Accazine路 Mensile路 Anno 1路 Numero 0.1路 Marzo 2009
ZINE
FUTURISMO
CREPATO? 98...99...100...libera!
Redazione: Valentina Redi
direttrice responsabile e responsabile di produzione
Lucia Grassiccia
direttrice responsabile ed editor capo
Simona Matina
responsabile grafica
Alessandra Rigano responsabile grafica
Fabio Amenta
responsabile web
Elisa Raciti redattore
Marco Agosta redattore
Umberto Spampinato
coresponsabile di produzione
Hanno collaborato:
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Gabriele Grillo Ilaria La Magna Dario Lo Verme Maurizio Maggi Simona Marano Vincenzo Orsini Fabrizio Spucches Rainman
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Vignette Chiara Filincieri Daniele Nicotra
Contatti: si
redazione@hzine.it
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AccattivArti
Baccano
“L’uovo ha una forma perfetta Il Testamento di Fabrizio benché sia fatto col culo”
14 La poltrona accanto Cotone da mordere 1 5 24 (ri)Uscimmo a riveder le stelle? i clandestini vengono I like Jazz! Un secolo suonato 1 applauditi 6 25 Dove Simone Mannino Portfolio 1 8 Punto Accapo Accade 26 Invito al viaggio: Kafka sulla spiaggia Organismi Geneticamente 27 Non visione. Audiovisione Mercantili 2
Inkspinster: la promessa... zitella
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uturismo: non fu una vacanza
Spaccaschermo
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Chrono senza tempo
Accabyte
Menomale che c’è Jik
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Raccattati
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m a uta on Editoriale n. 0.1
Abbiamo fatto un salto, ma pare che nessuno si sia fatto male, nulla di grave, era solo un mese e non un burrone. Scavalcare il mese di Febbraio non è stato un segno di debolezza da parte nostra, per chi ne avesse dubitato, ma potete credere ciò che preferite. Questo dovrebbe essere il primo vero e proprio numero di Hzine, ma abbiamo scelto di accostare un secondo 0 all’1, sarà così probabilmente fino a che non saremo sicuri di poter offrire un servizio puntuale, così come è nei nostri programmi. Se con i commenti su ciò che avete potuto vedere finora intendete sbilanciarvi sarà un bene, ci aiuterete a trovare i nostri punti deboli e le nostre solidità, vista l’esperienza ancora così piccina che abbiamo alle spalle. Questo mese siamo stati folgorati dallo scorrere inesorabile della sola cosa che prima o poi attira l’odio di tutti, il tempo. Ve ne potrete accorgere leggendo gli articoli scritti in occasione dei duecento anni dalla nascita di Charles Darwin, dei dieci volati via dalla morte di un grande cantautore italiano, per non parlare dell’immancabile centenario del Futurismo, che ha ricevuto notevole attenzione nel mondo dell’arte. Lo esplicitano tutte le mostre, i convegni e gli eventi che sono stati organizzati in merito. Prendiamo tutto questo come una dimostrazione di quanto i suoi ideali, almeno alcuni, siano ben incisi nell’arte che oggi, cento anni dopo, si produce. In tutte le sue forme, è chiaro. Come annunciato nell’intro là fuori, Hzine così come lo sfogliate non è ancora al suo completo. Già da questo numero è avvenuto qualche cambiamento. Fra le ultime pagine è stata aggiunta Vitamina H, un feedback in cui scambiare quattro chiacchiere con voi, quindi aspettiamo le vostre risposte. D’altronde il suo nome vuole riferirsi proprio a quel qualcosa in più che può giungere da voi, sempre e comunque. L’input da noi lanciato riguarda i Social Network, vi chiediamo di darci il vostro parere su questo potente strumento di comunicazione che negli ultimi anni riempie parte della vita di molti. Il fatto che se ne parli spesso rischia di farlo sembrare banale, ma banale non è. Rifatevi un po’ gli occhi e la mente... e che l’H sia con voi! Lucia Grassiccia
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TECNO
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SPETTACOLO MUSICA ARTE
MAGRITTE
Il mistero della natura Mistero e Natura sono le maggiori tematiche dell’universo artistico di Renè Magritte, eppure non era mai stata organizzata una mostra di questo genere. L’esposizione presenta un centinaio di dipinti (tra cui anche quelli futuristi che pochi conoscono) insieme ad alcune sculture, per raccontare L’arte di Renè Magritte e il suo approccio con la natura. PALAZZO REALE > Milano Fino al 29.03 > vai al sito
L’artista viaggiatore La mostra presenta i percorsi di alcuni importanti artisti che hanno viaggiato fuori dall’Europa per conoscere paesi, popolazioni e culture artistiche sconosciute.Tra cui:Gauguin, Matisse, Boetti e Ontani. Si partirà con il realismo ottocentesco passando per il post-impressionismo per giungere all’espressionismo, al surrealismo fino ad arrivare ai percorsi degli artisti più contemporanei. > Ravenna, MAR Fino al 21.03 > vai al sito
Sicilia 1968/2008
Lo spirito del tempo > Palermo, Palazzo Riso Fino al 31.05 > vai al sito
Dèco arte in italia 1919-1939
> Rovigo, Pinacoteca di Palazzo Roverella Fino al 28.06 > vai al sito
L’anima dell’acqua > Milano, palazzo reale Fino al 29.03 > vai al sito
Canova
L’ideale classico tra scultura e pittura > Forlì, musei San Domenico Fino al 21.06 > vai al sito
Capolavori futuristi alla Collezione Peggy Guggenheim
> Venezia, Collezione Peggy Guggenheim Fino al 18.03 > vai al sito
Ska-P Dopo sei anni privi di pubblicazioni di alcun disco in studio; dopo tre anni di assenza dai palchi di tutto il mondo; dopo la pubblicazione del nuovo album, dal titolo Lágrimas y Gozos, lo scorso 7 Ottobre gli Ska P ritornano con un mini tour mondiale che toccherà sia Europa che America. A cagione del sold out del 13 dicembre a Milano e della grande richiesta di biglietti la band coglie il pretesto per confermare 5 nuove date in italia. Le date
> 14.03 Rimini, 105 Stadium > 16.03 Firenze, Saschall > 18.03 Padova, PalaNet > 20.03 Torino, Mazda Palace > 21.03 Roma, Palalottomatica
THE SISTERS OF MERCY > 09.03 Milano, Alcatraz > 10.03 Bologna, Estragon
FALL OUT BOY
Folie à Deux tour > 15.03 Milano, Palasharp
THE KILLERS
Day and Age tour (sold out) > 17.03 Milano, Datchforum
AC/DC
BLACK ICE TOUR > 19.03 e 21.03 Milano, Datchforum
FRANZ FERDINAND > 29.03 Bologna , Estragon > 30.03 Milano, Alcatraz
Eccellenza italiana
Arte, Moda e Gusto nelle icone della pubblicità > Ciliverghe Di Mazzano (Brescia) Musei Mazzucchelli Fino al 15.03 > vai al sito
Andrea Pazienza Il graffio del silenzio
> San Severo (Foggia) Museo Civico Fino al 20.03
Piero Pelù
Fenomeni - Tournée Teatrale Dopo un lungo tour estivo che l’ha uniscono tecniche visto protagonista in tutte le più di prestigio alla p importanti arene e piazze italiane, P dal canto alla recit presenta per la prima volta un avLe date venturoso e poliedrico spettacolo > Dal 26.03 che unisce musica al teatro. Novara, Palasport Collabora con lui firmando anche la > Al 03.04 Prato, Teatro Politea regia Sergio Bini. BUSTRIC, in arte, scrive e interpreta spettacoli che
> Parma, PalaRaschi Dal 07.03 al 08.03 > Rimini, Stadium 105 24.03 e 25.03
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FIERAMILANO, RHO > Milano Dal 24.03 al 28.03 > vai al sito
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> Roma Dal 19.03 al 27.03 > vai al sito
pa, della stampa e della legatoria nell’ industria grafica italiana. Al via l’undicesima edizione che si terrà a Milano dal 24 al 28 marzo 2009, una preziosa occasione di
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Il cinema indipendente incontra Roma per l’VIII edizione del Roma Indipendent Film Festival, quest’anno al Nuovo Cinema Aquila della capitale. Il festival avrà luogo dal 19 al 27 Marzo e vedrà partecipare opere prime del cinema italiano ed internazionale non ancora nelle sale. Si alterneranno lungometraggi, documentari e corti da tutto il mondo valutati da una giuria internazionale.
Dal 1973 ad oggi, in dieci edizioni, Grafitalia si è confermata l’evento italiano più atteso per lo sviluppo tecnologico dei settori della pre-stam-
e Jesus> T D del 4 .0 Europeo 05 al estivalce 31.03al sito c l °F Le Da vai > > 10 cinema
Roma I ndependent Film Festival
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GRAFITALIA
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STACCA
CORRADO GUZZANTI Ultimamente diviso tra cinema e tv, torna finalmente, a gran richiesta, a strapparci grasse risate in diretta dai palchi teatrali e dai palasport sparsi per l’Italia. Un tour dalle tante tappe, fissate dalla fine di Marzo agli inizi di Maggio, che parte proprio da Palermo il 25 Marzo. Lo spettacolo vedrà l’interpretazione di vecchi e nuovi personaggi in un mix di satira pura. TEATRO TEAM > Napoli 27.03 PALA PARTENOPE > Bari 30.03
CONCORSI “Fondazione Aldo Morelato” sull’arte Applicata nel Mobile
Strategie alternative del vivere in natura.
Le nuove dinamiche lavorative e di vita urbana stanno modificando i nostri rituali domestici, soprattutto quelli riguardanti il riposo. Il tema dovrà quindi sviluppare il progetto di uno spazio domestico e in particolare lo sviluppo di un oggetto riferito alla ritualità del riposo.
Il concorso è finalizzato alla selezione di un progetto di “prototipo” di rifugio temporaneo da costruire, rapidamente e a basso costo, basato sull’ essenzialità e la contestualizzazione all’ambiente carsico, con l’ utilizzo delle risorse esistenti, adattabili, lavorando sulla morfologia dei luoghi. Scadenza: 01.04 > vai al sito
Scadenza: 14.04 > vai al sito
MATITALIA
la matita simbolo del 150° anniversario dell’unità d’Italia
Luoghi arcani
PROGETTO LIBRO D’ARTISTA
Virgin Radio, in collaborazione con Fender e Mapex, offre a tutte le band emergenti la possibilità di vincere un set di strumenti e di suonare sul palco del Rock ‘n’Music Planet in Piazza Duomo a Milano. Le band si sfideranno dal palco del Museo del Rock.
Cogliere le presenze anomale, l’amoroso corteggio di animali, mostri, eroi, che vengono nascoste dalle architetture pubbliche e domestiche. Sono questi gli obiettivi che si pone “Luoghi arcani” il concorso nazionale fotografico lanciato da Re balsamico.
Scadenza: 31.03 > vai al sito
Scadenza: 04.04 > vai al sito
In occasione dell’annuale festival della performance perfomedia nel Luglio 2009 si invitano tutti gli artisti a partecipare a “Progetto libro d’artista”. Sono richieste opere che usano come mezzo espressivo: testo letterario, testo grafico e pittorico, con la caratteristica forma di libro. Scadenza: 30.03 > vai al sito
Concorso fotografico nazionale
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iente, ci si potrebbe rispondere domandandosi cosa resta oggi del Futurismo. Gran parte delle ideologie di Marinetti&Co ai giorni nostri suonerebbero in fondo antiche e anacronistiche: folle pensare a una guerra “per pulire il mondo”. Lasciatecelo augurare, almeno. Sì, insomma, quest’anno il Futurismo compie cent’anni, siamo tutti entusiasti, tutti lo festeggiano, tutti lo lodano e bla e bla. Questo è quanto. No, questo è niente.Visto che in pochi, infine e al solito, conservano quel po’ di curiosità che serve a chiedersi perché. Oltre a lasciarci un’effigie per le attuali monete da venti centesimi, qualcosa devono aver fatto, questi futuristi, se nel 2009 hanno smosso tanto gli animi degli appassionati d’arte. Gli appassionati d’arte. Giusto per cominciare non era il solo pubblico a cui urlavano la loro rivolta. Perché il Futurismo intendeva travolgere, secondo i suoi principi, molte sfere del pensiero umano. Dunque non solo pittura, scultura, architettura, ma anche letteratura, teatro, musica, cinema, politica, perfino il lessico, in qualche caso. Se oggi gira voce sulla xenofobia o su un vago nazionalismo italiani,
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mo non fu una vacanza facciano riflettere il quisibeve, il pranzoalsole, il peralzarsi, il traidue, sostituiti ai meglio noti bar, pic-nic, dessert, sandwich, per portare qualche esempio che oggi procura sorrisi. Ma forse il legame più profondo fra il 1909 e l’anno che stiamo vivendo è individuabile in un valore in particolare: la velocità. Questo mito, perché tale si può considerare, è per i nostri tempi un elemento imprescindibile. Non si parla d’altro che di velocità: collegamenti ADSL veloci, treni ad alta velocità, auto che scambiano le strade per piste da F1... e sbrighiamoci, in ogni occasione, o non riusciremo mai a portare a termine i nostri compiti. Il mondo non è mai stato tanto veloce quanto lo è adesso, e quanto ancora spera di diventare, ma non accenna a premere sul freno.
Super.
È diventato un punto verso il quale propendere, super tutto. Non ce ne abbiano Nietzsche, Dostoevskij e D’Annunzio, che a lungo hanno dibattuto sull’esistenza del libero arbitrio e sui valori dell’individualismo, ma di superuomini oggi ce ne sbattono in faccia uno al minuto. I luoghi privilegiati: la poltrona del cinema e quella di casa, dove comodamente divoriamo i comics. Basta ricordare, e doverosamente, i più celebri supereroi in calza-
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maglia, come quelli editi dall’americana DC, Superman e Batman. Queste fanzine, tutt’ora in commercio, sono tra le più vendute nel mondo. Al battesimo di Superman nessuno si è spremuto le meningi per trovare un nome che designi altro dall’essere, appunto, una creatura dalle sembianze umane dotata di sensi che oltrepassano i limiti della natura. Super forza, super velocità. È in fondo ciò che galleggia nelle speranze dell’uomo odierno, pronto a biasimare ogni suo limite. Da questi fumetti sono stati prodotti numerosi film, alcuni dei quali molto recenti.Talvolta queste pellicole prendono spunto anche da altre appartenenti al passato. Qualcuno ricor-
da il nome della città in cui Clark Kant barra Superman vive e opera? Metropolis. Mica bazzecole. Da essa non si diversifica troppo Gotham City, città del cugino Batman. Ora, potrebbe essere un caso, ma Metropolis (oltre a intitolare un quadro di George Grosz del 1916) è anche il titolo di uno dei più grandi film muti mai girati, per mano di un certo Fritz Lang, fra i capostipiti dell’Espressionismo tedesco. E a vederlo sembra un concentrato di tutti gli ideali futuristi in movimento: macchine, industrie, guerra, architetture e ambientazioni più o meno futuribili. Anche se quello di Lang poteva sembrare un monito lanciato ai posteri sui rischi di un cieco amore per la
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meccanizzazione, monito che a quanto pare in pochi hanno raccolto. I Queen, però, ne hanno raccolto qualche fotogramma, usato nel montaggio del videoclip di Radio ga ga, se qualcuno desiderasse un antipasto del film. Restando in ambito più tradizionalmente artistico, sebbene parlando di Futurismo sia indelicato, se non pericoloso, accostare il termine “tradizione” a quello di “arte”, certo nel contemporaneo i riferimenti a questa corrente si inseguono. Lo sguardo potrebbe facilmente cadere su ciò che succedeva negli anni Cinquanta e Sessanta, quando al diffondersi della Pop Art corrispondeva la nascita e la maturazione di movimenti altrettanto validi come il Minimalismo, l’Optical Art, Fluxus. Nell’organizzazione di quest’ultimo, l’architetto lettone George Maciunas contemplò
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parecchio il concetto di indeterminazione, di caso, esattamente come John Cage, maestro musicista che ispirò il gruppo. E fino ad allora la sola avanguardia (che, oltretutto, fu anche la prima del Novecento) che in ciò li aveva anticipati era stata proprio il Futurismo. Fluxus ne ereditò anche la multimedialità, lo straripamento di ogni forma d’arte in tutte le altre. E bisognerebbe chiudere gli occhi e tapparsi le orecchie per non trovare alcuna connessione fra l’intonarumori di Russolo e le performance di Phil Corner, che si esibisce demolendo un pianoforte, in cui il solo suono a essere percepito è quello prodotto dal martello e dalle seghe. C’è poi l’Arte Cinetica, o Optical, che nutrendo forte interesse per i meccanismi scientifici da cui scaturisce il movimento, la dinamicità,
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ha fatto tesoro degli studi portati a termine dai futuristi, altrettanto attenti al modificarsi dei volumi nello spazio. La freddezza della pittura si fa più estrema, il sentimento e l’emozione scompaiono per lasciare spazio solo a un gesto pittorico meccanico. Forse è proprio questa stessa freddezza, la tentazione di identificarsi con la moderna città industriale e l’analisi del dialogo delle opere con lo spazio che condiziona il modo di fare arte all’epoca del Minimalismo, che dagli anni Sessanta a tutt’oggi è una delle correnti dominanti, con le sue gigantesche, basilari e asettiche forme geometriche. Proprio il sostegno per la modernità, forse, ha preso per mano i futuristi e li ha condotti a impegnarsi anche nella comunicazione grafica e pubblicitaria. Questa richiede tutto ciò
che essi propugnavano: velocità, sintesi, esibizione, oltre che una reazione da parte dello spettatore. Come dimenticare i manifesti creati da Depero per Campari, Strega, Saccardo? Potremmo dire che fu il primo artista che osò parificare il livello tra un quadro e un manifesto pubblicitario, il primo a riconoscere negli industriali i nuovi committenti delle opere, sostituti di signori ed ecclesiastici. Insomma uno dei motivi per cui il Futurismo è ancora così sentito è la sua attualità paradossalmente costante, l’averci infilato due dita nelle orbite e aperto meglio gli occhi per farci smettere di guardare solo dietro le nostre nuche, quando il presente è altrettanto critico e ben più famelico. Lucia Grassiccia
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l’uovo ha una forma perfetta benche’ sia fatto col culo La mostra antologica dedicata a Bruno Munari, per il centenario della sua nascita, cominciava proprio con la frase che potete leggere in sovraimpressione, applicata a una parete del museo dell’Ara Pacis di Roma. Codeste parole appaiono stranamente adatte per riassumere il frutto di un incalcolabile lavoro come quello svolto dall’artista milanese, padre della grafica e del design italiani, ma anche innovativo pittore e scultore. Mettere in mostra l’esperienza eclettica di Munari non deve essere stata un’impresa facile per i curatori della mostra. Durante il percorso espositivo è possibile incontrare tele, sculture mobili; oppure un carattere tipografico, un “libro illeggibile”, un video, un vaso, una “macchina inutile” o le fotografie di una performance: di tutto e di più insomma. A causa, o per merito, di questa sua essenza proteiforme, è difficile dare una descrizione globale della mostra, ma è possibile affermare che tutti i lavori presenti all’esposizione hanno alle spalle il medesimo metodo operativo, ovvero quello che conduce a un risultato che deve essere il più semplice possibile. Per ottenere l’“uovo”, dunque la perfezione, si deve ricorrere a strumenti, materiali, idee, analisi “facili”. Il “difficile”, per
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Munari, è riuscire a ottenere soluzioni semplici e perfette. Tutti coloro che lavorano nell’ambito della grafica e del design dovrebbero sentire la necessità di impadronirsi della lezione, tanto morale quanto artistica, che Munari ha lasciato: “Il progresso significa semplificare non complicare”. Bisogna sottolineare anche la considerevole attenzione che Munari ha rivolto alla didattica infantile, tramite la pubblicazione di diversi
libri e video e tramite la fondazione di alcuni laboratori creativi per i bambini. Forse è proprio dall’universo puro, primitivo e un po’ ingenuo dei più piccoli che Munari ha preso ispirazione durante la sua vita, infatti anche un bambino potrebbe agevolmente riprodurre un suo lavoro. Ma, attenzione, non bisogna per questo banalizzarlo, perché “Quando qualcuno dice: questo lo so fare anch’io, vuol dire che lo sa rifare altrimenti lo avrebbe già fatto prima”. Fabrizio Spucches
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a felicità è un cucciolo caldo”. E chi l’avrebbe mai detto che un aforisma sì commovente, partorito dalla genialità indiscussa di un Charles M. Schulz, potesse essere dissacrato dalla fantasia traboccante di una ribelle della Nona Arte... Inkspinster: battuta mordace, alquanto logorroica ma non di quel tanto cianciare di cui sono pieni molti sottoprodotti in ambito fumettistico. La mocciosa ha sempre da dire la cosa giusta al momento giusto, con occhietti che guardano il mondo con un pizzico di cinismo e la gratuità di una bambina. Tante cose l’accomunano ad una piccola della sua età: l’amore per i cuccioli, ai quali non risparmia però torture di ogni sorta; l’affetto per un ragazzino, che rifiuta i suoi reiterati corteggiamenti. Sembra una cuginetta italiana di Mercoledì o una sorella del depresso Vincent di Burton.
Che cosa significherà mai quel nome così cacofonico che Deco (Elisabetta Decontardi) le ha appioppato? La sua traduzione è zitella d’inchiostro, scarabocchio che si aggira per le vignette a sciorinare anche la sua sguaiatezza, un formato 4x2 che lascia sorpresi per la sua originalità e il suo ordine. Nulla è casuale, ogni dettaglio è minuziosamente curato, in uno stile ottocentesco con un gusto nel riempire di fitti ghirigori, di terminazioni ovoidali i tratti. Pennino ed inchiostro, una scelta che consente l’estemporaneità e la velocità d’esecuzione. Le ispirazioni si rintracciano in superficie: Tim Burton, Roman Dirge, sono evidenti. Che dire di più? Lasciatevi invitare a sbirciare le elucubrazioni di una bambina linguacciuta. Ilaria La Magna
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gustosi dolcetti americani, qui dentro non si mangiano. Quel profumo lo sparano nel circondario dei comuni diffusori di fragranze. Ma dentro i frigoriferi allora? Magliette tanto per cominciare, accessori dai colori vivaci, dal design che strizza l’occhio al vintage. Protagonista indiscusso: il cupcake, appunto. Il tutto servito con una estrema cura per i dettagli, dal packaging alle piccole sorprese anni ’90 riservate ai primi fedeli clienti. Da stirare al rovescio. Johnny non è un cuoco, ha 23 anni ed è un Necessario da speci- designer. Il suo è un piccolo impero milionficare all’interno di un Johnny Cupcakes ario che dal 2000 cresce senza sosta e che Store. lo ha trasformato da ragazzino iperattivo a Bastano due passi sulla Melrose Avenue, richiestissimo conferente nei più importanti sotto il caldo sole di Los Angeles, perché un atenei degli USA. Ora spiega ai suoi coetainvitante profumo di dolci appena sfornati ti nei come per “farcela” bastino talento, voglia trascini fino a schiacciare il naso contro le di rischiare, creatività da vendere. Sorride sue vetrine. Butti una bramosa, fanciullesca quando parla del sostegno della sua famiglia, occhiata alla sorgente di cotanta fragranza e dei sacrifici e dei cinque lavori della madre, gli interni non ti deludono: dalle pareti forni adesso la sua dipendente preferita. Racconta anni ‘50 si aprono e si chiudono, ovunque di come il web abbia fatto la sua fortuna, estroneggiano espositori e frigoriferi degni sendo ad oggi il principale canale di vendita d’una pasticceria d’altri tempi. per i suoi prodotti. Ad una seconda occhiata poi, lo scon- La ricetta ce l’abbiamo. Speriamo che i cupforto ti rinsecca i succhi gastrici. cakes vengano buoni come i suoi. I cupcakes in questione, Alessandra Rigano
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Dal 15 Novembre 2008 al 15 Febbraio 2009 è stata in scena al Mart di Rovereto la mostra Il secolo del Jazz, con un nuovo tema per la museografia italiana: la relazione tra arte e musica, un approfondito dibattito che svela l’intreccio del jazz con le varie forme d’arte del Novecento; in una corrispondenza sempre viva e spontanea, del tutto inedita per un genere musicale. Uno stile ed un linguaggio nuovi, che meglio vestivano immagini e modi di essere di un secolo così frizzante e espressivamente libero. La grande esposizione propone una lettura
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multidisciplinare attraverso opere di pittura, fotografia, cinema, grafica, fumetto e letteratura e si organizza intorno a una timeline che si sviluppa nel corso degli anni, presentando dischi, partiture e documenti storici significativi. Uno dei rapporti più fascinosi omaggiati dalla mostra rimane quello tra musica e pittura, con esempi illustri come Picasso, Basquiat, Picabia, Haring, Mondrian (appassionato del boogie woogie), Matisse, tutti pittori che si lasciavano influenzare dal jazz per ricavarne la stessa spontaneità; è anche il caso di Pollock, i
ACCATTIVARTI cui drippings venivano spesso eseguiti con musica jazz in sottofondo. Una collaborazione che non è circoscritta alla pittura, ma spazia all’interno di movimenti culturali quali l‘Harlem Renaissance e si addentra nel mondo del fumetto, scoprendolo incredibilmente attento alla narrazione di storie sulla musica nera americana (Guido Crepax è presente in mostra con “L’uomo di Harlem” e la copertina di “Charlie Parker Plays”, 1953). Ricche sezioni documentano la componente audiovisiva della mostra, in un’accurata selezione del materiale fotografico sono presenti gli scatti di Herman Leonard e William Claxton, i lavori di Lee Friedlander che firma le copertine di John Coltrane e Miles Davis. Ampio spazio allo sconfinato mondo di musica e immagini in movimento: si passa dal cinema sperimentale dei grandi protagonisti della cinematografia legata al jazz (Norman McLaren, Ray Eames) a quello d’animazione, la modaiola Betty Boop protagonista nel 1932 insieme all’orchestra di Louis Armstrong, I Tre Porcellini musicati da Shorty Rogers nel 1957; fino a testimonianze documentarie di rilievo come i Soundies, considerati gli antenati dei videoclip per durata e logica promozionale. Infine la sezione di grafica pubblicitaria
ispirata dal jazz sin dal 1939, anno in cui Alex Steinweiss rivoluziona l’idea di confezione del disco creando la prima copertina della storia della musica, un’occasione per vedere alcuni artworks originali di album fondamentali. Di fronte ad un tale sconfinamento dei campi artistici c’è solo da chiedersi a cosa sia attribuibile un interesse così forte ad una corrente musicale. Al Mart di Rovereto ci sono tutti gli elementi per formulare una risposta. Dario Lo Verme
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Pittore e scenografo, vive e lavora tra Palermo e Siracusa. Dopo aver approfondito gli studi di scultura, la sua ricerca artistica si apre alla pittura e al teatro. Dal 1999 espone in manifestazioni personali e collettive, di carattere nazionale ed internazionale, sia in ambito artistico che teatrale. Attualmente è impegnato con la Fondazione Fiumara d’Arte, alla realizzazione di una scultura in terracotta per la Porta della Bellezza nel quartiere Catanese di Librino.
Mette in discussione perfino la definizione di “soggetto”, Simone Mannino, citando Faletra, secondo il quale la scelta del soggetto diventa qualcosa di estremamente materiale e legato all’atto del getto su un supporto fisico. Sembra che questo pittore innamorato del teatro e della teatralità riesca a individuarlo, il soggetto, soprattutto tramite un processo di eliminazione, dipingendo più di un’immagine una sull’altra, fino a cancellare tutto con una passata di grigio e ricominciare da capo, in una continua ricerca. Nei suoi quadri, popolati di figure umane contemporaneamente maschere e identità, predilige colori neutri e poco chiassosi. Il colore può essere per lui solo un mezzo, di cui talvolta sente di poter fare a meno ma che, sostiene, governa il mondo. Parlando della sua pittura, che a tratti sembra tracciare una linea diretta fra la tradizione informale e il teatro, spiega come la varietà del colore ricopra un ruolo fondamentale: Il mio approccio con la pittura è stato sempre teatrale, anche quando dipingevo dal vero ritratti figurativi di amici o parenti, non si tratta di seguire le orme dell’informale, o della pittura d’azione, voglio dire che Caravaggio, Goya, Rembrandt, sono pittori teatrali. Non è l’azione esclusivamente fisica che genera teatro, ma la tensione. [...] Nel mettere in scena il colore mi piace paragonarlo al timbro dell’attore, o alle note musicali, avere una grande gamma di colore qualifica il pittore. Mi piace individuare un colore, una tinta e variare su di esse, questo lo trovo fantastico, riuscire a fare 20 bianchi diversi, o 10 azzurri, insomma fino a quando non riesco più a ricavarne qualcosa che mi soddisfa. Meticolosa e costante si fa allora la sua sperimentazione. Del resto, come sostiene, un artista oggi deve riuscire a innalzarsi fino a diventare un’antenna del mondo, per cogliere segnali dalla vita reale e dal mondo dei sensi e trasformarli in movimento vitale, restituirli al tempo.
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o RGANISMI ENETICAMENTE g ERCANTILI m Caro Charles,
come va? Spero bene. Anche se te ne sei andato da un po’, qui non sei stato dimenticato. Anzi, proprio quest’anno a Roma hanno organizzato una mostra dedicata a te, a 200 anni dalla tua nascita. Ormai si è quasi certi che la vita si è evoluta come tu hai ipotizzato, eppure ancora nessuno sa cosa sia stato prima che tutto iniziasse. Sappiamo, però, cos’erano quei fattori trasmessi dai genitori ai figli che trasformandosi portavano ai cambiamenti negli organismi e li rendevano più o meno competitivi nell’ambiente. Oggi li chiamano geni e hanno scoperto che stanno scritti sul DNA. Un monaco tuo contemporaneo, certo Gregor Mendel, ci stava già lavorando, seppure tu non ne sapesti mai nulla. Che paradosso, un monaco agosti-
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niano che vive nel monastero di San Tommaso e tenta di rubare a Dio il segreto della vita. Poi è stata la volta di coloro che capirono come modificare gli organismi, illudendosi di essere tanto infallibili da poter manipolare la vita. E infine qualcun altro, molto più concretamente, ha appurato che la vita non si può controllare, ma con le giuste leggi si può guadagnarne ricchezza e potere. E mentre gli stolti guardano il dito, il saggio il dito te lo mette nel… Eh sì, mentre tutti stanno là a chiedersi quanto possono far male gli organismi transgenici, a cercare il male in un essere vivente, vedendo nell’utilizzo di taluni meccanismi naturali un’alterazione degli stessi (del resto impossibile), non si accorgono del male che viene dagli uomini. Non vedono le grandi ditte sementiere (divenute multina-
ACCADE
zionali) lanciate in una corsa senza scrupoli alla creazione dell’OGM, Organismo Geneticamente Mercantile. La gente non morirà per via degli OGM, ma per colpa delle leggi che ne regolano l’utilizzo. Ogni OGM è brevettato, se vuoi seminarlo devi pagare le royalty. E se domani (quando esisteranno solo piante brevettate!) lo stato X in guerra con lo Stato Y non concedesse le royalty agli agricoltori del secondo Stato per impedirgli di prodursi cibo a sufficienza? Lo sai che oggi in India crescono piante di frumento i cui semi buoni per fare farina non potranno mai germinare? E mentre è difficile trovare i geni veramente utili per i bisogni dell’umanità, è stato facile trovarne uno che impedisce ai semi di germinare, soprannominato “gene terminatore”. Negli OGM puoi metterne anche uno tra gli
altri, così da impedire agli agricoltori la produzione da sé e costringerli a comprare il seme ogni anno. Nessuno creerà mai volontariamente nulla di dannoso per noi e per il nostro ambiente, niente che ci farà diventare verdi o crescere le antenne, niente di ciò che fanno vedere i Tg per allarmarci, per nasconderci il pericolo più reale, niente che possa far male al nostro pancino; ma si sono riservati di decidere quando, come e se potremo averlo pieno! Scusa, non volevo annoiarti con problemi che penso non ti riguardino più. Ma ti ringrazio se hai avuto la pazienza di leggere questa mia fino in fondo. Con stima, RainMan
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BACCANO
Il testamento di Fabrizio “C Storia di due poeti: uno ha raccontato
ome coltivare il giardino, l’orto ed il frutteto e come conservarne i prodotti”. Questo il titolo di uno dei libri conservati, letti e consunti da quello che Fernanda Pivano ha definito il maggior poeta italiano dagli anni ’50. Bisogna specificare di chi stiamo parlando? De Andrè Fabrizio, 1 in filosofia stampato sulla pagella del liceo, come ammicca una mostra che la sua città, Genova, dieci anni dopo la sua morte (11 Gennaio 1999) ha dedicato a chi ne ha cantato lo splendore nascosto negli angoli più ignorati e bui e ne ha disprezzato la borghesia perbenista che gli ha tuttavia dato una famiglia. Non stupisce tutto questo, perché solo chi ascolta distrattamente le sue canzoni, se mai si possa farlo, può non accorgersi di quanto possa aver amato sporcarsi le mani con la più nobile delle materie, del legame che lo ha inchiodato alla terra. Sì, che schifo, proprio quella dei campi, da cui ognuno di noi
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l’Italia, l’altro l’ha stupita
proviene. Per l’1 in filosofia… certo non fu il solo basso voto che da ragazzo portò a casa, ma suggerisce quanta poca confidenza concedesse alle istituzioni, specchio annerito di una società annerita. Perché non c’era casa più accogliente, per lui, della strada. Tutte le strade: quelle nei dintorni del porto genovese, quelle che trasudano la così chiamata depravazione, popolate da puttane, ubriachi e ladri; quelle dell’anarchia intesa come piena libertà personale; ma anche quelle dell’amore, universale e incontaminato, mieloso nemmeno per sogno, che prima o poi sfiora tutto e tutti nel suo passaggio, almeno lui incapace di fare differenze. Quali parole usare per descrivere le sue? È difficile trovare in qualcun altro la capacità di impiegare testi così semplici che trattengono talmente tanto succo, talmente tanta poesia che non si è cibata di sogni ma di realtà, a volte cruda altre che fa sorridere, sempre lontano dai mezzi termini. La sua modestia non mostra altro che un bisogno quasi fisico di comunica-
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“Vuoi davvero lasciare ai tuoi occhi solo i sogni che non fanno svegliare?”
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zione, un’esigenza che non si può fare a meno di soddisfare, nonostante l’indole riservata e perfino timida. Come ogni grande artista, è obbligato ad essere sincero, non per scelta ma perché non conosce altro linguaggio. La mostra ospitata da Palazzo Ducale, il cui percorso percettivo è stato messo in piedi nientemeno che da Studio Azzurro, cerca di parlare, come Fabrizio, a tutti, a chi è affamato di cultura e a chi vive la strada senza pretese. L’attività di uno dei maggiori collettivi di video artisti italiani non si smentisce: fra le altre cose permette ai visitatori di proiettare il loro personaggio prediletto fra i tanti raccontati dal cantautore e di selezionare e ascoltare alcune delle sue rare interviste, mentre la sua voce si sparge tra le sale. Speriamo non trovi questo omaggio troppo indiscreto, perché ci sono cose che sarebbe un peccato dimenticare, per dirla coi termini di quel Dio che Fabrizio ha licenziato. Lucia Grassiccia
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“Mi vedo solo in distorte qualità”, così canta il ritornello della prima canzone del nuovo album dei Ghostchildren, New dehli grand hotel, immagine che esprime appieno l’umore introspettivo delle liriche che accompagnano le canzoni, effettivamente ricche di elementi musicali e stilistici, (ciò lede di poco la creatività, rendendo il lavoro pieno di citazionismi senza comunque sottrarvi qualità), ma talmente variegati da rendere l’album comunque una chicca del nuovo rock italiano. La vecchia scuola del rock dei Marlene
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kuntz e il pop degli Scisma del periodo di Armstrong incontrano gli anni Ottanta dei Cure e dei My Bloody Valentine, senza scordare la scuola della psichedelia ed il progressive degli anni Settanta, il tutto reso vivo dalla poetica del cantante-chitarrista-autore Giulio Cecchini, uno sguardo al passato con criterio e lucidità, un album sinuoso come il tormento e dolce come un’aurora distorta. V. O.
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MIGLIOR FILM: The Millionaire MIGLIOR REGIA: The Milliionaire MIGLIOR ATTORE: Seann Penn MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA: Heat Ledger MIGLIOR ATTRICE: Kate Winslet MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA: Penelope Cruz MIGLIORE FOTOGRAFIA: The Millionaire MIGLIOR MONTAGGIO: The Millionaire MIGLIORE SCENEGGIATURA NON ORIGINALE: The Millionaire MIGLIORE SCENEGGIATURA ORIGINALE: Milk MIGLIOR SCENOGRAFIA: Il curioso caso di Benjamin Button MIGLIORI COSTUMI: La Duchessa
Senza offese, ma agli Oscar 2009 nessun capolavoro ha trionfato. Fulmini forse si abbatteranno su di noi (a proposito, che fine ha fatto il settimo di Button?), ma il mese scorso sul cielo di Hollywood la luce delle stelle si diffondeva maculante. A proposito de “Il curioso caso di Benjamin Button”, ci si chiede dove siano finite le 13 candidature, in buona parte volate via insieme allo smaccato colibrì e a 150 milioni di dollari, almeno questi verranno compensati al botteghino. Tre sono state risparmiate: Miglior make up (duramente guadagnato, peccato che nessun fard doni l’espressività a Brad Pitt); Miglior scenografia, complice di una fotografia fatta di luci calde e calibrate; Migliori effetti visivi. La storia intrigante, lo studio dei personaggi e la generale tendenza a estetizzare offrono tuttavia a Fincher l’occasione di archiviare un classico. Tornando a parlare di soldi, molti meno ne ha richiesti “The Millionaire”, pregevole lavoro confezionato da D. Boyle in cui proprio un’ingente somma di denaro torna, come spesso accade nei suoi film,
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STELLE
MIGLIOR TRUCCO: Il curioso caso di Benjamin Button MIGLIORI EFFETTI VISIVI: Il curioso caso di Benjamin Button MIGLIORE COLONNA SONORA: The Millionaire MIGLIORE CANZONE: The Millionaire MIGLIOR SONORO: The Millionaire MIGLIOR MONTAGGIO SONORO: The Millionaire MIGLIOR FILM STRANIERO: Departures MIGLIOR DOCUMENTARIO: Man on wire MIGLIOR FILM D’ANIMAZIONE: Wall· E MIGLIOR CORTOMETRAGGIO: Spielzeugland (Toyland) MIGLIOR CORTOMETRAGGIO DOCUMENTARIO: Smile Pinki MIGLIOR CORTOMETRAGGIO D’ANIMAZIONE: La Maison en Petits Cubes
a capovolgere la vita dei protagonisti. Nonostante l’intreccio, specie nelle scene finali, si risolva in modo un po’ banale fino a culminare in un’improbabile danza conclusiva (forse una sdrammatizzazione volutamente vicina al gusto bollywoodiano), degni di nota sono la regia, capace di coinvolgere emotivamente lo spettatore, il montaggio ben studiato e la fotografia, che sperimenta alcuni momenti di originali inquadrature. Nulla da ridire sull’interpretazione di Sean Penn per “Milk”, con cui riconferma il suo talento ed entra a far parte della stretta cerchia di artisti che per ben due volte si aggiudicano una seconda statuetta come Miglior attore protagonista. Una trama fatta di rimorsi e silenzi, infine, disegna “The Reader” e dà spazio alla brillante immedesimazione nel personaggio di Hanna Shmitz di Kate Winslet, che ha dovuto competere con delle forse altrettanto meritevoli Meryl Streep e Angelina Jolie. a cura della Redazione
Un brillante matematico, fermamente convinto che tutta la natura possa essere ricondotta ad un modello logico, cerca uno schema capace di prevedere gli esiti della borsa con rigore scientifico. Le sue ricerche sono però interrotte da incontrollabili emicranie che lo perseguitano dall’età di sei anni, finché un giorno il suo supercomputer va in tilt dopo aver stampato una se-
quenza casuale. La risposta che Max cerca da una vita è lì, minacciata da una multinazionale e da un gruppo di Ebrei studiosi della Cabala. È questa la trama di Pi Greco, film di Darren Aronofsky del ‘98 girato in un bianco e nero fortemente contrastato, a simboleggiare il leitmotiv del film, il contrasto fra ordine e caos. Colpisce l’attenzione ai particolari: il gioco del
go con le sue partite imprevedibili, le allucinazioni di Max durante i suoi mal di testa, i primi piani sconvolgenti e un finale problematico e aperto fanno di questa pellicola un capolavoro del cinema indipendente, sicuramente da vedere. G.G.
PI GRECO
Dove i clandestini
vengono applauditi
muro di pietra. Il sipario del Teatro degli Arcimboldi qui a Milano è aperto e tutti noi, in platea, non vediamo altro che un imponente muro di pietra grigia. La tribuna si spegne, concedendo luce solo ai protagonisti di questa sera: la pietra, la musica, la poesia. È Notre Dame de Paris che va in scena, opera popolare in tour da ben 7 anni sui palchi di tutto il mondo. La storia è sempre quella. Lui ama lei. Lei ama l’altro. L’altro è un bastardo. Su questo palco, però, il nostro Lui vanta l’originalità di un corpo deforme, un acuto alla Cocciante ed una celebre imitazione di Fiorello. Tradotto in tre lingue, il musical torna nei teatri italiani. Le tappe finora previste toccano però solo le regioni del centro nord e si sospetta che i fan meridionali dovranno attendere ancora. Sembra infatti che, seppure la volontà ci sia, a mancare siano le strutture, sebbene si annunci la costruzione di arene temporanee. Nuove corde vocali affiancano veterani come Matteo Setti, già protagonista nel primo cast. Cambiano i volti, ma la qualità se possibile
acquista spessore. Il contorno poi, qui diventa un piatto unico da mandare giù in un boccone. La fisicità con la quale le coreografie di Martino Muller raccontano la disperazione, la deformità, la sfrenatezza, è la chiave di volta che sorregge, fondendo musica ed intenzione. Luci e scenografia fanno il resto. A chi crede di averlo apprezzato sullo schermo di casa, io e la signora della poltrona qui accanto dedichiamo un sonoro: “Non avete visto un’H!”. Alessandra Rigano
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PUNTO ACCAPO
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Il tempo grava su di te con il suo peso, come un antico sogno dai tanti significati. Tu continui a spostarti, tentando di venirne fuori. Forse non ce la farai, a fuggire dal tempo, nemmeno arrivando ai confini del mondo. Ma anche se il tuo sforzo è destinato a fallire, devi spingerti fin laggiù. Perché ci sono cose che non si possono fare senza arrivare ai confini del mondo.
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Amos Oz Feltrinelli
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Il lamento d Shalom Au
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Fred Varg Einaudi
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Franco Bac
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Invito al viaggio:
Kafka sulla spiaggia
Fuga o viaggio, quello condotto dai due personaggi di Kafka sulla spiaggia sembra essere compiuto nelle regioni più remote dei sogni. D’altra parte Murakami è così, dapprima solletica il palato del lettore carezzandolo con minuziose descrizioni di abiti, profumi, cibi, particolari così reali che potreste toccarli, per poi lasciarlo andare a quell’altra realtà, quella del sogno, che lui ha abilmente intessuto. Tamura Kafka è un quindicenne risoluto a scappare da quella che lui stesso definisce la “sua maledizione”; costruendo e rafforzando attorno a sé una corazza che crede intangibile, compie la sua fuga che lo porta alla Biblioteca Komura, dove incontra l’affascinante e triste Signora Saeki e il brillante Oshima e dove i fili del destino s’intrecciano. Nakata invece è un uomo di mezz’età, egli stesso si presenta agli altri come uno stupido che ha perduto l’intelligenza, è un uomo semplice ma felice, solitario ma che non conosce solitudine, un uomo la cui mente che appare limpida e innocua si rivela grande e spaventosamente potente, non appena sceglie di scappare per compiere la sua misteriosa missione accompagnato dal camionista Hoshino. Questo libro è una magica apertura verso una dimensione onirica parallela che è vicina a noi più di quanto possiamo immaginare. Simona Marano
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Sorprendente! Forse basterebbe questo aggettivo a descrivere quest’opera. Al di là del titolo, molto romantico ed evocativo, sta infatti un romanzo rivoluzionario, unico nel suo genere, che stravolge il concetto classico di libro: protagonista è il lettore, tema principale il piacere di leggere (e scrivere) libri.
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C D
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Esatto, non avete letto male. Il protagonista è proprio il lettore, che comincia a leggere dieci romanzi ma, per una serie di “incidenti”, non riesce a completarne uno. Quasi non sembra più Calvino, ma realmente dieci mani differenti come differenti sono i temi narrati, che cambiano genere ad una velocità quasi disarmante; unico filo conduttore sono
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il lettore e una storia d’amore che emerge tra le burrascose vicende. Con chi?! Ma ovviamente con la lettrice! Il risultato è un’opera moderna che coinvolge in prima persona il fruitore: in quello che l’arte contemporanea cerca ormai di fare da tempo, Calvino è riuscito egregiamente!
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U.S.
S T U V W X Y Z SE UNA NOTTE D’INVERNO UN VIAGGIATORE
Non visione.
Audiovisione C’è un fatto che spesso si verifica quando guardiamo un film, la televisione, un video o qualunque altro prodotto audiovisivo. Il suddetto fatto è che dimentichiamo, senza accorgercene, quanto determinante sia il suono nel nostro ruolo di spettatori. Come se mentre le immagini ci scorrono davanti agli occhi non subissimo anche una percezione uditiva. È una delle lezioni che meglio impartisce questo saggio (ed. Lindau, 2006) di Michel Chion, uno che di cinema e contratto audiovisivo sa abbastanza. È per questo che inizia a parlare di valore aggiunto, di suoni anempatici, di temporalizzazione delle immagini, in mezzo a numerose altre delucidazioni tecniche.Tutto è reso chiaro attraverso esempi di scene di varie pellicole, illustrando quanto diverse ci apparirebbero una volta modificato l’audio. Fa molto pensare, a proposito di ciò, un aforisma di Bresson che egli stesso riporta, secondo il quale il cinema sonoro ha introdotto il silenzio: mentre il cinema muto con tutti i suoi stratagemmi tentava di suggerire il rumore, il suono, quello che è venuto dopo è stato costretto a scavare dei vuoti voluti per ottenere delle pause.
Altrettanto interessante è l’analisi che compie comparando il caso della televisione, considerabile sotto questo aspetto una sorta di radio illustrata, il caso del cinema, il caso del videoclip, tutti differenti fra loro per ritmo, velocità, natura del suono in relazione alle immagini. In fondo è proprio grazie al loro rapporto mutevole che ci è possibile distinguere una categoria multimediale da un’altra. Lucia Grassiccia
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SPACCASCHERMO
Ci sono certe opere che nel cuore dei videogiocatori occupano un posto speciale, diventando quasi un mito: una di queste è Chrono Trigger, JRPG della Square uscito nel 1995 per Super Nintendo. Purtroppo noi europei non abbiamo mai potuto mettere le mani su questa gemma, o almeno così è stato fino allo scorso Febbraio. La nota software house ci propone finalmente un porting per Nintendo DS, dopo ben 14 anni di attesa. Il gioco propone una grafica pulita e dettagliata - arricchita dai pregevoli artwork di Akira Toriyama - unita ad un gameplay solido (un ibrido tra combattimenti a turni e in tempo reale) e profondo, con vari personaggi e tecniche da sbloccare. Se si aggiunge una trama avvincente che si sviluppa in sette epoche, e la possibilità di ottenere quattordici finali diversi a seconda delle azioni che decidiamo di intraprendere durante le nostre avventure temporali, possiamo affermare che Chrono Trigger DS raggiunga tranquillamente
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lo status di capolavoro. Pochine sono le novità; abbiamo un nuovo minigioco, due nuove ambientazioni (che hanno il pregio di legare il titolo al suo seguito, Chrono Cross) e ovviamente il touch screen, che risulta un’aggiunta piacevole ma non proprio necessaria. Ma i classici in fondo, vanno bene così come sono. Insomma, è valso la pena aspettare: Chrono Trigger DS rappresenta un ottimo esempio di come la vecchia scuola possa dare una lezione di stile al videogioco moderno, in una generazione in cui a farla da padrone è il numero di poligoni. Maurizio Maggi
ACCABYTE
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Se con il solo battito delle ciglia potessimo registrare ogni nostra esperienza visiva non dovremmo preoccuparci di cellulari scarichi, fotocamere smarrite o videocamere ingombranti… beh, proprio nell’era in cui possediamo i più svariati mezzi per immortalare i nostri momenti, non siamo ancora arrivati a tanto. Non parleremo quindi di sofisticati microchip da impiantare nel nostro nervo ottico, capaci di trasformare gli impulsi elettrici in byte da custodire gelosamente in memorie fisiche incorporate in appendici fisiologiche, ma di un oggetto che memorizza la nostra esperienza sensoriale quotidiana fornendocene una traccia multimediale. Un guanto multiuso, da non sfruttare in caso di urgenze casalinghe (piatti sporchi inclusi), ma da indossare quando quell’insensata voglia di tecnologia ci prende dal profondo. Proprio quando ci va di
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Menomale che c’è Jik premere il tasto rec della nostra vita, che sia cosparsa di moti,suoni,visioni o stati febbrili,poco importa, il guanto è in grado di rilevare movimenti, catturare rumori ed immagini (girando perfino dei video), misurare gradi centigradi. Selezionando l’impostazione “Auto mode” è il dispositivo a scegliere cosa e come registrare, mentre in “Manual mode” la decisione spetta solo alla posizione delle nostre dita. Tramite connessione WiFi è poi possibile scaricare i dati nel computer, e col software li si può raccogliere ed organizzare in vari modi creando un variegatissimo diario personale da poter condividere in rete, partecipando così ad un processo creativo che sfrutta una nuova forma di comunicazione. È solo un progetto di tesi, a completamento di un percorso formativo all’ISIA di Roma, che segue la filosofia di Achille Castiglioni secondo cui “non si progettano prodotti bensì comportamenti” o un prototipo che presto vedremo concretizzarsi nel mercato tecnologico? Valeria Fuso è la neo-designer in questione, che ha scelto di offrire una prospettiva differente da cui guardare il mondo. Simona Matina
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RACCATTATI
Pane, surrealismo e fantasia. Se tra la realtà e il sogno il tramite è il sogno lucido, in Waking Life, rotoscope movie del 2001, il punto di congiunzione tra film e animazione sta nel Rotoshop: software cugino del più celebre Photoshop, creato appositamente per l’occasione.
Waking
Life
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Rancid
Disco punk rock anni ‘90 che ha aperto nuovi orizzonti sonori al genere e al pubblico che l’ha premiato campione di vendite della scena indipendente. 19 tracce senza troppi limiti, contaminate da ska, raggae e ballate travolgenti.
Facile quanto un giochino online. Basta scegliere e combinare i moduli a disposizione per ricevere direttamente a casa il proprio capolavoro: poltrone, divani, letti dalle linee moderne e dalle flessibili funzionalità.
and out come the wolves
fanminus.com
Chi li dimentica i 4 goffi ragazzoni che si dimenano su 4 tapis roulant al ritmo della loro musica? Nessuna trovata pubblicitaria, è tutta farina del loro sacco. Dategli una vagonata di carta da parati e gli OKGO vi dirigeranno un video fantasioso quanto solo Gondry potrebbe esserlo.
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Want
La gabbia toracica è una cassa armonica, ma basta un po’ di tecnologia in cotone per renderla una vera e propria batteria. Sì, suona davvero! Necessarie le vostre mani e tutto il vostro senso del ritmo.
Drum T-Shirt Ai Yazawa Se
user finora tea inf avete visto in
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una “pausa the” 10 minuti di relax, preparatevi ad una bustina di adrenalina! Una pinna di squalo che naviga beata nella vostra tazza dovrebbe bastare a darvi la “scarica” giusta. Niente paura, è un infusiera che non morde progettata da Pablo Matteoda.
Sharky
Mai inseguito la vostra gatta durante le sue passeggiate notturne? Neppure con la luna crescente? Dalla matita di Ai Yazawa, autrice del’ormai più conosciuto “Nana”, nel 1998 nasce Kagen no Tsuki (Ultimi raggi di luna), uno shojo manga che sa di poesia.
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Maschio o Femmina? Da dove digito? Sono un trans, non vivo.
Quasi ti sento, questa #stanza non ha più pareti. Webcam per soffocare l’inadeguatezza. Commentami l’ultima svarionata sul rigurgito borderline. Se ti amo, lo scrivo su messenger. Se è urgente, trilla. è Il mio glitterato, adesso.
blog,
myspace
Non c’è limite al mio vivere dentro Miei voyeur affezionati bramatemi il photoblog su badoo. Taggami, ma di lol straziami. Ho il microfono, prova prova. Prova a cercarmi.
facebook.
Io, non mi trovo più.
PARLIAMO DI
Qualcuno cerca di farci diventare dei malati immaginari: lo psicologo Aric Sigman afferma che facebook può provocare tumori, ictus, disturbi cardiaci e demenza. Dell’ultima, devo dire, ne avevo avuto qualche sospetto, basti pensare ai bimbominkia. Dì la tua a vitaminah@hzine.it
network
Se vuoi saperne di più: Vuoi collaborare o dircene quattro? Contattaci a: info@hzine.it redazione@hzine.it
Dan, allora, facci vedere cosa hai portato Bene. State per oggi... pronte perche’ e’ un’idea geniale...
Ta-Dan! Invece della solita vignetta trita e ritrita, ecco qualcosa che permette alla gente di vedere cio’ che meglio crede
mr. foglio bianco