Accazine路 Mensile路 Anno 1路 Numero 0.4路 Luglio 2009
ZINE
Da consumare, preferibilmente
Redazione: Valentina Redi
direttrice responsabile e responsabile di produzione
Lucia Grassiccia
direttrice responsabile ed editor capo
Simona Matina
responsabile grafica
Alessandra Rigano responsabile grafica
Fabio Amenta
responsabile web
Elisa Raciti redattore
Umberto Spampinato redattore
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SOmMARiO
Stacca In prima H
4 6
AccattivArti
Baccano
12 26 Woodstock ‘69 Revolution 28 Nei panni sudici di un migrante 1 8 29
Augelli senza zucchero - V.M. 14
L’ultima onda di Reznor Metallo radioattivo Certe corde non si scordano
2 La poltrona accanto Fabio & Carlo Ingrassia 22 3 Non c’è due senza 3D Duro come Haneke, Accade 32 puro come il bianco La stampa sbiadita 2 4 33 Tre giorni col naso rosso
Il rovescio della medaglia Hanno collaborato: Marco Agosta Francesco Bologna Fabio Casà Stefania Cogliani Rosario Cutuli Serena Della Fornace Andrea Di Natale Davide Martirani Vincenzo Orsini Sara Ronconi Rino Scebba Stefano Valente Tommaso di Roma
Inf o sa rm gg az ez io am za n ne n or on on e, am è ve è co or rit no e n à, v sc on eri enz è m tà n a, c us on ono ica è s . L bel cen a m le za us zza, non Fr ica be an è i llez è sa kZ l m za gge ap eg no zz lio n a, pa è .
Vignette e illustrazioni Chiara Filincieri Valeria Gervasoni Daniele Nicotra Grafica Serena Giuffrida Foto in copertina di Kyle Johnson
Contatti: redazione@hzine.it
Portfolio
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a musica non lascia
respiro
Punto Accapo
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Un uomo che dorme piglia pesci C’è del gambero in ognuno di noi
Spaccaschermo
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La battaglia termina online
Accabyte
Dopo la pecora Dolly, il colore
4 Raccattati 41 Vitamina H
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Editoriale n. 0.4 L’Italia nelle ultime settimane ci va per il sottile, sottile come la gomma di un autoarticolato. Apparentemente sembra che tutto sia al solito, sembra che non cambi nulla. Le cose non cambiano finché non sappiamo che sono già cambiate, se ne fossimo al corrente prima non farebbe molta differenza, reciteremmo il nostro sicuro ruolo di osservatori informati. Informati da dei telegiornali che, quasi quotidianamente, non mancano di mandare in onda il servizio sul caldo che imperversa nelle nostre città, altrimenti non ce ne saremmo mai accorti e non sapremmo che quando il sole picchia è consigliabile starsene all’ombra, bere acqua, volevo dire molta acqua, impiastricciarsi della più cara crema solare e mangiare cibi freschi e anche indossare magliette bianche, ma metteste una camicetta nera in molti vi bacerebbero. Il punto non è che in Italia manchi l’informazione, ma che anche su di essa è necessario fare informazione. Nel corrente numero proprio di questo si parla nella sezione Hde. Ma anche un altro articolo denuncia le turbolenze seguite alla scelta di un artista prima e a una mutilata libertà di espressione poi, quando l’arte dovrebbe essere il campo di massima duttilità delle idee, uniche armi che non hanno mai fatto male a nessuno (eccezion fatta per qualche azionista austriaco); per questo abbiamo ripubblicato a fianco una lettera aperta destinata ai diretti interessati. Per individuarlo, vi basterà seguire l’uccellino e il numero 100. Se avete voglia di partire, andate in Grecia per quest’anno, un nonnino potrebbe farvi ascoltare musiche che vi sorprenderete di conoscere benissimo. È tardi, ormai, per salire a bordo del “Taormina”, che vi avrebbe portati dritti a La Merica, ma potete sempre sapere come sarebbe andata. Hzine di Luglio è particolarmente caldo, sotto tanti aspetti. E questo calore non poteva certo lasciare fuori la musica, che ne è parte integrante. La copertina di questo mese è dedicata proprio all’esplosione di note che accompagna ogni estate che si rispetti, ricca di festival in tutta Europa, festival che fanno sognare i vecchi appassionati e ne seminano di nuovi, anche se non tutti sapranno diventare quello che dopo quarant’anni è diventato Woodstock, fatto di fango e corpi mezzi nudi. Ripeto, Hzine di Luglio è caldo. Se può servire, scandalizzatevi pure. Lucia Grassiccia
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Santiago SIERRA > Napoli, Madre Fino al 14.09 > vai al sito
Rebecca Horn
Da Duchamp a Nino Calos, da Cattelan a Entang Wiharso
> Alzano Lombardo (BG), spazio Fausto Radici Fino al 26.07
Italia Wave Love Festival 2009 > Livorno Dal 16.07 al 19.07 > vai al sito
Spazio 211 Open Air Festival > Torino Dal 13.07 al 19.07
Magdalena Abakanowicz > Milano, Fondazione Pomodoro Fino al 26.11 > vai al sito
Ruota attorno al tema del “Viaggio” la terza edizione del festival che coinvolge musica, teatro, letteratura, cinema e multimedialità. Inaugurato in anteprima con Patti Smith, il festival ospiterà artisti di grande fama, quali, tra gli altri, Tracy Chapman, Vinicio Capossela, Stefano Benni, Bandabardò, Rein, Mario Perrotta, Riserva di Moac, Negrita, Sabina Guzzanti, Paolo Benvegnù, Marta sui Tubi, tra suggestive ambientazioni cittadine.
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GIFFONI FILM FESTIVAL
Un festival che non ha bisogno di presentazioni, nato nel 1971, continua ad affermarsi negli anni. La parola d’ordine va ai giovani, dai più piccoli agli over 18 (tra le nuove fasce d’età), selezionati da tutto il mondo per far parte di questa piccola grande giuria. Quest’anno il tema del “Tabù” spingerà ad una riflessione con i ragazzi sulle barriere sociali e private ancora tristemente radicate nella nostra società. > Giffoni Valle Piana
(SA) Dal 12.07 al 25.07 > vai al sito
CONCORSI Les cravates par Hermès
IL Blocco note e il Love Art - Mostra Internazionale d’Arte prendere appunti Contemporanea
L’Umbria Jazz di Perugia è uno dei più importanti Festival Jazz d’Europa. Fondato nel 1973, per questa nuova edizione si svolgerà nel mese di Luglio dal 10 al 19. Per dieci giorni dalla mattina alla sera, nel centro storico si terranno decine di concerti con proposte musicali tra le più eterogenee.
Hermès, conosciuta nel mondo per la qualità e la particolarità dei suoi foulard e le sue cravatte, vi invita a creare un pattern per la realizzazione di una cravatta Hermès utilizzando come temi: mare, sport, equestre, motivi animali e floreali, variazioni geometriche. Primo premio, 3.000 €.
L’Associazione Culturale Arianta apre le selezioni per la Mostra Internazionale d’Arte Contemporanea “Love Art” che sarà allestita dal 5 al 19 settembre 2009 presso le sale espositive di Villa Orsini di Scorzè - Venezia, via Roma, 53.
La PMA Design in occasione della celebrazione del proprio 10° anniversario aziendale, bandisce questo concorso, a “I NOTAMBULI”. L’obiettivo è quello di ricercare nuovi talenti che mettano a punto idee per la creazione di nuovi concetti cartotecnici nell’ambito block notes.
Bando di concorso per la progettazione e realizzazione di un’ opera d’arte da situare nell’aerostazione dell’aeroporto civile di Catania. L’opera dovrà ispirarsi alla tradizione siciliana e dovrà dovrà essere installata secondo i suggerimenti dell’artista ma seguendo le preferenze del committente.
> Perugia Dal 10.07 al 19.07 > vai al sito
Scadenza: 01.08 > vai al sito
Scadenza: 15.08 > vai al sito
Scadenza: 01.09 > vai al sito
Scadenza: 02.09 > vai al sito
Maestri dell’avanguardia russa > Como,VIlla Olmo Fino al 26.07 > vai al sito
PLAY AREZZO ART FESTIVAL
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> Venezia, Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti, Palazzo Cavalli Franchetti, Scuola Grande Confraternita di San Teodoro Fino al 22.11 > vai al sito
Una collezione trasversale
> Milano , Circolo Magnolia (ME) Dal 21.07 al 22.07 > vai al sito
> Lucca Dal 05.07 al 25.07 > Brescia 14.07 22.07 25.07 > vai al sito
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> Ponteranica (BG), Bopo bocciodromo Fino al 26.07
Summer Festival
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Tauromachie ed altre battaglie
Grazie ad un investimento di circa 150.000 euro, da parte del patrocinio della Provincia di Milano, e il Circolo Magnolia l’evento dispone di un tetto composto da 100 pannelli solari da 220w. L’energia elettrica prodotta illuminerà la zona a giorno anche in caso di annuvolamento. Sforzo concreto, ottimo gesto!
> Padova, Stadio Euganeo Dal 19.06 al 18.07 > vai al sito
> Venezia, Piazza San Marco 12.07 e 13.07 > Viareggio, La Cittadella del Carnevale Dal 16.07 al 18.07 > vai al sito
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Francisco Goya
PARKLIFE FESTIVAL 09
Marco Polo
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> Roma, Marie-Laure Fleisch Fino al 18.07 > vai al sito
Sherwood Festival 2009
Sono oltre 60 gli artisti selezionatii di fama internazionale che parteciperanno alla prima mostra internazionale di arte video-ludica che si terrà al Centro Saint-Bénin ad Aosta. 100 le opere in esposizione tra quadri, schizzi, digigraphies, interazioni multimediali, video, console, sons et lumiere. > Aosta, Centro Saint-Bénin Dal 23.05 al 08.11 > vai al sito
Ballet ala Sc 7 ydro allal 10.0 t a flo,Tea .07 sito K no 01 al N ila Dal > vai PI > M EI IDLLA AMLE ARA IOIONIAATU RG AZ GG SETERNENE 25.07 IO L INRE SCa 07 al sito EMTIVALIO orizi l 16. ai al PR FES MIG > G Da > v
L’esposizione presenta le opere di 45 tra i più conosciuti artisti contemporanei che si sono confrontati con l’arte vetraria, da César a Tony Cragg, da Lucio Fontana a Dan Graham, da Orlan a Joseph Kosuth, da Man Ray a Jean Arp, a Louise Bourgeois, ad altri ancora. La Scuola Grande Confraternita di San Teodoro ospita la grande installazione “Unicorno” di Koen Vanmechelen.
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THE ART OF GAMES
> Lugano, Museo d’arte Lugano Fino al 13.09 > vai al sito
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Yves Klein e Rotraut
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MUSICA ARTE
La mostra dedicata agli artisti Yves Klein e Rotraut Uecker ha l’obiettivo di mettere a fuoco l’opera di uno dei protagonisti dell’arte affermatosi negli anni ’60 e il sodalizio con Rotraut, artista a lui vicina per poetica e condivisione immaginifica oltreché sua consorte. L’avventura dei due artisti procede per alcuni anni su uno stesso percorso, subendo un improvviso mutamento alla scomparsa prematura di Klein.
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> Arezzo Dal 01.07 al 26.07 > vai al sito
Opere d’arte per l’aeroporto di Catania
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La musica non lascia Masse di corpi accalcati l’un l’altro, sudati, puzzolenti, invadenti. Il sole batte sulla testa, riscalda i capelli, e intontisce il cervello. I piedi si muovono in venti centimetri quadrati di spazio, le gambe stanche di aspettare, intorpidite. Tutto questo può diventare un paradiso desiderabile, un attraente obiettivo se gli si aggiunge un particolare fondamentale: il melodioso suono dal vivo di una o più band che, prima di quel momento, avevi solo sentito dalle tue cuffie da quattro soldi fino a consumarle. Alla fine dell’estate scorsa conobbi un ragazzo tornato dallo Sziget, fresco fresco. Lui ancora sognante mi raccontò della sua esperienza in quell’isola del Danubio che ogni Agosto per una settimana ospita uno dei festival più vasti d’Europa, sia in senso fisico che musicale. Da quel giorno cominciai a mettere da parte ogni carta da 5 euro che mi trovassi in mano, ho trovato un lavoretto e ho speso i miei freddi pomeriggi invernali a far fare compiti a ragazzini che non vogliono studiare. Volevo raggiungere a tutti i costi Budapest, la città, Obuda, l’isola, lo Sziget, il festival che prende il nome dalla parola ungherese il cui significato è proprio “isola”. L’evento ha una storia insolita: nasce nel ’93 come rassegna di band musicali locali organizzata da un gruppo di studenti e cresce nel corso degli anni fino a diventare uno dei festival che vanta uno dei numeri di presenze più alto al mondo, grazie
alla sua lunga durata ed estensione territoriale.Vi sono esattamente 60 stage che ospitano musica dal vivo ma anche dj set, teatro, proiezioni video-cinematografiche, danza, esibizioni circensi, artisti di strada e manifestazioni sportive. L’ultima edizione ha contato fino a 400.000 presenze durante l’arco di tutta la settimana. Comunque al di là della musica è un’esperienza a 360°, anche se quest’anno il programma non è ricco e ben fornito come quello dell’anno precedente. Continuando a parlare di record e grandi numeri non è certo da sottovalutare il Wacken Open Air, il più grande festival di heavy metal al mondo. Da ben nove anni si registra il tutto esaurito e per l’attesa edizione del 2009, che festeggia i venti anni del WOP, si è raggiunto il sold out nientemeno che il 31 Dicembre 2008, con un primato di duecentoundici giorni di anticipo. È solitamente organizzato nell’arco di tre giorni, la prima settimana di Agosto, si esibiscono circa settanta band distribuite lungo quattro distinte fasi della manifestazione. Motorhead, Amon Amarth, Nevermore, Walls Of Jerico, In Flames, Hammerfall sono solo alcuni dei nomi dei partecipanti all’edizione di questo anno. Se con tutti questi personaggi e numeri vi ho fatto venir voglia di partire, me ne dispiace, ma dovevate pensarci un annetto prima. Giugno, Luglio e Agosto sono un crescendo di eventi musicali in tutta Europa, nei quali
respiro
IN PRIMA H
Foto di Paco Poyato
di Elisa Raciti
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fanno tappa tutti i maggiori artisti che devono o meno promuovere il proprio album, farsi conoscere, o semplicemente intrattenere. In Inghilterra, ad esempio, si svolgono i Reading e Leeds Festival, i quali conoscono la fama a causa di una caratteristica particolare: le manifestazioni si svolgono durante il medesimo periodo e solitamente (esclusa qualche differenza) le due città condividono la stessa line-up. Non si tratta di sana, o malata, competizione, ma, al contrario, proprio di collaborazione. Oltretutto l’evento è chiamato “Carling Weekend” dal nome dello sponsor. Il Reading Festival prende vita dal National Jazz Festival, fu concepito da Harold Pendleton (fondatore del Marquee Club di Londra) e venne organizzato per la prima volta nel 1961. Dopo i suoi primi dieci anni il festival
cambia nome e si trasferisce più volte, prima di raggiungere la sua sede permanente a Reading nel 1971. Durante gli anni la sua popolarità è cresciuta fino a diventare ciò che è oggi. Dopo questa carrellata di notizie su avvenimenti internazionali e l’acquolina che spero vi sia arrivata in bocca e che vi abbia fatto arricciare la lingua al pensiero di cotanto divertimento, un po’ d’Italia ci sta. È tutta italiana l’onda di Livorno, che all’Italia Wave Love Festival ama definirsi “il porto della musica” e che festeggerà l’anniversario di Woodstock con un tributo alle canzoni di allora. Una reinterpretazione di artisti italiani. Che il risultato sia ottimo o orribile lo sapremo il 15 Luglio. Oltre alle tante iniziative parallele il festival collabora con il Comicon allestendo (sempre
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IN PRIMA H
Foto di Kyle Johnson
in occasione dell’anniversario di Woodstock) nella sezione cultwave, una mostra del grande fumettista americano Gilbert Shelton, che sarà anche presente, tra i tanti ospiti del festival, per un incontro col pubblico il 17 Luglio. Siamo anche patria di festival come Gods of Metal e da tre anni a questa parte del Mi Ami. Dato che nonostante tutti i miei sforzi pare che Budapest dovrà aspettare, avrei voluto volentieri ripiegare al Mi Ami. Ma considerandolo un ripiego non avrei fatto altro che ingiuriarlo. Il Mi Ami (Musica Italiana A Milano), che è ormai terminato, è veramente degno di nota. Consideratelo come appunto per l’anno prossimo: è un evento che ospita le migliori band italiane della scena alternativa nazionale. Si è svolto tra il 5 - 6 - 7 Giugno, hanno
partecipato tra i tanti Dente (lo scorso mese abbiamo dedicato lui un articolo), Ministri, Linea 77, Beatrice Antolini, Marta sui tubi, Julie’s haircut. Il tutto nasce dal sito rockit “l’associazione nazionale che da dodici anni spinge le espressioni musicali più creative del nostro paese” e si svolge ovviamente a Milano. Notizie extra: Carlo Pastore dal 2005 è direttore artistico e responsabile comunicazione, oggi è membro del Consiglio Direttivo dell’associazione; da quest’anno esiste anche un “Mi Odi” dedicato alla parte più estrema del rock, svoltosi il 10 Giugno. Se qualcuno contava invece sull’Heineken Jammin’ Festival, ci avrà rinunciato, perché già da tempo sapeva che per quest’anno è stato rinviato. Basta andare sul sito per scoprire le
motivazioni: crisi economica (abbuonato, sappiamo tutti del tifone di un anno fa),“mancanza di band all’altezza” (... N. d. r.). Chi ha comprato i biglietti per Rock in Idro, si è ritrovato al Pala Sharp, che non è proprio una location adatta a manifestazioni estive, dato che è un luogo chiuso e quindi caldo e poco arieggiato. Pare che l’organizzazione abbia avuto problemi con la provincia che ha negato lo spazio decisamente troppo tardi per trovare un’equa alternativa. Gli organizzatori, almeno, non si lamenteranno di penuria di qualità musicale. Hanno partecipato Babyshambles, Social Distorcion, Gogol Bordello, Floggin’ Molly, Gallows. Ma è già passato, e ho perso anche il suddetto. Quanta fatica mi costa scrivere di questo
argomento. Mi gira la testa al suono di siffatto numero di nomi. Di eventi ne ho menzionati solo una parte di quelli che veramente prendono atto. Solo in Italia vi sono decine di organizzazioni simili, alcune di queste segnalate per voi in Stacca, all’interno degli eventi musicali del mese. Perché anche se ci serviamo di sistemi dolby surround brevettati dalla N.A.S.A., o apparecchi microscopici iniettati nell’apparato uditivo, il desiderio di musica dal vivo ci possiederà sempre. Perché anche se ci chiudiamo al mondo quando attacchiamo le cuffie alle orecchie e tiriamo dritto, niente sarà come ascoltare la stessa musica assieme a migliaia e migliaia di individui sconosciuti accomunati dalla stessa emozione.
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Esistono, perché esistono, fenomeni di cui aver timore e da cui prendere le distanze. Immigrazione clandestina, terrorismo, epidermide giallastra incisa da occhi a fessura, sono tra i più gettonati degli ultimi tempi, ma le reali minacce stanno forse altrove. Mai sentito parlare di censura? Per quanto possa stridere in ambito di arte contemporanea, la censura ha luogo anche lì. Proprio quella che in Italia è la più celebre e grandiosa esposizione d’arte dei nostri giorni ci ha rimesso un poco di credibilità. La 53a Biennale di Venezia ha rifiutato come evento collaterale l’ultima fatica del belga Jacques Charlier, a cura di Enrico Lunghi, che mette in mostra una serie di cento disegni rappresentanti gli organi di riproduzione di quelli che, secondo Charlier, sono gli artisti più significativi del XX secolo, a buon diritto intitolata 100 Sexes d’Artistes. Tra il direttore della Biennale, Daniel Birnbaum, e il presidente Paolo Baratta è scattato lo scaricabarile. Per uno dei due, o forse per entrambi, l’opera avrebbe costituito un’offesa agli artisti così ricordati. Un attacco al comune senso del pudore (del quale Lunghi si chiede i confini) è la giustificazione da parte del Comune per aver pure negato i propri spazi. Invece è stata questa scelta a sconvolgere i difensori dell’arte e che, appena appresa, ha perfino spinto l’Observatoire de la liberté de création de la ligue des droits
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di Lucia Grassiccia de l’Homme a scrivere una lettera aperta indirizzata proprio al direttore e al presidente: “La Corte Europea dei diritti dell’Uomo afferma da molti anni che le idee (alle quali assimila le opere) possono liberamente scioccare, che ne va del dibattito democratico. Chi censura giudica al posto di altri [...] La Biennale non può essere il luogo del ritorno all’ordine morale. O allora, nelle possibilità che propone il titolo che le date, che mondo avete deciso di costruire?” Già, il titolo del 2009 è Fare Mondi // Making Worlds. Dopo tanto scalpore, la mostra è stata riammessa, ma solo dal 3 al 7 Giugno e a bordo di una barca sulla Riva dei Sette Martiri, presso i Giardini, mentre molte città europee fanno a pugni per ospitare i sessi di artisti concepiti da Charlier. Mai come in questo caso è lecito parlare di arte castrata. Sembra passato un secolo, anzi a dire il vero ne sono trascorsi due, da quando determinati artisti erano costretti a esibire le loro opere in separata sede rispetto alle esposizioni ufficiali. Uno degli aspetti più apprezzabili dell’arte contemporanea sta nella libertà di espressione, intesa sì come varietà di linguaggio, ma anche come opportunità di comunicare le proprie idee tramite le istituzioni. Così si supponeva almeno. Quest’anno per la Biennale, più che per Jacques Charlier, sono stati augelli senza zucchero, anzi no, precisamente cazzi amari..
woodstock ACCATTIVARTI
La Biennale de Venise censure l'artiste belge Jacques Charlier
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69 Revolution
mis en ligne jeudi 21 mai 2009 par jesusparis Lettre ouverte de l’Observatoire de la liberté de création de la ligue des droits de l’Homme. Lettre ouverte adressée à Paolo Baratta, Président de la Biennale de Venise et à Daniel Birnbaum, Directeur de la Biennale de Venise.
Monsieur le Président, Monsieur le Directeur,
Nous venons d’apprendre l’acte de censure que vous venez d’effectuer à l’encontre de l’artiste belge Jacques Charlier et nous tenons à vous faire part de notre stupéfaction la plus grande. En quoi des caricatures de sexes d’artistes connus, mises en scène dans un dispositif aussi fréquemment utilisé que des panneaux d’affichage public, risquaient-elles de choquer un public que vous avez habitué de longue date à des œuvres autrement plus choquantes ? Louise Bourgeois, Lea Lublin ou Toscani n’ont-ils pas, pour ne citer que ceux-là, exposé à la Biennale de Venise des représentations sexuelles qui sont partie intégrante tant de l’histoire de l’art que de celle de la Biennale ? Ce qui était montrable hier ne l’est-il plus aujourd’hui? Votre décision est-elle due au fait que Charlier a choisi de présenter ses caricatures dans la ville même, hors des espaces clos des pavillons nationaux ou des expositions institutionnelles ? Est-ce pour protéger le public qui n’a pas choisi d’entrer dans la Biennale ? Mais alors, que n’interdisez-vous toute représentation artistique hors les murs de l’arsenal et des giardini ? De quoi croyez-vous, compte tenu de l’absence totale de violence de ces dessins, protéger les habitants de la ville de Venise ? Pourquoi et de quoi supposez-vous qu’ils seraient choqués? La Cour Européenne des droits de l’Homme affirme depuis de nombreuses années que les idées (auxquelles elle assimile les œuvres) peuvent librement choquer, qu’il en va du débat démocratique. Celui qui censure juge à la place d’autrui, outre qu’il croit se protéger. Comment pouvez vous présumer que les artistes eux-mêmes pourraient être choqués, et que cela justifierait votre censure? Nous vous demandons de revenir sur votre décision, de faire confiance au public, de respecter le choix de la communauté Wallonie-Bruxelles qui a sélectionné ce projet, de faire confiance à Enrico Lunghi, commissaire avisé, et aux artistes. La Biennale ne peut être le lieu du retour de l’ordre moral. Ou alors, dans les possibilités que propose le titre que vous lui donnez, quel monde choisissez vous de construire? Nous sommes à votre disposition pour débattre de cette affaire.Vous comprendrez, étant donnée la gravité des faits, que nous rendions ce courrier public. Nous vous prions de croire, Monsieur le Président, Monsieur le Directeur, en l’expression de notre considération distinguée. Sorgente : LDH
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E
ra l’Agosto del ‘69 e a Bethel faceva caldo da rimanere in 400.000 nudi ed hippy. A puttane gli eventi che vi abbiamo segnalato in copertina, qualcuno come me vorrebbe avere 40 anni in più pur di aver assistito all’Evento della storia del rock. “3 days of peace and music”, 4 se contiamo che Jimi Hendrix salì sul palco solo alle 9 del giorno successivo per una performance irripetibile di ben due ore. Ma l’esperienza ci dice che i sequel non funzionano mai...
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Per il 25° anniversario l’omonimo festival nel ‘94 fu denominato Mudstock: un acquazzone portò a una vera e propria lotta di fango durante l’esibizione dei Green Day, che dovettero andar via in elicottero! Anche i NIN si esibirono completamente ricoperti di fango, a dire del leader il suo peggior concerto, per i fan più feticisti un cult, forse proprio grazie alla scenografia! Gli ideali di una generazione hippy si sono scontrati bruscamente con la generazione X distruttiva nella commemorazione del ‘99. Lontanissimo dallo slogan originario di un festival “peace & music”, l’evento fu interrotto durante l’esibizione dei RHCP in modo un po’ troppo hot, tra incendi, saccheggi e un susseguirsi di vandalismi. Noi giovani targati 2009 - purtroppo o per fortuna - possiamo solamente scegliere tra guardare Santana su youtube o idolatrare questo mito alla Triennale di Bovisa, che per il 40° anniversario ha allestito la mostra Woodstock - The After Party. Documentazioni storiche, archivi fotografici con-
cessi da Corbis, videoproiezioni, installazioni audiovisive e musiche volte a comprendere quanto eventi del genere abbiano inciso nella cultura e nelle forme di aggregazione giovanile. Per i cinefili, collaterale alla mostra, in programmazione dal 2 Luglio la rassegna cinematografica Generations che ripercorre le contraddizioni generazionali: dalla Black Generation all’Amore Tossico, dalla Rabbia Giovane all’anteprima nazionale di Fighting di Dito Montiel. A seguire anche dj set di personaggi come Boosta e Andy dei Bluvertigo. Tutto questo gratuitamente vostro fino al 20 Settembre grazie al progetto Free Bovisa. Se siete troppo lontani da Milano e volete assaporare lo spirito e l’aria che si respirava in quei giorni è d’obbligo vedere lo storico documentario Woodstock - Tre giorni di pace, amore e musica di Michael Wadleigh. Se avete la pazienza di aspettare l’autunno, il 9 Ottobre nelle sale vi aspetta il nuovo film di Ang Lee Taking Woodstock, presentato a Cannes. Valentina Redi
Foto da Corbis
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S ogni L americani e viaggi dimenticati La Merica era la terra promessa. Si diceva che le strade lì fossero lastricate d’oro. Il porto di Genova era la rampa di lancio per arrivarvi e sperare in una vita migliore. La grande mostra sull’emigrazione italiana “Da Genova a Ellis Island. Il viaggio per mare ai tempi della migrazione italiana 1892-1914” (visitabile sino al 30 settembre al Galata Museo del Mare di Genova) narra, attraverso le
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immagini, le storie dei protagonisti, e ricostruzioni praticabili, gli splendori pochi e le miserie tante di quelle interminabili traversate oceaniche tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900 che videro protagonisti un numero enorme di italiani. Genova raccoglie e convoglia emigranti che arrivano dalla Liguria o dal Nord-Ovest ma, con gli anni, anche dal Nord-Est, dal Sud e dalle Isole; nei pressi del
porto intere famiglie bivaccavano per giorni in condizioni drammatiche prima di potersi imbarcare. Ellis Island è un isolotto alla foce del fiume Hudson nella baia di New York, dall’altra parte dell’oceano: l’anticamera del paradiso presunto. Qui il personale medico americano setacciava gli arrivati: via libera agli idonei, rispediti a casa coloro che idonei non erano ritenuti. Tra questi due estremi: il viaggio. Estenuante, lungo, pericoloso per via delle condizioni igienico-sanitarie a dir poco precarie. Il tour del visitatore ha luogo all’interno del piroscafo “Taormina”, di cui viene proposta una ricostruzione dettagliata: camerate maschili e femminili, bagni, cabine del Regio Commissario e del Medico di Bordo, Refettorio, prigione. Il visitatore all’ingresso viene dotato di un passaporto recante le generalità di una delle persone che effettivamente viaggiarono; ne prende in prestito l’identità e virtualmente ne rivive le peripezie di cui viene a conoscenza grazie ai lettori ottici disseminati lungo il percorso. Dalla “viva” voce dei protagonisti, carpita loro dalle lettere e dai diari di bordo, emerge lo sconfortante quadro della vita in nave. Una vita da sopravvivere più che da vivere. Eloquenti le fotografie e i filmati dell’epoca che rivelano, con l’arma della oggettività più spietata, le tristi sorti di poveri diavoli con famiglie al seguito. E poi sacchi caricati in spalla, valigie di cartone e scarpe rotte, disagio, sporcizia, smorfie, cappelli, occhi, volti, fisionomie, visi, persino tiepidi sorrisi! Una mostra forte, toccante, attuale, di quando (come ha detto qualcuno) eravamo noi a puzzare... Rino Scebba
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c’entrano gli origami con le Olimpiadi? Per scoprirlo fate un giro alla mostra di Sarah Morris al MamBo di Bologna, fino al 26 Luglio; si intitola China 9, liberty 37 ed è composta da una decina di opere su tela e da un film, Beijing 2008, una sorta di biografia della grande metropoli ripresa durante la settimana delle Olimpiadi. Questo enorme evento sportivo si svincola dalla realtà grazie all’originale talento di questa artista, divenendo un caleidoscopio attraverso il quale visualizzare tanti altri aspetti di una nazione; ad esempio il simbolo olimpico
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degli anelli diventa protagonista di enormi tele colorate in cui trame geometriche si rincorrono e si ripetono in una miriade di colori e tonalità differenti e dei veri e propri origami formato gigante si aprono davanti ai nostri occhi, svelando giochi di forme astratte. La mostra, come anticipato, ha il suo senso compiuto se al fianco di queste tele si pone il contributo filmico. Come dice la stessa Morris “sono due percorsi che si intrecciano; le mie tele sono interfacce infinite che si ripetono e che ricordano le forme e i colori della metropoli protagonista del film”. Se si osservano bene le inquadrature di Beijing 2008, infatti, ci si accorge che i rimandi cromatici e geometrici non sono casuali e di come il film sia davvero
un’opera d’arte, e non un semplice documentario. L’intento dell’artista è quello di fornire un’immagine non troppo realistica ma intima dell’evento, di accostare scene “ufficiali” a riprese “private”. In 86 minuti si possono vedere tante facce della Cina contemporanea, anche grazie a scene in cui la regista riesce a sbirciare dietro le quinte di una enorme macchina organizzativa, o a cogliere sfumature psicologiche inedite (gli atleti che si preparano alla gara, le commesse nei negozi di gadget, ecc...). Nel film vediamo frame della spettacolare cerimonia di apertura, in cui uomini vestiti di luci compiono gesti ripetuti all’unisono, creando suggestioni visive da far invidia ad un quadro optical (capito cosa c’entrano gli origami con
le Olimpiadi?), mentre subito dopo la camera inquadra gli addetti alle pulizie che aspirano i tappeti sui quali gli atleti hanno gareggiato. “Alcune riprese erano inaspettate anche per me, dice ancora Sarah, “come quella di Bush e Kissinger, seduti vicini a vedere una partita di basket”. L’aspetto interessante di Beijing 2008 è dunque la capacità di mostrare la Pechino delle Olimpiadi attraverso sguardi differenti e alla fine di questa mostra chiunque potrà averne un’immagine privata, sebbene parziale ed essenzialmente artistica, filtrata attraverso lo sguardo di Sarah Morris, che definisce la sua produzione una sorta di “psicologia del futuro”.
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Catanesi di nascita, Fabio e Carlo sono gemelli, entrambi dediti all’arte. Poco più che 20enni, hanno già iniziato a collezionare mostre e riconoscimenti: nel 1997 vincono il premio della Newspapergame. Qualche mese fa ritirano il Primo Premio alla scultura e alla decorazione assegnato dal Premio Nazionale delle Arti 08, che ha permesso loro di esporre al Museo Venanzo Crocetti di Roma.
FABIO&CARLO
INGRASSIA
H: Avete sempre prediletto la scultura o avete esplorato anche altre tecniche? C/F: Diceva Donatello, in contrapposizione col Ghilberti, che lo spazio è una qualità della mente e non della materia. Se per prediligere la scultura si intende come strada obbligata allora no, se si intende come pensiero post-ideativo allora sì. L’artista è qualcuno che comincia da zero, non si specializza nella scultura, né nel pensiero, o nella pittura ecc... Il messaggio dell’artista è implicito nella qualità della comunicazione, poiché la sua caratteristica peculiare è la curiosità verso la conoscenza. H: Generalmente lavorate insieme o ognuno sviluppa le proprie idee da solo? C/F: Se consideriamo la domanda dal punto di vista del pensiero, ognuno sviluppa una propria poetica; dal punto di vista tecnico, il lavoro viene sviluppato da entrambi. Se maggiori divergenze ci saranno nel pensiero, allora maggiori equilibri si dovranno stabilire con la materia; una sorta di ponte, un punto di incontro. Secondo entrambi non esiste un concetto unico di idea dell’arte. L’arte infatti è una addizione involontaria fatta da strumenti della conoscenza, come ad esempio la tecnica, per molti sottovalutata. Essa infatti rappresenta la parte più vera dell’artista, unica ed irripetibile. H: Cosa pensate di chi usa l’arte anche per esprimere posizioni politiche? C/F: Ma l’arte si fonda su posizioni politiche, non esiste arte senza politica. La politica influenza la società, ma la società non è forse politica? È il pensiero sociale che forma l’artista ed è proprio l’onnipotenza dei pensieri che si è conservata nella società in un solo ambito, quello dell’arte. Non esiste il filosofo che fonda il pensiero sulla propria filosofia, ma si incontra e si scontra con altri pensieri, altri uomini, altre poetiche. Se tutti noi fossimo d’accordo su tutto ciò che diciamo e pensiamo allora non avremmo più niente da dire e di conseguenza ci estingueremmo.
ACCATTIVARTI
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ACCADE
" La nostra sola giustificazione, se ne abbiamo una, e' di parlare in nome di tutti coloro che non possono farlo." Albert Camus
A chiare lettere. È così intitolato il primo festival sul giornalismo d’inchiesta tenutosi a Marsala l’8 - 9 e 10 Maggio. Una rassegna ricca di dibattiti e incontri fra i principali protagonisti del giornalismo più scomodo e meno commerciale del nostro paese. Presenti, tra gli altri, Antonella Mascali (autore di Lotta civile, testimonianze di familiari di vittime delle mafie), Nando dalla Chiesa (autore del recente Album di famiglia), Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza (autori di Profondo nero, sulla riapertura del caso Pasolini), Antonio Castaldo (Un Paese di baroni, inchiesta condotta con Davide Carlucci
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sull’università e i concorsi truccati) e Marco Travaglio. Ad aprire la rassegna è stato Roberto Saviano, che in un video-messaggio ha sottolineato l’importanza del lettore, unico difensore della parola e dunque vero motore del giornalismo d’inchiesta. «Se non esistono lettori, la parola non ha potere di cambiare le cose», dice l’autore di Gomorra, uno che paga con l’esilio il successo della sua opera. Ma esistono veramente dei canali in cui l’informazione possa viaggiare libera? Il giornalismo italiano attraversa oggi una profonda crisi, la
vendita dei quotidiani è in forte calo (complice l’avvento di internet) e ancora più in pericolo è il ruolo della stampa all’interno di un paese democratico o presumibilmente tale. Quando l’informazione è sottomessa a schemi di mercato e a logiche politiche, infatti, la sua utilità sociale svanisce e con essa si perde la credibilità di un intero sistema. È vero, la pressione di uomini politici su editori e direttori di quotidiani è sempre esistita, almeno nel nostro paese. Ma oggi si è trasformata in una sfacciata sequela di favori e controfavori. Proprio oggi che di cose da sapere ce ne sarebbero tante e
il saperle potrebbe fare la differenza. Sfogliando un quotidiano è facile imbattersi in notizie irrilevanti o ridicole ma è ancora più facile che notizie ben più importanti vengano omesse o appena accennate. Come difendersi? Il festival di Marsala rappresenta un primo tentativo di risposta a questa domanda, una testimonianza del fatto che fare il giornalista può ancora voler dire fare qualcosa di utile affinché la verità non venga omessa. Il resto sta a noi, come sempre. Sara Ronconi
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BACCANO
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el Maggio scorso parte l’ultimo tour, il cui titolo pesa come un macigno nei cuori dei fan: Wave Goodbye 1989-2009. Vent’anni di carriera, un traguardo (per il progetto NIN), un punto di partenza (per la vita privata di Trent Reznor). Non è ben chiaro cosa accadrà dopo, ma l’unica cosa certa è la volontà di Trent di regalare ai suoi fan degli spettacoli che siano il più possibile diretti (nessuna scenografia accecante), con scalette flessibili e con pezzi che non spazino soltanto tra i soliti singoli tratti dagli album. Ampio spazio alle tracce di nicchia, quelle che i fan amano davvero. Riuscite ad immaginare un concerto NIN senza Closer? No? Bè, è quello che sta accadendo. La prima parte del tour si è svolta in Nord America coi Jane’s Addiction e ha preso il nome di NIN|JA Tour. In Europa, dove si esibiranno per tutto Giugno e Luglio, sono presenti in vari
festival. Ben due le date in Italia: all’Idroscalo di Milano il 26 Giugno e all’Ippodromo delle Capannelle di Roma il 22 Luglio. Per l’occasione sono state organizzate delle giornate evento in cui accanto ai NIN troviamo delle band di un certo calibro. A Milano si sono esibiti i The Mars Volta (in uscita col loro nuovo album, Otcahedron) e i Korn, che hanno scaldato per bene il pubblico nell’attesa dell’esibizione di Trent. Uno spettacolo che è stato qualcosa di incredibile, fuori da ogni logica e meglio di ogni più rosea prospettiva. 26 pezzi, due ore di concerto, una carica palpabile, un’emozione fortissima, un perfetto equilibrio tra momenti duri (Burn, Mr. Selfdestruct, The Becoming) e poetici (Gone, Still, La Mer, The Way Out Is Through).Tanto scontato quanto d’obbligo e commovente il finale con Hurt. Fa sempre impressione vedere l’energia che
emana Trent durante i concerti, davvero notevole, ma questa volta c’era da rimanere sbalorditi. Non da meno sono i suoi musicisti: Robin Finck, non ne sbaglia una. Il batterista, Ilan Rubin, sembra posseduto. Justin Medal-Johnsen, al basso, fa la sua porca figura. Insomma, una delle migliori formazioni che il Re dell’industrial abbia mai messo su. In una parola: imperdibili. A Roma invece l’evento sarà più orientato sull’indie-elettronica e coi NIN ci saranno i TV On The Radio e gli Animal Collective. Due eventi quindi importanti per la musica, poiché potrebbero essere le ultime due occasioni per vedere questo grande artista dal vivo e celebrare così una carriera che ha regalato tantissime emozioni a milioni di fan. Stefano Valente
M etallo Certe corde non si scordano radioattivo di Rosario Cutuli
di Vincenzo Orsini
Oggi parlerò di una canzone segreta. Nessuno di voi capirà di quale canzone sto parlando, ed evitate di andare a leggerlo in coda all’articolo, per favore. Dico che non saprete di cosa sto parlando perché poche persone conoscono una canzone di nome Misirlou. In realtà sono poche le persone che non l’hanno mai ascoltata. Facciamo così... Grecia, 1927, una canzone dedicata ad una donna egizia musulmana (in greco si dice appunto Misirlou) da parte di un cristiano. Un rapporto rischioso. Ok, non vi dice nulla, ma Michalis Patrinos con la sua band di stile rebetiko fu il primo a suonarla nella sua versione originale, probabilmente senza sapere che l’America avrebbe messo il suo zampino anche in questa storia. Nel 1962 un certo Dick Dale, chitarrista del gruppo Del-Tones (considerati i fondatori del genere surf con la canzone “Let’s Go Trippin”- 1961) venne sfidato da un fan che lo riteneva incapace di suonare un’in-
Quest’anno, dopo essersi presentati assieme agli Afterhours nella loro lotta contro l’indifferenza verso la musica indipendente italiana con il pezzo Maledetto sedicesimo nella compilation Il paese è reale. Si presentano più (c)attivi che mai con Carboniferous, (dove spiccano Soulympics, un pezzo cantato, in contrasto con il resto del lavoro rigorosamente strumentale, la particolarmente calma Axion, l’adrenalinica Ostia, la solenne e drammatica Obsidian) e il rispettivo tour partito da Giugno, che toccherà anche l’estero. Sul sito le date del tour, occhio al vostro cervello: il loro metallo radioattivo inorridisce o contagia.
tera canzone su una corda sola. Il fato, o il fatto, volle che Dale avesse il padre di origini Libanesi e che si ricordasse di averlo visto suonare una canzone su una corda sola. Esatto, Misirlou, alla quale Dale accelerò il tempo e con la tipica plettrata surf (alla quale molti fanno discendere pure gran parte del Metal) diede vita alla sua versione più famosa. Dale si beccò il soprannome di “King of the Surf Guitar”, i Beach Boys coverizzarono la canzone già l’anno successivo, mentre noi, nel 1994, ci beccammo Quentin Tarantino che riutilizzò la versione di Dale per un suo filmetto per gli amici chiamato Pulp Fiction. Si, ci siamo arrivati... Misirlou è la canzone che tutti voi avete sempre chiamato “Quella di Palp fichcion”. Se adesso andate a prendere uno strumento e cercate di reinterpretare in versione rock una vecchia canzone popolare della vostra zona, sappiate che siete arrivati tardi. ELETTRONOIR
note ignote
Pochi riescono a fare del metal, del jazz, della musica sperimentale e della noise un’unica cosa in Italia, l’esperimento più riuscito sono gli ZU, basso distorto, batteria dai ritmi dispari del jazz e del metal, sassofono ora lineare ora contorto e noise, suoni elettronici agonizzanti e scomposti ma anche eterei e delicati, un gruppo con già 10 anni di vita, unici a riuscire a rendere musica la furia senza usare i soliti stanchi e strasentiti trucchi del metal “puro e crudo”. 14 album in studio, considerando anche i 3 “split”, in cui collaborano con artisti come Xabier Iriondo (ex chitarrista e rumorista degli Afterhours dei tempi d’oro di Hai paura del buio e Germi) e Il teatro degli orrori (gruppo alternative rock italiano di cui si aspetta ansiosamente il seguito del folgorante primo album: Dell’impero delle tenebre), nonché precedentemente prodotti da nomi storici come Steve Albini degli Shellac, nome che figura come produttore di album degli Stooges, Sonic Youth, Pixies, ecc…
BACCANO
Gli Elettronoir sono un gruppo di Roma formato da cinque elementi. Si contraddistinguono per “un suono che sta a metà tra Morricone e Cure, tra Warp e Labrador, tra gli anni ‘70 dei film polizieschi e gli anni ‘80 della new wave”. Appartengono alla scena del pop cantautorale - dominata in Italia dai Baustelle - con cui hanno peraltro collaborato. Dopo il buon esordio nel 2005 con Dal fronte dei colpevoli, si assiste all’uscita del loro EP #102006 e il singolo Diva nel 2007 e, per ultimo, Non un passo indietro, del Dicembre 2008. L’al-
bum rappresenta sicuramente un gran salto di qualità rispetto al passato. La splendida voce di Georgia Colloidi va ad imperniarsi tra pezzi tesi e sanguinanti, e dolci romanticherie new-wave. Tutto rigorosamente in auto-produzione. Non mi resta dunque che invitarvi a visitare il loro sito, dove potrete scaricare gratuitamente l’ultimo album (& non solo quello). F. B.
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LA POLTRONA ACCANTO
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Il cinema è cambiato. Un cambiamento lento, graduale; un cambiamento che è cominciato negli anni ‘50 in America e che oggi sta vedendo il suo periodo d’oro in tutto il mondo. Naturalmente parlo del cinema stereoscopico 3D, quello che le grandi major definiscono il “futuro”. Già in passato altri grandi cambiamenti furono definiti in tal modo, ma mentre per il sonoro e il colore si trattava di evoluzione naturale del cinema, questa volta si ha l’impressione che stia succedendo solo per creare un nuovo tipo di intrattenimento. I recenti San Valentino di sangue 3D e Viaggio al centro della terra 3D dimostrano che il grosso successo di alcuni film è dovuto al fattore 3D, che non serve a narrare al meglio la storia, viste la sceneggiature scarne e scontate, ma solo a rendere appetitoso il film alle masse (mossa commerciale riuscita, visti gli incassi); certo, non in tutti i casi è così; basti pensare al prossimo film di James Cameron, Avatar, per il quale lo stesso regista ha inventato un nuovo tipo di cinepresa per rendere al massimo la spettacolarità del 3D, che sarà parte integrante della storia; addirittura si parla di una scena di ben 12 minuti in prima persona in cui verrà dato il massimo da questa tecnologia, o a Coraline e
la porta magica che, e chiunque abbia già visto il film lo può confermare, rende al massimo solo se visto in 3D. Ma a questo punto ci si pone una domanda: perché se è così redditizio e bello, non si vedono molti spettacoli in 3D nelle nostre città? Il problema è che la maggior parte delle sale cinematografiche non sono attrezzate a questo tipo di proiezioni e che soprattutto i costi di adeguamento sono molto alti, in particolar modo in questo periodo di crisi. In tutta Italia sono circa sessanta le sale adeguatamente attrezzate e in più non tutti sono contenti del sovrapprezzo per vedere certi film con gli occhialini magici. A proposito degli occhiali, non tutti sanno che anche essi si sono evoluti. I vecchi occhiali anaglifi (quelli con le lenti colorate solitamente rosso-ciano, per intenderci) sono ormai superati; oggi esistono quelli a lente polarizzata che, oltre a rendere la visione più godibile (niente più senso di nausea se tenuti per molto tempo) rendono le immagini più dettagliate e più colorate. Infatti, quelli anaglifi rendevano impercettibili alcune tonalità di colore, cosa che
finalmente è stata superata. Certo, la stereoscopia dall’invenzione di Charles Wheatstone nel 1832 (anche se già Euclide e Leonardo da Vinci si erano interessati alla visione tridimensionale binoculare), ha fatto passi da gigante e tanti ancora ne dovrà fare prima di arrivare a poter essere integrata al 100% nella spettacolarizzazione di tutti i tipi di immagine, ma di sicuro, essendo un supporto adattabile anche a foto e videogiochi, la ricerca non avrà mai fine. Fabio Casà
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LA POLTRONA ACCANTO
di Davide Martirani
Il NASTRO BIANCO
(Das weiße Band) REGIA: Michael Haneke PAESE: Germania, Francia, Italia SOGGETTO: Michael Haneke ANNO: 2009 DURATA: 144 min GENERE: Drammatico
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Tre giorni col naso rosso
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escara, lungomare: il Teatro D’annunzio si intravede poco, nascosto dietro una fitta pineta. La maggior parte dell’anno è silenzioso, ma d’estate si colora di eventi artistici e musicali. La stagione d’annunziana è inaugurata per il terzo anno consecutivo dalla di Serena Della Fornace rassegna internazionale di clownerie, Funambolika: circo, teatro e magia in un’atmosfera festosa e scenografica. Tre giornate da non perdere, tre spettacoli in anteprima nazionale. La prima serata è dedicata al Gran Gala du Cirque che vede protagonisti, tra gli altri, il giocoliere ucraino Viktor Kee, famoso per la sue esibizioni con il Cirque du Soleil; Oleg Izossimov, equilibrista russo vincitore del festival di Montecarlo; i Fratelli Curatola, duo di acrobati italiani con uno spettacolo misto di danza e equilibrismo. É Avner Eisenberg The Eccentric, pioniere del teatro di strada statunitense, ad occupare tutta la serata successiva con il suo Exceptions to Gravity. Uno show accessibile, semplice e senza musica dove Avner, solo con la sua presenza e con i suoi oggetti clowneschi, riesce a coinvolgere il pubblico in grosse risate. Nella giornata di chiusura, Creature, spettacolo misto di teatro di strada, feste popolari e energia africana, nato da una lunga cooperazione Italia-Kenya. Il circo-teatro dal forte impatto visivo coreografico, si ispira al Cantico delle Creature e segue la lode alla creazione tra le incredibili destrezze dei giovani acrobati kenyoti, capaci di formare piramidi e forme umane. FAHRENHEIT 451
cinepresi
Duro come Haneke,
opo il Gran premio della giuria per La pianista (2001) e il riconoscimento per la miglior regia di Niente da nascondere (2005), Michael Haneke centra la Palma d’oro con un film, al solito, duro e spigoloso. 1913: una piccola comunità rurale nella Germania del nord è il teatro di sanguinosi incidenti, che turbano la quiete funerea del villaggio. Eppure, per quanto brutali, gli episodi di violenza non sono che una timida, debole manifestazione dell’orrore che quotidianamente governa la vita di famiglie apparentemente morigerate e virtuose. Il nastro bianco del titolo è quello che il pastore impone ai suoi figli per esortarli ad una condotta impeccabile (specularmente, di notte due legacci bianchi bloccano a letto le mani del figlio minore, preservandolo dalla tentazione dell’autoerotismo), e l’ossessione per la purezza ed il rigore permea l’intera comunità, annientando ogni barlume di calore umano tra i suoi componenti. Sguardo algido, stile scabro e disturbante, dialoghi ruvidi come carta vetrata: i punti fermi del regista austriaco ci sono tutti. Rispetto ai suoi ultimi successi, però, il passo è più lento, l’atmosfera solenne e oltremondana, spinta verso un assoluto a-storico dal candore accecante della fotografia in bianco e nero. La riflessione sul male prende i contorni di una condanna irreversibile, che coinvolge tutti, e in cui i figli pagano per le colpe dei padri, preparandosi a diventare a loro volta lugubri tutori di un ordine coercitivo e violento. L’ambientazione, rurale e primo-novecentesca, segna uno scarto con la precedente produzione di Haneke, quasi a ribadire che la sopraffazione, l’alienazione e l’odio reciproco non sono peculiarità delle metropoli moderne, ma accompagnano da sempre la storia umana.
“Li riduciamo in cenere e poi bruciamo la cenere!”. È il motto del corpo dei pompieri di Fahrenheit 451, film girato da François Truffaut nel 1966 e tratto dal romanzo omonimo (Gli anni della Fenice il titolo italiano) di Ray Bradbury. Non una pellicola eccellente, ma un sicuro omaggio dell’autore nei confronti della letteratura, della prosa specialmente, sua predilezione.
Nella visione futura di una società sotto costante controllo, in cui le casalinghe anelano e hanno un ruolo nella commedia della Grande Famiglia e ciò che sembra un quotidiano è in realtà solo una serie di immagini, la memoria abbandona le menti umane. “Basta tenerli occupati, è questo l’importante” recita il primo fra i pompieri, i quali piuttosto che di idranti sono armati di lanciafiamme. Le parole
stampate, unico mezzo per trasmettere la conoscenza umana, finiscono per accartocciarsi lentamente, per sparire dal mondo. Montag, resosi conto di tutto ciò, cerca una soluzione, che troverà nei pazienti uomini-libro.
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La sveglia suona e tu non ti muovi di un centimetro, continui a stare a letto e richiudi gli occhi. Nelle stanze vicine altre sveglie si mettono a suonare. Senti rumori d’acqua, porte che si chiudono, passi che si precipitano giù per le scale […]. Delle persiane sbattono, i negozianti tiran su le serrande. Tu non ti muovi, e non ti muoverai.
Dorme piglia pesci
Già nota al pubblico per la raffinatissima produzione saggistica - paragonabile, per acume editoriale ed eleganza stilistica, solo ad Adelphi - la Quodlibet di Macerata sembra aspirare alla stessa ricchezza nella sua collana di narrativa, Compagnia Extra. Un uomo che dorme, di Georges Perec, è infatti una gemma tanto lucente quanto enigmatica: uno studente di sociologia, la mattina dell’esame, spegne la sveglia e rimane a dormire. Questo semplice gesto (o meglio, questo gesto mancato) segna il crollo della personalità del soggetto, che abbandona ogni attività per trasformarsi in un puro spettatore del mondo circostante. Come una rotella fuori giri nell’ingranaggio sociale, l’anonimo studente si ritrova a vagare senza meta per le strade di Parigi, osservando i mulinelli d’acqua nella Senna, mangiando cibi di cui non sente il sapore, fissando impietrito la folla che si affretta intorno a lui, inscalfibile nella sua divina indifferenza. Tra il Bartleby di Melville e i personaggi di Kafka, l’antieroe di Perec è specchio inerte di una realtà decomposta, ridotta ad un accumulo indifferente di oggetti, affastellati ossessivamente nel lungo monologo che costituisce il romanzo. Edizione impeccabile per un libro prezioso, arricchito dalla postfazione di Gianni Celati. Davide Martirani
PUNTO ACCAPO Con il successo di Twilight si è re-innescato il fenomeno del vampirismo: librerie, cineteche, pagine web... tutto invaso dai vampiri! Non c’è dubbio che questo, ancora oggi brulicante, germinatoio ha dato vita a tante “opere” di dubbio gusto, che malgrado tutto ne alimentano il mercato: forse ricche di fantasia ma non di spesso-
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re. La faccenda più strana è che una delle prime opere (seconda solo a Carmilla di Le Fanu), e senz’altro più interessante, è stata eclissata: Dracula di Bram Stoker. Libro scritto in maniera quasi scientifica, ricco di descrizioni storiche e geografiche, avvincente malgrado sia passato più di un secolo dalla sua stesura. Anche
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Coppola ne apprezzò il valore, realizzando la trasposizione cinematografica nel ‘92. Un classico da gustare, spesso punto di riferimento per i lavori vampireschi, fino ai più recenti. Capita talvolta, però, che i padri siano migliori dei figli. U.S.
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DRACULA
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Gambero in ognuno di noi
Nel 2006 uno dei più illustri intellettuali che l’odierna Italia possa vantare ha dato alle stampe un volume che raccoglie per lo più articoli pubblicati per La Repubblica e L’espresso tra il 2000 e il 2005. L’illustre intellettuale è Umberto Eco, il libro A passo di gambero - Guerre calde e populismo mediatico. Nessuna incontaminata passione per le movenze dei crostacei, ma uno sguardo attento e critico sulla nuova situazione sociale internazionale. Nuova in quanto sempre di più in atto, ma il cui inizio viene collocato nell’89, dopo la caduta del Muro di Berlino. I passi del gambero difatti vanno all’indietro, vanno a ritroso. E così sembriamo tornati ad alcuni fenomeni scritti nella nostra tradizione, come le guerre sante, lo scontro tra Islam e Cristianesimo; siamo tornati ad avere servi di colore, comunque vogliamo chiamarli. Nel nostro paese pare sia risorta in qualche modo la DC e talvolta sfuggono saluti paradossalmente sinistri (come recita un articolo di Giorgio Bocca, Il fascismo è morto, i fascisti stanno benissimo). Ma per noi in mezzo a tanti ritorni c’è anche un fenomeno nuovo, un governo basato su una massiccia comunicazione mediatica rivolta a un “popolo italiano”, definizione un po’ rischiosa, alla luce del pluralismo degli ultimi decenni, per iden-
tificare tutti gli abitanti d’Italia, che tenta di persuaderci di appartenere a una unità, tutti con gli stessi ideali, obiettivi, desideri, mentre ognuno è figlio di esigenze diverse. Ma, sostiene Eco, affezionato al suo sarcasmo, “Quando la gente non crede più in Dio, diceva Chesterton, non è che non creda più a nulla, crede a tutto. Persino ai mass-media”. Lucia Grassiccia
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SPACCASCHERMO
di Andrea Di Natale
Già da alcuni anni la Blizzard Entertainment sta sviluppando il nuovo gioco RTS (real time strategy) StarCraft II, il seguito del ben noto StarCraft uscito nel ‘98. Come al solito gli sviluppatori non hanno ancora annunciato la data ufficiale di uscita, sebbene si pensi che, secondo quanto detto dalla Activision (altro importante marchio alleato con la Blizzard), potrebbe essere disponibile entro la fine del 2009. È stato tuttavia dichiarato che il gioco verrà rilasciato entro tre mesi dal momento in cui ne verrà annunciata la pubblicazione. Le razze utilizzabili rimarranno quelle di sempre, Terran, Protoss e Zerg e conteranno nei loro eserciti sia le vecchie unità, che si sono potute conoscere e utilizzare nel primo capitolo, sia le unità totalmente nuove e ridisegnate con caratteristiche e abilità diverse. Uno degli aspetti più importanti è sicuramente il
motore grafico, che permetterà una migliore renderizzazione delle unità, degli scenari e dell’interazione tra ogni singolo personaggio con l’ambiente, dovuta soprattutto al nuovo motore fisico personalizzato Havok: ad esempio, i detriti delle esplosioni riusciranno ad interagire bene e in maniera realistica con l’ambiente, cadendo e rimbalzando sugli ostacoli del terreno. Saranno perfino ricalcolate le morti di ogni singola unità le quali, in ogni gioco Blizzard, venivano riprodotte sempre allo stesso modo mentre, adesso, verranno animate in maniera diversa. Con l’introduzione dell’IK System molte unità avranno anche la capacità di superare gli ostacoli del terreno, ad esempio i Reapers, soldati Terran, che con una sorta di “jetpack” sulla schiena, potranno sorvolare facilmente i dislivelli dello scenario mentre altre unità potranno avere la capaci-
tà di teletrasportarsi entro un breve raggio d’azione. Tutte queste innovazioni hanno uno scopo prevalentemente estetico e daranno sicuramente un carattere più dinamico e realistico al gameplay. StarCraft II uscirà, inoltre, come una trilogia in quanto comprenderà tre giochi distinti. Ogni episodio sarà dedicato ad una delle tre razze disponibili: il primo,“Wings of Liberty”, fornirà la campagna in single player per i Terran; il secondo capitolo “Heart of the Swarm” si baserà sugli Zerg mentre l’ultimo, “Legacy of the Void”, avrà come protagonista la sofisticata civiltà dei Protoss. Tutta l’intera raccolta StarCraft II darà sicuramente un lungo gameplay che comprenderà anche Battle. Net, la modalità online multiplayer che permetterà, a qualsiasi giocatore di confrontarsi con altri utenti, di formare dei clan virtuali e di partecipare a dei veri e propri tornei.
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Dopo la pecora Dolly, il
vete mai sentito il bisogno improvviso di disegnare su un foglio un’Amanita Muscaria usando gli stessi identici colori del fungo in questione? Se la risposta è sì allora vuol dire che ad un certo punto della vostra vita vi siete trovati in un bosco e probabilmente avete ritenuto il fungo commestibile e dopo aver attraversato uno sconvolgimento gastrico seguito da una fase allucinatoria, ha preso forma in voi questo impulso così idiota. Sappiate però che qualora facciate parte dello 0% che ha risposto sì alla domanda iniziale, adesso grazie alla penna “Color picker” potete soddisfare la vostra creatività (demenziale). Non che l’Amanita Muscaria non sia un fungo dai colori affascinanti, ma cari lettori, sono troppo anticonformista per incominciare un articolo dicendovi che “grazie a questa penna
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speciale ideata da Park Jinsun, oggi è possibile rilevare il colore esatto della mela che avete davanti per poi fare un disegno su un foglio qualsiasi riproponendo lo stesso colore”. Adesso però, prima che mi licenzino, ritengo opportuno approfondire il funzionamento di questo apparecchio. Per catturare un colore bisogna prima di tutto posizionare la penna su un oggetto. Successivamente premendo un tasto si attivano i sensori ed il colore viene visualizzato anche in un display dietro la penna. A questo punto le cartucce di colore RGB situate all’inizio del dispositivo danno vita al colore, proprio come in una stampante. Il concetto fondamentalmente è molto semplice: i valori dei colori R (Red) G (Green) e B (Blue) vanno da 0 a 255 ed il loro miscuglio forma altri colori. Con questa penna si potrebbe scannerizzarli per riutilizzarli in
dimensioni diverse. Il valore del colore infatti, può anche essere salvato su un altro computer. Questo strumento si può rivelare comodo anche per i designer. Possederlo, quando verrà commercializzato, vi renderà automaticamente all’avanguardia a patto che non esitiate ad ostentarlo. Non vedo però come possa diventare un elemento essenziale negli attrezzi di un artista, almeno nei prossimi anni. Con questo non sto biasimando l’opera di Park Jinsun, anzi sono proprio le caratteristiche della “Pen color picker” che l’hanno resa degna di essere immortalata in questo numero di Hzine! Se però ho capito qualcosa di questa penna, allora dico che essa è stata pensata, almeno in partenza, per un uso saltuario, come testimonieranno batterie e cartucce probabilmente non dotate di una longevità invidiabile. Tommaso di Roma
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VITAMINA H
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Rembrandt
Van Gogh
Munch
Gummo
Spaghetti al pomodoro con contorno di cioccolata, un ragazzino che si aggira per la città con orecchie da coniglio. Non è Alice, non è il paese delle meraviglie. Gummo è un uragano che ha sconvolto l’esistenza di una cittadina americana e ingarbugliato le vite degli abitanti. Gummo è la causa e la conseguenza grottesca e apparentemente irreale, lo sforzo di continuare a vivere.
For those about Monsters of rock, 1991, il primo open-air festival dell’ex Unione Sovietica. Un evento a cui parteciparono AC / DC, Metallica, Motley Crue, Pantera. Mezzo milione di omini russi che si dimenano. Causa: il metallo americano e l’esercito moscovita. Un DvD che non è solo musica, ma anche documentario.
to rock
What el
se is the
Atmosfere oniriche, natali nordici, arrangiamenti minimali... come resistere al sound dei Röyksopp, forse ricorda la Bjork di qualche album fa? Non illudetevi, l’occhio vitreo e il timbro ammaliante sono solo in prestito: protagoniste indiscusse la modella Marianne Schröder e la cantante dei The Knife.
twitter.com Cosa stai facendo?
Monsters in Moscow
E adesso? E adesso? Per comunicare al globo ogni proprio movimento basta “cinguettarlo” in rete. Ci pensa Twitter che negli States spopola più di Facebook annoverando tra i suoi utenti testate giornalistiche e celebrità.
Flexible Love
Credevo fosse una sedia e invece era un divano a 16 posti. Oh beh, in realtà è entrambi. Prodotta interamente in materiali riciclati, si contrae ed allunga come una fisarmonica. La varietà della forma assunta è direttamente proporzionale solo alla tua fantasia.
re?
Pantone
Una chicca per gli appassionati di graphic design che non passa inosservata neppure agli occhi di chi si domanda che diavolo sia un Pantone. I gadget ispirati ai celebri campionari di colori si moltiplicano e dopo tazze e magliette è il tempo di queste originalissime borse, disponibili in diversi modelli.
Bag
CLAMP
40
Caravaggio
Il futuro disegnato dalle matite delle CLAMP è raffinato e poetico e sta tutto dentro i 4 volumi di Clover. Inutile aspettarsi una trama complessa, si tratta di un esercizio di stile lasciato in sospeso, ma pur sempre di un prezioso esercizio di stile che gioca con parole e impaginazione.
Clover
Velazquez
Dalì e perfino - nel 1911 - Leonardo: sono solo alcuni tra i nomi più noti e gettonati dai “mercanti neri” dell’arte. E la cosa che accomuna quasi tutti questi furti è la facilità di sottrazione dai rispettivi musei. Tali fenomeni, poi, assumono una
configurabilità complessa: quasi mai si tratta di episodi isolati, essendo invece veri e propri progetti criminosi precisi e dettagliati. Non a caso i reati che di volta in volta vengono in evidenza in queste situazioni sono l’associazione per delinquere finalizzata al furto, il furto vero e proprio e - come anello finale della catena - la ricettazione delle opere d’arte medesime. Viene dunque da chiedersi: ma se c’è gente che è disposta a pagare fior di quattrini pur di possedere un Dalì o un Munch originale, ciò significa che l’amore per l’arte è talmente forte in questi soggetti da far rischiare loro la reclusione e la stigmatizzazione sociale? Inoltre, in che rapporti - a questo punto - si pone l’uomo medio con l’amore per l’arte? La scuola e l’università a tal proposito sanno infondere una reale passione o solo semplici nozioni di erudizione? A volte sembrerebbe proprio di no, vista la banalità (con relativa estrema disattenzione di chi è competente alla custodia e valorizzazione di tali opere) di consumazione di certi furti (e conseguenti ricettazioni)...
ta a Vi in
RACCATTATI
PARLIAMO DI
d’arte < Francesco Mainenti
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Ac ca de in re da zi on e Dany, abbiamo discusso fra noi riguardo lE vignettE di redazione e...
...crediamo che magari siano un po’ troppo incentrate su di te.
Tranquilla, l’avevo intuito e ho cercato una soluzione.
come suona “L’angolo del vignettista”?
...”tutto cio’ che volevi sapere sul fumettista di Hzine.”