6 minute read

Cani di razza

Next Article
Chemi-Vit

Chemi-Vit

Nicolas Patrini

Psicologo, educatore cinofilo

Foto di Tommaso Urciolo

Questa razza, originaria del Giappone, deve il proprio nome alla prefettura di Akita, che si trova a settentrione dell’isola di Honshu. Come accade per altre razze nipponiche, come il Tosa, a far compagnia al nome, spesso, c’è la parola “Inu”, che significa cane. Il cane di Akita è estremamente antico e vanta una storia millenaria: alcuni scavi archeologici hanno dimostrato come i suoi antenati fossero presenti nell’arcipelago giapponese già 3.000 anni prima di Cristo. Scheletri e graffiti risalenti a quell’epoca provano come il popolo locale utilizzasse grossi cani, del tutto simili all’akita, per la caccia al cinghiale e all’orso. A conferma dell’assoluta devozione dei nipponici per i loro animali troviamo, più vicini ai nostri giorni, anche molti scritti: i primissimi, risalenti al 1700, portano alla luce come gli akita erano così tenuti in considerazione da essere trattati, a tutti gli effetti, come membri della famiglia. Non solo, i nobili avevano appartamenti e domestici al loro servizio e i cani erano venerati e accuditi al meglio. L’akita non fu solo cane della nobiltà, ma aiutò l’uomo nei compiti più disparati: compagno di vita, cacciatore, guardiano, simbolo di fortuna e salute, cane da lavoro. La storia di questa affascinante razza non è però segnata da soli eventi rosei.

La storia recente

Agli inizi del ’900, l’arrivo massivo degli occidentali portò l’akita a essere incrociato con i molossi, nel tentativo di creare un cane da combattimento perfetto.

Le caratteristiche della razza vennero così snaturate, in favore della selezione di un cane forte, massiccio, veloce e allo stesso tempo dotato di tempra e coraggio. Fu dopo la Prima Guerra Mondiale che il popolo giap-

IMPAVIDO E LEALE, VANTA UNA STORIA MILLENARIA FATTA DI GRANDI FASTI, MA ANCHE DI PERIODI BUI. OGGI ESISTONO DUE LINEE DI SANGUE, MA IN GIAPPONE ESISTE UN UNICO, VERO, AKITA: QUELLO DELLA LEGGENDA DI HACHIKO

L’AKITA

GIAPPONESE

LO STANDARD DI RAZZA

Aspetto generale. L’akita è un cane di taglia grande e dalla costituzione robusta. Il rapporto tra l’altezza al garrese e la lunghezza del corpo (dal punto delle spalle al punto delle natiche) è 10:11, anche se il corpo è leggermente più lungo nelle femmine che nei maschi. Testa. Il cranio è proporzionato, con fronte ampia. Il muso è moderatamente lungo, con tartufo largo e nero. La canna nasale è dritta. I denti, forti, hanno chiusura a forbice e la bocca ha labbra aderenti. Occhi. Sono relativamente piccoli e dalla forma quasi triangolare, dovuta al rialzarsi dell’angolo esterno dell’occhio. Orecchie. Anche le orecchie sono piccole e triangolari, leggermente arrotondate sulle punte e posizionate a buona distanza tra loro. Collo. Scendendo verso la groppa troviamo un collo spesso e muscoloso, senza giogaia, proporzionato alla grandezza della testa. Corpo. Il dorso è dritto, con rene forte e muscoloso. La linea inferiore vede un torace profondo, con petto ben sviluppato e costole moderatamente cerchiate. Il ventre si presenta ben retratto. Coda. Spessa, è portata arrotolata ed è inserita alta; la punta discende fino quasi al garretto se lasciata andare. Arti. Gli anteriori hanno spalle moderatamente oblique e sviluppate, sono dritti e con ossatura pesante. Allo stesso modo, i posteriori sono muscolosi e possenti, ma moderatamente angolati. I piedi sono spessi, rotondi, compatti. Andatura. La morfologia dell’akita lo porta a un’andatura elastica, dal movimento sciolto ed elegantemente energico. Mantello. Quello esterno ha pelo duro, dritto; il sottopelo è soffice e fitto. Garrese e reni sono coperti da pelo leggermente più lungo. Il pelo presente sulla coda è in assoluto il più lungo presente sul corpo del cane. Colori. I colori ammessi dallo standard sono il rosso fulvo, il sesamo (peli rossi con punte nere), il tigrato e il bianco. Tutti i colori, eccetto il bianco, devono avere quello che i giapponesi chiamano “urajiro”, ossia il pelo biancastro ai lati del muso, sulle guance, sotto la mascella, su collo, petto, tronco, coda e interno arti. Taglia e peso. L’altezza al garrese nei maschi è di 67 cm, mentre quella delle femmine è di 61 cm. Una tolleranza di 3 cm in più o in meno è ammessa in sede di gara. ponese decise di riprendere in mano, grazie ad alcuni allevatori, il destino dell’akita, proibendo i combattimenti. Ci vollero molti anni prima di riuscire nell’impresa di selezionare soggetti capaci di portare avanti le caratteristiche peculiari della razza.

Purtroppo, l’arrivo del secondo conflitto mondiale rallentò non poco la creazione di uno standard e l’interruzione dei meticciamenti. Nel 1948, durante una manifestazione organizzata solo per la razza, l’Akita Show, vennero mostrati i soggetti sopravvissuti alla guerra. In quell’occasione i giapponesi definirono due linee: quella pura (Ichinoseki) e quella “mista” (Dewa). La seconda è assimilabile alla linea definita oggi come “akita americano” e fatta da soggetti di dimensione decisamente più grande.

Infine, una curiosità.

Tutti hanno sentito la storia di Hachiko, akita vissuto negli anni ’20 che ogni mattina accompagnava alla stazione il proprietario, attendendone poi il ritorno alla sera. Alla morte dell’uomo, Hachiko aveva 18 mesi, ma quella sera attese invano il rientro del proprietario. La storia narra come il cane non si diede per vinto fino al giorno della sua scomparsa, proseguendo per oltre 10 anni la propria routine nella speranza di vedere l’amico umano scendere dal treno. Il Governo Giapponese non restò impassibile di

fronte a tanta fedeltà e fece erigere una statua in onore del cane, ancora oggi visibile presso l’entrata della stazione di Shibuya a Tokyo.

Il carattere

Chi ha avuto a che fare con una razza giapponese, sa bene come questi cani siano diversi da tutti gli altri. Allevate con grande devozione per millenni, le razze provenienti dal Paese del Sol Levante conservano un fascino altezzoso e regale.

Silenziose, tendenzialmente solitarie, mai eccessive, sembrano aver ereditato dal proprio popolo una certa quota di umiltà e la capacità di essere distaccate dall’ambiente che le circonda.

L’akita non è da meno, dimostrando il suo vero essere solo al proprietario e alla famiglia. Con il conduttore è tranquillo, coccolone, docile, mai ostile o aggressivo. Agli estranei, invece, non dà mai confidenza e, anzi, resta istintivamente teso, pronto a intervenire se qualcosa non torna.

Tra le caratteristiche peculiari troviamo un carattere forte e impavido, che gli consente di essere sempre al proprio posto e non farsi prendere da eccessi. Non è un abbaiatore e non è aggressivo senza che la situazione lo richieda. L’akita è, per sua natura, obbediente e pronto a soddisfare le richieste del proprietario, seguendolo ovunque grazie a una corporatura atletica e resistente.

Per chi è il cane ideale? Per il conduttore capace di coglierne la sensibilità e l’innata voglia di collaborazione. Non è il classico cane da appartamento che si accontenta di una passeggiata attorno all’isolato: ha energie da vendere e per il suo equilibrio psicofisico necessita di correre, fare esercizi ed essere coinvolto il più possibile nella routine quotidiana. Il tutto passa da una buona educazione di base, che permetta al binomio uomocane di ritagliarsi i propri spazi concedendosi fiducia reciproca.

L’akita, se trattato alla pari di un membro della famiglia, offre grandissime soddisfazioni e si rivela adatto e dolce con i bambini, dato che ama moltissimo il gioco. La devozione verso la famiglia è un pilastro che guida ogni momento della vita di questa razza, rendendola particolarmente adatta anche alla guardia della proprietà. ●

This article is from: