riccionesi
Enio Dellarosa, partigiano e sindaco di Riccione
30
Scompare a 92 anni. 30 anni di vita amministrativa sempre a titolo gratuito e vissuti con intensa passione civile per la città. Sindaco negli anni della ricostruzione, fu determinante per la nascita dello Stadio e del Circolo Tennis.
FAMIJA ARCIUNESA / 01.2020
di Nives Concolino
Ha amministrato Riccione per trent’anni, prima come sindaco, poi come assessore. Enio (Ennio) Dellarosa, ex partigiano e già uomo di spicco del Pci, è scomparso a 92 anni l’11 dicembre. La sua legislatura, come primo cittadino ha di certo segnato gli anni della ricostruzione e dello sviluppo della città, che ha guidato, prima, dal 6 ottobre al 7 Novembre 1953 (dopo le dimissioni di Nicola Casali), poi, per un’intera legislatura. Eletto nell’aprile 1956, rimase in carica per un quinquennio. Di seguito, dal 1960 al 1964 durante la giunta di Giovanni Petrucciani, è stato vicesindaco e quindi assessore alla Polizia Municipale, al Bilancio e all’Urbanistica per una ventina di anni, fino al 1985 con i sindaci Biagio Cenni e Terzo Pierani. Fu uno degli amministratori che lottarono fortemente per porre le basi dell’attuale centro sportivo, compreso lo stadio e i 6 campi del Circolo Tennis. Di professione geometra, Dellarosa ha intrecciato sempre il suo impegno politico con l’amore per la famiglia, in particolare per la moglie Magda Fabbri e i figli Stefano, Maurizio e Fabio che rimarca: “Nostro padre ha dedicato trent’anni all’amministrazione riccionese, profondendo con intensa passione civile le sue migliori risorse fisiche e mentali, sempre e solo a titolo gratuito, perché quelli erano altri tempi e l’impegno politico veniva vissuto come un servizio alla colletti-
vità. E’stato uno dei fondatori del Pci riccionese, del quale è stato grande attivista. Essere comunista per lui significava semplicemente essere persone serie, oneste, leali, corrette e ineccepibili, trovarsi e stare dove occorreva essere e non certo là dove conveniva o tornava comodo. Significava avere un grandissimo rispetto e considerazione per chi aveva idee diverse dalle sue. Oltretutto aveva una concezione molto elevata della famiglia come istituzione, valori trasmessi a noi figli con l’esempio delle proprie azioni”.
Dellarosa, persona molto schietta, semplice e riservata (non amava stare sotto i riflettori, né la retorica e la teatralità), proveniva da una famiglia antifascista. La sua militanza cominciò a quindici anni, nel 1943, quando con alcuni compagni dell’Abissinia, costituì un gruppo di giovani comunisti che sottraeva armi ai tedeschi. Visse in pieno gli anni della costituzione dei Comitati di Liberazione Nazionale e dell’insediamento dei sindaci, eletti con le prime elezioni democratiche del 1946, nonché la nascita della Camera del Lavoro, della Cooperativa Edile di Riccione e di quella di Consumo, organizzazioni legate a doppio filo al Pci. Concluso il suo ciclo amministrativo ha continuato a militare fino poco tempo fa come semplice iscritto nelle fila del Pds, Ds e Pd. Dellarosa era anche un amante del calcio. Nota era la sua passione per il Torino, nata ai tempi della seconda Guerra mondiale, in contrapposizione al tifo diffuso a Riccione per il Bologna. Non a caso nella consiliare, dov’è stata allestita la camera ardente, la sua bara è stata coperta anche con la maglia della storica squadra piemontese. A rendergli omaggio, durante la cerimonia di addio, i sindaci succeduti, Terzo Pierani, Massimo Masini, Daniele Imola e Massimo Pironi, nonché il presidente dell’Anpi Danilo Trappoli che gli ha simbolicamente consegnato l’ultima sua tessera da partigiano, e il presidente della Provincia Riziero Santi.
Italo Moretti un grande giornalista che amava Riccione Ci ha lasciato Italo Moretti, un grande giornalista, volto storico della RAI: inviato, conduttore del Tg2 e poi direttore del Tg3. Aveva 86 anni. Italo è stato grande amico di Riccione grazie al “Premio Giornalistico Ilaria Alpi” del quale è stato attivissimo e partecipativo Presidente di Giuria. Appena ci siamo conosciuti mi disse “dammi del tu, siamo colleghi”. Per me era come oggi per un bambino parlare con Messi, figuriamoci. Poi ci sono riuscito. In verità però Italo non è mai stato “un collega” ma un maestro, con l’umiltà dei grandi. Quelli veri. Diventammo amici, addirittura organizzai per lui e la moglie un paio di vacanze a Riccione. L’iniziale imbarazzo si dissolse: Italo mi fece sentire di famiglia e io da riccionese lo feci sentire a casa. Funzionò. Ricordi bellissimi: Io e Italo a pranzo nella Valconca o a passeggio tra i monumenti di Rimini e intanto mi raccontava dell’Argentina, del Cile, i retroscena della Rai, del mestiere. Mi regalò anche un paio di libri e tanti consigli. Che spasso ! Anche quando in spiaggia, in una sorta di rassegna stampa improvvisata, commentavamo i quotidiani ogni mattina: Italo in camicia bianca, con i capelli perennemente arruffati che citava o sbraitava citando fatti, dati e circostanze come un Wikipedia bipede, anzi meglio. Ed io sempre più incredulo. Una mattina addirittura, cogliendomi di sorpresa, mi disse “A France mandami il tuo curriculum a Roma.”. E io: “Italo guardati attorno, Roma per me è qua”. Rise ma ci rimase male. Ma poi, fuori dalle date del Premio Alpi, tornò ancora in vacanza a Riccione. Capì. Venne anche ospite in una mia trasmissione, era come sognare ad occhi aperti. Anche scriverlo ora mi emoziona. Un grande incontro nel mio cammino. A te la linea. Ciao Italo.
di Francesco Cesarini