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Comportamento

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Purina Pro Plan

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NON SOLO I FARMACI SONO INDISPENSABILI, ANCHE “IL PRENDERSI CURA” FA STARE MEGLIO. VEDIAMO COME SI PUÒ AIUTARE L’ANIMALE A CUI È STATA DIAGNOSTICATA UNA MALATTIA INGUARIBILE E I CONSIGLI DA DARE AL PROPRIETARIO

ANCHEL’AFFETTO

Franco Fassola

Medico Veterinario Esperto in Comportamento Medico Veterinario Esperto in IAA Presidente Senior SISCA Presidente AIRS Direttore SIACr Responsabile del Servizio di Medicina Comportamentale Istituto Veterinario di Novara fassola@medicinacomportamentale.com

È UNA CURA

La vita con un animale è un lungo percorso di felicità e di condivisione di esperienze ed emozioni, ma non è mai lungo quanto vorremmo e, come per le persone a noi care, anche per il cane, il gatto e il coniglio, arriva il momento di lasciarsi. Le cure mediche e la prevenzione di molte patologie hanno allungato la vita degli animali e hanno dato a noi, compagni umani, l’impressione che il momento della separazione non verrà mai. Inoltre, la società di oggi non parla volentieri della morte: nessuno vorrebbe invecchiare, men che meno lasciare questo mondo, e non lo vorremmo neppure per i nostri animali. Per questa ragione, la diagnosi di una malattia inguaribile, anche se l’animale è anziano, è sempre una notizia inattesa e traumatica. Ma l’animale ha bisogno dei suoi amici umani anche e soprattuto in questo momento ed è bene che i proprietari di pet siano preparati. La malattia e

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la scomparsa dell’amato animale rimarranno sempre eventi traumatici, ma chi si sarà preparato avrà gli strumenti anche psicologici per affrontare al meglio una situazione difficile.

L’arte di comunicare

Paul Watzlawick, nel suo famoso saggio “Pragmatica della comunicazione umana”, afferma che non si può non comunicare. Ossia, quando ci si relaziona con un altro essere vivente, si “comunica” con lui, perché non esiste un opposto al comportamento, ossia non c’è un non-comportamento. Questo implica che, quando un Medico Veterinario comunica a una persona che il suo animale ha una malattia non guaribile, dovrebbe essere molto attento, sia al modo di comunicare, sia a comprendere quanto sono state recepite le proprie parole. Le componenti comunicative verbali, che rappresentano circa il 7% di tutta la comunicazione, si integrano con altre (93%) di tipo non verbale, simbolico (mimica, gesti, postura, prossimità, ecc). Con poche parole il Medico Ve-

L’ANIMALE CONVIVENTE: COME ASSISTERLO?

In una famiglia ci possono essere più animali, quello che resta e assiste alla morte del suo compagno merita anch’esso le nostre attenzioni. È bene lasciare che il pet convivente sia presente negli ultimi giorni di vita del pet malato, così che possa contribuire a creare un’atmosfera serena. Anche quando avviene il trapasso, sia che avvenga naturalmente, sia mediante l’eutanasia, è bene che il pet convivente sia presente e veda quello che accade, che assista ai preparativi del corpo per essere trasportato via per la cremazione, oppure sotterrato. È necessario questo passaggio perché anche questo pet deve elaborare il lutto ed essere presente serve a fargli comprendere che il suo amico non è svanito nel nulla ma che è morto. E se dovesse cercarlo? Anche questo comportamento va assecondato e il pet va seguito in modo da condividere il momento triste. Questo aiuterà tanto l’animale quanto l’essere umano.

terinario può trasmettere un turbine di emozioni negative che possono sconvolgere il proprietario del pet e renderlo incapace di cogliere l’essenza della comunicazione. Comunicare vuol dire rendere il destinatario consapevole del messaggio che gli sto inviando, in modo che possa capire il significato delle parole ma anche la gravità delle informazioni ricevute. Non si tratta di snocciolare una serie di dati più o meno comprensibili, ma di tradurre nella mente del proprietario dell’animale le informazioni nella realtà incontrovertibile della diagnosi funesta. In questo frangente il medico veterinario dovrebbe mantenersi lucido, empatico e accogliere il dolore per trasformalo in forza, affinché la persona possa aiutare il suo animale ad affrontare questa prova.

Le terapie palliative

Le cure palliative sono nate negli ultimi decenni nell’ambito della medicina umana e ciò sia per l’allungarsi della vita sia per la possibilità di offrire anche ai malati terminali una buona qualità della vita. L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) definisce le cure palliative come un approccio in grado di migliorare «la qualità della vita dei malati e delle loro famiglie

Sonja Kalee - Pixabay che si trovano ad affrontare le problematiche associate a malattie inguaribili, attraverso la prevenzione e il sollievo della sofferenza, per mezzo di una identificazione precoce e di un ottimale trattamento del dolore e delle altre problematiche di natura fisica, psicosociale e spirituale» (World health organization, National cancer control programmes. Policies and managerial guidelines, 2002, p. 84).

Una visione olistica della cura

Anche la medicina veterinaria, da alcuni anni, affronta il problema del sostegno che può essere dato a un animale colpito da una malattia incurabile ma che mantiene le sue funzioni vitali. Il concetto di cura palliativa è quello di avere una visione olistica della cura e di conseguenza anche della patologia. Il paziente è al centro della cura e l’attenzione è quella di curarlo nella sua interezza di corpomente-spirito, nell’ottica di tutelarne il benessere fisico, emozionale e sociale fino alla morte - che può avvenire in modo naturale o attraverso l’eutanasia - consentendogli di vivere con le persone che ama e di continuare a fare la vita di prima per il tempo che gli rimane. Per fare ciò non si può dimenticare la famiglia che soffre con il pet e che ha bisogno di sostegno e di aiuto sia emotivo sia medico (ossia della terapia per il pet). Il Medico Veterinario, oltre a fornire all’animale le cure per evitargli, nel limite del possibile, il dolore e i disagi legati alla malattia, lo sostiene sul piano emotivo favorendone il riposo notturno e contenendone l’ansia per la mancanza di autonomia o per l’impossibilità di proseguire la vita di prima. Questo aiuto psicologico lo offre anche alla famiglia, con la sua disponibilità - se necessario facendosi assistere da uno psicologo affinché le persone affrontino questo momento con la maggiore serenità possibile, con la consapevolezza di fare il possibile per alleviare le sofferenze del momento e per conservare tra i ricordi anche un distacco sereno. Questo approccio a una patologia incurabile non vuole essere un accanimento terapeutico, bensì il migliore accompagnamento alla morte naturale, oppure all’eutanasia quando la situazione lo richieda. ●

Bibliografia

P. Watzlawick, J. H. Beavin, Don D.

Jackson, Pragmatica della comunicazione umana, Casa Editrice Astrolabio, 1971, Roma. A cura di M. Gensabella Furnari, Il paziente, il medico e l’arte del curare,

Rubbettino Editore, 2005 Soveria

Mannelli. B. Alessio, F. Fassola, Quando l’eutanasia esce dalla routine, come gestire le criticità. Suggestione di innovazione,

WebinarVetoquinol, 02/12/2020. https://www.treccani.it/enciclopedia/medicina-e-cure-palliative_%28XXI-Secolo%29/

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