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Famija Arciunesa, quarant’anni e non sentirli
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Da un’idea a cena nasce l’associazione: oltre mezzo milione di euro di donazioni, la ristrutturazione della sede nel Parco, la statua di Maria Ceccarini, più di 170 numeri del giornale dei riccionesi e tanto altro di Giuseppe Lo Magro
FaMiJa arCiUNEsa / 01.2020
Si consumavano veloci gli ultimi giorni del 1979 quando un gruppo di amici riccionesi: Alver Colombari, Orfeo Mingucci, Renzo Manaresi, Riccardo Angelini, Giorgio Piccioni, Mario Faetani, Remo Rastelli, Bruno Cecchini, ritrovatisi in un ristorante davanti ad un piatto di tagliatelle al ragù, gettò l'idea di dar vita ad una associazione che fosse fucina di rinsaldate tradizioni cittadine e di idee moderne.
tutte le fasce di età; Promuovere incontri, manifestazioni e spettacoli affinchè tutti possano vivere assieme momenti culturalmente validi, all'insegna della serenità e liberi da ogni egoismo”.
1988. La sede durante i lavori di ristrutturazione ad opera di Famija Arciunesa.
“Famija Arciunesa è una idea che deve partorire altre idee” Alver Colombari Al nascere del nuovo anno si intensificarono gli incontri di quella che era stata nominata “Famija Arciunesa”, associazione ideata
Il primo presidente dal 1980 al 1989 fu Alver Colombari e fu chiamato tradizionalmente “Babbo”. Alver era solito dire “Famija Arciunesa è una idea che deve partorire altre idee”. La prima realizzazione fu il giornale: inizialmente stampato in quattro facciate, con i rettangolini degli indirizzi che venivano incollati dai soci in casa sua, mentre si faceva la “Vegia”:
quattro chiacchiere, un bicchiere di Sangiovese, una fetta di ciambella o sementine e fusaia. Seguirono, in un crescente entusiasmo: la Festa del Beato Alessio, quella di San Martino, il Concorso dei Presepi, la Vegia con la Gara dei dolci, l'Invito a Cena. Tanta attività necessitò presto di una sede più idonea rispetto alla provvisoria stanza di Via Minghetti presso la Parrocchia di San Martino. Per alcuni anni la sede trovò spazio in Via Formia, nell'ex magazzino comunale, in coabitazione col Circolo “Amici della Lirica”.
con lo scopo di fare dei riccionesi una grande famiglia, dove nessuno doveva soffrire perchè gli altri si erano dimenticati di lui. Il neonato statuto (1980) recitava a chiare lettere gli scopi principali: “Aiutare coloro che si trovano in difficoltà economiche, sociali e umane; Far rivivere le antiche tradizioni coinvolgendo i cittadini di
1989. Marta Migani, vedova di Alver Colombari, taglia il nastro inaugurale della nuova sede. Alla sua destra Sirio Saponi, a sinistra il Sindaco Terzo Pierani.
Nel 1988, su richiesta del “Babbo Alver”, l'Amministrazione comunale mise a disposizione la casa colonica nel Parco della Resistenza, in Viale Montebianco, conosciuta come “Casa della Micia”, nome ereditato dalla proprietaria Domenica Mondaini che vi abitava col marito Attilio Tosi. Al tempo la casa era in pessimo stato e Famija Arciunesa si assunse l'onere di ristrutturarla interamente a suo carico.
“Le donazioni hanno scavalcato il mezzo milione di euro...” Il totale delle spese ammontò ad oltre 42 milioni di lire, ma considerando che tutte le ditte avevano praticato prezzi di estremo favore e che i lavori erano stati eseguiti, con la supervisione del consigliere Orfeo Scarponi, da decine di volontari che offrirono la loro mano d'opera gratuita, si può ipotizzare che alla fine la spesa sarebbe stata di 100 milioni. Nel 2008 il Comune di Riccione ha effettuato i lavori di consolidamento e rifinitura riqualificando ancor più la struttura.