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Norme e diritti

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LA TUTELA DEGLI ANIMALI: COM’È MATURATA E COME SI È TRADOTTA IN INTERVENTI LEGISLATIVI. DAI PRIMI TIMIDI PASSI AI SUCCESSIVI SVILUPPI, FINO AL DISEGNO DI LEGGE N. 1078, MEGLIO CONOSCIUTO COME “PROTEGGI ANIMALI”

I DIRITTI DEGLI ANIMALI IERI, OGGI E DOMANI

Philipp T - Pixabay

ANDREA FERRARIO

Avvocato civilista del foro di Milano, esperto in materia di diritto del lavoro e di responsabilità professionale L’attenzione dell’uomo verso i diritti del mondo animale è radicata da sempre nelle menti più illuminate, come dimostra la famosa frase attribuita a Leonardo Da Vinci: “Verrà un tempo in cui considereremo l’uccisione di un animale con lo stesso biasimo con cui consideriamo oggi quella di un uomo”. Su questo tema del resto riflettevano già in epoca anche più remota pensatori del mondo classico, quali Pitagora e Plutarco, condannando nei loro scritti ogni forma di crudeltà verso gli animali. E non si può dimenticare come si è pronunciato a questo proposito M.K. “Mahatma” Gandhi: “La grandezza di una nazione e il suo progresso morale si possono giudicare dal modo in cui tratta gli animali”.

È però solo nel corso degli ultimi decenni e dopo un lungo processo di maturazione che anche il diritto si è finalmente fatto carico di tradurre

Felix Wolf - Pixabay

questa sempre più diffusa percezione filosofica e sociale in un sistema di vere e proprie norme giuridiche stringenti e dettagliate. Molta strada è stata dunque fatta. Gli animali non sono più una semplice “cosa”, ma sono sempre più percepiti come titolari di diritti elementari e portatori di una propria sensibilità: oggi l’uomo non può dunque più disporre impunemente o abusare della loro integrità fisica e neppure dei loro sentimenti. E chi viola le regole, non si espone soltanto a una condanna sociale, ma anche a una punizione legale. Tuttavia, ancora oggi molta strada resta da fare. Le miti e solo parziali sanzioni già vigenti vengono infatti applicate episodicamente e molte condotte controverse non hanno una chiara e condivisa copertura giuridica. In tale prospettiva, il nostro Paese tenta di fare un salto di qualità con la promozione di un ambizioso progetto di riforma: parliamo soprattutto del disegno di legge n. 1078, meglio conosciuto come “Proteggi Animali”, ma anche di altre bozze legislative più o meno simili contemporaneamente elaborate da diversi Gruppi politici. Gli estensori di questi complessi strumenti normativi, tuttora all’esame del Senato, auspicano mediante l’inasprimento delle pene e delle sanzioni già esistenti e l’introduzione di nuove fattispecie sostanziali e procedurali, di superare finalmente l’esiguità, l’ambiguità e la sostanziale inefficacia dell’attuale quadro di tutela. Ma procediamo con ordine e vediamo intanto i comunque importantissimi passi compiuti fin qui.

Il percorso di tutela, dai primi passi al quadro attuale

Un primo storico passo in avanti nel processo di riconoscimento dei diritti animali viene compiuto alla fine degli anni Settanta del secolo scorso. Il 15 ottobre 1978 viene infatti sottoscritta presso la sede dell’Unesco una solenne Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Animale. Si tratta in realtà di uno strumento di indirizzo etico più che giuridico, ma alcuni dei suoi contenuti fondamentali verranno poi ampiamente recepiti dalla legislazione di varie nazioni, tra cui la nostra. Con la Legge 14 agosto 1991 n. 281, l’Italia raccoglie infatti l’esortazione morale della Dichiarazione e si colloca così tra i primi paesi al mondo a riconoscere il diritto alla vita e alla tutela degli animali randagi, vietandone la soppressione se non in alcuni casi particolari. Con lo stesso strumento vengono inoltre previste le prime sanzioni anti-abbandono e ulteriori misure di contrasto al commercio a fini di sperimentazione. Pochi anni più tardi viene varato un ulteriore provvedimento (l’Accordo del 6 febbraio 2003, tra Stato, Regioni e Provincie autonome) mediante il quale, tra l’altro, vengono delineati con ancora maggiore precisione le responsabilità del detentore di animali, con un’elencazione di alcuni doveri “minimi”, quali la garanzia di un nutrimento sufficiente, di spazi confortevoli e puliti, di un adeguato livello di benessere fisico ed etologico e così via. Ma a una vera e propria svolta si assisterà soltanto l’anno successivo con la Legge del 20 luglio 2004, n. 189. Con questo provvedimento vengono inserite nel codice penale (articoli da 544 bis a 544 sexies) alcune nuove figure di reato volte a punire, con sanzioni anche detentive, condotte attuate “per crudeltà o senza necessità” in danno di animali: uccisione e maltrattamento (ma anche i combattimenti e taluni spettacoli) diventano atti formalmente vietati e perseguiti dallo Stato. Un clamoroso balzo in avanti, impensabile fino a poco prima. Bisogna tuttavia evidenziare come nella logica più complessiva anche di questo epocale intervento il bene protetto non sia ancora direttamente l’animale come vero e proprio soggetto autonomo di diritti, ma il sentimento - umano - di pietà nei suoi confronti. Al centro del sistema resta dunque l’uomo e il suo sentimento di affezione verso la “vittima”. La Legge 210 del 2010, con la quale l’Italia ratifica la Convenzione europea per gli animali da compagnia del 1991, segna comunque un ulteriore progresso nella strutturazione dei diritti degli animali e nei correlativi doveri dell’uomo. Oltre ad allargare la nozione di animale da “compagnia” ad alcune specie prima non contemplate, a regolare le procedure di eutanasia e a stabilire a 16 anni l’età minima per l’acquisto, lo strumento definisce in modo ancora più dettagliato i principi fondamentali a presidio del benessere degli animali. Vengono così formalmente sanzionati anche comportamenti umani che oltre a sofferenza fisica vera e propria possono ingenerare nell’animale un senso di “angoscia”, avvicinando sempre di più l’idea, riconosciuta per ora soltanto in talune decisioni giudiziarie di avanguardia (v. Cassazione. n. 20934/2017) dell’animale come essere autonomo e senziente e non più semplice oggetto,

Simona Robov - Pixabay

destinatario di una tutela “di rimbalzo” concepita ancora primariamente per l’uomo.

I “nuovi” diritti degli animali: un cantiere ancora aperto

Fin qui gli esiti del lento, ma inarrestabile processo avviatosi più di trent’anni orsono. Un processo tuttavia ben lungi dall’essersi concluso e che la coscienza sociale ha dimostrato negli anni di voler portare a un grado ancora più avanzato di compimento. È raccogliendo questa forte istanza proveniente dal basso, dai cittadini, dall’associazionismo, ma anche da una più matura riflessione giuridica e filosofica, che nascono così i vari (oltre al citato e più noto n. 1078, adottato come testo base, se ne contano altri sei) testi di riforma presentati in Parlamento e attualmente in fase di esame. Questi articolati, pur con diversità di sfumature connesse al colore politico dei presentatori, seguono un fil rouge sostanzialmente condiviso e prefigurano una vera e propria rivoluzione. Le linee di intervento sono strutturate su due fondamentali direttrici: disegni di legge recanti misure di carattere

penale, amministrativoe procedurale

e disegni di legge che intervengono

invece sulla disciplina privata e civi-

listica. Nella prima prospettiva, oltre all’inasprimento delle pene e delle sanzioni apprestate a tutela degli animali, con pene detentive che potrebbero arrivare fino a cinque anni, e al

MA SARÀ VERA RIVOLUZIONE?

Non mancano le resistenze, sia settoriali (si pensi al mondo della caccia), sia politico-ideologiche, a un varo rapido delle nuove misure; né, come pure la prassi di questi ultimi decenni ha purtroppo indotto a pensare, mancano le riserve sulla loro efficacia concreta e sostenibilità. Il nostro sistema giudiziario è infatti in forte affanno e costretto a operare su linee di emergenza e priorità. Si tratterà dunque di verificare sul campo se in queste ricadranno, e in che misura, anche i diritti animali e la loro tutela. Lo potrà naturalmente dire solo il tempo e soprattutto l’evolversi della sensibilità pubblica sul grado di effettivo allarme sociale suscitato dalle condotte prese di mira dal progetto di riforma. Come hanno dimostrato, i sia pur numerosi interventi fin qui messi in campo, le enunciazioni di principio, le regole e le punizioni, non bastano finché la maggioranza della collettività e i suoi custodi non decideranno di farle veramente proprie.

varo di nuove condotte punibili (il delitto di “esche avvelenate” e il divieto di commercio e detenzione di collari elettronici, elettrici o “a strozzo”, i maltrattamenti a sfondo sessuale, etc.), il più dirompente elemento di novità che accomuna questi progetti risiede soprattutto in un vero e proprio cambio di paradigma - appunto rivoluzionario - nel rapporto uomo-animale. Con la riforma, il bene tutelato non è infatti più il sentimento di pietà dell’uomo verso l’animale, ma è l’animale in sé al quale vengono finalmente attribuite una vera e propria soggettività giuridica autonoma e una dignità inalienabile e protetta in modo diretto dall’ordinamento, senza la mediazione dell’uomo. Lo stesso approccio teorico anima anche le misure di riforma incidenti sul diritto civile, con l’introduzione nel codice di un titolo autonomo denominato “Degli animali”. Con i nuovi articoli viene intanto istituita la figura dell’animale “familiare”, inteso come ogni animale domestico tenuto dall’uomo per compagnia e senza scopi alimentari. Ma soprattutto, l’animale viene una volta per tutte qualificato come essere senziente, al quale potranno applicarsi, ove compatibili, le disposizioni generali relative ai diritti civili. Con tutto ciò che ne consegue. Gli animali non potranno dunque più essere separati arbitrariamente dai proprietari e in presenza di eventi come la separazione, il divorzio, la carcerazione o il decesso degli “umani” costituenti un riferimento affettivo, o in caso di ogni altra ipotesi di allontanamento coatto dalla “famiglia”, verranno adottate misure di affido atte a contenere il più possibile lo strazio degli animali vittime involontarie e collaterali di tali eventi esterni. Al fine di rendere ancora più effettive queste misure, sarà infine data anche a enti e associazioni la possibilità di agire in giudizio ai fini del risarcimento del danno in relazione a casi di maltrattamento. Ricordiamo infine che, nello stesso solco di questi interventi di dettaglio, ma a un livello sovraordinato, è anche iniziato in Parlamento l’iter della legge che intende far entrare la tutela dell’ambiente e degli animali nella stessa Costituzione italiana mediante la modifica degli art. 9 e 41 della Carta: un contributo preziosissimo destinato a scolpire, anche simbolicamente, per l’intera comunità il rilievo fondamentale dei diritti animali. ●

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