La coscienza di sè

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Fabio Finucci

LA COSCIENZA DI SE'



INTRODUZIONE In questo libricino espongo le mie intuizioni e consapevolezze che la vita mi ha regalato. Ho unito e condensato in un unico libricino, due miei opuscoli (“Verso il risveglio” e “Vittoria o sconfitta?”), e aggiunto un altro mio scritto, per avere una visione più generale della vita. Sono piccole consapevolezze destinate a crescere e svilupparsi sempre più, per passare da uno stato di illusione ad una coscienza pura, passando attraverso la mente, attraverso il corpo, attraverso le sensazioni e le emozioni, maturando nella totalità di me, una totalità che non è solo individualità umana, ma in tutto l'essere che sono. E' lo spirito che si fa carne, che spiritualizza la materia, il corpo, per vivere in piena coscienza la vera realtà della vita.



IL CORPO / MATERIA Inizio questa mia esposizione partendo dal corpo, dalle sensazioni ed emozioni che originano in esso, per poi svilupparle ben oltre. Confesso che non ho mai avuto un buon rapporto con la materia, con il corpo, possiamo definirlo un amore/odio, perchè ad esso attribuivo sia il piacere del corpo, sia i dolori e le malattie. Non è un caso che la vita mi abbia dato un talento artistico riversato nella scultura, nel modellato, in cui principalmente la mia passione era riferita proprio al corpo umano. Modellare una materia informe, darle forma, modellarla il più possibilmente simile alla natura umana, al corpo umano, per renderla realistica, mi dava molta gioia, ma anche tante delusioni. Così mi ritrovavo a studiarne le proporzioni, l'anatomia, le pose, le espressioni sia del viso che corporali e studiarne anche le vesti, il panneggio, quindi per un certo verso, studiarne anche la fisica del movimento, oltre al tipo di tessuto. Sebbene questo mi affascinava da un lato, dall'altro, forse proprio per l'insofferenza intrinseca che avevo nei confronti della materia e del corpo umano in particolare, questo mio talento si è riversato in continui conflitti tra l'approvazione e la delusione. Al mio corpo ho attribuito la colpa della sopravvivenza, in fondo se non avevamo il corpo non pativamo la fame, il freddo, la


pioggia, la malattia coi suoi dolori e sofferenze, insomma tutte le disgrazie dell'umanità le credevo dovute proprio nell'avere un corpo umano. L'ho odiato, lo scansavo a favore dell'anima, pura e trasparente, mentre il corpo è puzzolente, pesante, sporco e doloroso. C'è sempre stata, in me, questa lotta verso il corpo in particolare e verso la materia in generale. Ora sto comprendendo, invece, che il corpo e la materia è un po' come una cartina tornasole dell'essere; è come il punto più profondo e quindi più denso dell'essere ed è dove necessita arrivare per completare la stessa vita. Spesso l'ho considerato debole, fragile, vulnerabile, perdente, impotente, incapace, e questo creava immense paure in me, paure di natura diversa che si accumulavano sempre più, ma ora la vita mi da un'altra versione della storia. Mi dicevo, quand'è che mi sento invulnerabile? Quando sono corazzato ed armato fino ai denti? Quando cioè mi sento protetto da un lavoro, da un successo, dall'appoggio di qualche potente o che io stesso divento potente, si, forse in quel momento mi sento forte, ma la paura dentro rimane e appena qualcosa mi si toglie, la paura aumenta anche e mi ritrovo a fare cose anche orribili pur di allontanarla da me. La paura non si allontana cercando soluzioni fuori da sè, anzi così la si conserva dentro di noi; ce la portiamo sempre dietro, o meglio, dentro. La vera forza sta nell'essere nudi e vulnerabili e ciò nonostante non avere paura, questa è la vera forza. Ecco che allora scopri che la vera invulnerabilità sta proprio nella vulnerabilità.


VITTORIA O SCONFITTA? Spesso, nella nostra vita, consciamente o inconsciamente viviamo una continua sfida, col mondo esterno o con noi stessi, lo viviamo nel nostro ambiente, nel mondo del lavoro, nella società o semplicemente dentro di noi quando ad esempio non ci piace un lato del nostro carattere e vogliamo cambiarlo, se ci riusciamo ci sentiamo vincitori, altrimenti ci sentiamo perdenti con la frustrazione che ne consegue. Vogliamo vincere ogni sfida, dalla più piccola alla più grande, in una partita a tennis, perfino nel dialogo vogliamo imporre il nostro pensiero e vincere quel dialogo, ad esempio nell'avere l'ultima parola, per non parlare della realizzazione e del successo in ogni campo, in quello del lavoro, nella società, negli hobby, in politica, in famiglia, nello sport ecc. Per noi è facile accettarci ed amarci se ci sentiamo vincitori e realizzati sia con noi stessi che con gli altri, diversamente è molto difficile accettarci ed amarci quando ci sentiamo perdenti, per il semplice fatto che pensiamo, in quella situazione, di non meritare considerazione, amore, stima, rispetto. Perfino la paura diventa una sfida, perchè nella paura ci sentiamo perdenti. Forse possiamo accettare la paura in sè, ma non ci accettiamo nell'avere paura, perchè questo ci fa sentire, appunto, perdenti. La vita, invece, vuole che tu ami incondizionatamente te stesso, in ogni tua parte e per questo ti si presenteranno sempre quelle parti di te che non vuoi accettare e meno vorrai accettarle e più le sentirai come paura o come sfida. Nella non accettazione di sé, nella non pace interiore, si instaura un meccanismo di voler superare se stessi, di voler migliorare o realizzare se stessi, magari seguendo un obiettivo, ma nel far questo, si smuove l'ago della bilancia da una parte all'altra, dove al voler vincere si oppone la possibilità anche di perdere, qualora


non si riesca a vincere. In questo modo abbiamo creato un conflitto interiore in cui, che si vinca o si perda, ci si rimane imbrigliati, ossia si rimane nei confini del proprio conflitto. Se vinco mi rimane sempre la paura di perdere, perciò devo sempre tenermi allenato, aggiornato per non perdere terreno, devo continuamente dimostrare di essere vincente, coinvolgendo l'ansia, l'agitazione, lo stress che ne consegue; dall'altra parte, se non riesco a sentirmi vincitore, ma perdente, continuerò a darmi da fare per diventarlo, per non sentire quel senso di frustrazione e sofferenza che ne consegue. Comprendo che tutte le mie energie sono concentrare all'interno di questo conflitto interiore che io ho creato per il semplice fatto di non accettarmi così come sono. Ora, tutto questo è come il proprio io, la propria personalità vede se stesso o il proprio mondo, ma quando inizi a scavare un po' più profondamente dentro di te, scopri qualcosa di più. In una mia riflessione mi domandavo: “ Se hai paura del buio ed accendi la luce, il buio scompare, ma la tua paura del buio rimane. Se sei al buio e non hai paura, quella è la vera forza”. Spesso, nelle situazioni difficili, critiche, negative, cerchiamo sempre uno spiraglio di luce, una qualche soluzione che ci faccia uscire da quella situazione e magari ci riusciamo anche e quel sollievo dura un po', o dura molto, però la nostra paura ce la portiamo dietro e come ci viene a mancare qualcosa ritorna subito in noi. Anche per la vittoria, così come per l'invulnerabilità, scopro che, finchè siamo vincitori ci sentiamo protetti e sicuri, ma sempre con la paura che un giorno perderemo. Perdere ci fa sentire affranti, sconfitti, falliti, ma è solo un'opinione che vive all'interno di quel gioco, perchè la sconfitta, una volta che non fa più paura, ti fa sentire veramente libero, non importa più essere sempre all'avanguardia, essere sempre in prima


fila, non devi più dimostrare di essere il migliore, non hai più pretese verso te stesso, perciò anche qui, scopri che la sconfitta, in realtà, è la vera vittoria. Ma poi cos'è che ci fa desiderare di essere invulnerabili? Forse la paura che qualcuno ci faccia del male? E cos'è che ci fa desiderare di essere sempre vittoriosi, sempre primeggiare in qualcosa o su qualcuno? Forse la paura che altrimenti non saremmo considerati, non saremmo stimati, amati? Quindi alla base di tutto ci sta la paura, comprendo che il desiderio di primeggiare ed essere imbattibili e invulnerabili ha come radice la paura, ma la paura non è un fondamento molto affidabile, è come costruire una casa su fondamenta insicure, perchè è proprio questa insicurezza insita nella paura che ci fa cercare una sicurezza all'esterno. Perciò la differenza tra la sconfitta e la vittoria e tra la vulnerabilità e l'invulnerabilità sta nella paura, più si ha paura e più si cerca l'invulnerabilità, meno si ha paura e meno ci si cura di essere vulnerabili; più si ha paura e più si cerca la vittoria, meno si ha paura e meno ci si cura di perdere. Quindi chi è il vero vincitore? Chi è il vero indistruttibile? La vera vittoria sta nel non temere la sconfitta. La vera perfezione sta nell'accettare l'imperfezione. Se stai al buio e non hai paura, allora trovi la tua vera forza e scopri che il buio è la radice della luce e non il suo opposto, così come la paura è la radice dell'amore, si perchè è un amore agli albori, un amore protettivo all'inizio finchè non si sviluppa liberamente; come un bozzolo chiuso all'inizio prima che sbocci ed emani il suo profumo. DUALITA' Ecco, forse, le cose, le emozioni, sensazioni, sentimenti hanno una radice profonda ed una cima alta che sembrano opposti tra loro,


invece sono la stessa cosa, si, come le due facce della stessa medaglia; la sconfitta è la radice della vittoria; la vulnerabilità è la base dell'invunerabilità; l'imperfezione è la base o radice della perfezione; la lentezza lo è della velocità, la debolezza lo è della forza ecc. e così anche la materia, intesa come profondità dell'essere, è la sua radice, un po' come lo stato gassoso, liquido e solido, che sono densità diverse di un'unica cosa. Comprendere qualcosa, un sentimento, un'emozione, una sensazione, una consapevolezza alla sua radice, questa esalta la sua cima. Un albero ha radici e chioma, la sua chioma è bella e ricca di foglie, di fiori e frutti, la sua radice sembra brutta invece, nascosta dentro la terra, ma è questa a nutrire la sua chioma rigogliosa, se tagli e non accetti la radice, perchè ti sembra brutta e sporca, le sue foglie, fiori e frutti muoiono. Non puoi spezzare o dividere. Non esiste una dualità, ma una stessa cosa vista in punti estremi, una radice ed una cima, un basso ed alto della stessa cosa, sembrano così diversi da sembrare due cose distinte ed oggettive, invece sono la stessa cosa. Non puoi accettare l'apice e rifiutare la sua radice, altrimenti, non solo conoscerai solo la sua metà, ma questa metà, da sola, non sussisterebbe. Quando comprendi la vera essenza della sconfitta, diventi vincitore, quando comprendi la vera essenza della vulnerabilità, diventi invulnerabile, quando comprendi l'essenza dell'imperfezione, diventi perfetto. Le radici sono le fondamenta per innalzare alla vita, “scava” dentro di te per conoscerti, per trovare l'essenza di te ed innalzarti, tu non hai fallito, tu non hai perso, tu non sei fragile e vulnerabile, ma tu non hai nemmeno vinto, perchè non necessiti di dover superare qualcosa o qualcuno, questa era solo una tua convinzione suscitata dalla paura di non essere considerato, dalla ricerca di considerazione, di affetto, di


amore che ricercavi all'esterno di te; tu non sei nemmeno invulnerabile, perchè non occorre esserlo, non devi proteggerti da nessuno, questa era solo una tua convinzione dovuta alla paura di sentirti debole, ai sensi di colpa che ti facevano sentire debole, ma che ti addossavi solo tu. Ora la sconfitta e la vittoria si sono unite nel tuo cuore, esso non fa più differenza, perchè non c'è vittoria e non c'è sconfitta, sono due sfaccettature di una stessa cosa. Ora non devi più proteggerti dal giudizio di te stesso, perciò sei sia vulnerabile che invulnerabile, hai unito anche questo lato di te, le due facce della stessa medaglia. E tutto questo lo comprendi attraverso il tuo corpo, quello che credevi debole, sofferente, caduco, imperfetto, a volte anche spiacevole e che spesso, dolente o nolente, lo si trattava anche male per punire noi stessi nel non sentirci come avremmo voluto. Il corpo mi sta insegnando che non è un limite, ma è una guida; una guida dal caos alla coscienza, dal molteplice all'unità. Esso ti fa strada per arrivare a te, per arrivare nella profondità di te stesso, dove, appunto, tocchi il tuo vero essere, non come carne, ma come essenza! Per tutta la vita abbiamo cercato di proteggere la parte di noi più debole, più fragile, più vulnerabile, evitando di toccarla o di farla toccare, senza sapere che, invece, era la parte più vera di noi, più profonda di noi. Seguivamo un'idea di noi, non noi stessi. La fenice che rinasce dalle ceneri! Tu senti tramite il corpo ed esso ti trasmette il tuo essere nella forma più vera, più toccante, dove non puoi sbagliare. Un giorno moriremo e non avremo più il corpo e questo ci ha fatto anche pensare che si può farne a meno, ma finchè non abbiamo toccato il nostro essere fino in fondo esso è lì ad insegnarci, ad insegnarci amorevolmente, anche se si fa fatica a crederlo, dato che a volte usa il dolore per farci comprendere quando cerchiamo in tutti i modi di fuggire da noi stessi.


Spesso usavo la mente per comprendere i disagi del proprio corpo, cercavo di capire lì, nella mente, cosa ne causava il disagio o sofferenza e da lì ci ho anche compreso molte cose, ma ora lascio che sia il corpo stesso a comunicarmelo, senza l'interpretazione della mente, senza il giudizio o un ideale da raggiungere. Era anche un modo per evitare di toccare la materia, dove faceva più male, la mente mi faceva stare come sollevato, come sospeso su una nube affinchè non arrivassi lì, nella materia, dove il dolore era più forte. Era anche quella una forma di protezione, una protezione che affidavi alla mente che, forse, reputavi più forte, oppure semplicemente meno dolorosa del corpo, invece poi ti accorgevi che faceva più male nella mente che nel corpo stesso. Ho compreso che si segue quasi sempre un ideale da raggiungere, piuttosto che essere se stessi; si fugge sempre da se stessi per mettersi una maschera migliore, quella che abbiamo non ci piace, è troppo imperfetta, irritante, antipatica. Ed il corpo è lì a ricordarci chi siamo! Non siamo il corpo, ma attraverso esso ritroviamo noi stessi, quelli veri, non quelli che vorremmo essere. Come dicevo sopra, attribuivo la sopravvivenza alla materia, al corpo, per cui la necessità di avere un lavoro, di avere soldi per poter vivere, una casa per ripararsi e vestiti era tutto in corrispondenza nell'avere un corpo. Ora penso che ci sia veramente una forte relazione tra il corpo e la sopravvivenza, ma non solo come necessità, come bisogno, o almeno non inteso come l'avere un corpo debole, caduco e con bisogni necessari al mantenimento dello stesso; ma questa relazione è la relazione col nostro essere più vero, più profondo. Più siamo lontani col nostro profondo essere è più avvertiamo le necessità corporali, appunto come una cartina tornasole, il corpo ci avverte di questo. Più soffriamo lo stato di sopravvivenza all'esterno e più significa


che siamo distanti dal nostro essere più profondo. Essere distanti non inteso nel significato di poca evoluzione o poca coscienza, ma di non voler accettare noi stessi nel profondo, nel non accettarci ed amarci così come siamo, inteso anche come corpo. Più fuggiamo da noi stessi, dal nostro vero essere e più soffriamo la sopravvivenza del corpo, più invece, rimaniamo in noi e meno ne soffriamo, anzi si aprono le sincronie per un bene migliore. Più questa relazione in tutto noi stessi, anima e corpo si fortifica e più l'energia non viene più bloccata nel corpo, perchè il rifiuto genera blocchi dentro e fuori di noi, invece l'accettarci libera queste energie sia dentro il corpo che fuori. Così si sbloccano i flussi biologici dentro il corpo non causando malattie o disfunzioni e si sbloccano le energie di potenziali che determinano un afflusso di abbondanza all'esterno con relative situazioni di benessere e del vivere in modo dignitoso e perchè no, anche ricco. Quello che intendo è comprendere la funzione del corpo come un ultimo gradino, il più profondo del nostro essere, dove tocchiamo noi stessi, un toccare materiale che sta a significare ricongiungersi in modo concreto, non solo mentale o astrattamente. La materia intesa come profondità dell'essere, come la sua radice. Un po' come lo stato gassoso, liquido e solido, che sono densità diverse di un'unica cosa. Il corpo è anch'esso divino! PRESENZA Sentirci nel profondo di noi è un po' come “toccarci” fin nelle proprie viscere, sentire tutto il corpo, tutto l'essere, vuol dire diventare “presenti” a noi stessi; vuol dire essere PRESENZA. E' importante essere presenti con tutto noi stessi, vivere con tutto il nostro essere, sentire la vita fin nelle ossa, è un po' come essere


autonomi, indipendenti, camminare con le proprie gambe; è vivere il qui ed ora. Nella “presenza” di te è fondamentale accettarci ed amarci così come siamo, se siamo pieni di giudizio o vogliamo migliorarci o cambiare, significa che non ci siamo ancora accettati. Il volersi migliorare vuol dire che non ti accetti così come sei. Non è il giudizio su di te che ti fa migliorare, ma l'amore che hai per te stesso semmai. Questo amore per te ti permette di essere presente, di vivere il qui ed ora, di essere in pace con te stesso e col mondo intero. Quando tu sei presente a te stesso, la tua coscienza si apre, tu permetti alla tua coscienza di aprirsi, sotto forma di intuito, di ispirazione, di consapevolezza, di frequenza. Tu sei coscienza, l'essenza di te è coscienza, quella coscienza senza tutti quegli attributi che tu gli dai, coscienza pura e semplice e la presenza è semplicemente essere, essere lì. Con la tua sola presenza, la presenza pura, senza i tuoi giudizi, la vita diventa cosciente, prende coscienza, tu la ravvivi, la fai vivere. Tu sei quel “sentire” che fa vivere le situazioni, che fa vivere la manifestazione, che fa vivere la creazione. In quella pace dentro di te, esci da quel conflitto di opposizione che ti faceva oscillare da una parte all'altra senza, però, mai uscirne, sempre racchiuso nei suoi limiti. CAMBIARE FREQUENZA Così, ad un certo punto senti di andare oltre, di cambiare la frequenza o prospettiva, senti che non si tratta più di giudicare giusto o sbagliato, di migliorare e modificare, di vincere o perdere, di trovare la retta via, di arrabbiarsi per le ingiustizie e via dicendo, perchè in quel modo rimani sempre e comunque in quella stessa energia. In quel modo gli dai comunque energia per


continuare quel gioco fatto di preoccupazioni, di vittimismo, di ingiustizia, di soprusi, di ansie, di arrivismo, di superiorità, di superficialità, di allarmismi. E' un gioco fatto di controllo, controllare attraverso il male o attraverso il bene, ma sempre controllo è, e controllare vuol dire essere in una certa energia e limitarla, metterle un tetto, un limite. Il controllo è limitazione! Comprendere qualcosa e far in modo che ogni cosa sia "dentro" questa comprensione; non accetta uno sviluppo, un evolversi, un andare oltre. Ad un certo punto senti che il vero cambiamento non è nel migliorare la situazione o prosperare nella stessa energia, non è nel continuare a controllare la tua vita, ma cambiare proprio modello energetico o dimensione, fare il salto. Semplicemente senti che quell'energia non ti serve più, puoi manipolarla quanto vuoi, modificarla o altro, ma quella rimane e quella è; in quella dimensione è la sua giusta e perfetta energia. Allora comprendi che per passare oltre devi semplicemente lasciarla andare, e sta a te se voler continuare a giocarci ancora oppure andare alla prossima. Quando ti risenti di qualcosa, quando anche cerchi giustizia su qualcosa, quando vuoi cambiare le cose, vuol dire che sei ancora interessato a fare quel gioco energetico, che qualcosa ti attira e ti senti coinvolto, allora sei ancora in quell'energia, in quella dimensione e ne rimani ingabbiato; non c'è niente di male, ma hai ancora bisogno di farne esperienza. Quando invece non senti più coinvolgimenti del genere, vuol dire che la tua energia è cambiata e quei giochi iniziano a dissolversi per te, cambi la tua frequenza, la vecchia energia si dissolve ed inizi la successiva dimensione d'esistenza. Allora lasci che siano gli altri a continuarli quei giochi energetici,


a te non interessano più, e quando a te non interessano più, ti accorgi che nemmeno gli altri sono interessati a coinvolgerti, sentono che tu sei fuori dai giochi e non ti cercano più. Quello che succede è che vedi con occhi nuovi, non ti senti intrappolato in quei meccanismi di sempre, ti senti libero di percepire, libero di sentire, libero di vivere. In questa ritrovata libertà, l'identificazione con l'io e le emozioni iniziano a cambiare, non dici più “sono” pauroso o coraggioso, “sono” buono o cattivo, ma dici “sento” la paura o la forza, “sento” la positività o negatività. Ecco che allora, dopo aver toccato e compreso le radici dell'essere, dalla sua forma fisica inizi a salire in alto, dalla sua forma più densa a quella liquida eppoi eterea. Cambi frequenza, comprendi che amare se stessi o amare gli altri o semplicemente amare non è un'azione, non è un comportamento, non è un obiettivo, non è una conquista o una consapevolezza, l'amare è semplicemente aprirsi all'amore che esiste in noi, o meglio, che siamo noi, perchè è la nostra essenza, perciò è entrare in quella vibrazione, in quella frequenza e sentirla, semplicemente sentirla, esserne coscienti, lasciarsi abbracciare, avvolgere da quella frequenza. E' spiritualizzare il corpo, la materia, la mente, tutto te stesso in un unico abbraccio! Non c'è un io che ama, che può amare, se lo fa sappiamo bene in che modo (gelosia, possesso, invidia, aspettativa….), se c'è un io che crede di amare, distrugge tale stato. L'amore è un po' una morte dell'io, è un “sentire” semplicemente l'amore e così come il comprendere, non c'è un io che comprende, c'è il sapere che scorre in te e tu, per sentirlo, lo lasci vibrare in te, ti lasci avvolgere. Non c'è un io che vive, c'è la vita che sei tu e per sentirla la lasci vibrare in te. Senti la totalità di ogni cosa, la totalità dell'amore, dell'amare, del


sapere, della vita. Se c'è un io ricadi nella distinzione, nella separazione, nella distorsione, nella disarmonia. Ogni volta che senti la tua vita pesante, sofferente, che senti uno sforzo, vuol dire che concentri la tua attenzione nella tua personalità, in quel conflitto dentro di te e ne rimani ingabbiato. Liberarsi è lasciare quella frequenza più pesante ed agganciare la frequenza superiore che è già in te; è alleggerirsi di tutte quelle problematiche dell'io, di tutte quelle zavorre che ci portiamo dietro da sempre e che ci sembrano enormi ed insuperabili, mentre nella frequenza superiore si dissolvono come neve al sole, come un sogno al risveglio. ACCETTA L'INFINITO IN TE Si tratta di accettare l'infinito in te, L'infinito in te che vuole spazio, ossia la realizzazione del tuo essere eterno. Esso è come un cerchio aperto, come un buco, un foro, come lo spazio vuoto in ogni cosa e quindi lo spazio vuoto anche dentro di te, l'immensità dentro te. E' quel vuoto indefinito che tu non riesci a decifrare, ad interpretare e spesso ti opprime, ti fa sentire pressante dentro di te, è quello spazio vuoto che tu cerchi di colmare, quel vuoto che ti agita e ti deprime a volte e perciò ti fa cercare energia ovunque, magari stuzzicando del cibo o accendendo la tv o che ti fa comunque muovere, perchè in quel vuoto ti senti un po' perso, ti senti mancare la terra sotto i piedi, ed un senso di vertigine ti assale. Sei abituato ad appoggiarti sempre a qualcosa, sia in senso fisico che mentale e questo si riversa sul bisogno di decifrare, catalogare, capire, controllare, racchiudere ogni cosa o pensiero e perciò questo ti destabilizza, ti disorienta. A volte ti può causare una forte depressione, perchè questo infinito in te, ti fa sentire come “incompleto”, come “sconosciuto”, come inarrivabile e nella tua mente umana tu lo interpreti come “incapacità”, “frustrazione”, “incompletezza”.


Tu cerchi di interpretare questo vuoto incolmabile, questo senso di incompletezza, te lo porti sempre dietro, nel lavoro, ma non solo, si può tradurre nel voler far carriera, nel cercare di essere sempre più in alto senza riuscire mai a sentirsi però completi, soddisfatti, e così in ogni campo, negli hobby, in famiglia, nella vita sociale ecc. Senti sempre che ti manca qualcosa nella tua vita, in te, per non parlare poi della solitudine che ti suscita. Vorresti avere una vita piena di impegni, di soddisfazioni proprio per evitare quella paura di non riuscire a sentirti appagato che ti farebbe precipitare in quel vuoto pieno di dubbi, paure, frustrazioni, incertezze, solitudine e accenderebbero i rimproveri della tua mente. E' questo infinito in te, questo buco, questo vuoto che ti fa sentire così. “Accetta” l'infinito in te, perchè questo infinito è parte di te, o meglio, è te. Non puoi decifrare l'infinito, altrimenti lo renderesti finito, non puoi comprenderlo, altrimenti lo renderesti finito, non puoi completarlo, altrimenti lo renderesti finito. In effetti è così che tu crei la tua vita. La materia indifferenziata viene percepita dai sensi, dal relativo, dal limitato e crea la sostanza. In quel vuoto, in quella materia indifferenziata, tu metti in moto tutte le interpretazioni di cui è capace la tua mente, la tua percezione e crei la tua vita esteriore, il tuo vissuto. Se, però, questo vuoto ti spaventa, ti opprime, di conseguenza tu lo interpreti come negatività e inizi a creare paure, dubbi, frustrazioni che si ripercuotono nella tua vita. Quindi, quando sentirai quel vuoto, non allarmarti, non cadere in depressione, non iniziare ad interpretare quel senso di incompletezza, dovuta alla tua infinità, col sentirti incompleto, come se ti mancasse sempre qualcosa, andando poi alla ricerca di chissà cosa; non iniziare ad interpretare quell'ignoto, col pensarti


ignorante; non interpretare quell'indefinito, col sentirti incapace solo perchè non ti riesce di decifrarlo. “Permetti” che l'infinito ti completi, perchè è quella parte di te che non conosci e se tu permetti che entri in te (anche se lo è già), tu permetti alla Coscienza di illuminarti, di risvegliarti, di essere vera “presenza” cosciente e di vivere il qui ed ora, di vivere l'eterno presente. La vita è come una mongolfiera, in cui per salire in alto ci pensa la fiamma della tua anima, ma tu devi sciogliere i nodi che fissano le tue zavorre. A mano a mano che sciogli le zavorre sali sempre più in alto. Ma non è facile, perchè le parole in sé non bastano, ci vuole convinzione, esperienza, devi entrare nella radice di te, altrimenti non ci si riesce. La tua mente non ci crede, ma non è vero che la mente mente, la mente vuole capire, altrimenti non ti lascerà in pace e abbasserà sempre le tue frequenze, diventerà un'àncora per te, ma capire non vuol dire comprendere quello che non può comprendere, ma comprendere che ha un limite, se la mente comprende la sua realtà, i suoi limiti, se comprende il perchè deve lasciare il posto alla fiducia, se comprende il perchè deve lasciare andare, ti lascerà in pace e tu potrai alzare la tua frequenza. Inutile fare esercizi, meditazioni per tacitare la mente o far finta di non prendersene cura, la mente, se non è convinta, non ti mollerà mai. La mente ti aiuta per andare alla radice di te, per aiutarti a toccare il tuo corpo, per entrare nella profondità del tuo essere, per poter sciogliere quei nodi che ti legano alle tue zavorre e volare poi libero e leggero. Non puoi essere leggero se sei in conflitto con te stesso, con la tua mente, lo sarai solo se hai trovato la tua pace interiore, sei sei “presenza”........poi lasciati andare nella tua essenza, ma ricordati: “Non puoi conoscere il tuo vero essere, puoi solo ESSERLO”, così come non puoi conoscere il vero amore, puoi solo esserlo.


Non sei uno che ama, sei l'amore stesso; non sei uno che sa, sei la coscienza stessa; non sei uno che vive, sei la vita stessa. Essere come totalità, senza più separazione, senza più distinzione; non più un io distinto che conosce dall'esterno, che sente dall'esterno, ma un essere “coscienza” di tutto. Esci dalla dualità, quando esci dal tuo io; entri nel Tutto, quando ti fondi con te stesso, con tutto te stesso, con il tuo vero essere, ecco perchè non puoi conoscerlo, perchè nel conoscerlo rimani nella dualità, nella distinzione, perchè presuppone il conoscente ed il conosciuto, e separi il Tutto e separandolo, vedrai e sentirai sempre e solo una parte; puoi solo fonderti in esso e quindi “esserlo” senza più separazione, questo vuol dire essere “PRESENZA”. E quando “SEI”, sei l'amore stesso, sei la vita stessa, sei “COSCIENZA”.





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