"EverySpace Magazine" - #1

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“EverySpace Magazine - #1� 27 maggio 2012 Distribuzione gratuita online ISBN: 9788897004189

Maggio 2012 - Distribuzione gratuita in Italia

Magazine

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EverySpace S.r.l.


ESM - #1

“EverySpace Magazine” - Numero 1 Data di pubblicazione online: 27 Maggio 2012 Responsabile della pubblicazione: Issuu Ideatore del progetto “EverySpace Magazine”: Simone La Torre Direttore Responsabile e Direttore Editoriale: Michele Caruso Società responsabile del progetto: EverySpace S.r.l. Presidente: Simone La Torre Direttore Generale: Mattia Stipa Sito web: www.everyspacedivision.com ***** Supplemento del giornale di informazione e cultura "Vento nuovo". Registrazione Tribunale di Roma n. 43 del 24.02.2010 Pubblicazione a cadenza saltuaria. ***** La totalità degli autori e dei collaboratori di “EverySpace Magazine” fornisce il proprio contributo a titolo gratuito, accettando ogni responsabilità in caso di contestazioni di diritti d’autore e proprietà intellettuali in merito ai propri articoli. La Redazione di “EverySpace Magazine” resta a disposizione degli aventi diritto, per quei casi in cui non è stato possibile risalire ai detentori di proprietà intellettuali di concetti, citazioni, o immagini utilizzate in questo numero. ***** Le inserzioni pubblicitarie su queste pagine, qualora presenti, sono a pagamento. ***** Supervisione editoriale, grafica, impaginazione e garanzia di qualità tecnica a cura di EverySpace S.r.l. Responsabile del processo di revisione linguistica degli articoli: Simone La Torre “EverySpace Magazine” è un progetto esclusivo di EverySpace S.r.l.

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ESM - #1 Indice

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Benvenuti! di S. La Torre

Come nasce EverySpace Magazine?

Prefazione...

L’infinito viaggio negli spazi siderei.

di P. Gaudenzi

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di M. Caruso

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Di cosa è fatto lo spazio? di A. Pizzoferrato

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Le costellazioni e lo Zodiaco.

di P. Carugno

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Gli 8 pianeti del Sistema Solare. di A. S. Mezzapesa

Come volano i razzi? di U. Pica

Come funziona il navigatore satellitare?

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di M. Sciarra

Soddisfa la tua curiosità!

Carissimi lettori, benvenuti tra le pagine del primo numero di “EverySpace Magazine”!

Benve

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nuti!

Lasciate che vi confessi un segreto: la scienza e le tecnologie avanzate possono risultare “inaspettatamente” intriganti, se presentate al pubblico attraverso le parole di studiosi appassionati, senza la sterile (e talvolta dannosa) mediazione linguistico-interpretativa tipica del settore giornalistico. “EverySpace Magazine” rappresenta un ambizioso progetto editoriale, il cui obiettivo è quello di coinvolgervi e spiegarvi, appassionarvi, stupirvi e stimolarvi, presentando i concetti più complessi nel modo in cui tutti noi vorremmo sentirli: come se ce li spiegasse il nostro migliore amico! Ma quali autori sono in grado di scrivere dell’impossibile, semplicemente? Dove si trovano i veri appassionati, i soli in grado di trasmettere i concetti con estrema chiarezza e con entusiasmo? Facile: all’università! I nostri autori sono studenti universitari ispirati dai propri corsi di studio. Grazie a loro, “EverySpace Magazine” ha tutte le carte in regola per appassionare voi lettori parlando di ciò che è difficile, in modo elementare... perché, nella vita vera, quando si conoscono le soluzioni, i problemi non esistono! Augurarvi “buona lettura” sarebbe, a questo punto, decisamente inadeguato ed insufficiente; quindi, con mio estremo piacere, non posso far altro che augurarvi una “lettura spaziale”! Simone La Torre

Presidente e Co-Fondatore di EverySpace S.r.l.

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Come nasce ”EverySpace Magazine”? ”EverySpace Magazine” è una rivista tecnico-divulgativa pensata dagli studenti per gli studenti! I nostri autori, infatti, non sono giornalisti, ma studenti di facoltà universitarie quali Ingegneria Spaziale, Ingegneria Aeronautica, Fisica, Ingegneria delle Telecomunicazioni e Matematica. L’obiettivo di ”EverySpace Magazine” è quello di avvicinare i ragazzi delle scuole medie e dei licei (ed i curiosi di ogni età) agli argomenti scientifici, rispondendo alle tipiche domande che tutti, consciamente o meno, si pongono. Noi del Team di “EverySpace Magazine” desideriamo divulgare i concetti tecnico-scientifici propri del settore aerospaziale, pubblicando articoli di semplice lettura, scritti utilizzando un tono colloquiale e diretto.

“EverySpace Magazine”,

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L’Italia vista dallo spazio - Fonte: Portale ESA.

Lo Spazio, Semplicemente!

Seguici su Facebook alla pagina: www.facebook.com/EverySpaceMagazine

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Prefazione... di Paolo Gaudenzi Professore Ordinario all’Università “Sapienza” di Roma.

“EverySpace Magazine”! Finalmente un'iniziativa nuova, frutto della creatività e della voglia di fare di giovani studenti di ingegneria. Simone La Torre e Mattia Stipa, insieme ai loro amici ed ai loro colleghi, promuovono un progetto dove i giovani sono i protagonisti indiscussi ed hanno “Spazio” per le loro idee e proposte. Giovani che si muovono in una rete che valorizza la conoscenza ed il business. Sono particolarmente contento di partecipare a questo lancio e sono convinto del successo di “EverySpace Magazine”. Il mondo della ricerca e dell’Università è vicina a questa iniziativa e desidera far parte della sua rete. L’Università di Roma "Sapienza", culla dello Spazio italiano nei mitici anni ‘60, sviluppa da allora un'azione continua nella dimensione della ricerca ed in quella dell'alta formazione, con i corsi istituzionali e le iniziative a forte valenza internazionale come i master ed il dottorato di ricerca. Vorrei segnalare, tra le tante iniziative che hanno sviluppato di più la dimensione della rete e le opportunità di lavoro e carriera dei giovani, il Master in Satelliti della Sapienza (www.mastersatelliti.it): il corso che ha (grazie a numerosi fatti, legati all’inserimento nel mondo del lavoro in Italia ed all’estero) il record di migliori stipendi e carriere tra i suoi Alumni. Ma il mondo dello Spazio della Sapienza offrirà presto un'opportunità diretta di lavorare in impresa. Si sta lanciando, infatti, una “spin off company” che opererà sulle applicazioni delle Smart Structures, una tecnologia spaziale con grandi prospettive di sviluppo in tutti i settori tecnologici. Vorrei ora collegare il lancio di “Everyspace Magazine” alle prospettive sullo scenario internazionale delle attività spaziali: mentre l’Europa si avvia a scegliere le proprie “policy” per i prossimi 4 anni nella Ministeriale del prossimo autunno a Roma, un nuovo slancio viene dalle iniziative degli imprenditori privati di SpaceX, un'impresa spaziale con un modello di business tutto nuovo, nella nuova visione del presidente Obama sullo spazio. Oggi più di ieri, quindi, la prospettiva di crescita del settore è legata all’iniziativa dei giovani, soprattutto di coloro che si vogliono proporre come protagonisti e motori di impresa, di nuove attività spaziali per il progresso della conoscenza e del benessere di tutti i cittadini del mondo. Buona fortuna “Everyspace Magazine”! Assistiamo con emozione al tuo lancio, come alla partenza di una nuova missione spaziale verso il grande cielo.

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Rappresentazione artistica basata su foto scattate dal telescopio spaziale Hubble - Fonte: portale NASA.

L’infinito viaggio negli spazi siderei. di Michele Caruso Direttore Responsabile di “EverySpace Magazine”

Mi ha sempre affascinato l’idea che l’uomo, una pavida briciola del Creato, una piccolissima particella dell’Universo infinito, riesca a vedere di una visione così distinta, a misurare con misurazioni così esatte, quello che l’occhio non vede e che la mano non raggiunge. Grazie alla sua curiosità, alla sua sete di sapere, al tentativo costante di superare i propri limiti, la mente umana è capace di scrutare l’imperscrutabile, di apprezzare l’incommensurabile, di fissare in un estemporaneo ritratto, in un’ignota sequenza di note, l’immensità degli spazi siderei. “EverySpace Magazine” vuole essere proprio un viaggio in quegli abissi del cosmo. Ed è bello dare inizio a questa avventura, che porta con sé una consegna di infinito, con le splendide parole di William Blake: “Cercherò di vedere il mondo in un grano di sabbia e un cielo in un fiore selvatico, ferma l’infinità nel palmo della mano, l’eternità in un’ora”. Auguri di buon viaggio a tutti noi, con la speranza di far ritorno con nuovi occhi!


Di cosa è fatto lo Spazio? di Andrea Pizzoferrato Studente di Fisica

“Spazio, ultima frontiera. Questi sono i viaggi della nave stellare Enterprise. La sua missione è quella di esplorare strani nuovi mondi alla ricerca di nuove forme di vita e di nuove civiltà, per arrivare coraggiosamente là dove nessuno è mai giunto prima.” [Star Trek - “Il futuro ha inizio”, 2009]

Immagine virtuale realizzata con Stellarium®.

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Avrete certamente alzato gli occhi al cielo. Lo avrete ovviamente guardato sia di giorno che di notte. Quindi, avrete visto il Sole, le nuvole, i colori del tramonto, le stelle, magari qualche cometa e la Luna. Tuttavia, parafrasando il celebre Richard Feynman, rispetto a uno scienziato che guarda il cielo, vedete di più o di meno? La vostra immaginazione, che va a completare il quadro che i vostri occhi vi forniscono, fin dove vi porta? Cos'altro vedete oltre a semplici bagliori di notte? Che aspetto ha il cielo stellato in pieno giorno? Calma, procediamo un passo alla volta. L'universo è grande e noi così piccoli; siamo degni di studiarlo? Domanda facile, risposta difficile: l'astrofisico Carl Sagan diceva: “Noi siamo materia stellare che medita sulle stelle”. In fondo, studiare l'universo è anche un viaggio verso noi stessi e verso la nostra natura primordiale: uno studio del piccolo che passa attraverso ciò che è immenso. Come tutte le indagini che vanno cercando il fondamento di qualcosa, prima di capire quali sono i meccanismi che costituiscono quel grande orologio che è l'universo, si guarda il sistema nella sua interezza e ci si chiede: di cosa è fatto lo spazio? Lo spazio è fatto di tutto, ma anche di niente. Vediamo insieme perché. Immaginiamo di guardare un cielo limpido in pieno giorno; esso ci apparirà più o meno così:


ESM - #1 Ora riduciamo l'intensità del Sole che ci abbaglia e togliamo anche l'atmosfera che offusca la luce delle stelle: bene, tutto è pronto. Questo è il cielo che si vedrebbe in pieno giorno:

Immagine virtuale realizzata con Stellarium®.

Notiamo la presenza del Sole, così grande perché più vicino a noi, e poi delle altre stelle, colorate. Come sarebbe a dire colorate? Ci sono le stelle rosse e quelle azzurre? Perché a noi è toccato un Sole (che non è altro che una stella) apparentemente giallo? I colori, in genere, dipendono dalle reazioni che coinvolgono i diversi composti chimici che formano le stelle; questi ultimi dipendono anche dall'età delle stelle stesse, le quali non sono immutabili, ma nascono e crescono come noi esseri viventi. Ad esempio, il Sole ha circa 5 miliardi di anni ed è quasi a metà della sua vita stimata. Ma torniamo a guardare il cielo: che fine hanno fatto i pianeti? Non ci sono di giorno? I pianeti ci appaiono a tutti gli effetti come puntini luminosi, simili alle stelle. Proviamo ad evidenziarli ed eccoli svelati (insieme ad alcuni altri astri):

Immagine virtuale realizzata con Stellarium®.

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Ma, se l'universo è così grande e pieno di stelle, perché solo la luce di alcune ci raggiunge? Insomma, con tutte quelle stelle nel cielo, la notte dovrebbe essere luminosa quasi quanto il giorno! Quello appena citato è il paradosso di Olbers, che ancora oggi non ha trovato una soluzione definitiva. Alcuni sostengono che, essendo l'universo in espansione, la luce di alcune stelle non ci potrà mai raggiungere, perché ormai esse sono troppo lontane; ma l'universo è davvero in espansione? E, se lo è, da dove ha iniziato ad espandersi? Anche per rispondere a questa domanda tante teorie affascinanti sono state formulate, ma nessuna è ancora conclusiva. Da molto tempo il modello più condiviso è quello del Big Bang, secondo il quale l'universo è nato a seguito di una rapida espansione da un punto molto piccolo, in cui era tutto concentrato; da questo fenomeno così singolare, si sono formate complesse strutture cosmiche dal fascino ineguagliabile come i Pilastri della Creazione nella nebulosa dell'Aquila, o le Pleiadi.

I Pilastri della Creazione nella nebulosa dell’Aquila.

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E, oltre alle stelle ed ai pianeti, che altro c'è? Tutto quel buio è fatto di niente? Assolutamente no ed è ancora più misterioso di ciò che è visibile. Sappiamo, infatti, che l'orbita dei pianeti è regolata dalla “Legge di Gravitazione Universale”, secondo la quale due oggetti dotati di massa si attraggono: l'attrazione è più forte quando sono vicini o quando il loro “peso” è grande. Lo stesso accade nel nostro Sistema Solare, per tutti i corpi che lo compongono: gli otto pianeti (Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano, Nettuno), gli asteroidi, le comete, il Sole, ecc. Sir Isaac Newton fu il primo a ricavare la suddetta legge che, per 300 anni, è sempre stata accettata dalla comunità scientifica. Tuttavia gli scienziati, nel XX secolo, hanno trovato evidenza che, in alcune zone dell'universo ed in particolare nelle galassie a spirale, l'orbita di alcune stelle non coincide con quella che si calcola applicando la “Legge di Gravitazione Universale”. In generale, l'orbita seguita da un corpo celeste è determinata dall'attrazione risultante di tutti gli altri oggetti che gli sono vicino: se la traiettoria di un corpo si discostasse da quella prevista, vorrebbe dire che ci sono oggetti dotati di “peso” che non riusciamo a vedere. Questo “peso invisibile” è proprio ciò che è chiamato “materia oscura”: materia che, a differenza di quella ordinaria, non emette luce a seguito di reazioni chimico-fisiche. La materia oscura non è però l'unico ente che determina grandi variazioni dalla traiettoria delineata dalla legge di Newton; come forse avrete già sentito, infatti, esiste l'ipotesi dei buchi neri, secondo la quale vi sono oggetti (nient’altro che stelle giunte al termine della propria vita) talmente densi da attrarre persino la luce (come spiega la teoria della “Relatività Generale” di A. Einstein) che non è costituita di materia.

Rappresentazione artistica di un buco nero.

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E così, in questo viaggio, abbiamo visto un insieme di alcuni degli oggetti noti (fino ad ora!) che compongono il cosmo, passando dal big bang ai buchi neri, dai soli così grandi e luminosi alle stelle nere, misteriose e solitarie. Quindi lasciate che io vi ponga nuovamente la domanda di Feynman: ora, quando guardate il cielo, che cosa riuscite a vedere?

Le Pleiadi.

Bibliografia e Riferimenti per “Di cosa è fatto lo Spazio?” - A Maggio 2012 http://anthalideus.files.wordpress.com/2010/12/pillars-of-creation.jpg http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/d/d4/BlackHole.jpg http://it.wikipedia.org/wiki/File:Pleiadi_it.jpg

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Ad ogni modo, dopo esser stati trascinati dentro un buco nero, dove si andrebbe a finire? Quello che si ipotizza è che, oltre una certa distanza di avvicinamento denominata “Orizzonte degli Eventi”, non si possa più uscire dal buco nero nemmeno compiendo uno sforzo intensissimo. E una volta dentro? Alcuni pensano che si aprano tunnel spazio-temporali, che collegano due punti lontani nell'universo ad epoche diverse. In ogni caso, è bene porre l’accento sull’utilizzo del termine “ipotesi”: niente è ancora certo e ci sono molti modelli alternativi. Ad esempio la teoria delle “Gravastar”, che prevede che una stella morente non diventi un buco nero, ma una bolla di vuoto; oppure quella delle stelle nere, oggetti molto simili ai buchi neri, ma senza “Orizzonte degli Eventi”. Ma, alla fine, a cosa servono i buchi neri? Per come sono stati descritti sembrano degli enormi parassiti di energia. Invece secondo alcuni scienziati, al centro della nostra galassia (così come in quella di Andromeda), ci sarebbe proprio un buco nero a reggere l'equilibrio della stessa nella sua danza di rotazione. Noi tutti prendiamo parte a questo movimento eterno da un settore della nostra galassia (la “Via Lattea”) chiamato “braccio di Orione”, nel quale si trova il Sistema Solare, di cui è parte integrante il pianeta Terra.


Mini-Glossario UA:

Gli 8 pianeti del Sistema Solare.

“Unità Astronomica”. É un’unità di misura pari alla distanza media tra la Terra ed il Sole (149.597.870,691 chilometri).

Magnitudine/Magnitudo di una stella, pianeta od altro oggetto celeste: è una misura della sua luminosità rilevabile dalla Terra. Maggiore è la luminosità dell’oggetto celeste, minore è la sua magnitudine.

di Antonio Simone Mezzapesa Studente di Ingegneria Spaziale

In fondo è quasi tutto vuoto... Non lasciatevi ingannare dalle raffigurazioni artistiche di solito riportate nei poster (o tra le pagine di questa rivista), il Sistema Solare è veramente molto grande! Le distanze sono talmente enormi che una rappresentazione in scala è impensabile: se la Terra fosse ridotta alle dimensioni di una bilia, Giove andrebbe posto a 300 m di distanza da essa, mentre Plutone (che avrebbe le dimensioni di un batterio e che, quindi, sarebbe invisibile a occhio nudo) a 2 km e mezzo! E Plutone non è neanche l’ultimo “oggetto” del Sistema Solare: l’ex-pianeta, ora pianeta nano, infatti, si trova solo a un millesimo di distanza dall’estremo confine del nostro sistema! Inoltre, tutti gli oggetti visibili (il Sole, i pianeti e i pianeti nani, le lune, gli asteroidi, le comete, ecc.) occupano meno di un trilionesimo dello spazio a disposizione nel Sistema Solare! Insomma, qualche granello di materia in mezzo a tanto vuoto. Ma come ha avuto origine tutto questo ?

Rappresentazione artistica del Sistema Solare.

Tutti i pianeti girano attorno al Sole (moto di Rivoluzione), approssimativamente sul suo piano equatoriale, in senso antiorario se s’immagina di guardare verso il basso dalla Stella Polare. Inoltre, sia il Sole che (quasi) tutti i pianeti, ruotano attorno al proprio asse (moto di Rotazione) in senso antiorario e così ruotano anche i satelliti attorno ai propri pianeti, in orbite ellittiche quasi circolari.

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ESM - #1 Tutto ciò sembra abbastanza regolare da pensare che l’intero Sistema Solare si sia formato a causa di unico processo: ma quale? Diverse teorie sono state proposte nel corso dei secoli, ma la più accreditata oggi resta quella che sostiene che tutto abbia avuto origine da una grande nube, dalla quale si formarono vortici e sotto-vortici, i quali si sarebbero poi condensati dando origine a Sole, pianeti e satelliti. Tutto ciò sarebbe avvenuto circa 4,5 miliardi di anni fa, stando a quanto è possibile stabilire attraverso studi su meteoriti precipitati sulla Terra. Gli 8 pianeti - Carte d’Identità.

Pianeta

Rotazione

Rivoluzione (in anni terrestri)

Distanza media dal Sole (in UA)

Mercurio

58,65 giorni terrestri

0,241

0,378

Venere

243 giorni terrestri

0,615

0,723

Terra

24 ore

1

1

Marte

24,62 ore

1,881

1,564

Giove

9,8 ore

11,86

5,209

Saturno

10,2 ore

29,46

9,539

Urano

17 ore

84,32

19,18

Nettuno

19,1 ore

164,8

30,06

Quattro piccole rocce interessanti. Mercurio e Venere sono gli unici pianeti tra la Terra e il Sole. Dei due, Venere è il più facile da osservare: in primo luogo perché è più grande di Mercurio, e poi perché, al suo massimo splendore, raggiunge una magnitudine di -4,22 che lo rende l’oggetto celeste più luminoso, dopo il Sole e la Luna. La vicinanza di Mercurio al Sole, invece, fa sì che il pianeta sia visibile solamente quando è prossimo all’orizzonte, oppure all’alba o al tramonto. Mercurio è privo di atmosfera e ricco di crateri. Data la sua vicinanza al Sole, si pensava che il suo periodo di rotazione dovesse essere uguale a quello di rivoluzione, così come vorrebbe un accoppiamento gravitazionale come quello esistente tra la Terra e la Luna. In realtà, si scoprì che il periodo di rotazione è esattamente 2/3 di quello di rivoluzione, che è sempre un accoppiamento gravitazionale forte, ma non così estremo come quello necessario alla sincronizzazione dei due periodi orbitali (nel caso della Luna, invece, i periodi di Rotazione e di Rivoluzione sono sostanzialmente coincidenti). Venere, al contrario del suo vicino, è coperto da nubi molto dense (l’atmosfera venusiana è 90 volte più densa di quella terrestre) costituite da anidride carbonica e da piccole percentuali di azoto. La sonda Mariner 2, la prima ad arrivare con successo a Venere, rilevò una temperatura superficiale di ben 425°C! Sotto l’atmosfera venusiana (come scoprì un’altra sonda, la Pioneer Venus) c’è un unico super-continente, che ricopre circa i 5/6 del pianeta, quasi completamente piatto. Inoltre, Venere non è in accoppiamento gravitazionale con il Sole e, per di più, ruota in direzione oraria, cioè in modo “ retrogrado” rispetto agli altri pianeti.

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Marte, il quarto pianeta in ordine di distanza dal Sole, subito dopo la Terra (che qui non descriviamo, poiché presumiamo che la maggior parte dei lettori ci viva dentro), è un pianeta relativamente piccolo, ma facilmente osservabile (è il più luminoso dopo Venere). Possiede due caratteristiche simili a quelle della Terra: ruota sul suo asse in poco più di 24 ore e mezzo (contro le circa 24 ore terrestri) e ha un asse inclinato di 25° circa (poco più dei 23,45° dell’asse terrestre); ciò vuol dire che su Marte ci sono delle stagioni simili a quelle della Terra, solo che hanno durata doppia e sono anche più fredde. La densità di Marte è molto minore rispetto a quelle dei primi tre pianeti, quindi si suppone abbia un nucleo ferroso interno molto piccolo. All’inizio degli anni ’70, la sonda Mariner 9 fece una mappa dettagliata del pianeta rosso, dimostrando che i famosi canali marziani... non esistono! Si trattava, infatti, solo di un’illusione ottica, anche se, in realtà, è presente un grande canyon (Valles Marineris) che potrebbe aver tratto in inganno qualche astronomo nell’antichità. Il resto della superficie è d i s e g n a t o d a c r a t e r i ( l ’ e m i s f e ro s u d soprattutto), ma anche da alcuni monti, che sono dei vulcani probabilmente ancora attivi (il più alto, il Monte Olimpo, misura circa Foto del Monte Olimpo - Marte. 27 km dal livello topografico).

Grandi e grossi, ma buoni. Giove è il gigante del nostro sistema planetario: il suo diametro è circa 11 volte quello terrestre, mentre la sua massa (più di 300 volte quella terrestre) è più del doppio di quella di tutti gli altri pianeti messi insieme. La sua densità è, invece, molto inferiore a quella della Terra, poiché è composto principalmente da sostanze allo stato di gas; per questo motivo è soprannominato il “gigante gassoso”. Con una magnitudine di -2,5 esso supera in luminosità qualsiasi stella; è quasi sempre il puntino più luminoso nel cielo notturno, ecco perché porta il nome del padre degli dei della mitologia greco-romana. Giove fu uno dei primi oggetti osservati dal telescopio di Galileo Galilei; egli scoprì 4 macchioline sul pianeta e concluse che erano oggetti che orbitavano attorno al pianeta stesso: aveva scoperto i quattro satelliti poi chiamati medicei o galileiani (Io, Europa, Ganimede e Callisto). Nel 1892 venne scoperto un quinto satellite ad occhio nudo (Amaltea), mentre successivamente ne furono scoperti altri, detti satelliti esterni, tramite fotografie scattate da telescopi più potenti o da sonde: attualmente ne sono stati identificati ben 63!

Giove (a sinistra) e Venere (a destra) nel cielo notturno.

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Giove possiede anche un debole sistema di anelli planetari, però molto meno suggestivi di quelli di Saturno. Quest’ultimo è il secondo pianeta più grande del Sistema Solare, subito dopo Giove: la sua massa è 3/10 quella del gigante, mentre il suo diametro equatoriale è 5/6 quello di quest’ultimo. Con un volume che è, però, solo 6/10 di quello di Giove, Saturno è l’oggetto meno denso del nostro sistema solare. Nel 1656, Huygens capì che, attorno al pianeta, c’era un anello esterno di materia che non toccava Saturno in nessun punto; nel 1675 Cassini notò, invece, una linea scura (divisione di Cassini) e ipotizzò che gli anelli, in realtà, fossero due, uno interno e uno esterno: da allora, si parla sempre di anelli, al plurale. In realtà, oggi sappiamo che gli anelli sono una serie di tanti dischi concentrici di materiale catturato dal pianeta. Oltre agli anelli, Saturno ha (come Giove) una schiera di satelliti. Tra questi, un ruolo particolare è rivestito da Titano, l’unico satellite del Sistema Solare ad avere un’atmosfera quasi interamente costituita di metano.

Urano, il terzo gigante di gas, è molto più piccolo di Giove e Saturno: la sua massa è 5/33 quella di Saturno, ma comunque sempre 14 volte quella della Terra. Urano appare molto più fioco in cielo degli altri due giganti gassosi ma, guardando nella direzione giusta, appare comunque visibile ad occhio nudo in una notte molto buia. La peculiarità di questo pianeta è che il suo asse di rotazione è inclinato di 98°: il pianeta sembra quasi rotolare su di un fianco durante la sua rivoluzione! Poco dopo la scoperta di Urano, ne venne calcolata l’orbita e si scoprirono forti anomalie. Nel 1845, uno studente di Oxford, Adams, calcolò l’orbita e la posizione di un ipotetico pianeta, al di là di Urano, la cui attrazione gravitazionale avrebbe spiegato le traiettorie anomale seguite da Urano stesso. Nel 1846, il pianeta venne effettivamente scoperto all’incirca nella posizione calcolata e gli venne dato nome di Nettuno. Quest’ultimo ha un diametro leggermente inferiore a quello di Urano e una massa di circa 17 volte quella della Terra: è il quarto gigante gassoso del Sistema Solare. Anche Nettuno ha satelliti, tra cui uno abbastanza grande (Tritone) che, inspiegabilmente, ruota in senso retrogrado nonostante le sue dimensioni e la vicinanza al pianeta.

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Particolare degli anelli di Saturno a colori naturali.


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I cinque nani. Oltre Nettuno esiste una serie di corpi celesti, denominati oggetti trans-nettuniani, la cui orbita si trova interamente (o per la maggior parte) oltre quella del pianeta dedicato al dio del mare. Plutone, di questi, è l’oggetto più famoso, poiché inizialmente classificato come il nono pianeta. Per quasi 50 anni dalla sua scoperta (avvenuta nel 1930), Plutone è stato ritenuto più grande di Mercurio, ma la scoperta successiva della sua luna (Caronte) permise di misurarne la massa con precisione, ottenendo un valore che corrispondeva solo a circa 1/20 della massa di Mercurio, rendendo Plutone di gran lunga il pianeta più piccolo. Negli anni novanta del secolo scorso, gli astronomi iniziarono a trovare altri oggetti nella stessa regione di spazio in cui orbita Plutone (conosciuta come Fascia di Kuiper) ed alcuni altri anche a distanze maggiori. Alcuni di essi condividevano le caratteristiche chiave dell’orbita di Plutone, cosicché il corpo celeste iniziò ad essere visto come il più grande di una nuova classe di oggetti, i plutini. Ciò portò alcuni astronomi a smettere di riferirsi a Plutone come ad un pianeta, ma come ad un “pianeta minore” o subpianeta o planetoide fino a quando, nel 2006, si decise di adottare per Plutone (e per altri oggetti successivamente scoperti) l’etichetta di pianeta nano. Attualmente i pianeti classificati come nani sono: Cerere (nella fascia di asteroidi oltre Marte), Plutone, Haumea, Makemake (nella fascia di Kuiper) ed Eris (oltre la fascia di Kuiper, in una zona chiamata “disco diffuso”).

I confini del Sistema Solare (ovvero: Mamma, non torno a casa per cena!). Abbiamo presentato gli 8 pianeti ed i corpi che orbitano intorno al Sole, ma dove finisce il Sistema Solare? Ci sono due criteri per definire questo confine: il primo tiene conto della propagazione del vento solare (il limite esterno tracciato dalle particelle che costituiscono il vento solare è di circa 4 volte la distanza Sole-Plutone; poi comincia la cosiddetta eliopausa, che è considerata l’inizio del mezzo interstellare); il secondo criterio considera, invece, il raggio effettivo della sfera di influenza gravitazionale del Sole (il quale pare si estenda fino a un migliaio di volte più lontano del più forte dei venti solari). Per farsi un’idea della lontananza di questi confini, è sufficiente pensare che la sonda Voyager 2, alla fine del 2007, ci ha inviato dei dati che potrebbero indicare l’attraversamento dell’eliopausa. La sonda fu lanciata (come la sua gemella, Voyager 1) verso i confini del nostro sistema nel lontano 1977 ed ora si trova a circa 15 miliardi di km dal Sole!

Posizione delle sonde Voyager 1 e Voyager 2 e mappa dei confini dell’eliosfera.

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Bibliografia e Riferimenti per “Gli 8 pianeti del Sistema Solare.” - A Maggio 2012

Bill Bryson, Breve storia di (quasi) tutto, Capitolo 2: Benvenuti nel sistema solare, TEA, 2008.

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Isaac Asimov, Il libro di fisica, Parte III: Il sistema solare, Mondadori, 1986. http://it.wikipedia.org/wiki/Sistema_solare. http://it.wikipedia.org/wiki/Formazione_ed_evoluzione_del_sistema_solare. http://it.wikipedia.org/wiki/Giove_(astronomia). http://en.wikipedia.org/wiki/Orbital_period. http://theanswermachine.tripod.com/id2.html.

Le costellazioni e lo Zodiaco. di Piera Carugno Studentessa di Ingegneria Aeronautica

“…salimmo sù, el primo e io secondo, tanto ch'i' vidi de le cose belle che porta 'l ciel, per un pertugio tondo. E quindi uscimmo a riveder le stelle.” [Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno – Canto XXXIV]

Avete mai provato a riconoscere le costellazioni? Vi siete mai chiesti qual è la vera differenza tra “costellazione” e “segno zodiacale”? Avete cercato di capire cosa cambia tra astronomia e astrologia? Se la risposta a queste domande è sì, allora non dovete fare altro che proseguire nella lettura e tutte le vostre perplessità svaniranno! Iniziamo notando che dietro la semplice osservazione del cielo (che ad alcuni potrebbe apparire come un banalissimo hobby da chiromante) si cela un “universo” di studi ed attente osservazioni della sfera celeste. Tuttavia, per rendersi conto di questa complessità, occorre comprendere quali sono gli oggetti di studio dell’astronomia (e, più avanti, dell’astrologia), in altre parole occorre domandarsi: “Cos’è esattamente la sfera celeste e qual è la vera differenza tra costellazione e segno zodiacale?” Con “sfera celeste” solitamente si indica una sfera di raggio arbitrario, sulla quale sono proiettate tutte le costellazioni (agglomerati di stelle, dai confini ben definiti); al centro di essa si può porre la Terra (da cui “sfera geocentrica”) o il Sole (da cui “sfera eliocentrica”). Per visualizzare meglio quest’idea, pensiamo a un melone e ipotizziamo di trovarci esattamente al suo centro. Ciò che scorgiamo, se ne guardiamo le pareti dall’interno, è una serie di semi “incastonati” nella buccia del frutto (o nella polpa!), che sono fissi rispetto a noi.

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ESM - #1 La sfera celeste, così come osservata dalla Terra, è esattamente questo: un enorme pallone di raggio infinito, sulla cui superficie interna troviamo “incastonate” le stelle. Cerchiamo adesso di fare un po’ di chiarezza: in che senso le stelle sono incastonate? E perché si parla di raggio infinito? Innanzitutto dobbiamo quantificare la distanza Terra-Stelle per capire l’ordine di grandezza con cui ragionare! E’ stato stimato che una sonda spaziale che viaggi alla velocità di circa 70 km/s, per raggiungere la stella più vicina alla Terra dopo il Sole, Proxima Centaury, impiegherebbe ben 18.000 anni (minuto più, minuto meno)! Questa stima ci fa comprendere come le stelle che osserviamo siano distanti anni luce dalla Terra, ovvero distanze parecchio fuori dall’ordine di idee umane, ma molto comuni per gli “addetti ai lavori” come gli astronomi, gli astrologi, gli astrofisici e gli ingegneri aerospaziali. In aggiunta alle estreme distanze interstellari, bisogna tenere presente che le stelle hanno un proprio moto di rotazione attorno al centro della loro galassia di appartenenza, esattamente così come (in scala ridotta) la Terra e gli altri pianeti del Sistema Solare ruotano attorno al Sole. Tuttavia, proprio in virtù dell’enorme distanza che separa la Terra dalle stelle, il moto di rotazione di quest’ultime attorno al centro galattico risulta impercettibile ai nostri occhi, per cui non ci accorgiamo di esso e consideriamo le stelle come “fisse”, in altre parole incastonate nella sfera celeste. La sfera celeste può essere considerata come una sfera di raggio infinito che usiamo come tavolozza sulla quale proiettare le stelle e definire le costellazioni.

Proiezione delle stelle sulla sfera celeste.

Rappresentazione della sfera celeste geocentrica.

Con il termine “costellazione” intendiamo uno degli 88 settori in cui è arbitrariamente divisa la sfera celeste; ciascun settore è costituito da un insieme di stelle ben delimitato, cosicché ciascuna stella appartenga solo e soltanto ad una costellazione durante tutto l’anno. Ogni insieme di stelle è stato, nel corso dei secoli, classificato dall’uomo con nomi generalmente ispirati alla mitologia greca, in modo da richiamare forme o immagini ben precise, seppur talvolta difficilmente riconoscibili.

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L’utilizzo della sfera celeste come piano di proiezione per le stelle, però, ha un carattere esclusivamente pratico (e simbolico) in quanto, come già detto in precedenza, le stelle si trovano a diverse distanze (talvolta enormi) le une dalle altre. La suddivisione in 88 settori è stata effettuata all’inizio del ‘900 dall’Unione Astronomica Internazionale e, di questi 88, ben 48 erano già noti ai greci ed erano perfino stati catalogati da Tolomeo. Spesso, all’idea di “costellazione” è associata quella di “costellazione zodiacale”, che rappresenta l’oggetto di studio dell’astrologia (la materia –perché definirla “scienza”, costituisce un vero abuso linguistico- che si occupa dei segni zodiacali, nella convinzione che il moto delle stelle influenzi il comportamento umano). Nel corso degli anni, quest’ultima ha perso il proprio valore scientifico/ tecnico divenendo, più che altro, una mera pratica divinatoria; tuttavia i suoi elementi caratteristici, ovvero le costellazioni zodiacali, sono molto conosciuti “al pubblico” e vengono spesso confusi con gli elementi propri dell’astronomia, cioè le costellazioni. Nell’astrologia, le costellazioni zodiacali (anche chiamate “segni zodiacali”) appartengono a una fascia celeste, detta appunto “zodiaco”, che si estende per 18° ortogonalmente all’equatore dell’eclittica (cioè il percorso apparente che il Sole compie annualmente). Tale fascia è divisa in 12 sezioni uguali, di circa 30° ciascuna, che il Sole attraversa periodicamente durante l’anno. Dunque, se in un determinato periodo dell’anno osserviamo nel cielo notturno la presenza di un certo segno zodiacale, vuol dire che il Sole sta “attraversando” la costellazione diametralmente opposta nella fascia dello zodiaco in quello stesso periodo (in parole semplici: se alziamo gli occhi di notte e vediamo la costellazione del “Cancro”, significa che la proiezione del Sole sulla sfera celeste sta transitando nella costellazione del “Capricorno”).

Rappresentazione dell’ingresso del Sole nelle costellazioni. Nella realtà, il Sole attraversa 13 costellazioni e non solo 12 come quelle riportate nello zodiaco! La tredicesima costellazione, o “costellazione nascosta”, è quella di “Ofiuco”, unica tuttavia, questa, a non aver dato il nome ad alcun segno astrologico. Ofiuco è visibile completamente da quasi tutti i punti della Terra (ad eccezione delle calotte polari) e può essere identificato facilmente perché, in maniera stilizzata, rappresenta un uomo che domina un serpente.

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ESM - #1 Com’è facilmente deducibile, allora, non tutte le costellazioni e i segni zodiacali sono visibili nell’arco dell’intero anno. Le ragioni sono molteplici: innanzitutto, c’è da considerare che ciascuna costellazione può essere vista come un “corpo” che ruota attorno ad un perno fisso - la stella polare – e, ogni giorno, compie un giro completo attorno al suddetto perno. Se il Sole fosse spento sarebbe possibile osservare, ad ogni ora del giorno, la rotazione che le costellazioni compiono attorno alla stella polare; per cui sarebbe possibile identificare, senza dover attendere la notte, quali costellazioni sono visibili e quali no, a seconda dell’emisfero terrestre nel quale ci si trova. Inoltre, vi sono alcune costellazioni che sono parecchio distanti dalla stella polare in termini di distanza angolare sulla sfera celeste, per cui è possibile che queste, seppur visibili durante la notte per qualche ora, in realtà smettano di essere effettivamente osservabili giacché, ruotando, oltrepassano l’orizzonte dell’osservatore e finiscono nell’emisfero opposto della sfera celeste. Per ciò che concerne i segni zodiacali, invece, è opportuno notare che il Sole, durante l’anno, sembra “muoversi” lungo un percorso apparente (che genera il piano dell’eclittica) non corrispondente a quello equatoriale terrestre, ma inclinato di qualche grado rispetto Carta celeste del cielo italiano a giugno. ad esso. Per questo motivo, durante l’anno, il Sole “oscura” (rendendo, cioè, non visibili a causa della troppa luce) certe parti di cielo, a mano a mano che percorre il proprio tragitto apparente. A tutte le suddette motivazioni c’è da aggiungere che due osservatori, posti in parti diverse della Terra, non osservano lo stesso cielo, il che dipende, sostanzialmente, dalla diversa latitudine/ longitudine alla quale gli osservatori si trovano e, in più, dal fatto che la Terra non è sferica, per cui un osservatore sulla superficie terrestre riesce a vedere solo una porzione della sfera celeste, delimitata fortemente dall’orizzonte visivo. Concludiamo questo viaggio stellare, con la consapevolezza del fatto che il cielo non ha mai smesso di affascinare l’uomo, condizionandone fortemente l’evoluzione tecnologica (basti pensare alla navigazione marittima condotta seguendo la stella polare) ed umanistica (innumerevoli le opere che sono state ispirate dall’osservazione della sfera celeste). Dobbiamo tanto, dunque, al cielo sopra le nostre teste e una giusta comprensione di quest’infinito ambiente extra-terrestre che ci sovrasta non può che aiutarci a conoscere meglio noi stessi, la nostra storia e, inevitabilmente, il nostro futuro.

Bibliografia e Riferimenti per “Le costellazioni e lo Zodiaco.” - A Maggio 2012 http://www.planetariodanti.pg.it/starlab/lavori/eclit.html http://it.wikipedia.org/wiki/Costellazione http://it.wikipedia.org/wiki/Sfera_celeste http://it.wikipedia.org/wiki/Triangolo_estivo http://it.wikipedia.org/wiki/Portale:Astronomia/Cielo_del_mese/Panoramica_giugno http://it.wikipedia.org/w/index.php?search=Carta+celeste&title=Speciale%3ARicerca http://www.trekportal.it/coelestis/showthread.php?t=26506 http://www.parodos.it/storia/argomenti/le_costellazioni.htm http://www.lavocedellestelle.com/info/osservazione-costellazioni.aspx http://www.mogi-vice.com/Pagine/Scaricamento.html http://www.parodos.it/im3/ZODIACO_09SenNom.jpg http://anniluce.files.wordpress.com/2011/05/il-cielo-di-giugno.jpg http://www.planetariodanti.pg.it/starlab/lavori/images/eclit_clip_image002.jpg http://www.mogi-vice.com/Pagine/Scaricamento.html

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Decollo dello Space Shuttle Atlantis.

Come volano i razzi? di Udrivolf Pica Studente di Ingegneria Spaziale

“Actioni contrariam semper et aequalem esse reactionem”, in altre parole: per ogni azione esiste una reazione uguale e contraria. Così sentenziava uno dei massimi scienziati della storia, Sir Isaac Newton, nel 1687. Quello sopra citato è il Terzo Principio della Dinamica (o Principio di Azione e Reazione) e governa la natura di ogni fenomeno intorno a noi; esso è lo stesso che ci ha consentito di conquistare lo Spazio e mandare i razzi ed i primi uomini in orbita. Comunemente, “razzo” è sinonimo di “cosa complicata”. In realtà, questi oggetti misteriosi e affascinanti non sono altro che un’applicazione, seppur raffinata e molto potente, del suddetto Principio di Azione e Reazione. Vediamo ora di capire, in breve, come questo principio possa far alzare in volo un vettore (cioè razzo) spaziale. Per far ciò, introduciamo un termine tecnico sinonimo di razzo: “Endoreattore”. La parola è di per sé chiarificatrice: “endo” (cioè dentro, a bordo) e “reattore” (che coinvolge, cioè, il principio di azione e reazione). Un razzo, quindi, è definito tale poiché, dovendo poter operare anche nel vuoto cosmico, porta a bordo tutto ciò di cui necessita per volare, il che non è per nulla banale: è come se gli aerei o le macchine dovessero portare a bordo, oltre alla benzina, anche l’aria esterna. Un esempio comune di endoreattore (in Inglese: Rocket) è rappresentato dai fuochi d’artificio. In questi, quando accendiamo la miccia, la fiamma raggiunge la polvere da sparo e, dopo una brevissima esplosione, vediamo il fuoco d’artificio partire velocissimo. I Cinesi furono i primi nella storia a realizzare questi oggetti pirotecnici e, pur non conoscendone i principi base del funzionamento, iniziarono a perfezionarli sempre di più per utilizzarli a loro vantaggio, soprattutto in guerra.

Per cominciare, occorre far notare che all’interno di un razzo è stivato il propellente, cioè la “benzina” che ci serve per la nostra missione. Il peso del propellente può arrivare fino al 95% del peso totale... e parliamo di parecchie tonnellate. Ora, per accendere centinaia di tonnellate di propellente (che può essere liquido o solido, secondo la missione del razzo) non è certo sufficiente una miccia come nei fuochi d’artificio. In generale, infatti, sarà necessario provocare un’esplosione controllata, la quale fornisce l’energia per attivare il processo d’ignizione (cioè accensione) completo.

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Dobbiamo però attendere fino alla seconda metà del 1800, perché lo scienziato russo Konstantin Eduardovich Tsiolkovsky (1857-1935), possa porre le basi della teoria dell’endoreazione. Trascurando le numerose formule matematiche legate a questa teoria, cerchiamo di capire, ora, come nasce la “forza” (storicamente chiamata “Spinta”) che permette di vincere la resistenza atmosferica e l’attrazione gravitazionale della Terra, le uniche due forze che tengono il razzo (e qualsiasi altro corpo) incollato al terreno.


Disegno esploso del razzo Atlas V.

Profilo di missione del razzo Atlas V.

Il propellente per razzi è composto dal combustibile (un po’ come la benzina nelle nostre automobili) e dall’ossidante (che in una vettura stradale è costituito dall’aria esterna che entra nel motore attraverso le prese d’aria); questi, mischiati e fatti bruciare in proporzioni adeguate, sviluppano energia termica, cioè generano calore (le temperature all’interno di un motore a razzo possono anche superare i 3500 gradi). A questo punto insorge un problema: come gestire una massa di propellente caldissimo e ad altissima pressione durante tutto il processo di scarico, in modo che esso fluisca all’esterno del razzo, sprigionando tutta la sua “forza” (realizzando, cioè, la propria Azione)? Il condotto d’uscita, chiamato Ugello di scarico, se realizzato con un certo criterio, ovvero se formato da una sezione dapprima convergente e poi divergente, è il componente che ci viene in aiuto, permettendo ai gas combusti di raggiungere delle velocità altissime in uscita, dell’ordine dei 4000 m/s. La Spinta (in Inglese: Thrust) nasce, quindi, quando migliaia di particelle di propellente combusto vengono lanciate all’esterno del razzo ad altissima velocità. Questo flusso uscente (chiamato fluido propulsivo) reagisce con una forza uguale e contraria (rispetto a quella che l’ha accelerato), applicata sulle pareti interne del razzo, consentendone il sollevamento. In breve, è come quando mettiamo una mano sul tavolo ed esso ci sorregge perché genera una forza uguale e contraria a quella che noi applichiamo su di esso. Così il razzo: noi diamo energia al fluido accelerandolo in una direzione e questo, di rimando, esercita una forza in direzione opposta sulle pareti dell’ugello; questa si trasferisce a tutta la struttura e, se tale forza è abbastanza grande da vincere la gravità e la resistenza atmosferica, avviene il sollevamento. Occorre far notare che la Spinta può essere generata in diversi modi. Quello appena descritto si riferisce agli endoreattori termici di tipo chimico, ovvero ai razzi più comuni, la cui fonte primaria di energia è quella chimica contenuta nel combustibile e nell’ossidante.

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ESM - #1 Una volta che il razzo si è staccato dal suolo, per continuare nella fase di ascesa, deve contrastare e vincere continuamente le forze e le perturbazioni avverse (resistenza atmosferica e gravità). La resistenza atmosferica diventa trascurabile dai 200 km di quota, dove l’atmosfera è talmente rarefatta che la sua resistenza (ovvero la forza che le particelle dell’aria esercitano sulla struttura del razzo) è pressoché nulla. La forza di attrazione gravitazionale è, invece, sconfitta sfruttandone sapientemente l’equilibrio con la forza centrifuga: il razzo, infatti, durante la sua salita, accelera costantemente e, di conseguenza, anche la sua velocità aumenta. Raggiunta una velocità di circa 8000 m/s, cioè 8 km/s, la forza centrifuga del razzo orbitante intorno alla Terra bilancia quella di attrazione gravitazionale. Questo equilibrio di forze permette al satellite (portato a bordo del razzo), che viene sganciato e liberato nello spazio, di rimanere in orbita e realizzare la propria Decollo di Ariane 5. missione. Chiaramente, se non ci fermiamo a 8 km/s, ma continuiamo ad accelerare, il razzo si sposterà su orbite più lontane e, al limite, sfuggirà all’attrazione terrestre e percorrerà una traiettoria interplanetaria. C’è un ultimo “mistero” da svelare a questo punto: perché, ogni volta che un razzo decolla, dopo poco tempo “perde” dei pezzi? Questo è il concetto della “Stadiazione” (in Inglese: Staging) ed è molto semplice da giustificare: abbiamo detto che la velocità minima per mettere un oggetto in orbita intorno alla Terra è 8 km/s circa; ebbene si dimostra, attraverso dei semplici passaggi matematici (che omettiamo), che non è possibile raggiungere quella velocità con un singolo motore a razzo. Pertanto, si montano uno sopra all’altro, oppure in parallelo, vari endoreattori che sono chiamati “stadi” del razzo, i quali, esaurito il propellente al loro interno, vengono abbandonati per alleggerire la struttura. Un esempi o di razzo “stadi ato” è rappresentato da uno tra i più grandi lanciatori esistenti, Ariane 5, dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA).

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Trasporto della Soyuz verso il sito di lancio.

Abbiamo brevemente spiegato come volano i razzi ma molti altri argomenti dovranno essere affrontati, poiché i lanciatori spaziali sono, in assoluto, gli oggetti più complessi e potenti mai realizzati dall’uomo. Tutti siamo attratti dalla potenza di fuoco che si sprigiona in un così breve tempo e che deve assolutamente essere controllata senza commettere errori. Il decollo di un razzo è sempre un evento magnifico, in grado di esaltare i fortunati spettatori, i quali comprendono perfettamente che (traducendo un modo di dire degli ingegneri americani): “L’unica cosa che s’innalza al di sopra del rumore della retorica, è il ruggito di un lancio.”

Decollo di VEGA (Vettore Europeo di Generazione Avanzata).

Bibliografia e Riferimenti per “Come volano i razzi?” - A Maggio 2012

Dispense del corso di “Propulsione Spaziale” tenuto dal prof. Di Giacinto, Professore Ordinario di Ingegneria Spaziale presso l’Università di Roma “Sapienza”. Immagini: Portale ESA, Portale ULA, Portale NASA.

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Come funziona il navigatore satellitare? di Matteo Sciarra Studente di Ingegneria Spaziale

Fin dall'antichità, uno dei problemi dell'uomo è stato quello di orientarsi. Pensate a chi intraprendeva traversate attraverso gli oceani inesplorati, o a chi viaggiava verso nuovi e sterminati territori. Perdersi significava non essere più in grado di trovare la via di casa, o peggio! Per questo motivo saper leggere una mappa, una bussola, oppure saper osservare le stelle, era fondamentale. Oggi le cose sono molto cambiate, poiché è possibile acquistare un ricevitore GPS tascabile (contenuto in tutti i navigatori satellitari comuni) che in ogni momento ci può fornire la nostra esatta posizione sul pianeta. Ma come funziona il GPS (dall’inglese Global Positioning System, ossia “Sistema di Posizionamento Globale”)? Quale tecnologia c'è alle sue spalle? E come si determina la posizione del ricevitore? Il GPS è un sistema di posizionamento terrestre particolarmente preciso creato dal Governo degli Stati Uniti per fini militari ed in seguito utilizzato anche per scopi civili. Il funzionamento del GPS è legato a 31 satelliti orbitanti, costituenti quella che viene definita una “costellazione di satelliti”. Le orbite di questi satelliti sono circolari, disposte su 6 piani orbitali inclinati di 55° rispetto all’equatore. Ogni satellite si trova a circa 26.560 Km dalla Terra e compie due giri del pianeta al giorno (il periodo di rivoluzione è di 11 ore e 58 minuti). Le orbite dei satelliti sono state studiate in modo che, in ogni momento, ogni punto della Terra sia visibile da almeno 4 satelliti contemporaneamente. Oltre ai satelliti orbitanti, il sistema GPS richiede 4 stazioni di controllo a Terra che si occupano costantemente di verificare lo stato dei satelliti e di correggere i loro orologi atomici e la loro posizione orbitale. Senza queste stazioni terrestri il GPS non sarebbe in grado di funzionare: i cicli di manutenzione devono, quindi, essere costanti; si calcola che un’eventuale sospensione degli stessi provocherebbe un forte decadimento funzionale nel giro di pochi giorni ed il completo collasso del sistema dopo circa due settimane. I satelliti GPS sono dotati di: antenne (ossia di un sistema di ricezione da Terra ed emissione verso Terra o verso altri satelliti), vari oscillatori e orologi atomici ad altissima precisione (così da garantire il funzionamento di almeno uno di questi), piccoli motori (per eseguire le correzioni di orbita), due pannelli solari di area pari a 7,25 metri quadrati (per la produzione di Rappresentazione artistica della costellazione GPS. energia) e, infine, batterie di emergenza (per garantire l'apporto energetico nei momenti di buio). Ciascun satellite ha una massa di circa 845 kg e una vita di progetto di 7,5 anni, al termine della quale deve essere sostituito.

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ESM - #1


ESM - #1 Nell’ambito della navigazione satellitare, il grosso del lavoro è svolto, tuttavia, dal ricevitore GPS (il dispositivo che noi acquistiamo) che esegue le seguenti operazioni: localizzazione di almeno 4 satelliti, calcolo della distanza rispetto a ciascuno dei satelliti ed utilizzo dei dati ricevuti per calcolare la propria posizione mediante il processo di trilaterazione e di confronto con le mappe.

Satellite della costellazione GPS.

La trilaterazione è il metodo usato per il calcolo effettivo della posizione. Vediamo come funziona nell'esempio seguente, considerando uno spazio bidimensionale per facilitare la comprensione. Il GPS, pur lavorando nello spazio tridimensionale, utilizza lo stesso concetto. Supponiamo di esserci persi e di voler capire qual è la nostra posizione. Chiediamo aiuto a un passante che ci dice: "Ti trovi esattamente a 215 km da Napoli". Possiamo rappresentare questa informazione nel modo seguente:

Serie di tipici ricevitori GPS portatili.

Satellite di navigazione GALILEO dopo il lancio.

Se Napoli è al centro, significa che possiamo trovarci su un qualsiasi punto della circonferenza avente centro in Napoli e raggio pari proprio a 215 km. Supponiamo di incontrare un altro passante che ci fornisce un’altra indicazione: "Ti trovi esattamente a 271 km da Firenze". Rappresentando graficamente anche questa informazione avremo la seguente situazione:

Considerando le due informazioni, possiamo essere sicuri di essere in un punto che dista 271 Km da Firenze e 215 km da Napoli. Come si vede nella figura, solo due punti (quelli cerchiati in blu) rispondono a queste caratteristiche.

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Satelliti di navigazione GALILEO nella Soyuz.


Per capire in quale dei due punti effettivamente mi trovo, ho bisogno, quindi, di una terza informazione. Fortunatamente incontro un terzo passante, che mi dice: "Ti trovi esattamente a 80 km da Roma". A questo punto posso capire, senza il minimo dubbio, dove mi trovo: nell'unico punto al mondo che dista 271 km da Firenze, 215 km da Napoli e 80 km da Roma (precisamente a Rieti).

Il tutto ha un senso, ovviamente, se conosciamo con precisione la posizione di Napoli, Firenze e Roma. Nella realtà, come abbiamo detto, il calcolo è svolto nello spazio tridimensionale (compiendo 4 misurazioni) per cui, invece dei cerchi, dobbiamo immaginare delle sfere che si intersecano tra loro fino ad identificare un unico punto. In teoria basterebbero solamente 3 misurazioni di distanza da 3 satelliti per conoscere la nostra posizione, in quanto la quarta misurazione verrebbe sostituita dalla nostra conoscenza di trovarci su un punto della superficie terrestre, la quale rappresenta quindi la quarta “sfera” che deve intersecare le altre; si usano 4 e più satelliti per aumentare la precisione del sistema. Calcolo della distanza Riportando l'esempio precedente alla realtà avremo, in pratica, un ricevitore GPS che riceve dai satelliti la loro distanza da esso; con questi dati è immediato ricavare la posizione esatta. Per conoscere la distanza tra il ricevitore e un satellite, è misurato il tempo che un segnale impiega per arrivare a Terra. La cosa sembra semplice ma in realtà le complicazioni sono numerose. Ecco come avviene il processo di misurazione.

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A una certa ora prestabilita (supponiamo le 12:00) il satellite genera un segnale e lo invia a Terra. Sempre alle 12:00 anche il ricevitore GPS genera lo stesso identico segnale per cui, quando il segnale dal satellite arriva a Terra ed è letto dal ricevitore, questo lo riconosce e, mediante una serie di confronti, è in grado di misurare quanto tempo ha impiegato il segnale per arrivare dal satellite. Moltiplicando il tempo per la velocità della luce (300.000 km/s) si ottiene la distanza tra il satellite ed il ricevitore GPS. Il calcolo matematico in sé è davvero banale. Tutto quello che dobbiamo sapere, è quando esattamente il segnale è partito dal satellite. E lo dobbiamo sapere con una precisione estrema visto che un solo millesimo di secondo di differenza penalizzerebbe la rilevazione, causando un errore di 300 Km! Per consentire la precisione necessaria, ogni satellite porta a bordo quattro costosissimi orologi atomici (del costo di circa 160.000 € l’uno), che sfruttano le oscillazioni degli atomi di cesio e rubidio e che garantiscono uno standard di precisione assoluto (addirittura la possibilità di errore è di un solo secondo ogni 30.000 anni). E' ovvio che, in un sistema così preciso, anche il ricevitore debba garantire degli standard di un certo livello. Considerando che un ricevitore portatile non può montare orologi atomici da 160.000 €, si è pensato di usare orologi capaci di mantenere un’estrema precisione solo per brevi periodi, che però vanno spesso corretti sfruttando direttamente i segnali dei satelliti.


ESM - #1 Precisione del sistema GPS Il sistema GPS è disponibile in due versioni, PPS (Precision Positioning Service, Servizio di Posizionamento di Precisione, per uso militare) e SPS (Standard Positioning Service, Servizio di Posizionamento Standard, per uso civile).

Inserto

Il sistema PPS, secondo i dati ufficiali, ha un’accuratezza nell'ordine dei 6-20 metri. Il sistema SPS potrebbe avere le stesse prestazioni, se non fosse per la cosiddetta “disponibilità selettiva”, ossia un “errore” nella misurazione indotto dal Ministero della Difesa degli Stati Uniti. In pratica, è intenzionalmente modificata l'accuratezza dell'orologio a scapito della precisione, che arriva quindi a un’accuratezza dell’ordine dei 100 metri. Il motivo di questa decisione, da parte degli Stati Uniti, è ufficialmente attribuito dal governo a motivi legati alla sicurezza del paese. Tuttavia, tale degradazione del segnale è stata disabilitata dal mese di maggio 2000, mettendo così a disposizione degli usi civili la precisione attuale di circa 10-20 m. In compenso, nei modelli per uso civile sono presenti altre limitazioni sulle rilevazioni: massimo 18 km per l'altitudine e 515 m/s per la velocità, per impedirne il montaggio su missili.

Sistemi alternativi: GLONASS e GALILEO Questi due sistemi di posizionamento sono stati ideati rispettivamente dalla Russia e dall’Unione Europea per ovviare al monopolio americano e, in particolare, per aggirare il limite sulla precisione imposto al sistema GPS. Il sistema Europeo (al quale collabora anche l’Italia) sarà caratterizzato da una maggior precisione rispetto a quella fornita dal GPS, oltre a numerosi altri vantaggi. La sua entrata in servizio è prevista per il 2014 e si baserà su 30 satelliti orbitanti su 3 piani inclinati rispetto al piano equatoriale terrestre, ad una quota di circa 24.000 km.

Bibliografia e Riferimenti per “Come funziona il navigatore satellitare?” - A Maggio 2012

http://www.comefunziona.net/arg/gps/ http://it.wikipedia.org/wiki/Global_Positioning_System http://en.wikipedia.org/wiki/Global_Positioning_System http://it.wikipedia.org/wiki/Sistema_di_posizionamento_Galileo http://it.wikipedia.org/wiki/GLONASS http://media.defenseindustrydaily.com/images/SPAC_GPS_NAVSTAR_IIA_IIR_IIF_Constellation_lg.gif http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/9/96/Global_Positioning_System_satellite.jpg http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/5/59/GPS_Receivers_2007.jpg http://www.comefunziona.net/arg/gps/3/ http://www.aviationnews.eu

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Veduta della Terra - Fonte: Portale ESA.

“EverySpace Magazine” è un progetto nazionale di EverySpace S.r.l., società italiana operante a livello internazionale nel settore aerospaziale. Tra le missioni di EverySpace S.r.l. c’è quella di dimostrare che i risultati delle avanzatissime ricerche condotte in ambito aerospaziale non sono riservati agli astronauti... anzi, ci coinvolgono continuamente ed influenzano direttamente la nostra quotidianità.

Soddisfa la tua curiosità! Hai letto “EverySpace Magazine” e ti è venuta voglia di saperne di più su uno o più argomenti trattati? Vuoi soddisfare le tue curiosità scientifiche? Vuoi suggerirci un argomento da trattare nei prossimi numeri? Ecco cosa fare: visita la nostra pagina facebook (www.facebook.com/EverySpaceMagazine), clicca su “Mi Piace” e scrivici ciò che vuoi sapere. Il nostro intero Team è a tua completa disposizione! Non vediamo l’ora di rispondere a tutte le tue domande!

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“Attaccati al Razzo!”

Video-sfida di ”EverySpace Magazine”

Carissimi lettori di “EverySpace Magazine”, Siete pronti a coinvolgere (per non dire “infastidire”) i vostri amici, parenti, o dei semplici sconosciuti incontrati per strada? Allora mettete mano ai cellulari, oppure alle macchine fotografiche, e preparatevi ad accettare la nostra sfida!

In cosa consiste? Bisogna filmare qualcuno, in un video di massimo 15 secondi, mentre pronuncia (o, meglio ancora, urla!) la frase "Attaccati al Razzo!". Questo video deve poi essere caricato sulla nostra pagina di facebook:

http://www.facebook.com/groups/236538763118958/ Ogni 3 mesi, l'autore che otterrà più “Mi Piace” risulterà il vincitore e sarà premiato!

Qual è il premio?

Al vincitore sarà inviato, via e-mail, un buono per un cena completa per due persone in un ristorante nella propria città, offerta da “EverySpace Magazine”. Inoltre i nostri sponsor saranno liberi di offrire, nel tempo, dei premi aggiuntivi!

Chi può partecipare?

Tutti i lettori di “EverySpace Magazine”! Non è necessario registrarsi; è sufficiente girare il video, caricarlo su facebook e farlo vedere a quanti più amici possibile per ottenere i “Mi Piace”.

Quanti video si possono caricare?

Ciascun partecipante può caricare un numero infinito di video. Non ci sono limiti!

Attenti, però!

I video giudicati inappropriati saranno eliminati dalla pagina di facebook e dalla competizione, a giudizio insindacabile della redazione di “EverySpace Magazine”, anche senza alcun preavviso.

Quando termina questa sfida?

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Buon divertimento!!!

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