Fame n.2 - Rimorsi

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«FELICE: Signora, permettete una parola? Lasciate che io mi giustifichi e poi fate quello che volete. BETTINA: Parleremo domani, quando avrete digerito lo champagne. FELICE: Ma io non ho mangiato e non ho neanche bevuto. BETTINA: Non si direbbe! FELICE: Ma come non si direbbe. Io ho pianto tutto il tempo del pranzo, le lacrime mi cadevano nel piatto, ho bevuto un brodo di lacrime.» Totò - Miseria e Nobiltà


Livia & Paolo



illustrazione di Mariachiara Di Giorgio



Quelo che no sofega, ingrassa di Camilla Pistacchi illustrazioni di Mariachiara Di Giorgio

Pitóst crepapanzha que roba vanzha. È meglio mangiare a crepapelle che far avanzare cibo. detto Veneziano

È il 1964, anno che può essere ricordato per molte cose: i Giochi olimpici di Tokyo, la Nutella che la Ferrero lancia sul mercato, Il dottor Stranamore di Stanley Kubrick, il Vietnam, la Gigliola Cinquetti che vince Sanremo con Non ho l’età (per amarti), il primo computer IBM System/360 e la nascita della prima radio libera d’Europa, Radio Caroline. È nel 1964 che la legge federale americana contro la segregazione razziale vede la luce, nelle sale esce A hard day’s night, il primo film dei Beatles; Togliatti muore e vengono assegnati i premi Nobel a Martin Luther King e a Jean Paul Sartre. Di certo nessuno sa, a parte i pochi amatori del genere, che il 1964 è anche l’anno della prima pubblicazione della Grande Enciclopedia di nozioni pratiche e di cultura generale per le signore di casa, per la donna che non deve chiedere mai, da parte dei Fratelli Fabbri Editori.


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Enciclopedia, ma potremmo dire piuttosto Bibbia per la moderna padrona di casa, immediatamente dopo il miracolo economico. Non a caso il primo comandamento per l’angelo della casa è ‘fare economia’. Poi i seguenti: rattoppare, ritagliare, pianificare, rammendare. La sola missione per gli editori, i coraggiosi Fratelli Fabbri, era «educare le troppe giovani donne, del resto intelligenti ed attive, che non sanno nulla dell’andamento di una casa, non sanno cucinare, o lo fanno male, non sanno in ogni caso organizzarsi per tentare di conciliare le due cose che possono addirittura sembrare inconciliabili: le cure della famiglia e l’attività del lavoro». Amen. Una guida dunque per la moderna donna lavoratrice, che tra lotte per la parità dei sessi e boom economico non poteva lasciare in disparte l’antica arte di provvedere al marito, all’economia della casa, all’ educazione dei pargoli e naturalmente, alla Santità della Cucina. Per il mangiare occorre essere pragmatici, raffinati, in grado di fare economia del tempo e del denaro (il tempo è denaro!), abilità che vengono riassunte nella regola «un buon pasto dura tre giorni». Basta saperci fare. Il 1964 è lontano, ma una tavola imbandita è senza tempo. «Non importa quanta fame hai, con quanta brama protendi le dita verso il cibo, il fatto di essere in compagnia da una parte esalta i sapori e allo stesso tempo induce a una compostezza, rallenta i gesti». Ecco allora la tavola in ghingheri dalla perfetta donna di casa. Una tavola che ci aspetta, che freme alla sola idea di poter dare sfogo al suo narcisistico bisogno di abbondanza. E noi, ospiti intimoriti, tremiamo al pensiero di un simile confronto. Suona il campanello, arrivano gli invitati. Da lì a poco il primo bicchiere di benvenuto è tracannato. Les jeux son fait, rien ne va plus. La sonata del banchetto ha inizio: un adagio benvenuto, un minuetto di antipasto, il ritmo cadenzato dei canapè, il rintocco dello spumante e via, alla sinfonia del gran pasto. Poi, il silenzio. Gli stomaci son pieni, le pance suonano, i caffè sbuffano, gli amari sgorgano e le palpebre calano. È tempo di migrare. Si dà il via alla ben nota marcia dei saluti e finalmente la porta si chiude. La tavola appare piena di avanzi e si fa strada la consapevolezza tormentosa di aver fatto male qualcosa. È il senso di colpa straziante di aver sbagliato le dosi, di aver esagerato con le portate, di aver peccato di ingordigia.


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Ma non ci scoraggiamo. Adesso arriva il turno degli eroi della cucina del giorno dopo: rei di aver peccato di gola, siamo l’esercito delle e dei Rimordenti. L’avanzo non ci spaventa, ma la contrario, ci dà nuova linfa. Un buon pasto dura tre giorni, avevano detto. Così, per esempio, un pranzo di Natale potrà arrivare almeno fino alla cena di Santo Stefano. Da ogni avanzo si può avere un buon pranzo. Se avanza del risotto ecco pronti per il giorno dopo dei succulenti supplì, basta un po’ di uovo (oppure acqua), farina e pan grattato. Una rapida panatura e poi dritti nell’olio bollente. Oppure, da un contorno di verdure possiamo ricavare dei magnifici canederli, ottimi per terribili freddi invernali.

Per Il Canederlo del Rimordente sono necessari: 200 gr di verdure avanzate 300 gr di pane raffermo mezzo bicchiere di latte 1 manciata di uva passa ammollata in mezzo bicchiere di vino bianco 1 uovo noce moscata 3 cucchiai di farina integrale 1 litro di brodo vegetale (ricavato da bucce ed avanzi di verdure) burro, sale, pepe. Tagliate il pane ed ammollatelo con in latte per ammorbidirlo. Tritate le verdure finemente, sgocciolatele se hanno dell’acqua residua e ripassatele in una padella con l’uva passa, sfumando con il vino bianco. Lasciate evaporare e mettete da parte. Strizzate il pane e tagliatelo sottile. In una ciotola raccogliete il pane, le verdure, la farina, l’uovo, la noce moscata, il sale e il pepe. Lavorate con le mani e formate delle palle di 8 cm di diametro. Portate a ebollizione il vostro brodo e cuocete per 10/12 minuti a fuoco basso, stando attenti che non si sfaldino. Scolate i canederli e serviteli con del burro fuso o con il brodo stesso, non dimenticando una grattugiata di formaggio prima di portarli a tavola.


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Se avanza del panettone, non disperate. Si può sminuzzare finemente, ed aggiungere della panna fresca, un po’ di mascarpone e delle gocce di cioccolato. Frullate tutto insieme, versate in stampini monoporzione e ponete nel freezer per almeno 3 ore. Ecco che otterrete un nuovo dolce da rimordere a cena. Per le dosi, fidatevi dei vostri occhi: è inutile programmare se non si sa quanta roba avanzerà. L’ importante è che l’impasto non sia troppo liquido, il panettone farà il suo dovere nel mantenere la struttura ben salda. E dopo i tre giorni, cosa fare? Per quanto si possa mangiare, non c’ è nulla che una buona tisana non possa curare. Se avete mangiato troppo, se avete rimorsi sullo stomaco, non andate in farmacia, ma affacciatevi al vostro balcone o nella vostra credenza. Ecco cosa occorre per un’ ottima tisana digestiva, utile per rasserenare lo stomaco: salvia, rosmarino, alloro, semi di finocchio e zenzero sono la base. Si possono aggiungere a piacere: camomilla, cannella, buccia di pesca o mela, tiglio, timo e via così. Portate gli ingredienti a bollore e gustatevi il vostro digestivo, senza rimorsi.

rimòrso2 s. m. [der. di rimordere]. – Il rimordere della coscienza, la consapevolezza tormentosa di aver fatto del male: lo tormentava il r. delle sue colpe; non hai r. di esserti comportato in tal modo?; non sento, non provo alcun r. per quel che ho fatto; essere preso, afflitto da tardivi r.; spinto dal r., confessò tutto; quel ricordo non gli suscitava alcun r.; nelle mie storie d’amore una volta il r. mi seguiva, ora mi precede (Ennio Flaiano). Talora, iperb., pentimento, dispiacere: ho r. di averti fatto aspettare.


illustrazione di Daniela Tieni



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illustrazioni di Anna Deflorian o





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Ode al Gaviscon Ovvero l’arte di curare il rimorso da eccesso di Nigredo di Katunk illustrazione di Patrizio Anastasi

Incubi continui, ore 3:40, mano sul comodino a ravanare nella scatola magica. Apro una bustina di Gaviscon, mi sollevo piano e la ingurgito avidamente. Poi occhi sbarrati sul soffitto aspettando un sonno disturbato dal reflusso gastroesofageo. Sveglia, ore 9, mani in testa, sensazione di acido in bocca. Rimorso. Altro Gaviscon. La sera prima, siamo nell’estate 2013, è andata in scena l’ennesima fiera delle birre artigianali nella capitale, questa volta solo birra italiana. Svogliatamente in giro tra i banconi dei vari birrifici, io e i miei amichetti cerchiamo di capire con quale birra iniziare, scrutiamo con sguardo indagatorio gli spillatori di ogni singolo stand, le facce degli osti, i loro sorrisi e le loro spocchie. Il solito dilemma: partiamo con una lager? no meglio un’acida, no meglio una golden ale, no meglio una bitter. Alla fine come sempre la scelta è quella più inopportuna, ma almeno siamo sbloccati e non più immobili nell’indecisione del primo assaggio. Si parte, ormai si balla, curiosità-avidità-sete-compulsione, in mezz’ora abbiamo già tracannato le poche sorprese del festival. La compulsione si trasforma in breve tempo in noia. Noia alticcia però, s’intende. Penso già “questa volta voglio agire con moderazione, alla fine non c’è più un cazzo che valga seriamente la pena di bere. Mi mantengo leggero e contengo il reflusso notturno”. Mi convinco quasi. Poi però arriva l’imprevisto. Il mio amico Peppino mi fa a mo’ di sfida: “L’hai assaggiata la Nigredo del Birrificio Italiano?”. “No, cos’è?” gli chiedo. “Allora sei un coglione!” chiosa lui.


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Non so perché, ma il pacato monito/consiglio del mio amico mi convince subito a provare questa birra, non foss’altro che per l’enorme credibilità di cui Peppino e il Birrificio Italiano godono presso di me in fatto di birra. Tuttavia mi avvicino al banco con fare dubbioso. “Vorrei una Nigredo… Grazie. Ma che stile è?”. Il gentile oste mi accorda una simpatica supercazzola, al che capisco che questa volta Agostino, il meticoloso birraio del Birrificio Italiano, si è mosso in una terra di mezzo, lontano dagli stili convenzionali. Strano per lui, sempre abituato a produrre birre di grande tradizione senza mai cedere in maniera ruffiana alle mode del momento. Sono sempre più perplesso. Poi l’annuso… Cosa???!!! Un aroma resinoso mi solletica le narici. È luppolo, un ottimo luppolo nobile europeo, ma c’è qualcosa che mi sfugge. Mi riavvicino all’oste “ma questo profumo cos’è?”. “Luppolo tostato” mi risponde affabile. Luppolo tostato??? Assoluta novità, a quanto ne so io. Il mio amico Peppino mi fissa con sorriso autocompiaciuto. Mi decido a assaggiarla. Il colore scuro della birra denota un ampio uso di malti torrefatti. All’assaggio trovo una birra facilissima da bere e molto elegante. Una tessitura acquosa, ottime note di malto, luppolatura energica in aroma, finale secco, amaro deciso ma non persistente. Ma quel profumo è incredibile, mai sentito nulla di simile, nulla di così inebriante. Decido che ne devo provare un altro po’. Dalle domande a mitraglietta che faccio all’oste - che intanto diventa sempre meno affabile - raccolgo informazioni disparate: bassa fermentazione, Hallertauer Mittelfrüh, 6.5% vol, connubio di malti e luppoli tostati. Intanto sono completamente innamorato. Non credevo che una birra potesse sorprendermi così tanto in originalità pur essendo in fondo semplice e immediata. In men che non si dica i miei amici mi hanno abbandonato da solo al banco del Birrificio Italiano, l’oste mi guarda sempre più perplesso e io sono ormai alla sesta Nigredo. Mi sono trasformato nel mio alter ego più temuto, il terrore di tutti i birrai (bravi) che ho conosciuto, il “complimentista impertinente”. “Grazie grazie” mi fa l’oste senza più riuscire a nascondere un certo imbarazzo davanti all’ennesimo elogio per la grande attenzione, l’inventiva, la passione, la ricerca che sta dietro questa magnifica birra. Il mio festival finisce lì. “Bel modo di affrontare un festival! Bravo! Hai bevuto solo Nigredo. Mah...” mi fanno notare i miei amici sulla via di casa, con la solita fraterna comprensione. Ma in fondo sono felicissimo di non aver distolto la mia attenzione da quel prodigio. Qualche ora dopo entra in campo il Gaviscon, il mio ammazzacaffè preferito, a dipanare l’insofferenza gastrica e i rimorsi post-sbronza.


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di G.Gendel / acontinentalbreakfast.com


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Mangi i fritti? No, ti dan noia alla pancia (vai alla 2) Sì, poi ti lamenti che dan noia alla pancia (vai alla 3)

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Rispondi con sincerità. Dei Take That hai sempre segretamente ammirato

I vestiti del liceo, tanto c’è sempre un revival dietro l’angolo (vai alla 9)

Mark, il nano tenero (vai alla 3) Robbie Williams il bello e ribelle (vai alla 4)

Un range di abiti di tre taglie diverse. Speri ancora che la più piccola ti entri. (vai al profilo B)

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I treni che passano una volta sola nella vita Li saboti, sei contro (vai alla 5) Tendi a perderli (vai alla 4)

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In metro stai fotografando una strappona malvestita per postarla su facebook ma lei ti becca. Che fai?

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Neghi ma ti scusi con gli occhi. Poi scendi di corsa. (vai al profilo A)

Dovevi uscire per combinare con una nuova conoscenza di Tinder ma ti dà buca… Che fai? Ti deprimi e passi allo streaming (vai alla 7) Torni alle buone e vecchie dark room (vai alla 6)

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Paragonati a una pietanza. Assomigli di più... A un polpettone. C’è di tutto e non si capisce nulla. (vai alla 4)

6

Alle uova strapazzate: da un casino può nascere qualcosa di buono. (vai alla 6)

A questo punto della tua vita fare un test sui rimorsi è Inutile (vai alla 8) Catartico (vai alla 7)

Nel tuo armadio ci sono

Ammetti la tua colpa e piangi, ma dici che l’hai fatto per l’Arte (vai alla 9)

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Incontri uno che studiava con te. Adesso ha il doppio del tuo stipendio e la metà della tua panza... La panza fa sexy (vai al profilo A) Ti ingozzi di cornetti alla crema mentre pensi che sullo stipendio non potrai mai farci niente. (vai al profilo B)


(Profilo A Banana) Rimordi e rifuggi Come John Frusciante, che ha lasciato i Red Hot Chili Peppers dopo Blood Sugar Sex Magik, per poi tornarci a registrare Californication e un altro paio di dischi, riempiendosi le tasche e facendo pure una bella figura, anche tu agisci di pancia ma sai tornare sui tuoi passi in maniera abbastanza agile quando ti conviene. I tuoi ri-morsi ti permettono di riassaporare tutto quello che riesci, ma a volte ti lasciano un retrogusto un po’ amaro. Basta ammazzarlo con un po’ di panna che, si sa, copre le magagne di ogni chef.

(Profilo B Noce di cocco) Rimorso epico Ti capita spesso di provare il vuoto allo stomaco che probabilmente colpisce ancora Pete Best ogni volta che sente una canzone dei Beatles (e, purtroppo, pare non succeda di rado). Lui fu silurato dai Fab Four nel 1962, a quindici giorni dalla firma del loro primo-e fondamentalecontratto discografico con la Parlophone Emi. “Non ho rimorsi”, ha dichiarato, “Non cambierei una virgola della mia vita”, ma ovviamente nessuno gli crede. Capita anche a te di ingastrirti facilmente e non sempre l’antiacido funziona, ma ti consola quando riesci a non darlo troppo a vedere.




Alessandra De Cristofaro



di Misstendo



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LA POSTA DI PANESSA

The bitches’ food

aka Meretrici pantagrueliche

w Divina Panessa, ho scoperto di recente che diverse persone utilizzano i camerini dei negozi d’abbigliamento scandinavi con i maglioni in nylon 100% come se fossero vespasiani pubblici, noncuranti delle eventuali ritorsioni degli addetti alla vendita e della mancanza di apparecchi sanitari per l’igiene intima. Ho scoperto che c’è chi si reca in ristoranti del Casilino privo di prenotazione, noncurante dell’eventuale stupore degli addetti alla ristorazione e della mancanza di tavoli riservati. Ho scoperto che vi sono persone che amano copulare in luoghi pubblici, noncuranti dell’eventuale ramanzina degli addetti all’ordine pubblico e della mancanza di coca cola per sciacquarsi ai fini di evitare inattese gravidanze. Ora, mia incantevole Panessa, io mi chiedo, che tempi sono mai questi? Ho il rimorso di non essere riuscito a rincarnarmi prima. Sarà forse colpa mia? Goffredo Panunto

I tuoi finti rimpianti, Goffredo, lasciano il tempo che trovano. L’associazione Industriali Induisti di cui fai parte tenta da anni di occupare questo spazio di pubblica utilità per spingere le masse a riflettere sulle sorti delle proprie rincarnazioni. Ma mi permetto di alzare i toni, cosa che non si addice a un’anziana signora come me e ti dico: orsù. La preoccupazione per le vite future non appassiona i miei lettori né tantomeno la stanca sottoscritta: ritenta con argomenti a noi congegnali e riceverai repliche più affabili. Tra questi: gli arrampicatori sociali che utilizzano l’amore di gruppo per consegnare i propri biglietti da visita; l’amore di gruppo tra monarchici affettuosi; l’amore di gruppo al Quadraro. w Panessa, lavoro su una baleniera molisana sulla quale –fortunatamente– riusciamo a ricevere le copie di FAME indove poggi la tua erotica penna.


Io e i miei compagni di lavoro gradiremmo sapere se accetteresti un appuntamento al buio con uno di noi e per aiutarti a rispondere, sperando di non offendere la tua immaginazione, specifico una breve descrizione di cadauno. Il sottoscritto: ho il fascino latino di Camillo Benso conte di Cavour. Amo i porri. Saruno Mapura: ha il fascino di Casoria e il miglior alluce del meridione. Ama la curcuma. Gallo Pasta: ha il fascino delle disfunzioni ormonali e l’esotismo della tiroide di Hashimoto. Ama gli okonomiyaki. Per sempre tuoi, Associazione Arpioneristica Molisana La mia compostezza è dote nota, ma ammetto che una missiva così carica di eros mi ha fatto accavallare le gambe sovente e mi ha spinto ad immergere gli arti in un infuso voluttuoso di ginko biloba. Leggo le vostre parole e sento i pori divenirmi branchie, gli alluci tramutarsi in pinne, il profumo di pesca tramutarsi in olezzo di tonno. Per sempre vostra, Panessa

illustrazione di Irene Rinaldi

Sottoponi anche tu i tuoi quesiti a Panessa, o mandale una foto per ricevere consigli di stile per apparire sempre più pantagruelica e sempre più meretrice: panessameretrice@gmail.com



Morsi al rimorso di Esse

Il rimorso ci sminuzza in minuscoli pezzettini. Pezzettini che si trasformano in frammenti sottili rendendoci molli, deboli, inermi e infermi. Il rimorso ci mangia, con la bocca spalancata di un Conte Ugolino qualsiasi, in bocconi grandi e umidi, tumidi e per niente timidi. Il rimorso è (in)fame e affamato, si nutre di corpi e anime che impiastriccia di toni fumosi, odori putridi, sangue che scorre violento e pisto, scuro come il peggiore dei sogni. Il rimorso ristagna e, demoniaco semidio dei nostri tempi, trasforma tutto ciò che tocca in un abominevole pasticcio. Un pasticcio, sì, di carne, testa, sentimenti e paresi. Ci hanno insegnato la regola che per vivere più sani più belli non bisogna provare rimorso, hanno provato a dirci che suo papà, il Gran Signor Senso di Colpa, non è cosa buona e giusta. In realtà sono solo lezioni vuote da bocche bulimiche di parole che abbiamo ascoltato attoniti come bambini sordi. Parole condite di bla bla e bleah che non hanno minimamente perforato i timpani dei nostri intestini emotivi. Al rimorso risponde rimorso e, per non soccombere al rimorso stesso, come reazione attiviamo l’azione di sopravvivenza più antica e primaria per eccellenza: ingoiare. Ingoiare rabbia, impotenza, pena, dolore e, nuovamente, tanto fottuto e indecente rimorso; come un serpente cieco che cerca disperato il suo criceto e non trovandolo inizia a ingoiarsi, assaporando lentamente la definitiva discesascesa verso la sua, personale, montagna sacra. La mia ricetta dei giorni del rimorso chiama, con urli stonati di raucedine, la strada della guarigione e lo fa passando proprio attraverso l’atto di ingoiare, ma questa volta insacco quintali di aria al profumo di cioccolata: calda. Nera. Fondente. Quando e se possibile senza ansia e magari pure con un po’ di panna. Rimorso tuo, vita mea.



di Lisa Gelli


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illustrazione di Rita Petruccioli


illustrazione di Marco About



Mauro Lenci




Jessica de Maio


Jessica de Maio


Illustrazione di copertina

Irene Rinaldi u Camilla Pistacchi - chef di Verde Pistacchio...................................via Ostiense 181, Roma Mariachiara Di Giorgio - illustratrice................................. mariachiaradigiorgio.blogspot.it Daniela Tieni - illustratrice...............................................................danielatieni.blogspot.it Anna Deflorian - illustratrice..................................................................annadeflorian.com Patrizio Anastasi - ilustratore...............................................................turquoiseisland.com Alessandra De Cristofaro - illustratrice.....................................alessandradecristofaro.com Irene Rinaldi (yoirene) - illustratrice ..............................................................yoirene.com Misstendo - illustratrice.........................................................cargocollective.com/misstendo Lisa Gelli - illustratrice..................................................................... lisagelli.wordpress.com Rita Petruccioli - illustratrice................................................................... ritapetruccioli.net Marco About - illustratore...............................................................marcoabout.tumblr.com Little Points - illustratrice...............................................................littlepoints.blogspot.it Gina Gendel - giornalista............................................................acontinentalbreakfast.com Jessica De Maio - fotografa...................................................................jessicademaio.com Mauro Lenci - chef...........................................................................foodfighters@hotmail.it Livia & Paolo - designers.................................................................................inviati da NY Katunk - serial drinker....................................................................................................... Esse..................................................................................................................................... Beat Soup .................................................................................mixcloud.com/BEAT_SOUP Panessa......................................................................................panessameretrice@gmail.com


Questo numero è dedicato a Giacinto Mazzatella, personaggio interpretato da Nino Manfredi in Brutti, Sporchi e Cattivi di Ettore Scola. Insieme a lui ricordiamo tutti gli avvelenati della storia, che forse si sono pentiti di essersi seduti a tavola, ma che si sono goduti quell’ultimo piatto fino all’ultimo morso. FAME i suoi rimorsi se li gusta fino in fondo e fa pure la scarpetta.


Fame è una produzione Y&A w (Yoirene & Alessandra De Cristofaro)





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