“EverySpace Magazine - #4� 14 ottobre 2012 Distribuzione gratuita online ISBN: 9788897004257
Ottobre 2012 - Distribuzione gratuita in Italia
Magazine
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EverySpace S.r.l.
ESM - #4
“EverySpace Magazine” - Numero 4 Data di pubblicazione online: 14 Ottobre 2012 Responsabile della pubblicazione: Issuu Ideatore del progetto “EverySpace Magazine”: Simone La Torre Direttore Responsabile e Direttore Editoriale: Michele Caruso Società responsabile del progetto: EverySpace S.r.l. Presidente: Simone La Torre Direttore Generale: Mattia Stipa Sito web: www.everyspacedivision.com ***** Supplemento del giornale di informazione e cultura "Vento nuovo". Registrazione Tribunale di Roma n. 43 del 24.02.2010 Pubblicazione a cadenza saltuaria. ***** La totalità degli autori e dei collaboratori di “EverySpace Magazine” fornisce il proprio contributo a titolo gratuito, accettando ogni responsabilità in caso di contestazioni di diritti d’autore e proprietà intellettuali in merito ai propri articoli. La Redazione di “EverySpace Magazine” resta a disposizione degli aventi diritto, per quei casi in cui non è stato possibile risalire ai detentori di proprietà intellettuali di concetti, citazioni, o immagini utilizzate in questo numero. ***** Le inserzioni pubblicitarie su queste pagine, qualora presenti, sono a pagamento. ***** Supervisione editoriale, grafica, impaginazione e garanzia di qualità tecnica a cura di EverySpace S.r.l. Responsabile del processo di revisione linguistica degli articoli: Simone La Torre “EverySpace Magazine” è un progetto esclusivo di EverySpace S.r.l.
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ESM - #4 Indice
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Sempre avanti! di S. La Torre
I giganti del cielo. di P. Carugno
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Quel piccolo passo per un uomo, quel grande passo per l’Umanità. di M. Caruso
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Il turismo spaziale. di C. Riso
Le previsioni meteo. di R. Cumbo
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UAV: droni da battaglia...e non solo! di V. Cantarini
26 29 Cometa.
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Rubrica “The Stars sing the Stars”: Champagne Supernova - Oasis. di A. Menchinelli
Soddisfa la tua curiosità!
ESM - #4
! Sempre avanti
Carissimi lettori, siamo già arrivati al numero 4! Risulta difficile da credere ed è ovvio che davvero in pochi avrebbero scommesso sul successo di una rivista scritta da giovani ingegneri e fisici, seppur pronti a mettersi in gioco con infinito entusiasmo e con una professionalità che pochi “esperti” autori potrebbero vantare! Eppure ci siamo! In centinaia di migliaia ci leggete e, di certo, non possiamo deludervi! Abbiamo preparato un numero estremamente interessante, sempre selezionando accuratamente ogni termine ed ogni parola, per far sì che tutti possano tuffarsi tra le nostre pagine con la consapevolezza che le difficoltà non esistono! La nostra Redazione, inoltre, cresce e si rinnova continuamente, per far sì che “EverySpace Magazine” possa davvero diventare LA rivista più apprezzata dagli appassionati di scienza e tecnologia! Beh, ora suggerisco di iniziare a leggere! Al termine della lettura scriveteci sulla nostra pagina facebook per comunicarci cosa ne pensate! Noi della Redazione siamo sempre tutti a vostra disposizione! Simone La Torre
Presidente e Co-Fondatore di EverySpace S.r.l.
“EverySpace Magazine”,
Lo Spazio, Semplicemente!
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ESM - #4 Quel piccolo passo per un uomo, quel grande passo per l’Umanità! di Michele Caruso Direttore Responsabile ed Editoriale di “EverySpace Magazine”.
Il 25 agosto scorso si è spento Neil Armstrong, il primo uomo a camminare sulla Luna. Un semplice movimento di gambe, un “piccolo passo”, che per un attimo fece tremare la Terra, avvicinò i cuori degli uomini: per la prima volta, un veicolo pilotato da un uomo toccava un altro corpo celeste. Noi giovani possiamo solo provare ad immaginare quale emozione indescrivibile potesse essere per il mondo intero: osservare il disco lunare e sapere che alcuni di noi fossero lassù, avere la consapevolezza di aver oltrepassato i confini del possibile. La missione Apollo 11 fu il frutto dell’intelligenza, del lavoro, della preparazione scientifica e della fede dell’uomo. Citando John Fitzgerald Kennedy: “Abbiamo deciso di andare sulla Luna. Abbiamo deciso di andare sulla Luna in questo decennio e di impegnarci anche in altre imprese, non perché siano semplici, ma perché sono ardite, perché questo obiettivo ci permetterà di organizzare e di mettere alla prova il meglio delle nostre energie e delle nostre capacità, perché accettiamo di buon grado questa sfida, non abbiamo intenzione di rimandarla e siamo determinati a vincerla.” Ed è proprio in questi scintillanti discorsi, in questi momenti memorabili, che la scienza astronomica di oggi deve ritrovare il suo entusiasmo e continuare ad osare! Buona lettura di questo nuovo ed affascinante numero.
Razzo Saturn V.
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ESM - #4
I giganti del cielo. di Piera Carugno Studentessa di Ingegneria Aeronautica
L’uomo ha sempre guardato al cielo come ad una naturale estensione della sua natura terrena tentando, sin dall’epoca di Leonardo Da Vinci, di imitare il volo animale e di realizzare il folle volo di Icaro. Pian piano l’uomo ha capito che la morale della storia di Icaro non dovesse essere: "Non tentare di volare troppo in alto", ma piuttosto: "dimentica la cera e le piume e costruisci ali più solide". Alimentate da questo fuoco ispiratore, la tecnologia e l’ingegneria si sono negli anni mosse verso la direzione di aerei sempre più sicuri, veloci e grandi, in maniera tale da consentire il trasporto di un numero elevato di passeggeri per distanze che oggigiorno possono arrivare anche a 15000 km (per intenderci, la distanza tra Italia e Tibet). Negli ultimi anni, protagonisti di questa forte espansione sono stati i due principali colossi industriali aeronautici, ovvero Boeing e Airbus rispettivamente con la produzione del B787 e dell’A380. Cos’hanno di stupefacente questi due velivoli? Cominciamo subito col dire che l’A380 è attualmente il più grande velivolo mai costruito, caratterizzato dalla presenza di due ponti (con lunghezza circa pari a 50 m) in grado di ospitare fino ad un massimo di circa 525 passeggeri ad una velocità massima di crociera di 850 km/h potendo coprire una distanza - senza fermarsi - superiore a 15000 km. Il volo inaugurale di questa splendida macchina ! Confronto tra B787 (rosso) ed A380 (grigio). volante è stato compiuto nel 2005, precedendo di ben 6 anni quello del B787, prodotto e sviluppato dall’azienda statunitense Boeing. Il B787 è un velivolo con caratteristiche tecniche abbastanza differenti dall’A380, essendo finora l’unico velivolo costruito con più del 50% di materiali compositi, una particolare classe di materiali utilizzata in vari campi della tecnologia che può conferire alte capacità di resistenza con un peso molto ridotto. Il B787 ospitare circa 250 passeggeri e raggiungere una velocità di crociera di 930 km/h, consentendo un’elevata autonomia chilometrica. Per fare un confronto pratico, un normale velivolo che effettua un volo europeo ha la capacità di ospitare circa 200 passeggeri, raggiungere una velocità di circa 800 km/h e di avere un’autonomia chilometrica di circa 5000 km. Da un punto di vista commerciale, il lancio dell’A380 fu per Boeing un duro colpo da digerire: trovandosi in una situazione di profondo rinnovo dell’ormai datata flotta a disposizione, Boeing fu colta alla sprovvista dall’annuncio di un tale progetto e per un attimo si pensò che il colosso statunitense avrebbe ceduto il monopolio europeo proprio ad Airbus. Nonostante ciò, il vantaggio fu inizialmente ancora a favore della Boeing, che con il suo B747 - benché progettato negli anni sessanta - era riuscita a rinnovarsi nel tempo e a divenire la scelta principale per quei vettori aeronautici che avessero bisogno di un velivolo con capacità di trasporto di un numero elevato di passeggeri su rotte ad alta densità; in più per il B747 vi erano ancora possibilità di espansione e di ulteriori sviluppi ingegneristici mentre l’A340, l’equivalente della concorrente Airbus, aveva ormai raggiunto il suo limite massimo di sviluppo. Ad ogni modo, dopo pochi mesi, le opzioni d’acquisto sembrarono favorire il colosso europeo Airbus con il suo innovativo A380.
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ESM - #4 L’obiettivo Airbus e Boeing è stato differente nella progettazione dei rispettivi velivoli del top della gamma. Difatti, la pubblicità iniziale dell’A380 fu incentrata sulla capacità di questo velivolo di poter offrire un comfort superiore rispetto agli altri velivoli della flotta targata Airbus, con una maggiore possibilità di offrire aree relax, negozi e simili attrazioni dedicati ai passeggeri, la cui permanenza a bordo avrebbe sicuramente superato le 8 ore di volo.
Airbus A380 in volo.
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Date le enormi dimensioni, i progettisti di Airbus capirono immediatamente che l’A380 avrebbe rappresentato sul mercato il velivolo che consentiva di ottenere il maggiore risparmio economico in termini di numero passeggeri e costo per passeggero, grazie allo sviluppo tecnologico che - a cavallo tra anni 90 e primi anni del XXI secolo - aveva consentito di compiere grossi passi in avanti. La reazione di Boeing, inizialmente debole, si è tradotta nella progettazione del “B787-Dreamliner” assieme all’annuncio del rinnovo dello storico B747 con l’introduzione di una nuova ala più efficiente unitamente all’utilizzo di nuovi materiali - tra i quali spiccano i compositi. Negli ultimi anni invece, la risposta di Boeing è diventata così potente da far sì che il numero di ordini del B787 fosse il più alto registrato nella storia dell’aeronautica, ancor prima dell’introduzione sul mercato del velivolo stesso. Il velivolo doveva essere “lanciato” ufficialmente sul mercato proprio il 07/08/2007 (in versione anglosassone, 8 luglio 2007 da cui il nome B787), ma una serie di problemi hanno notevolmente ritardato la consegna del primo esemplare fino al 2011.
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Cabina passeggeri di un comune aereo di linea.
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Oltre a numerose innovazioni introdotte nel B787 grazie agli enormi progressi effettuati negli ultimi anni dall’ingegneria, un enorme vantaggio operativo è stato aggiunto grazie alla migliorata aerodinamica sia della fusoliera che dell’ala del velivolo, rendendolo capace di operare su piste di decollo ed atterraggio molto brevi e quindi ampliando le possibilità di utilizzo nei più svariati aeroporti. Per quel che concerne i vantaggi più importanti da un punto di vista costruttivo di tale velivolo, inoltre, essendo la “pelle” della fusoliera realizzata in pochi pezzi (5 pezzi, poi uniti tra loro), la sua costruzione risulta molto più semplice rispetto all’assemblaggio di un normale velivolo in alluminio e in più la presenza di poche parti di rivestimento rende il velivolo più resistente e rigido da un punto di vista strutturale. Si può riassumere dicendo che sia il B787 che l’A380 rappresentano un enorme passo in avanti per la tecnica aeronautica, sfruttando le più recenti tecnologie in fatto di materiali, analisi strutturale e fluidodinamica tali da renderli entrambi tra i più importanti check point nella storia dell’aeronautica, nonostante le idee guida differenti utilizzate dai due progetti. Ovviamente sia Airbus che Boeing, unitamente a enti di ricerca e altri enti nazionali stanno sviluppando attualmente progetti riguardanti nuove frontiere del trasporto aereo civile. Alcuni di questi includono, ad esempio, sedili che assumeranno la forma del corpo del passeggero automaticamente, oltre che la presenza di una fusoliera interamente formata da materiali trasparenti, così da rendere unico il viaggio del passeggero. Saranno presenti anche sistemi di intrattenimento di ultimissima generazione quali ad esempio la presenza di un campo da golf virtuale oppure altri sistemi audio/video attualmente in fase di sviluppo. Quello che non è chiaro, allo stato attuale, è come tali prototipi di ultima generazione potranno essere compatibili con il “low cost” attuale!
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Boeing 787 Dreamliner.
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Si può concludere affermando che l’economia aeronautica mondiale, alla luce soprattutto degli ultimi sviluppi della tecnologia, è sempre stata orientata verso il futuro e verso una migliore compenetrazione tra passeggero e ambiente circostante, proprio basandosi sull’idea che il viaggio è e sarà sempre interessante come la scoperta della destinazione finale. Il punto di forza di queste continue innovazioni resta la ricerca continua nei più disparati campi della scienza e della tecnologia; ricerca, questa, che deve continuare ad essere condotta con un occhio di riguardo verso l'ambiente, con consumi più contenuti, minori emissioni e minor rumorosità.
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Cabina passeggeri in fase di studio per i futuri aerei civili Airbus.
Bibliografia e Riferimenti per “I giganti del cielo.” - A Ottobre 2012
http://www.ilsole24ore.com/art/economia/2010-07-14/scheda-airbus-a380-aereo-140653.shtml?uuid=AYOxJm7B http://it.wikipedia.org/wiki/A380 http://it.wikipedia.org/wiki/Boeing_787_Dreamliner http://it.wikipedia.org/wiki/Fibra_di_carbonio http://scienza.panorama.it/Airbus-presenta-l-aereo-del-futuro-comodo-ecologico-e-trasparente http://www.focus.it/scienza/tecnologia/presentato-il-concept-plane-di-airbus-per-il-2050_14062011_1629_c12.aspx http://www.panorama.it/images/foto/2011061300484516585/1988455-1/2011061300484516585_h_partb.jpg http://cdn-www.airliners.net/aviation-photos/photos/3/0/4/1412403.jpg http://www.popularmechanics.com/cm/popularmechanics/images/avsb_comparison_0610-de-4775048.jpg http://www.massimilianobenvenuti.it/public/sfondi/boeing_b787_dreamliner.jpg http://aviationenglishblog.com/wp-content/uploads/2010/09/shutterstock_39833758.jpg
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Aeromobile solare studiato dalla NASA.
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Il turismo spaziale. di Cristina Riso Studentessa di Ingegneria Aerospaziale
D. Tito alla base di lancio.
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ESM - #4
Spendere 20 milioni di dollari per una vacanza? Un prezzo…astronomico, direte voi. E “astronomico” è decisamente l’aggettivo più calzante. Ne sa qualcosa l’imprenditore D. Tito, che nel 2001 ha sborsato tale cifra per unirsi alla missione Soyuz TM-32 verso la Stazione Spaziale Internazionale (ISS). D.Tito rimase in orbita poco meno di 8 giorni ma, a parte l’emozione di un’insolita “vacanza”, la formidabile spesa gli ha fornito un titolo d’eccezione: l’imprenditore è, infatti, il primo “turista spaziale” della storia. Ma cosa si intende, precisamente, per “turismo spaziale”? La NASA risponde con la denominazione “Spaceflight Partecipant”: un turista spaziale è colui che prende parte ad un volo spaziale senza essere un astronauta professionista e, soprattutto, finanziando di tasca propria l’accesso all’esperienza come per un qualunque altro viaggio di piacere. Quest’ultima precisazione non è superflua. Già prima del volo di D.Tito le missioni spaziali avevano visto la partecipazione di civili, ma con scopi ben diversi dal semplice viaggiare: si pensi alla presenza dei deputati statunitensi Garn e Nelson sullo Shuttle (1985-1986), o al programma NASA Teacher in Space, tragicamente noto a causa del disastro dello Shuttle Challenger (1986), che prevedeva a bordo un’insegnante, Christa McAuliffe, per tenere una “lezione in orbita”. La denominazione Spaceflight Partecipant riguarda per ora una piccola manciata di facoltosi, poiché non si tratta certo di viaggi low cost (altri “turisti spaziali” hanno infatti raccolto l’esempio di Tito, spendendo fino a 35 milioni di dollari per una permanenza di una decina di giorni in orbita). Tutti hanno raggiunto la ISS a bordo della Soyuz, sul quale, nel 2013, verranno probabilmente messi a disposizione nuovi “biglietti” da parte di Space Adventures, “l’unica compagnia”, come vanta, “ad aver inviato cittadini privati nello spazio”.
ESM - #4 È quindi tutto qui? No, assolutamente. L’apertura dello spazio ai privati è una prospettiva concreta, non solo per turismo. La stessa NASA ha lanciato una serie di programmi, tra cui il Commercial Orbital Trasportation Services (COTS), che hanno come obiettivo la possibilità di portare carico utile in orbita (rifornimenti e, successivamente, equipaggio), utilizzando razzi e navicelle (spacecrafts) privati. La collaborazione con l’agenzia SpaceX ha portato alla messa a punto del razzo Falcon 9 e della navicella Dragon, la quale ha già dimostrato la sua capacità di immissione in orbita e rientro in sicurezza. Lo scopo è quello di offrire un nuovo collegamento con la ISS. E i “turisti”? La possibilità di svincolare l’accesso allo spazio dalle agenzie pubbliche nazionali e l’interesse suscitato dai primi voli orbitali hanno attirato l’attenzione di numerose agenzie, disposte a investire per garantire a “tutti” esperienze quali l’assenza di peso e la vista del globo terrestre. A patto di poterselo permettere, è ovvio.
La Terra vista dalla Stazione Spaziale Internazionale (ISS).
La prima possibilità è la partecipazione alle missioni dirette alla Stazione Spaziale Internazionale (ISS), con permanenza di 7-10 giorni: questo è quanto hanno fatto i sette attuali “turisti”, e fa ormai parte del programma “classico” offerto da Space Adventures. Si tratta di voli orbitali, articolati nelle fasi di decollo, raggiungimento della ISS, permanenza in orbita a quota di circa 300 km e rientro. Il mezzo di trasporto rimane la Soyuz. Data la durata del viaggio, le forti accelerazioni alla partenza e l’impatto con l’ambiente spaziale, chi vuole vivere questa esperienza non deve solo trovare 30-35 milioni di dollari: è previsto un rapido addestramento da astronauta. In futuro si aggiungerà anche la possibilità di effettuare la “passeggiata spaziale” (spacewalk) fuori dalla ISS, per la quale sarà necessaria un’ulteriore preparazione, con un simulatore che riproduce l’ambiente spaziale attorno ad un modello in scala reale della stazione, e l’EVA training (addestramento per attività extra veicolari). Queste esperienze, per chi è troppo timoroso nell’affrontare una vera missione, sono disponibili singolarmente, a costo di 34.000 e 8000 dollari. Anche altri programmi di addestramento, come la centrifuga (per simulare elevate accelerazioni) e il “Soyuz Simulator”, possono essere “acquistati” presso Space Adventures alla modica cifra di 10.000 e 15.000 dollari: un utile investimento per scoprire se i viaggi spaziali fanno al caso vostro, prima di cominciare a mettere da parte i 30 milioni necessari.
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Aeroplano per voli parabolici. Altra offerta è costituita dai voli parabolici, già utilizzati per la preparazione degli astronauti e per effettuare esperimenti in assenza di peso. I velivoli utilizzati sono versioni modificate del tipo B707: raggiunta la quota di 8000 m si effettua una salita a 45° fino a 12.000 m, dopo la quale interviene una fase di “caduta libera”, in cui si sperimenta per 20-30 secondi l’assenza di peso (la forza peso è ridotta di circa 100 volte, a causa della forza dovuta all’accelerazione del velivolo). La durata del volo è di 2 ore, durante le quali vengono eseguiti più tratti parabolici a distanza di qualche minuto. Anche questa opportunità è oggi offerta da Space Adventures tramite la società ZeroG, a bordo di un B727 e al costo di 5.000 dollari. Oltre a voli orbitali e parabolici, la sfida della Virgin Galactic riguarda la prospettiva di voli suborbitali. Con questo termine si intendono delle traiettorie paraboliche, durante le quali il velivolo raggiunge quota di oltre 100 km; non disponendo però di sufficiente velocità per l’immissione in orbita, la parabola si richiude verso terra. La salita avviene in parte sfruttando un aereo madre, fino a quota di circa 15.000 m; successivamente avviene il distacco della navetta passeggeri, che procede propulsa da un motore a razzo. Per il rientro, le velocità e le temperature raggiunte sono contenute (rispetto a quanto avviene per un rientro dall’orbita della ISS); non sono quindi necessari gli scudi termici previsti per lo Shuttle. Pezzi forti del programma, la possibilità di ammirare la curvatura della Terra, e di sperimentare per qualche minuto l’assenza di peso, abbandonando i sedili prima che cominci la fase di discesa. Il tutto, prossimamente disponibile al prezzo di 200.000 dollari (si parla del 2013, ma sono già stati venduti più di 400 biglietti). La Virgin Galactic sta organizzando tutto in grande stile: è stato da poco inaugurato il primo aeroporto privato per voli spaziali, “Spaceport America”, in New Mexico, e la “flotta” consiste in due velivoli “WhiteKnigth Two” (velivolo madre) e cinque “SpaceShip Two” (per il trasporto di sei passeggeri ciascuno). Il programma si orienta verso una commercializzazione del volo spaziale che possa renderlo più accessibile, oltre che in costi e sicurezza, anche in termini di tempo: per la preparazione del passeggero sono previsti solo tre giorni di addestramento (il tempo di permanenza nello spazio non richiede la lunga formazione necessaria a un astronauta).
Sistema di trasporto spaziale della Virgin Galactic.
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ESM - #4
ESM - #4 L’offerta di voli suborbitali è nei progetti anche di altre agenzie. Armadillo Aerospace sta lavorando ad una capsula a decollo e atterraggio verticale, propulsa a razzo, che potrà ospitare due persone, “prenotabile” attraverso Space Adventures. Anche la XCOR Aerospace prevede l’impiego di un veicolo propulso a razzo, il “Lynx”, che, dopo i test previsti per la fine di questo anno, potrebbe divenire operativo dal prossimo; il Lynx non necessità di un velivolo madre che lo porti in quota, e ha decollo e atterraggio orizzontali. Esso potrà essere utilizzato anche per scopi scientifici e addestramento di cosmonauti: il mercato dei voli suborbitali non è quindi solo una moda, ma un’opportunità di far affluire finanziamenti privati per lo sviluppo di esperienze e tecnologie, in un momento in cui trovare fondi è divenuto per tutti, anche per la stessa NASA, più difficile. E il futuro? Queste prospettive sembrano tanto a portata di mano, che gli sguardi si muovono verso altri traguardi. Space Adventures contempla già l’ipotesi di viaggi circumlunari, per 100 milioni di dollari, utilizzando parte della tecnologia russa esistente. Ma c’è altro: compare la parola “hotel”. Sull’esempio della ISS, la Orbital Technologies progetta di realizzare la Commercial Space Station, prima stazione spaziale privata, con lo scopo di offrire un Il “Lynx” della XCOR. nuovo ambiente per realizzare esperienze in orbita, un punto di appoggio per la ISS, e una meta alternativa per i voli orbitali; sono previsti sette passeggeri, con possibilità di estensione del nucleo base attraverso l’aggiunta di altri moduli. La Bigelow Aerospace mira alla realizzazione di ambienti “gonfiabili”, riutilizzando un vecchio progetto NASA, TransHab, abbandonato per mancanza di fondi. I primi due test in orbita, Genesis I e Genesis II (2006-2007), sono stati ultimati con successo, il che incoraggia l’investimento in questa impresa, con lo scopo di rendere operativi ambienti orbitali più competitivi, rispetto alla ISS, in termini di spazi e di protezione dalle radiazioni solari, per via dell’impiego di materiali innovativi. Questi ambienti hanno il vantaggio di essere facilmente trasportabili, in quanto l’estensione avviene in orbita, e quindi di richiedere un piccolo spazio sul lanciatore (razzo). Per concludere, si riporta l’hotel progettato dall’architetto Xavier Claramunt per la Galactic Suite, composto di moduli assemblabili, orbitante a 450 km di quota. Nonostante il costo di 3 milioni di dollari, si rischia di trovare tutto pieno: la possibilità di vedere l’alba 15 volte al giorno fa gola, e le prenotazioni sono già attive dal 2008!
Albergo Spaziale.
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ESM - #4 Benché alcuni di questi progetti siano lontani dal concretizzarsi e si mantengano un sogno per pochi, l’interesse rimane vivo e, con esso, crescono investimenti e ricerca finalizzati a raggiungere obiettivi importanti: garanzie di elevata sicurezza, navette e sistemi di trasporto riutilizzabili, complessi sistemi di Enviromental Control per trasformare l’ambiente spaziale, in partenza ostile, in uno adatto alla permanenza dell’uomo. Un tempo, del resto, anche l’uso dell’aereo come mezzo di trasporto era una scommessa, non esistevano voli low cost, c’era molta diffidenza e molto da lavorare. Se oggi, al contrario, l’aereo è un mezzo competitivo e sicuro, è stato grazie agli investimenti nella ricerca nel campo di materiali, motori, strutture, e grazie a 50 anni di esperienza accumulata; senza, tutto sarebbe rimasto fantascienza. L’augurio è che l’evoluzione del turismo spaziale possa seguire lo stesso percorso e che, parallelamente alla possibilità di vacanze “a mille stelle”, i progressi tecnologici abbiano ricaduta e applicazione in altri campi, che non siano di giovamento solo a chi “vola alto”, ma anche a chi rimane qui, con i piedi per terra.
Test di struttura gonfiabile per usi spaziali.
Bibliografia e Riferimenti per “Il turismo spaziale.” - A Ottobre 2012 http://www.nasa.gov/exploration/commercial/cargo/spacex_launchpreview.html http://www.spaceadventures.com/index.cfm http://www.gozerog.com/index.cfm http://www.esa.int/esaCP/ESAHFETHN6D_Italy_0.html http://www.nannimagazine.it/articolo/7905/intervista--guidoni-il-turismo-spaziale-un-altro-piccolo-passo-per-l-umanita http://www.virgingalactic.com/ http://www.xcor.com/products/index.html http://orbitaltechnologies.ru/ http://www.bigelowaerospace.com/ http://galacticsuitespaceresort.com/ http://www.spaceadventures.com/Uploads/Image/Galleries/launch%20dt/sized_Tito%20crew1.jpg http://www.spaceadventures.com/Uploads/Image/Galleries/Orbitalgeneral/sized__DSC0495.JPG http://www.gozerog.com/index.cfm?fuseaction=Photos_and_Videos.welcome http://daily.wired.it/foto/2011/10/18/virgin-galactic-era-turismo-spaziale-spaceport-america-15050.html http://www.xcor.com/gallery/main.php/v/vehicles/lynx/lynx-whiter-rear-wing_0003.jpg.html http://www.bigelowaerospace.com/history-expandable-spacecraft.php http://www.galacticsuitedesign.com/blogs/GSspaceresort/?cat1
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Immagine satellitare dell’Uragano Isabel.
Le previsioni meteo. di Roberta Cumbo Studentessa di Ingegneria Aerospaziale
Sapevate che la nebbia del mattino preannuncia una classica giornata assolata? Probabilmente perché nessuno ha causato l’ira di Giove e il temporale è ben lontano dal nostro limpido cielo, o forse perché Eolo riserverà il suo vento per un altro giorno. Questo ed altro pensavano gli antichi nel veder scendere qualche goccia dall’alto; eppure, con il passare degli anni, si è fatta strada una nuova scienza: la meteorologia. Ormai basta accendere la televisione o connettersi a internet per essere a conoscenza di cosa ci riserverà il tempo da un momento all’altro; ma come fanno i nostri scienziati a prevedere le condizioni meteorologiche? La risposta è forse più complicata di quanto si possa pensare… Per “creare” una previsione è necessario passare per tre stadi base: - osservazione e conseguente misurazione delle caratteristiche fisiche dell’atmosfera; - assimilazione dei dati ricavati; - uso di modelli numerici per la creazione di bollettini o carte meteorologiche. La possibilità di poter intraprendere questo percorso è segnata dall’invenzione di strumenti basilari per poter effettuare studi meteorologici, quali: - barometro per la misurazione della pressione atmosferica; - termometro per la misurazione della temperatura; - igrometro per la misurazione dell’umidità; - pluviometro per la misurazione della quantità di precipitazioni; - anemometro per la misurazione della velocità e della direzione del vento. Oltre che con queste strumentazioni, gli attuali studi sulle condizioni fisiche dell’atmosfera al di sopra della superficie terrestre si effettuano lanciando fino a 40 km di altitudine i cosiddetti palloni sonda. Questi ultimi non sono nient’altro che dei particolari palloni aerostatici finalizzati al trasporto delle radiosonde per raccogliere dati relativi alla temperatura, pressione e umidità man mano che la quota aumenta. La loro funzione però non si esaurisce qui: tramite il segnale emesso da questi strumenti è possibile rilevare importanti informazioni sulle velocità e direzioni dei venti finché, raggiunta la quota massima, il pallone termina il suo viaggio e la radiosonda percorre il tragitto di ritorno appesa ad un paracadute.
Pallone sonda per l’analisi delle condizioni meteo.
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I palloni sonda però “passano di moda” di fronte ai sempre più usati satelliti meteorologici, destinati a fornirci, quasi in tempo reale, informazioni atmosferiche di vaste zone del pianeta. Di solito, i sensori posti a bordo di questi satelliti sono dei radiometri, ovvero strumenti in grado di misurare lo spettro emesso dall’atmosfera. Possiamo distinguere i satelliti meteorologici in due principali categorie: “geostazionari”, situati ad una altezza tale che il periodo di rivoluzione del satellite coincide con il periodo di rotazione della Terra (il satellite risulterà “fermo” per un osservatore situato sul nostro pianeta); oppure “polari”, in grado di passare sopra entrambi i poli del pianeta. Un grande vantaggio che i meteorologi vedono nei satelliti è quello di fornire più dati rispetto alle radiosonde, seppur con minor precisione. Infine hanno la loro valenza anche i radar meteorologici, cioè quei radar capaci di rilevare informazioni sull’intensità delle precipitazioni, utili per stimare un probabile accumulo di precipitazioni nel tempo. Purtroppo la risoluzione di questi radar è limitata dalla distanza, infatti si rivelano strumenti molto precisi solo a corto raggio. Ora che sappiamo come ottenere i dati, come possiamo tradurli in previsioni? Le tecniche di assimilazione dati sono un punto fondamentale di questi studi; infatti un piccolo errore nell’analisi delle informazioni rilevate dalle osservazioni può evolvere generando grandi errori nella previsione stessa. Purtroppo è impossibile determinare con esattezza lo stato dall’atmosfera anche con i migliori strumenti meteorologici perché, rappresentando essa una vasta area da analizzare, sarà possibile conoscerla per zone discrete dello spazio. Lo scopo dell’assimilazione dei dati è perciò quello di correggere e ridurre al minimo l’errore ottenuto dalle osservazioni, rappresentando così un punto di congiunzione tra quest’ultime ed i modelli numerici. Un modello di previsione meteorologica rappresenta una simulazione informatica dell’atmosfera: servendosi delle leggi fisico-matematiche, mediante le quali l’atmosfera varia nel tempo, esso risolve le complicate equazioni con l’aiuto di tecniche di analisi numerica e di elaboratori dati. Partendo così dallo stato iniziale dell’atmosfera, si può ottenere una previsione di come essa evolverà nel futuro. Qui la questione dell’errore commesso nell’assimilazione dati riprende importanza: l’errore risulta infatti tanto maggiore quanto lo è la durata dell’intervallo di tempo dedicato alla prognosi. Per questo motivo le previsioni vengono suddivise in cinque grandi famiglie, quali: - now-casting; - a breve termine; - a medio termine; - a lungo termine; - stagionali. Sicuramente le prime della lista sono quelle che riportano risultati più precisi, dal momento che vengono effettuate in meno di 24 ore. Esistono ovviamente diversi tipi di modelli numerici, ma i più usati si basano su semplici equazioni matematiche che mettono in relazione i dati misurati sperimentalmente con l’esperienza dell’osservatore.
Radar meteorologico.
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Mappa dati da utilizzare per le previsioni meteo.
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Terminato l’uso dei modelli numerici, inizia la fase di post-elaborazione dei risultati ottenuti. Eliminate le distorsioni del modello, ciascun parametro viene tradotto su carte meteorologiche della zona che si sta studiando. È così che una previsione è giunta al suo termine e pronta all’uso dei meteorologi. Spesso le previsioni sono perfette, altre volte non sono sufficientemente accurate e rischiano di rovinarci i programmi. Un trucco? Non fidatevi mai delle previsioni a più di 3 giorni!
Mappa dati da utilizzare per le previsioni meteo.
Bibliografia e Riferimenti per “Le previsioni meteo.” - A Ottobre 2012
http://www.nimbus.it/ http://www.meteoweb.eu/2012/03/la-nascita-della-meteorologia-scientifica/125113/ http://www.meteorologia.it/meteocuriosando/storia_delle_previsioni_del_tempo.htm http://www.meteo.it/Meteorologia-Metodi/Metodi-per-prevedere-il-tempo/content/it/1-702-305319-57764 http://www.meteogiornale.it www.gaus.it/ricerche/palloni_sonda.htm http://www.radiosonde.eu/RS00-I/RS09C02-i.html www.meteosatonline.it/ http://climatemonitor.it http:// www.meteowebcam.it http://www.centrometeoligure.it/articolo.php?id=717
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Aurora Boreale vista dallo spazio.
UAV: droni da battaglia...e non solo! di Valentina Cantarini Studentessa di Ingegneria Aeropaziale
Sarà forse capitato anche a voi di vedere quei modellini di aerei telecomandati che compiono delle piccole evoluzioni in volo e poi atterrano sobbalzando. Ebbene essi, oggi, in una versione completamente diversa sono diventati una delle armi più efficaci della moderna aviazione militare: sono i cosiddetti droni o UAV. Di essi oggi se ne parla molto e con differenti possibili applicazioni. Ma cosa sono gli UAV? Con il termine UAV, acronimo inglese di “Unmanned Aerial Vehicle” (che, tradotto letteralmente, significa “veicolo aereo senza pilota”), si definisce la categoria di velivoli che volano senza necessitare di un pilota a bordo. Essi talvolta sono anche chiamati "droni", italianizzando la parola inglese “drone” che significa "ronzio" per via del rumore prodotto. Il Dipartimento Americano della Difesa definisce più precisamente gli UAV come “velivoli senza equipaggio a bordo: velivoli motorizzati che non portano un pilota umano e che possono volare autonomamente oppure essere pilotati in remoto, possono o meno tornare alla base di partenza e portare carico letale (armi) o non letale (sensori, telecamere)”. Gli UAV non vanno confusi con i missili con sistema di guida, in quanto i primi hanno come caratteristiche fondamentali la capacità di mantenere il volo livellato per lunghi periodi di tempo rispetto ad un missile. Nemmeno i missili a lunga gittata possono essere classificati come UAV in quanto, come gli altri missili dotati di sistema di guida, la loro stessa struttura è un’arma che non può essere riutilizzata una volta lanciata. Questa specifica che può sembrare banale in realtà non lo è se pensiamo che i moderni UAV per applicazioni militari sono sistemi d’arma avanzati con notevoli capacità di difesa, attacco aria-aria ed attacco al suolo. Ma qual è il più grande vantaggio degli UAV rispetto ai velivoli pilotati, nonché la loro grande peculiarità? Sicuramente l’assenza del pilota a bordo del velivolo che permette di utilizzarli in missioni pericolose e rischiose per l’incolumità e la vita dei piloti. Tali missioni vengono tradizionalmente definite missioni 3D: “dull, dangerous e dirty”. “Dull”, ovvero missioni di sorveglianza e ricognizione monotone e di lunga durata, in cui l’uomo può distrarsi e lasciarsi sfuggire dettagli importanti, mentre sensori e processori, opportunamente programmati, riescono a cogliere solo i particolari di potenziale interesse; “dangerous”, ovvero missioni rischiose per la vita dei piloti che richiedono ai velivoli di penetrare in aree ostili; “dirty”, ovvero missioni pericolose per l’incolumità dei piloti che richiedono, per esempio, ai velivoli di spingersi su aree contaminate (inquinamento nucleare, chimico). I successi militari registrati in Kosovo nel 1999, in Afghanistan nel 2001 ed in Iraq nel 2003 stanno aprendo la strada verso il loro utilizzo anche in missioni civili normalmente riservate ai velivoli pilotati oppure da essi non eseguibili per la loro pericolosità e impraticabilità.
Global Hawk. Fonte: Northrop Grumman.
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Degli UAV si parla oggi molto, perché rappresentano un passo importante verso quella guerra a distanza che la tecnologia elettronica può consentire. Infatti questi velivoli sono completamente automatizzati, il pilota non è a bordo e si può trovare anche in una base militare a migliaia di chilometri di distanza, anche dall’altra parte del mondo. Ed è proprio l’assenza del pilota a bordo ad avere anche delle conseguenze e delle ricadute importanti sulla progettazione di questi velivoli. È, infatti, possibile progettare senza avere particolare riguardo nei confronti delle limitazioni fisiche tipicamente umane, realizzando UAV anche di dimensioni ridotte a parità di capacità operative, oppure velivoli in cui si può imbarcare maggiore carico utile e maggiori quantità di combustibile sfruttando lo spazio ed il peso normalmente assegnato all’equipaggio a bordo di un aereo ed ai sistemi di sopravvivenza. A parte i vantaggi che presentano rispetto ai velivoli con pilota, gli UAV, come piattaforme da ricognizione e sorveglianza, hanno anche dei vantaggi rispetto ai satelliti. Questi ultimi, a differenza degli UAV, hanno un elevato costo di lancio ed un elevato costo associato al riposizionamento in orbita e, in molti casi, i loro payload non possono essere cambiati durante il loro ciclo di vita. Gli UAV, invece, hanno la capacità di essere riprogrammati velocemente e di cambiare il payload in base alla missione da eseguire. Inoltre, essi possono operare più vicini alla terra rispetto a quanto fanno i satelliti e quindi possono prelevare immagini più precise a parità di sensore utilizzato. Un vantaggio significativo è la loro capacità di volare sopra una particolare zona, coprendo ed esaminando una specifica posizione per lunghi periodi di tempo. Ma in che modo possono essere classificati gli UAV? Verso la fine degli anni ‘90 il Dipartimento della Difesa Americano ha catalogato gli UAV in base alle esigenze di sorveglianza e ricognizione e in base al raggio di azione. In particolare, vi è la categoria degli “UAV tattici”, a breve raggio (50 chilometri di azione) e a corto raggio (200 chilometri di azione), e quella degli “UAV Endurance” con un raggio di azione maggiore dei 200 chilometri. Inoltre, vi è un’ulteriore categoria, ancora in fase di sviluppo, costituita dagli UAV da combattimento (“combat UAV” o UCAV). La categoria Endurance è suddivisa in sistemi a lungo raggio ed alta quota (HALE, High Altitude Long Endurance) ed in sistemi a lungo raggio e quota intermedia (MALE, Medium Altitude Long Endurance). Gli UAV HALE sono, tra gli UAV, quelli più grandi. Essi vengono usati in missioni di sorveglianza e di ricognizione, hanno raggi di azione fino a 3000 miglia, un’autonomia superiore anche a 24 ore ed una quota che può arrivare a 65000 piedi.
Aeromobile del Falco. Fonte: Galileo Avionica.
Sky-X. Fonte: Alenia Aeronautica.
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Tra i velivoli HALE vi è il Northrop-Grumman Global Hawk che viene utilizzato per missioni di sorveglianza e di ricognizione di aree molto grandi. Gli UAV MALE operano invece a quote attorno ai 15000-25000 piedi, in missioni a lunga durata, oltre le 24 ore. Gli UAV tattici, invece, comprendono i velivoli a breve raggio, cui si affiancano UAV di piccole dimensioni (o mini-UAV e micro-UAV, MAV), che vengono direttamente impiegati dagli operatori sul campo delle operazioni. I velivoli tattici sono velivoli concepiti per operare a stretto contatto con le truppe terrestri nello scenario operativo, volano a bassa quota fino ad un massimo di 15000 piedi. La durata della singola missione è relativamente breve, intorno alle 7-20 ore. Uno dei problemi maggiori degli UAV tattici ed a breve raggio sono le condizioni meteorologiche: essi hanno bisogno di condizioni relativamente calme per il lancio/decollo o l’atterraggio/ recupero, essendo molto sensibili alla turbolenza. Un velivolo tattico molto conosciuto è il Pioneer. I mini-UAV (MAV) sono stati sviluppati per eseguire missioni di ricognizione a cortissimo raggio definite “over the hill“, ovvero oltre la collina e “around the corner”, ovvero dietro l’angolo, al fine di fornire informazioni utili riguardo postazioni nemiche e proteggere così le truppe sul campo. Alcuni modelli di MAV oggi impiegati sono il “Bird-Eye 500” della IAI, lo “ScanEagle” della Boeing, lo “Skylark” della Elbit Systems, oppure il “Dragon Eyes” della Aero Vironment.
Scan Eagle. Fonte: Boeing.
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L’Italia è uno dei Paesi in prima linea nella ricerca, nello sviluppo e nell’utilizzo di nuove piattaforme UAV. In ambito militare l’Italia è uno dei pochi Stati ad avere utilizzato piattaforme UAV in azioni belliche. Nel 2002, infatti, ha avviato un programma per l’acquisizione di cinque Predator utilizzati, alla fine del 2004, con soddisfacenti riscontri operativi nel teatro iracheno nell’ambito dell’Operazione OIF (Operation Iraq Freedom). I droni Predator sono stati impiegati in Afghanistan e in Pakistan dal 2001, nella Striscia di Gaza nel 2008 e in Libia nel 2011 per attaccare le forze di Gheddafi e per proteggere i ribelli.
In ambito industriale esempi di piattaforme UAV sviluppate sono il Falco della Galileo Avionica e lo Sky-X di Alenia Aeronautica. L’industria italiana, oltre che avere dei progetti propri, è inserita anche in progetti europei come il progetto europeo nEUROn che ha come obiettivo di costruire e portare sul campo un UCAV Stealth (ovvero invisibile ai radar) entro il 2013.
Predator (mezzo operativo - sinistra - ed interfaccia di controllo - in basso -). Fonte: USAF.
Attualmente una delle grandi difficoltà per l’utilizzo degli UAV è loro incapacità di riconoscere lo scenario in cui stanno volando ed eventualmente apportare modifiche alla missione come reazione a qualcosa di non previsto, cosa che ne preclude l’inserimento nel traffico aereo sia militare che civile. Molti studi sono indirizzati all’introduzione dei sistemi UAV all’interno dello spazio aereo, si sta studiando cioè la possibilità di fornire gli UAV di capacità Sense and Avoid (SAA). Con tale definizione si identificano una serie di strumenti tecnologici concepiti per gli UAV, per consentire a questi di evitare (Avoid) in modo autonomo possibili collisioni con altri velivoli, per mezzo di opportuni sensori (Sense) ed impianti di bordo. Essi corrispondono alle tecnologie See and Avoid utilizzate sugli aeromobili con pilota, nei quali il pilota, parte integrante ed essenziale del sistema, può vedere gli altri velivoli in modo diretto o indiretto tramite opportuni strumenti (See) ed evitarne l’impatto (Avoid). Utilizzi non bellici degli UAV sono legati al controllo delle frontiere, alla guerra ai narcotrafficanti, alle fotografie aeree (come nel caso dei Global Hawk che hanno sorvolato la Centrale nucleare di Fukushima Dai-ichi, in Giappone, addentrandosi nella zona vietata al fine di monitorare i reattori dopo le esplosioni causate dal terremoto del Tohoku del 2011, scattando anche foto con i sensori a infrarossi).
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ESM - #4 Gli UAV fanno ormai così tanto parte dell’immaginario collettivo che ormai sono sempre più numerosi i film che vedono come protagonisti droni, come in Stargate SG-1, in Transformers - La vendetta del caduto, in A-Team (in alcune puntate si vedono droni che attaccano carri armati), in Eagle Eye, in Iron Man. Ma la loro presenza è notevole anche in moltissimi videogiochi largamente diffusi: da Call of Duty 4 Modern Warfare a Call of Duty Modern Warfare 2, da Call of Duty Black Ops a Medal of Honor, da Bad Company 2 (nel quale l’UAV è usato sotto forma di elicottero) a Call of Duty Modern Warfare 3.
Optimus Prime. Fonte: Paramount Pictures.
Al momento sono allo studio UAV anche per utilizzo civile, che potrebbero essere utilizzati in sostituzione di elicotteri e aerei civili in missioni di recupero di dispersi in mare o sulla terraferma in zone impervie, come lo Sky-X di Alenia Aeronautica. Ma questi velivoli avrebbero bisogno di essere in collegamento con il controllo del traffico aereo e qui sorgerebbero i problemi, perché attualmente tali velivoli non sono autorizzati a transitare sugli spazi aerei occupati da velivoli commerciali e di linea. In futuro queste due tipologie di velivoli dovranno riuscire a convivere nello stesso spazio aereo. Quindi sarà necessario nel prossimo futuro sviluppare nuove tecnologie per permettere questa convivenza (ovvero tecnologie per la comunicazione con gli altri velivoli, nonché per la loro individuazione a mezzo radar) e creare delle normative internazionali idonee. Solo così gli UAV, finora usati per scopi prettamente bellici, potranno trovare applicazione anche per gli usi civili più avanzati.
Bibliografia e Riferimenti per “UAV: droni da battaglia...e non solo!” - A Ottobre 2012 N.J.Cooke, H.L.Pringle, H.K.Pedersen, O.Connor, “Human Factors of Remotely Operated Vehicles”, Advances in Human Performance and Cognitive Engineering Research, Volume 7, Edited By Eduardo Salas. G. Barbato, G. Feitshans, R.Williams, T. Hughes, “Operator Vehicle Interface Laboratory: Unmanned Combat Air Vehicle Controls & Displays for Suppression of Enemy Air Defences" from Proceedings of the 12th International Symposium on Aviation Psychology, 2002. Carlo Casarosa, Meccanica del Volo, Edizioni Plus, Press Pisa University. Jane’s Unmanned Aerial Vehicle and Targets, Edited by Kenneth Munson. Jack Hollingum, “Unmanned vehicles go to war”, Industrial Robot: An International Journal ,Volume 25 , Number 6, 1998, pp. 379–383. S.B. Lazarus, A. Tsourdos, P. Silson, B.White, and R ˙Zbikowski, “Unmanned aerial vehicle navigation and mapping”, Department of Aerospace, Power and Sensors, Defence College of Management and Technology, Cranfield University, March 2008. Zhaodan Kong , Bernie Mettler , “Evaluation of Guidance Performance in Urban Terrains for Different UAV Types and Performance Criteria Using Spatial CTG Maps”, Zhaodan Kong, Bernie Mettler, October 2010. K.T.Ulrich, S. D. Eppinger, “Progettazione e sviluppo prodotto”, McGraw-Hill.
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Rubrica
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The Stars sing the Stars “Champagne Supernova” - Oasis 1995. di Alessandro Menchinelli Studente di Ingegneria Aerospaziale
Nell’ormai lontano 1995 Noel Gallagher immaginava di essere ritrovato sotto la frana causata da una supernova di champagne. Il termine “supernova” specifica un’esplosione stellare altamente energetica. Tale fenomeno può manifestarsi quando le stelle massicce raggiungono il loro stadio finale, oppure quando una nana bianca interagisce con un’altra stella. Prendiamo in considerazione il primo caso e specifichiamo il perché dell’aggettivo “massiccia”. In parole povere, la grande quantità di materia spinge verso l’interno a causa del peso, mentre le reazioni nucleari esercitano una forza verso l’esterno. Quando prevale il peso.. boom! La domanda che ci facciamo oggi è: quanto champagne serve per avere una SUPERNOVA DI CHAMPAGNE? !
Nube causata dall’esplosione di una Supernova.
Bisogna chiarire, innanzi tutto, che il discorso sarà limitato alla quantità di materia finale necessaria a superare il limite di Chandrasekhar (che, da definizione, è il limite superiore che può raggiungere la massa di un corpo che può ancora opporsi al collasso gravitazionale). Nella nostra analisi introdurremo, ovviamente, delle approssimazioni non piccole. Ad esempio che la massa di cui si parla nel limite di Chandrasekhar sia di materia degenere e non di champagne, che le tipologie di supernovæ siano molte (Ia, Ib, Ic, II, Ipernovæ) ma noi tratteremo la cosa in modo abbastanza generico, (riferendoci in linea di massima al tipo I) e, soprattutto, che in certe condizioni (temperatura, pressione, radiazioni...) dello champagne che tanto apprezziamo non resterebbe proprio nulla se non, probabilmente, un agglomerato di nuclei atomici immerso in un gas di elettroni (la materia degenere appunto). Sappiamo che il limite cui ci siamo riferiti vale circa 1,44 masse solari (cioè 1,44 volte la massa del Sole): si parla di 3,312·1030 kg. Cerchiamo ora di capire quanto champagne dovremmo considerare per raggiungere tale massa. Lo champagne viene distribuito in apposite bottiglie denominate “champagnotte” la cui capacità standard è di circa 75 ml, cioè 0,75 l. Poiché i dati relativi alla composizione chimica degli champagne sono riservati e gelosamente custoditi, faremo una media tra densità di acqua, alcol etilico e vino per stabilire una densità approssimativa (rispettivamente 1000, 790 e 950 kg/m3: otteniamo, quindi, per lo champagne, una densità di circa 913 kg/m3).
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La densità non è altro che il rapporto tra massa e volume, conoscendo il valore di quella del nostro pregiato liquido ed il volume contenuto dalla champagnotte standard, possiamo stabilire che ogni bottiglia contiene circa 0.685 kg di champagne. Con un banale rapporto tra il limite di Chandrasekhar e il quantitativo di massa di ogni bottiglia, possiamo sapere quante bottiglie di champagne dovremmo ordinare per realizzare il sogno della rockstar di Manchester, si tratta di circa 5·1030 bottiglie! Ma non vogliamo fermarci qui, quanto ci costerebbe tutto ciò (senza considerare la messa in orbita di tale mole di materiale)? Si può verificare che i prezzi di una bottiglia di buon livello si aggirino attorno ai 40.00 €, ci troveremmo di fronte ad una spesa di circa 200.00·1030 €! Prescindendo dal budget (che equivale a circa 1,23 ·1025 volte il PIL nominale europeo), probabilmente si andrebbe incontro anche ad un altro problema: le piantagioni. Anche qui introduciamo delle semplificazioni: sappiamo che da 100 kg di uva si possono ottenere circa 75 litri di vino (facendo finta che sia champagne, si parla di quasi 68,5 kg). Con una semplice proporzione possiamo verificare che a noi occorrerebbero circa 4,8·1030 kg di uva totali. La regione dello Champagne ha una resa media di circa 12950 kg di uva per ettaro: con un’altra semplice proporzione possiamo ottenere di quanti ettari di terra avremmo bisogno (ammesso che tutti abbiano la stessa resa e condizioni ottimali per la produzione di champagne pregiato e, probabilmente, questa è l’approssimazione peggiore); risultato: 3,73·1026 ettari! Dai dati FAO sappiamo che la superficie totale ”idonea alla coltivazione” del nostro pianeta è di circa 1,5·109 ettari; per realizzare una supernova di champagne, quindi, avremmo bisogno di 2,5·1017 pianeti come il nostro, le cui superfici fertili siano interamente coltivate ad uva! È molto probabile che il sogno del nostro buon Noel Gallagher sia destinato a rimanere tale!
! Flute di Champagne.
Bibliografia e Riferimenti per “Champagne Supernova” - A Ottobre 2012 www.vinostore.it www.fao.org www.oasisinet.com www.nasa.gov it.wikipedia.org fr.wikipedia.org
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