Evandro  Gabrieli
In Crypta gradalis
Roma - Todi
Gradalis ! Il termine graal designa in francese an0co una coppa o un pia4o e probabilmente deriva dal la0no medievale gradalis, con il significato di "pia4o", o dal greco κρατήρ ("vaso"). Ho scelto il simbolo della coppa perché è stre4amente collegato al mio percorso ceramico e alla mia passione per la foggiatura degli oggeA al tornio. Per questo evento la mia ricerca su gli impas0 ceramici mi ha portato ad elaborare un’argilla personale formata da diversi 0pi di gres per conferire ad ogni coppa un sapore che rimandi ad elemen0 naturali. Cenere di ulivo e uno smalto feldspa0co bianco ad evocare la pietra, ricoprono ogni manufa4o. I “Gradalis” sono sta0 realizza0 con una superficie che ricorda la terra arsa, spaccata, desiderosa di acqua, delle mani e dell’opera dell’uomo, tuA elemen0 naturali per far si che l’ogge4o non prenda il sopravvento e ci distragga dal rito a cui esso è des0nato.
1. Antonio Grieco, Turris Eburnea 2. Evandro Gabrieli, Gradalis 3. Jasmine Pignatelli, Zeitgeist 4. Mara Van Wees, In bilico 5. Riccardo Monachesi, Titulus Crucis 6. Rita Miranda, Natività
Mostre 1.
Recensioni
CERAMICHE IN CRYPTA Simbologia sacra nei lavori di sette artisti in mostra a Roma nella Chiesa di S. Alessio all’Aventino
Un gruppo di artisti ceramisti operanti a Roma, con qualche inserto umbro, ha inteso cimentarsi con un possibile livello simbolico della manipolazione ceramica. Il simbolo è stato contestualizzato in una dimensione culturale che ha avuto quale epicentro l’orizzonte testamentario e, ancor più specificamente, la prospettiva evangelica. Un progetto e un’ipotesi di lavoro che hanno avuto la giusta accoglienza in uno spazio denso di sacralità come la cripta della Chiesa di S. Alessio all’Aventino di Roma, luogo riservato segnato da un essenziale 2.
4.
colonnato e dalle immagini di santi, nel quale il tempo si è fissato in indelebili atmosfere mistiche. In questo spazio ben connotato, e in un certo senso condizionante, gli espositori hanno messo in atto, a partire dal 15 dicembre 2013 e fino al 7 gennaio 2014, un percorso fatto di discrezione, di raccordi, che, pur salvaguardando il punto di vista personale di ciascuno rispetto al tema generale, ha dato luogo ad una sorta di spartito musicale le cui note erano segnate dalle singole opere messe in mostra e 3.
tenute in equilibrio tra espressività e strutturazione compositiva. Indiziario del clima è l’operazione posta in atto da Jasmine Pignatelli impregnata di concettualità: l’opera basata sull’immagine della croce tende a continui slittamenti poiché la figura crociata si pone come modulo di possibile e virtualmente infinita componibilità diramantesi dalla verticalità dell’icona sacra a funzionalità liturgica a quella orizzontale dell’installazione. Alla percezione del tessuto ambientale risponde la metafora di Yvonne Ekman con la luminosità cosmica degli azzurri del cielo e il
evocato dalle coppe, dai calici liturgici di Evandro Gabrieli, nella composizione dei quali sono leggibili i passaggi della mano, la sensuosità del pennello, l’ineludibile piacere della decorazione per incisivi segni 6. chiarore delle stelle: l’opera collocata su un antico sedile ne recupera spiritualmente l’originaria funzione rituale. Al tema dell’elevazione, di una aspirazione all’ineffabilità dell’oltre, tendono la torre eburnea di Antonio Grieco e il riferimento alla scala come quella mitica di Giacobbe di Mara Van Wees con procedimenti manipolatori differenziati. Grieco mette in campo una procedura per cui innesta il simbolo della Torre con il suo compatto biancore su una base cubica che rimanda con il ritmo verticale delle bande sensibilizzate da una patina densa e terrosa alla sua originaria vocazione a segnare la realtà ambientale. Van Wees assembla moduli primari quasi residuali di un’architettura perduta sulla superficie dei quali sono impressi le tracce e i segni del lavoro dell’uomo e dell’incidenza degli strumenti 5.
di lavoro. Il tempo storico di un cristianesimo primitivo tuttora immerso nel flusso degli oggetti d’uso viene
astratti. Il segno che si fa parola trova accoglienza nelle tessere allusive di una primigenia grafica di Riccardo Monachesi. L’alfabeto greco viene prelevato allo stato nascente con la monocromia della terracotta, con la funzione di impiego per una comunicazione immediata che non tollera affinamenti distrattivi di una originaria funzione comunicativa. Reperti di un tempo nel quale la parola e la cosa si amalgamano, essi vengono esposti in una situazione espositiva che ha come momento centrale l’acronimo INRI posto sul piano sollevato dell’altare come segno di sopravvivenza di speranza nel generale naufragio del tempo. Un tempo che si immerge e si rigenera nelle forme alveolari di Rita Miranda (presenza todina) le cui trame costruite attraverso l’esaltante abilità della mano accolgono l’inattesa, e per taluni versi inquietante, presenza di un uovo macroscopizzato come invocazione emergente dalla monocromia del grigio generalizzato della struttura. (Luciano Marziano)
LA CERAMICA M&A 283-284/2014
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www.evandroceramiche.com Evandro Gabrieli nasce e vive a Roma, dopo aver intrapreso un percorso musicale che lo ha portato alla pubblicazione di un disco dal 0tolo: “sei gradi di separazione” decide di dedicarsi unicamente alla ceramica. Si forma presso la: “ Scuola di Ar0 Ornamentali San Giacomo” di Roma; fonda l’Associazione Culturale KERAMOS dove svolge aAvità di insegnamento; collabora alla fondazione del movimento CiE – Ceramica in Espansione – e ne è tu4’oggi responsabile dell’area: Lazio.