FA 1.2020

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RUBRICA 26

L’ha bivù l’aqua de beat alès - Ha bevuto l’acqua del Beato Alessio Chi per circostanze della vita si è ritrovato a Riccione per poi mai lasciarla e viverci

FAMIJA ARCIUNESA / 01.2020

“Mario di Roma” ...di multiforme ingegno!

di Giuseppe Lo Magro

Un uomo sulla riva del mare. Scruta l’orizzonte e sogna l’altra riva. Quando vi giunge trova una montagna e la scavalca ... e si trova sulla riva di un altro mare. Scruta di nuovo l’orizzonte e sogna la riva che c’è là dietro... e ancora sogna... e la Terra è rotonda... e si ritrova sulla prima riva. Questa è stata la filosofia di vita di Mario Porzioli in arte “Mario di Roma”, cittadino riccionese da 60 anni, avviato verso gli ottanta con qualche acciacco dovuto all’età, ma ammorbidito dalla verve di un irrequieto, pimpante ventenne. Lo conosciamo meglio nella sua casa-museo al Marano con vista a 360° su mare e colline. Mario, quando sei giunto a Riccione e perchè? Sono nato a Viterbo e in gioventù mi sono trasferito a Roma. Ho fatto il “bocia” in tante attività ai mercati, poi sono diventato parrucchiere per signora... non a caso. Da sempre ho amato le donne, svisceratamente. Il mondo femminile ha scandito le mie giornate ed è stato il “leit motiv” della mia intera esistenza. Nei saloni di Roma si chiacchiera tanto... sento parlare di Riccione, in Romagna. Pendevo dalle labbra di chi raccontava che Riccione era libertà, gioia, trasgressione... che i locali del divertimeno pullolavano di giovani donne provenienti da tutta Europa. Sono partito in un amen. Come è stato l’impatto con la nuova realtà? Ho afferrato subito la mentalità riccionese legata al lavoro. Si “faceva la stagione”; cameriere d’estate e imbianchino o muratore d’inverno. Io sono rimasto sempre coiffeur e in inverno andavo in una metropoli o in una stazione sciistica per fare esperienze importanti. Londra, Parigi, Stoccolma, Cortina, mi hanno fatto capire le mie vere potenzialità. Che nella Perla verde sono letteralmente esplose... Ho aperto il salone “Mario di Roma” (vedi foto a lato) e la creatività che sprigionavo piaceva, tanto. Ho avuto un successo strepitoso. Partecipando poi ai famosi “Gran bal en tète”, gare di “Haute couture organizzate al Notturno Dancing Savioli, il locale più in auge negli anni ‘60 e ‘70 e vincendo per ben sei edizioni il “Pettine d’oro” che era il premio più prestigioso, ho “tracimato”. Mario di Roma era sulla bocca di tutti, sempre più ricercato e anche bersaglio di chi nutriva pregiudizi anacronistici: “Oun che fa i cavél mal done l’è un fnòc” o era invidioso per il fatto che guidavo una Lamborghini Miura.


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