Accazine路 Mensile路 Anno 1路 Numero 00路 Gennaio 2009
ZINE
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SOmMARiO Stacca In prima H
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AccattivArti
Redazione: Valentina Redi
direttrice responsabile e responsabile di produzione
Lucia Grassiccia
direttrice responsabile ed editor capo
Simona Matina
responsabile grafica
Alessandra Rigano responsabile grafica
Fabio Amenta
responsabile web
Elisa Raciti
Dammi... una pallottola Dal myspace allo stereo che scoppia alla velocità delle luci Le tante forme di Valentina
redattore
Umberto Spampinato
coresponsabile di produzione
Hanno collaborato: Ch
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Giuseppe Asaro Rosanna Barbagallo Francesco Bologna Giorgia Di Carlo Gabriele Grillo Ilaria La Magna Simona Marano Max Maugeri Vincenzo Orsini Fabrizio Spucches
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Vignette Chiara Filincieri
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La poltrona accanto
3 Ci sono Oskar e Oscar Bellini accidenti se non Roma si macchia di Viola 2 31 Al è buona la prima John perdona loro perchè non sanno quello che fanno 2 2 Punto Accapo Quando l’arte è appesa a un filo 2 3 32 Darà i numeri, ma è primo come loro Rosario Leotta 24 33 Non tutti i vizi portano all’inferno. Forse. Statuephilia
Portfolio
Accade
redattore
Marco Agosta
Baccano
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26 34
62
Salsicce in Paul Position
onder all· E
1
Spaccaschermo
Un colpo di testa tra i colpi di spada
Accabyte
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El Salvador de la pittura? Raccattati
Abbiamo acchiappato un Topolos Intervista al matte painter della Pixar
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C
’era una volta un’Acca. Era una povera Acca da poco: valeva un’acca, e lo sapeva.
M
Perciò non montava in superbia, restava al suo posto e sopportava con pazienza le beffe delle sue compagne. Esse le dicevano:
E così, saresti anche tu una lettera dell’alfabeto? Con quella faccia?
Lo sai o non lo sai che nessuno ti pronuncia?
Lo sapeva, lo sapeva. Ma sapeva anche che all’estero ci sono paesi, e lingue, in cui l’acca ci fa la sua figura.
Voglio andare in Germania, - pensava l’Acca, quand’era più triste del solito. Mi hanno detto che lassù le Acca sono importantissime. Un giorno la fecero proprio arrabbiare. E lei, senza dire né uno né due, mise le sue poche robe in un fagotto e si mise in viaggio con l’autostop.
Apriti cielo! Quel che successe da un momento all’altro, a causa di quella fuga, non si può nemmeno descrivere.
Le chiese, rimaste senz’acca, c
ro l l ar o n o
come sotto i bombardamenti.
giornali
g e I chioschi, diventati di colpo troppo le g ri, volarono per aria seminando
aranciate
birre
io tine in ghiacc a n a r g un po’ dappertutto.
In compenso, dal cielo caddero giù i che
rubini: levargli l’acca, era stato come levargli le ali. […] Cominciò una gran caccia all’uomo, anzi, scusate, all’Acca. I posti di frontiera furono avvertiti di raddoppiare la vigilanza. L’Acca fu scoperta nelle vicinanze del Brennero, mentre tentava di entrare clandestinamente in Austria, perché non aveva passaporto. Ma dovettero pregarla in ginocchio:
Resti con noi, non ci faccia questo torto!
Senza di lei, non riusciremmo a pronunciare bene nemmeno il nome di Dante Alighieri. Guardi, qui c’è una petizione degli abitanti di Chiavari, che le offrono una villa al mare. E questa è una lettera del capo-stazione di Chiusi-Chianciano, che senza di lei diventerebbe il capo-stazione di Ciusi-Cianciano: sarebbe una degradazione. L’Acca era di buon cuore, ve l’ho già detto. È rimasta, con gran sollievo del verbo chiacchierare e del pronome chicchessia. Ma bisogna trattarla con rispetto, altrimenti ci pianterà in asso un’altra volta. Per me che sono miope, sarebbe gravissimo: con gli
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m a utatn on ace.
“occiali” senz’acca non ci vedo da qui a lì. Gianni Rodari
(L’Acca in fuga)
Editoriale n. 0
Proprio così, muta ma non tace, che si trovasse o meno nei vostri programmi del giorno.
Come si cominci a scrivere un editoriale, non ne abbiamo idea, ma paradossalmente iniziare a scriverne uno è ciò che abbiamo appena fatto, ché spesso le regole esistono solo nelle nostre cervella. Questo non è nemmeno il primo numero di Hzine, ma solo il suo annunciatore. A pensarci bene… quanto sudore per uno zero stampato in copertina, quale miglior rappresentante del fatidico nulla. Ma a pensarci ancora meglio, è davvero poi così orrendo il nulla? Chissà, in questo caro, arrugginito mondo, così pieno e rumoroso, forse non è la peggiore delle cose, l’assenza. Anche la nostra H nella lingua italiana assomiglia tanto a un’assenza. Così incompresa, nel suo mutismo, spesso minimizzata dalla collettività. Ci siamo allora presi la briga di diventare le sue corde vocali per dar voce a tutto quello che finora le è stato impedito di esprimere. Ricorda un po’ lo stato dell’arte, così misconosciuta, così appartata, come si avesse paura di fare la sua conoscenza. Eppure non uccide, non ferisce, non il corpo delle persone e non con armi fatte di metallo e polvere da sparo. Così veramente bella (accanto a lei, “bello” non è mai banale), così varia, così oscena. Fa male solo a chi non si aspetta di essere attaccato, ma è una fitta che fa presto a diventare riflessione. Hzine è appena nato, sgambetta ancora nella culla. Forse riceverà qualche consenso, ma se sarà bastonato dalle critiche il piacere non potrà che essere maggiore, si sarà quanto meno provocata una reazione, si sarà almeno corrugata qualche fronte che stava stiracchiata a prendere il sole. Quello che davvero ci preme è avvicinare all’arte, rendendola una pietanza, sì raffinata, ma accessibile ai più. Ma sia ben chiaro, è prima di tutto per noi che stiamo facendo tutto questo, non siamo apostoli di nessuno, eccetto che di noi stessi. Lucia Grassiccia, Valentina Redi
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TECNO
ARTE
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ON THE ROAD
Mario Schifano
1934-1998 Selected works
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> Milano Galleria Gruppo Credito Valtellinese Fondazione Stelline - Palazzo Delle Stelline Accademia Delle Belle Arti Di Brera Fino all’ 01.02 www.creval.it/gallerie/milano/schifano.html
In programma dal 18 ottobre al 15 marzo in Piazza del Duomo a Milano la prima mostra italiana interamente dedicata al Rock’n’Roll! In mostra chitarre, giornali, foto, poster, oggetti, video, disegni, testi autografi dalla preziosa collezione di Red Ronnie, la più vasta d’Europa.
Arte, cinema, musica e fotografia da Picasso a Basquiat > Rovereto, MART Fino al 15.02 www.mart.trento.it
> 29.01 Milano, Magnolia Club > 30.01 Ravenna, Bronson Club
KAP BAMBINO
> 28.01 Roma, Traffic > 29.01 Firenze, Tape Club > 31.01 Bologna, Covo Club
> In tour a partire dal 23.01
VINICIO CAPOSSELA
> 24.01 Assisi (Pg), Teatro Lyric
La lente di Freud
> Genova, Palazzo Ducale Fino al 15.02 www.palazzoducale.genova.it
Una galleria dell’inconscio, con una selezione di circa 200 opere grafiche e originali (incisioni, xilografie, chine e acquerelli su carta) della Fondazione Antonio Mazzotta.La mostra si inserisce nel filone di studi psicoanalitici sull’arte e la creatività inaugurata da Sigmund Freud. Da notare i pannelli esplicativi che guidano il visitatore lungo lo sguardo che gli autori hanno avuto sugli artist.
Raffaello
SANTA MARIADELLA SCALA - Siena Dal 26 novembre 2008 al 22 febbraio 2009 santamariadellascala.com
FABRIZIO DE ANDRè
LA MOSTRA > Fino al 03.05 Genova, Palazzo Ducale
THE FLASHSTONES
> 20.01 Roma, Init > 21.01 Milano, Magnolia > 22.01 Pordenone, Deposito Giordani > 23.01 Siena, Sonari > 24.01 09 Recanati, Extracinemusic > 25.01 09 Cesena, Officina 49
L’amore, l’arte e la grazia: la Madonna del cardellino restaurata
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HELMET
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Luce e colore
FRANKIE HI-NRG MC Rock’n’Music Planet
Il Secolo del Jazz.
AEROS
> Firenze, Palazzo Medici Riccardi Fino all’ 01.03 www.palazzo-medici.it
TURNER E L’ITALIA > Ferrara, Palazzo dei Diamanti Fino al 22.02 http://www.palazzodiamanti.it/
Di Daniel Ezralow, Moses Pendleton e David Parsons
> Roma, Teatro Olimpico Fino al 18.01
Seurat, Signac
e i neoimpressionisti Milano, Palazzo Reale Fino al 25.01 www.ineoimpressionisti.it
Louise Bourgeois per Capodimonte
> Napoli, Museo di Capodimonte Fino al 25.01 www.museo-capodimonte.it
Io parto...e poi... un lavoro me lo invento! Di Luca Monti
> Roma, Teatro De’ Servi Dal 06.01 al 25.01
LOGHI D’ITALIA Una mostra che vuole valorizzare la memoria storica e culturale delle imprese italiane. Mostrando prodotti, progetti, carosello e soprattutto le opere di quegli artisti come Dudovich, Andy Warhol, Pomodoro, Dalì che si sono cimentati nella creazione di vere opere dedicate alla interazione tra il mondo imprenditoriale e il mondo
Una delle mostre più innovative degli ultimi anni, ideata dal museo Tridentino di Scienze Naturali (TN) in collaborazione con Virtual Italian Parks. Avatar tratterà il tema
ticolare, ad un pubblico incuriosito dalle nuove tecnologie. Museo tridentino di scienze naturali > Trento Fino al 15.02 www.avatarexperience.eu
culturale: manifesti pubblicitari, quadri, sculture e riviste.opere d’arte. Museo nazionale di castel sant’angelo > Roma Dal 21 Novembre al 25 Gennaio www.loghiditalia.com
SUNDANCE FESTIVAL Da sempre il maggiore festival di cinema indipendente, arrivato alla sua 25ma edizione, si tiene dal 15 al 25 gennaio a Park City, Utah. Quest’anno si fa sede di 87 prime mondiali e
rampa di lancio di 47 debutti. Un evento, secondo il direttore Geoff Gilmore, caratterizzato da lungometraggi di profondo pathos emotivo. Ad aprirlo la proiezione di Mary and Max, film d’animazione diretto da Adam Elliot. festival.sundance org/2009
SPETTACOLO
Le date: 16.01.09 Sottotetto Club, Bologna 17.01.09 Stonehenge, Arcole (VR)
> Milano, Triennale Fino all’ 08.02 www.triennale.it
Lucio Fontana
GIRLSCHOOL Carriera trentennale invidiabile e protagoniste della scena rock inglese. Fresche di nuovo album dal titolo “Legacy” . Hanno collaborato con Lemmy dei Motorhead e Ronnie James Dio.
> Bologna, Padova, Firenze, Torino ,Bari Dal 27.01 al 15.02 www.adobe.com/it/special/ cs4eventi/ontheroad/ index.htm
dei nuovi mondi virtuali con installazioni interattive dove i visitatori, grazie al proprio avatar, potranno dialogare ed interagire insieme esplorando questi spazi. La mostra è aperta a tutti e si rivolge, in par-
Ba I r A D i FI al LM w 12.0 w 1 w. a FE pe l 1 ril 7. ST cin 01 em ait TR ali an > IE o. Tr it ies ST D te E al FI w 15.0 LM w 1 w. a tr l 2 ies 2 FE te .01 ST fil m IV fe FU st AL iva > T l.it Bo U D logn RE al a FI w 27.0 LM w 1 w. a fu l 0 tu 1 FE re .02 ST fil m fe IV st AL iva l.o rg
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BURRI
AVATAR
NOTRE DAME DE PARIS
Nonostante false credenze riprende la famosa versione musicale di Notre Dame De Paris. Partito da Roma, il tour farà tappa al Teatro Arcimboldi di Milano dal 22 Gennaio . La novità sta nel ritorno dei protagonisti che hanno portato in scena la prima edizione. E’ già sicura la riapparizione di Matteo Setti, Lola Ponce e Giò Di Tonno. TEATRO ARCIMBOLDI > Milano Dal 22.01 al 22.02 www.notredamedeparis.it
CONCORSI Sculture nella città Progetti per Milano
MAXXI 2per100.
Rock ‘n’ Music Contest
Create your paradise
Donne e musica
Promosso dalla Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente, è rivolto a scultori più noti e con maggiore esperienza e a giovani da poco affacciatisi sulla scena artistica. Si conclude con una grande mostra al Palazzo della Permanente.
Due opere d’arte destinate al MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo, realizzato su progetto di Zaha Hadid a Roma, che sarà inaugurato nel 2009. Il concorso è aperto ad artisti di ogni paese che possono partecipare singolarmente o in gruppo.
Virgin Radio, in collaborazione con Fender e Mapex, offre a tutte le band emergenti la possibilità di vincere un set di strumenti e di suonare sul palco del Rock ‘n’Music Planet in Piazza Duomo a Milano. Le band si sfideranno dal palco del Museo del Rock.
Concorso di interior design per CWS-boco International aperto a tutti gli artisti di qualsiasi età e nazionalità. I premi sono: 1° premio: 2.000 € 1° classificato della votazione online: 1.000 €
Concorso video indetto da Il Fischio. Le prime cinque opere scelte saranno presentate alla XVI edizione del festival Sguardi Altrove 2009, Festival Internazionale a regia femminile. 1° premio: 500 €
Scadenza 31.01 > vai al sito
Scadenza: 07.02 > vai al sito
Scadenza: 26.02 > vai al sito
Scadenza: 31.01 > vai al sito
Scadenza: 01.02 > vai al sito
in prima Titolo originale: WALL•E Paese: USA Anno: 2008 Durata: 98 min Genere: Animazione / Fantascienza / Sentimentale / Commedia / Avventura Regia: Andrew Stanton Soggetto: Andrew Stanton e Pete Docter Sceneggiatura: Andrew Stanton e Jim Reardon Produttore: Jim Morris, Lindsey Collins (co-produttore) Produttore esecutivo: John Lasseter Produttore associato: Tom Porter Direttore fotografia: Roger Deakins Colonna sonora: Oscar Thomas Newman con la collaborazione di Peter Gabriel con Down to Earth Casa di produzione: Pixar Animation Studios / Walt Disney Pictures Distribuzione: Walt Disney Studios Motion Pictures
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Wonder
Si potrebbe scegliere di non star lì a riempire la pagina di parole inutili, lasciar parlare le immagini così come sapientemente ci ha ricordato questo film. D’altronde è sufficiente un vibrante “Wuuuoooooolliii” per cominciare ad affezionarsi a quei due irresistibili binocoloni. Basterebbe, insomma, far sì che la ricchezza dell’aspetto visivo e sonoro di questo film ci travolgesse con i suoi significati, per non dover aggiungere altro. Ma noi questo “altro” lo aggiungeremo, perché pur sostenendo la causa del “muto/a” (che siano i primi 40 minuti di un film o una semplice consonante poco cambia), non siam soliti tacere.
all-E. Una scatoletta minuta e compatta, utile per proteggersi all’occorrenza, due bracci meccanici multidirezionali, due cingoli sempre sporchi e due lenti, specchi della sua anima robotica e del mondo che lo circonda. Un curioso robot rimasto unico esemplare in una Terra-Pattumiera totalmente desolata, se non fosse per la presenza dell’indistruttibile compagna di avventure a due antenne, trascorre il tempo rigorosamente dedito alla sua direttiva, costruendo grattacieli di rifiuti e frugando tra i rimasugli di una civiltà che lo ha abbandonato, nella speranza di un contatto che lo possa rincuorare dalla sua eterna solitudine.
Wall·E
Lo attendono una romantica storia d’amore, una simpatica combriccola di suoi simili tecnologicamente avanzati e degli umani più finti che reali, simili ad automi, che si sveglieranno da un lungo sonno mediatico. Due binocoli, i suoi, da non dimenticare, due di quelli che ti trasmettono più di quanto uno sguardo umano spesso sappia fare, sicuramente più di quanto riesca, il più delle volte, un attore in carne ed ossa.Tutto merito di un character design curatissimo, a partire dai dettagli rifiniti durante l’animazione fino alla definizione del sound design, che dota i personaggi di un’espressività fuori dallo standard robotico; impresa che solo la Pixar, con questo particolare staff d’eccezione, avrebbe potuto compiere. Come poteva non far breccia nei nostri cuori? Pare proprio che il successo di Wall-E non si fermi allo sbanco al botteghino e ai numerosi riconoscimenti già ottenuti, ma che possa arrivare fino al, niente po’ po’ di meno che... Teatro Kodak di Los Angeles, per l’ottantunesima edizione degli Academy Awards.
Ebbene sì, la stessa Disney che si occupa della distribuzione dei film Pixar e ne condivide la produzione, e che nel bene o nel male ha lasciato la sua impronta al film (ne è un esempio il trasporto emotivo, alle volte eccessivamente smielato, che coinvolge all’unisono tutti i personaggi specie nelle scene finali), ha scelto di proporre Wall-E, mossa che a molti potrebbe sembrare azzardata, non solo come Miglior Film d’Animazione (e non ne avevamo dubbi), ma come Miglior Film dell’anno. Esplicativa la dichiarazione di Richard Cook, presidente della Disney, al New York Times: “Se non l’avessimo fatto, non credo che avremmo reso il giusto onore a questo film”. E pensare che c’è chi lo vuol far passare come la solita favoletta per bambini! Un film dagli ingredienti ben ponderati: si passa dalla romantica avventura d’amore, cosparsa dalla sempre presente vena umoristica made in Pixar, a temi di portata
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velatamente polemica, quali ad esempio la denuncia ambientalista e la non indifferente critica al consumismo. Eppure la complessità dei temi trattati riesce a non eclissarne l’impronta genuina e sempre così pura. Oltre a un sorriso sulle labbra, in definitiva, lascia qualcosa in più su cui riflettere. La voluta resa realistica delle immagini, con le sue ricercatissime imperfe-
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zioni (ed è qui che la tecnica del matte painting viene in soccorso), ci avvicina ancor di più alla realtà fotografica delle riprese cinematografiche, allontanandoci dalla perfezione delle immagini animate in digitale. D’altronde si suol parlare di un robot che più umano non si può… certo non se ci riferiamo, però, all’umanità rappresentata solitamente dalla Dreamworks, che sembra rispecchiarla in modo fin troppo veritiero (tant’è che la definizione dei personaggi è basata sui modelli degli stessi doppiatori), con tutte le sue accezioni negative. Qui, invece, si va oltre all’uomo “odierno” (del quale si condannano le tendenze deleterie), si riesce ancora a “creare” senza attingere forzatamente da quello che il mondo ci propone, ma raccontando favole come quelle d’altri tempi, pur trattando temi tanto più attuali.
Se non altro quale uomo, seppur dotato di immortalità, riuscirebbe a spalare rifiuti ogni giorno della sua vita per oltre 700 anni con la sola compagnia di una (paradossalmente adorabile) blatta? E quale uomo avrebbe così tanta cura di oggetti privi di alcun valore economico? E, infine, quale uomo riuscirebbe ad amare in modo così teneramente puro? E non state lì con le mani alzate eh! Ebbene è proprio un robot che impara a relazionarsi e ad amare seguendo l’esempio umano, il suo istinto cibernetico ci ricorda il valore e la potenza della comunicazione in un mondo ormai disastrato, degradato e fin troppo meccanicizzato. È proprio grazie alla sua impressionante capacità comunicativa che ci ricorda l’innocenza dei gesti, la purezza dei sentimenti, che rende il semplice tenersi per mano l’apoteosi
dell’amore. Un messaggero privo di parola, ma portatore sano di sensi. Viene da chiedersi se mai arriverà il giorno in cui i robot sostituiranno gli uomini, trasformando i loro bit elettronici in espressioni emotive, per rendere onore e giusta causa alla Terra. Non ci resta che attendere con ansia l’annuncio delle nomination agli Oscar, fissato per il 22 Gennaio. Nel frattempo ci piace fantasticare immaginando un timidone come Wall-E salire su quel palco, osservare incuriosito la tanto ambita statuetta d’oro, e poi portar con sé la “preziosissima” base. Simona Matina
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Un po’ come Hitchock, la Pixar si rende partecipe nei suoi film cospargendoli di riferimenti alle precedenti produzioni, ai suoi dipendenti, ecc. In particolare qui troviamo, nascosti tra la spazzatura e tra gli oggetti collezionati da Wall-E , il dinosauro Rex, il maialino Hamm e i coni di sicurezza stradale direttamente da Toy story 2, il motorino dello chef di Ratatouille e la Luxo Jr. (la mitica lampada del cortometraggio PIXAR, nel film ridotta ad uno dei bracci della statuetta realizzata con tanto amore da Wall-E in onore di Eve). La “Direttiva A-113”, inoltre, include un codice nascosto in tutti i film PIXAR che fa riferimento alla classe frequentata da molti dei loro animatori presso il California Institute of the Arts.
In secoli di solitudine Wall-E riesce a collezionare i più svariati oggetti... uno dei più preziosi è sicuramente la videocassetta del film “Hello Dolly!”, che rivede volentieri ogni sera e grazia alla quale scoprirà i gesti d’amore più puri e semplici. Inoltre questo celebre Musical ha dato un contributo sostanziale anche alla colonna sonora del film stesso.
Si può affermare che tutto deriva dell’influenza dei film di fantascienza degli anni ‘70/’80. La creazione di Wall-E è frutto di una lunga incubazione, specie se teniamo in considerazione l’idea iniziale, (che già di per sé ne conteneva i tratti più caratteristici) venuta fuori a Stanton durante una riunione creativa, poco dopo l’uscita di Toy Story, nel 1994. Il progetto, che è stato poi ripreso successivamente, era fin dagli albori ben definito, Stanton aveva un chiodo fisso: la voce di R2D2. Così venne la collaborazione con Ben Burtt, geniale creatore delle voci dei robot di Star Wars (e non solo), che si è occupato del riuscitissimo sound design di Wall-E ed ha curato il resto degli effetti sonori del film. Tra i film dai quali Stanton ha dichiarato di aver tratto ispirazione, troviamo: Incontri ravvicinati del terzo tipo - Startrek - Il pianeta delle scimmie - Tron - Blade runner - Atmosfera zero - Alien- Douglas - The Silent running (2002: La seconda odissea).
Forse è proprio “2001 Odissea nello spazio” il film più omaggiato e citato. Hal 9000 ad esempio, computer della “Discovery 1”, è stato ripreso diverse volte, a partire dal nome del piccolo insettino (Hal per l’appunto), amico di Wall-E, fino ad arrivare alle sembianze e al “ruolo” di Auto (computer della “Axiom”). Persino le note della famosissima colonna sonora del film irrompono in una delle scene chiave di Wall-E.
Buy n Large: l’onnipresente marchio frutto di una vera e propria operazione di viral marketing voluta dalla Pixar per la promozione di Wall-E. Fino a poco tempo fa era perfino disponibile il sito dov’era possibile comprare oggetti “marchiati” dalla fantomatica multinazionale scoprendo, nel frattempo, nuove anticipazioni sul film.
Sembra quasi un suo antenato, eppure lo stesso Stanton afferma di non essersi riferito in alcun modo al simpatico protagonista di Corto Circuito, Johnny 5. Come potrebbe non ricordarcelo? Sia per il suo corpo tozzo e i suoi grandi occhioni, sia, specialmente, per quella sorta di goffaggine mista ad un’infinita dolcezza che lo rende irresistibilmente tenero, proprio come Wall-E
La ciliegina sulla torta… di quei credits che inchiodano gli spettatori alla poltrona anche quando il film sembra finito. L’arte in uno splendido riassunto che va dai geroglifici alla pixel art. La rinascita del pianeta narrata attraverso l’evoluzione dei diversi stili artistici e accompagnata da una splendida colonna sonora, prima con P. Gabriel e poi con T. Newman. Per alcuni sono già tra i migliori della storia del cinema, un vero e proprio elogio all’arte.
Circa 40 minuti dei 98 totali in completa assenza di dialoghi. Un omaggio al cinema muto, i tempi moderni dei nostri giorni, un misto tra la goffaggine di Chaplin e la malinconia di Buster Keaton.
Forse a qualcuno è sfuggito eppure lo Sputnik, il primo oggetto che l’uomo ha mandato in orbita nel lontano 1957, si trova proprio lì, a coprire per qualche istante la visuale di Wall-E, mentre l’astronave oltrepassa la “barriera” di satelliti con i quali si scontra allontanandosi dalla terra.
Innumerevoli i rimandi al mondo APPLE: dalla presenza dell’IPod, al suo suono di ricarica completa di Wall-E, ma, soprattuto, al design di Eve, progettato proprio da Jonathan Ive, designer di punta dei prodotti più rinomati. della famosissima azienda. Se non altro Steve Jobs (CEO della Apple) è uno dei fondatori ed ex-proprietario della PIXAR e vi collabora tutt’oggi.
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olo e camera prenotati… Si parte! Siamo a Torino per un concentrato di cultura digitale, i quattro giorni più intensi dedicati al mondo della computer grafica (View Conference 2008), ed è lì che lo incontriamo, lui, Paul Topolos, uno dei matte painter che ha dato vita a quel mondo perfettamente “imperfetto” in cui vive Wall-E. Ignaro della nostra presenza, lo incrociamo tra le strade di Torino, sembra quasi che lo pediniamo. Armati di coraggio e telecamera, con le ginocchia ancora tremolanti dall’emozione, il giorno dopo siamo lì, seduti insieme a lui, a scambiare quattro chiacchiere.
acchiappato un
TOPOLOS
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Come non notare i riferimenti ai grandi classici. Il suo aspetto, la sua dolcezza fanno di Wall-e l’E.T. del nuovo millennio (anche se Johnny5, dal film Cortocircuito sembra averlo anticipato). Il grande e rosso obbiettivo di “Auto” sembra il cugino di HAL, l’avvenieristico computer di bordo di 2001: Odissea nello spazio. Solo distratte ispirazioni o veri e propri tributi alla storia della fantascienza? Ci siamo persi qualche altro riferimento?
Io e Adrew Stanton siamo cresciuti con ognuno di questi film. Credo anche che ci siano molti riferimenti da altri film. Siamo tutti amanti dei film di fantascienza, è normale che sia un mix. Jhonny 5… non direi. In molti guardando le sue ruote pensano che Wall-E sia ispirato a lui, ma in realtà non ci siamo rifatti ad altro che ad un binocolo e ad una scatola. Come ho detto prima, siamo tutti influenzati da questi film perché fanno parte della nostra infanzia, credo che ognuno di noi sia condizionato da ciò che ci colpisce da bambini. Ben Burtt, ad esempio, il sound designer di Wall-e, è lo stesso di Star Wars, quindi possiamo dire che c’è anche un po’ di Star Wars in questo film.
Gli splendidi titoli di coda sembrano raccontare una rinascita. Geroglifici egizi, arte grecoromana, impressionismo,Van Gogh e in conclusione la computer art. Sembra che adesso tocchi a voi narrare il nostro tempo…
Jim Capobianco, che si era occupato in passato dei titoli di coda di Ratatouille, ha fatto uno splendido lavoro. Ho dovuto vedere i titoli di coda due volte per capire che si trattasse del futuro, di come l’uomo può sopravvivere. Credo che sia stato un ottimo modo per mettere insieme i problemi dell’umanità, ricordando alle persone la propria storia attraverso l’arte. Si, mi è piaciuto e penso sia un ottimo lavoro di digital painting.
Un film come questo dimostra come sia possible trasmettere un messaggio costruttivo e puro strappando una risata senza alcuna volgarità. Qual è il segreto di questo sognante e raffinato stile Pixar?
Il discorso è che Andrew non voleva creare un film partendo da un messaggio fisso. Questo perché quando siamo cresciuti noi, eravamo tartassati da film pieni di messaggi, per la maggior parte politici. Un esempio è Il pianeta delle scimmie, che principalmente ammonisce l’uomo, avvertendolo che di questo passo si arriverà all’autodistruzione. Andrew aveva bisogno di avere tutti gli uomini fuori dai piedi per poter avere Wall-E da solo sulla terra, e man mano che faceva il film si rendeva sempre più conto di quanto fosse interessante l’idea di questo robottino rimasto solo sulla terra ad accumulare in ordine tutta la spazzatura che gli esseri umani avevano creato e lasciato dietro di sé per non aver riciclato. La terra viene ormai vista come un pianetaspazzatura. Inoltre Andrew non voleva fare un film per l’ambiente, ma un film che rilassasse gli spettatori. Mandando così un messaggio indiretto verso ogni persona che vedesse il film ad interpretazione aperta. Ad esempio un mio amico mi ha detto che lui ha interpretato il film come un messaggio rivolto ai genitori, di non lasciare i figli pulire il giardino da soli.
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Come riuscite a sembrare sempre così divertiti lì negli studios?
Credo che la Pixar sia il miglior studio in cui lavorare. Hanno a cuore gli impiegati, le storie sono interessanti, è perfetto insomma. Anche noi abbiamo le nostre giornate no, ma è molto incoraggiante lavorare su film che piacciono al pubblico, piacciono ai bambini, ai genitori, perfino a me.
Qual’è il personaggio sul quale è stato più divertente lavorare fino a questo momento?
Il mio ruolo riguardava principalmente gli scenari, ma amo Wall-E per la sua semplicità. Sembra quasi che non si renda conto di essere solo fin quando non s’innamora di Eve.
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Dammi fierezza. Flash. Dammi patriottismo. Flash. Dammi eroismo. Bang. Probabilmente fu così che il miliziano Federico Borrell Garcia fu “immortalato” da Robert Capa. E dritto sulla rivista “Vu” divenne la star della guerra civile spagnola: “Petto al vento, fucile in pugno, atmosfere con aria pesante, all’improvviso la quiete è rotta, una pallottola che soffia”. Così recitava la didascalia al celebre scatto di Robert Capa conosciuto come “Il miliziano che cade”, da sempre al centro di polemiche e studi storiografici. Si tratta di un uomo che cade o di un uomo che muore? Di realtà storica o di una foto “costruita” a scopo propagandistico? Il giallo è stato risolto dall’International Centre of Photography di New York grazie al recente ritrovamento del “Santo Graal” del fotogiornalismo: una
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“valigia messicana” contenente 3500 negativi. Fino al 25 gennaio 2009 il Barbican Center di Londra rivela le immagini inedite che confermano definitivamente l’autenticità della foto. La sequenza fotografica permette la ricostruzione: Capa si trovava da un po’ appostato con la sua Leica a fotografare i miliziani durante una simulazione; ma quel giorno Borrell Garcia fu inaspettatamente colpito a morte dal nemico. “Se le tue foto non sono abbastanza buone, non sei abbastanza vicino” è una citazione che correda i pannelli espositivi e rappresenta ciò che ha fatto di Robert Capa il pioniere del fotogiornalismo. Stampe vintage, appunti,
lettere personali, layouts di magazines come “Life”, “Regards” e “Vu” ripercorrono le fasi della guerra civile spagnola, passando anche per la resistenza cinese al Giappone, fino alla II Guerra Mondiale. Non sono da meno gli scatti della sua compagna, Gerda Taro, a cui il Barbican dedica una retrospettiva. Lavorarono fianco a fianco, a volte con identica macchina fotografica, dunque risulta difficile distinguere i loro lavori; in ciò viene in aiuto lo stile compositivo che la caratterizza, come la ricorrente scelta di decentrare il soggetto e lasciare più spazio al cielo. La mostra prosegue con un importante confronto attuale: “On the subject of war”
presenta alcuni dei più significativi tasselli dell’arte contemporanea internazionale nel contesto degli eventi in Iraq e Afghanistan, da parte di Paul Chan, Omer Fast, Geert van Kesteren e An-My Lè. Come stanno lavorando gli artisti in corrispondenza della crisi contemporanea della credibilità e dell’obiettività della fotografia di guerra? La fotografia si è trasformata attraverso le mani dei militari e dei media e viene spesso manipolata per scopi politici. Così sorge spontaneo chiedersi se le immagini di guerra possono ancora essere significatamente di impatto in tempi come questi. Valentina Redi
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guardo tagliente, caschetto bruno, corpo felino, Nikon sempre a portata di mano. Sono gli inconfondibili tratti di Valentina Rosselli, il volto femminile più famoso del mondo dei fumetti. Partorito nel 1985 dal pennino di Guido Crepax, Valentina è il primo personaggio fumettistico con una vera e propria carta d’identità, tanto che nel corso nel tempo cresce e invecchia. È a questi due personaggi che la Triennale di Bovisa, a 5 anni dalla scomparsa del famoso fumettista, dedica una mostra, dal 21 settembre all’1 febbraio 2009, la prima a studiare l’artista dall’interno.
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“Guido Crepax. Valentina, la forma del tempo” è un viaggio in un mondo onirico e surreale costituito da pareti avvolte da vignette che donano al visitatore l’impressione di trovarsi all’interno di un fumetto, sospeso nello spazio e appunto nel tempo. L’allestimento presenta una serie di tavole originali che si alternano a oggetti, installazioni visive e audio. Una mostra entusiasmante ricca di materiale, che riesce a soddisfare il fan più incallito e a incuriosire lo spettatore inesperto, una mostra che prende l’intero piano della Triennale di Bovisa, richiedendo quindi molto tempo ad una visita accurata che comunque non annoia il visitatore. Il percorso è suddiviso in stanze tematiche, ognuna delle quali espone una parte del complesso cosmo di Crepax e della sua fotografa milanese: si passa dal legame di Valentina con la diva del cinema muto Louis Brooks, dalla quale prende le sembianze, alla Milano borghese degli anni ’70, sfondo di numerose avventure della fotografa e simbolo della donna indipendente e in carriera di quei tempi; da “I Sotterranei” di Valentina e le successive opere fantasy (come ”Baba Yaga” e “Valentina pirata”), che mostrano dei parallelismi con famosi film fantasy odierni (“La maledizione della prima luna” per esempio) alle citazioni artistiche di “Il falso Kandisky” e “Sindrome di Moore”. Oltre alle opere di Valentina, sono esposti
altri lavori di Crepax, dalla trasposizione fumettistica di “Histore d’O” alle sue storie del terrore, da Dracula a Frankenstein, arrivando infine alla ricostruzione dello studio dell’autore e ai suoi giochi da tavola di guerra, realizzati da lui in tenera età. È da notare, inoltre, la simpatica iniziativa di mettere in vendita su ebay tutti i pannelli che compongono le pareti del percorso della mostra al termine della stessa, permettendo così agli appassionati fan, anche se a prezzi non proprio modici, di tenere una piccola parte del mondo di Crepax e un considerevole (in tanti sensi) ricordo della mostra… sarebbe un caso se così la Triennale si ripagherebbe l’acquisto dell’intera esposizione (a quanto pare 8 euro di biglietto non sono sufficienti). Marco Agosta
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ATTENZIONE
vasussurrato.Ilrestofatevoi! olo icc iùp tep de ve he iòc o,c lat ur va de ionegiusta! Ciòchevedetepiùgran az on int nl’ co to let va olo tic ar nte se re Ilp
aria è a Londra per una vacanza. Il tempo le è avverso, ahimè! Piove! Ma non si può rimanere all’ostello! È tempo sprecato! Maria sceglie di visitare un museo. Almeno lì è riparato! Classico: va al British Museum! Anticaglie, monetine, cocci di vasi, statue, statuine e statuette e…
TESCHI DI PLASTICA COLORATI?
Si stropiccia gli occhi. Si! Teschi. E di plastica. E in mezzo a cose antichissime! Ma c’era già la plastica a quei tempi? Maria prosegue un po’ turbata … E …: “Wow. HOA HACANANAI’A”. Tutta felice, Maria, che si era trovata le spallone della statua di Rapa Nui proprio di fronte, ne va a vedere il faccione.
“Nooo! Ma vedi te! Wow. Ma come? Ma chi?” Sotto di lui dormiva un enorme uomo bianco. Per la verità c’era solo la faccia. Questo è anche più strambo dei teschi di Hirst! Dallo stupore Maria si butta quasi dentro il mascherone!
“Pure i peli nelle orecchie gli ha fatto? E i pori della pelle?
Guarda come si vedono!”
Shh … fa’ piano Maria, non svegliare Mueck!
“Il British Museum è infinito!” -pensaMa, andiamo, ormai è qui! “Uh, l’Egitto! Ramesses, Amenhotep, la stele di Rosetta!” “E questi? Ma è disgustoso! Questi impalavano gli animali mummificati? Poveretti!” “Uh! Che strano! ‘Ste povere bestiole proiettano sul muro le sagome di due teste impalate!” Valle a dire che è un’installazione di Noble e Webster. Infatti non lo capisce e sgattaiola via tutta contenta della sua fervida immaginazione. “Ah i Romani! Che bei marmi bianchi così finemente scolpiti!”
Ma c’è una statua che tanto romana non le pare. Sembra più la dea Kalì. Tutta contorta su sé stessa. “È Kalì? NO! È la statua di Kate Moss. Al British Museum? Possibile?” Sì Maria, è Siren di Marc Quinn. Maria è sempre più confusa.
Ma non è finita qui!
Il British le riserva un’ultima sorpresa all’uscita dal museo. Un’enorme figura, un po’ angelica un po’ robotica, con un’apertura d’ali di 8.5 m! Maria si avvicina timida all’enorme figura alata: “Case for an Angel, Anthony Gormley”. Più in là scorge un manifesto che porta scritto: “Statuephilia.
Contemporary Sculptors at the British Museum.” C’ètempofinoal
25gennaioperlasciareche Londra tisbarri occhi e bocca comeMaria,per perdertilamostrache menodituttele altre badaaltempo che fuggeeallospazio
chesepara.
Giorgia Di Carlo
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SI DI
VIOLA l
Palazzo delle Esposizioni di Roma ha ospitato, fino al 6 gennaio, una selezione delle più recenti opere dell’artista newyorkese. La mostra, curata da Kira Perov, moglie di Bill dal 1978, rappresenta una forte tentazione per tutti coloro che si interessano o in qualche modo hanno a che fare con la video arte. Bill Viola ha fornito un fondamentale contributo alla consacrazione di questa forma artistica e continua ancora oggi a sfornare esperimenti audiovisivi tanto innovativi quanto coinvolgenti. Innovativi, appunto, perché si occupa, da oltre 35 anni, di video creati grazie ai più sofisticati mezzi tecnologici, coinvolgenti perché col suo lavo-
ro tenta di trasferire il fruitore, tramite una saturazione multimediale, in una dimensione completamente diversa da quella consueta. Probabilmente, può essere lecito suddividere le opere presenti all’esposizione romana in due categorie. Una - pervasa da influenze spirituali quali buddismo zen, sufismo islamico, misticismo cristiano - comprende quelle opere “soggettive”, in cui Viola conduce un’attenta, ma individuale interpretazione dell’ “indefinibile” fase transitoria tra la vita e la morte e, viceversa, tra la morte e la rinascita (The Crossing, Surrender, Emergence, Catherine’s Room, Four Hands, Departing Angel, The Veiling, Bodies of Light, Observance, Memoria, Ocean Without a Shore). Un’altra - in cui apparentemente il tempo sembra quasi fermarsi - comprende invece opere “oggettive”, che per-
mettono a Viola di avanzare una dettagliata indagine sugli stati d’animo dell’essere umano (Surrender, Dolorosa, Silent Mountain, Anima, The Locked Garden, Observance, The Greeting). L’abbondante dilatazione del tempo delle proiezioni, accoppiata a un’elevata definizione audiovisiva, permette all’osservatore di percepire ogni lieve dettaglio delle sensazioni che i performers stanno vivendo. Percezione, questa, del tutto inconsueta nella vita reale. Da un lato, il fruitore più attento e paziente, sperimenta una percezione eccezionale della realtà, dall’altro, quello più impaziente o svogliato, si rifiuta di accettare una “sospensione dell’incredulità” e, irritato, subisce ciò che battezzerei effetto “Corazzata KotiomKin”. Pentito, si sarà allontanato dalla mostra col rimorso di aver buttato al vento una decina di euro… Favrizio Spucches
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Nel 1886 John Pemberton, un piccolo farmacista di una provincia statunitense (Knoxville, Georgia), diede vita alla Coca-Cola. Nata come farmaco, ha conosciuto 122 anni di gloria entrando nella vita di tutti, del resto chiunque possiede almeno uno dei suoi gadget diventati oggetti da collezione. Dopo decenni di ottima produzione grafica, il 22 settembre 2008 a Milano è stata presentata la limited edition Animalier firmata Roberto Cavalli, in vendita solo sul mercato italiano. Costituita da 3 bottigliette in vetro di Coca-Cola Light, una leopardata e due zebrate in 2 versioni. La prima presenta un motivo leopardato con un cuore stilizzato su fondo bianco in cui è posto il logo. Le altre due, sono il negativo della prima, bianche con cuore a fondo zebrato. Nella seconda versione le bottiglie sono ricoperte dal leopardato e dallo zebrato, con i loro colori classici. L’autore afferma di essersi divertito nel creare questi “abiti”, in perfetto stile Cavalli, per la silhouette più famosa. Giudicate seducenti, femminili, super glamour, fashion e chic. Pensate per il mondo dei giovani. Ma a quali giovani si sarà ispirato e quale opinione avranno a riguardo? Comunque per coloro che sono “affascinati” da quest’edizione “super glamour” le bottiglie (da 250 ml) sono acquistabili su e-bay alla modica cifra di € 10.00 cadauna, € 60.00 per due e € 90.00 per la serie completa. Povera Coca-Cola, rinchiusa in una bottiglia leopardata.
E non chiedetemi di includere anche Neongraphy, Illuminate Benches e Luce Fontana Ruota. Mi rifiuto. (Sarebbe perfino troppo per chi di licenza poetica vive.)
Se in alcune città certe strade restano buie (ogni riferimento è puramente casuale), se in altre ancora pullulano di addobbi e luci festose ad intermittenza, Torino sceglie di dialogare con i propri cittadini attraverso l’arte. Così da permettere, al cittadino stesso o al fortunato turista che sia, di vivere la realtà torinese immergendosi in un nuovo valore di senso urbano, in un’atmosfera che di natalizio può avere anche poco, ma di artistico ha davvero tanto.
uando l ‘arte è appesa a un filo
perdona loro perchè non sanno ciò che fanno
Noi che siam fieri di Amare le differenze ci lasciammo guidare da Lui e l’arte di andare nel bosco. Cosicché, dopo aver attraversato un Doppio passaggio, ci incamminammo verso la via del Lucedotto ove incontrammo i Piccoli spiriti blu, i quali ci ammaliarono con il loro Concerto di Parole, proprio come fece Calvino con le righe del suo Palomar. Decisimo solo dopo di vagabondare tra le Cosmometrie visive di Giordano. Fu così che, finalmente a bordo del nostro Tappeto volante, intrapresimo il nostro pindarico Volo dei numeri, tra Palle di neve e Vele di Natale, riuscimmo a sorvolare il Regno dei fiori: nido cosmico di tutte le anime. Fino a che il Vento solare ci colpì con le sue Schegge di luce.
Ah, quasi dimenticavo le dovute spiegazioni. I sopracitati, se a qualcuno fosse sfuggito, sono i titoli delle installazioni luminose che cospargono centro storico e relativi dintorni della città di Torino fino all’11 Gennaio 2009; realizzate, per l’appunto, da diciannove artisti di fama internazionale. Lasciatevi illuminare: http://www.comune.torino.it/artecultura/luciartista/. Simona Matina
Rosanna Barbagallo
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Rosario Leotta non vi dice niente? Fantastico! Per essere pubblicati in questa rubrica il requisito principale è non essere famoso. Il nostro artista emergente, laureatosi in Scienze della Comunicazione all’Università di Catania, studia adesso all’ILAS, istituto superiore di comunicazione visiva di Napoli. Foreste magiche e bizzarre creature sono solo una parte dello scenario rappresentato nelle sue opere foto-grafiche. Una realtà capovolta, deformata e reinterpretata dove la linea tra il sogno e l’incubo è davvero sottilissima.
Il mio lavoro attuale è il risultato temporaneo di un percorso molto instabile, infatti il mio rapporto con l’arte è sempre stato problematico e controverso quasi come fosse essa stessa ad importunarmi. La sensazione è di trovarsi costantemente in uno stato transitorio perché è forte il desiderio di trovare sempre nuovi codici e atipiche forme d’espressione. Fin da piccolo ho assorbito ininterrottamente figure e simboli dal mondo esterno alimentando al contempo il mio amore per la poetica della forma, in particolar modo per la bellezza del grottesco e il fascino del desueto. Ho sempre avvertito un freno dentro di me che mi porta a vivere dei periodi infecondi in cui accumulo notevoli cariche energetiche. Così la mia volontà creativa lotta ogni giorno contro una sorta di assopimento inconscio e questa forte contraddizione tra quiete e attivismo si riversa sull’essenza stessa della mia produzione. Come tanti cantastorie hanno già fatto prima di me provo a tratteggiare un mondo irrazionale fatto di insolita poesia affastellando emozioni, ricordi, fiabe, sogni. Mi piacerebbe che la sostanza delle mie immagini fosse il più immateriale possibile e che entrasse d’incanto nella coscienza dello spettatore quasi come un dejavu, per questo motivo cerco di far fluttuare i miei personaggi e le mie ambientazioni all’interno di una dimensione onirica velata di sana follia. Il frutto del mio pensiero si tramuta subito in un linguaggio a prima vista inconsueto. È una sorta di collage fotografico e pittorico che si rifà ad un gusto fiabesco immaginifico e simbolico. “La realtà immaginata rende più felici” afferma il celebre trasformista Arturo Brachetti. Così anche i miei significati giocano a nascondersi dietro allegorie e reali illusioni che non prestano fede né alle prospettive né alle regole del quotidiano.
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È
alta la percentuale di possibilità che i vostri occhi fuggano, appena scoperto che questo articolo è incentrato sulla figura di un brillante economista americano. Perché è chiaro che l’economia internazionale non ha nulla a che vedere con la vostra vita (quella americana, poi!); a voi basta l’aria per stare in piedi, dei soldi non sapete che fare. Oppure potreste chiedervi perché si è pensato bene di spenderci sopra qualche riga, sull’assegnatario di nientemeno che il Premio Nobel per l’Economia dell’ormai estinto 2008.Vediamo per alzata di mano chi ne ha sentito parlare per accidente? L’uomo in questione è il 55enne Paul Krugman, professore alla Princeton University (New Jersey), editorialista per il New York Times dal 2000 e consulente della Casa Bianca ai tempi del presidente Reagan, oltre che autore di numerosi saggi e articoli, talvolta raccolti in volumi (tra cui in Italia La deriva americana, Laterza, 2004, ma vedi anche La coscienza di un liberal, Laterza, 2008), dai toni alquanto affilati nei confronti del presiden-
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te George W. Bush, del fido Dick Cheney e dell’intera amministrazione che ha impegnato quasi tutto il decennio. Lo fa non tanto in termini puramente ideologici, essendo Krugman dichiaratamente un liberale (nonché fervido sostenitore della globalizzazione, di cui è anche uno dei primi e più importanti studiosi), quanto di scelte. Si parla in particolare di scelte in materia di politica economica ed estera, che come nei suoi articoli illustra ampiamente hanno condotto allo sgretolamento della potenza e della credibilità statunitensi, a partire dal massiccio taglio delle tasse, laddove lo Stato percepiva già seri problemi di debito pubblico (in soldoni, quando l’usasederino era già al vento), per arrivare alle fantasiose accuse di terrorismo nei confronti di un paese troppo nero sottoterra. D’altronde almeno dal maggio del ’98 Krugman prevede disastri all’orizzonte, strano che i Tg non ne abbiano parlato. Politica ed economia… al giorno d’oggi si medita su questa coppia come fossero un’unica entità, ma in fondo potrebbero, dovrebbe-
ro anzi, essere molto più indipendenti l’una dall’altra di quanto non siano in molti paesi (lo so, ci vuole coraggio per crederlo se sei italiano). Il rischio è che quest’abitudine, questo modo di intenderle diventi la normalità. Oltre che al governo uscente, Krugman dispensa critiche anche alle principali fonti mediatiche americane, che hanno perso poche occasioni per insabbiare la realtà dei fatti. Ecco qui un estratto di un articolo del marzo 2003 che racconta una delle più eclatanti di queste occasioni, in seguito ad un raduno per la causa della guerra: senni più u d a r i luogo no de a avuto h li a n aines, sazio atalie M ritiN e h c dopo ks, ha c ie Chic a folla si ix D e ll e de : un cantant sidente Bush re un e r er vede are p p a n ia cato il is ss u a in Lo te fraca è riunit a 15 tonnella e altri gadd ri trattore lta di cd, nast i che o er quell la c P c . a r s k ic h una C on iarità c e Dixie get dell a certa famil secolo, un ntesimo o di… e V l e hanno d ricord uropea storia e mbra un fosco Lewis, qui ir se questo ha detto Sincla e m o c Ma dere.” ò succe non pu
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A organizzare manifestazioni a favore della guerra sono state spesso grosse emittenti radiofoniche come la Krmd e la Clear Channel Communications. Nel caso di Krugman, essere un soggetto al di fuori dei media e dalle dipendenze della Casa Bianca gli ha permesso di esprimere il suo personale punto di vista su molti temi, pur vedendo talvolta, e inevitabilmente, gettare fango sul proprio nome. Ad ogni modo, se obiettivo della vostra vita è dormire sonni tranquilli, magari senza alcuna interruzione, ecco un consiglio dritto dagli albori del secolo passato, forse non troppo spiritoso, del vecchio Otto von Bismark (citato dallo stesso Krugman in uno dei suoi scritti), secondo cui La gente dormirebbe meglio se non sapesse come si fanno la politica e le salsicce. Detto questo, tanti sogni d’oro. Lucia Grassiccia
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ricordi che avevi ormai celato o volutamente dimenticato. Ti proietta verso frammenti onirici carichi di scorie radioattive, con i suoi logorroici motivi sonori. Si guadagna la copertina sul numero di Maggio della rivista Blow up, è disco del mese su Rumore, e disco della settimana per Il Venerdì di Repubblica, e tanti tanti articoli su tante tante riviste. E il tour conterà più di cento date, tra cui alcune pure con la collaborazione di una violoncellista. Ha
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prati e non i preti”… Ispirato soprattutto dai racconti di Pier Vittorio Tondelli e dalla poetica del francese Boris Vian, le sue frasi sono assolutamente incisive, a tratti surreali a tratti sature di realtà fottutamente urbane, sussurrate o urlate - con la sua voce scartavetrata dalle sigarette che ricorda quella di Rino Gaetano - e riescono a colpire immediatamente i nostri immaginari; la musica scarna, un po’ “monocorde”, come avrà a dire Giorgio Canali, già chitarrista dei leggendari CCCP, che prende particolarmente a cuore il progetto di Vasco e si autopropone di curare gli arrangiamenti dei suoi brani per una seconda chitarra, elettrica, la sua per l’appunto! Esce così “Canzoni da Spiaggia Deturpata”, che sin da subito riscuote un enorme consenso di pubblico e di critica, album carico di simbo-
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asco Brondi, basettuto romagnolo classe’84, è “Le Luci della Centrale Elettrica”, vincitore del prestigioso premio Tenco 2008 come miglior opera prima. Tutto inizia quando nel 2007 registra, nella sua Ferrara (dove lavora nel Korova Milk Bar), dieci canzoni solamente chitarra&voce e regala il suo cd, tra gli altri, a Moltheni, che ne rimane parecchio affascinato e gli chiede di aprire le date del suo tour. La fama nel panorama italiano indipendente giunge soprattutto grazie al suo myspace, le cui visite iniziano a moltiplicarsi, soprattutto da quando viene pubblicizzato sulla pagina iniziale di myspace come artista consigliato. “Con le nostre discussioni serie si arricchiscono solo le compagnie telefoniche”, ”E il problema, ripetevi, è che sono stati asfaltati i
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pubblicato anche il suo romanzo “Cosa racconteremo di questi cazzo di anni zero”, edito da Modoinfoshop. Contiene gli scritti del suo blog, ma non solo. Come ultimo riconoscimento alla sua appena iniziata ma già fulminante carriera, il premio “Rivelazione indie-rock dell’anno” al M.E.I. di Faenza! E dunque? E dunque correte e ascoltatene, e leggetene tutti! Francesco Bologna
NOISE TRADE COMPANY Less text, more volume Chitarre distorte, drum machine, testo ridotto a slogan, un amore profondo per il rock underground degli anni 80 (ebm, no-wave, kraut-rock) filtrato dall’ elettronica dei giorni nostri. Questi sono i Noise Trade Company, duo formato da Gianluca Becuzzi (pioniere dell’ elettronica sperimentale con i Kinetix e i Limbo, ex Pankov) e Chiara Migliorini, usciti il mese scorso con il loro primo album “Crash test one”, a
detta di Gianluca “un corpo compatto e sexy di colore bianco (parlo del sound) elettricità e ruggine”, forse un po’ “frenato” dall’influsso delle numerose influenze (basti pensare alla cover dei Cabaret Voltaire “Nag nag nag”), ma ugualmente molto potente e originale, tra i vari pezzi spicca “Waste your life, be an artist”, più che una canzone un manifesto, ascoltare per (non) credere. V. O.
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Credo che a conti fatti se il grande De Andrè fosse ancora tra noi non si scomporrebbe poi così tanto se si paragonasse il protagonista della Ballata di Stroszeck ad uno dei suoi tanti piccoli eroi inconsapevoli, sconfitti dalla società. Nel 1977 Herzog fa parlare di sé con la storia di Bruno S., uomo che appena uscito di galera ritrova come unici af-
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Al Bellini,
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REGIA: Tomas Alfredson PAESE: Svezia SOGGETTO: John Ajvide Lindqvist ANNO: 2008 DURATA: 114 min GENERE: Horror - Drammatico
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opo aver girato i festival europei e americani, tra cui il Torino Film Festival 2008 (in cui è stato presentato da Nanni Moretti), il 2 gennaio è arrivato nelle sale italiane l’ultimo lavoro dello svedese Tomas Alfredson. Sceneggiato da J. A. Lindqvist - e tratto da un suo stesso romanzo edito in Italia da Marsilio - il film si svolge in una Stoccolma anni ‘80. Oskar, 12enne dal forte e un po’ morboso interesse per la cronaca nera, passa le sue giornate a leggere i quotidiani. Tormentato a scuola dai bulletti, la sua è un’esistenza solitaria, trascorsa nel quartiere di Blackeberg, finchè non conosce Eli, misteriosa coetanea e vicina di casa. Col passare del tempo, la periferia di Stoccolma si ritrova sconvolta da sempre più frequenti omicidi, e Oskar comincia a nutrire forti dubbi sulla vera natura della sua amica. Quando gli omicidi si intensificano ed Eli è costretta a fuggire, le loro vite sembrano destinate a separarsi. Combinando tipici elementi horror al dramma di formazione, Lasciami Entra-
di cui Bruno è vittima busserà ancora alla sua porta per trascinarlo nel suo corso. Herzog riesce con la crudezza delle immagini, senza alcun artificio tecnico, a restituirci una narrazione documentaristica carica però di immagini di forte impatto emotivo. I.L.
LA BALLATA DI STROSZEK
Lasciami Entrare HIR BAS ON ER C Z L VA IA: REGAlfman ione imaz Ari : ERE o, An GENmmatic Dra A: RAT ia DU ranc ia, F 90’ E: erman A: S E I PA ele, G TAL Isra IN I 9 ITA 200 USC ennaio 9G
fetti i suoi logori strumenti musicali che utilizza in struggenti sonate per i vicoli di Berlino. Intanto incontra Eva, una prostituta che egli cerca di strappare ai suoi biechi aguzzini. I due intrecciano le loro vite tentando di proteggerle dal compiersi di un destino cieco e ineluttabile; esplorano nuovi orizzonti di possibilità inseguendo il sogno americano, ma il circolo vizioso degli eventi
re è sopratutto la storia di due esistenze che cercano un conforto reciproco alla propria solitudine. Il film lavora molto bene sulla psicologia dei personaggi, perfettamente tratteggiata da Kåre Hedebrant (Oskar) e Lina Leandersson (Eli), entrambi esordienti. Lascia invece perplessi il ricorso eccessivo al sangue: nella seconda parte del film Alfredson si concede un po’ troppo a scene inutilmente effettistiche. Effetti, tra l’altro, neanche convincenti, della cui mancanza il film avrebbe di sicuro giovato. Rimane quindi un interessante ma imperfetto horror europeo, del quale la Bad Robot ha già acquistato i diritti per un remake made in USA, in uscita nel 2010 e firmato da Matt Reeves (Cloverfield). Per essere un film che fa della Svezia e del suo innevatissimo e gelido paesaggio uno dei suoi punti di forza (per certi versi, lo scenario è uno dei personaggi), ci si chiede quanto la versione statunitense uscirà indebolita dal confronto. Probabilmente molto. Max Maugeri
Si
apre la nuova Stagione Lirica 2009 al Teatro Massimo Bellini di Catania, un appuntamento imperdibile per appassionati e non solo. Il sipario si schiuderà mettendo in scena grandi Classici della Lirica quali “Medea” di L. Cherubini e “L’Elisir d’Amore” di G. Donizetti, ma immancabili saranno anche i grandi dell’epoca moderna, come“Porgy and Bess”(che tutti ricordiamo per la bellissima “Summertime”, pezzo estratto da quest’ultima), oltreché ben due spettacoli di Balletto con compagnie di danza famose in tutto il mondo. Ma la vera ciliegina sulla torta, la vera leccornia è proprio lui, Micheal Nyman, che dall’11 al 20 Dicembre 2009 presenterà la Prima Mondiale della sua opera “Head of State”commissionatagli, peraltro, dallo stesso Teatro Bellini. Soggetto dell’opera sarà il disagio mentale, vissuto in epoche diverse e da personaggi diversi che però proprio per tal motivo si intrecciano: Oliver Cromwell, il Lord Protettore di Scozia, Inghilterra e Irlanda e Sarah, anch’essa immersa nel mondo della politica ma sofferente di un disturbo bipolare, che scoprirà essere il fattore comune tra lei ed il suo lontano discendente (Cromwell appunto); il libretto è stato affidato alla studiosa nonché psichiatra Yulia Kovas, la regia a Ken McMullen. Con tutte queste premesse non resta che pazientare
accidenti se è buona la prima!
quasi un anno per poter godere della grande musica di un compositore d’eccellenza, rappresentante del Minimalismo in musica (accanto a Philip Glass), che ha realizzato splendide colonne sonore per grandissimi registi, tra cui Peter Greenaway. Il cartellone completo degli spettacoli, i prezzi e le modalità di abbonamento sono già disponibili sul sito internet del teatro. E per il resto, che dire? Attendiamo Dicembre. Simona Marano
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La lettera nota come De Profundis nacque dalla penna dello scrittore e commediografo Oscar Wilde, durante il suo breve ma intenso soggiorno nel carcere inglese di Reading. Indirizzata all’amico, o meglio amante, Alfred Bruce Douglas, causa stessa della sua rovina, mostra un interessante spaccato dei pensieri e dei tormenti dell’artista.
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La vedova, il Santo e il segreto del Pacchero estremo appelli
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Andrea Camilleri Mondadori
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erti individui non trovano soddisfazione nell’essere, piacenti, giovani e di talento. Categoria in cui rientra Paolo Giordano al quale non bastò essere un bel laureato in Fisica delle Interazioni Fondamentali ed avere ottenuto una Borsa di Dottorato all’Università di Torino, ma si trovò a vincere a soli venticinque anni il Premio Strega 2008 alla sua 62° edizione con il suo libro di debutto (il quarto esordiente in assoluto capace di aggiudicarselo). “La solitudine dei numeri primi” sussurra con delicatezza la storia di due vite disperate che si intrecciano, ma che non riusciranno mai a fondersi ed abbandonarsi l’un l’altra. Due modi differenti di reagire nei confronti della vita. Alice si sforza di rendere la sua esistenza migliore, Mattia non trova il coraggio di cogliere le occasioni che lei offre lui. Due numeri primi, appunto, ai quali “sarebbe piaciuto essere come tutti, come dei numeri qualunque, ma che per qualche motivo non ne sono capaci”. Elisa Raciti
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C D E F G H DE PROFUNDIS
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Nonostante lo scritto non nasca per colpire il grande pubblico o per essere divulgato, presenta l’impronta stilistica che ha reso celebre Wilde in tutto il mondo. L’affascinante eloquenza e l’elegante chiarezza frutto degli studi dell’autore sono presenti nelle sue grandi opere quanto nella vita privata. E anche coloro che temono di violare in qualche modo l’intimità di Wilde
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possono stare tranquilli, il racconto autobiografico infatti si trasforma in parabola, in messaggio universale. E soprattutto Wilde stesso, col suo più celebre motto “C’è solo una cosa peggiore dell’essere vittima di pettegolezzi. Ed è non essere vittima di pettegolezzi” vi esorta a leggerlo e a partecipare a questo scandalo. G. A.
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Non tutti i vizi portano all’inferno.
Forse.
Chi, dopo aver visto un film, non si sente in dovere di commentarlo? Penso nessuno. E se a commentarlo fosse un importante regista italiano degli ultimi decenni? E se il regista fosse Gianni Amelio e commentasse tutti i film, di una certa rilevanza, visti nella sua vita? Di certo verrebbe fuori qualcosa di unico. E che esiste già, ed è un libro: Il vizio del Cinema; sottotitolo:Vedere, amare, fare un film. La settima arte come l’alcol o le sigarette: c’è chi ne consuma saltuariamente e chi invece non può più farne a meno. Anche il cinema è un vizio, e chi più di un regista può esserne corrotto?! Amelio ripercorre la storia del cinema in maniera spassosa, analizzando anche gli aspetti tecnici di ogni film. Ci insegna come vedere, fare e apprezzare un film. Con aneddoti, esperienze dirette e una buona memoria ce ne “racconta” più di duecento, da pietre miliari come Ladri di Biciclette, Quarto potere, Viale del Tramonto, Colazione da Tiffany, ai più recenti, come Apocalypse Now, E.T l’Extraterrestre. In poche parole si tratta di un piccolo manuale che condensa uno straordinario sapere sui film, su chi li ha fatti e su come sono stati fatti. Un libro didattico
ma non scolastico, che non annoia mai, anzi, sorprende ad ogni pagina e può essere letto quasi come un romanzo. Il regista di, tra gli altri, Porte aperte, Il ladro di bambini, Lamerica, Le chiavi di casa, ha messo in questo libro la stessa passione che nella realizzazione di un film, facendolo diventare un oggetto indispensabile per chiunque si sente affetto dal vizio del cinema e che non vuole guarirne, anzi, preferisce perdersi totalmente in questa meravigliosa arte. Umberto Spampinato
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a r u t pit
Nuova storia, nuovo stile, nuovo gameplay, vecchio nome. Il tanto atteso Prince of Persia è stato rivisitato in tutto e per tutto, in particolar modo introducendo una linea grafica completamente rinnovata (basata sulla tecnica del celshading). Pur condividendo lo stesso motore grafico di Assassin’s Creed, l'aspetto “illustrato” dell’ambientazione e dei personaggi stessi conferisce al gioco quel tocco di atmosfera tra il fantastico e il realistico, che contribuisce ad un netto balzo di qualità, specie al livello artistico. Dal punto di vista del vero e proprio gameplay, invece, scordatevi i combattimenti forsennati in ricordo di
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The sands of time, si avranno perlopiù degli acrobatici multidirezionali testa a testa, che con il loro andamento rallentato lasceranno più spazio all'interazione e alla fluidità del movimento. Certo, ripensandoci... era bello poter tornare indietro nel tempo, come nel precedente episodio, per evitare di perire per mano nemica, ma questa volta non ce ne sarà proprio bisogno, grazie ad Elika, la nuova “compagna di giochi” del principe, che (come un fido ed affascinante Virgilio dei nostri tempi) lo guiderà nella sua avventura dall’inizio alla fine, scongiurando magicamente anche il caro e buon vecchio game over. Le combinate acrobazie mozzafiato tra i due protagonisti completano quel quadro magico che segue perfettamente la nuova chiave stilistica di questo videogioco. Riuscirà ad aprire le porte dei cuori di vecchi e fedeli fan? Fabio Amenta
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El de la
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i sono alcune attività che comunemente riteniamo appannaggio esclusivo dell’ingegno umano, una di queste è, ad esempio, la pittura. Invece Sylvain Calinon e il suo team di ricercatori hanno sviluppato Salvador DaBot, un robot capace di ritrarre le persone che posano per lui. Il curioso artista non si limita semplicemente a scattare una foto del soggetto, applicandovi poi alcuni filtri scadenti per dare l’effetto “disegno”, come le macchinette che si possono trovare negli aeroporti, ma esegue progressive scansioni del volto per determinarne il colore, il contorno e l’illuminazione. Solo dopo questi passaggi preliminari Salvador si mette all’opera e, grazie ad una matita applicata al suo precisissimo braccio meccanico, riesce a realizzare ritratti di buona fattura. I suoi creatori hanno programmato il robot in modo tale da fornirgli un minimo di “umanità”, durante le sue composizioni simula il comportamento di un vero pittore
tramite alcuni gesti e frasi tipo: “Penso che sarà un capolavoro, il mio talento artistico sarà noto in tutto il mondo, ricordati di questo giorno!”. Credo però che il limite di questo gioiellino tecnologico sia evidente: non è capace di creare, di astrarsi dalla realtà che riesce a fotografare con i suoi “occhi”. Eppure è un assaggio di ciò che la tecnologia sarà in grado di fare in un futuro, prossimo o remoto che sia, anche in ambiti in cui non ce lo saremmo mai aspettati. E poi, come si fa a resistere a quei due baffoni e a quel basco rosso? Gabriele Grillo
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ttati
Ormai un grande classico della produzione manga dell’ultimo ventennio, lo Shōnen di Masakazu Katsura continua ad affascinare per lo stile inconfondibile e per il sapore anni 80. Adatto solo ai puri di cuore.
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Com’è che una linea può raccontare il nostro tempo? Basta che a farle prendere forma sia Gastón Viñas, ispirato dalle parole e dalle atmosfere dei Radiohead.
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Tra il sacro e il profano di frati e cosce lunghe, Beppe Grillo piazza nel mezzo la sua proposta di calendario 2009: in uno Stato laico i santi sono coloro i quali per lo Stato sacrificano la vita.
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o c . t n e tor
Stasera pizza e dvd? In caso di panico da noleggio ci pensa lui: il tempo di rispondere ad un paio di domande degne di una seduta dall’analista e l’ingegnoso sito sforna titoli in base alla personalità e all’umore della serata.
what
Laico L’originalità non passa certo di moda. Come dimenticare, quindi, uno dei modelli di punta della produzione di Jeremy Scott, l’enfant terrible del fashion design d’oltre oceano?!
Jukebox di moda?
Me and you Miranda July, registaattrice, nei panni di una stralunata videoartista, stupisce con il suo modo visionario di vedere l’amore e le cose semplici della vita. Un film minimalista ed esistenzialista, poetico e crudele al contempo.
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I-Chair
Una comodità tutta da sentire quella della briosa poltrona provvista d’impianto audio perfettamente compatibile con il vostro lettore mp3. Ne segue la scia il modello di Divani&Divani, “Sound” che in più sembra avere solo uno zero in listino.
info@hzine.it