"EverySpace Magazine" - #2

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“EverySpace Magazine - #2” 14 luglio 2012 Distribuzione gratuita online ISBN: 9788897004196

Luglio 2012 - Distribuzione gratuita in Italia

Magazine

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EverySpace S.r.l.


ESM - #2

“EverySpace Magazine” - Numero 2 Data di pubblicazione online: 14 Luglio 2012 Responsabile della pubblicazione: Issuu Ideatore del progetto “EverySpace Magazine”: Simone La Torre Direttore Responsabile e Direttore Editoriale: Michele Caruso Società responsabile del progetto: EverySpace S.r.l. Presidente: Simone La Torre Direttore Generale: Mattia Stipa Sito web: www.everyspacedivision.com ***** Supplemento del giornale di informazione e cultura "Vento nuovo". Registrazione Tribunale di Roma n. 43 del 24.02.2010 Pubblicazione a cadenza saltuaria. ***** La totalità degli autori e dei collaboratori di “EverySpace Magazine” fornisce il proprio contributo a titolo gratuito, accettando ogni responsabilità in caso di contestazioni di diritti d’autore e proprietà intellettuali in merito ai propri articoli. La Redazione di “EverySpace Magazine” resta a disposizione degli aventi diritto, per quei casi in cui non è stato possibile risalire ai detentori di proprietà intellettuali di concetti, citazioni, o immagini utilizzate in questo numero. ***** Le inserzioni pubblicitarie su queste pagine, qualora presenti, sono a pagamento. ***** Supervisione editoriale, grafica, impaginazione e garanzia di qualità tecnica a cura di EverySpace S.r.l. Responsabile del processo di revisione linguistica degli articoli: Simone La Torre “EverySpace Magazine” è un progetto esclusivo di EverySpace S.r.l.

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ESM - #2 Indice

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Un successone! di M. Stipa

I satelliti naturali e quelli artificiali. di P. Romano

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Lo slalom tra le galassie. Avanti tutta! di M. Caruso

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Nel 2012 non finirà il mondo! di S. La Torre

Come volano gli aerei? di M. Flaccovio

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Il bosone di Higgs. di A. Pizzoferrato

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Le fasi lunari.

di A. Marotta

I materiali intelligenti. di F. Capece

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Rubrica “Space People”: K. E. Tsiolkovsky

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di D. De Angelis

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Soddisfa la tua curiosità!

Foto del Sole all’alba.

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ESM - #2

Un successone

!

Carissimi amici, è per me un grande onore introdurvi alla lettura del secondo numero di “EverySpace Magazine”. Quando Simone La Torre mi ha proposto di creare insieme una rivista gratuita, scritta da studenti universitari, in grado di trattare argomenti complessi in modo semplice ed immediato, ho accettato subito. L’idea di creare “EverySpace Magazine” mi ha fortemente intrigato, ma ha fatto nascere in me anche qualche dubbio: “riusciremo a creare qualcosa di veramente interessante? Sapremo trovare gli argomenti giusti per appassionare i lettori?” Oggi posso dire, con gioia, che i miei dubbi erano completamente infondati. Il primo numero del magazine ha raccolto centinaia di migliaia di visite e ci ha portato una valanga di complimenti. Vorrei quindi approfittare di questo spazio per ringraziare tutti voi lettori, ma anche i membri della nostra Redazione, i quali hanno reso questo risultato possibile grazie al duro lavoro, all’entusiasmo ed alla passione con cui si sono dedicati a questo progetto. Ora le cose si fanno veramente interessanti. Questo successo ci porta a spingerci oltre e ad alzare l'asticella. Siamo sicuri, tuttavia, che il secondo numero sarà capace di incuriosirvi, appassionarvi e divertivi anche più del primo. Spero vivamente che la lettura di “EverySpace Magazine” possa stimolare la fantasia di voi lettori e spingervi ad investire su voi stessi e sulle vostre idee. A questo punto non mi resta altro da fare che invitarvi a passare alla prossima pagina ed a gettarvi nella lettura di questo nuovo numero. Mattia Stipa

Direttore Generale e Co-Fondatore di EverySpace S.r.l.

“EverySpace Magazine”,

Lo Spazio, Semplicemente!

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Elaborazione artistica di una foto della Terra.

Lo slalom tra le galassie. Avanti tutta! di Michele Caruso Direttore Responsabile ed Editoriale di “EverySpace Magazine”.

“La Terra – sosteneva Tsiolkovsky - è la culla dell'umanità, ma non si può vivere in una culla per tutta la vita”. Ignorare il fascino del cosmo infinito, il leggendario coperchio del cielo, il meraviglioso tetto punteggiato di fuochi d’oro, significa restare per sempre costipati in quella culla. L’Universo ha da sempre ammaliato e stregato i popoli della Terra: per i Pigmei della foresta pluviale, ad esempio, Khonuum era il dio supremo del cielo ed ogni notte, quando il Sole tramontava, ne raccoglieva in un sacco i frammenti disseminati (le stelle) e li ricombinava pazientemente a formare il Sole, affinché esso potesse ricomparire la mattina seguente. I Boscimani credono, invece, che la notte sia fredda anche per il Sole, descritto come un vecchio dormiglione che vive solitario in una capanna isolata. Cosicché, per proteggersi dal freddo, si tira addosso la sua coperta vecchia tanto quanto lui e, per questo motivo, piena di buchi: l'oscurità della notte è rotta dalla luce che filtra attraverso i buchi della coperta, le stelle… Affascinati da queste leggende d’altri tempi, invito tutti noi ad allacciare le cinture e a tenerci ben saldi per lo slalom tra le galassie!

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Sin da quando decisi, con immenso piacere ed onore, di accettare la direzione di “EverySpace Magazine”, ebbi come la sensazione che esso fosse il frutto di un’idea giornalisticamente brillante: trasformare un gruppo di appassionati studenti universitari in comunicatori proattivi della Scienza. Ed ora che siamo giunti alla seconda uscita, la mole straordinaria di lettori e sostenitori, raggiunti in un lasso di tempo incredibilmente breve, mi persuade a credere nella fondatezza di quella mia sensazione primordiale. Avvicinare i giovani alla Scienza e farli viaggiare per l'Universo: è in questo, in primo luogo, il bergsoniano slancio vitale, il punto archimedeo, la forza motrice, che muove i meccanismi ipergalattici di questo magazine, unico nel suo genere.


I satelliti naturali e quelli artificiali. di Patrick Romano Dottorando di Ingegneria delle Telecomunicazioni

“Un vettore in grado di raggiungere una velocità sufficiente in volo, fuori dall’atmosfera terrestre, non vi rientrerà mai... e un vettore che, invece, riuscisse a mantenere tale velocità, diventerebbe un satellite artificiale, orbitando la Terra per sempre senza dispendio di energia – di fatto, una seconda luna.” Sir Arthur C. Clarke

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La parola “satellite” proviene dal termine latino “satelles”, che significa guardia del corpo (di un re), seguito, servitore. Il termine “satellite” viene frequentemente utilizzato per definire le lune dei pianeti, le quali sembrano muoversi velocemente attorno ai loro “padroni” (i pianeti appunto) che, nel Sistema Solare, portano i nomi degli antichi dei. Un satellite, quindi, "segue" in continuazione il corpo celeste a cui appartiene, senza staccarsene per un attimo. Un satellite naturale è rappresentato da un corpo celeste orbitante intorno ad un secondo corpo celeste che non sia una stella. Nel nostro Sistema Solare, ad esempio, i satelliti naturali sono definiti "satelliti planetari", in quanto orbitano attorno ai pianeti corrispondenti. L’unico satellite naturale della nostra Terra è la Luna. Fino ad oggi, gli astronomi hanno scoperto nel nostro Sistema Solare almeno 146 satelliti naturali. Inoltre, si conosce l’esistenza di ulteriori 23 satelliti, della cui scoperta, però, si attende ancora la conferma ufficiale. In generale, i satelliti sono corpi solidi e solo pochi possiedono un’atmosfera. I satelliti naturali del Sistema Solare prendono il loro nome da personaggi mitologici di diverse culture, tranne quelli di Urano, i quali derivano la loro denominazione dai personaggi delle opere Shakespeariane.

Dimensioni dei principali satelliti naturali del Sistema Solare, comparate a quelle della Terra e della Luna.

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ESM - #2 Un satellite artificiale, invece, viene definito come un oggetto creato dall’uomo che orbita intorno a un qualsiasi corpo celeste. Il primo satellite artificiale in assoluto fu lo “Sputnik 1”, lanciato nel 1957 dai sovietici (in russo, "sputnik" significa "compagno di viaggio").

Lo “Sputnik 1”, il primo satellite artificiale della storia.

A partire dallo "Sputnik 1", al giorno d’oggi sono stati lanciati ben oltre 33.000 satelliti, di cui circa 13.000 sono ancora in orbita (gli altri sono rientrati nell’atmosfera). Di questi 13.000 satelliti, solo circa 3.500 sono ancora funzionanti. Nella classifica dei primi satelliti lanciati, allo “Sputnik 1” seguono i due satelliti statunitensi “Explorer 1” e “Vanguard 1” nel 1958. Il primo satellite italiano “San Marco 1”, lanciato per lo studio dell’atmosfera terrestre, nato da una cooperazione italo-americana, fu lanciato nel 1964, facendo così dell’Italia la terza nazione in assoluto a mandare un satellite in orbita, dopo Unione Sovietica e Stati Uniti. I satelliti artificiali vengono impiegati per numerosi scopi. Le loro principali applicazioni sono telecomunicazioni, telerilevamento e navigazione, oltre alla ricerca scientifica. In particolare, il campo delle telecomunicazioni rappresenta circa il 90% dell’impiego dei satelliti ed è anche il settore commerciale più "economicamente remunerativo" in assoluto, generando (nel solo 2008) entrate di circa 144 miliardi di dollari statunitensi.

Una curiosità: "Sputnik 1" era un satellite molto piccolo, delle dimensioni di una palla da basket. Secondo la suddivisione odierna dei satelliti artificiali, farebbe parte di quelli che vengono chiamati "small satellites", una categoria di satelliti piccoli (<100 kg) ma con grandi potenzialità, che sta riscontrando grande successo sia nell’ambito scolastico/universitario che nell’ambito commerciale. Tali satelliti hanno le capacità di svolgere attività complesse, ottimizzando le risorse a costi contenuti.

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Mappa dei satelliti commerciali per telecomunicazioni in orbita Geostazionaria e Geosincrona.

Una volta raggiunta la propria orbita, i satelliti sono soggetti a rischi provenienti da diversi oggetti di varia natura. Infatti, circa 20.000 tonnellate di polvere interplanetaria, meteoroidi e frammenti di asteroidi transitano nello spazio intorno alla Terra ogni anno, minacciando di entrare in collisione con i satelliti artificiali che vi orbitano. A questo pericolo naturale si aggiungono oggetti (o frammenti di oggetti) artificiali non più funzionanti, ma ancora in orbita, definiti come "space debris" (in italiano: “rifiuti spaziali”), il cui numero è in continua crescita.

Rappresentazione artistica dei rifiuti spaziali (le loro dimensioni non sono in scala, per facilitarne la visibilità).

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Per proteggere i satelliti dai rifiuti spaziali esistono diverse contromisure. Elementi passivi come schermature o scudi paraurti, utilizzati ad esempio nella Stazione Spaziale Internazionale (ISS), forniscono una protezione efficace da frammenti che abbiano un diametro massimo di un centimetro. Per evitare le collisioni con altri oggetti di dimensioni superiori, i satelliti devono poter compiere manovre orbitali. Tali manovre consentono, tuttavia, soltanto di schivare oggetti con un diametro minimo di dieci centimetri, poiché soltanto tali oggetti possono essere seguiti ed identificati dalle antenne a Terra. I rifiuti spaziali, in aggiunta, rappresentano un rischio per la Terra in quanto oggetti incontrollabili che, a seconda della loro dimensione e velocità, possono entrare nell’atmosfera e causare danni alla superficie terrestre. Un esempio recente è rappresentato dal satellite NASA “UARS” che, durante il suo rientro nell’atmosfera nel Settembre 2011, si frantumò in diversi pezzi, alcuni dei quali si disintegrarono rientrando nell'atmosfera, mentre 26 pezzi sopravvissuti all’impatto finirono la loro corsa nell’Oceano Pacifico, dopo aver minacciato di cadere sopra zone abitate.

Rientro dell’ ATV (Automatic Transfer Vehicle) “Jules Verne” sopra l’Oceano Pacifico.

Mentre la continua ricerca e scoperta di nuovi satelliti naturali dimostra quanto sia vasto e ancora inesplorato l’universo, i satelliti artificiali lanciati dall’uomo dimostrano di poter cambiare la nostra vita. Una varietà di applicazioni, date ormai per scontate nel nostro uso quotidiano, come la TV satellitare, le previsioni meteo o la navigazione GPS (solo per citarne alcune), sono rese possibili soltanto grazie ad essi.

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ESM - #2 In ultimo, occorre svelare che numerose innovative applicazioni dei satelliti sono in fase di sviluppo e progettazione e che la possibilità d’impiego di piccoli satelliti, capaci di svolgere funzioni complesse, renderà il settore spaziale sempre più interessante ed accessibile.

Telescopio spaziale Hubble.

Bibliografia e Riferimenti per “I satelliti naturali e quelli artificiali” - A Luglio 2012

ASI, 2009. 20 anni di ASI, 44 anni di missioni spaziali italiane. disponibile da <http://www.asi.it/it/storia>. [Accesso effettuato il 29 Aprile 2012] ESA, 2012. Space Debris: Hypervelocity Impacts, Collision & re-entry risk control. disponibile da <http://www.esa.int/esaMI/Space_Debris/ SEMZFL05VQF_0.html>. [Accesso effettuato il 29 Aprile 2012]. Go SSP Team Project Members, 2011. Guidebook on Small Satellite Programs Final Report. International Space University, Space Studies Program 2011. INTER-AGENCY SPACE DEBRIS COORDINATION COMMITTEE (IADC) (2007) IADC Space Debris Mitigation Guidelines. Inter-Agency Space Debris Coordination Committee (IADC). Report number: IADC-02-01 LYALL, F., LARSEN, P.B., 2009. Space Law: A Treatise. Surrey: Ashgate. MADRY, S., 2011. Introduction to Satellite Applications. International Space University, Space Studies Program 2011. NASA JPL Solar System Dynamics, 2012. Planetary satellites. disponibile da <http://ssd.jpl.nasa.gov/?satellites>. [Accesso effettuato il 29 Aprile 2012]. NASA Solar System Exploration, 2012. Our Solar System: Moons . disponibile da <http://solarsystem.nasa.gov/planets/profile.cfm? Object=SolarSys&Display=Moons>. [Accesso effettuato il 29 Aprile 2012]. NASA, 2011. UARS Re-entry overview. disponibile da < http://www.nasa.gov/mission_pages/uars/> . [Accesso effettuato il 29 Aprile 2012]. WERTZ, J. R., LARSON, W.J., 2008. Space Mission Analysis and Design. 3rd edition : Space Technology Library. Tutte le immagini sono state reperite dai portali di ESA, NASA e COMSOFT.

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Nel 2012 non finirà il mondo! di Simone La Torre Studente di Ingegneria Spaziale

Tanti libri e film, ma poche verità sull’argomento. Se ne parla in moltissime trasmissioni ed i giornalisti amano pubblicarlo su quotidiani e riviste. Ma ora basta! Troppo è stato detto e troppi ci hanno creduto! E‘ arrivato il momento di trattare rigorosamente l’episodio e le dicerie ad esso collegate, per affermare consapevolmente che, nel dicembre 2012, non finirà il mondo! Le teorie che “dimostrerebbero” la fine del mondo sono numerose ed articolate. Fortunatamente sono anche prive di fondamento scientifico, il che le rende particolarmente semplici da confutare.

Immagine della Terra vista dallo spazio.

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D’altra parte, tali teorie sono anche banali da creare: basta collegare un qualsiasi fenomeno, in grado di catturare l’attenzione del pubblico, ad una qualunque spiegazione pseudo-scientifica che lo faccia sembrare vero. Poco importa, evidentemente, che la connessione tra causa ed effetto sia imposta forzatamente. Volete un esempio? Da 16 anni a questa parte, esperti geofisici di numerosi stati stanno osservando che la conformazione delle macchie sulla superficie del Sole corrisponde perfettamente alla distribuzione geografica dei terremoti qui sulla Terra. Pertanto, con assoluta certezza, per prevedere i terremoti basterà stimare la sequenza di formazione delle macchie solari. Ovviamente le righe precedenti sono false e sono assolutamente inventate. Non lasciamoci abbindolare solo perché compaiono le parole “esperti”, “Sole”, “certezza” e “terremoti”.


ESM - #2 Ma procediamo con ordine: quali sono le più diffuse teorie in circolazione sulla fine del mondo? Teoria 1 - Conclusione del ciclo del “Lungo Computo” del calendario Maya; Teoria 2 - Sole allineato con il centro della nostra galassia e con la Terra; Teoria 3 - Inversione dei poli magnetici terrestri ed abbattimento dello scudo magnetico; Teoria 4 - Picco di attività solare e conseguente aumento del vento solare; Teoria 5 - Pianeta misterioso in rotta di collisione con la Terra; Teoria 6 - Nube spaziale in grado di mutare l’equilibrio del Sistema Solare; Teoria 7 - Calcoli basati sulle avanzate conoscenze astronomiche degli antichi egizi. Credo che il modo migliore per dimostrare l’inesattezza del suddetto elenco sia quello di trattare queste teorie in sequenza, analizzando, punto per punto, l’infondatezza delle nostre paure. Teoria 1 - Conclusione del ciclo del “Lungo Computo” del calendario Maya. Gli antichi Maya, per misurare il tempo, si servivano di un calendario religioso di 260 giorni, di un calendario stagionale della durata di 365 giorni e del calendario del “Lungo Computo” (durava approssimativamente 5.125 anni). Proprio quest’ultimo calendario sarà quello che terminerà nel dicembre 2012. A questo punto è sufficiente lasciare la parola a Sandra Noble, direttrice della “Fondazione per il Progresso degli Studi Mesoamericani” di Crystal River (USA), per scoprire che: “per gli antichi Maya, giungere al termine dei calendari rappresentava esclusivamente motivo di grande festa”. Di fatto anche noi, ogni 31 dicembre, festeggiamo la fine del nostro calendario senza permetterci di pensare che la fine del mondo sia legata ai nostri festeggiamenti. Inoltre, nessuno dei ritrovamenti archeologici legati ai Maya ci ha mai fatto pensare che fossero in grado di calcolare con precisione la fine del mondo. A questo punto i più scettici potrebbero dire: “allora perché i Maya utilizzavano tre calendari, se a noi ne basta solo uno? Non potrebbero aver creato gli altri per contare i giorni che ci separano dalla fine del mondo?” In realtà noi non utilizziamo affatto un unico calendario, anche se siamo tutti grati a quello di 365 giorni, perché ci permette di organizzare efficacemente le nostre giornate. Tuttavia non potremmo mai permetterci di valutare gli eventi astronomici utilizzando cicli di 365 giorni e quindi, a questo scopo, in ambito spaziale, è universalmente adottato il calendario stellare, basato sulle “epoche” (in particolare, ora, ci troviamo nel corso dell’epoca J2000) ed utilizzato per tracciare le mappe stellari. Apparentemente non è prevista nessuna fine del mondo nella nostra epoca (anche perché nessuno sarebbe in grado di prevederla: qual è la formula della fine del mondo?). La conclusione è la seguente: di certo i Maya sarebbero felici di festeggiare la fine del “Lungo Computo”, se ne avessero la possibilità.

La ruota del grande calendario Maya.

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Teoria 2 - Sole allineato con il centro della nostra galassia e con la Terra. Nel dicembre 2012, in concomitanza con il solstizio d’inverno, il Sole si troverà allineato con il centro della nostra galassia (la Via Lattea) e con la Terra. Un evento del genere, più volte avvenuto in passato senza conseguenze rilevanti, non comporta pericoli, poiché è scientificamente errato pensare che un accoppiamento tra due oggetti così differenti, come una stella (il Sole) ed una galassia, possa portare a repentini cambiamenti in grado di determinare la fine del mondo nell’arco di una sola notte. Ma, di fatto, rendersi conto che questa teoria sia una bufala priva di fondamento scientifico è piuttosto semplice: infatti, è vero che il Sole, nel suo moto, si troverà allineato per un certo periodo con il centro della nostra galassia e con il nostro pianeta, ma è anche vero che il suddetto avvenimento è parte di un movimento lentissimo, che porta l’orbita del Sole ad intersecare il piano mediano galattico e che, nel complesso, necessita di circa 32 milioni di anni per compiersi. Trattandosi di tempi così lunghi, che differenza potrebbe mai esserci tra il comportamento del Sole a novembre, rispetto al suo comportamento a dicembre oppure a gennaio? Alcuni siti internet continuano, tuttavia, a sostenere il fatto che ogni 30-35 milioni di anni avvenga un’estinzione di massa; ovviamente, tale statistica non è supportata da nessun dato scientifico (di fatto, l’ultima estinzione di massa è avvenuta ben oltre i 70 milioni di anni fa). Teoria 3 - Inversione dei poli magnetici terrestri ed abbattimento dello scudo magnetico. Questa teoria è quasi esilarante: si basa sull’ipotesi che, nel dicembre 2012, la Terra smetterà di ruotare per 72 ore, per poi riprendere a ruotare in senso contrario, causando l’inversione dei poli magnetici e lasciando, per quelle 72 ore, la Terra sprovvista del proprio scudo magnetico. E’ talmente inverosimile che viene quasi da crederci (ovviamente no!). Iniziamo ricordando il fenomeno dell’inversione dei poli magnetici: si tratta di un evento che impiega migliaia di anni per compiersi e che non lascia affatto la Terra sprovvista della propria protezione magnetica. Il risultato di un’inversione polare causa esclusivamente un aumento della complessità delle linee del campo magnetico generato dalla Terra ed uno spostamento dei poli magnetici. L’ultima inversione si è verificata circa 780 mila anni fa. Non si sa quando avverrà la prossima. Si tratta, comunque, di un processo che non è in nessun modo collegabile ad un’eventuale fine del mondo e che, soprattutto, non giustifica assolutamente un arresto della rotazione terrestre. E perché mai la Terra dovrebbe smettere di ruotare per 72 ore? Teoria 4 - Picco di attività solare e conseguente aumento del vento solare. Nel corso dell’anno 2012, si dovrebbe assistere ad un picco di attività solare. Niente di più normale. Il Sole segue un ciclo periodico che dura circa 11 anni (dai 10 ai 12 anni) che regola l’alternanza di un periodo di “massimo” ed un periodo di “minimo”, riconoscibili dal differente numero di macchie solari sulla sua superficie visibile. Lo scorso picco si è verificato verso la fine dell’anno 2000 (perfettamente in linea con le attese degli studiosi). Il picco di attività solare è associato ad un aumento di intensità del vento solare; tuttavia, ciò non costituisce nulla di pericoloso per l’uomo, il quale convive con queste variazioni del ciclo solare da sempre. I catastrofisti affermano che, negli ultimi anni, l’attività solare stia crescendo a dismisura di intensità. Niente di più falso. Al contrario, nell’ultimo decennio, l’attività solare sembra aver subito un lento declino. Negli ultimi 100 anni, infatti, solo tra il 1911 ed il 1914 il Sole era stato così “pigro” come lo è adesso. Quindi, verso la fine del 2012 (o l’inizio del 2013) si registrerà un picco di attività solare, ma questo sarà meno intenso del solito e seguirà i ritmi a cui siamo abituati da quando esistiamo su questa Terra.

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Teoria 5 - Pianeta misterioso in rotta di collisione con la Terra.

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Dal 2002, le voci sulla presunta esistenza di un pianeta sconosciuto circolano sul web. Tale pianeta si chiamerebbe “Nibiru”, ma la sua esistenza non è mai stata dimostrata da fonti scientifiche. Non che non ci abbiano provato, anzi: per evitare la nascita di falso allarmismo, molti astronomi hanno speso energie alla ricerca di questo fantomatico pianeta, supposto in rotta di collisione con la Terra. Ovviamente, dato che il pianeta non esiste, nessuno è riuscito a trovarne traccia nelle orbite previste (e riportate addirittura online da esaltati catastrofisti). A seguito di questi tentativi, tuttavia, un fenomeno molto strano, interessante ed un po’ patetico si è verificato: i catastrofisti hanno iniziato ad interpretare l’impossibilità riscontrata dagli astronomi nell’identificare il pianeta fantasma, come la prova della sua misteriosa esistenza. La notizia più scioccante è che, secondo le voci prive di fondamento che supportano la sua esistenza, il pianeta Nibiru avrebbe già dovuto colpire e distruggere la Terra, precisamente nel maggio 2003. Ora questo pianeta è stato riciclato per incutere nuovamente terrore, facendo coincidere il suo arrivo con l’evento che, secondo la più celebre teoria legata al calendario Maya, determinerebbe la fine del mondo nel dicembre 2012 (cfr. Teoria 1). Una bufala riciclata resta sempre una Rappresentazione artistica bufala! della collisione tra il pianeta Nibiru e la Terra.

Teoria 6 - Nube spaziale in grado di mutare l’equilibrio del Sistema Solare. Questa teoria non è molto nota e spesso viene confusa con la Teoria 3 o con la Teoria 4, pur affermando qualcosa di completamente differente: alcuni studiosi russi ritengono che il Sistema Solare stia attraversando una zona ad alta energia cosmica, in grado di alterare gli equilibri del sistema stesso. Interessante teoria. Peccato che nessuna rivista scientifica l’abbia accettata, poiché si basa esclusivamente su dati online di dominio pubblico (che potrebbero essere completamente inventati). Nessuna misurazione realmente effettuata è in grado di confermare il transito del nostro Sistema Solare in questa famigerata nube ad alta energia. Teoria 7 - Calcoli basati sulle avanzate conoscenze astronomiche degli antichi egizi. Per questo punto si invitano i lettori a rendersi conto che tutto è relativo: le “avanzate” conoscenze astronomiche degli antichi egizi sono “ridicole barzellette” se le paragoniamo con le nostre attuali conoscenze di astronomia ed ingegneria. Gli egizi sono stati in grado di emulare (probabilmente), con le piramidi di Giza, le posizioni delle stelle della Cintura di Orione. I nostri astrofisici ed ingegneri aerospaziali sono in grado di lanciare una sonda interplanetaria alla velocità di decine di chilometri al secondo e di farla passare tra Saturno ed i propri anelli, per poi raggiungere Titano (una delle lune di Saturno) e farvi atterrare una seconda sonda (di dimensioni minori) in grado di scattare fotografie in alta definizione e di rimandarle a Terra (ci si riferisce alla missione Cassini-Huygens). Risultati dell’ingegneria a parte, dato che i calcoli su cui la presente teoria si basa non sono mai stati pubblicati, né resi noti, si ritiene opportuno dare per scontato che si tratti di una bufala. Con tutto il rispetto per le avanzate conoscenze degli antichi egizi, ovviamente.

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La fine del mondo nel dicembre 2012? Non credo proprio! O meglio, una fine certamente ci sarà: quella delle baggianate di tutti gli approfittatori che tentano disperatamente di speculare su questa bufala di proporzioni planetarie. Tranquilli, sapranno certamente pensarne delle altre... o riciclare qualcuna di queste in un altro momento.

Antica costruzione Maya.

Bibliografia e Riferimenti per “Nel 2012 non finirà il mondo!” - A Luglio 2012

http://it.wikipedia.org/wiki/Epoca_(astronomia) http://www.focus.it/curiosita/mistero/21-dicembre-2012-fine-del-mondo-verita-o-bufala-apocalisse-o-fesseria-9887-23273-23472_C12.aspx http://it.wikipedia.org/wiki/Ciclo_undecennale_dell'attività_solare http://www.nibiru2012.it/forum/astronomia/oscillazioni-orbita-del-sole-all-interno-della-via-lattea-e-estinzioni-di-massa-139775.0.html http://archeologia360.wordpress.com/il-calendario-maya/ http://www.maya12-21-2012.com/effects-of-nibiru-on-earth.html

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A questo punto, dopo aver considerato molte delle teorie in circolazione (tutte le più importanti), è rimasto ben poco (per non dire “nulla”) a cui credere. Anzi, a mio parere, la sola teoria a rimanere in piedi è quella che afferma che tutte le precedenti teorie siano invenzioni di allarmisti e catastrofisti e che siano prive di ogni fondamento scientifico.


ESM - #2 Come volano gli aerei? di Martina Flaccovio Studentessa di Ingegneria Spaziale

L’uomo e il volo. Infiniti aerei ogni giorno sfrecciano sulle nostre teste, facendoci alzare spesso gli occhi, anche solo per un secondo, lasciandoci osservare quella scia che spesso lasciano dietro di sé. Come sarà cominciato tutto questo? Come è riuscito l’uomo a riprodurre ciò che solo gli uccelli e poche altre specie animali riescono a fare, facendo librare in aria delle immense macchine di metallo? Sin dall’antichità, l’essere umano ha sempre immaginato e sognato di poter volare, manifestando questa volontà Raffigurazione artistica di riproducendo creature alate, prima nelle Icaro e Dedalo. proprie opere d’arte (sculture o pitture, graffiti o racconti mitologici che fossero), per poi tentare d’ingegnarsi e costruire qualcosa di reale che permettesse all’uomo di staccarsi dal suolo. Nella mitologia si racconta che il primo volo fu quello (disastroso) di Icaro che, ignorando le raccomandazioni del padre Dedalo, arrivò troppo vicino al Sole, facendo sciogliere la cera che teneva insieme le piume delle sue ali, cadendo rovinosamente in mare. Nella realtà, però, per volare non servono necessariamente delle ali piumate come quelle di Icaro e Dedalo, basta avere una super ficie che presenti deter minate caratteristiche, associata ad una velocità sufficientemente elevata, ed il gioco è fatto; si parla di una sola superficie, perché bisogna precisare qualcosa che non molti sanno, ovvero che gli aerei possiedono una sola ala e quelle che, erroneamente, vengono chiamate ali, sono le metà di un'unica ala, dunque dette "semiala destra" e "semiala sinistra". Il primo ingegnere, grande personaggio storico, che diede un contributo fondamentale allo studio del volo e dell’anatomia degli uccelli (scrivendo “Il codice sul volo degli uccelli”) e che ne carpì le caratteristiche per disegnare macchine volanti, fu Leonardo Da Vinci. I suoi studi, avvenuti nel XVI secolo, portarono a capire che, più che sfruttare il battito d’ali, gli uccelli traggono beneficio dalle correnti aeree. Pertanto, Leonardo osservò come gli uccelli, utilizzando le correnti d'aria, mantengano l'equilibrio in volo, grazie al movimento di ali e coda, e capì anche come essi riescano a frenare.

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Gabbiano in volo.


Senza impelagarci negli (utilissimi) studi che sono stati effettuati nel passato e che ancora oggi sono oggetto di analisi, il modo più semplice per capire come qualcosa possa volare è quello di fare un esperimento: provate a mettere una mano fuori dal finestrino della vostra automobile mentre siete in corsa in autostrada, tenetela prima parallela al terreno, con il palmo della mano rivolto verso terra, poi ruotatela leggermente verso l’alto. Quello che osserverete è che la vostra mano tenderà a sollevarsi. Adesso immaginate che, immerso nell’aria, invece della vostra mano, vi sia il profilo dell’ala di un aereo o di un uccello. Cosa si intende per "profilo di un'ala"? Semplice: consideriamo un'ala ed immaginiamo di attraversarla con un piano perpendicolare alla sua lunghezza; ciò che si vede sul piano immaginario è il profilo. La parte anteriore dell’ala, che per prima incontra il flusso d’aria in cui è immersa, viene detta "bordo d’attacco" (o "bordo d’entrata"); l’estremità opposta invece è il "bordo d’uscita".

Profili alari in evidenza (in blu).

A questo punto, avendo compreso cosa sia un profilo alare, si può facilmente capire che l’aereo si trova sospeso in aria senza alcun sostegno ma, come ogni oggetto che possieda una massa, è sottoposto alla forza di gravità e quindi tenderebbe a cadere a terra, a differenza della vostra mano attaccata al braccio che le fa da sostegno. Inoltre, man mano che il profilo si muove nell’aria, esso subisce una resistenza da parte dell’aria che incontra. Fisicamente, affinché un qualunque oggetto resti sospeso nell’aria, tutte le forze che agiscono su di esso devono essere in equilibrio e, poiché essere in equilibrio significa che la risultante di tutte le forze in gioco deve essere nulla, si avrà bisogno di due forze che siano uguali e contrarie, una alla forza peso ed una alla resistenza dell’aria, in modo da opporsi ad esse. Per quanto riguarda la forza che bilancia la resistenza, essa viene chiamata “spinta” ed è questo uno dei motivi per cui l’aereo necessita di almeno un motore (fatta eccezione per gli alianti, che volano sfruttando una maggiore superficie alare); per quanto riguarda, invece, la forza che bilancia il peso dell’aereo, evitando che cada a terra attratto dalla forza di gravità, essa viene detta “portanza” ed è proprio la forza che sperimentate con la vostra mano (con riferimento all'esperimento proposto in precedenza) e che tende a farla sollevare.

Flusso su un profilo alare.

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ESM - #2


ESM - #2

Particolare di semiala sinistra in volo.

Dunque, la portanza è la vera protagonista del volo e, perciò, cerchiamo di capire meglio da cosa nasce e come agisce. La portanza è il principio notato da Daniel Bernoulli, un matematico svizzero del Settecento, il quale osservò che un fluido come l’aria, quando deve superare una superficie curva, tende ad aumentare la propria velocità, mentre la propria pressione su tale superficie diminuisce. Perciò, riferendoci ai comuni aerei civili su cui tutti siamo abituati a volare, se la nostra ala è progettata in modo da avere sulla superficie superiore (dorso) una geometria più curva rispetto alla superficie inferiore (ventre), l’aria si sposta più velocemente sul dorso dell'ala di quanto non faccia sul ventre. Quindi, secondo il principio di Bernoulli, la pressione sul dorso sarà più bassa rispetto alla pressione sul ventre e, poiché i flussi si muovono da zone in cui la pressione è più alta verso zone in cui la pressione è più bassa, l’aria spinge il corpo dal basso e lo aspira dall’alto. Ecco a voi la portanza! Questo principio è il medesimo che sfruttano gli uccelli per volare ed è grazie a loro che si è capito quali geometrie è necessario ricreare per spiccare il volo. Infatti, osservando bene le ali degli uccelli, si può notare che, in realtà, esse sono costituite da un insieme complesso di parti che permette il movimento delle ali stesse. Questa complessità, che la natura fornisce agli uccelli e che li aiuta ad ottimizzare la portanza prodotta o a cambiare direzione o ancora a frenare, è difficilmente riproducibile per l’ala di un aereo. Per questo motivo, sono state introdotte delle superfici mobili sull’ala e sui piani di coda orizzontale e verticale degli aerei; le parti mobili che si trovano sull’ala hanno nomi diversi in base alle loro funzioni e posizioni: vi sono gli alettoni, gli ipersostentatori e gli spoiler. Particolare importanza assumono gli ipersostentatori, il cui nome può far pensare a chissà quali stranezze, ma essi non sono altro che delle superfici mobili attaccate alle parti fisse dell’ala che servono ad aumentare la curvatura del profilo e la superficie portante. A questo punto ci si dovrebbe chiedere perché vogliamo aumentare la curvatura del profilo. Per rispondere a questa domanda, bisogna capire quale sia la dipendenza della portanza dalle altre grandezze coinvolte. Senza entrare troppo nel dettaglio, è sufficiente sapere che la portanza dipende da numerosi fattori, incluso l’angolo con cui il profilo incontra la corrente d’aria (se aumentiamo la curvatura del profilo alare, finiamo per aumentare l'angolo d'attacco). È anche importante osservare la dipendenza della portanza dalla velocità. Tutto questo ci serve per dire che, quando le velocità sono molto basse, come ad esempio al decollo o all’atterraggio, per aumentare la portanza abbiamo bisogno di utilizzare gli ipersostentatori. Gli ipersostentatori prendono il nome di "slat" o "flap", a Configurazioni possibili di flap e slat. seconda che siano posti sul bordo d’attacco o sul bordo d’uscita dell’ala.

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Cerchiamo ora di capire, una volta che l’aereo riesce a stare in aria, com’è possibile non perdere la rotta o meglio: come facciamo a sapere da che parte andare? Oggigiorno, con l’avanzamento tecnologico che abbiamo raggiunto, qualcuno potrebbe banalmente dire “ma tanto ormai è tutto automatico!”, ma la risposta in realtà è molto più complessa. Innanzitutto bisogna partire dal concetto fondamentale che tutte le macchine possono avere dei problemi e che, in quel caso, tutto è nelle mani del pilota, il quale deve sempre monitorare la situazione ed è l’unico in grado di poter prendere decisioni importanti. A tal proposito, se esiste il contatto visivo con il terreno, la navigazione deve avvenire secondo le cosiddette Regole del Volo a Vista (VFR, Visual Flight Rules). Le regole VFR fissano dei limiti minimi e massimi di quota, di velocità, di visibilità, di distanza da nubi e ostacoli al suolo che devono essere rispettati. In particolare, le condizioni meteorologiche compatibili con lo svolgimento di un volo secondo le VFR, sono definite VMC (Visual Meteorological Conditions) e costituiscono un aspetto molto critico. Il pilota, infatti, deve conoscere molto bene la meteorologia per capire l’entità dei problemi che si possono presentare durante il volo. Già solo per quanto riguarda le formazioni nuvolose, vi sono due tipi fondamentali di problemi: la diminuzione della visibilità e il deterioramento delle prestazioni del velivolo per la formazione di ghiaccio. Ad esempio, dentro nubi come i cumuli, la visibilità è zero ed è assolutamente vietato attraversarle; oppure, dentro particolari nubi è molto alto il rischio che si formi del ghiaccio che, se dovesse accumularsi sull’ala o sulle altre superfici mobili, ne deteriorerebbe le prestazioni causando la completa ingovernabilità del velivolo con conseguenze catastrofiche.

Nuovo Boeing 787 Dreamliner.

Cabina di pilotaggio di un aereo di linea.

Manca ora un ultimo passaggio concettuale: perché abbiamo bisogno di volare? La risposta è una sola: libertà! L’uomo, volando, può sentirsi libero, libero di muoversi nello spazio e giocare con l’aria, libero di arrivare in posti lontani, libero di commerciare più facilmente, libero di comunicare con altre civiltà e scoprire realtà diverse dalla propria e, soprattutto, libero dal tempo che altrimenti avrebbe impiegato per fare tutto questo.

Bibliografia e Riferimenti per “Come volano gli aerei?” - A Luglio 2012 http://www.aeroservice-va.it/tutorial/tut_fp/tut_fp_files/Tutorial_Piano_di_Volo_VFR.pdf http://www.malignani.ud.it/WebEnis/aer/Portfolio/bf109g/L'ala/Struttura.htm http://www.mugellogliding.aero/soaring/soaring.htm http://inhabitat.com/boeing-dreamliner-a-more-sustainable-aircraft/

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ESM - #2

Ovviamente è possibile anche l’utilizzo della navigazione radio assistita che, tramite opportuni strumenti a bordo, effettua dei rilevamenti goniometrici rispetto a dei radiofari posti a terra e la cui posizione è nota a priori, il tutto affiancato da un apparato GPS. Per contenere gli errori durante la navigazione, che possono essere molto dannosi nelle lunghe tratte, è fondamentale determinare e calcolare in modo accurato la rotta migliore, secondo dei parametri specifici che vengono utilizzati.


Il bosone di Higgs. di Andrea Pizzoferrato Studente di Fisica

Il bosone di Higgs. “Particella di Dio”. Si dice che generi la massa e che completi la teoria del “Modello Standard”. Cerchiamo insieme di mettere ordine tra tutte queste idee, per capire (o almeno intuire) la natura del bosone di Higgs.

ESM - #2

L'esperimento del CERN. “CERN” è il nome dei laboratori all'interno dei quali è stato svolto l'esperimento che ha visto protagonista il bosone di Higgs. L'organismo che deliberò a favore della costruzione di questi laboratori era chiamato “Consiglio Europeo per la Ricerca Nucleare”, dal quale venne ricavato il nome per i laboratori (acronimo C.E.R.N.). Successivamente, il nome dell'ente cambiò in “Organizzazione Europea per la Ricerca Nucleare”, ma venne mantenuto l’acronimo precedente. All'interno del CERN sono presenti vari acceleratori di particelle tra cui anche LHC, che sta per Large Hadron Collider (in italiano: “Grande Collisore di Adroni”) che ha permesso di raggiungere le energie necessarie per compiere l'esperimento relativo al bosone di Higgs. L'obiettivo di esperimenti con apparecchi come LHC è quello di accelerare il più possibile delle particelle e farle scontrare o tra di loro in un urto frontale o contro un bersaglio (nel caso dell'esperimento che ha coinvolto il bosone Higgs, sono stati fatti collidere frontalmente dei protoni).

Collisione in un acceleratore di particelle.

Prof. Peter Higgs. Le grandi energie coinvolte nello scontro permettono la formazione di altre particelle dotate di massa secondo il principio della celeberrima equazione di Einstein E=mc^2. Le misure dei valori della massa delle particelle sono fornite con un errore percentuale: si dice che il valore della massa del bosone è stato determinato con una probabilità del 99,9996%. Quanto appena detto potrebbe sembrare abbastanza strano perché, quando ci pesiamo sulla bilancia, questa non ci fornisce un valore in chili ed una percentuale di affidabilità: siamo certi al 100% della nostra massa. Tuttavia, le particelle subatomiche sono descritte dalla meccanica quantistica, la quale prevede un certo grado di incertezza intrinseca, quindi di fluttuazioni, nelle misure.

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Bosone di Higgs, nome e cognome di una particella. Nome: Bosone. Cognome: di Higgs. Per quanto riguarda il cognome, non ci sono dubbi sulla sua origine: per primo, il fisico Peter Higgs teorizzò l’esistenza di questa particella. E per ciò che riguarda il nome? Per capirlo bisogna sapere che le particelle atomiche e subatomiche sono classificate in base ai cosiddetti numeri quantici, che indicano il valore di loro particolari proprietà. Tra queste proprietà, c'è lo “spin”. In questa sede, accontentiamoci di dire che lo spin è una proprietà della particella, come può essere il colore degli occhi di una persona. Lo spin si indica con un numero, il quale può essere intero o frazionario: nel primo caso si dice che la particella è un “bosone” (come ad esempio è il fotone), nel secondo un “fermione” (come ad esempio è il protone). Pertanto, la particella di Higgs si ritiene un bosone, perchè la teoria prevede che abbia spin intero. Il contributo dell'Higgs alla massa. Il motivo per il quale il bosone di Higgs viene definito “Particella di Dio” (fatto che infastidisce il Prof. Peter Higgs essendo egli un convinto ateo), è che questo è in grado di determinare la massa (non il volume!) delle particelle, quindi, in un certo senso, “crea” la sostanza di cui sono fatti i corpi. Cerchiamo di capire meglio la fisica del bosone di Higgs, attraverso un' analogia (qui parafrasata e tradotta) proposta da Rolf Heuer, attuale direttore generale del CERN, alla conferenza stampa del 4 luglio 2012: Esiste un campo che permea l'universo attraverso il quale le particelle fondamentali, come i quark e i bosoni, prendono la massa. Possiamo spiegare il funzionamento con la seguente analogia: prendiamo una stanza piena di giornalisti equamente distribuiti nello spazio. Questo è il campo che dà la massa alle particelle elementari attraverso l'interazione di queste con il campo stesso. Un individuo, se totalmente sconosciuto ai giornalisti, attraversa questo campo senza rallentare, diciamo alla velocità della luce (i fotoni, particelle di cui è composta la luce, non hanno massa). Tuttavia, più un individuo è famoso, più giornalisti tendono ad accerchiarlo per fargli domande: di conseguenza egli diventa più lento, non raggiunge la velocità della luce ed acquisisce massa. Quindi, più la persona è conosciuta da giornalisti più è massiva. Se ora consideriamo il fatto che i giornalisti, e quindi il campo, sono in continua interazione tra di loro, possiamo dire che il campo “auto-interagisce” e che questa auto-interazione produce il bosone di Higgs. Come possiamo immaginare questo effetto? Semplice, apriamo la porta della stanza e sussurriamo qualcosa. I giornalisti, curiosi, si aggregano per chiedersi: “che cosa ha detto?”. Ecco, questo aggregato di giornalisti è il bosone di Higgs. In aggiunta a quanto appena riportato, per comprendere il fenomeno con la massima chiarezza, vi segnalo un'altra analogia, proposta da John Ellis, importante fisico teorico: L'universo è permeato da un “mezzo” il quale è attraversato dalle particelle: alcune di esse interagiscono con questo, altre no. Quelle che interagiscono acquisiscono massa e quello che lo attraversano senza interagire sono particelle senza massa.

Rappresentazione artistica di una particella massiva che interagisce col campo di Higgs.

ESM - #2

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ESM - #2

Rappresentazione artistica di un fotone immerso nel campo di Higgs.

Prendiamo, ora, un enorme campo ricoperto di neve, piatto e uniforme in tutte le direzioni ed immaginiamo di attraversarlo. Con degli sci, riusciamo a scivolare sopra la neve molto velocemente, senza affondare: siamo, cioè, come delle particelle senza massa che viaggiano alla velocità della luce. Al contrario, se non indossiamo gli sci, affondiamo nella neve e siamo più lenti, perché interagiamo direttamente con il campo: siamo, in questo caso, come delle particelle dotate di massa. Più affondiamo nella neve (più interagiamo con il campo), più abbiamo massa. Il campo di Higgs è, allora, questo immenso campo di neve.

Conclusioni. Fino ad ora, l'ipotesi del bosone di Higgs ha consentito di portare avanti alcuni modelli teorici e di raggiungere nuovi risultati sperimentali. La teoria più condivisa che permette di spiegare, in un unico quadro, le proprietà ed il comportamento delle particelle elementari è quella denominata “Modello Standard”. In realtà, questo non è l'unico modello che prevede l'esistenza del bosone di Higgs: ce ne sono altri, infatti (anche se alcuni sono rivisitazioni del “Modello Standard”), che necessitano del bosone di Higgs per essere completati. Questo bosone ha dei comportamenti diversi tra i vari modelli, ad esempio la teoria della supersimmetria richiede almeno 5 bosoni di Higgs. Riassumendo, quello che si può dedurre dagli esperimenti è che è stato trovato un nuovo bosone con massa compatibile con quella teorizzata per il bosone di Higgs con una certezza del 99,9996%. Ora, resta da verificare se si tratti effettivamente del bosone di Higgs ed a quale teoria faccia riferimento questo bosone (cioè se abbia o meno le proprietà richieste dal “Modello Standard” o appartenga ad altre teorie fisiche). Ma a cosa serve questo tipo di ricerca? Nella nostra vita quotidiana l'eventuale conferma che questo bosone è proprio quello di Higgs non ha alcuna utilità pratica nell'immediato domani e chissà tra quante decine di anni la avrà. Tuttavia, il bosone di Higgs ci consentirebbe di spiegare perché le cose hanno sostanza, da dove sorge la nostra natura materiale (senza questo bosone, infatti, noi non esisteremmo) e la relazione che c'è tra questa e la struttura fondamentale dell'universo (attraverso l'interazione con il campo di Higgs).

Bibliografia e Riferimenti per “Il bosone di Higgs.” - A Luglio 2012

http://cdsweb.cern.ch/record/1458922 http://www.manolith.com/files/2012/07/peter-higgs.jpg http://www.youtube.com/watch?v=AzX0dwbY4Yk http://images.gizmag.com/hero/higgs-like-boson-discovered.png

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Le fasi lunari. di Armando Marotta Studente di Ingegneria Spaziale

Nella tradizione contadina si è soliti svolgere determinati lavori (semina di cereali, di ortaggi da frutta e da foglia, di fiori, ecc.) nella cosiddetta “fase di Luna crescente”, mentre altri ( semina di ortaggi da radice, taglio di legna, raccolta di erbe medicinali) nella “fase di Luna calante”.

Immagine della Luna.

Schema 1

B

A

Differenza tra periodo sinodico e periodo siderale.

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ESM - #2

A questo punto, entrando un po' nel dettaglio, accingiamoci a fornire una spiegazione scientifica di quelle che sono le fasi lunari e cerchiamo di comprendere quali sono i fattori che stanno alla base della loro periodicità. La Luna, unico satellite naturale della Terra, è un corpo celeste sincrono; ciò significa che il suo periodo di rotazione, cioè il tempo impiegato a ruotare attorno al proprio asse, ha la stessa durata del suo periodo di rivoluzione, ovvero il tempo che essa impiega a ruotare attorno alla Terra. La coincidenza tra i due suddetti periodi ha come conseguenza il fatto che la Luna rivolga alla Terra sempre la stessa superficie che, nel linguaggio comune, si è soliti definire come “faccia” della Luna e di cui, nella realtà, per motivi che in questo contesto possono essere tralasciati, è possibile osservarne solo circa il 59% . La Luna si trova ad una distanza media dal nostro pianeta di circa 384.400 Km e si muove su di un’orbita caratterizzata da un valore di eccentricità prossimo allo zero (orbita quasi circolare). Il periodo di rivoluzione della Luna intorno alla Terra, in riferimento alla posizione della Luna rispetto alle stelle fisse, è chiamato “periodo siderale” ed ha una durata di circa 27,322 giorni. Quando però si fa riferimento alle fasi lunari è necessario introdurre il concetto di “periodo sinodico” (o mese sinodico) per il quale, invece, è da prendere in considerazione il moto della Luna, ovvero la sua posizione, vista dalla Terra rispetto al Sole. Il periodo sinodico ha una durata di circa 29,530 giorni e la differenza di poco più di 2 giorni rispetto a quello siderale è facilmente comprensibile tenendo presente lo schema 1, di seguito riportato.


ESM - #2 Nello schema 1 sono rappresentati sia il moto orbitale della Terra intorno al Sole (curva azzurra), sia il moto orbitale della Luna intorno alla Terra (curva grigia). Consideriamo come istante iniziale per le due tipologie di moti quello per cui la Luna occupa la posizione indicata con la lettera “a” e la Terra quella con la lettera “A”. A partire da questo istante, la Terra inizia la sua rivoluzione intorno al Sole e, contemporaneamente, la Luna inizia la propria rivoluzione intorno alla Terra. Arrivati nella posizione per cui la Terra viene a trovarsi in “B” e la Luna in “b”, si ha che quest’ultima ha compiuto un’intera rivoluzione, ovvero un’orbita intera (circonferenza grigia nello schema 1) rispetto ad un ipotetico punto posto a distanza infinita lungo la direzione della congiungente TerraLuna, proprio in corrispondenza di questa posizione (direzione delle stelle fisse). Il tempo necessario al compimento di tale moto è il sopracitato periodo siderale. Possiamo però osservare che, affinchè la Luna venga a trovarsi nella stessa posizione rispetto al Sole (in meccanica celeste si usa il termine “congiunzione”), è necessario che essa continui il suo moto orbitale sino a raggiungere il punto dello schema 1 indicato con la lettera “c”; ovviamente la percorrenza di questo tratto extra di orbita richiede il trascorrere di un ulteriore lasso di tempo (in questo caso di circa due giorni) che, sommato al precedente, fornisce come risultato totale la durata di quello che è definito mese (periodo) sinodico. Chiarita dunque la differenza tra mese siderale e mese sinodico, per spiegare il fenomeno celeste delle fasi lunari è necessario prendere in considerazione solo l'ultimo. Vediamo, allora, come si presenta la Luna alla Terra in questo intervallo di tempo, prendendo in considerazione i due schemi successivi.

Schema 2

Posizioni della Luna intorno alla Terra.

Schema 3

Nello schema 2, com’è facile notare, troviamo il Sole alla destra del sistema Terra-Luna, perciò è ovvio assumere questa come direzione di provenienza dei raggi solari; inoltre, al fine di semplificare la trattazione, è lecito visualizzare (schema 3) anche solo il moto della Luna intorno alla Terra, assumendo quest’ultima ferma nello spazio. Quello che, nello schema 1, abbiamo considerato come istante iniziale del moto di rivoluzione lunare (“a”) è ora indicato, nello schema 3, con il numero 1. Il percorso che porta dalla posizione 1, dopo un intera rivoluzione, di nuovo alla medesima posizione, è appunto il moto orbitale lunare compiuto in una ” rivoluzione sinodica”.

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Osservando attentamente ancora una volta l’immagine dello schema 2, possiamo distinguere in un primo momento quelle che sono quattro posizioni fondamentali che la Luna occupa durante il proprio moto orbitale intorno alla Terra e che sono indicate con la corrispettiva numerazione 1, 3, 5, 7. In queste posizioni si hanno rispettivamente: la fase di novilunio o Luna nuova, durante la quale la Luna rivolge la porzione di superficie completamente in ombra alla Terra e per cui i tre corpi celesti risultano in congiunzione; la fase di primo quarto, per cui la faccia della Luna rivolta verso la Terra risulta illuminata per la sua metà ad ovest (Luna in quadratura); la fase di Luna piena o plenilunio, per cui la faccia della Luna rivolta alla Terra è completamente illuminata dal Sole (Luna in opposizione) e, infine, la fase di ultimo quarto, per cui anche in questo caso la faccia della Luna rivolta verso la Terra è illuminata per metà, stavolta però trattasi della metà ad est. Tenendo inoltre presente il senso di rotazione della Terra verso est è interessante notare che la Luna piena è visibile per tutta la notte, la Luna crescente nelle ore serali e la Luna calante è visibile nelle ore che precedono l’aurora. Nello schema 3 si possono meglio osservare le condizioni di illuminazione della Luna durante le suddette fasi.

Bibliografia e Riferimenti per “Le fasi lunari.” - A Luglio 2012

http://ssd.jpl.nasa.gov/?sat_elem http://www.bo.astro.it/universo/venere/Sole-Pianeti/planets/terimm/lmeses.jpg http://it.wikipedia.org/wiki/File:Mond_Grafik.svg

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ESM - #2

Evidenziate le principali quattro fasi lunari e le corrispondenti posizioni della Luna vediamo ora cosa accade in quelle che invece possiamo definire come fasi intermedie. Queste fasi sono rappresentate nello schema 2 con la numerazione 2, 4, 6, 8. In corrispondenza della posizione 2 ci si trova in quella che viene chiamata fase di Luna crescente; tale nomenclatura è legata al fatto che la faccia della Luna visibile dalla Terra passa da una condizione totale di ombra (posizione 1) ad una posizione per cui risulta, come già visto, illuminata per metà (posizione 3). Per la posizione 4, ci si trova nella fase di Luna gibbosa crescente, in corrispondenza della quale circa i tre quarti della sua superficie risultano illuminati dal Sole (la Luna sta proseguendo il suo moto verso la fase successiva di Luna piena). La posizione 6, invece, evidenzia la cosiddetta fase di Luna gibbosa calante, fase attraverso la quale la condizione di illuminazione della superficie lunare va diminuendo; è opportuno ricordare che il satellite sta transitando dalla fase di Luna piena a quella di ultimo quarto. Infine, per la posizione 8, troviamo il nostro satellite nella sua fase di Luna calante, per cui la sua condizione di illuminazione diminuisce ulteriormente, accingendosi di nuovo, per poi ripetere l’intero ciclo, a raggiungere la posizione di fase di novilunio. Per ricordare quanto detto, citiamo un piccolo proverbio: “La luna è mentitrice: quando dice che Cresce (disegna una C) è decrescente, quando dice che Decresce (disegna una lettera D) è crescente”.


ESM - #2

I materiali intelligenti. di Fabio Capece Dottorando di Ingegneria Spaziale

Con l'espressione "materiali intelligenti" si intendono tutti i materiali dotati di una o più caratteristiche “particolari” (in aggiunta al comportamento classico, tipico di ogni materiale comune). In termini tecnici, potremmo dire che tali materiali sono in grado di reagire ad uno stimolo non meccanico (come un campo magnetico) con una risposta meccanica (una deformazione, per esempio), oppure, viceversa, sono in grado di reagire ad uno stimolo meccanico (una forza applicata) con una risposta non meccanica (per esempio, producendo una corrente elettrica). Il miglior modo per chiarire questo concetto è quello di riportare alcuni esempi di materiali intelligenti, spiegando anche le caratteristiche che li distinguono dai materiali “tradizionali” che tutti noi conosciamo:

• “Materiali piezoelettrici”. Questi materiali sono in grado in produrre una tensione elettrica, e

quindi una corrente elettrica, quando, messi sotto sforzo, subiscono una deformazione; vale anche il comportamento inverso: quando all’interno di tali materiali viene fatta passare una corrente elettrica, essi si deformano;

• “Materiali a memoria di forma”. Questi materiali, a seguito di una deformazione, possono essere riportati alla loro forma originaria se sottoposti ad un semplice riscaldamento (non è l’unico modo). Tali materiali sono in genere delle leghe;

• “Materiali magnetostrittivi”. Questa tipologia di materiali è in grado di produrre un campo magnetico, se una certa forza ne modifica la forma; viceversa, essi possono cambiare la forma se sottoposti a un campo magnetico;

• “Elastomeri dielettrici”. Tali materiali sono caratterizzati da polimeri che hanno la capacità

di espandersi, arrivando anche a triplicare le loro dimensioni originarie, se sottoposti ad un campo elettrico;

• “Materiali fotomeccanici”. Tali materiali reagiscono alla luce, modificando la loro forma se esposti ad essa;

• “Materiali cromici”. I materiali di questa tipologia hanno la capacità di cambiare colore se sottoposti a cambiamenti termici, ottici o elettrici (esempi comuni sono lo schermo a cristalli liquidi e gli occhiali che si scuriscono se esposti alla luce solare);

• “Polimeri sensibili al pH”. Le strutture composte da materiali di questo tipo si allungano o accorciano se viene modificato il valore del pH del liquido in cui sono immerse.

L'elenco di materiali intelligenti appena presentato non è esaustivo; ne esistono, infatti, molti altri tipi. In parole povere, la peculiarità dei materiali intelligenti è quella di accoppiare diversi "comportamenti".

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ESM - #2 Ora, consideriamo i materiali piezoelettrici (i quali sono in grado di accoppiare il comportamento meccanico a quello elettrico) e vediamo una loro applicazione: negli anni Ottanta, i militari americani avevano a disposizione scarponi all'interno della cui suola erano installati dei piezoelettrici: quando i soldati marciavano, il peso del loro corpo schiacciava la suola insieme al piezoelettrico montato all'interno; in questo modo, durante la marcia, i soldati erano in grado di produrre una corrente elettrica che serviva per ricaricare le batterie dei loro strumenti, dal navigatore GPS, alla radio, al telefono satellitare. Ma questo non è l'unico caso di applicazione di materiale piezoelettrico. In Olanda, ad esempio, precisamente a Rotterdam, è stata inaugurata nel 2006 una discoteca, chiamata "Off-Corso", sotto il cui pavimento è montato un gran numero di questi oggetti, in grado di produrre energia elettrica mentre le persone ballano.

Pavimento della discoteca ”Off-Corso”.

Scarpe con dispositivo piezoelettrico per produrre energia.

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ESM - #2 E non è tutto! I materiali intelligenti spalancano un mondo di nuove opportunità che, fino a pochi anni fa, erano del tutto inimmaginabili: pensate ad una struttura portante (di un edificio, di una vettura o, addirittura, di un aereo) in grado di monitorare autonomamente il proprio stato di integrità, per inviare segnali in tempo ai manutentori; ancora, immaginate un aereo le cui ali sono in grado di mutare forma, per adattarsi a tutte le condizioni di volo e per svolgere ogni tipo di manovra; pensate a scarponi da sci con regolazione automatica delle chiusure, in funzione del vostro peso, in modo da garantire sempre la massima comodità allo sciatore; non sarebbe bello se la nostra macchina fosse in grado di auto-ripararsi a seguito di un qualsiasi urto? E quanto sarebbe comodo se la tastiera senza fili del nostro computer si ricaricasse a seguito della pressione che noi tutti esercitiamo sui tasti per scrivere? Non dovremmo più cambiare le batterie... o, meglio, non dovremmo nemmeno più preoccuparci della presenza delle batterie. La ricerca sui materiali intelligenti, e su quelle che sono definite “Strutture Intelligenti” (in Inglese: “Smart Structures”), è ancora in fase iniziale, ma molti dispositivi funzionanti sono già in commercio e danno risultati fenomenali. La moderna ingegneria si sta “rimboccando le maniche”, per stupire il mondo con innovazioni che, oggi, sembrano uscite dai nostri sogni più strani, ma che presto diventeranno indispensabili.

Struttura alare in grado di modificare la propria forma.

Struttura alare in grado di modificare la propria forma.

Bibliografia e Riferimenti per “I materiali intelligenti.” - A Luglio 2012

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Gaudenzi, P. “Smart Structures: Physical Behaviour, Mathematical Modelling and Applications”, Ed. John Wiley & Sons http://www.corriere.it/Primo_Piano/Scienze_e_Tecnologie/2006/10_Ottobre/31/ecodisco.shtml http://www.youtube.com/watch?v=mM790Txxmv4


Rubrica Space People - K. E. Tsiolkovsky

ESM - #2

di Dario De Angelis Studente di Ingegneria Aerospaziale

Nome: Konstantin Eduardovich Cognome: Tsiolkovsky Date: 17 settembre 1857 - 19 settembre 1935 Nato a: Ijevskoe, Russia Campo di interesse: Propulsione a razzo ed esplorazione spaziale.

K. E. Tsiolkovsky

1883 - Viene aperta la prima fabbrica di automobili in Francia. Nello stesso anno, un ragazzo russo autodidatta (non frequentò le elementari per via di un problema all’udito dovuto alla scarlattina n.d.r.) elabora la prima teoria della propulsione a razzo, arrivando ad affermare che è possibile porre un satellite in orbita fuori dall’atmosfera terrestre. Provate ad immaginare quanto fossero rivoluzionarie queste idee 130 anni fa. Per questo motivo Konstantin E. Tsiokovsky è considerato il padre dell’esplorazione spaziale, lo scienziato che aprì la strada agli studi di Goddard e Von Braun. A causa dei suoi problemi di udito, il giovane Tsiolkovsky fu costretto a studiare nella biblioteca principale di Mosca, dove incontrò il grande filosofo russo Nikolai Fedorovitch Fedorov, il quale stimolò la sua curiosità nei confronti dello spazio. Questo incontro ed i mondi descritti da Jules Verne lo portarono a credere che l’uomo un giorno sarebbe stato in grado non solo di sfuggire all’atmosfera terreste, ma anche di popolare il Sistema Solare. Per quanto già solo pensare al volo spaziale, quando ancora i fratelli Wright non avevano compiuto il primo volo, fosse segno di una mente fuori dal comune, lo scienziato russo non si limitò ad immaginare un futuro “extra-terrestre”: riuscì a dimostrare matematicamente come le sue idee fossero realizzabili. Infatti nel 1897 scrisse la fondamentale “Equazione di Tsiolkovsky”, nella quale mostrava come, consumando il carburante all’interno del razzo, si potevano raggiungere velocità elevatissime, necessarie a sfuggire all’attrazione gravitazionale del nostro pianeta. La potenza di questo genio appare ancora più evidente se si riflette sul fatto che, a quel tempo, non si sapeva praticamente nulla di cosa c’era “oltre il cielo”. Nonostante ciò, Tsiolkovsky ipotizzò, a ragione, l’assenza di atmosfera fuori dai confini terrestri e che, dunque, solo un propulsore con il propellente al suo interno, proprio come un razzo, poteva arrivare dove un normale motore a getto non sarebbe mai stato destinato a volare.

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Ma non è ancora abbastanza per capire quanto questo scienziato fosse avanti rispetto ai tempi; nel 1926, infatti, stilò una lista dei passi da seguire per la conquista dello spazio:

ESM - #2

1) Creazione di aerei a reazione con le ali; 2) Aumento progressivo della velocità e della quota raggiungibili da un aereo; 3) Produzione di razzi senza ali; 4) Abilità di compiere atterraggi sull’acqua; 5) Raggiungere la velocità di fuga (circa 8 Km/s) e compiere un’orbita bassa intorno alla Terra; 6)Aumento del tempo di volo nello spazio; 7) Uso sperimentale di piante per la produzione di ossigeno a bordo di astronavi; 8) Uso di tute pressurizzate per l’attività all’esterno delle astronavi; 9) Creazione di serre orbitanti; 10) Costruzione di habitat orbitanti intorno alla Terra; 11) Uso della radiazione solare per la produzione di cibo ed energia nello spazio; 12) Colonizzazione della fascia di asteroidi; 13) Colonizzazione del Sistema Solare e oltre; 14) Raggiungimento della perfezione personale e sociale; 15) Sovraffollamento del Sistema Solare e colonizzazione della Via Lattea; 16) Il Sole comincia a morire, gli abitanti del Sistema Solare si spostano verso altri soli; Quelle che, all’epoca, erano ritenute esclusivamente idee utopiche di un pazzo, si sono ritenute più veritiere del previsto, dato che fino a questo momento abbiamo compiuto tutti i punti fino alla creazione della Stazione Spaziale Internazionale (punto 10 della lista). Konstantin Tsiolkovsky morì nel 1935 e fu sepolto al Cremlino con funerali di stato. Verrà per sempre ricordato come il padre dell’astronautica.

Monumento a Tsiolkovsky in Russia.

Disegni di motori a razzo realizzati da Tsiolkovsky.

Bibliografia e Riferimenti per “K. E. Tsiolkovsky” - A Luglio 2012 Immagini http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/1/14/Tsiolkovsky.jpg http://www.informatics.org/museum/graphics/rockets.gif http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/d/df/Ciolkovskij2_vdnx_sep2008.jpg/220pxCiolkovskij2_vdnx_sep2008.jpg Bibliografia: http://www.informatics.org/museum/tsiol.html http://en.wikipedia.org/wiki/Konstantin_Tsiolkovsky

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“EverySpace Magazine” è un progetto nazionale di EverySpace S.r.l., società italiana operante a livello internazionale nel settore aerospaziale. Tra le missioni di EverySpace S.r.l. c’è quella di dimostrare che i risultati delle avanzatissime ricerche condotte in ambito aerospaziale non sono riservati agli astronauti... anzi, ci coinvolgono continuamente ed influenzano direttamente la nostra quotidianità.

Soddisfa la tua curiosità! Hai letto “EverySpace Magazine” e ti è venuta voglia di saperne di più su uno o più argomenti trattati? Vuoi soddisfare le tue curiosità scientifiche? Vuoi suggerirci un argomento da trattare nei prossimi numeri? Ecco cosa fare: visita la nostra pagina facebook (www.facebook.com/EverySpaceMagazine), clicca su “Mi Piace” e scrivici ciò che vuoi sapere. Il nostro intero Team è a tua completa disposizione! Non vediamo l’ora di rispondere a tutte le tue domande!

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ESM - #2


“Attaccati al Razzo!”

Video-sfida di ”EverySpace Magazine”

Carissimi lettori di “EverySpace Magazine”, Siete pronti a coinvolgere (per non dire “infastidire”) i vostri amici, parenti, o dei semplici sconosciuti incontrati per strada? Allora mettete mano ai cellulari, oppure alle macchine fotografiche, e preparatevi ad accettare la nostra sfida!

In cosa consiste? Bisogna filmare qualcuno, in un video di massimo 15 secondi, mentre pronuncia (o, meglio ancora, urla!) la frase "Attaccati al Razzo!". Questo video deve poi essere caricato sulla nostra pagina di facebook:

http://www.facebook.com/groups/236538763118958/ Ogni 3 mesi, l'autore che otterrà più “Mi Piace” risulterà il vincitore e sarà premiato!

Qual è il premio?

Al vincitore sarà inviato, via e-mail, un buono per un cena completa per due persone in un ristorante nella propria città, offerta da “EverySpace Magazine”. Inoltre i nostri sponsor saranno liberi di offrire, nel tempo, dei premi aggiuntivi!

Chi può partecipare?

Tutti i lettori di “EverySpace Magazine”! Non è necessario registrarsi; è sufficiente girare il video, caricarlo su facebook e farlo vedere a quanti più amici possibile per ottenere i “Mi Piace”.

Quanti video si possono caricare?

Ciascun partecipante può caricare un numero infinito di video. Non ci sono limiti!

Attenti, però!

I video giudicati inappropriati saranno eliminati dalla pagina di facebook e dalla competizione, a giudizio insindacabile della redazione di “EverySpace Magazine”, anche senza alcun preavviso.

Quando termina questa sfida?

Visitate la nostra pagina facebook per scoprirlo!

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Buon divertimento!!!

ESM - #2


ESM - #2

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Realizzato con il supporto di:

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“La Terra è la culla dell’umanità, ma non si può vivere in una culla per tutta la vita.” - K. E. Tsiolkovsky

Visita il nostro sito:

www.everyspacedivision.com


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