IN ACQUA NELLA GRANDE ETÀ II movimento acquatico potrebbe rivelarsi come una nuova medicina
L’autonomia nello spostarsi fuori da casa, l’utilizzo di un trasporto urbano, la realizzazione delle commissioni giornaliere sono momenti di fondamentale importanza per l’anziano.
di Giuseppe* e Fabio** Bovi *Docente di nuoto all’Università di Urbino ** Dottore in scienze motorie all’Università di Urbino, Dottorando in Medicina dello Sport all’ Universidad de Las Palmas
Introduzione
Inutile nascondere che data l’importanza che riveste oggi giorno l'attività in piscina con gli anziani, sono particolarmente interessato a tutto ciò che favorisce lo sviluppo di una metodologia aperta e creativa tendente a fornire le tematiche più significative del linguaggio del corpo nell’età della vecchiaia. Sono certo che, sia il declino fisico, che la riduzione delle capacità di adattamento, pur essendo eventi del tutto naturali ed inevitabili, risultano essere meno consistenti negli anziani che conducono una attività di movimento. Le cause che incidono maggiormente e che accelerano il ritmo dell’invecchiamento sono molteplici e vanno da una:
• errata alimentazione; • insufficiente respirazione; • riduzione dell’attività fisica; • stress continuo ecc.
Il primo, e forse il più importante problema della vecchiaia è rappresentato dalla sensazione soggettiva, dalla constatazione più o meno marcata dello:
• sgretolamento della propria integrità fisica; • deterioramento delle proprie capacità psichiche e relazionali; • dal declino, (fino alla perdita) della stima di sé.
A rinforzo dell’affermazione precedente, desidero raccontare un piccolo episodio. Ho posto ad una signora ottantenne (vicina di casa, e conoscente di famiglia) la seguente domanda: “cara signora, perché non prova a frequentare i corsi in piscina?” La risposta è stata lapidaria e anche molto realistica: “cosa vuole.., professore, come faccio a fare piscina dal momento che al mattino quando mi alzo dal letto non riesco ad in filarmi neppure le calze?”. “Proprio così... ho pensato! Ecco la verità! Il problema è molto più serio e profondo di quanto io abbia ottimisticamente immaginato!”.
Ad una indagine meno superficiale e frettolosa è apparso evidente che “l’essenziale” per queste persone è conservare, preservare, o cercare di recuperare o riattivare un tipo di motricità che è indispensabile nella vita di relazione di tutti i giorni e che potremmo definire come “motricità relazionale”. Non è pensabile, allora, far riferimento ai “bellissimi programmi” spesso, solo teorici, che fanno “bella mostra” nei depliant pubblicitari dei nostri luoghi di lavoro ma, al contrario, con molta semplicità proporre una attività che consenta il mantenimento o l’ adattamento corretto alle azioni della vita quotidiana come lavarsi, vestirsi, pettinarsi, avere cura della casa, fare la spesa, ecc. L’autonomia nello spostarsi fuori da casa, l’utilizzo di un trasporto urbano, la realizzazione delle commissioni giornaliere sono momenti di fondamentale importanza per l’anziano, sono alla base della sopravvivenza psico-fisica. Ribadisco con convinzione che al tentare di riprodurre in acqua, per quello che è possibile, “semplici azioni quotidiane” si ricevono grandi stimoli di ordine psico-fisico. Infatti:
• l’apparato muscolo-scheletrico si rinforza; • la mobilità si accresce; • la flessibilità si conserva; • si ritarda e si contiene la tipica lentezza dei movimenti, il tremore, l’incertezza delle esecuzioni.
Anche le ossa beneficiano di un salutare esercizio fisico; con il passare degli anni, specie nelle donne, tendono a demineralizzarsi e diventando meno resistenti, essendo più soggette e a rischio di fratture. Anche
la
circolazione
linfatica
viene
stimolata
migliorando la sua efficienza e contribuendo a drenare le parti del corpo in cui vi sono accumulati liquidi in eccesso. Vengono cosi alleviati il gonfiore e il senso di pesantezza agli arti inferiori, disturbi, molto frequenti tra gli anziani.
L’importante è “capire” come possa concretizzarsi al meglio una attività didattica “mirata” ed efficace. A tale proposito, mi sembra che non si possa prescindere da tre momenti decisivi. Essi sono: smitizzare, scoprire, inventare.
SMITIZZARE significa avvicinarsi al reale. Accettare, cioè, “il corpo reale” con le sue limitazioni del momento, ma con la speranza e l’entusiasmo di rivalutarne le possibilità residue anche minime. È giusto calcolare con distacco il valore estetico che la società attuale concede al corpo per non incorrere in evidente imbarazzo quando ci si deve spogliare, mettersi il costume da bagno e mostrare il corpo invecchiato con rughe e vene varicose. Anche al luogo, al mezzo dove si svolge l’attività va attribuita una valutazione più obiettiva, più autentica, “meno drammatica” come a volte si avverte dai racconti dei protagonisti. “Oddio... l’acqua... mamma mia... speriamo bene!” ; “Maestro... mi aiuti... ho paura!” ; “Ma lo sa... che ho rischiato di affogare!” In questo frangente, nel quale ogni risoluzione dei problemi appare alquanto remota e complicata, “la riorganizzazione spaziale e la sua rieducazione” è di grande aiuto, e risulta una conquista decisiva.
SCOPRIRE entrando in acqua, il nostro corpo si libera della forza di gravità e quindi del peso. Ciò permette di vivere “il corpo” in maniera diversa: sentirlo “meno pesante” e quindi più disponibile nella realizzazione di innumerevoli movimenti che a secco richiederebbero uno sforzo notevole oltre a comportare rischi anche gravosi. La scoperta di un nuovo spazio in cui possiamo muoverci agevolmente modifica le sensazioni che il corpo prova e lo costringe a costanti modifiche viste le situazioni che variano in continuazione. deriva un lavoro gradevole e come tale, lo sarà molto di più ripartito con “gli altri”. Le situazioni di collaborazione, di aiuto reciproco, stimolano “la scoperta degli altri” e facilitano “l’allargarsi” delle relazioni interpersonali. Inoltre, nel tempo, gli anziani hanno perso certe “sensazioni tattili” e “la carezza dell’acqua” produce in loro un grande benessere, un grande senso di serenità e di abbandono.
INVENTARE significa trovare il modo di fare qualcosa di nuovo, o non conosciuto oppure un modo nuovo di fare qualcosa. Ciò è possibile una volta accettato “il corpo reale” e dopo aver perso la paura dell’acqua. Inventare “nuovi percorsi” sollecitare la propria creatività, scoprire “originali” possibilità di movimento è certamente uno dei momenti più appaganti che l’anziano vive durante i corsi in piscina. In sintesi, la sua presenza in simile ambiente può tradursi in un motto: “conoscere il mezzo, imparare a goderselo e divertirsi con lui”. Nel nostro lavoro, qualche volta, si pecca di presunzione fino al punto che per indurre il principiante a galleggiare si ritiene normale pensare “di agevolarlo” attraverso spiegazioni verbali più o meno convincenti, o per mezzo di “strategie” particolari definite “vincenti”. Il problema è rappresentato dal fatto che “il tutto” o per meglio dire, “la lezione” viene impartita dall’alto, cioè, dal bordo-vasca. Certi istruttori, infatti, non avvertono la necessità di scendere in acqua, di adeguarsi, di accettare una realtà che non è “quella accademica” prevista dai manuali che circolano in piscina. D’altra parte, è innegabile che la presenza in acqua del “maestro” è un presupposto essenziale per apprendere il galleggiamento. II contatto “epidermico” con lui, il suo sostegno tangibile sono “la molla” che fa scattare nell’allievo il tentativo di “raddrizzarsi” di tornare in piedi da ogni posizione, quando egli decide di cimentarsi, di “sdraiarsi” sull’acqua. L’esperienza insegna che nessun altro sistema è più persuasivo di questo quando si vuole ricercare un buon rapporto con l’acqua. Molte persone appaiono comunque tese, apprensive più del lecito, in quanto in acqua si accentua la paura di cadere, la difficoltà di deambulare, l’incapacità di muoversi prontamente e a piacimento, anche perché in simile situazione la respirazione appare insufficiente, affannosa e male controllata. Allora, è bene ridimensionare “i programmi”, scendere di nuovo “sulla terra” e dedicarsi esclusivamente ad una unica “carta vincente”: “favorire il progressivo controllo del corpo in un luogo inusuale “. Naturalmente, una piscina con acqua bassa è preferibile rispetto ad una dove l’acqua è alta e dove la temperatura (non inferiore ai 30°) favorisce un senso di distensione fino a garantire, gradatamente, la sensazione di rilassamento.
Sono convinto che con gli anziani, a maggior ragione di quanto si faccia con i fanciulli, è indispensabile far leva sul principio della gradualità dell’intervento. Voglio dire che rispettare i tempi, i ritmi di apprendimento di ognuno, senza dannose forzature, in un clima di incoraggiamento, di amicizia, di reciproca collaborazione concorre a creare compiacimento e intima soddisfazione specialmente nei confronti di coloro che hanno perso fiducia nelle proprie capacità. Potrebbe sembrare “un controsenso” per chi ha raggiunto la maggiore età, ma, riconquistare “una dimensione ludica” per giunta, in un ambiente ritenuto da molti “ostile” diviene un bisogno, una sensazione nuova mai sopita, uno scambio di emozioni che danno una immagine della vita meno incerta di quanto queste persone sono abituate ad accettare. “La coreografia iniziale” lungi dal mostrare una impostazione volta, soprattutto, al miglioramento della prestazione del singolo, tenendo conto della eterogeneità del gruppo, mira in primo luogo a stimolare la collaborazione tra diverse personalità in modo che l’ una integri ed influenzi l’altra. La cooperazione deve divenire la norma e la caratteristica del gruppo; la sicurezza o l’insicurezza dipendono dalla sensazione di essere partecipi o meno alla vita di gruppo. Il successo del “maestro” è in stretta dipendenza dalla sua capacità di creare la cosiddetta “atmosfera di gruppo” promuovendo uno spirito di coesione, di partecipazione collettiva ai fini del raggiungimento di un obiettivo comune. “Il gioco”, e non è un eufemismo, svolge un ruolo decisivo, insostituibile. Gli anziani, che nella fase iniziale di impatto con l’acqua, agiscono con cautela e prudenza, qualche volta con diffidenza, nel momento in cui avvertono che, nonostante “gli anni” e gli “acciacchi” possono ancora “azzardare” possono ancora divertirsi con semplicità si abbandonano d’incanto e appaiono felici “di misurarsi”. Non è necessario escogitare o ricorrere a giochi complessi, ricercati ma piuttosto è basilare motivare i protagonisti a riprendere le esperienze passate attingendo “dal libro” della memoria.
OBIETTIVI CHE SI INTENDONO MANTENERE, RIATTIVARE; MIGLIORARE NELLA 3ª ETÁ Obiettivi generali
Mantenimento delle capacità biologiche di base
Obiettivi specifici
• Funzionalità respiratoria – Flessibilità • Allungamento e modulazione del tono muscolare • Forza muscolare • Funzionalità cardio-vascolare • Mobilità articolare
Mantenimento delle capacità di coordinazione
• Comportamenti motori di basde • Coord. Dinam. Gen e Segm. • Educ. Posturale; Equilibrio • Coord. Oculo-Manuale e Podalica • Rilassamento e Propiocezione • Comport. Percettivo – Motori, Percez. Spaz. e Temp.
Mantenimento delle capacitá di comunicazione
• Con se stesso – con gli oggetti • Con l’altro – con l’ambiente • Con il gruppo
Mantenimento delle funzioni nervose con particolare riferimento ai processi intellettivi
• Osservazione – Concentrazione • Attenzione – Capacitá di astrazione • Memoria
I giochi della loro infanzia rappresentano “il meglio” di un repertorio lunghissimo fatto di vicende umane, di episodi significativi nella vita di ognuno, di momenti esaltanti sempre nitidi nei ricordi. E particolarmente piacevole, e nello stesso tempo un modo utile, (per arricchire il nostro bagaglio tecnico-didattico e umano di educatori) osservare come queste persone con grande inventiva e senso pratico siano in grado di trasformare a proprio “ uso e consumo” giochi che,
a prima vista, sembrerebbero banali e privi di ogni originalità. Essi apprendono che non è poi cosi difficile abituarsi all’acqua sul viso e sul capo, cosi come non è impossibile imparare a galleggiare in diversi modi, nonché rialzarsi da ogni posizione. Una volta apprese tali tecniche, unitamente alla capacità di controllo del corpo e della respirazione, anche la confidenza graduale con “la profondità” sarà un traguardo raggiungibile. Credo che suggerire per ognuno le azioni più congeniali contribuisce a costruire “quelle certezze” che danno la spinta a vedere un futuro meno carico di difficoltà. Il compito che ci spetta non è facile, ma non c’è nulla che ricompensi di più del rendersi conto di essere intervenuti in maniera determinante nel lenire conflitti, paure, insicurezze, ansie anche attraverso una “semplice opera” come la nostra. Proviamo, pertanto, a concretizzare gli intenti appena descritti.
CARATTERISTICHE PSICO SOCIALI CHE SI INSTAURANO NELLA 3ª ETÀ
• La diminuzione della capacità fisica influisce negativamente sul concetto di autostima; • la sensazione di fragilità dovuta all’invecchiamento conduce inevitabilmente ad una immobilità sempre più accentuata. Tutto ciò contribuisce ad aumentare l’incertezza delle azioni motorie; • la perdita dello stato sociale, il pensionamento, portano l’anziano all’idea di non sentirsi più utile; • la perdita del coniuge, di un parente, di un amico caro: l’anziano si sente profondamente colpito dall’evento; • la dipendenza forzata dai familiari; • la paura della solitudine; • il senso di autocommiserazione; • il ritorno a particolari comportamenti infantili.
CARATTERISTICHE PSICOLOGICHE CHE SI INSTAURANO NELLA 3ª ETÁ
Modificazioni dell’ apparato locomotore
• Atrofia della massa muscolare; perdita di volume • Osteoporosi – artrosi; Patologie della colonna vertebrale • Diminuzione cronica escurs. art.; aumento della cifosi
Modificazioni dell’apparato cardio-vascolare
• Aumento della pressione arteriosa • Ostruzione delle arterie coronarie • Minor efficienza della gettata cardiaca
Modificazioni dell’apparato respiratorio
• Diminuzione dell’ampiezza della cassa toracica, della sua elasticità • Diminuzione della capacitá polmonare • Diminuzione della quantitá di Ossigeno nel sangue
Modificazioni del sistema nervoso
• Diminuzione del numero di neuroni • Diminuzione della capacitá di coordinazione • Perdita progressiva della memoria
Modificazioni degli organi di senso
• Alterazione della vista • Alterazione dell’udito • Alterazione dell’olfatto
CARATTERISTICHE DIDATTICHE DELLA LEZIONE CON LA 3ª ETÀ
1) Strutturazione della attività:
Metodo di lavoro
• Agire secondo gli obiettivi prefissati tenendo conto delle caratteristiche psico-fisiche, delle reali possibilità motorie, dei bisogni dei partecipanti; • ricorrere non a regole rigide e meccaniche ma alla massima flessibilità di azione; • ricercare un ambiente favorevole all’incremento delle capacità del singolo pur tenendo presente il suo inserimento nel gruppo; • dare importanza al fattore qualitativo piuttosto che puntare su quello quantitativo; • preferire esercizi semplici e adattabili (evitando qualsiasi forma di scomposizione degli stessi); • evitare esercizi intensi, competitivi, troppo veloci e ripetitivi, cambi bruschi di posizione e posizioni scomode; • sollecitare e migliorare l’autonomia attraverso la riorganizzazione dello schema corporeo: riacquistare un rapporto di fiducia con il proprio corpo rappresenta un punto cardine di tutta l’attività. • preferire e migliorare esperienze di movimento tendenti alla riattivazione e il recupero di tutti i prerequisiti funzionali; • stimolare la creatività e l’interpretazione personale attraverso la riconquista della dimensione ludica considerata, a torto, un fenomeno appartenente esclusivamente alla infanzia e alla fanciullezza.
2) Modi di comunicazione
• Tono di voce sicuro e persuasivo; • frasi corte, comprensibili e non direttive; • non opprimere con informazioni-fiume; • alle parole e preferibile accompagnare dimostrazioni pratiche.
3) Comportamento dell’istruttore (educatore professionale)
• Adottare interventi calmi e moderati evitando ogni tipo di concitazione; • rispettare il Principio della Gradualità dell’Intervento; • non abusare delle correzioni sul singolo individuo il quale rivendica sempre la sua “unicità” come persona; • evitare qualsiasi forma di dualismo tra i protagonisti: esaltare, al contrario, la concezione di gruppo; • stimolare le motivazioni e la cooperazione facendo leva sul desiderio di partecipazione attiva dei protagonisti; • riconoscere i miglioramenti ed evidenziarli: ciò aumenta la consapevolezza e la fiducia nelle loro capacità; • ascoltare attentamente le loro osservazioni: il loro patrimonio di esperienza e di saggezza arricchiscono e completano anche il più fornito bagaglio tecnico - didattico; • studiare e preferire quei movimenti che progressivamente conducono gli anziani a ritardare l’insorgere della stanchezza soprattutto nelle prestazioni motorie quotidiane; • aumentare nel tempo la sensazione di benessere attraverso il piacere di appartenere ad un gruppo e di muoversi con altri.
ORGANIZZAZIONE DEI GRUPPI Dl 3ª ETÀ
• Il numero dei partecipanti, per ogni gruppo, varia dalle 15 alle 20 unità; • i gruppi sono misti; • il docente si posizionerà direttamente in acqua a contatto con i partecipanti; • le informazioni si impartiranno all’inizio della lezione: i risultati si evidenzieranno al termine della stessa; • il corso eventuale ha una durata variabile tra quattro e dieci mesi;
• le lezioni variano da un minimo di una a massimo di tre nell’arco della settimana; • la lezione ha una durata massima di 50°-60°; la temperatura dell’acqua non è inferiore ai 30°; • l’attività comprende momenti ludici, divertenti, e coinvolgenti;
MOMENTI IN CUI È NECESSARIO SOSPENDERE L’ATTIVITÀ RIVOLTA AGLI ANZIANI
L’attività si interrompe quando insorgono:
• Dolore toracico; • mal di testa, consistenti dolori articolari e muscolari; • difficoltà di respirazione, tachicardia; • capogiri, vertigini; • nausea, vomito, crampi; • affaticamenti eccessivi.