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Editoriale
MALATTIE RARE Marzo 2015
a cura di
EDITORIALE Una rete di eroi, dalla famiglia alle associazioni di pazienti
ORIZZONTI
Farmaci Orfani, che cosa ci aspettiamo dal 2015 Il portale delle malattie rare e dei farmaci orfani www.orphanet.it
FOCUS
L’endocrinologo e le patologie rare: l’importanza della diagnosi
SCENARI
Sindrome di Cushing e sindrome di Morquio, le nuove terapie
NEWS
Ipercolesterolemia familiare, una patologia non solo per gli over 50
FOCUS
Mobilità transfrontaliera e European Reference Network
Nessuna malattia è così rara da non meritare attenzione.
Questo supplemento è stato realizzato da Fonema Comunicazione srl Le Scienze non ha partecipato alla sua realizzazione e non ha responsabilità per il suo contenuto
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malattie rare
Editoriale
EDITORIALE “V ivere con una malattia rara: Giorno per giorno, mano nella mano”, è lo slogan della Giornata delle Malattie Rare 2015, creata e coordinata da EURORDIS e organizzata con le Federazioni Nazionali per le malattie rare di tutto il mondo. Lo slogan pone l’accento non solo sul paziente, che rimane comunque e sempre al centro, ma anche su tutti coloro che lo circondano e che, in modi diversi, vengono toccati dalla malattia. Se i malati rari sono circa 2 milioni, le persone che devono farsene carico sono almeno altrettante, o probabilmente molte di più. A essere chiamata in causa è in primo luogo la famiglia, principalmente i genitori visto che le malattie rare sono soprattutto pediatriche, ma non solo.
Tempo fa una giornalista, che è anche una paziente con diverse malattie rare, ha chiamato queste persone “Gli eroi” e ha dato una spiegazione che mi ha molto colpito. “Sono una Malata Rara - ha raccontato Gabriella Fogli in un articolo sulla testata ‘Superando’ - anzi ho diverse Patologie Rare, insieme ad altre indotte dai farmaci per alleviare i sintomi delle prime, e potete definirmi come volete, ma mai come un’eroina! Gli eroi sono altro, gli eroi scelgono di correre un rischio a costo della loro vita per salvarne altre, ma nessuno di noi ha scelto di essere malato, nessuno lo sceglie. Te lo trovi addosso all’improvviso, se non addirittura alla nascita, e vivere con una malattia rara è un percorso
di sofferenza, di dolore, di silenzio. Credo solo che siamo persone come tutti, e già considerarci così sarebbe un grande passo avanti. La disabilità, la malattia non rendono migliori, anzi, a volte è talmente difficile accettare certe situazioni che si assumono degli atteggiamenti più crudi. La malattia, la disabilità sono una grande prova e prevedono un adattamento alla realtà che, nel caso di patologie degenerative, è praticamente continuo, include tutta la famiglia, e non è detto che tutti siano pronti ad accettarlo. Il dolore tira fuori il meglio o il peggio, non fa sconti. O lo accetti e ti adegui oppure lo rinneghi e ti incattivisci. Se ci sono “eroi” in queste storie, sono i papà e le mamme che accudiscono con amore e sacrifici continui il loro bambino, o i coniugi che si dedicano anima a corpo al proprio congiunto. Questi sono “Gli eroi della storia”, quelli che portano un grande peso per scelta, perché tanti scappano, non tutti sono capaci di vivere a contatto con il male. Noi ci siamo ritrovati nella malattia, non l’abbiamo scelta, non abbiamo voluto diventare o nascere disabili. Ma chi ti ama e sceglie di restare al tuo fianco è un angelo che ha nascosto le ali”. Questa ‘rete di mani’ a volte, è solo una micro comunità informale, ed è fatta di genitori, parenti, amici, infermieri, medici e assistenti, a volte si struttura e può diventare un’associazione, che nasce per aiutare una persona e poi offre i suoi servizi e l’esperienza a tanti altri nelle stesse condizioni. Queste associazioni oggi hanno un valore
OSSERVATORIO
malattie rare O.Ma.R. O.Ma.R. è la prima agenzia giornalistica nazionale, dedicata al mondo delle malattie e dei tumori rari, accreditata tra le maggiori fonti di informazione su ricerca scientifica, assistenza, sperimentazioni ed iniziative delle associazioni. Questo risultato è dovuto ad una attenta verifica delle fonti d’informazione e alla chiarezza di linguaggio che rende i contenuti scientifici comprensibili a un ampio target. Il portale www.osservatoriomalattierare.it ha la certificazione Hon Code per l’affidabilità dell’informazione medica.
Ilaria Ciancaleoni Bartoli Direttore O.Ma.R.
insostituibile: sono un punto di riferimento, danno informazioni, aiutano a svolgere pratiche, a volte organizzano servizi, sostengono la ricerca, sensibilizzano l’opinione pubblica, e nel far tutto ciò accumulano un’esperienza enorme. Un bagaglio di grande valore che viene poi messo a disposizione non solo dei pazienti ma anche dei medici, dei servizi sociali, dei ricercatori, delle aziende farmaceutiche, dei politici e delle autorità di regolamentazione. Sono sempre più i tavoli sanitari e istituzionali che coinvolgono le associazioni, una buona pratica che permette di agire in modo davvero informato, un’abitudine da incentivare perché laddove le associazioni sono coinvolte le cose funzionano molto meglio. Ilaria Ciancaleoni Bartoli
Ilaria Ciancaleoni Bartoli Laureata in scienze politiche e specializzata in relazioni pubbliche dal 2010 decide di concentrarsi sulle malattie rare. Da qui la nascita del quotidiano on line Osservatorio Malattie Rare.
Ilaria Vacca
Laureata in Filosofia e specializzata in bioetica, ha scelto la strada del giornalismo scientifico e sociale. Coordinatore editoriale di O.Ma.R., è appassionata di medical drama e social media. La trovate su twitter: @vivosunamela.
Francesco Fuggetta
34 anni, laureato in Scienze della Comunicazione alla Nottingham Trent University, ha scritto su Libero e L’Unione Sarda. Per due anni addetto stampa dell’Azienda Sanitaria di Carbonia, collabora con O.Ma.R. dal 2014.
Un’iniziativa
COMMUNITY La prima piattaforma in linea dedicata a ricercatori, pazienti e sostenitori per condividere la conoscenza e promuovere la ricerca sulle malattie rare e orfane. Tramite “micro-donazioni” potete anche voi contribuire alla cura dei vostri cari. www.react-community.org Una pubblicazione realizzata da Fonema Comunicazione srl • Editorial manager: Giuseppe Burzo • Project director: Ginevra De Fassi Negrelli • Redazione: redazione@fonemacomunicazione.com, O.Ma.R. • Contatti: www.fonemacomunicazione.com - info@fonemacomunicazione.com Tel. +39 0692948749 - Fax +39 0692932720 Fonema Comunicazione @FonemaC Impaginazione e grafica: Fabio Salamida • Stampa: RDS webprinting Srl • Distribuzione: Le Scienze • Carta Giornale Migliorato ISO 72° da 55 gr/mq
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Indice
INFOGRAFICA Le Associazioni di Pazienti
per le Malattie Rare in Europa e in Italia
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INDICE
FONTE ISS Istituto Superiore di Sanità
ORIZZONTI
FOCUS
SCENARI
FOCUS
farmaci orfani, facciamo chiarezza
malattie rare endocrinologiche: non solo tiroide
sindrome di cushing, attenzione all’aumento di peso improvviso
reti europee di riferimento per le malattie rare: a che punto siamo?
PAGINA 6
PAGINA 8
NEWS
la partnership tra profit e non profit per lo sviluppo di nuove terapie
farmaci orfani: si punta sulle malattie rare da accumulo lisosomiale PAGINA 4
NEWS screening neonatale, troppi bambini privati di una chance di vita PAGINA 5
ipofosfatasia – in arrivo la nuova terapia di sostituzione enzimatica
sindrome di morquio, dopo anni d’attesa disponibile la terapia
NEWS
NEWS
fibrosi cistica, lifc tutela i pazienti e promuove nuovi percorsi per il trapianto polmonare
ipercolesterolemia familiare, quando il colesterolo può uccidere in giovane età
PAGINA 7
da sintomi comuni a patologie rare: le vasculiti autoimmuni PAGINA 9
PAGINA 10
tumori rari: passi in avanti nella ricerca sui farmaci orfani. e in italia nasce un’associazione per la formazione dei medici
malattie rare, bianconi: con la nuova aifa accesso più veloce alle terapie PAGINA 11
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malattie rare
Orizzonti
FARMACI ORFANI, FACCIAMO CHIAREZZA Il termine ‘Farmaci Orfani’ (FO) può trarre in inganno. Come ‘malattie rare’ può far pensare che queste patologie riguardino pochissime persone, così l’appellativo ‘orfano’ può evocare molecole abbandonate dalla ricerca o non più prodotte. Le cose non stanno così. La cosa di cui sono veramente orfani questi farmaci sono i pazienti, perché ognuno è destinato a pochi malati. Non sono orfani di ricerca né della volontà delle aziende di produrli. Una volontà che fino ad oggi si è potuta sviluppare e ha potuto raggiungere successi terapeutici grazie ad una legislazione favorevole. ‘Farmaco orfano’, traduzione di ‘Orphan Drug’
(termine nato nel 1983 negli USA con l’adozione dell’Orphan Drug Act e solo anni dopo adottato dall’UE) è infatti una ‘etichetta’ – in linguaggio tecnico ‘designazione’ – data in Europa dall’EMA in base a precise caratteristiche. Deve essere destinato a patologie con una prevalenza non superiore a 5 su 10.000, deve riguardare una malattia mortale o gravemente invalidante e non devono esserci altre terapie autorizzate di pari efficacia. Insieme alla designazione scattano alcuni ‘benefici’, come un periodo di esclusività di mercato e riduzione di alcuni costi. Senza questi benefici le aziende non potrebbero impegnarsi in questo
campo. A farne le spese sarebbe la ricerca, privata di uno sbocco di trasferimento, ma soprattutto i pazienti. Questi sarebbero privati non solo di una terapia, ma anche di tante altre conoscenze che si accumulano nel percorso di sviluppo di un farmaco. Spesso infatti, prima di arrivare alla terapia, bisogna approfondire i meccanismi della malattia e non è raro che le aziende sostengano in parte anche questo tipo di ricerca. Poi, una volta individuata la possibile molecola, bisogna cercare i pazienti idonei per la sperimentazione: in una malattia rara può essere davvero complicato. Nel frattempo si raccolgono informazio-
ni sull’incidenza e possono nascere dei registri. Va infine considerato che mentre tutto questo lavoro di ricerca di dati e pazienti va avanti le cose possono andare male: mediamente due molecole su tre falliscono prima di arrivare sul mercato. È chiaro che senza una legislazione favorevole spese e rischi del genere non sarebbero sostenibili nel campo delle malattie rare: sarebbero i pazienti a rimanere ‘orfani’ di terapie. È per questo che i Farmaci Orfani devono continuare a essere protetti e incentivati, sia a livello comunitario quanto, per quanto possibile, a livello di legislazione nazionale. Ilaria Ciancaleoni Bartoli
LA PARTNERSHIP TRA PROFIT E NON PROFIT PER LO SVILUPPO DI NUOVE TERAPIE Nonostante i particolari rischi l’impegno delle aziende farmaceutiche nel settore dei Farmaci Orfani sta crescendo. La loro attività non si limita alla produzione e commercializzazione, ma interviene già nella fase di ricerca. Una ricerca che sempre più viene condotta con l’importante collaborazione del mondo dei pazienti e del non profit. In Italia l’esempio eccellente è quello rappresentato degli accordi che Telethon, la fondazione che raccoglie fondi e li investe in progetti di ricer-
ca di alto livello, ha stretto con alcune aziende attive nel settore delle malattie rare. Al momento questi accordi esistono con tre diverse aziende e in alcuni progetti finanziati sono stati già ottenuti risultati eccellenti. L’ultimo accordo riguarda la ricerca sull’emofilia A e B ed è finalizzato ad arrivare a correggere le cause di questa malattia che per ora può essere solo tenuta a bada con la costate assunzione di farmaci. Se i progetti di ricerca, il cui costo sarà sostenuto dall’azienda partner,
andranno a buon fine, questa potrà, in futuro, esercitare l’opzione esclusiva a livello mondiale per sviluppare e commercializzare la terapia. Non molto diverso è il modello adottato negli USA dalla Cystic Fibrosis Foundation. La fondazione da circa 15 anni finanzia economicamente la ricerca farmaceutica: negli anni sono arrivati a raccogliere ben 150 milioni di dollari dando un contributo essenziale alla messa a punto del primo farmaco in grado di trattare le cause della Fibrosi Cistica.
Ora la fondazione, in base ad accordi fatti in precedenza, avrà le royalties derivanti dalla commercializzazione del nuovo farmaco, frutto della ricerca di una azienda farmaceutica americana, e potrà così lanciarsi in nuove attività di sostegno ai pazienti con Fibrosi Cistica. A questo modello è stato dato il nome di ‘Venture Philanthropy’, un altro esempio di come la sinergia privato - non profit possa poi tradursi in vantaggi concreti per i pazienti. Ilaria Ciancaleoni Bartoli
FARMACI ORFANI: SI PUNTA SULLE MALATTIE RARE DA ACCUMULO LISOSOMIALE L’attenzione delle case farmaceutiche verso le malattie rare è in crescita: alcune decidono di concentrare parte dei loro sforzi sulla ricerca e sulla sperimentazione di nuovi farmaci orfani, altre fanno la scelta coraggiosa di puntare solo su questi. Un’azienda biofarmaceutica statunitense ha individuato un campo d’azione ancora più ristretto: il trattamento delle malattie da accumulo lisosomiale, un gruppo di circa 50 patologie causate da un’alterazione dei lisosomi. Una di queste è il deficit di lipasi acida lisosomiale, una rara malattia causata dalla carenza dell’enzima LAL, che provoca un accumulo di trigliceridi e colesterolo nell’intestino, nel fegato e in altre parti del corpo. Per questa patologia è stato prodotto il sebelipase alfa ed è stato recentemente avviato uno studio multicen-
Un’azienda biofarmaceutica statunitense ha individuato un campo d’azione ancora più ristretto: il trattamento delle malattie da accumulo lisosomiale, un gruppo di circa 50 patologie causate da un’alterazione dei lisosomi. trico di identificazione del paziente in una popolazione a rischio. Il trial è stato progettato per l’iscrizione di 10mila pazienti a rischio in circa 100 centri di sperimentazione clinica in 12 paesi: i primi sono già stati arruolati e l’azienda prevede di completare lo studio nel 2016. Anche la mucopolisaccaridosi III B (nota anche come sindrome di Sanfi-
lippo B) è una devastante malattia da accumulo lisosomiale, caratterizzata da un grave e rapido deterioramento mentale. I primi sintomi compaiono fra i 2 e i 4 anni, con dismorfismi, disturbi del sonno e del comportamento (ipercinesia e aggressività). Il coinvolgimento neurologico diviene più evidente intorno ai 10 anni, con perdita delle capacità motorie, problemi di comunicazione e convulsio-
ni. È stata recentemente inoltrata ed accettata dalla Food and Drug Administration una domanda di valutazione del farmaco SBC-103 come trattamento sperimentale. Si prevede di iniziare a breve l’iscrizione di pazienti in uno studio di fase 1-2 per indagare la somministrazione endovenosa del farmaco, e di riferire i dati preliminari di questo studio nell’anno in corso. Francesco Fuggetta
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News
SCREENING NEONATALE, TROPPI BAMBINI PRIVATI DI UNA CHANCE DI VITA Nelle malattie rare una diagnosi corretta e tempestiva può significare la differenza tra la vita e la morte, tra la salute e la disabilità gravissima. Alcune patologie sono praticamente impossibili da diagnosticare prima della comparsa dei sintomi, ma molte altre possono essere individuate alla nascita. Basta infatti il prelievo di una sola goccia di sangue per effettuare, entro le prime 72 ore di vita, lo screening neonatale allargato.
Il test è in grado di individuare la presenza di oltre 40 diverse malattie metaboliche, che possono essere curate con terapie dietetiche o farmacologiche, che dovranno essere seguite per tutta la vita, ma garantiranno a questi bambini un futuro privo di disabilità motorie o intellettive. Queste patologie sono infatti dovute ad errori congeniti in alcuni geni che regolano gli enzimi necessari a metabolizzare le proteine, i grassi e gli zuccheri contenuti negli alimenti, in altri composti utili, oppure in sostanze più semplici allo scopo di ricavarne energia. Un’alterazione del gene causa l’assenza dell’enzima, con conseguente ridu-
zione della produzione di energia. Per alcune malattie metaboliche il danno è dovuto principalmente alla carenza di un prodotto importante che non viene più sintetizzato. Per altre invece all’accumulo di metabolici che risultano tossici, oppure per entrambi i meccanismi.
In Italia lo screening viene garantito dalla Legge 104 del 1992, ma solo ed unicamente per tre patologie: Ipotiroidismo Congenito, Fenilchetonuria (PKU) e Fibrosi Cistica, delegando
alle Regioni la possibilità di ulteriori inclusioni: alcune sono andate molto oltre, la maggior parte no. Nel 2012 sono nati 534.000 bambini, ma solo a 159.000 di questi è stato fatto lo screening allargato: meno di 1 bimbo su 4. Le recenti Raccomandazioni della Commissione Europea invitano gli Stati membri a istituire in via prioritaria uno screening neonatale generalizzato per le malattie rare ma gravi, per le quali esiste una cura. L’Italia
ha cominciato a muoversi da poco. A fine novembre 2013 la Senatrice Paola Taverna (M5s) ha presentato un DDL firmato da rappresentanti di tutti gli schieramenti politici che mirava a superare le diseguaglianze regionali; nella legge di stabilità per il 2014 un emendamento in questo senso è stato accolto e finanziato. Nella legge di stabilità per il 2015 è arrivato un ulteriore finanziamento. Manca però ancora un decreto attuativo e l’attuazione della norma è ancora lontana. Il Ministro Lorenzin ha recentemente espresso la volontà di inserire all’interno dell’aggiornamento dei LEA, Livelli Essenziali di Assistenza, anche gli screening: se così fosse la messa in pratica di questo principio di prevenzione riceverebbe un enorme impulso. A oggi tuttavia lo screening metabolico allargato non è ancora un diritto, i bambini continuano a nascere e ogni giorno in più senza screening potrebbe essere fatale per ciascuno di loro. Il tempo, che sta passando soprattutto per motivi di denaro pubblico, per questi bambini equivale a una chance di vita. Ilaria Vacca
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Focus
MALATTIE RARE ENDOCRINOLOGICHE: NON SOLO TIROIDE
Andrea Lenzi
Professore ordinario di Endocrinologia dell’Università “La Sapienza” di Roma e PresidenteEletto della Società Italiana di Endocrinologia
Maria Luisa Brandi
Professore ordinario di endocrinologia all’Università di Firenze e coordinatrice del Club su Malattie Rare della Società Italiana di Endocrinologia
Tumori rari, disordini metabolici minerali e ossei, patologie legate a squilibri ormonali, malattie di pancreas, surreni e tiroide: tutte queste patologie possono essere diagnosticate solo da un endocrinologo esperto. Certamente associamo la figura dell’endocrinologo alle patologie tiroidee, ma questo indispensabile specialista si occupa quotidianamente anche di una lunghissima serie di patologie rare. “Le malattie rare endocrinologiche sono tantissime – spiega Andrea Lenzi, Professore ordinario di Endocrinologia dell’Università “La Sapienza” di Roma e Presidente-Eletto della Società Italiana di Endocrinologia – ne abbiamo classificate ben 346. Si tratta di un gruppo di patologie eterogeneo, che comprende tumori rari, disordini metabolici minerali e ossei, patologie legate a squilibri ormonali, patologie di pancreas, surreni, paratiroide. Cer-
tamente ci sono anche le patologie tiroidee, ma sono solo le più note, la punta dell’iceberg.”
L’ipofosfatasia è una malattia ultra-rara, caratterizzata da un difetto genetico di mineralizzazione che coinvolge le ossa e i denti, e da un deficit della fosfatasi alcalina sierica e ossea. Può presentarsi sotto forme molto diverse: alcune maligne, che comportano la morte neonatale, altre benigne. Nelle forme meno gravi
la patologia comporta perdita prematura dei denti, sintomi scheletrici, bassa statura, dolore articolare.
Si tratta di patologie, per lo più geneticamente determinate, di difficile diagnosi e per le quali spesso si accumula un ritardo diagnostico che può arrivare anche a 10 anni. “Riconoscere una patologia rara può essere difficile, ma da quel riconoscimento dipende la salute del paziente. Per questo motivo abbiamo realizzato una classificazione completa, che per ogni patologia riporta fenotipo, marcatori biologici, età di manifestazione, incidenza, prevalenza e bibliografia di riferimento. Si tratta di uno strumento prezioso, che potrà aiutare gli endocrinologi nella loro pratica quotidiana.” Il mancato riconoscimento di una
patologia, o l’errata diagnosi, possono cambiare completamente la vita dei pazienti. “Basti pensare ai casi in cui vengono eseguiti trattamenti chirurgici inutili, oppure ai drammatici casi in cui un tumore benigno non viene individuato e, col tempo, si trasforma in neoplasia maligna e aggressiva – spiega Maria Luisa Brandi, dell’Università di Firenze, esperta di patologie rare endocrinologiche - Per questo è fondamentale che i colleghi comprendano quanto è importante il nostro lavoro nell’ambito delle malattie rare e quanta responsabilità abbiamo sulle nostre spalle. Quando un paziente arriva da noi con un’anomalia endocrinologica abbiamo il dovere di indagare sulla sua storia familiare, sulla specificità della sua condizione. Non possiamo fermarci alle apparenze, rischiando di sottoporre i pazienti a interventi inutili, se non dannosi.”
Le 11 tavole, pubblicate sulla rivista Journal of Endocrinological Investigation, sono la risposta della SIE a una fortissima necessità di informazioni sulle malattie rare. La classificazione potrebbe inoltre essere utile per la catalogazione delle patologie rare endocrinologiche a livello ministeriale, considerando che molte di queste sono oggi prive di riconoscimento e codifica a livello nazionale.
nirà al paziente l’enzima mancante. Progettato per ripristinare il processo metabolico difettoso, asfotase alfa ha dimostrato di poter prevenire o rallentare le gravi conseguenze della malattia. Il farmaco ha già ottenuto nel 2013 la designazione di terapia altamente innovativa negli USA, ma non è ancora stato approvato in via
definitiva in Europa per il trattamento dei pazienti. Tuttavia nel corso del mese di marzo è prevista la presentazione di nuovi dati che dimostrerebbero come la terapia sia in grado di migliorare la capacità dei pazienti di compiere attività quotidiane e di ridurre il dolore causato dalle conseguenze della patologia.
“Educare gli endocrinologi alla conoscenza delle patologie rare – conclude Lenzi – è compito della SIE. In futuro vorremmo però mettere a disposizione questo strumento anche ai medici di medicina generale, impegnati in prima linea. Il documento, ora disponibile su richiesta alla SIE, sarà presto disponibile anche online sul sito web www.societaitalianadiendocrinologia.it.” Ilaria Vacca
IPOFOSFATASIA – in arrivo la nuova terapia di sostituzione enzimatica
Ad oggi per questa malattia non esiste una terapia risolutiva, ma fortunatamente è in arrivo un nuovo farmaco che permetterà la ‘terapia enzimatica sostitutiva’, ovvero for-
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News
FIBROSI CISTICA, LIFC TUTELA I PAZIENTI E PROMUOVE NUOVI PERCORSI PER IL TRAPIANTO POLMONARE La Fibrosi Cistica è una malattia genetica rara causata dalla mutazione del gene CFTR, che produce una proteina difettosa, con conseguenti danni a diversi organi. I più colpiti sono bronchi, polmoni e pancreas, ma sono interessati anche intestino e fegato. Negli uomini la malattia comporta anche l’infertilità. A sostenere i diritti dei pazienti c’è la LIFC, Lega Italiana Fibrosi Cistica, attiva da moltissimi anni a tutela di tutti gli aspetti della qualità di vita dei malati e delle loro famiglie. Primo su tutti quello legislativo, che recentemente è stato messo a serio rischio. “La legge 548 del 1993, dedicata alla prevenzione e cura della FC, è stata messa in dubbio dalla Legge di stabilità 2015 – spiega Gianna Puppo Fornaro, Presidente LIFC – che prevedeva infatti che i fondi fino ad ora ‘dedicati’ alla FC dalla Legge 548 finissero nel calderone della quota indistinta del fabbisogno sanitario standard nazionale. La 548 prevede invece che i fondi dedicati siano ripartiti in base all’effettivo numero dei pazienti presenti in regione. La LIFC ha immediatamente denunciato i rischi connessi a questa proposta
legislativa e, grazie alla grande sensibilità dimostrata dalle Commissioni Bilancio e Sanità dei due rami parlamentari, è stata introdotta una disposizione che fa salvo, per gli interventi di prevenzione e cura della Fibrosi Cistica, il criterio già adottato di riparto in base alla consistenza numerica dei pazienti assistiti nelle singole regioni, alla popolazione residente, nonché alle documentate funzioni dei centri ivi istituiti, tenuto conto delle attività specifiche di prevenzione, cura e, dove attuata e attuabile, di ricerca.” Oltre a vegliare sul rispetto delle leggi in vigore la LIFC è da sempre attenta a tutte le esigenze dei pazienti: quelle assistenziali, ma anche quelle terapeutiche. Per questo motivo la LIFC ha istituito il Patients Advisory Board, avente come finalità principale la definizione e il lancio di strategie di ricerca con forte ricaduta sui bisogni e sulle necessità dei pazienti con FC e delle loro famiglie. “Vogliamo creare un’interfaccia tra il mondo dei pazienti e il mondo scientifico - spiega la presidente - identificando quelle linee di ricerca che sono vicine ai reali interessi delle persone coinvolte nella FC. Per
Franco Valenza
Dipartimento di Fisiopatologia Medico-Chirurgica e dei Trapianti, Università degli Studi di Milano, Fondazione IRCCS Ca’Granda Ospedale Maggiore Policlinico
questo supportiamo la ricerca farmacologica e quella clinica, sperando di offrire ai pazienti terapie sempre più efficaci.” Ad oggi infatti, nonostante i grandi progressi della ricerca, non esiste una cura risolutiva per la FC e la sopravvivenza dei pazienti dipende principalmente dalle condizioni dell’apparato respiratorio che tendono comunque a deteriorarsi nel tempo. “Circa il 15% dei pazienti ha necessità di un trapianto polmonare – spiega il Prof. Franco Valenza, del Policlinico di Milano – ma la disponibilità attuale di organi in Italia è nettamente
inferiore alle richieste. Questa pressante ricerca ha spinto centri come il nostro ad ottimizzare le limitate risorse attraverso la realizzazione di modelli organizzativi dedicati. Tra questi è recentemente emerso il ruolo del ricondizionamento di polmone ex-vivo (EVLP). Si tratta di una serie di procedure che fanno sì che i polmoni vengano offerti al paziente nelle migliori condizioni possibili. Le procedure eliminano dai polmoni l’eccesso di acqua e ne migliorano la ventilazione. Talvolta permettono di trattare gli organi con antibiotici, per prevenire infezioni potenziali. ”Gli organi così trattati hanno dimostrato di essere almeno pari a quelli non trattati (se non addirittura migliori) e il percorso permette una migliore valutazione oggettiva della funzionalità polmonare. “Tale tecnica – conclude Valenza – permette di incrementare la disponibilità di organi almeno del 20%. Per un paziente in attesa di trapianto può rappresentare la differenza tra la vita e la morte. A Milano abbiamo effettuato circa 20 trattamenti, con ottimi risultati, in particolare nei pazienti affetti da Fibrosi Cistica”. Ilaria Vacca
THE SCIENCE of POSSIBILITY
Vertex è impegnata a creare nuove possibilità di trattamento in medicina per migliorare la vita dei pazienti. Lavoriamo con i migliori ricercatori, medici, esperti di salute pubblica e altri professionisti che condividono la nostra visione, per trasformare la vita delle persone affette da gravi patologie e quella delle loro famiglie.
© 2015 Vertex Pharmaceuticals Incorporated | VERTEX e il logo triangolo VERTEX sono marchi di Vertex Pharmaceuticals Incorporated. VXR-IT-00-00024. 02/2015
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Scenari
SINDROME DI CUSHING, ATTENZIONE ALL’AUMENTO DI PESO IMPROVVISO Aumento improvviso e importante di peso, irsutismo, caduta dei capelli. Segnali evidenti di uno squilibrio ormonale, che potrebbe essere causato da una rara patologia: la Sindrome di Cushing. Causata nel 90% dei casi da un tumore ipofisario, è legata all’eccesso di adrenocorticotropina (ACTH), ormone che stimola le ghiandole surrenali a produrre cortisolo, che viene liberato a dismisura nell’organismo. “Colpisce generalmente giovani donne tra i 20 e i 30 anni – spiega Annamaria Colao, Professore di Endocrinologia del Dipartimento di Medicina Clinica e Chirurgia dell’Università Federico II di Napoli – che come principale sintomatologia presentano un aumento di peso caratteristico: il grasso cor-
poreo aumenta sulla linea dell’ombelico, sul volto e dietro il collo. Le pazienti presentano parallelamente un assottigliamento di gambe e braccia, ma possono presentarsi anche irsutismo, caduta di capelli, fragilità dei vasi sanguigni. Nei casi più gravi la sindrome si accompagna poi a diabete e ipertensione”.
La sindrome di Cushing può essere trattata chirurgicamente, ma la terapia chirurgica fallisce in un caso su due per l’elevata complessità del quadro patologico o per le recidive. Da qualche mese però è stato approvato in Italia il primo trattamento con specifica indicazione di questa malattia: si tratta del pasireotide, un nuovo analogo della somatostatina
somministrato per via sottocutanea. È stato approvato per il trattamento dei pazienti Cushing in età adulta per i quali l’intervento chirurgico si è rivelato inefficace. “L’efficacia di pasireotide, oltre al netto miglioramento della qualità di vita dei pazienti, permetterà di evitare il ricorso a un secondo intervento chirurgico in caso di fallimento del primo, risparmiando danni all’ipofisi, e rendere inoltre non più necessaria la rimozione delle ghiandole surrenali”. La Cushing colpisce circa 2000 pazienti in Italia, con un pesante impatto sulla loro vita quotidiana. A supporto delle pazienti opera A.N.I.P.I. Italia, Associazione Nazionale Patologie Ipofisarie (www.anipi-italia.org). Ilaria Vacca
Annamaria Colao
Professore di Endocrinologia del Dipartimento di Medicina Clinica e Chirurgia dell’Università Federico II di Napoli
SINDROME DI MORQUIO, dopo anni d’attesa disponibile la terapia La sindrome di Morquio è una malattia genetica rara da accumulo lisosomiale, facente parte del gruppo delle mucopolisaccaridosi. È causata dalla mutazione del gene GALNS, che comporta la carenza (o l’assenza) di un enzima che impedisce il corretto smaltimento di alcune sostanze che così tendono ad accumularsi nei lisosomi, determinando un’alterazione nello sviluppo osseo e, successivamente, danni neurologici. La patologia si presenta infatti, tra i 2 e i 4 anni, con un ritardo nello sviluppo psicofisico. Può assomigliare alla condizione che definiamo ‘nanismo’, ma può presentarsi anche con disturbi della deambulazione, instabilità della colonna vertebrale, epatosplenomegalia, deficit alla
È possibile la disponibilità della terapia a carico del SSN senza attendere il completamento dell’iter di prezzo e rimborso vista e all’udito e riduzione dell’aspettativa di vita. La patologia può essere diagnosticata grazie al test di screening neonatale metabolico e oggi, dopo anni di attesa, dispone di una terapia enzimatica sostitutiva. Si tratta della elosulfase alfa che è stata inserita dall’Aifa tra i farmaci orfani disponibili tramite l’elenco speciale previsto
dalla Legge 648/96. Tale inserimento ha reso possibile la disponibilità della terapia a carico del SSN senza attendere il completamento dell’iter di prezzo e rimborso, che avrebbe altrimenti ritardato di vari mesi l’effettiva disponibilità di questa terapia, ad oggi l’unica per questa grave malattia. La notizia è stata pubblicata nella gazzetta ufficia-
La RE(ACT) Initiative è strutturata su due assi principali: il Congresso RE(ACT) (react-congress.org) e la piattaforma online RE(ACT) Community (react-community.org). Il Congresso, organizzato ogni due anni, presenta i risultati della ricerca più all’avanguardia nell’ambito delle malattie rare e orfane.
sostenitori delle malattie rare, dà la possibilità di condividere conoscenza ed esperienze, trovare nuove collaborazioni scientifiche e reperire fondi per iniziare progetti di ricerca. La RE(ACT) Community infatti è anche dotata di una struttura di crowdfunding, un metodo originale di finanziamento per la ricerca, che consiste nel sostenere un progetto grazie a micro donazioni provenienti da un largo gruppo di individui.
NEWS IN PILLOLE Si stima che esistano più di 7.000 tipi diversi di malattie rare e che affliggono circa 350 milioni di individui nel mondo, 75% dei quali sono bambini. L’esperienza dimostra che condividere risorse e conoscenza sia il modo più efficace per migliorare la vita delle persone con una malattia rara. Per questo motivo la Fondazione BLACKSWAN (blackswanfoundation.net) ha deciso di creare la RE(ACT) Initiative con l’obiettivo di facilitare la cooperazione nel campo della ricerca sulle malattie rare.
La RE(ACT) Community, una piattaforma digitale che unisce virtualmente ricercatori, pazienti e
le dello scorso 26 Giugno. Il farmaco è prescrivibile a tutti i pazienti affetti da mucopolisaccaridosi IVA, con dimostrato deficit di N-acetilgalattosamina 6-solfatasi. In Italia dal 1991 è attiva l’associazione AIMPS (ONLUS), nata dall’iniziativa di alcuni genitori di bambini affetti da mucopolisaccaridosi, con l’obiettivo di soddisfare le esigenze di informazione delle famiglie.
L’Associazione è attivamente impegnata a garantire l’accesso alle informazioni socio-assistenziali e mediche a pazienti e familiari, oltre a sostenere la ricerca scientifica (www.aimps.it). Ilaria Vacca
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IPERCOLESTEROLEMIA FAMILIARE, QUANDO IL COLESTEROLO PUÒ UCCIDERE IN GIOVANE ETÀ Parlando di infarto, cardiopatia coronarica e malattia valvolare aortica, in automatico pensiamo a pazienti sopra i 50 anni, ipertesi, sovrappeso. Purtroppo però questa sintomatologia può colpire drammaticamente anche bambini e giovani adulti: in questo caso può trattarsi di una patologia rara e gravemente disabilitante, una dislipidemia geneticamente determinata. “Si tratta di un gruppo eterogeneo di patologie genetiche del metabolismo lipidico – spiega la Prof.ssa Claudia Stefanutti – in cui l’alterazione di lipidi e lipoproteine è tale da comportare un rischio cardiovascolare da alto a elevatissimo.”
Claudia Stefanutti Responsabile dell’unità di tecniche terapeutiche extracorporee. Dipartimento di Medicina Molecolare - Policlinico Umberto I Università di Roma “Sapienza”
esserci circa 60 pazienti affetti da ipercolesterolemia familiare omozigote, mentre soffrirebbe della forma eterozigote un italiano ogni 500, anche se nuovi dati internazionali suggerirebbero una incidenza molto più alta. Solo all’Umberto I seguiamo circa 3.000 pazienti dislipidemici dei quali almeno il 30% è affetto da dislipidemie genetiche.”
L’ipercolesterolemia familiare, che può essere trasmessa in forma autosomica dominante omozigote (molto grave) o in forma eterozigote (meno grave) è la patologia sicuramente più impattante. “Nei casi più gravi possiamo avere anche livelli di colesterolo superiori a 1000 milligrammi per decilitro di sangue. Il rischio di eventi cardiovascolari è altissimo, può voler dire morire a soli 18 mesi. Anche nelle forme eterozigote però la malattia, se non
diagnosticata e correttamente trattata, rischia di comportare lo sviluppo di lesioni aterosclerotiche con conseguente rischio di infarto miocardico o cerebrale.” “La diagnosi è clinica, ma è necessaria una conferma genetica molecolare. Poi deve essere valutata la situazione cardiovascolare dei pazienti. Si tratta di patologie nettamente sotto diagnosticate: secondo i vecchi dati in Italia dovrebbero
Una volta ottenuta la diagnosi è necessario procedere con la terapia, che per le forme più gravi si traduce nell’aferesi lipoproteica. “Si tratta di una tecnica extracorporea paragonabile alla dialisi, cui i pazienti più gravi si sottopongono una volta alla settimana, presso una struttura ospedaliera altamente specializzata. Grazie a questa pratica i livelli di colesterolo nel sangue scendono sensibilmente. Ha una durata di circa 3-4 ore e accompagnerà il paziente per tutta la vita.” Fortunatamente però la ricerca farmaceutica ha messo a punto un farmaco, lomitapide, che si è dimostrato in grado di ridurre ulteriormente il colesterolo. “La ricerca sta migliorando sensibilmente la qualità
Tra le malattie autoimmuni, patologie dovute a una disregolazione del sistema immunitario, un gruppo di patologie rare di grande importanza clinica è rappresentato dalle vasculiti sistemiche. “Si tratta di un gruppo eterogeneo di patologie caratterizzate da un processo infiammatorio dei vasi - spiega il Dr Lorenzo Emmi, immunologo clinico. - Esse coinvolgono arterie e vene di piccolo, medio e grande calibro a seconda della patologia. Possono interessare sia i grandi vasi, con conseguenti aneurismi (dilatazione dei vasi), che i vasi di calibro più piccolo, colpendo ad esempio il cuore e i reni”. “Le vasculiti sono considerate malattie rare. Singolarmente colpiscono pochi pazienti, ma nel loro insieme (ne esisto-
no almeno 15 tipi differenti), rappresentano nel mondo un numero altamente significativo di casi. Solo presso il nostro Centro di Riferimento di Careggi a Firenze seguiamo più di 450 pazienti”. Come si diagnosticano queste malattie? “Il sospetto nasce da sintomi spesso non del tutto specifici, associati ad alterazioni di laboratorio: aumento di un particolare tipo di globuli bianchi definiti eosinofili, da valori elevati della VES e della proteina C reattiva (indici di infiammazione) e dal riscontro di un particolare tipo di autoanticorpi definiti ANCA. Queste alterazioni si possono associare a sintomi quali riniti persistenti, asma, manifestazioni cutanee, uveiti e aftosi orale e genitale. Talvolta nei pazienti più anziani può
portare al sospetto diagnostico di un’insufficienza renale improvvisa altrimenti inspiegabile in presenza di ANCA.” “Oggi queste patologie possono essere curate in maniera talvolta risolutiva, grazie anche alle più recenti novità farmacologiche. Accanto ai corticosteroidi e agli immunosoppressori tradizionali è da segnalare l’introduzione nell’armamentario terapeutico dei cosiddetti farmaci biologici, che si sono dimostrati di grande efficacia in molte di queste condizioni. Un esempio è rappresentato dall’anticorpo monoclonale rituximab, in grado di ridurre e bloccare le cellule B (che producono gli anticorpi), senza incorrere solitamente negli effetti collaterali dei farmaci tradizionali”. Ilaria Vacca
di vita di questi pazienti, che sono passati dall’aferesi settimanale a quella quindicinale grazie all’associazione di lomitapide e aferesi. Inoltre, siamo in attesa di novità anche per le patologie meno gravi.”
Ma come vivono oggi i pazienti affetti da ipercolesterolemia omozigote? A raccontarlo è Dario, 31 anni, campano. “La diagnosi è arrivata all’età di 6 anni, quasi per caso. Avevo delle macchie sulla pelle ma nessuno sapeva cosa fossero, e il colesterolo alle stelle. Ho iniziato immediatamente a effettuare la plasmaferesi, grazie alla quale oggi sto bene. Dai 18 anni ai 29 ho effettuato la terapia settimanalmente. Oggi grazie alla lomitapide sono tornato alla terapia quindicinale. Sto bene, vivo una vita normale, ma è difficile spiegare al tuo datore di lavoro che devi assentarti per la terapia.” Dario oggi fa parte dell’associazione ANIF (Associazione Nazionale Ipercolesterolemia Familiare - www. anif.it), impegnata nella diffusione della conoscenza delle dislipidemie genetiche e nella promozione della ricerca scientifica per le stesse. Ilaria Vacca
DA SINTOMI COMUNI A PATOLOGIE RARE: LE VASCULITI AUTOIMMUNI
Lorenzo Emmi Responsabile del Centro di Riferimento Regionale Toscano delle malattie autoimmuni sistemiche e della SODs Lupus Clinic presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi di Firenze
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Focus
RETI EUROPEE DI RIFERIMENTO PER LE MALATTIE RARE: A CHE PUNTO SIAMO? Le malattie rare colpiscono decine di milioni di persone in tutta Europa, ma alle volte solo poche centinaia di pazienti su un singolo territorio nazionale. Di qui la difficoltà a sviluppare dei centri di riferimento per patologia che possano garantire ai pazienti una presa in carico soddisfacente. Per offrire una risposta ai malati rari europei l’UE ha deliberato l’attuazione delle Reti Europee di Riferimento per le Malattie Rare, definite dalla Direttiva UE sul diritto dei pazienti all’assistenza sanitaria transfrontaliera. Le Reti devono fornire un quadro di riferimento per i percorsi sanitari dei pazienti affetti da malattie rare attraverso un elevato livello di competenze integrate, promuovere l’accesso a strumenti comuni come i registri, la telemedicina e le linee guida sulle migliori pratiche cliniche per la diagnosi e le cure. I centri di expertise riconosciuti ufficialmente a livello nazionale saranno i protagonisti delle Reti, nelle quali verranno integrati anche i centri associati e i prestatori di assistenza sanitaria. Ma a che punto è l’attuazione di queste Reti? Ce lo spiega il Prof. Bruno Dallapiccola, Direttore scientifico dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e Direttore di Orphanet Italia, la banca dati più importante per i
Quello degli ERN (European Reference Network) è una delle sfide più importanti che l’Europa si accinge a mettere in campo nell’ambito delle malattie rare malati rari e collegata al network europeo di Orpha.net.
Quello degli ERN (European Reference Network) è una delle sfide più importanti che l’Europa si accinge a mettere in campo nell’ambito delle malattie rare. L’idea di fondo è semplice: collegare i centri di esperienza che hanno competenze specifiche in certi gruppi di malattie, per condividere le conoscenze, offrire nei punti nodali della rete interventi diagnostici e, soprattutto, assistenziali di particolare complessità e contribuire all’avanzamento delle conoscenze. Tutto questo, favorito dalla libera circolazione dei malati in Europa, dovrebbe armonizzare l’offerta assistenziale garantendo a tutti di ottenere il meglio, soprattutto quando ciò non è disponibile nel proprio Paese. Lo sviluppo di queste reti ha
i propri fondamenti nelle raccomandazioni dell’EUCERD sui centri di esperienza e sugli ERN. Su questo complesso tema sono stati organizzati nel 2014 diversi seminari internazionali, dai quali sono emerse indicazioni generali su quello che dovrebbe essere il modello generale ed il presunto numero delle reti (all’incirca un paio di dozzine), e su alcuni aspetti critici, come quello della copertura economica del progetto, al momento non risolta, e dei ritardi nella sua realizzazione, che potrebbero essere imputabili alla diversa organizzazione e al mancato recepimento da parte degli stati membri delle raccomandazioni relative ai centri di esperienza. Esiste pertanto il legittimo sospetto che la tabella di marcia che si è data l’Europa non potrà essere rispettata, forse con qualche eccezione relativa a un
INFOGRAFICA
numero limitato di reti già strutturate e funzionanti. È necessario che l’Italia, che possiede una buona copertura di servizi diagnostici-assistenziali per molte malattie rare, comprenda non solo l’importanza di avere un ruolo attivo nella creazione di queste reti, ma diventi anche propositrice e coordinatrice di alcune di esse, dal momento che i paesi coordinatori avranno un ruolo critico nel governare la circolazione dei pazienti. L’Italia ha le caratteristiche per essere un paese votato ad attrarre piuttosto che far emigrare i malati rari, ma tutto ciò potrà avvenire solo a condizione di un impegno politico che deve in primo luogo partire dal Ministero della Salute.
Bruno Dallapiccola Direttore scientifico dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e Direttore di Orphanet Italia
Processo Regolatorio dei Farmaci Orfani in UE Sponsor
presentazione per la qualifica a Farmaco Orfano
Sponsor Qualifica
Protocollo di assistenza
Presentazione per l’autorizzazione alla commercializzazione
Autorizzazione alla commercializzazione
(Fonte: www.eurordis.org) Comunicazione ai pazienti e al pubblico
Nel 2014 si è registrato un record di farmaci orfani registrati dall’Ema, ben 17 Attualmente sono 81 quelli commercializzati in Europa
Industria (Sponsor) - EMA Interazioni durante lo sviluppo del farmaco
Le aziende che sono attive in questo settore in Italia sono almeno 21
Scoperta del nuovo farmaco
Sviluppo Clinico Identificazione della molecola
Test pre clinici
Fase 4 Fase 1
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Fase 2
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Fase 3
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Tumori rari: passi in avanti nella ricerca sui farmaci orfani. E in Italia nasce un’associazione per la formazione dei medici Quando si parla di malattie rare, l’aggettivo potrebbe far pensare che colpiscano un numero molto ristretto di persone. Sappiamo che non è così, e lo stesso discorso è valido per i tumori rari, con la differenza che per identificare questo gruppo di neoplasie si è scelto a livello internazionale di ricorrere al criterio dell’incidenza (il numero di nuovi casi in un intervallo di tempo), al posto di quello della prevalenza, ovvero il numero di casi nella popolazione. L’incidenza per i tumori rari, secondo quanto concordato a livello europeo, non supera la soglia dei 6 casi su 100mila l’anno. Ma i ricercatori del progetto Rare Care ne hanno individuati oltre 250: questo significa che rappresentano oltre il 20 per cento di tutti i tumori diagnosticati ogni anno nell’Unione Europea e riguardano in questo territorio più di 4 milioni di persone. Il fatto che un tumore sia raro, tuttavia, non significa che sia incurabile o che le
possibilità di guarigione siano più limitate rispetto a quelle di un tumore più comune: alcune neoplasie rare hanno infatti percentuali di guarigione superiori a quelle dei tumori più diffusi.
Di malattie rare si parla spesso sui tavoli politici e istituzionali: una delle parlamentari che in questi anni più si è spesa a favore dei malati rari è certamente la Sen. Laura Bianconi (Gruppo AP, NCD - UDC), membro della Commissione Sanità. “In questo momento – dice la senatrice – il tavolo di discussione più importante è quello della revisione dei LEA, inclusa la nuova lista delle patologie rare esenti. L’approvazione è sul tavolo delle Regioni e sono certa che andrà a buon fine. Se così non fosse sarebbe gravissimo: significherebbe che queste non sono state in grado di trovare 20milioni per un tema così im-
portante”. Le buone notizie per i pazienti dovrebbero arrivare, secondo la senatrice, anche da altri fronti, soprattutto per quanto riguarda l’accesso ai nuovi farmaci in tempi brevi. “L’attesa ‘rivoluzione’ di Aifa porterà a una maggiore efficienza e a uno snellimento delle procedure. Questo potrebbe evitare parte dei tempi aggiuntivi che passano dal momento dell’autorizzazione europea alla disponibilità effettiva sul territorio” spiega la Senatrice. Certo, la soluzione finale al problema dell’accesso ai farmaci in tempi brevi e omogenei per tutti, indipendentemente dalla Regione in cui si vive “arriverà quando avremo final-
Non è il caso del mieloma multiplo, uno dei più rari e aggressivi tumori del sangue. Le aziende farmaceutiche stanno puntando sulla ricerca di una terapia più efficace di quella esistente, e un primo risultato incoraggiante proviene da uno studio di un gruppo di ricercatori, fra i quali diversi italiani. La scoperta, pubblicata pochi mesi fa sulla rivista Cancer Cell, promette grandi benefici per la terapia del mieloma: una nuova molecola sintetica, il DTP3, in vitro ha dimostrato di distruggere efficacemente le cellule tumorali, almeno quanto il farmaco usato nello standard clinico, il bortezomib, ma con una selettività 100 volte superiore. Le cellule sane, quindi, non risen-
tirebbero della tossicità del farmaco. Il DTP3 ha confermato la sua validità anche in un modello murino: ha asportato le cellule di mieloma innestate nei topi con xenotrapianto (il trapianto di cellule vive, tessuti o organi da una specie all’altra), senza effetti collaterali apparenti alle dosi efficaci.
Passi in avanti anche per la cura delle sindromi mielodisplastiche, un gruppo di malattie del sangue la cui causa è ancora sconosciuta, più frequenti nei pazienti anziani. Caratterizzate da un difetto nel midollo osseo che non riesce più a produrre in numero sufficiente globuli rossi, bianchi o piastrine, sono chiamate anche malattie preleucemiche perché possono evolvere, con il tempo, in leucemia in forma acuta. Uno studio recentemente presentato al congresso della Società Americana di Ematologia ha mostrato che il trattamento con il farmaco sotatercept
ha portato a un miglioramento ematologico e a una riduzione della necessità di trasfusioni in pazienti anemici. L’anemia, infatti, è una complicanza comune di queste patologie: circa il 90% dei pazienti è anemico e il 60-70% finisce per diventare dipendente dalle trasfusioni. Per migliorare la conoscenza delle neoplasie rare, lo scorso gennaio è nata IART, Italian Association Rare Tumors, presieduta dal Prof. Fernando Cirillo, chirurgo oncologo degli Istituti Ospitalieri di Cremona. L’obiettivo fondamentale di IART è la formazione dei medici. “Fare cultura in questo settore di nicchia – ha spiegato il prof. Cirillo – significa colmare un preoccupante vuoto di risorse e di contenuti, vista l’offerta ancora scarsa delle nostre università che, anche dopo le più recenti riforme, hanno per molti versi accantonato la didattica dedicata a questi tumori”. Francesco Fuggetta
Malattie Rare, Bianconi: con la nuova Aifa accesso più veloce alle terapie
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mente concluso la revisione del Titolo V della Costituzione”. Quello che è certo è che per ora malattie rare e Farmaci Orfani non cadranno sotto la scure di tagli volti a rendere più sostenibile il nostro SSN perché, dice la Sen. Bianconi: “non è quello l’ambito per parlarne, bensì quello delineato dal Patto della Salute e del Piano Nazionale delle Malattie Rare”. Nel frattempo è chiaro che bisognerà proseguire a difendere le tutele acquisite nel tempo dai Farmaci Orfani – come l’esenzione dal ripiano della spesa ospedaliera - perché, spiega la Senatrice “ci sono stati degli attacchi anche durante
l’ultima legge di stabilità e di certo il tentativo di cancellare una tutela inserita solo un anno fa non è stato frutto di una disattenzione o di un errore”. Ilaria Ciancaleoni Bartoli
Laura Bianconi senatrice
Courage
Excellence
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I.P.