Una filosofia generale d’apertura a un solo mondo (one world)

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UNA FILOSOFIA GENERALE D’APERTURA A UN SOLO MONDO (ONE WORLD) DEMOCRATIZZARE LA DEMOCRAZIA COMUNE, MIGRAZIONE, UGUAGLIANZA

Marie-Claire CALOZ-TSCHOPP Dir. di programma al Collège International de Philosophie, Programma 2010-2016

Graziella DE COULON Coordination Asile,Migration Vaud et co-presidente di Solidarité sans Frontières

Christophe TAFELMACHER

Avvocato, membro di SOS-Asile Vaud et dei Juristes démocrates suisses, Lausanne


Questo testo è la sintesi di un lungo lavoro di ricerca e nello stesso tempo una riflessione collettiva imposta dalla congiuntura attuale. Ringraziamo tutte le persone in Svizzera e all’estero che ci hanno portato la loro riflessione, esperienza e competenza.

Ginevra, Losanna, ottobre-dicembre 2011 Tradotto dal francese : Graziella de Coulon e Adrianita Masson Messa in forma: Stéphanie Tschopp: stetschopp@gmail.com Fotografie originali sotto licenza Creative Commons p. 3 : Trees iPhone Wallpaper, The Pug Father – p. 7 : Roots, Christopher Woo – p. 10 : Tree & Fence, Naama – p. 15 : Trees in Frozen Lake, Emilie Bremmer –p. 23 : Anthropomorphic Toots, Mike DelGaudio – p. 41 : Bark Beetle Burrows, Vik Nanda – p. 57 : Fancy Bark, Applesnonions – p. 81 : Roots, Waka Jawaka


Dedichiamo questo testo ai tre giovani morti durante la loro espulsione organizzata dalla polizia svizzera : Khaled ABUZARIFEH, Joseph Nduaku CHAIKWA Samson CHUKWU



« Quelque chose est pourri dans le royaume du Danemark ». Shakespeare, Hamlet, Acte I, scène 4, 90

« Le drame (trouble), c’est que cette catastrophe n’est pas née d’un manque de civilisation, d’un état arriéré, ou tout simplement d’une tyrannie, mais qu’elle était au contraire inéluctable, parce qu’il n’y avait plus un seul endroit « non civilisé» sur la terre, parce que bon gré mal gré nous avons vraiment commencé à vivre dans un Monde (One World). Seule une humanité complètement organisée pouvait faire que la perte de résidence (loss of home) et de statut politique (political status) revienne à être expulsé de l’humanité entière ».

Arendt Hannah, Les origines du totalitarisme, vol. II, p. 16-17.

« Penser c’est déjà changer. Penser un fait, c’est déjà changer un fait. Penser c’est résister. Penser collectivement, c’est se donner les moyens de changer collectivement ».

Colette Guillaumin, Groupe de Genève, Violence et droit d’asile en Europe , 1985.

« Comprendre, consiste à regarder la réalité en face, sans idée préconçue, et à lui résister au besoin, quelque que soit ou qu’ait pu être cette réalité ».

Arendt Hannah, Les origines du totalitarisme, vol. I, 1972, p. 282.


SOMMARIO STATUTO DEL TESTO E PAROLE-CHIAVI. RIASSUNTO

INTRODUZIONE Universalità della migrazione, espropriazione del comune, demondializzazione

PRIMA PARTE Tre orientamenti per l’azione : Uguaglianza, rivoluzione, mobiliatazione civica 1.

COS’È IL COMUNE ? COS’È L’UGUAGLIANZA ? L’appropriazione dei beni comuni universali « Il diritto di avere dei diritti » (Hannah Arendt) Il diritto e l’al di là del diritto, l’orizzonte della giustizia

2. COS’È LA RIVOLUZIONE VERSUS LA MIGRAZIONE ? Apartheid o patto del comune fondato sull’uguaglianza Nazionalismo e Ueberfremdung : i pilastri dell’apartheid Focalizzazione mirata degli interessi supposti : confusione, divisione, perdita del comune 3. UNA FORMAZIONE GRATUITA APERTA A TUTTI E UNA LARGA MOBILITAZIONE CIVICA UNITARIA : FORUM GENERALE PUBBLICO 2012-2013

SECONDA PARTE Una filosofia generale di apertura a un solo mondo (One world) 1.

FATTI, CONSTATAZIONI, SOGLIE Dalla disumanizzazione alla barbarie c’è solo un passo

2. DEMILITARIZZARE LA MIGRAZIONE Polizia, guerra o potenza democratica Un’antropologia politica basata sulla pace 3. QUESTIONI DI PARADIGMA E DI METODO Per uno spostamento di sguardo e di terreno


TERZA PARTE Proposta di 40 misure a corto, medio e lungo termine Costituzione, diritto, soglie e strutture, saperi, strumenti dello Stato MISURE A CORTO TERMINE (2012)

1. Misure (12) concernenti la Costituzione, il diritto interno, il diritto internazionale, la riserva etica e la politica della migrazione 2. Misura (1) di mobilitazione nello spazio pubblico per (ri) fondare un patto del comune basato sull’uguaglianza (2012) 3. Misura (1) concernente la ricerca e la formazione Programma di ricerca Galileo : giustizia, ospitalità e uguaglianza MISURE A CORTO,MEDIO E LUNGO TERMINE

1. Misure (9) per la trasformazione dello Stato, la sovranità Priorità alla giustizia, all’ospitalità, all’uguaglianza 2. Misure (8) per democratizzare la vita sociale, l’economia, il diritto al lavoro, la protezione dei salari, i diritti fondamentali 3. Misure (9) per un nuovo paradigma della politica d’informazione Bisogno di saperi nuovi. Dalla quantità alla qualità

CONLUSIONE QUALI AVVERSARI ? QUALE TRADIMENTO ? QUALE SFIDA ? O L’ARTE DI METTERSI A TAVOLA CON IL DIAVOLO



STATUTO DEL TESTO Questa riflessione filosofica globale è stata scritta in occasione della consultazione della direzione del Dipartimento federale di Giustizia e Polizia (DFGP) (ottobre, novembre 2011) sulla situazione delle persone senza statuto legale e sul diritto d’asilo in Svizzera. La libertà di parola, di pensiero, d’azione ha condotto la nostra riflessione. Essa non si limita all’urgenza elettorale, al ritmo imposto dai mass media, ai vertici dei sondaggi, a questioni tecniche, o strettamente giuridiche. Il suo terreno è il conflitto fra l’Alleingang et l’Apertura. La costruzione dell’Europa politica non si limita a Schengen –1 et alla libera circolazione senza misure di accompagnamento. La crisi ci insegna che il dibattito sull’Europa deve essere ripreso a partire da nuove basi. Senza procedere a un esame della politica europea, formuliamo quì qualche punto nodale legato al nostro asse di lavoro. La nostra riflessione ha come scopo lo spostamento dello sguardo, delle passioni, delle energie. Le riflessioni e le proposte presentate provengono dalla ricerca e dal movimento sociale. Sono state fatte delle ricerche nelle università di Ginevra, Losanna e a l’ Ecole Polytechnique Fédérale di Losanna (EPFL) –2, a Louvain e in America Latina. Si ispirano alle ricerche accademiche internazionali, interdisciplinari condotte con la partecipazioni di ricercatori, di professionisti salariati del servizio pubblico e privato (medici, operatori sociali, avvocati, insegnanti, poliziotti, ecc.) come pure al lavoro di cittadini, di rifugiati, di richiedenti l’asilo. Durante gli ultimi 30 anni, in queste ricerche e anche in altre –3, sono state formulate delle proposte concrete che si possono consultare sulla migrazione in Svizzera e altrove. Gli stimoli per questa riflessione sono stati le resistenze a conoscere la migrazione nella sua realtà, a capirla nella sua ricchezza, e il conflitto fra chiusura e apertura. Il capitale di immaginazione e d’inventività accumulato a partire dagli anni 80 da cittadini ordinari operanti sul terreno –tappa storica recente- ( rifugi, difesa concreta dei diritti) è stata una spinta preziosa per il nostro lavoro. Flüchtlings-Politik am Ende ?–4 ci domandavamo già nel 1982.

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1– Caloz-Tschopp M.C., Fontolliet M., Europe. Montrez patte blanche. Les nouvelles frontières du «  laboratoire Schengen ». Préface du prof. Lode Van Outrice, Parlement européen, Genève, éd. CETIM.

2– Caloz-Tschopp Marie-Claire, «  Colère, Courage, Création politique. Questions pour une recherche » in, Caloz-Tschopp M.C. (dir.), Colère, Courage et Création politique. La théorie politique en action, Paris, l’Harmattan, 2011, 7 volumes. Caloz-Tschopp Marie-Claire, « Scientitif Diasporas, Migration and Development. A Perspective from Philosophy and Political Theory », Tejada Gabriela, Bolay Jean-Claude, (eds), Scientific Diasporas as Developmente Partners, Peter Lang, Berne, 2010, p. 3-21. Traduit du français  : Diasporas scientifiques, migration, développement à la lumière de la philosophie et de la théorie politique (original en français, traduit en anglais), Pour la version française, voir site: http://cooperation.epfl.ch/ ScientificDiasporasNetwork Caloz-Tschopp Marie-Claire, Pour défendre la Convention internatio-nale sur la protection des droits de tous les travailleurs migrants et des membres de leur famille : refonder la politique et les droits, Conseil mondial des droits de l’homme, ONU/ BIT, Site HCDH, ONU Genève (2008). http://www2.ohchr. o r g /e ng lish / b o di e s / c mw/ roundtable.htm Caloz-Tschopp M.C., Dasen P. (dir). (2007)  : Mondialisation, Migration et Droits de l’Homme/Un nouveau paradigme pour la recherche et la citoyen-neté, Bruxelles, éd. Bruylant, 526 pages (vol. I, livre) dans le cadre d’une recherche du RUIG (voir site). (suite page suivante)


2–(suite) Caloz-Tschopp M.C. (2004)  : Parole, pensée, violence dans l’Etat, une démarche de recherche (vol. I, 350 p.) ; Contraintes, dilemmes, positions des travailleurs du service public, entretiens (vol. II, 450 p.) ; Le devoir de fidélité à l’Etat entre servitude, liberté et (in) égalité (vol. III, 350 p.), Paris, Editions l’Harmattan. Caloz-Tschopp M.C., Dasen P., Spescha F., Eds. (2005). L’action « tragique » des travailleurs du service public. Actes du colloque international de Genève 15/16/17 septembre 2004, Paris, l’Harmattan. Caloz-Tschopp Marie-Claire, Clévenot Axel, Tschopp Maria-Pia, Eds. (1994). Asile, Violence, Exclusion en Europe. Histoire, analyse, prospective, Genève, co-éd. Cahiers de la Section des Sciences de l’Education de l’Université de Genève, Groupe de Genève « Violence et Droit d’asile en Europe », 463 pages.

3– Vedi Forum svizzero sulle migrazioni all’Università di Neuchâtel e numerose ricerche a livello europeo, fra cui quelle fatte da MIGREUROPE E TERRA a Parigi.

4– Caloz-Tschopp M.C., Flüchtlings-Politik am Ende  ? Von den politischen Flüchtlingen zu den «  neuen  » Flüchtlingen, Zurich, éd. Gegenverlag, 1982  ; Le Tamis helvétique. Des réfugiés politiques aux « nouveaux » réfugiés, Lausanne, éd. d’En Bas, 1982,

5– Queste questioni sono state formulate pubblicamente dall’ex Consigliere di Stato, G.-O. Segond.

Per la prima volta, in un periodo di incertezza, di crisi e di guerra, una Consigliera federale del partito socialista è stata nominata dall’Assemblea Federale, Camere riunite, alla difficile funzione pubblica di responsabile del Dipartimento federale di Giustizia e Polizia (DFGP). La situazione suscita un’interrogazione a misura della sfida. La buona posizione nel barometro dei sondaggi di popolarità è sinonimo di buon governo? E’ possibile coniugare impegno personale e funzione pubblica di polizia ? –5 L’alta funzione pubblica è un punto di riferimento per tutti nella coerenza e nella chiarezza dell’impegno, in termini di lucidità, di coraggio, di responsabilità, di innovazione collettiva. La sua azione ufficiale rimarrà impressa nella memoria collettiva della storia svizzera, europea e internazionale. In definitiva, la nostra motivazione è venuta dal bisogno di riflessione espresso dal movimento sociale, da studenti, da salariati, da cittadini e cittadine, da rifugiati che vivono conflitti, incertezze, collera e indignazione. La stanchezza, la mancanza di motivazione sul lavoro e anche la collera e lo sconforto sono dei segni da non sottovalutare. Il nostro testo può produrre un sentimento di sfasatura fra la riflessione e i rischi, gli obblighi legati alla pratica professionale e alla vita quotidiana. Questo disagio è proprio a qualsiasi impegno per una riflessione critica e creativa alla quale noi invitiamo tutti. Non siamo impotenti di fronte a un compito che può sembrare immenso ma che è alla portata di ognuno di noi in quanto concerne la parte che abbiamo in noi di desiderio e di speranza che le cose cambino . I momenti di crisi sono positivi. Permettono di chiarire le cose e di mettersi in movimento. Possiamo cambiare abitudini e sguardi. E’ possibile agire, riflettere collettivamente, provando anche piacere. Il nostro testo è da leggere individualmente ma da discutere collettivamente in primavera durante la formazione che proponiamo. (vedi allegato)

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RIASSUNTO STATO DI INCERTEZZA, DI AMBIGUITA’, DI COLLUSIONE, MA BISOGNA SCEGLIERE 6– A proposito del concetto di ambiguità (Simone de Beauvoir) associato a quello di «  simbiosi  », vedi Bleger José, Symbiose et ambiguité, Paris, PUF 1967. E’ un psicanalista argentino che ha fatto una descrizione clinica dell’ambiguità. Vedi anche Amati-Sas Silvia « La interprtacion en lo transsubjetivo. Reflexiones sobre la ambiguedad y los espacios psiquicos », Revista de psicoanalisis, Buenos Aires, 2000.

7– Nel 2011, secondo i calcoli dell’ONG Californie Global Footprint Network (GNF), gli abitanti del pianeta hanno consumato le risorse annuali del pianeta in 270 giorni. In 10 mesi, le risorse del nostro budget mondiale sono state esaurite. La soglia a partire dalla quale gli esseri umani attingono dal capitale delle risorse umane disponibili e « vivono a credito » è oltrepassata ogni anno sempre più presto. La GNF pubblica ogni anno un indicatore  : l’impronta ecologica dei miliardi di esseri umani. Questo indicatore ci da un’indicazione precisa.

Al giorno d’oggi stiamo vivendo una nuova tappa di « crisi » e di nuove tensioni fra apertura e chiusura. Abbiamo bisogno di una nuova filosofia generale di apertura a un solo mondo (One World) che possa resistere alla situazione attuale, elaborare la violenza, i nodi contraddittori della politica, rifondare la vita in comune. La filosofia appartiene a tutti i cittadini, al movimento sociale, alle persone di passaggio, agli artisti, ai salariati, allo Stato, alla ricerca, all’educazione, al servizio pubblico. In un momento di incertezza, di ambiguità–6, di collusione, accettare di lavorare l’ambivalenza vuol dire scegliere fra chiusura e apertura, fra l’apartheid e il patto del comune fondato sull’uguaglianza. La Svizzera, che adotta spesso le peggiori soluzioni, potrebbe, al contrario, diventare un laboratorio di innovazioni politiche nuove per l’Europa. Quello che succede nel campo della migrazione, succede anche in altri campi. L’ineguaglianza di fronte alla vita e alla morte, al rapporto alla natura, alle risorse del pianeta–7, lil divario nelle condizioni di esistenza di miliardi di persone, diventano abissali. L’accesso all’acqua, alla terra–8, agli strumenti, all’alimentazione, alla casa in Svizzera e per 6,3 miliardi di invidui (70% della popolazione mondiale) nelle città del pianeta (Africa, India, Cile ecc. dove un miliardo di persone vive nelle bidonville), alla salute, al lavoro, all’educazione, ai trasporti pubblici, alla salvaguardia dell’ambiente, ecc. sono la condizione degli esseri umani di questo pianeta all’inizio del XXI secolo. Quando si osservano le cause della migrazione, le condizioni di 214 milioni di migranti ufficialmente dichiarati (2010) sono un prisma che permette di osservare la profondità della crisi. Ci siamo permessi di immaginare, di inventare un nuovo paradigma della vita in comune. Nella tappa attuale di globalizzazione, viviamo un’epoca dolorosa e torbida, in una situazione di confusione e di ambiguità. Il camaleonte è un animale del nostro tempo. Nei 11


rapporti fra chi ha il passaporto svizzero e chi è chiamato « lo straniero », l’apartheid è normalizzata, la violenza è pratica corrente, il crimine è banalizzato, si va al di là dei limiti di civiltà con atti in cui l’etica elementare è messa in questione. E’ imperativo ora capire la realtà attuale per agire con discernimento, guardando al futuro. In Svizzera, ci sorprendiamo a sognare la rivoluzione. Quando l’ingiustizia, l’odio, l’invidia, il risentimento, il cinismo, la violenza suscitano collera e sgomento, si risveglia il desiderio di rivoluzione. Al giorno d’oggi si presenta come rifiuto di ripiego. E’ il desiderio di immaginare, di vedere, di capire ciò che succede per poter agire. Se c’è rivoluzione permanente, secondo il termine di Rosa Luxemburg, è proprio nell’asse del comune, della giustizia, dell’ospitalità, dell’uguaglianza che essa si realizza. Oggi, di fronte all’irrazionalità della globalizzazione, la posta in gioco nella nostra tragica condizione è l’autonomia individuale, collettiva, l’autolimitazione (Cornelius Castoriadis) –9 per arrivare a « démocratiser la démocratie » (Etienne Balibar) –10. Rifiutiamo di aprire il vaso di Pandora che ci offre l’UDC e altre forze per distrarci dall’essenziale. Rifiutiamo di seguire quelli che seguono l’UDC. Rifiutiamo di dividerci, di indebolirci. Rifiutiamo di andare sul terreno minato del mercato, della guerra–11, dell’odio, della banalizzazione della violenza rischiando di non vedere ciò che deve farci realmente paura. Accettiamo di vedere le nostre ambiguità, le nostre debolezze, le nostre collusioni, i nostri desideri, le nostre passioni. Esercizi pratici. 1. Parliamo di politica della migrazione e non più di politica degli stranieri, termine che ci arriva dal XIX secolo e che ha nutrito tanti pregiudizi, pesato sulla nostra mentalità durante il XIX e il XX secolo. 2. Parliamo di condizioni materiali di esistenza della popolazione che vive in Svizzera al centro dell’Europa, nel mondo. Ogni politica « d’integrazione » deve difendersi da una società a due velocità, dal criminalizzare, dall’espellere il nostro uguale dal quadro politico, dai diritti, dal mondo comune sul pianeta, senza prendere in considerazione la causa della sua migrazione. Il patto del comune della società, pilastro della possibilità della politica, può basarsi su ciò che Hannah Arendt ha 12

8– Secondo l’OXFAM, le terre agricole appartengono sempre di meno ai piccoli produttori, che diventano poi migranti. Dal 2001 a oggi, nei paesi in via di sviluppo, 227 milioni di ettari, cioè la superficie dell’Europa dell’ovest, sono stati venduti o messe in affitto a dei gruppi internazionali. La maggioranza di queste terre non è sfruttata ma serve alla speculazione fondiaria. Si potrebbe parlare dell’acqua ecc. Una logica sociale di polizia che domina l’approccio della migrazione fa l’economia delle cause della migrazione forzata.

9– Voir notamment L’institution imaginaire de la société, Paris, Seuil, 1975 et Sur Le Politique de Platon, Paris, Seuil, 2010.

10– Balibar Etienne, Citoyen sujet et autres essais d’anthropologie philosophique, Paris, PUF, 2011.

11– Tosel André, «  Mettre un terme à la guerre infinie du monde fini  ?  », CalozTschopp M.C. (dir.), Colère, Courage et Création politique, Paris, L’Harmattan, 2011, vol. 1, p. 129-163.


chiamato « il diritto di avere dei diritti », cioè un accesso uguale all’appartenenza politica, alla protezione attraverso i diritti individuali economici, politici, sociali e alle prestazioni pubbliche di protezione. Come si vede nel sommario, il testo attuale si legge a livelli differenti. Nella prima parte, presentiamo tre orientamenti per l’azione : l’uguaglianza, la rivoluzione, la mobilitazione civica :1) Cos’è il comune ? L’appropriazione dei beni universali comuni. Cos’è l’uguaglianza ? La base del « diritto ad avere dei diritti », il diritto al di là del diritto ; 2) Cos’è la rivoluzione versus migrazione ? La scelta fra apartheid e comune tradotto in un patto fondato sull’uguaglianza  ; 3) Appello a una mobilitazione civica larga . Nella seconda parte, proponiamo una filosofia generale di apertura a un solo mondo (One World). Si tratta di una congiunzione del Comune, della Migrazione, dell’Uguaglianza. A partire da fatti, constatazioni, soglie di umanizzazione, si tratta di demilitarizzare la migrazione e di ritrovare la forza democratica in una sovranità popolare da costruire, legata a un’antropologia politica della pace, rivedendo il suo rapporto di colonizzazione della natura, di popoli su altri popoli. Formuliamo poi questioni di paradigma, di metodo e di campi in cui svolgere un’azione pubblica di qualità. Nella terza parte, proponiamo 40 misure immediate , a medio e lungo termine. La lista sintetica, larga, diversificata implica una riappropriazione di un immaginario globale e il rifiuto dell’idea di frammentazione, di distruzione. La lista rimane aperta. Le proposte concernono delle azioni realizzabili immediatamente e una trasformazione della società e dello Stato. Le misure proposte non si escludono l’un l’altra. Fanno appello ad altre idee. Il testo fa riferimento fra altro a delle proposte già formulate negl’anni 80 et 90 alle Autorità federali, al Parlamento e che sono rimaste lettera morta. La conclusione è una sintesi delle tre domande  : Quale avversario, quale tradimento, quale sfida, O l’arte di mettersi a tavola con il diavolo. L’unica questione filosofica, politica che ci è posta oggi forse è la seguente : come non consentire a un potere di morte, di andare sul terreno dell’odio, della guerra, lasciandoci ciechi, 13


alienati. Come optare risolutamente per la vita, lottare per la vita, e come essere, ognuno(a) di noi, « contemporaneo.a » del mondo in cui viviamo dalla nascita alla morte ? (Hannah Arendt) Questo testo è un elogio della lentezza e dello spazio pubblico bisognoso di immaginazione, di dialogo, di dibattito nutrito dall’immaginazione e dal discernimento. Basta con la fuga in avanti–12. Riappropriamoci il tempo che ci è stato rubato, lo spazio pubblico ridotto all’espressione di « passioni tristi » (Spinoza) a slogan, a immagini scandalose di propaganda, al zap e clic, ai sondaggi della società dello spettacolo, per riflettere sui conflitti di classe e di civiltà e sviluppare le nostre capacità di azione, di giudizio, di creazione. Questo testo è anche un elogio combinato di attenzione all’avvenimento e al tempo lungo che esige ogni riflessione critica. Lo scrittore Vassilis Alexakis diceva a proposito della Grecia « ...bisogna preservare ad ogni costo l’impassibilità. Abbiamo un gran bisogno di impassibilità in questo momento » –13, facendo poi appello a una riflessione filosofica. In un momento in cui siamo tutti sottomessi allo stress, in cui le regole della comunicazione dominante ci impongono un ritmo sfrenato, le parole-valigie impoveriscono il linguaggio, sconcertano il pensiero. Anche se la « neo-lingua » corrompe il discorso –14 e la propaganda manipola le immagini nascondendo il discorso, è possibile imparare l’impassibilità, dedicare il tempo necessario per vedere da vicino, riflettere su parole, idee, fatti, pratiche.

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12– Ascoltare per esempio « Debout sur le Zing, La Fuite en avant » Musicast, distr. Disques Office.

13– Le Monde, 11.11.2011.

14– Voir par exemple à ce propos, Duch LLuís, Chillón Albert, «  La corrupción del discurso », El Païs, 4.11.2011.



INTRODUZIONE UNIVERSALITA’ DELLA MIGRAZIONE, ESPROPRIAZIONE DEL COMUNE, DEMONDIALIZZAZIONE La migrazione delle persone, delle idee è un soggetto troppo prezioso per essere utilizzato come strumento dei discorsi semplicistici della propaganda e come arma di guerra, di polizia, di attacco alle libertà pubbliche. L’Europa è una questione politica troppo preziosa per venir amalgamata nell’Alleingang o ridotta allo spazio Schengen e a une libera circolazione della mano d’opera senza misure di accompagnamento. L’ospitalità, l’uguaglianza, il comune sono questioni troppo preziose per venir cancellate dai desideri e dalla memoria collettiva. Queste questioni essenziali per il futuro della Svizzera, dell’Europa, del pianeta sono state manipolate dai populisti–15 molto accomodanti con gli ultraliberali che propongono una migrazione « scelta » per ovviare alla mancanza di mano d’opera altamente qualificata e propongono il lavoro nero dei migranti, retribuito al di sotto delle norme per i lavori più faticosi. La manipolazione, lo sfruttamento e la strumentalizzazione della migrazione sono pericolosi. In un ambiente di crisi, nascondono il peso della dipendenza della Svizzera al mondo, di cui la migrazione e la costruzione dell’Europa politica, il patto del comune fondato sull’uguaglianza sono temi incontrastati. Dagli anni 80, queste forze di ripiego e di caos hanno inibito una riflessione seria e aperta, prospettiva, alternativa assolutamente necessaria. In altri termini, le crisi a ripetizione del capitalismo e l’aggravamento attuale, la crisi dello Stato e della sovranità esigono un progetto di cambiamento radicale per ridefinire un patto del comune basato sull’uguaglianza, un quadro politico e l’autolimitazione in un pianeta con risorse limitate. A questo livello, si constata al tempo stesso, collera, accecamento, cinismo e impotenza Non lasciamoci più rinchiudere in certe trappole. Partiamo dalla migrazione –16 per illustrare il disfacimento dello Stato, dei diritti, delle forme di espropriazione del comune per 16

15– I temi dell’iniziativa dell’ UDC parlano chiaramente : contro la costruzione dei minareti, rinvio automatico degli stranieri criminali, «guerre des monnaies » con l’iniziativa che mira a « salvare  » l’oro della Svizzera, opposizione al progetto di armonizzazione scolastica dei 26 cantoni, arresto dell’immigrazione di massa e re-introduzione della politica dei contingenti in materia di stranieri al posto di misure di accompagnamento alla libera circolazione dei lavoratori. Dove sono le proposte di misure reali necessarie alla Svizzera per far fronte alle sfide che deve affrontare ?

16– La questione dell’Europa merita una riflessione che non possiamo fare seriamente in questo progetto. Incominciamo però già ad allontanarci dalle categorie « del nazionale » e dal binomio guerriero di Carl Schmid che divide il mondo fra « amici e nemici » e che marca sia la politca interna che quella internazionale..


17– Un recente studio della Scuola Politecnica di Zurigo (ETH) ci ha fornito ultimamente, per la prima volta, una ricerca sull’architettura della proprietà internazionale che smentisce la fede dell’economia classica nella « neutralità » della concentrazione del potere. Partendo da Orbis 2007, banca di dati di più di 370 milioni di imprese che si spartiscono 13 milioni di legami di proprietà in 194 paesi, i ricercatori hanno reperito 40.060 società transnazionali che hanno delle relazioni strette, grazie al possesso di azioni. Un nucleo di 1318 entità più unite possiede collettivamente il 60 % della capacità di manifatturiera del pianeta ( economia reale). La ricerca mostra la concentrazione straordinaria del potere economico mondiale nelle mani di 147 ditte di cui ¾ appartengono all’industria finanziaria. La nebulosa delle 147 mega-società embricate fra di loro, cioè l’1% delle società controlla quasi il 40% della ricchezza della rete intera delle transnazionali. Le operazioni dell’architettura mostrano che non hanno niente di naturale, spontaneo, di autoregolazione del mercato ma che si tratta di scelte coscienti di attori totalmente indifferenti alla stabilità ….fin che guadagnano. I ricercatori sottolineano che il trucco rappresenta un pericolo per la stabilità del mercato globale e per la democrazia. Vedi Vitali S. and al. The network of global control ETH 28 luglio 2011.

18– Dichiarazione di Berna « Swiss traiding SA », Losanna, Ed. D’En bas (solo in francese e tedesco)

riuscire a riappropriarceli. Prima di tutto ricordiamoci che alla tappa della globalizzazione imperialista fra il XIX e il XX secolo, il pianeta ha assistito alla migrazione di più di 30 milioni di persone, di una massa enorme di capitali, a delle guerre. In Svizzera, all’inizio del XX secolo, i migranti rappresentano già quasi il 20% della popolazione. A partire dagli anni 80, assistiamo a una nuova tappa d’internazionalizzazione e di concentrazione delle forze produttive e finanziarie sovranazionali17–17. In questo inizio del XXI secolo, due figure cristallizzano i conflitti nel campo dello sfruttamento e dell’espulsione, sebbene siano essenziali per la forza di lavoro, per la sopravvivenza, la cittadinanza: le donne e i migranti. Milioni di donne migranti vivono in condizioni di sfruttamento dalla nascita alla morte, dal paese di origine al paese di soggiorno ufficiale o clandestino, in Svizzera e nei legami con i figli rimasti al paese, con la diaspora del mondo. Dopo la classe operaia del capitalismo industriale descritto da Marx, le donne migranti e i lavoratori migranti, con i precari e gli « intermittenti » sono le figure del nuovo proletariato, della nuova classe operaia globalizzata. Per capire la migrazione, bisognerebbe iniziare con il domandarci perché i contadini dei paesi del sud ricchi di risorse rimangono poveri–18 e perché degli esseri umani (donne, bambini, uomini) lasciano la loro terra, la loro casa, la loro famiglia, i loro amici ecc. Bisognerebbe osservare ciò che succede a queste persone. Bisognerebbe analizzare i negoziati sulle materie prime, il saccheggio, la distruzione delle risorse mondiali, le guerre (Vietnam, Ex Jugoslavia, Afganistan, il territori dei Grandi Laghi, Sudan, Iraq, Libia…) la riorganizzazione del mercato mondiale del lavoro, il dumping salariale e la disumanizzazione. Bisognerebbe capire ciò che c’è in comune fra la presenza , la dannosità delle forze multinazionali nelle nostre regioni e il saccheggio delle risorse mondiali. Nell’Europa stessa, bisognerebbe interessarsi per esempio alle condizioni di lavoro dei contadini, degli operai agricoli, nell’agricoltura industriale nella zona del Mediterraneo e in Svizzera–19. Dovremmo domandarci perché sono prioritariamente le donne marocchine che colgono le fragole che mangiamo e che vengono dalla Spagna–20. Bisognerebbe 17


conoscere le rivendicazioni delle donne che lavorano alle catene di montaggio, nelle serre delle imprese di condizionamento dei prodotti agricoli per i nostri supermercati, in Spagna, in Italia, in Tunisia, in Turchia ecc. Bisognerebbe accettare di sapere che l’agricoltura intensiva si fa a scapito della protezione della natura (esaurimento delle nappe freatiche, del suolo, mancanza di rispetto della diversità), a scapito della salute dei lavoratori, grazie all’assenza di diritti sociali, a salari scandalosi ( salario giornaliero di 5 euro in Marocco) ecc. La frutta e la verdura che compriamo nei nostri supermercati hanno un gusto amaro –21. Allo stadio attuale della globalizzazione e delle sue sfide (risorse limitate, violenze infinite, disuguaglianze abissali–22, disindustrializzazione nei nostri paesi, indebitamento), la migrazione è diventata un fatto umano universale, economico, politico, sociale, culturale, qui e in ogni parte del mondo. Nel XXI secolo, il movimento migratorio concerne la vita di ogni essere umano su questa terra. Indipendentemente da dove abita sul pianeta, ogni essere umano è costituito dal movimento che abita il corpo , la testa, i piedi. Quando il movimento diventa mobilità forzata nei rapporti con il lavoro, nei rapporti di potere, di violenza sempre più brutale, espropria le persone della loro vita, della loro potenza. In questo inizio di XXI secolo, per essere conosciuti, integrati ai diritti, bisogna riconoscere, descrivere, valutare il fatto che il movimento migratorio non è riducibile alla mobilità economica forzata, né alla libera circolazione utilitarista e ineguale ( dei capitali, delle merci, dei lavoratori) né a un culto dell’erranza delle « élites » transnazionali , né al nomadismo turistico. Esistono tante forme di negazione della realtà ricca e complessa della migrazione come condizione di esistenza universale di milioni di esseri umani che domandano un accesso alla politica e alla protezione dei loro diritti. . La migrazione esige un’emancipazione dal pensiero economico neo liberale di libero scambio che riduce l’esperienza della migrazione alla circolazione di un fattore economico all’interno di un mercato autoregolato. Dalla nascita alla morte nel passaggio sulla terra, l’estrema ricchezza dell’esistenza degli esseri umani può essere ridotta a questo ? Da quale « comune » che costituisce la tessitura vitale della condizione umana, la migrazione è 18

19– Si sta costruendo una rete di solidarietà internazionale con le contadine, I contadini e gli operai e le operaie dell'agricoltura attorno al Mediterraneo con gli obiettivi seguenti  : 1) Mantenimento e promozione dell’agricoltura contadina 2) Difesa dei diritti degli operai e delle operaie nell’agricoltura industriale 3) Scambi di informazioni sulle lotte sociali e le iniziative per dei progetti nello spazio rurale. 4) Solidarietà internazionale in caso di rappresaglie contro il movimento sociale e i membri della rete. Informazioni : www.forumcivique.org

20– Zeneidi Djemala, « De l’usage de la sexualité dans le managment de la migration de travail », L’espace politique, 13, 2011, 1 (revue en ligne).

21– Duflot Jean, De Lampedusa à Rosarno. Euromirage, Villeurbanne, éd. Golias, 2011.

22– 20% della popolazione del pianeta consuma l’80% delle risorse. .


stata esclusa, come d’altra parte la natura- permettendo che la modernità la riduca a una forza di lavoro, a semplice fattore di circolazione, ad una semplice cosa da scambiarsi sul mercato per trarre profitti ? 23– Que coûtent et que rapportent les émigrés se demande A. Sayad, sociologue algérien dans un texte classique. Voir Sayad A., «  Coût et profits de l’immigration », in CalozTschopp M.C. Le devoir de fidélité à l’Etat entre servitude, liberté et (in) égalité, Paris, Editions l’Harmattan, p. 375-381.

24– Ogilvie Bertrand (1995), « Violence et représentation. La production de l’homme jetable  », Lignes, no. 26, p. 113-142.

25– Negri Toni, «  S ome thoughts on the use of dialectics  », Transeuropéennes Archives, Paris, w w w.t r a n s e u r o p é e n n e s . eu/en/ar ticles/ 315/ Some_ thougths_on_the_use_of_ dialectics

26– Voir le site du Programme : http://exil-ciph.com

La mancanza di conoscenza, il disprezzo, la negazione della ricchezza della condizione umana, inerente al movimento dei migranti ben lungi dalla semplice circolazione, incoraggia la mobilità selvaggia di lavoratori senza diritti sociali e mostra la realtà cinica dell’utilitarismo migratorio –23, dello sfruttamento, della precarizzazione, del pericolo dell’esilio, di una civiltà di « uomini usa e getta » (población chatarra, popolazione pattumiera) –24 del sistema economico e politico nel mondo e in Svizzera (14,5% della popolazione esposta al rischio di povertà, sempre più giovani indebitati, famiglie giovani e anziani). Con la crisi estesa a tutto il pianeta, la retorica dell’invasione dei migranti e della preferenza nazionale serve a mascherarne l’importanza. Con o senza statuto legale, i lavoratori extraeuropei – donne in maggioranza- sono i più sfruttati, i meno protetti. La globalizzazione del mercato del lavoro funziona con «  una mano d’opera di riserva  » (Marx) precarizzata per far abbassare i salari e con una mano d’opera « usa e getta » condannata a diventare superflua. La situazione inquieta sordamente tutti. Stiamo diventando tutti degli esiliati, spogliati della nostra propria vita, delle nostre esistenze, di un mondo finito che diventa sempre più strano, e sempre meno viabile ? Questa domanda ci porta a un’interrogazione della quale non vediamo bene la radicalità : « l’espropriazione del comune »–25, di cui parla il filosofo Toni Negri. Nella globalizzazione, gli esseri umani sono spoliati dei loro legami alla natura. Si ritrovano nudi, espropriati della loro terra, delle loro semenze, dei loro attrezzi, del loro corpo, del loro nutrimento, del loro lavoro, della loro salute, del loro pensiero, dei loro legami, dei beni comuni che sono limitati sul pianeta. Questo è il tema di ricerca del Programme du Collège International de Philosophie (20102016) basato in Svizzera, a Ginevra–26. L’opposizione fra nazionali e non nazionali, fra lavoratori del primo cerchio e del secondo cerchio – espediente della polizia svizzera degli anni 90 per bloccare l’accesso al diritto 19


di immigrazione in Svizzera e in Europa – è uno dei pilastri di regolazione generalizzata dell’abbassamento dei salari e delle prestazioni sociali. E’ inquadrato da un sistema di Stato nazione articolato a un processo d’Europa delle polizie (Schengen) e di privatizzazione dei contratti e dei compiti sostenuto dalle multinazionali private che sfuggono al controllo dello Stato. Nel XIX et XX secolo, contemporaneamente alla costruzione delle vie di comunicazione (gallerie, strade), si è costruito un sistema di apartheid istituzionalizzato dallo Stato nell’ambito della politica « degli stranieri » come dimostrato chiaramente, per la Svizzera, dallo storico Marc Vuillemier –27 –28 e dal politologo Laurent Monnier  . L’apartheid è una pratica, una visione di società separata, duale, inegualitaria. Si instaura l’isolamento, la competizione, la violenza , la distorsione della realtà, la disumanizzazione dei rapporti di una popolazione che vive nello stesso posto, in Svizzera, in Europa, nel mondo. L’apartheid si traduce nei muri eretti fra le regioni ricche e quelle povere. E’ una parete di vetro di discriminazioni fra gli umani e anche in noi stessi. Alla tappa attuale della globalizzazione, la Svizzera e l’Europa, prese nella tenaglia delle categorie di un tempo (nazione, xenofobia, precarietà naturalizzata, contingenti, statistiche ecc.) soffrono del sintomo della « non contemporaneità » di cui parla Ernst Bloch e che oggi si potrebbe chiamare apartheid total-liberale sul pianeta. Riassumendo, si assiste alla ricerca di egemonia di un modello economico-politico che coniuga l’invenzione totalitaria storica e l’ultra liberalismo senza limiti e che porta in sè tracce dell’invenzione totalitaria del XX secolo. E’ un cocktail che mischia l’identità nazionale, l’Alleingang, l’odio dello straniero e che ha le sue radici nella politica statale dell’ Ueberfremdung–29 dell’inizio del XX secolo, l’evasione fiscale, gli attacchi allo Stato e al diritto–30 la manipolazione della sovranità popolare. E’ il programma dell’UDC, dei grandi padroni svizzeri e delle multinazionali (industria, finanza) di cui il « Libro bianco », quasi dimenticato rimane la « pietra di paragone »–31. Per queste forze, la manipolazione del tema della migrazione- come d’altra parte quello degli abusi–32 32è un cavallo di Troia. La sovranità popolare è un cattivo pretesto per nascondere una rapina senza limiti e un’evasione da ogni regola comune. 20

27– Vuillemier Marc, Immigrés et réfugiés en Suisse. Aperçu historique, Zurich, Pro Helvetia, 1992 (le livre existe dans toutes les langues officielles de la Suisse).

28– Monnier Laurent, « L’apartheid ne sera pas notre passé, il est notre avenir  », in CalozTschopp M.C. Le devoir de fidélité à l’Etat entre servitude, liberté et (in)égalité, Paris, Editions l’Harmattan, p. 221237

29– l’UDC, partito di governo da tanto tempo non ha inventato niente in questo campo, visto che la nozione di « sovrappopolazione straniera  » è stata iscritta nella legge sugli stranieri nel 1931. en 1931.

30– L’osservazione di ciò che implica la messa in opera delle iniziative lanciate dall’UDC, fra le quali, in particolare, quella del rinvio automatico degli stranieri criminali senza tener conto delle circostanze, presenta delle difficoltà di messa in applicazione sollevate dal gruppo di lavoro federale e costituisce un attacco al principio della « proporzionalità », uno dei pilastri dello Stato di diritto.

31– De Pury D., Hauser H., Schmid B., Ayons le courage d’un nouveau départ. Un programme de relance de la politique économique de la Suisse, Berne, éd. Orell Füssli, 1996.


32– Che si coniuga anche sul tema della frode, vedi Sarkozy in Francia  : «  la fraude est la plus terrible est la plus insidieuse des trahisons de l’esprit de 1945. C’est la fraude qui mine les fondements mêmes de la République sociale. Frauder, que dis-je voler, voler la Sécurité sociale, c’est trahir la confiance des français » discorso pronunciato durante la visita della cassa di assegni familiari della Gironde, più precisamente il servizio di controllo e di versamento delle prestazioni. 15.11.2011.

Questo è il pericolo più grave di ciò che potremmo chiamare una controrivoluzione per la Svizzera, l’Europa e altri posti nel mondo. Questo modello, alla ricerca di egemonia dominatrice e inegualitaria è distruttore del comune. Il suo scopo è la distruzione dello Stato, dei diritti, delle protezioni, dei mezzi d’informazione, l’evasione da tutte le responsabilità comuni. Banalizza la violenza. Preconizza una libertà illimitata per il mercato, le forze multinazionali, il capitale finanziario, il commercio delle armi. Il postulato della « distruzione creativa » (Schumpeter) basata sulla visione di un « ordine naturale » legittimo , il postulato dell’autoregolazione «  naturale  » dell’economia fra cui, per esempio gli affari della Swissair, dell’UBS, del Credito Svizzero, degli Hedge funds, delle multinazionali (materie prime, affari, armi, speculazioni) che si installano in Svizzera senza controllo hanno mostrato l’errore, l’illusione menzoniera fino all’assurdo. All’inizio del XX secolo, dopo la conquista e la colonizzazione, con l’imperialismo, è emersa una rottura storica « senza precedenti » (Hannah Arendt) : l’invenzione totalitaria, con la guerra « totale », Auschwitz e Hiroshima. L’umanità ha sperimentato la possibilità di autodistruggersi, di installare un deserto sul pianeta. Conosciamo l’ampiezza e la follia del pericolo della filosofia nichilista descritto dagli esiliati del XX secolo, Hannah Arendt, i filosofi della Scuola di Francoforte, Hans Jonas, Günther Anders, ecc.

33– Ogilvie Bertrand (2008)  : « Mondialisation, démondialisation. Qu’est -ce que la modernité  ?  », in CalozTschopp M.C. (éd.), Lire Hannah Arendt aujourd’hui. Pouvoir, guerre, pensée, jugement politique, Paris, L’Harmattan, p. 97-119.

Per capire il successo dei partiti ultraliberali, antimodernisti e populisti in Europa e in Svizzera, bisognerebbe capire non tanto i delusi dalla globalizzazione ai quali è stato detto che lavorando di più avrebbero guadagnato di più, ma le angosce sorde, profonde, di fronte all’ampiezza di ciò che un filosofo, Bertrand Ogilvie–33, ha chiamato la « demondializzazione » per caratterizzare la modernità ( ravvicinamento del potere e della guerra, modificazioni, spostamenti, mutazioni che affettano il pensiero e il giudizio) . E’ forse la nostra condizione umana la più radicalmente tragica in questo inizio di XXI secolo che ci impone di rivedere radicalmente i legami fra guerra e politica, fra guerre, politiche , vita e morte per la natura, per gli esseri umani. In questo contesto storico e di fronte alla crisi, la posta in gioco di una filosofia generale di apertura a un solo monde (One World), iscritta in un progetto di riappropriazione del comune, implica di legare : 21


1. I risultati dell’umanismo dell’Illuminismo (Aufklärung) del XVII e XVIII secolo, delle rivoluzioni del XIX e XX secolo (progresso, violenza–34, guerra) passati al setaccio dalla critica integrante il rapporto alla natura, i criteri dell’autolimitazione, dell’ospitalità, dell’accesso uguale alla libertà. 2. La rottura distruttrice dell’invenzione totalitaria, la sua genesi (conquista, colonialismo, imperialismo) e le sue tracce che oggi sono dei segnali d’allarme. 3. La doppia esigenza di ospitalità ancorata nella pace e nell’uguaglianza basata sul rispetto della natura e l’unità del genere umano dove ogni umano ha un valore inalienabile, che rende possibile la solidarietà degli esseri umani fra di loro e con la natura. Sono questi tre pilastri che disegnano un progetto del comune, le frontiere della democrazia da democratizzare senza tregua, di una sovranità, di un potere popolare aperto al mondo, guardiani dell’appartenenza politica e dei diritti. Quest’ultima può tradursi nell’insieme delle politiche pubbliche, in Svizzera, in Europa e nel mondo, attraverso un patto del comune fondato sull’uguaglianza. Alla globalizzazione dell’apartheid total-liberale risponde l’esigenza universale di un patto del comune fondato sull’uguaglianza e l’autolimitazione. All’universalità della migrazione risponde l’esigenza dell’universalità della cittadinanza che assicura l’appartenenza economica, politica, sociale a ogni individuo sulla terra, là dove vive, dove lavora, dove muore. Lottare per il comune fondato sull’uguaglianza significa lottare contro l’apartheid sul pianeta, in Europa e in Svizzera. All’universalità del movimento migratorio risponde il desiderio di universalità concreta e materiale dei diritti e della politica di ogni individuo sulla pianeta. All’espropriazione del comune, risponde il desiderio di riappropriazione di un progetto del comune.

22

34– Caloz - Tschopp M.C., « Hannah Arendt, le fil rompu entre violence et révolution », Colloque d’histoire contemporaine, Université de Lausanne, in Stéfanie Prezioso, David Chevrolet (éds), L’heure des brasiers. Violence et révolution au 20e siècle, Lausanne, Ed. d’En Bas, 2011.



PRIMA PARTE TRE ORIENTAMENTI PER AGIRE COMUNE, UGUAGLIANZA, MOBILITAZIONE CIVICA « E’ più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo ». Fredric Jameson

1. COS’E IL COMUNE  ? L’APPROPRIAZIONE DEI BIENI COMUNI

COS’E L’UGUAGLIANZA ? « IL DIRITTO AD AVERE DEI DIRITTI » (ARENDT), IL DIRITTO E L’AL DI LA’ DEL DIRITTO

COS’E IL COMUNE ? L’APPROPRIAZIONE DEL COMUNE, DEI BIENI COMUNI UNIVERSALI La crisi alla quale assistiamo è doppia  : è il risultato dell’invenzione totalitaria « senza precedenti » del XX secolo preparata da una lunga genesi (scoperte, colonialismo, imperialismo) e delle tappe caotiche della modernità capitalista (alla svolta del XX secolo, 1980, 2008, 2011 per le più recenti) che, a partire dall’accumulazione primitiva descritta e spiegata da Marx per quel che concerne il capitalismo industriale, arriva a un’espropriazione radicale del « comune » (commons) nella sua globalità Di fronte alla rottura storica del XX secolo, alle crisi a ripetizione, non disponiamo (più) di criteri generali per determinare i nostri giudizi in modo infallibile, di regole generali sulle quali appoggiarci con qualche grado di certezza, ci ha ammoniti Hannah Arendt per quel che concerne il XX secolo –35. D’altra parte, quando il mezzo della dialettica, inventato al momento 24

35– Arendt Hannah, «  Une situation de crise », (extrait), Cahiers du Grif no. 33, Paris, Tierce, 1991, p. 141-145.


del capitalismo industriale e delle lotte operaie, trova i suoi limiti davanti all’accumulazione degli scandali del capitalismo finanziario,siamo obbligati ad inventare una nuova forma di pensiero, ciò che ci è facilitato dai nuovi mezzi (Cornelius Castoriadis). Ciò che è comune al XX e al XXI secolo, la possibilità di distruzione del pianeta e della scomparsa degli esseri umani dal pianeta, rende imperativa la riscoperta del comune e dei beni comuni universali. 36– Vedi per esempio, il recente film di Coello Christophe « Squat, la ville est à nous » sulla riappropriazione urbana di Miles de Viviends à Barcelona.

37– Vedi la descrizione di un’esperienza à Ginevra nel 2003 al Parc des Bastions. Yves Sancey per il collettivo Espace ouvert « Communs », Bastions-GB, Ginevra , Le lieu commun, maggio 2003.

38– Voir notamment à ce propos, Ostrom Elinor (prix Nobel d’économie), Governing the Commons’, London, éd. U. Cambridge, 1990 ; revue Multitudes no. 45, 2011 ; voir aussi le cycle de Conférences 2011 du Collège International de Philosophie, Paris : du Public au Commun.

39– Voir notamment, Marx Karl, Le capital, Livre 1, huitième section, l’accumulation primitive (dans diverses éditions, y compris de poche). Ou à télécharger : http:// w w w.mar xists.org / francais/marx/works/ 1867/ Capital-I/

40– Dolivo J.M., Tafelmacher Ch., « Sans papiers, mais pas sans droits », Plaidoyer no. 1, 2003.

Il comune non si limita alla definizione data dal sistema territoriale della sovranità nazionale in crisi, sempre più ridotta dalle logiche del potere sopranazionale ( multinazionali, mafie, città ecc.) Al livello di territorio, possiamo opporgli la preistoria e la storia del territorio comune opposto alla proprietà privata che prende radici in incontri multipli e influenze crociate, come ce lo fa osservare Yves Sancey : nel XV secolo il possesso comune di terre da parte dei contadini, i beni comunali, la messa in comune delle terre sono una realtà alla quale fa seguito la sua distruzione attraverso le leggi « d’enclosure », le barriere e fili spinati che circondano la proprietà privatizzata e legalizzata. Oggi, pensiamo ai giardini comunitari, alle cooperative, alle occupazioni di stabili « squatts » –36, agli spazi comuni di creazioni effimere o durature ( per esempio l’Hotel Madrid vicino alla Plaza del Sol a Madrid) con le sue esperienze di pratiche di apertura e di partecipazione –37. A livello di processo storico della modernità, il comune –38 si iscrive nella comprensione dello smantellamento (perdita), della distruzione del comune (natura, proprietà, lavoratori, attrezzi ) per opera del capitalismo (accumulazione primitiva e sue conseguenze) –39. Oggi, due avvocati sottolineano che la situazione dei sanspapiers dei paesi ricchi come la Svizzera assomigliano a quella dei contadini della fine del XVsecolo in Inghilterra, descritti da Marx (sezione 8, Libro I del Capitale), « scacciati dalla loro terra e costretti alla tirannia del salariato e della galera » che hanno dei diritti e che si ritrovano senza diritti –40. Se prendiamo un altro angolo di approccio, il comune è esplorato dalle teorie dell’azione collettiva e dalla gestione collettiva dei beni comuni pubblici che sono la responsabilità di tutti e non appropriabili in forma privata dagli esseri umani (natura, animali). 25


Il comune rimane da immaginare, da vedere, da costruire, da preservare, da proteggere nelle condizioni attuali. Una lista aperta a partire dal prisma della migrazione, permette di identificare degli assi del comune e dei beni comuni espropriati dal capitalismo, dal total-liberalismo e che sono recuperabili in un movimento di resistenza (in termine di autonomia, d’azione, di movimento, di luogo, di responsabilità individuale e collettiva) : 1. Il pianeta finito, con delle risorse limitate è un bene comune universale. Gli esseri umani non possono essere dei semplici colonizzatori della natura. Non possono essere dei semplici predatori, consumatori, sfruttatori dei loro simili. Nessun individuo, nessun popolo, nessuna istituzione, nessuna multinazionale può sottrarsi alla responsabilità della salvaguardia del comune contenuto in questo bene universale. 2. La possibilità di controllo sulla propria vita, sui legami con la natura e con il mondo per ognuno, nell’ insieme delle sue condizioni di esistenza, è un bene comune universale. L’universalità di un patto del comune significa la possibilità di riappropriazione del bene comune che consiste in un’appartenenza al comune e quindi al mondo per ogni individuo del pianeta. 3. La libertà di movimento – con i propri piedi, nella propria testa- è un bene comune universale che appartiene a ogni essere umano sul pianeta. La libertà di movimento è una necessità per partecipare al comune. Non può limitarsi al concetto economico della « libera circolazione » della merce, dei capitali, dei lavoratori. Non può limitarsi alla possibilità di lasciare il proprio paese, senza poter entrare in un altro. Adesso, nei testi delle Convenzioni Internazionali, la libertà di movimento permette di uscire da un paese ma non di entrare in un altro paese. Basandosi sul principio giuridico di proporzionalità, sui motivi di efficacia, di interscambi, un giurista belga, specialista del diritto d’asilo, J.Y. Carlier, ha sottolineato questo paradosso riprendendo la bella metafora di un film sulle frontiere di Theo Angelopoulos « Il passo sospeso della cicogna » e proponendo, quasi 15 anni fa, la soppressione dei visti di corto soggiorno in Europa –41. 26

41– Carlier Jean-Yves, «  Motifs pour la suppression des visas de court séjour », Bull. de la Ligue des Droits de l’Homme, Bruxelles, février 1998 ; « Du pas suspendu de la cygogne », Hommes et Libertés, no. 93, 9007.


42– « Pour qu’un message publicitaire soit perçu, il faut que le cerveau du télespectateur soit disponible. Nos émissions ont pour vocation de le rendre disponible, c’està-dire de le divertir, de le détendre pour le préparer entre deux messages. Ce que nous vendons à Coca-cola, c’est du temps de cerveau humain disponible. Rien n’est plus difficile que d’obtenir cette disponibilité », Patrick Le Lay, PDG de TF1. Source, Le Monde , 8.9.2004.

La libertà di movimento non può nemmeno essere limitata da una logica di apartheid fra regioni del mondo (modello discriminante dei cerchi per accedere alla migrazione). D’altra parte, la qualità di movimento della condizione umana, per non essere assimilata a un semplice concetto economico utilitaristico della forza di lavoro – libera circolazione dei capitali, della merce, dei lavoratori- deve essere accompagnata dall’accesso uguale ai diritti e alla protezione. Niente « libera circolazione » senza misure di accompagnamento.

All’universalità del movimento della migrazione, corrisponde l’universalità concreta della cittadinanza, cioè il godimento e la responsabilità dei diritti politici e sociali che assicura l’accesso al comune. Ogni persona deve poter scegliere liberamente il suo paese e la sua attività, viverci con la sua famiglia, parlare la sua lingua materna avendo accesso ai diritti politici e sociali e alle prestazioni pubbliche, alla responsabilità politica. Nessuna libertà di movimento senza autonomia, senza coscienza, senza diritto, senza responsabilità. La traduzione pratica immediata del rispetto della libertà di movimento iscritto nella reciprocità implica che la Svizzera riconosca che è un paese di migrazione (immigrazione e emigrazione) senza clausole di restrizioni al principio di universalità. 4. La libertà di pensiero è un bene comune universale che assicura la partecipazione autonoma al comune. E’ paradossale che il tema della migrazione –come quello degli abusi- sia ridotto a uno strumento di propaganda, mentre il movimento definisce sia il movimento con i propri piedi (libertà di spostarsi) sia con la propria testa (libertà di pensiero) e nella politica ( democrazia in movimento). La migrazione tocca bambini, donne, uomini. La migrazione siamo noi. Non siamo una semplice forza di lavoro, e nemmeno delle cifre, delle cose manipolabili a volontà e nemmeno dei cervelli vuoti o dei « tempi di cervelli disponibili  » (formula di un responsabile della televisione) –42 e nemmeno degli imbecilli. 27


A questo proposito, l’analisi critica dei mezzi della –43 tecnoscienza, la difesa dei mezzi d’informazione  attraverso il servizio pubblico, le radio libere e il dibattito pubblico sono fondamentali. Siamo dei «  cittadinisoggetto » secondo il termine di Etienne Balibar (2011) ciò che implica la libertà di muoversi nel nostro corpo e nel nostro spirito, la lucidità, l’autonomia, la capacità critica, la responsabilità.

5. La garanzia di securità è un bene comune universale. È un bisogno di protezione per poter partecipare al comune. Non può essere ridotta a un approccio poliziesco securitario o perfino militare della vita in società e della migrazione. La politica nel suo insieme è in attesa di una vera politica di securità dell’insieme della popolazione e delle risorse limitate del pianeta definita dalla preoccupazione per il comune. Lo Stato di diritto non è assimilabile a uno Stato di polizia. La securità legata alla protezione non è la sicurezza–44. Le politiche pubbliche della migrazione sono governate da Stati di polizia che accompagnano un mercato sempre più sregolato che instaura il caos. Esse sono messe in opera da dispositivi e mezzi di un sistema di apartheid securitario e guerriero. 6. I diritti popolari politici sono un bene comune universale. Sono strettamente legati all’esercizio democratico che è creazione del comune. Sono ancorati nella tradizione e nella storia svizzera. Ci rimandano alla fondazione della Svizzera (1291). Non sono riducibili né allo Stato- nazione né all’ideologia di « ridotto nazionale », né a un « popolo mitico ». La loro manipolazione è una specie di revisionismo storico discutibile. I diritti popolari fanno parte di una identità patriottica attraversata da conflitti, da tensioni fra chiusura e apertura al mondo Ci rimandano all’invenzione democratica in Grecia e altrove, V secolo a.c. (demos-cratos, potere al « popolo », alla maggioranza che non ha il potere di partecipare alla politica, all’accesso uguale alla libertà). Evocano altre esperienze in Cina, in India, in Africa. Ci fanno pensare al vecchio dibattito in Europa, nella storia popolare degli Stati Uniti attorno al suffragio universale. 28

43– E’ preoccupante costatare la concentrazione del mercato della stampa (Tamedia AG ne controlla il 74%) e il fatto che dal 2009, la stampa gratuita ha preso lo spazio dei giornali a pagamento.

44– Notiamo che la Costituzione svizzera non ha integrato la parola «  securità  » e non fa nessuna distinzione fra securità e sicurezza.


Nessuna manipolazione, o messa in pericolo dei diritti popolari dovrebbe essere accettata in nome di « un popolo » fantasma o di uno spacco fra un’elite e la gente normale. Gli individui della classe operaia, della classe media che si rivendicano dei diritti popolari non sono né ignoranti né stupidi.

7. Il servizio pubblico è un bene comune universale pubblico. La privatizzazione del comune, di azioni che coinvolgono la responsabilità dello Stato e dei diritti nella politica sociale e migratoria, della repressione (privatizzazione delle prigioni, dei campi, degli centri, dell’alloggio dei lavoratori migranti) è un esproprio del comune e una delega della responsabilità a dei privati che costa caro allo Stato e alle nostre imposte, che mette in pericolo i diritti, incoraggia la corruzione indotta da logiche di privilegi incontrollabili e porta a una violenza tollerata da parte dei prefessionisti del servizio pubblico o delle imprese private e della popolazione. Induce a degli errori di apprezzamento e mette in pericolo la qualità delle prestazioni pubbliche. 8. I diritti economici, politici e sociali sono un bene comune universale che assicurano la partecipazione al comune. La loro messa in causa attraverso le forme di sottrazione alle regole e alla responsabilità del comune et l’ineguaglianza del trattamento della protezione mette in pericolo non solo le condizioni di esistenza dell’insieme della popolazione ma la giustizia, l’appartenenza politica, la coesione sociale, la solidarietà. COS’È L’UGUAGLIANZA  ? IL « DIRITTO AD AVERE DEI DIRITTI » (HANNAH ARENDT) Lungi dall’essere considerata come un principio astratto, un valore disincarnato o allora una patologia della democrazia, che porta alla massificazione, all’omogeneizzazione (argomento sviluppato da Tocqueville), l’uguaglianza morale e politica è un principio secondo il quale degli essere umani che possiedono uno stesso attributo devono essere trattati in maniera identica per tutto ciò che riguarda l’esercizio di questo attributo, ci ricorda Jacques Rancière. Il filosofo pone 29


la domanda dell’uguaglianza in termini di rapporto di potere materiale concreto. Parte da un disaccordo fra quelli che sono «senza parte» e le forze che si appropriano la politica a scapito dei primi–45. L’uguaglianza diventa quindi una specie di pietra di paragone del comune. Da questa definizione dinamica del potere di uguaglianza che, per il filosofo, rinvia a un « torto maggiore » –46. concernente un conflitto nel cuore della libertà e della politica, si possono dedurre tre aspetti della pratica dell’uguaglianza : 1. L’uguaglianza è un rapporto sociale disuguale alla ricerca sempre aperta di un’uguale partecipazione al politico che si appoggia sulle esperienze della storia umana (memoria delle esperienze, delle sofferenze, dei problemi, delle difficoltà , dei conflitti). 2. L’uguaglianza è un’interazione che implica il conflitto della reciprocità che non è un acquisito ma una costruzione. 3. L’uguaglianza è la ricerca incessante di un’uguale partecipazione attiva al comune (cittadinanza). La filosofa e teorica politica Hannah Arendt, ha messo in evidenza i presupposti della possibilità dell’ appartenenza politica, la dinamica della mancanza e del desiderio di politica, attraverso ciò che lei chiama « il diritto di avere dei diritti ». Il « diritto di avere dei diritti » è in effetti la base della dinamica del principio di appartenenza politica riconosciuto ad ogni essere umano sul pianeta Terra, ciò che gli assicura l’accesso ai beni comuni e l’appartenenza a una comunità politica organizzata e quindi una appartenenza al mondo e lo protegge dalla demondializzazione –47 indotta dalla globalizzazione attuale. In altre parole, è lo zoccolo di una cittadinanza universale concreta, materiale e politica che risponde all’universalità della migrazione.

« Siamo diventati coscienti dell’esistenza del diritto ad avere dei diritti (ciò che significa : vivere in una struttura dove si è giudicati in funzione dei propri atti e delle proprie opinioni) e del diritto di appartenere a una certa categoria di comunità organizzate, soltanto quando milioni di persone hanno perso improvvisamente questi 30

45– Voir notamment, Rancière Jacques, La mésentente, Paris, Galilée, 1995.

46– « La politique commence par un tort majeur: le suspens mis par la liberté vide du peuple entre l’ordre arithmétique et l’ordre géométrique. Ce n’est pas l’utilité commune qui peut fonder la communauté politique non plus que l’affrontement et la composition des intérêts. Le tort par lequel il y a de la politique n’est aucune faute appelant réparation. C’est l’introduction d’un incommensurable au cœur de la distribution des corps parlants. Cet incommensurable ne rompt pas seulement l’égalité des profits et des pertes. Il ruine aussi par avance le projet de la cité ordonnée selon la proportion du cosmos, fondée sur l’arkhè de la communauté », Rancière J. La mésentente, Paris, Galilée, 1995, p. 40.

47– Il nostro approccio filosofico fa una distinzione fra globalizzazione e demondializzazione. La mondializzazione implica la possibilità d’appartenenza al mondo, di essere contemporanei del mondo dalla nostra nascita alla nostra morte. La globallizzazione si riferisce alla globalizzazione economica che ha invaso l’insieme del pianeta..


diritti senza speranza di ritorno in seguito alla nuova situazione politica globale » –48 .

48– Arendt Hannah, L’origine du totalitarisme, vol. II, Paris, 1972, Point-essais, p. 281-282.

« Il diritto ad avere dei diritti » non si riduce quindi a un approccio del diritto positivo, del diritto dello Stato sovrano su un territorio nazionale. E’ un appello ad articolare il diritto e l’al di là del diritto nell’incessante esercizio che cerca senza tregua di « democratizzare la democrazia » nei conflitti alla sue frontiere, secondo la formula di Etienne Balibar. IL DIRITTO AL DI LÀ DEL DIRITTO : L’ORIZZONTE DELLA GIUSTIZIA

49– Hugo Victor, Ce que c’est que l’exil (1875), Paris, éd. des Equateurs, 2008.

50– Colliot-Thélène, Catherine, «  Pour une politique des droits subjectifs  : la lutte pour les droits comme lutte politique », L’Année sociologique 2009/1, Volume 59, pp. 236-237.

51– Tafelmacher Christophe, «  Résister au démantèlement des droits. Repenser radicalement la démocratie », in, Caloz-Tschopp M.C. (dir.), Colère, Insoumission  : perspectives, vol. 7. Paris, Edition l’Harmattan, 2011, p. 171-199.

Per uscire dal vicolo cieco nel quale ci troviamo attualmente in materia di protezione dei diritti fondamentali e dei diritti degli individui, costruire il diritto al di là del diritto, orizzonte della giustizia da non perdere mai di vista, esige di sapere che esistono delle situazioni dove si vive in tutta la sua violenza, quella che Victor Hugo in esilio chiama « la nudità del diritto » –49, e che per ripensare lo Stato, il diritto e l’ al di là del diritto, bisogna cominciare con il ripensare la nozione di democrazia e osservare le pratiche alle sue frontiere. Consideriamo che la pratica della democrazia è stata, a partire dall’epoca delle rivoluzioni, e anche ben prima nel corso della storia, un processo mai stabilizzato di istituzionalizzazione e di contestazione delle istituzioni, ciò che ci porta necessariamente a capire la democrazia come un movimento di autocreazione esplicita della politica, e non semplicemente come un regime, una forma di Stato o di governo istituzionalizzato che sfugge ai cittadini. La realtà della democrazia non si limita alla gestione o a ciò che si chiama « la governance », ma include la sua rimessa in questione continua–50, con l’autoorganizzazione attiva che si appoggia sull’autonomia e l’autolimitazione. Oltre alla questione della democrazia che occorre riscoprire nella sua radicalità –51, è lo Stato in quanto unico garante dei diritti che si deve rimettere in questione con un limite dello Stato di diritto che designano le politiche migratorie da integrare alla riflessione. Mentre lo Stato moderno ha preteso di aver messo fine a statuti e comunità dell’Ancien Régime, oggi si continua a comprendere la soggettività politica come una cittadinanza nazionale, ciò che significa 31


in realtà il mantenimento di una forma di appartenenza comunitaria ridotta allo Stato Nazione e non all’esercizio della democrazia: pensare la costruzione dei diritti nel quadro esclusivo dello Stato nazionale, è , in un certo modo, ridurre lo Stato di diritto allo Stato nazione e pensare il diritto in modo incompiuto. Significa soprattutto trovarsi fatalmente in un vicolo cieco quando si abborda la questione delle persone non nazionali–52.

52– Ibidem, p. 238.

La questione deve tenere in conto la crisi dello Stato nazione, della sua legittimità, della dispersione della sovranità territoriale, della politica di fronte al mercato globalizzato (mancato pagamento delle tasse, evasione fiscale, truffe, esaurimento delle imposte per pagare delle guerre imperiali o per salvare certe banche dal fallimento a scapito dei bisogni di protezione, di servizio pubblico, ecc.) Come pensare lo Stato e i diritti mentre le categorie tradizionali della nazionalità e della sovranità sono i crisi ? Abbiamo bisogno di nuove categorie per ripensare lo Stato e i diritti, per integrare ciò che la realtà del saccheggio della natura e delle condizioni di esistenza ci insegna sull’esigenza di inventare nuovi diritti e nuove protezioni . Il prisma della migrazione permette di immaginare un divenire del comune, dello Stato e dei diritti nel XXI secolo. Questi problemi sono alla base di un’elaborazione teorica e pratica alternative che consiste nello sviluppare la nozione di « diritto di essere quì » che, al di là della presenza riconosciuta dei migranti, può essere immaginata nella sua radicalità per ogni essere umano, cioè l’appartenenza politica di ogni essere umano, il suo accesso ai diritti e al loro esercizio attraverso la scelta di stabilirsi in uno spazio comune con l’intenzione di soggiornarci in modo duraturo, indipendentemente dalla nazionalità–53, dalla ricchezza, dalla notorietà o da ogni altro attributo alla base delle logiche di privilegio, di esclusione o di espulsione. Benché possa sembrare innovatrice nel quadro del diritto positivo attuale, la proposta di «  diritto di essere qui  » non è che la trasposizione agli essere umani, soggetti del « diritto al trattamento nazionale », ciò che l’Organizzazione mondiale del commercio applica in favore delle società commerciali –54 . Ma, al di là di un’uguaglianza di trattamento in virtù della categoria della nazionalità, il « diritto di essere 32

53– Dolivo, Jean-Michel,et Tafelmacher, Christophe, « Sanspapiers et Demandeurs d’asile: faire reconnaître le droit d’être là   », in CalozTschopp, Marie-Claire et Dasen, Pierre (dir.) : Mondialisation, migration et droits de l’homme, un nouveau paradigme pour les sciences sociales et la citoyenneté, Volume I, Editions Bruylant, Bruxelles 2007, pp. 517-518. Voir aussi, Tafelmacher Christophe, « Sans-papiers, mais pas sans droits », Plaidoyer, Zurich, no. 1, 2003, p. 41-44 ; « Droit à l’aide d’urgence, le grand retournement », Plaidoyer, Zurich, no. 3, 2009, p. 56-61.

54– Chomsky, Noam, Sur le contrôle de nos vies, Editions Alia, Paris 2003, p. 43.


55– Castel Robert, L’insécurité sociale, Paris, Seuil, 2003  ; La montée des incertitudes, Paris, Seuil, 2009.

56– « La lutte contre la torture a une morale, une éthique et une dimension politique, et nous devons mener le combat sur ces trois fronts. Les arguments juridiques sont simples : la torture est interdite aussi bien dans les lois internationales qu’en général dans le droit interne des pays. L’argument moral repose sur la dignité humaine des personnes suspectées même des crimes les plus odieux, mais aussi et de façon encore plus impérieuse sur la nécessité de préserver la dignité des agents de l’Etat. L’argument politique pourrait être le plus difficile à contrer car il y aura toujours des raisons d’Etat pour justifier le recours au supplice. Il s’agit là d’opposer le choix d’un modèle de société décente, car pratiquer la torture ne peut qu’empoisonner de façon durable les relations d’un Etat avec ses administrés. (…) Le pire dommage de la torture repose sur le sentiment encore répandu dans l’opinion publique – et pas seulement aux Etats-Unis – que la torture est une pratique certes affreuse mais qu’il n’est pas possible de l’éradiquer » interview de Juan Mendez, rapporteur de l’ONU, «  Un fléau encore trop toléré au nom de la sécurité », Le Temps, 10.11.2011.

57– Voir à ce propos, Balibar Etienne, Violence et civilité, Paris, Galilée, 2010  ; Reemtsma J.-P., Confiance et violence. Essai sur une configuration particulière de la modernité, Paris, Gallimard, 2011.

58– « Nella politica di asilo non conosco nessun tabu  », intervista di Simonetta Sommaruga, responsabile del DFGP, Neue Zürcher Zeitung, 5.November 2011.

qui » permette di immaginare, di pensare radicalmente un posto riconosciuto e dei diritti per ogni individuo nel mondo, traducendo praticamente ciò che Hannah Arendt ha chiamato « il diritto ad avere dei diritti » in una trasversalità dei diritti e dell’appartenenza politica che concerne ogni essere umano. Pensiamo ai giovani, ai poveri, ai rom scacciati dalle città. Pensiamo alla proliferazione dei centri di internamento (ammalati, anziani, disabili). Pensiamo parallelamente agli amatori di evasione fiscale che si stabiliscono in Svizzera e per i quali la frontiera svizzera è virtuale. Sottolineiamo ancora un paradosso a proposito dello Stato e del diritto che sottintende la dinamica fra il diritto e l’al di là del diritto che, come dice il sociologo Robert Castel, consiste, mentre crescono le incertezze, a inventare delle nuove protezioni e dei nuovi diritti –55. Sappiamo che i filosofi del contratto sociale (Hobbes, Rousseau, Locke, ecc) hanno evidenziato che il monopolio della violenza è stato affidato allo Stato, unica istituzione abilitata a fare la guerra e a prelevare delle imposte. La difesa dello Stato e del diritto diventa paradossale quando lo Stato di diritto pratica la logica dei privilegi, mette in causa, banalizza le violazioni del diritto e trasgredisce le soglie di violenza (tortura, assassinio –56 e nello stesso tempo tollera, incoraggia l’evasione fiscale. Si può temere che tali fatti legittimati aprano la porta a una violenza sociale senza fine e ad una crudeltà distruttrice, togliendo al tempo stesso legittimità allo Stato. Più grave ancora. Una rottura della regola del contratto sociale induce non soltanto l’incrinatura della fiducia nella legittimità dello Stato e dei diritti ma un indebolimento del comune e un abbandono delle regole del buon vivere in società. Dietro il diritto, il monopolio delle imposte e della violenza di Stato, nel contesto della globalizzazione attuale e dopo le esperienze di privatizzazione, di non rispetto delle regole da parte delle multinazionali, di violenza estrema, di « guerra totale » del XX secolo, un’altra violenza distruttrice senza fine cerca un’ egemonia nella storia umana contemporanea. Nel XXI secolo, questa violenza è il passaggio sempre possibile a delle forme di barbarie57 –57 con altri gradi di mancanza di limiti, di imprevedibilità nella distruzione. Il rispetto delle regole comuni, delle soglie di violenza è quindi un orizzonte fondamentale di cui devono tener conto le società e gli Stati. Forse non c’è tabù –58 nella politica del diritto d’asilo, 33


ma ci sono delle soglie di civiltà che sono dei segnali di allarme che indicano sbandate inquietanti. Prendiamo l’esempio dei rinvii forzati, chiamati nel linguaggio del Consiglio federale, « le partenze controllate » –59. La morte di esseri umani ben reali, è diventata un’astrazione nelle politiche migratorie, malgrado le migliaia di morti repertoriati alle frontiere dell’Europa (carta di Migreurop messa sul sito) e in Svizzera. Passare le soglie, evoca la tensione fra politica e guerra. Il movimento di costruzione del diritto non può non riconoscere la forza e i limiti dello Stato di diritto e un al di là del diritto iscritto nell’orizzonte della giustizia dove si inventa il diritto –vedremo più avanti- a proposito della demilitarizzazione della migrazione. La creazione politica, la democratizzazione della democrazia implicano, anche nelle situazioni più difficili e più tragiche, di giocare la carta del diritto sostenuto dalla potenza della politica democratica e non dall’ illusione dei privilegi e dalla forza, per fa sì che la politica si costruisca sul terreno dell’apprendistato del comune, del conflitto e non su quello della guerra illimitata –60. E’il luogo della possibilità stessa della politica del comune, come vedremo più avanti.

2. COS’E LA RIVOLUZIONE VERSUS LA MIGRAZIONE  ? L’APARTHEID O IL PATTO DEL COMUNE FONDATO SULL’UGUAGLIANZA

59– Voir à ce propos, Conseil fédéral, Rapport sur l’évolution de la politique d’intégration, Berne, 5 mars 2010.

60– Questa nota si impone come omaggio al giurista italiano Antonio Cassese al momento della sua morte. Fu un difensore ardente del diritto internazionale , fu il primo presidente del Comitato europeo per la prevenzione della tortura (CPT) e presidente del Tribunale per l’ex Jugoslavia, prima giurisdizione penale internazionale.

61–

NAZIONALISMO E UEBERFREMDUNG  –61: I PILASTRI DELL’APARTHEID In Svizzera e in Europa abbiamo bisogno di una vera e propria rivoluzione politica e intima. Ci capita di sognarla anche. Ma non una rivoluzione qualsiasi. La vastità dei cambiamenti necessari incita a parlare di rivoluzione versus la migrazione costituita dal rifiuto dell’Apartheid e la costruzione di un patto del comune fondato su « diritto ad avere dei diritti » (Arendt), sui diritti fondamentali la cui messa in causa rivela il prezzo della crisi sistematica che pagano i salariati e i gruppi precarizzati.

34

Questo formula vuol dire sovrappopolazione straniera e fu introdotta in Svizzera nella legge sugli stranieri del 1931.


In un paese che conta più del 20% di « stranieri » e che, in buona parte, vive certo del suo genio e delle sue forze ma che è anche nutrito dalla presenza di migranti e dalle ricchezze del resto del mondo, abbiamo bisogno di proteggerci da ogni forma di Alleingang. Nella politica della migrazione e nell’insieme delle politiche pubbliche, abbiamo bisogno di una rivoluzione, fondamentale e pratica allo stesso tempo, dell’immaginario e degli atti. Il patto del comune fondato sull’uguaglianza, implica che « nessuno è illegale », visto che l’appartenenza politica e ai diritti è un bene universale inalienabile legato alla condizione umana di ogni individuo. «  La Svizzera è una nazione multietnica, multilingue e multiconfessionale, creata da una volontà politica. Stato federativo dal 1848, è una federazione a tre livelli  : La Confederazione, i Cantoni , i Comuni ». Così è scritto sul sito dell’amministrazione federale svizzera nel 2011. Il moderno Stato-nazione svizzero si è in effetti « costituito in nazione », facendo una distinzione fra popolazione « nazionale » e « non nazionale ». Nel 1931, la xenofobia di Stato è stata iscritta nella legge sugli stranieri con l’espressione « Ueberfremdung » (sovrapopolazione straniera). Si è anche tradotta in una gerarchia di permessi precari organizzando la gerarchia dei salari, la rotazione della mano d’opera, l’accesso ai diritti. Negli anni ‘90, questa nozione è stata sostituita dal dispositivo dei tre e poi dei due cerchi. Questo è servito a gerarchizzare il diritto all’immigrazione, opponendo la Svizzera, l’Europa, i paesi ricchi al resto del mondo. L’apartheid si è globalizzata. Se la nozione di classe ha ancora un senso, possiamo osservarla nel movimento della migrazione in senso largo e seguendo le linee multiple della frattura sociale, la diversità delle frontiere e dei dispositivi, degli strumenti di selezione, di gerarchizzazione, di allontanamento, vedi di espulsione (in campi, prigioni, manicomi, case per anziani, espulsione dalle città di una categoria di popolazione, residenza coatta per lavoratori migranti ecc.) La Commissione federale contro il razzismo ha denunciato (21.10.2011) le numerose discriminazioni fatte dallo Stato ai richiedenti l’asilo  : divieto di frequentare certe strade (comune di Burmensdorf), zone proibite agli asilanti (Zugo), 35


maltrattamenti fisici e psichici da parte dei « Secouritas » (Kreuzlingen), parole di disprezzo da parte delle autorità esercitanti funzioni pubbliche. Nella migrazione, essere un uomo d’affari, un’elite che passa la dogana da uno sportello speciale senza controllo, non è la stessa cosa che essere lavoratori o disoccupate precarie, giovani senza diplomi, studenti senza avvenire, donne sole con figli, persone espulse dal loro appartamento, ammalati che non possono più pagare l’assicurazione malattia, anziani con pensioni modeste o ancora lavoratori sans-papiers che fanno parte dello stock della mano d’opera di riserva nei centri isolati alle frontiere o lavoratori sfruttati nelle serre dell’agricoltura in Spagna, in Italia, in California e nelle campagne svizzere. Le nostre istituzioni, le nostre categorie di pensiero, i nostri mezzi, le nostre strutture, i nostri metodi, le nostre abitudini, istituzionalizzando l’apartheid, hanno dimenticato le tappe dell’invenzione dell’Umanizzazione, il capitale storico fragile delle rivoluzioni del XVII e XVIII et del XIX e XX secolo. Ciò spiega il consenso verso il muro di vetro dell’apartheid, la banalizzazione degli attacchi frontali delle soglie dell’umano e il rifiuto o l’oblio dell’uguaglianza. Il fatto del regime dell’apartheid si traduce nelle nostre società, non solamente nel quadro politico, nel rapporto all’altro, ma anche nel rapporto a sè nel vissuto quotidiano. Chi non conosce la singolare familiarità dell’apartheid? Conduce a un’attitudine di duplicità o allora d’indifferenza nei gesti più quotidiani. Le ingiunzioni delle pratiche istituzionali anestetizzano qualsiasi senso politico e morale. Benché queste pratiche istituzionali siano legittimate dallo Stato, certi professionisti rifiutano l’apartheid e fanno una scelta fra il loro interesse personale (assicurare le loro condizioni di esistenza) e una coerenza nella propria vita. Una ricerca sulla rotazione del personale nel campo della migrazione dovrebbe integrare questo elemento. Questo fatto si traduce anche nell’attacco ai diritti fondamentali presenti nel diritto svizzero e internazionale. L’attacco prova almeno che i diritti fondamentali non sono delle norme astratte, ma delle costruzioni storiche acquisite con le lotte.

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I diritti fondamentali sono stati tradotti in parte nella Costituzione federale del 18 aprile 1999, malgrado i limiti che contiene per quanto riguarda il patto del comune fondato sull’uguaglianza. Si rinforzano attraverso la mobilitazione della sovranità, di un poter popolare nel dibattito apartheid / uguaglianza. La via migliore non è necessariamente istituzionale iniziando una revisione costituzionale quando delle forze antidemocratiche aspettano un falso passo che rischia di favorire i nemici della sovranità, del potere popolare democratico. La revisione costituzionale rimane un rimedio di eccezione. La mobilitazione per la pratica democratica è una via più fattibile. Aprire il vaso di Pandora può riservare delle sorprese. A questo livello, l’esperienza ginevrina della Constituente merita di essere meditata. Le ripetute dichiarazioni dell’UDC per rimettere in causa la Costituzione, il diritto internazionale, il diritto interno e il servizio pubblico d’informazione, la lettura dei documenti di questo partito, l’osservazione delle sue azioni, della sua propaganda bastano a dimostrare una volontà di controrivoluzione politica e istituzionale neoconservatrice total-liberale. Questi fatti ci domandano vigilanza, per evitare i territori, le logiche dove l’UDC con altre forze politiche trascina i suoi avversari e ci spingono piuttosto a scegliere una resistenza politica larga e creativa. Ogni rivoluzione positiva è ancorata nell’azione creatrice che ha il suo fondamento nel movimento democratico. L’azione è in prima linea. La creazione è il fatto di gente ordinaria « dal basso » , dei « senza parte » (secondo il termine del filosofo Jacques Rancière) che aspirano a riappropriarsi la politica. I cambiamenti istituzionali seguono il potere dell’azione, la capitalizzazione della potenza delle azzioni concertate e non il contrario.

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FOCALIZZAZIONE MIRATA DEI SUPPOSTI INTERESSI : CONFUSIONE, DIVISIONE, PERDITA DEL COMUNE La focalizzazione mirata, sia su argomenti economici, sia su argomenti politici (temi identitari) confonde le poste in gioco e divide. La classe operaia, i piccoli impiegati (40%) e la classe media salariata non omogenea (fra il 40% e il il 60% della popolazione, le cifre variano) sono categorizzati per figurare nei programmi propri alla panoplia dell’offerta dei partiti sia su temi economici, sia su temi di politica identitaria ma senza prendere in conto la loro situazione economico-politicoculturale, al tempo stesso specifica e comune. Il fatto di parlare di migranti sul terreno politico e culturale dell’ « identità nazionale », come lo fa l’UDC all’attenzione del « popolo » (non dimentichiamo che l’UDC non è il partito che difende gli interessi delle classi popolari, e nemmeno dei delusi dalla globalizzazione –62), elude la condizione materiale reale dei lavoratori, dei lavoratori migranti e le esigenze di uguaglianza, di diritti sociali e politici (diritto di voto) connessi . D’altra parte, parlare unicamente di temi economici alle classi medie (ribassi sulle imposte, pagamento parziale dei premi di assicurazione malattia, riduzione della TVA, contributi alla costruzione e agli affitti, ecc.) è rimanere prigionieri della stessa logica in senso inverso. Si parla sempre di economia e non di articolazione fra le questioni economiche e la politica. La doppia logica sociale maschera il fatto che in periodo di crisi, la classe popolare e la classe media hanno tutt’e due dei problemi comuni, siano essi economici, politici e perfino esistenziali. Produce l’effetto paradossale di impedire la riunione delle interrogazioni, dei bisogni, degli interessi e delle rivendicazioni della classe popolare e della classe media salariata. In una situazione di cambiamento, questo paradosso rinforza la massima «dividere per meglio regnare». Una tale deformazione paradossale del reale, tocca quindi oggi, sia la classe operaia, sia i piccoli impiegati (forte proporzione di migranti) e la classe media salariata. E’ un freno alla costruzione di un fronte largo per una Svizzera aperta al mondo, basato sulla protezione di beni comuni. Altro aspetto dell’apartheid e altro angolo di attacco. In Svizzera romanda, per esempio, sviluppare le banche d’affari, attirare le grandi fortune, allargare l’autostrada A1, costruire 38

62– Voir à ce propos, Gottraux Philippe, Péchu Cecile, Militants de l’UDC. La diversité sociale et politique des engagés, Lausanne, éd. Le livre politique – CRAPUL, Lausanne, 2011.


una terza via FFS, una metropolitana urbana fra Losanna e Ginevra è una cosa preconizzata dai protagonisti della crescita ad ogni prezzo, cercando così di attirare le banche d’affari e le multinazionali in Svizzera romanda. A questo proposito, la confusione maschera anche il fatto che l’installazione di multinazionali sul territorio svizzero, senza esigenze a livello di quadro politico, di diritto, dei diritti sociali, dei diritti fondamentali e del rispetto della natura, scaccia dalle città, dai luoghi di vita e di lavoro la popolazione locale, regionale, la classe popolare e la classe media. La salvaguardia della politica del comune e della civiltà, implica quindi di  : 1. Ricostruire una visione d’insieme sintetica esistenziale, economica e politica della situazione delle classi popolari e medie. 2. Ricostruire la coscienza sociale sulla realtà dell’apartheid e degli attacchi al comune nelle strutture e nella vita quotidiana di tutti. 3. Rifiutare di confinare l’azione e il dibattito pubblico sul terreno minato della guerra, dell’odio identitario per nascondere una disfunzione total-liberale e neoconservatrice con l’appropriarsi della scena elettorale.

3. UNA FORMAZIONE GRATUITA APERTA AL PUBBLICO (PRIMAVERA 2012) UNA LARGA MOBILITAZIONE CIVICA : UN FORUM GENERALE PUBBLICO (2012-2013) Desideriamo articolare dei momenti di formazione collettiva aperta molto largamente (2012) e una giornata di mobilitazione civica unitaria (2012-2013). Il nostro testo in francese, tradotto in italiano e in tedesco, invita a una riflessione comune durante le formazioni della primavera 2012, gratuite e aperte al pubblico. Ogni mobilitazione è basata sul diritto alla parola e su una riflessione condivisa. Una mobilitazione civica esiste già ma è parziale, minoritaria. Deve essere organizzata, amplificata a 39


un largo pubblico che non si riconosce sempre nei riti politici tradizionali (étà, professioni, funzioni, statuti, attività, inserzioni, interessi diversi, ecc.). Deve essere unitaria per acquistare la sua potenza di azione costruendo un’alleanza per l’azione comune che si vuole difensiva e offensiva, unificante e combattiva nelle forme da inventare : 1. Un grande fronte di mobilitazione che raggruppa in priorità i migranti e tutti gli attori che desiderano la presa di parola, la difesa di un regime, sistema politico democratico basato sulle libertà pubbliche, il rispetto del diritto, l’uguaglianza dei diritti individuali e dei diritti fondamentali. Il lavoro democratico nel senso radicale, è nutrito dai diritti popolari, i contropoteri, la « società civile », il movimento sociale. 2. Un progetto di riappropriazione della sovranità e del potere popolare democratico basato sui bisogni e le aspirazione della gente. L’ossatura di un tale progetto politico è la costruzione dinamica del patto del comune fondato sull’uguaglianza e i diritti fondamentali. Il progetto ha bisogno di essere rifondato da un atto del comune fondato sull’uguaglianza attualizzata sia nelle strutture sia nei diritti (interno e internazionale) E’ in questo quadro, difensivo e offensivo nello stesso momento, che una nuova politica Comune, Migrazione, Uguaglianza potrà inventarsi, affermarsi, costruirsi. Abbiamo bisogno di una rivoluzione nel senso di uno spostamento radicale del dibattito, della riflessione, dell’azione, della ricerca, dal terreno dell’apartheid verso il patto del comune fondato sull’uguaglianza e che quindi si svolge attorno ai dei temi, dei terreni e degli orrizonti nuovi.

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SECONDA PARTE UNA FILOSOFIA GENERALE DI APERTURA A UN SOLO MONDO (ONE WORLD)

1. FATTI, CONSTATAZIONI, SOGLIE DALLA DISUMANIZZAZIONE ALLA BARBARIE C’È SOLO UN PASSO 1. Una filosofia generale di apertura implica l’ immaginare, l’accettare e l’agire affinché un solo mondo (One World) sia possibile grazie alle relazioni che gli esseri umani costruiscono tra di loro. Come dice una giovane filosofa che ha riletto in particolare Simone Weil e Hannah Arendt, « l’umanità non è un’essenza ma un essere-in tanti-nel mondo, contingente e passeggero. Una vita umana è una vita al mondo. » –63. ll termine « mondo » è preso a prestito da Hannah Arendt come lo indica la citazione all’inizio del testo  ; citazione che peraltro merita una lettura critica approfondita tanto radicale è, secondo Kant, lo spostamento dello sguardo che essa esige. La posta in gioco centrale per un’antropologia filosofica e politica, quindi per la cittadinanza, è che la nozione di « un solo mondo » porti ad un criterio di riflessione, di analisi e di valutazione delle situazioni che permettono o distruggono un rapporto possibile al mondo, agli altri a sè stessi. 2. Nel mondo,in Europa e in Svizzera viviamo un’epoca in cui la scelta tra socialismo e barbarie s’impone di nuovo in un contesto di globalizzazione caotica. Sia l’Europa sia la Svizzera, aperte al mondo, sono da costruire, da inventare, da mettere in pratica sulla base di un patto del comune fondato sull’uguaglianza. Dalla disumanizzazione alla barbarie c’è solo un passo. Esistono delle esperienze acquisite di sovranità popolare, di protezione e di diritti. Nella storia moderna, le rivoluzioni dal XVIII al XX secolo hanno permesso la creazione e l’accumulazione di un capitale prezioso nel 42

63– Gérard Valérie, L’expérience morale hors de soi, Paris, PUF, p. 201.


campo della creazione politica, dell’umanizzazione, delle libertà e dei diritti su cui prendere appoggio per proteggere i bisogni fondamentali e assicurare le basi delle condizioni di esistenza. Al giorno d’oggi queste conquiste fondamentali sono minacciate da forze politiche. Esistono dei limiti ai privilegi, delle soglie di civiltà che se oltrepassate portano alla barbarie e alla perdita di umanizzazione. La partecipazione al comune che implica il rispetto della vita, il rifiuto della tortura e il rispetto dei diritti fondamentali di tutto il genere umano – ossia l’uguaglianza- è la soglia invalicabile di qualsiasi regime, progetto, immaginario repubblicano, democratico (parlamentare, semidiretto, basato sui diritti popolari) socialista, rivoluzionario. A questo livello non è possibile transigere. Non bisogna fare nessuna concessione. Nessun compromesso, nessun consenso ambiguo nei confronti dei nemici della democrazia e dei diritti fondamentali sono accettabili poiché la trasgressione dei limiti di civiltà rappresenta un pericolo maggiore per la vita, per le condizioni di esistenza degli esseri umani.ed è una minaccia per l’insieme della comunità umana.

3. I limiti, le soglie devono essere chiaramente identificati, ricordati, difesi nella pratica. Esistono dei privilegi che mettono in pericolo l’intero pianeta. Esistono delle soglie in cui gli argomenti non si sovrappongono più, si oppongono. Dove l’ambiguità concernente la soglia di rispetto della vita e dei diritti non è più possibile. Dove bisogna scegliere. Ogni qual volta i limiti vengono oltrepassati da pratiche di privilegio, eccessi di linguaggio o altre azioni, essi devono venir denunciati e sanzionati dal potere legislativo, esecutivo e giudiziario, pena la delegittimazione dell’autorità pubblica a tutti i livelli del sistema politico, dello Stato, dei partiti, delle istituzioni federali, cantonali, comunali e del servizio pubblico. Più grave ancora : pena la delegittimazione della politica e dei canoni stessi di buona creanza e correttezza. Tre esempi recenti che ubbidiscono ad una stessa logica. Primo esempio : l’evasione fiscale e il mancato pagamento delle imposte sul capitale in un periodo di crisi mette in grave pericolo gli Stati, il servizio pubblico, i diritti, la protezione. Secondo esempio  : Il vicepresidente dell’UDC ha difeso pubblicamente la tortura. Terzo esempio : L’artificio retorico 43


che consiste nel separare la tortura dalla procedura di espulsione permette al suo autore di negare che la Convenzione di prevenzione della tortura sia stata violata dal sistema di rinvii forzati–64. Questo diniego di realtà è un modo per banalizzare la violazione della Convenzione contro la tortura e i trattamenti disumani e degradanti nei dispositivi e nelle pratiche ufficiali di rinvio forzato. In sintesi, qualsiasi diniego qualsiasi banalizzazione attraverso differenze arbitrarie è un incoraggiamento alla trasgressione di limiti insuperabili. Nella vita in comune, qualsiasi persona o istituzione che approfitta dei servizi pubblici è tenuta a partecipare alla difesa della loro qualità. In uno Stato di diritto, qualsiasi persona che ha un mandato politico ufficiale o un lavoro di servizio pubblico e che si permette di difendere la pratica della tortura, violando lo Stato di diritto e i diritti fondamentali deve venir sanzionata e il suo mandato o la sua funzione devono venir sospesi.

4. D’altra parte, i ripetuti attacchi contro il diritto internazionale e il diritto interno della Svizzera in relazione con il diritto di asilo, in nome della « volontà popolare » nascondono un altro scopo che danneggia gravemente la sovranità, il potere popolare, la coesione sociale, l’uguaglianza, la solidarietà e la pace. In realtà, il loro obbiettivo è legittimare il ruolo dello Stato salvatore delle banche che praticano speculazioni finanziarie immoderate ed impedire che vengano prese misure di controllo e sanzioni contro il grande capitale finanziario multinazionale. Intendono pure legittimare il disimpegno dello Stato nel suo ruolo di protezione. Mirano a banalizzare le violazioni dei diritti fondamentali sul mercato del lavoro e a contestare le prestazioni del servizio pubblico. 5. Da settembre 2001, sotto la pressione del governo americano, le misure securitarie si sono intensificate nel mondo intero. Erano state applicate nei confronti degli stranieri prima ancora dell’adozione delle misure coercitive. –65 Hanno accompagnato la guerra imperiale che accumula gli insuccessi (Vietnam, Irak, Afganistan). Hanno messo in pericolo non soltanto le libertà pubbliche, il diritto 44

64– La formulazione esatta della negazione della tortura durante i rinvii forzati è la seguente: «   E’ il popolo che decide, non il diritto internazionale. Per un paese sovrano come la Svizzera, il solo imperativo è il rispetto del diritto internazionale costrittivo. Cio comprende per esempio l’interdizione della tortura, non l’espulsione degli stranieri. La prova : La Danimarca è membro dell’Unione Europea e malgrado questo ha adottato un regolamento per i criminali stranieri più rigoroso del nostro previsto nell'iniziativa » Le Temps, 3.10.2001.

65– Il caso Musey e Maza, due richiedenti l’asilo dello Zaïre oppositori di Mobutu, ha causato un braccio di ferro fra il Movimento sciale e il DFGP, diretto all’epoca dalla Consigliera federale E. Kopp che ha anticipato, nella pratica, le misure di coercizione. Nella Svizzera romanda questi casi che fanno parte delle azioni del movimento di difesa del diritto d’asilo e delle libertà rimangono impresse nella memoria popolare.


66– Delmas-Marty M., Libertés et sûreté dans un monde dangereux, Paris, Seuil, 2010.

internazionale ma anche il diritto interno (nazionale) degli Stati Uniti, dei paesi dell’UE e della Svizzera, come fa osservare, ad esempio, la giurista di diritto internazionale, Mireille Delmas-Marty –66. Attualmente, esiste una confusione tra misure di sicurezza e misure di securità. La cosidetta lotta « antiterrorista » conduce ad una visione securitaria irrealista della securità nella vita in comune,della politica della migrazione e dei diritti sociali ; minaccia in particolare il diritto di asilo e mette in evidenza l’assenza di una vera politica di securità pubblica iscritta nella pace.

6. A partire dagli anni ’70 si sono moltiplicate le derive xenofobe. In un primo tempo esse hanno preso di mira i lavoratori immigrati per poi passare, negli anni ’80, ai richiedenti l’asilo ed ad altre categorie di popolazione in situazioni precarie. (prigionieri, infermi, assistiti, persone anziane, giovani ecc.). L’UDC strumentalizza il diritto di asilo che concerne il 3% degli stranieri in Svizzera, evitando tuttavia di dibattere seriamente la politica economica generale, la ristrutturazione del mercato del lavoro, i diritti sociali, la politica della migrazione che concerne l’insieme della popolazione vivente in Svizzera, tra cui più di un milione e mezzo di migranti su quasi 8 milioni di abitanti (20% della popolazione, 30-40% a Ginevra e nelle regioni urbane della Svizzera). Eppure essi contribuiscono all’economia svizzera, alla ricchezza comune e favoriscono i rapporti internazionali e dunque operano nell’interesse dell’insieme della popolazione svizzera. 7. Strumentalizzando la questione della migrazione, sviluppando una vera strategia di demolizione delle basi del vivere insieme attaccando lo Stato, la Costituzione, i diritti, il diritto internazionale, la Commissione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), l’ONU, l’informazione di servizio pubblico ecc,. tramite il pirataggio dei diritti popolari, un regime, un sistema politico, autoritario, neoconservatore, total-liberal cerca di diventare egemonico attraverso la guerra sociale.

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I suoi autori hanno come obiettivo l’installazione di un nuovo ordine costituzionale autoritario, trasformando radicalmente lo Stato, distruggendo i diritti, rifiutando il diritto internazionale, la CEDU e l’ONU. Questo progetto deve essere combattuto con coraggio, fermezza e lucidità. Accettiamo di essere politicamente complici di una tale guerra reazionaria (odio della Rivoluzione francese, delle rivoluzioni repubblicane liberali e operaie ecc.) e senza limiti di un simile progetto di società ?

8. L’adozione delle legge sull’asilo (LAsi, 1979) completamente rielaborata nel 1998 come pure la legge sugli stranieri (Letr-2005) hanno rappresentato dei passi in avanti nell’instituzionalizzazione della politica sugli stranieri e del diritto di asilo. Queste leggi comportano delle lacune e in particolare la LAsi e hanno subìto revisioni e tagli dannosi. In questo campo abbiamo assistito ad una specie di politica del gambero. Un passo avanti e due indietro. La Letr nega che la Svizzera sia un paese di migrazione (immigrazione e emigrazione). Conseguenze :il fatto che la migrazione non sia inclusa nella politica della pace né nell’insieme delle politiche pubbliche, della vita sociale e culturale ; l’assenza di un bilancio demografico, economico, sociale, culturale reale e prospettivo  ; l’eventualità di misure di ritorsione verso i cittadini svizzeri che viaggiano o lavorano all’estero,ecc. Un simile diniego incoraggia l’Alleingang, l’uso non contestualizzato e non critico della parola « popolo » e i discorsi sull’ « invasione dell’emigrazione massiccia ». La legge sull’asilo (LAsi) è stata vuotata di contenuto e di senso da un’interpretazione molto restrittiva, da revisioni successive effettuate a passo di corsa, ciò che è contrario all’esigenza di stabilità del diritto. La moltiplicazione delle clausole di non entrata in materia (NEM) ha impedito l’accesso ad una vera procedura d’esame a gran parte di asilanti mentre il numero degli statuti precari di ammissione provvisoria è più alto di quello dei rifugiati riconosciuti come tali. Il potere discrezionale di un’amministrazione poliziesca burocratica diventa un settimo potere esente da qualsiasi controllo democratico 46


Inoltre, il discorso che si sente in bocca ai politici e nei mass-media tende a stigmatizzare un preteso « abuso » del diritto di asilo, mentre le statistiche ufficiali dimostrano che ogni anno il 50% dei casi trattati portano ad una misura di protezione, riconoscimento di asilo o ottenimento di ammissione provvisoria.

9. Un numero sempre maggiore di funzionari salariati delle istituzioni del servizio pubblico federale, cantonale, comunale e di membri di associazioni private, posti di fronte alla scelta tra il dovere di fedeltà allo Stato di diritto, tra obbedienza, libertà e uguaglianza o disuguaglianza, vivono dei dilemmi insormontabili. Denunciano le derive attuali che rimettono in causa le loro referenze etniche, deontologiche e la qualità, il senso, del loro lavoro e delle loro professioni. Non sono ascoltati. 10. Esistono delle differenze di sensibilità tra Svizzera tedesca, Svizzera romanda e Svizzera italiana e anche tra i diversi strati della popolazione nei confronti della cultura liberale repubblicana, del rapporto allo Stato, del diritto nell’Ancien régime, della modernità, dell’attualità. La storia delle idee liberali in Svizzera, dei diritti popolari, della violenza di Stato permette di osservare, da un lato, manipolazioni della tradizione, visioni grette, ignoranza e anacronismi e, dall’altro, una diffidenza popolare con risultati nefasti. Un esempio strutturale è l’assenza di una Corte costituzionale. 11. Le strutture dello Stato e del DFGP in particolare non sono adeguate per far fronte alle sfide lanciate dalla globalizzazione, dalla costruzione dell’Europa e di una Svizzera aperta al mondo. 12. Ricordiamo che la polizia federale è stata creata per sorvegliare nello stesso tempo la sinistra e gli stranieri (1889). Sottolineamo che il DFGP comprende la giustizia e la …polizia. Mentre assistiamo alle trasformazioni di altri Dipartimenti federali (es. Il Dipartimento federale dell’economia (DFE) verrà trasformato dal gennaio 2013 in Dipartimento federale dell’economia, della formazione e della ricerca (DEFR) ma nessuna misura simile è prevista per il DFGP. Tutte le proposte formulate dal movimento sociale a partire dagli anni ’80 sono rimaste nei cassetti dellAmministrazione federale. Non sono mai state prese seriamente in considerazione. 47


2. DEMILITARIZZARE LA MIGRAZIONE POLIZIA, GUERRE O POTENZA DEMOCRATICA La forza e il diritto. La guerra e la democrazia. La guerra e la rivoluzione. La polizia e la politica. La tensione tra questi termini ha attraversato la storia. E, ci dicono, alla fine solo la forza avrà il sopravvento. Gli eroi sarebbero soltanto gli eroi guerrieri mentre il cittadino ordinario sarebbe un antieroe. Queste sono due maniere di concepire, di praticare la politica, la potenza dell’azione, di stabilire un rapporto al prossimo, alla politica, alla violenza senza limiti. Un simile « fil rouge » è già presente in Tucidide, nella storia della guerra del Peloponneso, in Grecia–67, cinque secoli a.C. e in tutti i grandi testi filosofici. In Occidente e altrove.

67– Castoriadis Cornelius, Thucydide, la force et le droit, Paris, Seuil, 2011.

Numerose ricerche interdisciplinari basate sull’osservazione prolungata dei fatti concernenti le politiche migratorie in Europa, in relazione alla trasformazione della guerra a livello internazionale prima e dopo settembre 2001, hanno dimostrato che la migrazione è sempre più spesso ridotta a un affare di polizia, vedi di esercito chiamato a difesa della sovranità di uno Stato su un territorio « nazionale » contro gli « stranieri ». Le critiche denunciano volentieri l’importanza che la sicurezza ha preso nei rapporti degli Stati con gli « stranieri » la quale minaccia dall’interno lo Stato di diritto ma come valutare la trasformazione della comunità politica nel suo insieme ? A che punto è la costruzione della coscienza sociale sull’espropriazione del comune attraverso una politica guerriera di sicurezza ? L’onnipresenza della polizia fa apparire gli emigranti come dei profittatori, dei ladri, dei criminali addirittura dei terroristi e confina la popolazione locale in uno Stato poliziesco. In nome dell’ordine, la forza chiama la forza. Agendo, la forza invoca la propria legittimità mentre l’aumento dei poliziotti non è una garanzia di sicurezza. La polizia crea la propria legittimità –68. La violenza fredda e cinica, l’ingiustizia dell’apartheid non hanno soltanto delle conseguenze nefaste sui migranti ma anche sulle società svizzera ed europea militarizzandole. L’onnipresenza delle forze di polizia legittima l’odio. L‘ appello all’ordine poliziesco è ritenuto indispensabile per controllare il cosidetto caos provocato dalla migrazione e dai marginali in generale. Come spiega, ad esempio, la giurista di diritto 48

68– Voir notamment, Fassin Didier, La force de l’ordre, Paris, Seuil, 2011.


internazionale M. Delmas-Marti, la questione della sicurezza, che fa parte della tradizione di diritto concernente i rapporti tra individuo e Stato a partire dalla difesa delle libertà, lascia il posto ad una vaga nozione di securità. L’esercizio democratico esigente che appartiene a qualsiasi individuo lascia il posto alla violenza di Stato (polizia, campi, prigioni, asili). D’altronde, la cultura dei diritti, riferita agli individui considerati come aventi un valore inalienabile, lascia il posto ai trattamenti umanitari di massa che inducono la disumanizzazione dell’insieme dei rapporti sociali .

69– Chamayou Grégoire, Les chasses à l’homme, Paris, La fabrique, 2010.

70– Rigaux François, «  Où en est la guerre juste  ?  », in Caloz-Tschopp Marie-Claire (dir.), Colère, Cou-rage, Création politique, Paris, L’Harmattan, vol. 1, 2011, p. 163-177.

71– France-Culture, vendredi 21 octobre 2011 ; voir aussi, « Nous ne savons pas éteindre les mèches que nous allumons », Golias Hebdo, 17-23.11.2011 ; Débat entre R. Brauman etB.-H. Lévy, «  L’intervention en Lybie était-elle une guerre juste ou juste une guerre ? » Le Monde, 24.11.2011.

L’utilitarismo migratorio basato sull’apartheid che rende legittima la caccia ai poveri in situazione precaria –69, la concorrenza e la diminuzione dei salari dell’insieme dei salariati (CDD, contratti di diritto privato che sostituiscono i contratti di lavoro retti dal diritto del lavoro di diritto pubblico per i propri funzionari) riunisce il mondo degli affari con l’umanitario. Basti analizzare i budgets dell’umanitario mettendoli in parallelo con la scala delle differenze salariali e con l’aumento del traffico d’armi a livello mondiale per rendersi conto di quello che sta succedendo. Non stupirà allora, ad esempio, che il diritto di asilo venga sostituito da sottostatuti amministrativi come quello detto « ammissione provvisoria  »  ; che i diritti dell’uomo vengano sostituiti, nell’opinione pubblica senza distanza critica, dal diritto internazionale umanitario che, ricordiamolo, è il diritto della guerra. Le misure coercitive praticate nei rinvii forzati evocano la cultura della guerra preventiva presentata come una nuova « guerra giusta » –70 e tendono ad attribuire nobiltà alla forza poliziesca e guerresca. Una tale tendenza non tocca soltanto i migranti ma l’insieme della popolazione. Basti confrontare un passaggio di un discorso sui diritti nella politica di assistenza con un discorso umanitario e securitario, dicono i lavoratori sociali. È molto difficile resistere alla propaganda della forza che invade la nostra vita quotidiana. La pressione poliziesca e guerriera è una vera «  intimidazione morale  », come sottolineava recentemente Rony Braumann cofondatore di Médecins sans frontières. –71 Il paradosso che non sembra disturbare l’UDC e i partiti che la seguono in maniera diretta o ambigua, è la manipolazione dell’odio verso gli stranieri, l’illusione e la banalizzazione della forza, l’uso abusivo della « sovranità popolare ». In altri termini, assistiamo all’esproprio abusivo del comune, 49


del potere popolare e dei suoi strumenti nella democrazia semidiretta svizzera (iniziativa e referendum) legittimando al tempo stesso la violenza, la forza poliziesca e guerriera necessarie per instaurare un’egemonia politica total-liberal e neoconservatrice. Una simile menzogna politica ha un effetto perverso. Essa occulta il fatto che non concerne soltanto gli emigranti ma tutta la comunità politica. Induce una regressione preoccupante della democrazia. L’illusione della forza strumentale poliziesca e militare inibisce e scoraggia l’immaginario democratico, l’esercizio autonomo, depositario della potenza democratica e delle responsabilità che vi si riallacciano o in altri termini della sovranità e del potere popolare. In nome della difesa del potere popolare, assistiamo in realtà alla confisca della potenza politica e filosofica del potere popolare stesso con il pretesto di una sovranità popolare che preconizza l’ingerenza, la violazione del diritto internazionale e delle istanze europee. (es. Il rifiuto di riconoscere la legittimità delle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo o il rifiuto di applicarle). Il paradosso menzognero accresce il deficit democratico. L’assenteismo politico meriterebbe di venir analizzato alla luce di questi fatti. La democrazia, in quanto immaginario, regime, sistema e soprattutto pratica politica che presuppone autonomia, spirito critico e spazio pubblico affinché possa costituirsi il comune, ha radici profonde nella storia della sovranità, del potere e dei diritti popolari in Svizzera e altrove. Un lavoro di riflessione sulla sovranità, il potere e i diritti popolari presuppone il richiamo alla tradizione, lo studio dei conflitti, una riaffermazione dei diritti popolari approfondendo i legami tra i diritti popolari e il comune basato sulla giustizia nell’articolazione tra il loro esercizio interno e internazionale. La questione dei diritti popolari deve essere oggetto della più grande attenzione nei dibattiti in corso per rendere visibili le situazioni di ambiguità, le menzogne politiche populistiche e le conseguenze della loro manipolazione che mette in pericolo non soltanto i diritti popolari ma il potere popolare in Svizzera e in Europa –72. La democrazia, in quanto immaginario, regime politico, è basata sulla riappropriazione attiva del comune, la giustizia, l’ospitalità, l’uguaglianza, l’autonomia, il potere condiviso, 50

72– Voir notamment, « La Cour européenne des droits de l’homme menacée », Le Monde, 31.10.2011.


l’equilibrio e la distinzione dei poteri- legislativo, esecutivo e giudiziario -, sull’indipendenza dei contropoteri che ne assicurano la dinamica e sull’uguaglianza dei mezzi di dibattito. La Svizzera, laboratorio della sovranità e del potere popolare in Europa. Sulla scena europea e internazionale, nell’ambito della politica migratoria, la Svizzera figura da anni come il laboratorio del peggio con una polizia che inventa e diffonde dei raffinati dispositivi di sicurezza (classificazione dei paesi secondo dei « cerchi » di « prossimità culturale » considerata come criterio prioritario per l’assunzione di lavoratori stranieri ; immagini numeriche delle impronte digitali e creazione di una banca dei dati che favorisce gli scambi d’informazioni tra polizie europee, ad esempio). La Svizzera potrebbe, al contrario, trasmettere un’immagine più positiva, innovatrice. Potrebbe essere un laboratorio d’invenzione politica del potere popolare, del comune, dell’ospitalità e dell’uguaglianza adottando e rafforzando le esperienze acquisite di sovranità, di potere popolare che accetta di elaborare il conflitto tra chiusura e apertura al mondo. UN’ANTROPOLOGIA POLITICA BASATA SULLA PACE Un nuovo paradigma filosofico e politico per abbordare la migrazione fa appello alla demilitarizzazione del potere, ad una pacificazione dei rapporti politici e alla riabilitazione del potere popolare democratico confiscato. La violenza e la violenza di Stato non sono generatrici di storia. E non sono nemmeno generatrici di politica e di conoscenza della verità plurale sul comune. La menzogna politica conduce all’obbedienza cieca. Al contrario, la lucidità su certi meccanismi incoraggia l’autonomia e la ricerca di mezzi nuovi.

73– Schérer René, Zeus hospitalier, éloge de l’hospitalité, Paris, Armand Colin, 1993, réédité, Paris, La Table ronde, 2005.

Un’antropologia della pace può essere uno strumento prezioso per elaborare una coscienza sociale del potere popolare all’altezza della sfida. Una tale antropologia non può essere concepita come dominazione degli esseri umani sulla natura. Presuppone una nuova definizione del rapporto uomo-natura. Come pilastro del comune, l’ospitalità –73 è un principio, un punto di riferimento, un valore antropologico che è alla base di una politica di pace, spiega Kant in un corto trattato sulla pace perpetua, in un mondo finito, in cui non 51


è più possibile espellere gli intrusi indesiderati nelle parti del mondo inesplorate dove la guerra assume dimensioni distruttrici (degli esseri umani e della natura). La politica del comune, l’ospitalità si praticano con una politica di scambi, di reciporocità e, in modo particolare con una politica di asilo positivo e non con una politica guerriera di « amici-nemici » teorizzata dal filosofo politico tedesco degli anni ’30 (Carl Schmidt). Egli preconizzava una politica di restrizione sistematica del diritto di asilo e la sostituzione della polica dei diritti con una politica umanitaria (gestione delle masse, aiuto in natura, confusione tra statuto di rifugiato e ammissione provvisoria, confusione tra diritti fondamentali e diritto internazionale umanitario che è un diritto di guerra, smantellamento dei diritti, delega delle responsabilità, privatizzazioni ecc.). L’ospitalità, da ripensare sulla base del legame rinnovato tra uomo e natura, ha una posizione centrale nella costruzione del comune, nelle pratiche e dovrebbe figurare nel preambolo di qualsiasi Costituzione (europea, federale, cantonale). Le Costituzioni sono mute sull’ospitalità. L’UDC non ne parla mai. La grande maggioranza dei partiti, le autorità, i parlamentari, i sindacati, nemmeno. L’esercizio paziente, instancabile, del lavoro di cittadinanza, che mette l’accento sull’autonomia e sul discernimento, è l’unico mezzo in grado di garantire, in un mondo d’incertezze, l’apprendimento costante della sovranità, del potere popolare democratico preoccupato del comune e aperto al mondo. E il lavoro ostinato di resistenza degli « eroi ordinari » (Arendt) giorno dopo giorno, in Svizzera e altrove, resistenza agli oltraggi alla giustizia, all’ospitalità, all’uguaglianza. In realtà, questi eroi che spesso sono delle eroine, resistono al regresso democratico e all’avanzata della guerra, al cambiamento di regime politico che nasconde, in particolare, la militarizzazione della migrazione. Peraltro, la dignità umana, contenuta nel termine «  indignato  », d’attualità a causa del movimento degli « indignati », è certo un principio di base – prova ne sia la sua presenza nella Costituzione svizzera (art.7 e 12) -, ma non è sufficiente, da solo, a far vacillare gli schemi di pensiero che giustificano la forza guerriera, lo sfruttamento dell’uomo 52


da parte dell’uomo, l’assassinio e la banalizzazione dei trattamenti disumani e la tortura. Esso deve fare tutt’uno con la libertà e l’uguaglianza.

74– Balibar Etienne, La proposition de l’égaliberté, Paris, PUF, 2010.

Nessun pluralismo dei valori può giustificare che si oltrepassino le soglie inviolabili : il diritto alla vita, la proibizione dei trattamenti disumani e degradanti e il divieto di ricorrere alla tortura. Non basta la debole giustificazione della proibizione assoluta di oltrepassare questi limiti in nome della sola dignità, bisogna promuovere una nuova antropologia filosofica rifondata sulla pace, i rapporti uomo-natura, l’unità del genere umano, l’ospitalità, l’egadignità, l’egalibertà  –74 per tutti gli esseri umani, condizione indispensabile per la politica stessa, la cortesia, gli scambi reciproci e la pace.

3. QUESTIONE DI PARADIGMA E DI METODO PER UNO SPOSTAMENTO DI SGUARDO E DI TERRENO La questione della scelta fondamentalmente democratica tra la potenza di agire che caratterizza la sovranità, il potere popolare e la forza utilitaristica e strumentale (poliziesca, militare)si pone anche nella costruzione della conoscenza e del sapere. A partire dal momento in cui sono messi sulla scena pubblica da un pensiero dualistico, discriminativo di apartheid, i dispositivi, i mezzi, le categorie e gli indicatori imprigionano il pensiero e il discernimento nel paradigma della forza e dell’uso della violenza. Diventa impossibile, allora, riconoscere la migrazione, gli apporti dell’uguaglianza, di agire tenendo conto delle novità che costellano la sua storia e il suo sviluppo. La sua ricchezza, la sua complessità e la sua potenza rimangono nell’ombra. Sopravvengono gravi errori di interpretazione. 1. La politica della migrazione deve essere un luogo sociale di emergenza del pluralismo della verità, presentando delle vite, delle situazioni, delle traiettorie umane, un tessuto economico, tutte le faccette del vivente, i fatti invisibili, le interrogazioni che disturbano. 2. Qualsiasi politica, e quella della migrazione in particolare, viene definita come la relazione tra esseri e gruppi umani che non sono riducibili, come lo vorrebbe la separazione 53


nazionalista vedi razzista, a oggetti isolati. Qualsiasi filosofia essenzialistica della separazione induce molteplici effetti perversi d’apartheid (rapporti di dominazione limitati all’utilitarismo, violenza). Essi sono già stati ampiamente descritti.

3. La politica della migrazione ha bisogno di un nuovo paradigma, di un nuovo e multiplo sapere iscritto in un immaginario, in una cultura politica democratica che porti alla conoscenza del fenomeno della migrazione e che sproni ad inventare dei modelli, degli strumenti, dei mezzi, dei metodi, in rottura con l’apartheid che è limitata poiché prende appoggio unicamente sulla violenza poliziesca o addirittura militare. Il sistema dei cerchi, inventato dal DFGP, trasferito alla presidenza dell’UE, senza dibattito parlamentare, né in Svizzera, né nell’Unione europea, è l’esempio flagrante di uno Stato poliziesco di apartheid, antidemocratico. Altri esempi potrebbero venir forniti dal laboratorio di Schengen. La politica della migrazione può essere un luogo di sperimentazione della sovranità, del potere popolare politico e un luogo di acquisizione di un nuovo sapere, derivato dal patto del comune basato sull’uguaglianza. Questo sapere si rivelerà utile al di là del solo ambito della migrazione. 4. La politica della migrazione presuppone una riflessione in comune sul generale e sul particolare. In questo senso, concerne la politica e i diritti nel loro insieme e nella loro generalità (vita, salute, alloggio, educazione, lavoro, ecc.) Da un punto di vista più generale e più specifico, dobbiamo rifiutare che si distrugga il quadro politico, i diritti, che si rompa il tessuto sociale di protezione di tutti e che si instauri l’insicurezza. In questa ottica, si tratta di evitare la focalizzazione del proiettore sull’asilo e la riduzione della migrazione alla gerarchia dei permessi e al lavoro nero strutturale che avvantaggiano i datori di lavoro, deformano la realtà, creano la concorrenza tra i lavoratori (un milione e mezzo di migranti, di cui 3% di richiedenti l’asilo). Questa attitudine non permette di prendere misure ponderate, ragionevoli ed efficaci. 54


5. Qualsiasi tipo di politica e in particolare la politica della migrazione, implica una distanza critica radicale dalla politica migratoria utilitaristica basata sulla violenza e sulla quantità. Esseri umani sono ridotti a cifre, oggetti, stocks, masse manipolabili. Basti pensare, ad esempio, all’organizzazione e all’uso politico e burocratico – e non di conoscenza – delle statistiche federali sugli « stranieri » e agli effetti perversi che ne sono la conseguenza. I corti comunicati stampa accumulano le cifre, riprese senza distanza critica dalle agenzie stampa e i giornalisti sono eloquenti in proposito. La politica d’informazione del DFGP e del Consiglio federale non può limitarsi a gestire gli stock e le cifre, ad emanare comunicati stampa dove vengono enumerati il numero degli stranieri anno dopo anno e il numero dei rinvii forzati anno dopo anno, a fare unicamente la contabilità degli abusi. Occorre una nuova politica d’informazione strettamente legata ad una politica di apertura alla realtà ricca e multipla della migrazione messa in rapporto con il reale apporto dei lavoratori e del loro paese d’origine, con la generalità dei diritti e con i diritti fondamentali. 6. Qualsiasi politica e in modo particolare la politica della migrazione, implica che non si riducano le misure prese a delle questioni tecniche, dispositivi, mezzi utilitaristici e di garanzia ma di considerarla in termini di conoscenza necessaria, di volontà e di coraggio politico, come mezzo di lavoro per le decisioni prese per la salvaguardia della qualità democratica del servizio pubblico a tutti i livelli dello Stato e della società. L’efficacia, la motivazione, il discernimento, l’impegno del personale e della popolazione sono a questo prezzo. 7. Elogio della lentezza. Riappropriazione e controllo del rapporto al tempo troppo spesso ridotto all’urgenza, allo scoop, nei dibattiti sulla migrazione. La politica, al giorno d’oggi, deve articolare la corta, la media e la lunga durata, deve rifiutare le manipolazioni del calendario, del ritmo politico democratico e delle sue regole. Elogio del tempo necessario alla riflessione nel lavoro di ricerca e nella formazione. La ricerca deve essere strettamente legata alla libertà accademica 55


e deve resistere alle pressioni del mercato e alle logiche poliziesche.

8. Elogio dello spazio pubblico nel servizio pubblico. Riappropriazione e controllo del rapporto allo spazio d’informazione e di dibattito pubblico. Lo spazio definito in termini « nazionali » e di sicurezza implica il restringimento di uno spazio pubblico peraltro indispensabile ad un giusto apprezzamento da parte dei cittadini dei fatti in un mondo globalizzato. Lo spazio pubblico non è riducibile né al territorio di uno Stato sovrano, né a uno spazio di polizia e di propaganda né tantomeno alla copertura intercontinentale delle polizie. Nella molteplicità delle sue forme, legate alle nuove forme di vita, è il luogo d’informazione e di dibattito pubblico indispensabili all’educazione e alla formazione del discernimento.

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TERZA PARTE 40 MISURE PER DEMOCRATIZZARE LA DEMOCRAZIA COSTITUZIONE , DIRITTO, SOGLIE, SAPERE, MEZZI A DISPOSIZIONE DELLO STATO

Una filosofia generale di apertura a un solo mondo (One World) se non vuol essere astratta e quindi perdersi in un cassetto, deve tradursi in una serie di misure concrete ispirate dalla storia e richieste dal presente e dall’avvenire attraverso una volontà politica plurale. E’ una forma di insurrezione positiva contro l’espropriazione del comune e contro l’apartheid banalizzato. La lista delle 40 misure presentate, è aperta. Si situa a livelli differenti e su differenti registri di azioni possibili. E’ possibile interessarsi alle 40 misure oppure a una sola. E perfino aggiungere altre misure. La lista è il risultato di un primo lavoro collettivo. E’ un appello a venir completata. La presentazione prende in conto il corto, il medio e il lungo termine per rispondere a dei bisogni immediati e aprire anche delle prospettive di riflessione e di azione nella politica interna (federale, cantonale, comunale) e internazionale (Europa,ONU). La formulazione delle misure è generale e non dettagliata. Mira a sbloccare l’immaginario e a tradurre lo spirito di una filosofia di apertura al mondo in misure concrete e realizzabili.

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MISURE A CORTO TERMINE (2011-2012) 1. MISURE (12) CONCERNENTI LA COSTITUZIONE, IL DIRITTO INTERNO, IL DIRITTO INTERNAZIONALE, LA RISERVA ETICA E LA POLITICA DELLA MIGRAZIONE

75– Tafelmacher, Christophe, « Polé-mique sur l’expulsion des criminels étrangers et projet de transformation radicale de l’Etat », in : Chimères, revue des schizoanalyses, Paris, n° 74, 2010, pp. 77-84.

1. Lo smantellamento della Costituzione, dello Stato e la manipolazione dei diritti della democrazia semidiretta (diritto di iniziativa, referendum) che implicano l’attacco ai diritti fondamentali devono essere combattuti e sanzionati per evitare la messa in causa della legittimità dello Stato detto di diritto e l’indebolimento dei diritti esistenti. Una tale esigenza merita un dibattito serio e aperto, con un’attenzione particolare alle restrizioni della pratica democratica dei diritti popolari e al rispetto dei diritti fondamentali. Non dimentichiamo che l’esigenza di una sanzione legata a preservare i diritti democratici, mette in evidenza la mancanza di una Corte Costituzionale che eserciti un controllo giudiziario indipendente. Non dimentichiamo che in questi ultimi anni, il ricorso agli strumenti della democrazia semi-diretta per introdurre nella Costituzione federale delle norme contrarie ai diritti fondamentali garantiti dalle Convenzioni internazionali (iniziative sulla perpetuità delle pene, contro i minareti, sul rinvio automatico degli stranieri criminali) illustrano la volontà inquietante da parte di certe forze politiche di smantellare lo Stato di diritto e quindi la garanzia della protezione degli individui che lo Stato deve garantire–75. Non dimentichiamo nemmeno che gli svizzeri saranno chiamati a votare questi prossimi mesi una lista di più di 50 modificazioni costituzionali e che i cittadini non sembrano soffrire di indigestione, ciò che prova l’interesse per dei soggetti variati e la vitalità del dibattito. Ricordiamoci che le sensibilità sono differenti, che la Svizzera romanda ha rifiutato la quasi totalità delle iniziative e referendum lanciati dall’UDC. Il Röstigraben guadagna ad essere messo alla prova con delle esperienze politiche positive di esercizio della sovranità , del potere popolare in materia di migrazione e di uguaglianza. 59


2. Una regolamentazione del finanziamento dei partiti e delle spese per ogni votazione è una priorità Due recenti rapporti del GRECO (gruppo di Stati contro la corruzione) ha attirato l’attenzione sulle poche condanne per corruzione e sulla totale opacità del finanziamento dei partiti e delle campagne politiche. Certe pratiche sono messe in evidenza: ostacoli ai procedimenti penali (impossibilità di fare un’inchiesta nel settore privato senza sporgere querela), impunità offerta a certe organizzazioni (esempio CIO), multinazionali travestite da ONG. La possibilità di lanciare un’iniziativa popolare su questo tema è una questione che tanti si pongono.

Tutte le proposte sottoposte a un voto popolare devono essere discusse su un piede di uguaglianza fra sostenitori e oppositori (stesso tempo di parola, stesso spazio pubblico, lo stesso spazio a disposizione per l’affissione e la pubblicità nei mass media, indipendentemente dai mezzi finanziari a disposizione). L’esigenza deve essere messa in rapporto con la difesa del servizio pubblico di informazione in Svizzera. La difesa di un’informazione di servizio pubblico di qualità è necessaria al dibattito pubblico. L’esigenza deve essere messa in rapporto con l’esame preciso delle pressioni delle lobby, i gruppi di interesse sui mandati dei parlamentari. Attualmente, i parlamentari federali si ripartiscono 1367 mandati in organi dirigenti di imprese, d’associazioni o di fondazioni. Gli eletti del partito liberale-radicale ne totalizzano un terzo (Le Temps, 22.10.2011).

3. Ogni misura che concerne la politica della migrazione e anche gli attacchi a altre popolazioni precarie (disoccupati, invalidi per esempio) deve poter essere sospeso dallo Stato, dal DFGP, dal Parlamento. Nessuna sessione speciale su questi temi durante il periodo elettorale.

Nelle condizioni esistenti, il tempo della politica dei cittadini, migratoria, del diritto d’asilo non è il tempo delle elezioni . Strumentalizzare il tema della migrazione, della 60


precarietà sul registro di misure di repressione d’urgenza in periodo elettorale mira a nascondere un cambiamento di regime, di un sistema transnazionale che rifiuta lo Stato e i diritti.

76– La Federazione delle Chiese Protestanti della Svizzera, sollecitate per un periodo di prova di invio di osservatore indipendenti, ha annunciato il suo ritiro da questo compito per la fine dell’anno. Il Comitato per la prevenzione della tortura ha ugualmente rinunciato. Valérie de Graffenried, « Des renvois forcés sans observateurs neutres », Le Temps, 10.11.2011.

4. Regolarizzare i sans papiers, prendendo sempre di più in considerazione il « diritto di essere qui », senza le restrizioni della filosofia burocratica e poliziesca dei « cerchi » e quindi con il rispetto del principio di universalità nell’accesso alla migrazione. La pratica mostra che la logica del « caso di rigore », del « caso per caso » non funziona e porta in sé il rischio della discriminazione, di una logica di privilegio che induce una messa in causa dannosa dell’uguaglianza di trattamento e della solidarietà. La regolarizzazione concerne soprattutto gli extraeuropei. Per i sans papiers, questo implica l’adattamento dei criteri al principio di universalità , un accesso all’insieme dei diritti e particolarmente alla salute, alla formazione e all’apprendistato con un controllo serio, da parte dello Stato e dei sindacati, dell’applicazione del diritto al lavoro all’insieme dei lavoratori e quindi ai lavoratori sans-papiers. La rivendicazione della preferenza nazionale brandita dall’UDC nel dibattito sulla libera circolazione dei lavoratori che, non dimentichiamo, è entrata in vigore con delle deboli misure di accompagnamento, nasconde l’assenza di regolazione sulla base dei diritti per le condizioni dei lavoratori nell’integrazione all’UE. L’economia dispone di una manodopera meno cara. Gioca sulla concorrenza dei salari utilizzando una manodopera di riserva, con e senza statuto (diritto di soggiorno), dove troviamo i lavoratori non europei e fra di loro molte donne. La regolarizzazione dei sans-papiers implica la lotta per delle solide misure di accompagnamento alla libera circolazione. 5. Sospensione dei rinvii forzati. Rispetto delle soglie di civiltà invalicabili. Il rischio di morte e di tortura non è riducibile alla messa in funzione di un « sistema efficace di controllo dei rinvii » legittimato dauna ricerca ambigua –76 di collaborazione con istituzioni religiose  , esperti, 61


istituzioni parastatali e l’argomento inconsistente della formazione per ridurne i rischi. Dopo tre decessi in Svizzera in questi ultimi 10 anni, un costo esorbitante e l’impraticabilità di un tale dispositivo senza violazione dei diritti fondamentali –77 e senza rischio estremo, l’arresto immediato dei rinvii forzati si impone, dopo aver constatato l’esplosione dei « NEM » basata sul « regolamento Dublin » che permette il rinvio in un paese terzo senza analisi approfondita dei casi. Le misure coercitive nel campo della politica «  degli stranieri » hanno permesso la messa in funzione di una nuova legge, anche se gli strumenti giudiziari esistevano già, che comporta l’applicazione di un doppia, o tripla pena: privazione di libertà per un delitto, perdita del permesso di soggiorno, detenzione amministrativa in vista del rinvio forzato. L’inflazione del diritto e delle misure di sicurezza che è praticata sistematicamente dall’UDC, avallate in seguito dalle autorità legislative o amministrative è un attacco al diritto. Induce un inasprimento delle pratiche poliziesche sia svizzere sia europee (Schengen). Su questo punto, è necessaria una valutazione da parte di esperti indipendenti.

77– Citiamo come esempio l’importante decreto della CEDH d’ottobre 2011 che condanna la Svizzera per aver espulso un giovane turco con una pesante fedina penale. Ciò lascia presagire altri freni per l’applicazione dell'iniziativa sul rinvio degli stranieri criminali dell’UDC (art. 8 della Convenzione sul diritto al rispetto della vita privata e familiare considerato come parte delle libertà essenziali) Questo bloccaggio dei rinvii forzati da parte della CEDH concerne la pratica di diversi paesi (Inghilterra, Russia, Italia, Olanda, Francia).

Se lo Stato rinuncia ad applicare le sue decisioni in materia di rinvii forzati, tutto il sistema d’asilo non si sfalda, anche se questo problema è stato avanzato per giustificarle. Sono lo Stato di polizia e i suoi difensori che hanno paura. La fine dei rinvii forzati è per le più alte autorità l’opportunità di ritrovare una credibilità persa e di far rispettare i diritti fondamentali iscritti nella Costituzione, in ogni decisione e ogni atto dello Stato.

6. L’esperienza del laboratorio di Milgram (ricerche sulla psicologia della sottomissione) –78 ha mostrato a suo tempo, malgrado i limiti della metodologia e della possibilità di controllo di tutti i parametri e di tutte le misure statistiche, che in un contesto di tortura dove la gerarchia incoraggia la servitù, ogni individuo riesce a torturare. Che ne è dell’identificazione con la persona torturata e non con quella che tortura che è un dilemma che possono vivere i funzionari del servizio pubblico in seguito a delle decisioni di cui non sono responsabili ? 62

78– Milgram S, La soumission à l’autorité, Paris, Denoël, 1974.


79– Lo stato di necessità é un fatto giustificativo del diritto penale. Permette a una persona di non essere condannata se ha commesso un’infrazione per impedire un fatto grave, per esempio rompere un vetro per salvare una persona che sta morendo.

In uno scopo pragmatico di umanizzazione e di applicazione del principio di reciprocità, proponiamo che ogni persona, poco importa quale sia la sua funzione, che preconizza i rinvii forzati, sia invitata nell’ambito di una ricerca, a fare l’esperienza personale della procedura speciale di rinvio livello4 per misurare le condizioni materiali concrete e i pericoli di un tale dispositivo. Proponiamo che venga lanciato un programma di ricerca interdisciplinare su questo soggetto sotto la direzione del FNSRS, dell’Accademia delle scienze sociali e umane, con i consigli del Comitato di Prevenzione contro la tortura (CPT) dell’ONU delle associazioni professionali di giuristi, di psicologi, di medici, di insegnanti, di forze di polizia, di lavoratori sociali, di ricercatori, di giornalisti ecc. Tale ricerca potrebbe iscriversi in un programma tematico di ricerche più vaste sul patto del comune fondato sull’uguaglianza che include i legami fra ospitalità e pace (vedere qui sotto, proposta di ricerca « Galilée »). 7. Di fronte all’esigenza di distinguere fra la responsabilità della gerarchia e la responsabilità di professionisti salariati, riconoscenza di un diritto etico quando questi ultimi devono applicare delle leggi, delle direttive inapplicabili, con il pretesto di essere in stato di necessità –79 violando così i diritti fondamentali e mettendo in pericolo la vita altrui (codice etico). Sono pure urgenti delle misure di organizzazione del lavoro dell’amministrazione in vista di una nuova orientazione del lavoro del servizio pubblico che rispetti la qualità del lavoro e i diritti fondamentali. Il lavoro nella funzione pubblica non può e non deve essere ridotto a « fare cifre » né limitarsi a un’obbedienza imposta per applicare delle norme che violano i diritti.

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Diritto di disobbedienza civica in caso di violazione dei diritti fondamentali e di fronte a leggi inique o ingiuste. Fra altro « art.80 Obbedienza al.2. I subordinati non eseguono un ordine quando riconoscono che esso impone loro un comportamento represso dalla legge o dal diritto delle persone in tempo di guerra. Se comunque collaborano a una tale azione, devono poi risponderne ». (Regolamento del servizio dell’esercito svizzero).


A questo proposito, sarebbe importante che l’audit dell’ODM sulle condizioni di presa di decisione degli impiegati federali in materia di diritto d’asilo sia reso pubblico. Notiamo che il Centro Sociale Protestante (CSP) di Ginevra ha potuto ottenere questo rapporto grazie alla Legge sulla trasparenza.

8. Creazione di una funzione di ombus(wo)men indipendente per ricevere le denunce dei funzionari salariati dello Stato, di ONG e anche di cittadini che constatano una violazione delle norme del diritto al lavoro e del servizio pubblico, e vivono dei dilemmi etici quando devono applicare le leggi e le direttive. Bisogna prevedere un diritto di ricorso al tribunale federale per valutare denunce del genere. 9. Chiusura dei centri di detenzione amministrativa, rifiuto della creazione di centri federali speciali che allontanano i richiedenti l’asilo dalla popolazione residente e rifiuto di imprigionare gli stranieri sottomessi alla detenzione amministrativa in prigioni di diritto comune. Questi strumenti di apartheid aumentano i costi umani, economici e sociali e mettono in causa il rispetto dello Stato di diritto e i diritti fondamentali. Al di là del fatto che una misura amministrativa (decisione di rinvio dalla Svizzera) non è un delitto penale, che una tale distinzione è importante per evitare la doppia o tripla pena, un regime democratico non può tollerare né l’assimilazione degli stranieri sottomessi a una detenzione amministrativa a un regime di prigione preventiva penale –80, né un regime di prigione speciale per stranieri. Allo scopo di accelerare la procedura, in paesi come l’Olanda e la Danimarca, che subiscono una forte pressione dai partiti populisti, esistono delle proposte e delle misure per la creazione di grandi campi. La Svizzera non ha interesse ad ispirarsi a misure, a mezzi decisi in un clima xenofobo. Deve al contrario profilarsi come un laboratorio di misure positive anti-apartheid. Si possono legittimamente emettere dei dubbi sul rispetto dei diritti fondamentali in caso di una gestione centralizzata e poliziesca dei richiedenti. 64

80– La Lega dei diritti dell’uomo del canton Ginevra ha denunciato il fatto che lo Stato in certi casi autorizza la detenzione amministrativa nel penitenziario di ChampDollon, ricordando che la detenzione amministrativa, legata allo statuto legale particolare degli stranieri sottomessi al rinvio forzato, non è assimilabile alla detenzione penale (non gli stessi scopi, non le stesse regole). Vedi anche lo studio di Michael Flynnd e Cecilia Cannon del Global Detention Project (2011) che fa parte di un programma di ricerca dell’IHEID (migliaia di stranieri detenuti per la sola ragione che sono indesiderati in Svizzera (fra gennaio 2008 e giugno 2010, le statistiche parlano di 7136 messe in detenzione amministrativa. Nel 95% dei casi, il motivo invocato è quello della preparazione di un rinvio forzato. Questa realtà, se analizzata, rivela un grado di opacità e di violenza nascosta. La ricerca sottolinea per esempio che la legge sugli stranieri, votata nel 2006, ha introdotto la detenzione per in-sommissione (5% degli stranieri che non collaborano alla loro espulsione) con soggiorno in prigione di 145 giorni in media. La detenzione è spesso un mezzo di pressione per accelerare le partenze.


10. L’aiuto d’emergenza deve essere accordato a ogni persona che vive sul territorio svizzero senza discriminazione, avendo però come scopo la sua soppressione rapida e la ri-integrazione dei richiedenti in rigetto d’istanza nel diritto al minimo vitale dell’aiuto sociale. E’ inammissibile utilizzare l’aiuto d’emergenza come costrizione in vista della « partenza volontaria ». I diritti sociali non possono essere delle semplici misure di polizia. In modo più generale, non è accettabile lasciare che si protraggano tre regimi di aiuto sociale distinti secondo lo statuto di soggiorno, come è il caso oggi. In nome dell’uguaglianza fondamentale fra gli esseri umani, il minimo vitale garantito dallo Stato deve essere calcolato nello stesso modo per tutti gli individui. Nell’ambito dell’aiuto di emergenza, creare delle nuove discriminazioni, escludendo certe categorie da queste misure (donne, bambini) e lasciandocene altri (uomini giovani) sarebbe una pratica che mette in pericolo il principio di uguaglianza di trattamento. L’aiuto di emergenza in quanto minimo per la sopravvivenza è garantito dalla Costituzione. Meccanismo perverso : c’è pressione sul DFGP e sulla popolazione da parte della conferenza dei direttori cantonali di « giustizia e polizia » - che non sono i Cantoni contrariamente a ciò che dice la stampa- per la sua soppressione pura e semplice quando si tratta di certe categorie di popolazione, principalmente le persone respinte dall’asilo, ciò che induce nello stesso tempo una violazione della Costituzione e l’odio verso gli stranieri, cancellando il dibattito di fondo su uno strumento discutibile dal punto di vista dei diritti fondamentali. Quando si accetta di lasciare senza nessuna forma di sostegno o di protezione statale migliaia di persone in Svizzera, si supera una soglia. Domandiamoci, a quale categoria di popolazione un tale strumento può essere applicato nel futuro, dopo essere stato sperimentato nel laboratorio con gli stranieri, i più vulnerabili. 65


11. Soppressione dei visti di soggiorno corto in Svizzera e nell'UE (proposizione J. Y. Carlier) e soppressione della restrizione della libertà di movimento per l'insieme dei permessi di migrazione in Svizzera e rimessa in causa del ricorso sempre più frequente al permesso F (ammissione provvisoria), statuto precario che non permette , o allora molto difficilmente di lasciare il territorio svizzero, e che pone problema sotto l'angolo dei diritti fondamentali –81. 12. Diritto internazionale e nazionale. Ratificazione e applicazione della Convenzione internazionale dell'OIT sui diritti dei lavoratori migranti e delle loro famiglie.

2. MISURE (1) DI MOBILITAZIONE NELLO SPAZIO PUBBLICO : DEMOCRATIZZARE LA DEMOCRAZIA L'alternativa alla degradazione politica , a una politica limitata a delle misure di polizia e a una politica ambigua, non può essere che lo spostamento, il cambiamento di terreno del dibattito, la ridefinizione globale di una strategia positiva, prospettiva, rispettosa della democrazia, dei diritti fondamentali e la riconquista dello spazio pubblico per rifondare la rivoluzione versus la migrazione, il patto del comune basato sull' uguaglianza. Iniziativa di mobilitazione. Convocazione di una larga mobilitazione (popolazione dei quartieri popolari e delle città suburbane, dei giovani, dei salariati, dei sindacati, dei migranti e in particolare dei giovani e delle donne, delle famiglie migranti, delle associazioni di professionisti del pubblico e del privato, delle (ONG), dei dipartimenti DFGP, DFAE, del Dipartimento dell'economia e della formazione (DFEF), appoggiati da un « Consiglio dei Saggi » – Stato, cittadini, ricerca, invitati internazionali –) di un Forum pubblico sul tema seguente : DEMOCRATIZZARE LA SOVRANITÀ POPOLARE, RIFONDARE LA POLITICA DEL COMUNE, DELLA MIGRAZIONE, DELL'UGUAGLIANZA, UMANIZZAZIONE, APARTHEID, SOGLIE DI CIVILTÀ 66

81– Regina Kiener et Andreas Rieder, «  Admission provisoire sous l’angle des droits fondamentaux », Commission fédérale sur le racisme, Berne, 2003.


Posta in gioco : La sovranità popolare non si limita a delle manipolazioni nazionaliste, elettoralistiche, consumistiche o a delle questioni tecniche di specialisti, di esperti. Tanto in Svizzera quanto in Europa, assistiamo a un processo accelerato di espropriazione della politica del comune. Siamo spossessati della politica e di scelte che concernono la vita in comune. Democratizzare la sovranità popolare significa democratizzare la democrazia. Siamo a un momento storico che vacilla fra socialismo e barbarie, fra la rifondazione della politica del comune e della migrazione, o il caos total-liberale controrivoluzionario. Un largo processo di mobilitazione, di riappropriazione della politica, che implica autonomia, responsabilità, coraggio e lucidità è l'unico mezzo per aprire l'orizzonte, per fare delle scelte collettive sul comune e la migrazione che rispondano alle sfide attuali. Invitati : E' importante che la mobilitazione e il dibattito riuniscano l'insieme delle persone e delle esperienze interessate alla salvaguardia del comune, cioè, le questioni che pone la crisi alla classe popolare e alla classe media che vivono nelle città e nelle zone suburbane, nei villaggi integrando i migranti che non hanno il diritto di parola ( al di fuori del diritto di voto comunale e cantonale in certi Cantoni svizzeri) – gli operatori salariati del servizio pubblico, i datori di lavoro, i rappresentanti degli ambienti della formazione e della ricerca. Ogni abitante della Svizzera e di altrove deve poter partecipare. Convocazione : Il modo di convocazione e di organizzazione è da dibattere. Data : Autunno 2012, primavera 2013 (date esatte da fissare). Luogo : Da definire. Statuto del Forum : A date fisse o periodico. Lingua : Le lingue ufficiali con presa in conto anche di altre lingue. Obiettivi (7) concreti del forum publico : 1. Posare le basi, la strategia di insieme per delle scelte collettive concernenti la politica del comune e della migrazione in Svizzera e in Europa in questo inizio di XXI secolo. 67


2. Fare il punto delle 12 misure immediate proposte (rapporto indipendente). 3. Fare il punto sulla ratificazione a breve scadenza della Convezione sui lavoratori migranti e le loro famiglie (rapporto indipendente). 4. Formulare un progetto di legge in Svizzera contro l'apartheid e tutte le forme di discriminazione concernenti l'accesso e l'esercizio dei diritti politici e sociali e l'accesso alle prestazioni pubbliche. 5. Ripercuotere il patto e il progetto di legge a livello delle istanze politiche dell'Europa e dell'ONU. 6. Iniziare dei lavori sulla memoria del comune costruito dalla sovranità, il potere popolare, la migrazione e le lotte civili in Svizzera. 7. Analizzare la pertinenza di lanciare un progetto di ricerca su Migrazione, Uguaglianza, Comune (vedi proposta Galilée).

3.

MISURA (1) PER LA RICERCA E LA FORMAZIONE PROGRAMMA DI RICERCA GALILEE : MIGRAZIONE, UGUAGLIANZA,COMUNE BISOGNO DI SPOSTAMENTO GALILEANO

Galileo al suo tempo aveva partecipato a una decentralizzazione scientifica fondamentale concernente il posto della terra nel sistema dei pianeti e nell'universo. Oggi, in Svizzera e in Europa, abbiamo bisogno di una rivoluzione galileana di società. Abbiamo bisogno di rifondare il comune. Abbiamo bisogno di oltrepassare le resistenze a conoscere la realtà della migrazione e soprattutto la realtà delle nostre condizioni di esistenza. Abbiamo bisogno di un Galileo che articoli il comune e la migrazione basandosi sulla giustizia, l'ospitalità e l'uguaglianza. Abbiamo bisogno di un nuovo paradigma nella ricerca e nella formazione che non opponga delle popolazioni, ma che porti un progetto comune trasversale, a partire dalla giustizia, dall'ospitalità e dall'uguaglianza, da ciò che le lega, le dinamizza nei conflitti e nella realtà del vivere insieme. 68


Possiamo pensare che la sua ricerca è l'esercizio positivo, la costruzione comune della conoscenza articolata alla ricerca incessante dell'ospitalità , della dignità, della libertà, dell'uguaglianza a partire dal comune basato sull'unità del genere umano e la generalità dei diritti. Il tema della ricerca deve essere formulato brevemente in questi termini. Partendo dal fatto dell'espropriazione del comune dovuto alla globalizzazione, dal punto di vista dell'unità del genere umano, della generalità dei diritti e non da categorie di appartenenza che separano svizzeri e stranieri, dove sono i problemi, i conflitti, quali sono le priorità comuni,i cambiamenti comuni necessari ? A proposito del processo di conoscenza, di metodologia. Lo spostamento epistemologico, metodologico nella ricerca consiste a guardare, descrivere, interpretare il movimento della migrazione, non partendo dalle categorie dell'apartheid ma dal comune, dall'unità della condizione umana e dalla generalità dei diritti. Ciò implica per i ricercatori non tanto un' oggettività e una neutralità che non rivendicano nemmeno i ricercatori del CERN, ma un lavoro di decentramento teorico, di impegno e di presa di distanza critica nella ricerca, una posizione dinamica nell'interrogazione..

82– Balibar Etienne, Violence et civilité, Paris, Galilée, 2010.

Quando Socrate dice che « è meglio subire l'ingiustizia piuttosto che commetterla » non pone una questione di sondaggi, di intuizioni della giustizia legata a una « natura umana », di morale comportamentista o ancora di filosofia bancaria. Pone una questione di antropologia filosofica e politica rivelata anche dall'osservazione della passione, della collera. Essa è esperienza, mantenimento della condizione umana, delle possibilità della politica di fronte all'ingiustizia, alla violenza –82 e salvaguardia delle soglie di civiltà Commettere, soffrire di ingiustizia – che può portare al rifiuto di ogni regola per giustificare la pura rapina , la banalizzazione della tortura, gli omicidi burocratici- rinvia a ciò che ci fa appartenere al genere umano, alla potenza d'Essere che noi possiamo diventare (Spinoza), al soffio dell'anima che ci fa vivere. Ogni individuo, poco importa la sua funzione gerarchica, che commette l'ingiustizia dovrà coabitare con questa ferita dell'anima. Che lo riconosca o no. Colui che subisce l'ingiustizia, è spinto durante tutta la sua vita da una passione: la ricerca 69


della giustizia, di ciò che è potenza del divenire e potenza del divenire di un comune in relazione con gli altri e il mondo. Una contribuzione interdisciplinare e civile a un programma di ricerca che articola comune, migrazione e uguaglianza, costruito a partire dall'unità del genere umano, della generalità dei diritti, e che de-costruisce le categorie, le distinzioni discriminative banalizzate dell'apartheid è indispensabile per una nuova filosofia generale per un solo mondo (One World). Come può la ricerca rompere la parete di vetro dell'apartheid, sorpassare la distinzione fra nazionali e stranieri alla base della xenofobia, del nazionalismo, cercare e formulare un'epistemologia, una metodologia nelle quali la migrazione è il prisma che rivela delle forme di espropriazione del comune, delle questioni, dei problemi, delle tensioni, delle ricchezze concernenti la sopravvivenza del pianeta, le libertà pubbliche, il patto del comune basato sull'uguaglianza per l'insieme della popolazione che vive e lavora in Svizzera e in Europa, in legame con il mondo ? A nostra conoscenza, fino ad oggi, se delle timide ricerche hanno abbordato questi problemi, nessun programma di ricerca della Confederazione ha abbordato un tale spostamento di paradigma, di obiettivo con l'uguaglianza come tema centrale. E' vero che un tale spostamento epistemologico radicale implica una critica delle proprie categorie, dei propri strumenti, delle posizioni nella ricerca, e l'elaborazione di una nova epistemologia, di nuovi saperi per definire il tema Comune, Migrazione, Uguaglianza che sia storico, comparativo e, globale. E' pure vero che un tale programma non può esser sviluppato sul terreno chiuso dell' università. Esso esige il coinvolgimento della “società civile”, degli attori sociali e delle istituzioni ufficiali. Nella ricerca devono essere inventate nuove forme di partenariato. Un tale programma potrebbe esser un apporto importante alla conoscenza, alla vita civica, all'educazione, alla ricerca. In Europa e nei paesi emergenti, dei ricercatori hanno questo bisogno di spostamento galileano. E lo praticano, anche se con dei mezzi limitati.

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MISURE A CORTO, MEDIO E LUNGO TERMINE (2012) 1. MISURE (9) PER TRASFORMARE LO STATO E LA SOVRANITA' PRIORITA' ALLA GIUSTIZIA, ALL'OSPITALITA', ALL'UGUAGLIANZA Immaginare le misure da prendere può permettere di capire i bloccaggi strutturali, burocratici, la pregnanza di categorie, la sovranità dello Stato-nazione nel pensiero politico, di capire l'importanza di riforme istituzionali. Al tempo stesso può mostrare la necessità di un lavoro storico riflessivo sulla trasformazione dello Stato e della sovranità e la necessità di adottare nuove categorie per pensare il « vivere insieme ». 1. Creazione in Svizzera di una Corte costituzionale indipendente. La possibilità per ogni tribunale di verificare la costituzionalità delle leggi federali in casi concreti è un passo in avanti fatto dal Parlamento Nazionale che mostra una presa di coscienza dei parlamentari sul cattivo funzionamento del sistema giuridico, ma è ancora 83– insufficiente –83. Costituzionalità. Le leggi federali che non rispettano la Costituzione non dovreb- In Svizzera non esiste l'esigenza di un controllo della bero più essere applicate. Il giustizia costituzionale indipendente con la creazione Parlamento nazionale ha accettato questo principio (94 di una Corte Costituzionale, la cui idea è emersa con il contro 86 e 2 astensioni). repubblicanismo in Europa e nel mondo. (Per analizzare le violazioni e le lacune del diritto, il terreno delle politiche migratorie è un terreno di osservazione privilegiato ma non unico) . 2. Cambiamento del termine « politica degli stranieri » con il termine « politica della migrazione », integrando l'insieme degli aspetti che concernono la popolazione sul territorio svizzero. 3. Trasformazione del DFGP. Separazione strutturale delle questioni di giustizia da quelle di polizia nella struttura dello Stato federale e degli Stati cantonali: creazione di due dipartimenti distinti. Rispetto dei tribunali. Rispetto della giustizia e del mandato dei giudici. Polizia di sicurezza separata dalla giustizia. 71


4. Creazione e rispetto di una Commissione del personale indipendente al DFGP e in tutte le strutture federali del diritto di asilo. 5. Creazione di un Dipartimento autonomo della migrazione e della pace con un personale interdisciplinare, senza restrizioni di nazionalità e senza « cerchi » che escludono l'accesso alla funzione pubblica. In attesa di questa creazione, la politica della migrazione dovrebbe essere ripartita fra il Dipartimento dell'Economia e della Formazione, degli Affari esteri, della Giustizia, della Polizia. 6. Analisi critica della tradizione della storia dei diritti popolari e rafforzamento dei diritti popolari attuali chiamati ad essere adattati alla politica interna e internazionale nel quadro del rispetto dei diritti fondamentali messi in relazione con un lavoro di memoria della migrazione. Si impone una Commissione Bergier formata da storici dei diritti popolari in Svizzera e della migrazione che integri le particolarità regionali (Svizzera tedesca, Svizzera romanda, Ticino e Grigioni). 7. A ogni livello della politica della migrazione e del diritto d'asilo, rifiuto di qualsiasi struttura, istituzione, logica, dispositivo, mezzi di apartheid (separazione fra popolazione che vive in svizzera e gli « stranieri ») e incoraggiamento, pubblicazione di tutte le esperienze di creazione di legami sociali nella politica della migrazione, (Inventario permanente fatto dal DFGP, dalle strutture cantonali e comunali e diffusione degli esempi di sociabilità positivi).

Esempio delle strutture e dei mezzi dell'apartheid : centri federali situati lontano dalla popolazione ; sistema dei cerchi nella politica degli stranieri (lavoratori immigrati e richiedenti l'asilo) e gerarchia nel diritto d'accesso all' immigrazione e al diritto d'asilo fra europei, paesi ricchi e paesi del terzo mondo: dispositivi di decisione di non entrata in materia (NEM)  ; debolezza delle misure di accompagnamento nell'applicazione del diritto di lavoro all'insieme dei lavoratori e quindi anche ai lavoratori migranti. 72


8. Per l'insieme dei compiti dall'alto in basso della scala dello Stato, iscrivere nel quaderno dei compiti e tradurre nell'organizzazione concreta del lavoro del personale del servizio pubblico, l'obbligo per ogni funzionario del servizio pubblico di praticare e di mantenere un legame fisico diretto, umano con gli utenti durante tutta la durata delle procedure amministrative et poliziesche (stranieri, sans-papiers, richiedenti l'asilo).

Certe professioni del servizio pubblico (forze di polizia di base, lavoratori sociali, della salute, insegnanti ecc.) hanno un contatto diretto con gli utenti. Conoscono direttamente i dilemmi, le sofferenze, il vissuto degli utenti. E' una ricchezza di questi professionisti che non è condivisa con la gerarchia burocratica dello Stato Altre professioni del servizio pubblico prendono delle decisioni, delle misure senza conoscere le persone che le subiranno.

9. Miglior articolazione fra politica degli affari esteri, dello sviluppo e politica della migrazione e rispetto degli standard dello Stato e dei diritti dalla parte delle transnazionali.

Cio' implica per esempio di : • Separare l'aiuto allo sviluppo dalla conclusione di accordi di riammissione iscritti nel registro della forza di polizia, e dalla cooperazione poliziesca e militare e anche dalla vendita d'armi. • Trasferire al DFAE la responsabilità degli accordi di riammissione rispettando il fatto che il servizio pubblico non può essere né privatizzato né retribuito per evitare la corruzione e permettere dei controlli severi. • Promuovere l'accoglienza dei rifugiati provenienti da paesi che non possono assicurare la loro protezione è un capitale per l'avvenire (in termine di scambi con i paesi emergenti). Il ripiegamento non è una politica estera e di solidarietà internazionale innovatrice e pagante. •

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Sviluppare la formazione degli stranieri che sono qui, facendo particolarmente attenzione alle traiettorie di esilio degli stranieri; ciò implica di non limitarsi


a degli accordi di formazione con i paesi di origine degli stranieri espulsi nel loro paese d'origine. Esempio: diritto all'educazione, all'apprendistato per richiedenti d'asilo, per i loro figli e per i detentori di permessi F. •

Promuovere la recente proposta fatta da 50 ONG e sindacati, coordinati dall'Alliance Sud, al governo e al parlamento, che domanda che le azioni transnazionali delle società e delle filiali basate in Svizzera siano sottomesse dappertutto alla legislazione svizzera sui diritti umani, ai nostri standard ambientali e che le vittime possano rivolgersi alla giustizia svizzera. www.droitsanssfrontières.ch –84

84– Voir à ce propos, Ferrari Sergio, « Les transnationales suisses doivent respecter la loi suisse  », Le Courrier, page solidarité, 7 novembre 2011.

2. MISURE (8) PER DOMOCRATIZZARE LA VITA SOCIALE, L'ECONOMIA, IL DIRITTO AL LAVORO, LA PR0TEZIONE DEI SALARIATI E I DIRITTI FONDAMENTALI E' possibile agire immediatamente, sempre mirando il medio e lungo termine, situandoci in un largo orizzonte alla misura delle esigenze del XXI secolo. Bisogna prendere atto del fatto che « le istituzioni europee e numerose nazioni non vogliono solamente imporre un potere securitario ma cercano anche di rompere il patto sociale che aveva permesso, dopo la Seconda Guerra mondiale, di costruire gli Stati-provvidenza europei e il progetto comune che ha condotto all'Unione Europea » –85. 1. Vita in comune. Proibizione per le imprese che fanno benefici di licenziare i loro dipendenti. Una tale misura presa dallo Stato e controllata dalla società civile riveste un carattere d'urgenza e strutturale nello stesso tempo. Implica una democratizzazione dell'economia che non può essere nelle sole mani degli azionisti. Per essere efficace una tale misura deve intervenire a ogni livello delle Stato. Dovrebbe essere contemporaneamente federale, cantonale e comunale –86. Deve permettere l'emergenza delle regioni (es. metropoli lemanica). 2. Vita in comune. Creazione di « commissioni economiche regionali », elette, che rappresentano sia i lavoratori 74

85– Dirigeants syndicaux (Espagne, Allemagne, Italie, France, Belgique), « Le social doit être le ciment de l’UE », Libération, 8.12.2011.

86– Riprendiamo qui le proposizioni 1 e 2 della contribuzione di un ricercatore in scienze politiche, Romain Felli, Le Courrier, 3.11.2011. Che sono particolarmente interessanti nella misura in cui articolano un progetto comune basato sull’uguaglianza e nel quale la popolazione, i salariati e la migrazione trovano il loro posto (come lavoratori e lavoratrici e come abitanti di una regione).


sia i sindacati, la popolazione regionale e le collettività pubbliche. Una tale creazione implica anch'essa, una democratizzazione dell'economia con la messa in funzione di un controllo democratico delle imprese multinazionali che siano regionali o locali. Implica anche che i lavoratori salariati assumano un controllo sulle loro unità di produzione e che la popolazione possa partecipare alle decisioni sull'economia dalla quale dipende la loro vita quotidiana.

3. Vita in comune. Per assumere la difesa della libertà personale e non limitarla ai nazionali o a certi privilegiati, iscrizione della libertà di movimento come fatto della condizione umana basata sul principio della reciprocità e dell'universalità nelle pratiche di scambi e anche al momento delle revisioni della Costituzione federale e delle costituzioni cantonali (diritto di lasciare il proprio paese e diritto di entrare in un altro paese) come pure al momento delle revisioni della Costituzione dellUE come di quella della CEDU o della CIDU e dei testi di base dell'ONU. La traduzione pratica immediata è la soppressione dei visti di corto soggiorno nell'UE (proposta di J.Y. Carlier). 4. Lavoro comune. Misure concrete che concernono il controllo generale del mercato del lavoro (Pianeta, UE e Svizzera) da parte dello Stato e dei partner sociali. Stesso salario per lo stesso lavoro, stessi diritti, stesso diritto di accesso alle prestazioni sociali, alle cure mediche, stessa libertà di espressione e di adesione ai sindacati per l'insieme dei lavoratori del mercato del lavoro. Ciò implica di : •

Costruire un'articolazione migliore fra il mercato del lavoro globalizzato, la politica della migrazione, le misure di accompagnamento alla libera circolazione delle persone (contro il dumping salariale, i subappalti, le modificazioni arbitrarie della scala salariale, e il rafforzamento delle ispezioni) da applicare all'insieme dei lavoratori: lavoratori con o senza passaporto svizzero , con o sans-papiers; richiedenti l'asilo –87.

Rafforzare il diritto al lavoro per lavoratori migranti, i sans-papiers, i richiedenti l'asilo e verificare

87– Vedi a questo proposito, il rapporto della Commissione di gestione del Consiglio nazionale relativo alle misure di accompagnamento della libera-circolazione delle persone, 2001. Diversi casi flagranti di dumping salariale sono stati denunciati dai sindacati (Telecom 1999, costruzioni, CEVA per la Svizzera romanda) Il sindacato Unia ha denunciato salari a Fr. 6.l’ora alla Posta di Berna.

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l'applicazione delle convenzioni collettive di lavoro particolarmente per il salario minimo e sanzioni ai datori di lavoro frodatori. •

Ristabilire il diritto al lavoro per i lavoratori migranti, i lavoratori sans-papiers, i richiedenti l'asilo, alle tariffe generali per i salariati, (compresi i centri e le prigioni, ciò che sottintende la normalizzare dei salari dei prigionieri svizzeri).

• Rafforzare il diritto al lavoro sulla base dell'adeguamento al diritto europeo, ai diritti fondamentali. Questo permetterebbe, per esempio, di sanzionare il non rispetto delle Convenzioni collettive attraverso la falsa l'indipendenza, denunciata dal SECO (15 a 23% di casi fittizi per evitare l'applicazione delle CCL). •

Rafforzare le misure di accompagnamento, elaborare un inventario delle violazioni e sanzionare gli abusi nei confronti dei lavoratori migranti, dei sans-papiers e dei richiedenti l'asilo; con un'attenzione particolare alla situazione delle donne migranti che, non dimentichiamo, sono la maggioranza dei lavoratori migranti oggi nel mondo.

• Portare un'attenzione particolare al lavoro dei bambini fra i migranti, i sans-papiers, i richiedenti l'asilo.

5. Fra tutte le misure per difendere il diritto dei lavoratori, quattro misure che concernono sia l'UE sia la Svizzera meritano un'attenzione particolare e delle azioni urgenti : •

Scudo sociale. Il nuovo trattato europeo proposto durante una riunione dei capi di Stato contiene una clausola di sanzione verso gli Stati che adottassero un budget deficitario di più del 3% del PIB. Perché non introdurre una clausola simile per i diritti sociali alla quale la Svizzera sarebbe chiamata ad aderire nei più brevi termini  ? La Commissione europea applicherebbe una sanzione contro i governi che non assumono un budget sociale sufficiente per sovvenire ai bisogni vitali di ogni persona che vive sul loro suolo. Il parlamento europeo, i parlamenti nazionali, 76


le organizzazioni della società civile (movimento sociale, ONG, associazioni professionali) sarebbero gli organi di controllo di una tale misura urgente.) • Adozione di un salario minimo –88 indicizzato per i disoccupati arrivati al termine del diritto alle indennità.

88– Il cantone di Neuchâtel ha accettato a livello cantonale l’adozione del salario minimo. .

• Controllo e sanzioni del lavoro nero con l'esigenza posta ai datori di lavoro che non rispettano la legge, di risarcire i lavoratori che sfruttano o che hanno sfruttato e proposta di regolarizzazione del soggiorno per quest'ultimi. Un organo paritario (Stato, Sindacato) controlla l'applicazione delle sanzioni contro il lavoro nero (compreso per lavoratori ritornati nel loro paese d'origine) e fa l'inventario e l'analisi del posto occupato dal lavoro nero nel mercato globale del lavoro. 6. Proposta concernente l'articolo 10 della Costituzione svizzera. E' possibile essere pragmatici nei diritti fondamentali per costruire i diritti. Per assicurare il diritto alla vita, alla libertà personale, all'integrità fisica e psichica, tutti i cittadini, tutta la politica statale possono lavorare sistematicamente ad applicare l'articolo 10 della costituzione svizzera a ogni persona residente regolarmente o senza permesso sul territorio svizzero ( valutare e controllare un tale lavoro). Si tratta di un'azione benvenuta, pratica, fattibile rispettosa del principio di reciprocità, di proporzionalità e di universalità. Per non indebolire pericolosamente l'edificio dello Stato di diritto garantito dai diritti fondamentali e controllato dalla « società civile » è indispensabile che l'articolo 10 protegga quindi anche le persone straniere: l'articolo 121 Cst dovrebbe quindi lasciare il posto all'art. 10 e non il contrario, come succede oggi per un gran numero di misure in materia di migrazione e di diritto d'asilo. 7. Unità del genere umano. Lanciare il lavoro di sensibilizzazione in vista dell'iscrizione nel preambolo di ogni testo ufficiale, del principio dell'affermazione e della salvaguardia dell'unità del genere umano da cui dipende la generalità dei diritti nella pratica e nei momenti di revisione della Costituzione federale, delle Costituzioni cantonali 77


e della Costituzione del'UE, per evitare di oltrepassare una soglia di civiltà (l'habeas corpus) alla base dei diritti individuali fondamentali.

8. Principio di ospitalità. Iniziare il lavoro di sensibilizzazione in Svizzera, in Europa, all'ONU in vista di iscrivere, nelle pratiche e nei momenti di revisione costituzionionali, nella Costituzione federale e nelle Costituzioni cantonali e nel preambolo di ogni testo ufficiale, le basi di una politica della pace e del diritto internazionale (Kant), il principio di ospitalità e il diritto soggettivo all'asilo, il diritto d'asilo come un diritto costituzionale.

3. MISURE (9) PER UN NUOVO PARADIGMA DELL'INFORMAZIONE BISOGNO DI UN SAPERE NUOVO DALLA QUANTITA' ALLA QUALITA' La politica della migrazione (del lavoro, degli studi, del diritto d'asilo ecc.) è governata, resa pubblica da una politica dell'informazione securitaria, da cifre, da parolechiave (esempio abusi-flussi) da discorsi che falsificano le rappresentazioni che noi possiamo avere della migrazione, dei fatti alla base della situazione dei lavoratori migranti, degli studenti, delle domande di protezione attraverso i diritto d'asilo ( es. migranti ridotti a un fattore di produzione, peso del modello dei cerchi nella maniera di presentare i fatti, logica dei permessi e precarietà, trattamento di questioni di formazione, di studi, di ricerche sotto l'angolo securitario , uso del termine NEM banalizzato, analisi delle cifre prese sempre nello schema securitario che maschera dei fatti sulla realtà del diritto d'asilo praticato)  –89. Abbiamo bisogno di un nuovo paradigma per la politica dell'informazione sulla migrazione basata sui diritti fondamentali e di nuovi indicatori, di nuove parole, di nuovi mezzi che mettano l'accento sulla qualità, la diversità del comune e l'universalità del fatto della migrazione. La conoscenza della migrazione implica di uscire da un pensiero utilitario della migrazione (fine -mezzi), da un'articolazione fra 78

89– Tafelmacher Christophe, « Quelques vérités sur les statistiques en matière d’asile », journal SOS Asile, n° 101, 4ème trimestre 2011. Vivre ensemble, Lausanne, novembre 2011.


qualità e quantità, da rapporti sociali reali, cioè da quello che costituisce l'ineguaglianza in ogni campo delle vita sociale. 1. Sviluppo di una politica dell'informazione pubblica di qualità. Ciò implica di rifiutare ogni messa in causa della politica di informazione del servizio pubblico. 2. Affinamento di indicatori qualitativi d'insieme per i bisogni fondamentali concreti nella politica dell'espropriazione del comune (lavoro, alloggio, formazione ecc.) e della migrazione. 3. Approfondire le informazioni quantitative e qualitative sull'approccio genere/rapporti sociali di sesso in generale e nella migrazione. 4. Quantificazione e qualificazione dell'apporto dei lavoratori migranti all'economia e alla vita politica, sociale, culturale svizzera. Nel 2009, i migranti rappresentavano il 27.7% della popolazione attiva. Cosa significa quantitativamente e soprattutto qualitativamente questa cifra come apporto all'insieme della vita economica, sociale e culturale ? 5. Quantificazione e qualificazione del costo della politica securitaria dello Stato di polizia (Confederazione, Cantoni, Comuni) in materia di politica straniera e interna. Quantificazione e qualificazione (integrando gli effetti perversi sulla militarizzazione della società`) del costo dei rinvii forzati dalla loro origine e nel loro svolgimento attuale (Confederazione, Cantoni, Comuni). 6. Quantificazione e qualificazione dei bisogni e degli apporti precisi immediati e prospettivi in materia di politica migratoria. 7. Quantificazione e qualificazione dei costi di assistenza (Confederazione, Cantoni, Comuni) che derivano in parte dal divieto di lavorare imposto ai richiedenti l'asilo respinti. Accordare il diritto al lavoro, incoraggia l'autonomia e costa meno caro allo Stato. Valutare dove vanno realmente i soldi dell'assistenza e esigere dai Comuni e dai Cantoni la retrocessione delle quote di assistenza ai richiedenti l'asilo non distribuita. Ne 79


abbiamo avuto un esempio in Vallese. 8. Quantificazione e qualificazione dell'aiuto allo sviluppo e della politica internazionale di pace che è, in particolare, il risultato della formazione dei sans-papiers e dei richiedenti l'asilo durante il loro soggiorno in Svizzera. 9. Quantificazione e qualificazione dei costi del disagio del personale, (condizioni di assunzione, ritmo dei turni, burn out, ecc.) nella politica dei funzionari salariati federali, cantonali, comunali e pubblici che operano nel campo della politica della migrazione (fra cui il diritto d'asilo).

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CONCLUSIONE QUALI AVVERSARI ? QUALE TRADIMENTO ? QUALE SFIDA ? O L’ARTE DI METTERSI A TAVOLA CON IL DIAVOLO

In conclusione, abbiamo bisogno di una filosofia generale di apertura a un solo mondo (One World) che riesca a tradursi in una politica, in misure, in posizioni da conservare e in sogni da vivere. Abbiamo bisogno di pensare insieme Comune, Migrazione, Uguaglianza. Abbiamo bisogno di riappropriarci della politica per creare il comune. Abbiamo bisogno di democratizzare la democrazia. Abbiamo bisogno di identificare l’apartheid, la guerra banalizzata al quotidiano, evidenziando le contaddizioni e facendo fronte ai conflitti. La disapprovazione e la distruzione del comune, la negazione dell’universalità della migrazione e del fatto che la Svizzera è da molti anni un paese di migrazione (immigrazione e emigrazione), la non riconoscenza del fatto che l’universalità della migrazione implica l’esigenza dell’universalità della cittadinanza sono delle constatazioni ricorrenti. Rifiutiamo la banalizzazione della violenza, le logiche di privilegi non egualitari, il superamento delle soglie di civiltà, le manipolazioni, gli attacchi ripetuti al quadro politico, al sistema, (democrazia parlamentare semidiretta), allo Stato, ai diritti, al potere e ai diritti popolari (quadro, immaginario, valori, referenze, diritti, fatti, memoria) alla politica pubblica e all’informazione. Queste menzogne politiche ambigue dissimulano il pericolo dell’avvento di un regime, sistema, Stato securitario, neoconservatore, total-liberal inadatto a far fronte alle sfide contemporanee e che conduce fatalmente al caos. Un simile regime, la cui forza non è unicamente da attribuire all’UDC, incoraggia la concorrenza tra salariati, l’isolamento della popolazione ridotta ad un insieme di consumatori che 82


si sentono superflui. Esso inibisce le capacità innovatrici, i legami, le solidarietà, il dinamismo. Gli attacchi bloccano la messa in opera di una politica del comune, dell’esistenza, del lavoro, della migrazione, della cultura, ecc. Una politica basata sulla giustizia e l’uguaglianza, inquadrata dai diritti fondamentali e in sintonia con il mondo contemporaneo. A partire dal momento in cui il rischio e la realtà non soltanto della violenza di Stato ma anche del delitto di Stato caratterizzano la politica federale svizzera della migrazione (come pure quella dell’UE) con le misure coercitive e i rinvii forzati praticati in questi ultimi anni, la collusione e l’ipocrisia di un sistema di apartheid in materia di politica della migrazione e del diritto di asilo hanno raggiunto i loro limiti. L’apartheid non è più sopportabile. Dagli anni ’70 e poi ’80, si assiste a un degrado politico, a delle violazioni delle soglie di civiltà che aumentano i dilemmi degli agenti pubblici, sconcertano i cittadini e i salariati e mettono in pericolo la politica, lo Stato di diritto, il diritto, i diritti fondamentali. 90– Vedi a questo proposito i bollettini della Piattaforma di scambi di informazioni sulla prigione, l’internamento, le sanzioni penali, la repressione infoprisons@vtxnet.ch Come pure Terr-Ferme (rivista in linea), i dispositivi dell’internamento (prigioni, centri di ritenzione, alloggi obbligati per i lavoratori immigrati o Champ penal (rivista in linea internazione di criminalogia) «  Le traitement de l’immigration entre logique administrative et logique pénale.  » vol. VII, 20102010.

91– L’elezione ginevrina del controllore dei conti Daniel Devaud (alleanza di sinistra per un candidato di Solidarités e alleanza dei partiti di destra con l’UDC) ha dimostrato che un’altra strategia può essere vincente.

I rinvii forzati evocano i corridoi della morte. In un laboratorio di prova, i milionari giocano alla guerra contro i poveri e i dissidenti. La pena di morte non esiste piû in Svizzera ed è oggetto di una campagna internazionale all’ONU. Attualmente, in Svizzera, non è un tema apertamente populista. In realtà, è tuttavia applicata l’adozione di dispositivi e di pratiche che, utilizzati in materia di politica di migrazione e nel sistema carcerario svizzero d’altra parte –90, non possono evitare la morte e la tortura. Fare un patto con il diavolo piuttosto che un patto del comune basato sull’uguaglianza, procedere sul suo stesso terreno, non è una strategia vincente politicamente parlando. Può addirittura apparire come un segno di debolezza, come una strategia perdente. –91 Tutte le strategie e tutte le pratiche di violazione dei diritti fondamentali in materia di politica degli « stranieri » e del diritto di asilo, in nome dello Stato di diritto e dello Stato di emergenza delle più alte autorità del paese, rappresenta un grave e più generale pericolo. Una situazione di privilegi, di non diritto senza limiti viene ad installarsi, si banalizza 83


per poi diventare legittima. Lo Stato, i diritti, le autorità sono allora delegittimati come avviene in altri settori della sociètà.–92 Tutto questo in un contesto di saccheggio delle risorse del pianeta in cui capitalismo finanziario e cinismo vanno di pari passo e dove la tortura è praticata al più alto livello nelle prigioni segrete organizzate dagli Stati, come ha sottolineato il consigliere agli Stati Dick Marty. La fiducia e la legittimità vengono meno quando i responsabili politici transigono sulle basi della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali oltrepassando le soglie di civiltà. Il disagio e la vergogna che provano i salariati del servizio pubblico costretti ad applicare certe misure è un serio segnale d’allarme. Un altro pericolo sorge quando le forze sociali e i movimenti sociali che si battono passo dopo passo per salvaguardare i diritti fondamentali sono costretti a denunciare lo Stato di diritto che viola le proprie leggi. Essi si sentono traditi. Cos’è il tradimento ? Il tradimento in questo caso è la non reciprocità nell’impegno per la giustizia, il rifiuto di oltrepassare i limiti e la mancanza di coraggio politico per non cedere all’opportunismo, all’elettolarismo, al cinismo. La rinuncia a far prova di resistenza. Nei movimenti sociali ci sono persone disperate e disgustate. Non bisogna sottovalutare la stanchezza e il pericolo del passaggio banalizzato alla violenza per disperazione (passaggio all’azione, suicidi). Le autorità hanno il dovere di offrire delle prospettive credibili di speranza, di coraggio, di responsabilità a tutti i cittadini, a tutte le generazioni di questo paese e in particolare ai giovani alla ricerca di un orizzonte di vita. Dato che qualsiasi descrizione è già un’interpretazione  –93 non è sufficiente denunciare gli atti di apartheid e di violenza con la rassegnazione che fa appello alla neutralità « scientifica ». Non è sufficiente denunciare le derive poiché qualsiasi denuncia rischia di perfezionare ciò che è denunciato o di spingere ad invocare il dovere di ubbidienza alla gerarchia e il dovere di riserva dei funzionari pubblici. Occorre fare un lavoro d’informazione, di conoscenza, di comprensione e di valutazione della posta in gioco, come dice Hannah Arendt. Per mettersi a tavola con il diavolo bisogna avere un cucchiaio più lungo del suo. Numerose sono le vie 84

92– Possiamo legare questo procedimento a altre dichiarazioni sulla « non governabilità » l’impotenza dello Stato. «  I governi non dirigono il mondo. E’ Goldmann-Sachs che dirige il mondo. Per noi i trader, non ha nessuna importanza che l’economia vada bene o male. Il nostro job è di guadagnare soldi in qualsiasi situazione. Quando vedo un’opportunità, l’acchiappo. Personalmente sogno di questi momenti da tre anni. Ogni sera andando a dormire, sogno di un’altra recessione. Perché  ? Sapete, la depressione degli anni 1930 non era semplicemente un mercato che crolla, c’erano tante persone pronte ad approfittarne. Tutti possono approfittarne, non è riservato a un’elite. Quando l’euro e le grandi Borse crollano, potete guadagnare tanti soldi, per esempio investendo in buoni del tesoro  » Alessio Rastani, trader londinese, dichiarazioni alla BBC, 25.09.2011.

93– Ogni descrizione dell’orrore comporta il pericolo di un certo della violenza e dell’immobilismo fatalista. Vedi a questo proposti le ricerche sulle forme delle propagande naziste e fasciste.


della resistenza abile e immaginativa. Un pasto in comune intorno al tema della filosofia di apertura a un solo mondo (One World) non è forse un’occasione allegra e conviviale ? Come Ulisse, dobbiamo resistere al fascino del canto delle sirene, dobbiamo prendere sul serio le angosce profonde dell’epoca in cui viviamo, riflettere e riprendere l’iniziativa. Non dobbiamo più lasciarci imporre la menzogna, il cinismo, l’odio e la guerra nelle nostre vite. Impegnamoci a riflettere, a ridefinire il territorio del comune e a formulare un progetto di democratizzazione della democrazia che passi dalla riappropriazione del comune, unico mezzo per praticare l’apertura a un solo mondo (One World). L’avvenire è a questo prezzo. La Svizzera e l’Europa di domani hanno bisogno della spinta, dell’orizzonte e dell’utopia di questa rivoluzione creatrice.

Marie-Claire CALOZ-TSCHOPP, Paris-Genève, http://exil-ciph.com Graziella DE COULON, Lausanne, http://www.sosf.ch Christophe TAFELMACHER, Lausanne, http://www.djs-jds.ch

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ANNEXES GUILLAUMIN Colette, La théorie est-elle une chasse gardée ? Qu’est-ce que la théorie ? Extrait d’un texte de sociologie. RIGAUX François, Quelle force au service de quel droit ? Article de droit. 86



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