da rispettare anche per

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i meno golosi. Sappiamo tutti, ovviamente, che sarebbe meglio evitare spuntini dolci e ridurre le porzioni ma resta che 100 grammi di panettone (una fettina ) corrispondono sempre a 334 calorie di qui 53% grassi, con 100 grammi di torrone si arriva a 500 calorie! Finite quindi le grandi abbuffate del periodo natalizio, ricche di dolci ma anche di proteine animali , carboidrati e grassi ecco il momento della verità: chili di sovrappeso che apparentemente sembrano solo un problema estetico da risolvere prima dell’estate e che invece possono essere rischiosi per la nostra salute.

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È molto importante, quindi, sapere come gli stravizi alimentari e il relativo sovrappeso influiscono negativamente sulla nostra salute. Pertanto a gennaio, se volete sapere cosa fare, per un buon inizio, fate in farmacia un’autoanalisi rapida dei parametri indice glicemico, trigliceridi, colesterolo etc. Se i risultati sono tutti fuori norma è evidente che siete ancora sotto “effetto panettone”. In altre parole, scientificamente, si parla di sindrome metabolica che è una situazione ad alto rischio quando si hanno insieme almeno 2 o più fattori tra i seguenti: 1. sovrappeso (con indice massa corporea BMI maggiore di 25 ) oppure obesità con BMI

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oltre 30 2. pressione arteriosa con valori oltre 140 per la pressione di massima e 90 per la minima 3. glicemia a digiuno oltre 115 4. emoglobina glicata oltre 6 % 5. colesterolo totale maggiore di 200 mg/dl con colesterolo 6. trigliceridi superiori a 200 È indice di adiposità se la circonferenza della vita dell’uomo è superiore a 102 cm e 88 cm per la donna Le diete iperproteiche possono provocare uno squilibrio del pH del colon, possono produrre la disbiosi intestinale e una grossa quantità di ammoniaca intestinale con conseguente sovraccarico della capacità di disintossicazione , può alterare la funzione epatica. In ambito scientifico è aumentata la consapevolezza che le disfunzioni hanno un ruolo predominante nella sindrome metabolica, nell’aterosclerosi e nel cancro. I meccanismi fisiologici degli organi di disintossicazione quali intestino, reni, fegato possono essere seriamente compromessi da un’errata alimentazione. I parametri analitici suddetti alterati unitamente all’inattività aumentano i rischi di: malattie del cuore, diabete , obesità, depressione, infarto, ischemia, ictus. Quindi un’abitudine alimentare semplice, disintossicante, riequilibrante, ordina il metabolismo con semplici accorgimenti; è sicuramente consigliabile: • apporti equilibrati tra proteine, carboidrati e grassi (usare solo oli vegetali a crudo- unici grassi buoni) • mangiare cereali integrali, più legumi, frutta e verdura in misura più consistente rispetto ai primi o i secondi. • evitare alimenti grassi ( salumi, carni, formaggi grassi, maionese, alcolici e dolci, bibite zuccherate e zucchero) • non superare mai le 5 ore tra un pasto e un altro (3 piatti principali + 2 spuntini) • porzioni piccole di pasta, patate, pane e usare pasta e pane integrali magari di farro o kamut • Usare il fruttosio che non stimola la secrezione di insulina • usare una quota consigliata di omega 3 • bere almeno 30 ml di acqua non gassata per kilo di peso corporeo. All’occorrenza usare anche nell’acqua un limone la mattina (se peso 70 kg devo bere + di 2 litri d’acqua) • ridurre le calorie, meglio usare carne bianca e pesce o legumi. l’apporto giornaliero di circa 60 g di pura proteina (0,8 g/kg peso corporeo) è pienamente sufficiente. • cuocere a vapore o bollire o al cartoccio al

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forno a 165 gradi soprattutto verdure e proteine Inoltre, per una flora intestinale sana è necessario un ambiente acido, ottimale per i bifidobatteri e i lattobacilli probiotici cioè i famosi fermenti lattici, che è necessario usare in grande quantità in questo periodo. Il carico glicemico e l’eccessiva quantità di proteine bloccano il metabolismo cellulare, il quale, non può elaborare le punte massime di glucosio che si presentano rapidamente come quando mangiamo grossi quantitativi di dolci. Questa è anche la ragione per cui molte persone non presentano più un metabolismo efficiente e riportano un aumento di peso: la cosidetta “sindrome metabolica”. Il glucosio anziché essere bruciato si accumula nelle cellule e viene fermentato in acidi organici. Un ambiente intestinale basico inibisce il fegato nella degradazione ossidativa di questi acidi. Nel lungo termine le grandi quantità di glucosio risultano problematiche per il metabolismo dei carboidrati: le cellule sviluppano una resistenza all’insulina come difesa dal flusso di zuccheri, la quale si presenta sempre all’inizio del diabete mellito. Lo zucchero, dal quale la cellula si protegge, torna ad ammassarsi nel sangue portando a valori glicemici troppo alti. Una cattiva alimentazione quindi danneggia fegato e reni e un fegato sovraccarico rende stanchi e privi di energia e spesso depressi. Nel film di M.Moore “Super Size Me (2004)” sono state rappresentate in modo drastico le conseguenze di una cattiva alimentazione: un giovane uomo sano si è alimentato per un mese esclusivamente con i cibi di un fast-food rovinando così non solo la sua linea, bensì, con grande sorpresa dei medici che lo seguivano, anche il fegato nel giro di pochissimo tempo. L’alimentazione è determinante per effettuare la giusta prevenzione non solo della linea ma soprattutto della salute e questo è senzaltro un buon proposito da realizzare nel nuovo anno : innanzitutto la salute! Oltre ai preliminari controlli quindi potete avere utili consigli sia per una sana alimentazione che per una corretta integrazione e questo innanzitutto per decidere di star bene. Buon anno a tutti!

Dr Raffaele Vincenti docente AICTO(Associazione Internazionale di Clinica e Terapia Olistica) e farmacista presso Farmacia Rossetti Laura via Maremmana, 300 - Villanova di Guidonia (Rm) 0774-325418

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MUSICA | di Donatella Lavizzari

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Photo Raimondo Luciani m u s i c a


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Il chitarrista e cantautore Luigi Grechi è, secondo il Folk Bullettin, “uno vero, uno di quei rari artigiani della musica che sanno ancora scrivere e cantare

storie affascinanti”. Nei suoi brani, legati sempre a doppio filo col mondo della musica folk-blues americana, racconta storie di provincia, sia del Vecchio West che quelle di casa nostra: storie di indiani e cow-boys, di emigranti, di boscaioli, di povera gente, di “filosofi alla buona”, di barboni capaci di sognare se stessi in un mondo migliore. Nato musicalmente alla fine degli anni sessanta al Folkstudio di Roma, Grechi stringe contatti importanti con Fabrizio De André, Edoardo De Angelis, Francis Kuipers e accompagna Joan Baez alla chitarra durante alcune sue apparizioni televisive alla Rai.

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Trasferitosi in seguito a Milano si mantiene lavorando come bibliotecario (come già suo padre e suo nonno). Assunto come nome d’arte il cognome materno Grechi, pubblica il primo album Accusato di libertà nel 1975 cui seguirà Luigi Grechi, contenente anche due canzoni inedite del fratello Francesco De Gregori: “Rosso corallo” e “La strada è fiorita”. La sua è una carriera discografica fatta di numerosi bei dischi ed alcune hit del calibro de Il bandito e il campione, la storia di Girardengo e del “bandito gentiluomo” Sante Pollastri per cui gli è stato riconosciuto nel 1993 il prestigioso Premio Tenco. Attraverso la sua musica, Luigi racconta le sue esperienze, ispirandosi spesso ai viaggi tra la vecchia Inghilterra, l’Irlanda e gli States. L’amore per il viaggio è testimoniato anche nel suo album Dromomania: amore per la vita “on the road” riassunto in un’unica parola. Da un viaggio nasce la collaborazione con il poeta della “beat generation” Lawrence Ferlinghetti. “Con Ferlinghetti abbiamo fatto per due o tre

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stagioni parte di uno spettacolo itinerante al quale partecipavano poeti e musicisti... C’era Ferlinghetti, John Giorno, Anne Waldman, Martin Matz,… C’erano poi anche poeti italiani esordienti o poco noti, poeti di area surrealista o post-surrealista. C’erano musicisti come Claudio Lolli e Altomare. Era uno spettacolo di musica e poesia. Accompagnavo talvolta alla chitarra Ferlinghetti che quasi ogni sera scriveva qualcosa di nuovo da recitare. È stata una bella esperienza”. Se dovessi descrivere Luigi Grechi non troverei parole migliori di quelle che danno il titolo al suo album del 2003: un “pastore di nuvole”. Perché il pastore di nuvole, come dice lo stesso cantautore, è una figura di artista, di persona, che “amministra oggetti immateriali, impalpabili, come le nuvole, come le note musicali, come i colori di un quadro... tutte cose che non si possono mettere da parte, che non si possono investire, e sulle quali non si può fare nessun tipo di speculazione se non quella artistica e poetica.”

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MUSICA | di Francesco Calvani

Marco Cristian Marconi Panetto Photo Paola Giorgi

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Marco Marconi, amico ed artista davvero “pregiato”. Pianista indiscutibilmente versatile, a giustificazione di quanto gli si riconosce, si distingue per l’interessante poliedricità esecutiva temporalmente diluita nei trecento anni di storia pianistica. Stilisticamente curioso e avvincente il pianismo di contaminazione accademicamente dottrinale inficiato da una irrequieta creatività che rende singolare ogni sua esecuzione pubblica. Un privato musicale, in studio di registrazione, che sentenzia la multiculturalità del suo pianismo dove etnie musicali convolgono armoniosamente in una glorificazione di memoria bachiana. Ad accoglierlo, non senza primato, tra i pochi artisti italiani a trovarsi ospite della prestigiosa Concert Hall, Fazioli Pianoforti, un 308 Fazioli che si è fatto esauriente sintesi delle dieci takes del suo nuovo disco “Mosaico”. A riflessione compiuta, non senza indugi, per una invulnerabilità di distribuzione sul mercato internazionale, la riproposizione di brani fedeli all’autorevole tradizione jazzistica quale patrimonio musicale necessario di ogni artista.

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A corredo dei vari standards, quattro tracce di Marconi ricche di complessità armonicomelodica, perfino riscontrabili alla sola lettura partiturale; una raggiunta maturità musicale straordinaria. 
Imminente la distribuzione discografica del disco “Mosaico”.

MARCONI, PANETTO: ARTISTI POLIEDRICI

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Se al muscoloso censimento musicaleartistico nazionale si fosse sottratto un artista quale Cristian Panetto sarebbe stata l’occasione per una omissione ingiustificabile. 
Mi si consenta di riconoscere l’ incondizionata e più che mai scevra da affetti personali questa breve presentazione, di un musicista, indubbiamente degno di ritrovarsi “ambasciatore” delle celestiali sfere celesti. 
Un esordio curioso alla tenera età di 10 anni con il clarinetto per ritrovarsi poi ammaliato da uno strumento che renderà vorticosa ad a tratti convulsa la sua ricerca della perfezione; il saxofono. 
Una innata spiritualità, quella di Panetto, alla ricerca di quella matrice primordiale musicale da sempre oggetto di bramosia quale icona di sintesi perfetta; una perfezione, da sempre disattesa, oggetto di vivaci interrogativi fin dai primi rudimenti musicali. 
Talento indiscusso, ad oggi immerso in ambiziosi progetti, è riconosciuto a pieno titolo nel panorama musicale internazionale quale ottimo solista e rassicurante sideman di varie formazioni; singolare rarità di un genius loci in convinta attesa di un lauto riconoscimento.

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Via Tiburtina km 18,300 - Guidonia Montecelio (RM) Tel. 0774 353506 - info@ocres.it


MACONDO | di Redazione èArea

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Jazz Modern Style di Francesco Calvani MGC Edizioni euro 5,00

La didattica non consiste solamente nel necessario rigore accademico dei contenuti da apprendere e dei modi in cui essi vengono porti. A questa scientificità si abbina talvolta una componente soggettiva, più o meno dichiarata, in cui l’autore riversa l’apporto della propria maturazione, la sua particolare esperienza dell’apprendere, il consiglio, latente o esplicito, di non tralasciare mai, nella formazione, l’estro e la fantasia, quel tanto che basta, almeno, per non irrigidirsi nell’apprendimento accademico.
Queste notazioni vengono spontanee scorrendo il manuale didattico di Francesco Calvani, articolato in unità, i dieci esercizi melodico-tecnici, che configurano un modo del tutto moderno di declinare lo stile jazzistico. Come dichiara lo stesso autore, il “workbook” è frutto del lavoro fatto all’età di 26 anni. Oggi, nell’atto di consegnare e suggerire ad altri studenti il “metodo”, Calvani ha voluto inscrivere la propria formazione nel solco di un compositore amato fin dall’infanzia: J. S. Bach. E due “cellule melodiche” del genio luterano serpeggiano nel libro, animandolo e caratterizzandolo.
Questi, oltre alla versione bilingue, sono gli elementi fondamentali dell’opera di Calvani, che si rivela un sapiente montaggio di semplicità e di gradevolezza, di spontaneità e di rigore, di regole e di aperture alla fantasia. Tutto ciò che serve, insomma, per mettere sulla pagina partiture utili ad apprendere il “jazz modern style” del titolo. L’auspicio è che, soprattutto nella terra di “Umbria Jazz”, il manuale incontri il favore e il consenso che merita, libero e creativo com’è, suggestivo e innovativo come la tradizione della musica jazz ha sempre voluto che fosse il suo solco.

IL CONSIGLIO, LATENTE O ESPLICITO, DI NON TRALASCIARE MAI, NELLA FORMAZIONE, L’ESTRO E LA FANTASIA,

PERCHÉ CREARE O AFFRONTARE L’INEDITO CI ATTRAE E CI FA PAURA ALLO STESSO TEMPO?

Prof.ssa Donatella Porzi Prof. Fabrizio Bracco

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Mente e Bellezza di Ugo Morelli Allemandi Edizioni euro 35,00

Che cosa ci incanta di fronte a un paesaggio? Perché ci commuove una sinfonia? Quando ci perdiamo in un quadro o nelle forme di una scultura cosa ci sta accadendo? Perché creare o affrontare l’inedito, quello che prima non c’era, ci attrae e ci fa paura allo stesso tempo? Come può un verso di una poesia risuonare dentro di noi fino al pianto? Di che cosa parliamo quando parliamo di arte e di esperienza estetica? Quando il mondo arriva dentro di noi fino al punto di ispirarci una particolare esperienza di elevazione o quando generiamo qualcosa direttamente o siamo di fronte a qualcosa che altri generano, ma anche quando siamo presi e catturati da un paesaggio, da un tramonto, da una persona o da un fiore, ci troviamo nello spazio della meraviglia, dell’oltre, del non ancora. Quello spazio è l’esperienza estetica. È in quello spazio esistenziale che ci rendiamo conto che la bellezza fa venir voglia di creare. Ed è in quel gioco tra realtà e immaginazione che sperimentiamo il valore generativo della bellezza. Sia quando riguarda un’opera, una persona o una situazione, sia quando riguarda il nostro mondo interno e l’espressione e la realizzazione di noi stessi. Creatività ed esperienza estetica intervengono nella nostra vita ed emergono nelle nostre relazioni con gli altri. La creatività, l’arte e l’innovazione sono al centro di questo libro, frutto di dieci anni di ricerca pluridisciplinare. L’ipotesi centrale del libro, suffragata anche dalla post-fazione di Vittorio Gallese, è che la nostra è una specie naturalmente creativa, contraddistinta da una distinzione, la tensione rinviante, che ci porta a creare costantemente i mondi che abitiamo, fino alla creatività artistica che è uno dei vertici della creatività umana. L’esperienza della creatività umana si connette, inoltre, nell’ipotesi del libro, all’innovazione sociale, intesa come un processo di condivisione della creatività, mediante l’elaborazione dei vincoli e delle possibilità del riconoscimento. Prof. Ugo Morelli

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SALDI in 12 mesi senza interessi


TEATRO | OLIMPICO

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I Live You non è una commedia. I Live You non è un musical. Uno spettacolo di arti visive che porta in scena l’interazione tra uomo, immagine e suono, utilizzando tecnologie innovative che amplificano l’impatto emozionale. L’ultima frontiera del teatro multimediale. Artisti visuali usciti dal futuro, propongono un nuovo modo di vivere il palcoscenico: un racconto sorprendente durante il quale fisicità e tecnologia offrono un mix fresco e intelligente. Una nuova edizione per il 2011. Uno spettacolo in continua evoluzione che nel 2009 è partito dal Teatro Olimpico per essere poi rappresentato alla Triennale di Milano e a Istanbul. Un esperimento teatrale che somiglia sempre più a uno degli ultimi gioielli ultratecnologici della Apple. I talenti coloratissimi degli artisti sono come le applicazioni di un iPhone, diverse e piene di sorprese. È teatro wifi, a banda larga, 2.0. È la prova tangibile che c’è spazio per l’innovazione. Lo Show è un’esperienza a 360°, lo spettatore vive un mix tra cinema, televisione e videoarte. I Live You è soprattutto uno Show che trasforma

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il pubblico in protagonista. Performance collettive trasportano i presenti in atmosfere oniriche e visionarie. Una serie di sorprese coinvolgono gli spettatori che divengono al tempo stesso attori e registi dello spettacolo. L’ideazione e la regia dello spettacolo è di Romano Marini Dettina che nell’aprile 2010 ha firmato lo spot tv ENI con protagoniste le mongolfiere.

Il Cast: Dalla Svizzera tornano i Coloro, in esclusiva per l’Italia. Proiezioni interattive prendono vita direttamente sul corpo dei tre performer. La loro sfida è raccontare visivamente la fusione totale tra uomo e immagine. Questo trio multimediale si avvale di tecnologie d’avanguardia e crea così una miscela raffinata tra videoarte, giocoleria e abili acrobazie. Un mondo dentro il quale reale e virtuale si fondono di continuo: con loro puoi incontrare Magritte, volare, stare in equilibrio e spegnere la luce. Una performance di vera sperimentazione ma mai fine a se stessa. Dall’Inghilterra i Feeding The Fish.

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Una novità assoluta per il pubblico di I Live You: arriva Kaleidoscope. Una performance di luce frutto di una tecnologia brevettata da loro. Danza e manipolazione laser. Tre ballerini interagiscono con effetti luminosi fluttuanti nell’aria. I Led accendono la fantasia degli spettatori attraverso combinazioni cromatiche d’avanguardia. Un passo avanti verso il futuro. Dall’Italia i MODULO PROJECT rappresentano l’interazione tra l’uomo e il suono. La danza è il loro campo d’azione con una particolare attenzione per le nuove forme comunicative provenienti da poli magnetici come New York, Londra, Los Angeles e Tokyo. Una Factory del nuovo millennio che si è distinta negli anni per il successo riscontrato nel mondo dello spettacolo e dell’entertainment grazie ad un costante coinvolgimento in operazioni di grande visibilità legate all’industria della musica - concerti, videoclip dell’intrattenimento televisivo, della pubblicità e del teatro.

Dal 01 Marzo 2011 AL TEATRO OLIMPICO

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Spazio alla creativitĂ


TEATRO | QUIRINO

un motore e da quel momento la sua vita prenderà velocità e come nell’apprendista stregone il guidatore perderà ogni controllo e finirà per sfracellarsi. (…) Nel dramma la famiglia (…)dovrebbe essere rappresentata come un relitto, una zattera in balia delle onde, che prima o poi si schianterà contro qualche scoglio, e finirà per sempre. Una tragedia?Un dramma? Poco importa. …….. I delitti de I pugni in tasca, se si fa un minimo sforzo di immaginazione, possiamo leggerli o vederli tutti i giorni sui giornali e in televisione in cui immancabilmente i vicini di casa dell’assassino non riescono a spiegarsi come quella tal persona così normale un giorno improvvisamente abbia fatto una strage e poi, ma non sempre, si sia suicidato…

I PUGNI IN TASCA

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“Perché dopo 44 anni ho pensato a una versione teatrale de I pugni in tasca? In tutti questi anni mi sono state proposte varie riduzioni teatrali del film, ma in nessuna mi pare vi fosse un’idea nuova, un tentativo almeno di fare del film un’altra cosa, di reinventarlo almeno un po’. (…) Ora che la possibilità di portare a teatro I pugni in tasca diventa concreta, per la disponibilità di Stefania De Santis, regista che stimo molto e con cui lavoro, per la possibilità di un cast molto originale, per l’interesse di un produttore teatrale, Roberto Toni, che non ha bisogno di referenze, tocca a me scrivere il copione e sperare di non cadere negli stessi errori che ho trovato nelle versioni teatrali che ho letto finora. I pugni in tasca deve innanzitutto rinunciare alla sua fama di film preannunciante il ’68, il film della rivolta contro le istituzioni, la famiglia, la scuola, la religione. (…)Io oggi penso a I pugni in tasca come a un dramma della

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sopravvivenza in una famiglia dove l’amore è del tutto assente. Si vive in un deserto di affetti senza nessuna prospettiva per il futuro, una situazione di immobilità assoluta che fa pensare a un carcere o a un manicomio senza speranza di guarigione, rieducazione, riabilitazione, rinascita.(…)Ogni fratello cerca a suo modo di sopravvivere, tranne il fratello apertamente folle che urlando ricorda continuamente il suo passato, la sua rabbia, il suo odio, il suo dolore… È una famiglia in cui c’è una madre che sembra buona, (…) ma che in realtà imponendo a tutti i fratelli la pazzia terrorizzante del primogenito coerentemente con i principi della sua religione educandoli alla sottomissione e alla rinuncia alla sofferenza li ha ridotti ad essere come degli animali notturni che escono e si muovono soltanto quando il pazzo dorme (…).E perciò annoiati sfaccendati non fanno nulla, sprecano così la loro giovinezza. (…). Ma come in tutti i drammi ad un certo momento Alessandro farà una cosa. Le continue fantasticherie a cui si abbandona tutto il giorno quasi per caso gli offriranno una possibilità concreta. La possibilità di compiere un delitto. Si accende

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Dal 01 Marzo 2011 AL TEATRO QUIRINO di Marco Bellocchio riduzione e adattamento teatrale dall’omonimo film scene Daniele Spisa regia Stefania De Santis

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AUDITORIUM | di Fondazione Musica per Roma

EQUILIBRIO

Festival della nuova danza VII edizione

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L’Auditorium Parco della Musica ospiterà nel mese di febbraio la settima edizione di “Equilibrio. Festival della nuova danza”, la rassegna che offre una panoramica sulla danza mondiale ospitando artisti emergenti e maestri eccelsi della scena internazionale. Anche quest’anno la direzione artistica è affidata a Sidi Larbi Cherkaoui, il coreografo e danzatore belga più volte ospite della programmazione di Musica per Roma. Il cartellone messo a punto da Larbi alternerà figure storiche della danza e del teatro-danza ad artisti più giovani, che si muovono in territori di confine tra la danza, il circo e il teatro. E sarà proprio Cherkaoui, accompagnato dall’incantevole danzatrice indiana Shantala Shivalingappa, ad aprire il festival con lo spettacolo Play. Tra gli atri ospiti della rassegna, lo straordinario coreografo e danzatore anglo-indiano Akram Khan che presenterà Vertical Road e il raffinato collettivo belga Peeping Tom che torna all’Auditorium con la nuova produzione 32 rue Vandenbranden. All’interno del Festival, il consueto appuntamento con il Premio Equilibrio Roma per la danza contemporanea, giunge quest’anno alla quarta edizione. Tra gli appuntamenti: Play
Sidi Larbi Cherkaoui e Shantala Shivalingappa Vertical Road
Akram Khan 32 rue Vandenbranden
Peeping Tom Lisi Estaras
Les Ballets C de la B Shanghai Beauty
Jin Xing
in collaborazione con Il Ministero della Cultura cinese per l’anno della Cina in Italia

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